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  • 8/3/2019 2003-10-08 Vajont

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    1963

    Un pezzodi montagna

    frana nellago, alzandounimmensa

    onda chescavalca la

    diga delVajont

    abbattendosisu 6 paesi

    a valle: 1.910le vittime

    1968

    AllAquilainizia il

    processo.Condannati

    tre tecnicidella Sade,

    responsabiledellimpianto,

    colpevolidi non aver

    lanciatolallarme

    1970

    In appellole condanne

    sono due:uno deitecnici

    e il caposervizio

    dighe delministero

    Lavori

    pubblici,Sensidoni

    1971

    LaCassazione

    confermalappello

    ma riducele pene. Allafine lunico

    a finire incarcere sar

    AlbericoBiadene

    della Sada

    1982

    La Cortedappellodi Firenzemodificala vecchiasentenzae condannaEnel eMontedisona risarcire idanni a Statoe Comunedi Longarone

    1986

    LaCassazionerespingeil ricorsodellaMontedisoncontrola sentenzapronunciatadalla Cortedappellodi Firenze

    1997

    Altracondannaper laMontedison(per i danni aLongarone),e per lEnelche deverisarcirei beni

    patrimonialidello Stato

    2000

    Un decretodel Governofissa in77 miliardidi lire lasomma delrisarcimentochedovrannopagareMontedisone Enel

    LE DATE

    (segue dalla prima pagina)

    Sul grande pianoro bianco co-me di una brina mattutina,bianco come certi paesaggi in-

    vernali dei pittori fiamminghi, simuovevano come formichine nere isopravvissuti, gli amici e i parentigiunti dai villaggi vicini, i curiosi del-la morte altrui, iofra essi, che arri-vano sempre persentirsi vivi nellastrage.

    La sera primanessuno avvisadel pericolo gliabitanti di Lon-garone e neppu-re quelli della frazione Spesse chesta proprio sotto la diga. Alle otto disera si cena e sono tutti in casa, la te-

    levisione sta per trasmettere unapartita di calcio. La massa di acquasi abbatte come un gigantesco col-po di maglio su Longarone, su Erto,su Casso e poi la valanga torbida, ri-bollente prosegue tagliando in dueCastellavazzo, trascinando i mortiper decine di chilometri.

    Arrivo a Longarone il giorno do-po la sciagura e la sola notizia certache posso far avere al mio giornale che i morti sono a occhio e crocequasi duemila ma ci vorranno setti-mane per avere le cifre precise: 1450a Longarone, 158 a Erto e Casso, 109a Castellavazzo. A Longarone, aquel che resta di Longarone sonoarrivati centinaia di giornalisti e staper giungere una colonna di soccor-so che i sindaci comunisti di Mode-na e di Reggio hanno organizzatoprima di ogni soccorso dello Stato.

    Cos vanno le sciagure nellItaliadegli anni Sessanta, del miracoloeconomico: i morti giacciono sotto

    la coltre bianca, i vivi non riescono acapire che cosa accaduto, perch accaduto. Fra noi cronisti ce n unosolo che sappia come sonoandate le cose, si chiamaMario Passi, abita a Pado-va, corrispondente del-lUnit, negli ultimi tre an-ni avr scritto una cin-quantina di articoli sulladiga del Vajont e sui rischimortali che fa correre allagente nella valle del Piave.Ma sono gli anni dellaguerra fredda, quello chepubblica lUnit non con-ta. Sul Corriere della Sera ilgiorno dopo la strage apparso uneditoriale intitolato: Fatalit. Loha firmato un noto scrittore di Bel-luno che non sa niente della diga edel Vajont. Ci che ha scritto MarioPassi sulle responsabilit degli uo-

    che il bisogno dei pensionati: Leconfesso , scrive a un amico che ilnuovo progetto del Vajont mi fa tre-mare le vene e i polsi: una diga alta266 metri, un lago artificiale di 150milioni di metri cubi. Ma non possodire di no a Semenza, malgrado letavanzata mi trovo nella penosa ne-cessit di integrare la assai magra

    pensione conproventi profes-sionali . Firmeri successivi pro-getti sempre piaudaci di Se-menza, garantiral Consiglio su-periore dei lavoripubblici la loro

    fattibilit.La Sade anni Cinquanta ha il pie-

    no controllo delle risorse idriche, la

    padrona delle acque che scendonodalle montagne del Veneto e delFriuli, i suoi sbarramenti a Boitre,Piave Ma, Val Gallina, fanno con-vergere le acque sulla potentissimacentrale di Soverzene. La centraledel Vajont completerebbe il cerchioenergetico. La diga un grande ri-schio ma il potere della Sade comeuna droga che vince tutte le resisten-ze. A Roma il governo amico deci-der di finanziare limpresa con uncontributo gratuito del 45 per cento.

    Eppure gli avvisi della grandesciagura non mancano. Nellau-tunno del 58 il professor Dal Piaz havisitato le sponde del bacino e ha vi-sto delle rocce fessurate corrose.Una commissione di esperti fra cuiil giovane figlio di Semenza, un geo-logo, accerta che sul monte Toc stamuovendosi una frana antica, inlento ma inarrestabile spostamen-to verso il basso. Il 4 novembre del60 lannuncio del disastro prende

    la forma visibile di una frana di otto-centomila metri cubi che scivola nelbacino dividendolo in due. Ma lin-

    gegnere Semenza e la Sadenon possono rinunciarealla loro grande opera.

    Dopo il disastro la Sadefar uscire dalla prigionedomiciliare i suoi tecniciin attesa del processo e lE-nel, dopo la nazionalizza-zione, adotter la stessadifesa: fatalit. Presa dal-leuforia miracolistica, lapubblica opinione ha gidimenticato la strage e se-gue distrattamente il pro-

    cesso. I morti sono morti, Longaro-ne stato ricostruito a spese delloStato, altri giganti dellindustria, al-tre grandi opere a rischio, altre sov-venzioni a fondo perduto assicura-no la normalit italiana.

    IL 9 OTTOBRE DI QUARANTANNI FA I 1910 MORTI DI LONGARONE

    DIARIOdi

    LE DATE

    MARCO PAOLINI

    IL VAJONT.Non il crollo di una diga. Dighe ne cascano tan-te sulla Terra. Vajont il crollo di una montagna, e una mon-tagna infinitamente pi grande di una diga. E immensa.

    Duecentosessanta milioni di metri cubi. Una massa biblica. Ec-co, il Vajont un evento biblico in epoca storica. Eppure c chicontinua a cadere nellerrore, a confondere la diga con la monta-gna. Un brutto segno. Il segno che si rimuove ancora la verit.

    Vajont apocalisse. Di solito le apocalissi si ricordano per millenni. A noino, sono bastati quarantanni per dimenticare. E la dimenticanza una fra-na pi grande del Toc. C una seconda storia del Vajont, quella che va dal63 a oggi, tutta da scrivere. Una storia di rimozioni. Lassimilazione delle-vento a catastrofi naturali come alluvioni e terremoti. Il mondo accademicoche continua a parlarne senza trarre una lezione morale. Il mancato ri-conoscimento dellolocausto nello sterminio di un piccolo, scono-sciuto popolo di montagna.

    Sul grandepianoro, bianco

    come di una brinamattutina, simuovevano

    i sopravvissuti

    Strage annunciata nellItalia del boomGIORGIO BOCCA

    VAJONTVAJONTva, con una ricchezza che sembravagratuita, lacqua di monte che muo-veva le turbine e che pareva inesau-

    ribile. In quel mondo dominava pidei padroni lagguerrita, entusiasta,utopistica confraternita degli inge-gneri idraulici, compagni di avven-tura dei geologi, come il progettistaCarlo Semenza direttore del servi-zio costruzioni della Sade. Lui alladiga gigantesca del Vajont ci pensadal 1925, quando per la prima volta salito a Erto e Casso e ha visto il t or-rente Vajont scorrere limpido nellavalle e poi precipitarsi nella gola chescende al fiume Piave. Ed ha vistocome in sogno sorgere davanti allagola la diga ad arco pi alta del mon-do, la sua Tour Eiffel. E adesso, fini-ta la guerra, in questa Italia che simuove, che cambia, che diventa ric-ca, torna di frequente al Vajont, ne affascinato e cerca il geologo chepossa appoggiare il suo folle proget-to. Lo trova nel vecchio professorDal Piaz che ha una bella barbabianca, la stima dei politecnici e an-

    eccitante.Mi capitava di incontrarli qualche

    sera in casa di Guido Venosta, a Mi-

    lano. Cera lingegner Valerio dellaEdison con la sua lunga faccia goti-ca, che con una telefonata facevascattare sullattenti la Borsa intera,cerano i grandi feudatari elettriciveneziani, toscani, piemontesi cheamabilmente si incontravano conquelli della Pirelli, della Fiat e delGotha industriale conservatore.Non cerano i loro operai che spessoin corteo li impiccavano nei cartello-ni e nei fantocci, ma tutti, ricchi e po-veri, padroni e dipendenti erano co-me avvolti dalleuforia del progres-so. Per capire il Vajont serve ricorda-re cosa era la corporazione elettricadegli ingegneri idraulici, dei costrut-tori di dighe e dei loro operai, unaaristocrazia del lavoro che aveva altisalari e non si sporcava pi le manicon il concime di campi, indossavale tute con su il nome dellazienda.

    Lopinione pubblica era solidalecon una industria che non inquina-

    mini e dellazienda elettrica Sadeverr ricordato solo cinque anni do-po al processo trasferito da Belluno

    a LAquila, il processo che d ragio-ne al Corriere: fatalit.Se si rileggono le corrispondenze

    di Mario Passi vien fuori la storia pa-radigmatica di una di quelle sciagu-re prevedibili, previste ma tenace-mente perseguite, che fanno partedella normalit italiana. I responsa-bili ci sono, eccome, ma tutti in qual-che modo si sentono giustificati daquella grande fatalit che chiamanosviluppo e che diventer il miracolo.C la Sade del conte Cini che devepensare al rifornimento energeticodi Marghera e del suo gigantesco pe-trolchimico, ci sono i professori deipolitecnici di Padova, di Milano, diTorino che costruiscono centrali intutto larco alpino e sono andati incattedra e ci restano se vanno dac-cordo con i potentati economici del-lelettricit. La Sade, la Edison, la Sipe gli altri giganti che sono i numi tu-telari di una crescita tumultuosa ma

    Per comprendereil disastro bisognaricordare leuforiadel progresso chein quegli anniavvolgeva il Paese

    LA REPUBBLICA 39MERCOLED 8OTTOBRE 2003

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    40 LA REPUBBLICA MERCOLED 8 OTTOBRE 2003D I A R I O

    Erto

    Ascolta, il Vajont che siscava la strada. Albeg-gia, luomo fiuta la neb-

    bia come un lupo, mastica un sigaro,ascolta il silenzio della sua valle. Habandana, canotta nera, capelli e bar-ba grigio ferro. E lui, Mauro Corona,classe 1950, luomo che parla con glialberi. Alpinista narratore, scultoresu legno. Superstite-ribelle dellon-da del 9 ottobre 63.

    La senti?. Si drizza dalla balau-stra davanti alla bottega, cerca qual-cosa nel buio, qualcosa sotto il pae-se, oltre la chiesa delle Anime. E unmormorio che arriva dal profondodel bosco. La voce del Vajont, 40 an-ni dopo. Lacqua che si port viaduemila persone con la forza di duebombe nucleari. Oggi un rigagno-lo, un sussurro nelle ghiaie.

    Scendiamo verso il lago che nonc, siamo due palombari nei fonda-li del tempo. Mauro, che sempre

    svelto come una donnola, oggi hamovimenti lenti, quasi fluttua nellafoschia. Forse colpa del vino. Ieriha bevuto troppo, stamattina ssparato un intruglio di acqua e fer-net per riaversi dalla ciocca. Ma for-se unaltra cosa. La maledetta lineadombra che deve passare.

    Erto vecchia, limite del mondo diieri. Qui il tempo s fermato, tuttoha pi di quarantanni. Miracolatadallonda che pass poco pi a Est,oggi intatta e deserta, uno straordi-nario monumento alla montagnache fu. La abitano gli ultimi mohica-ni, quelli che rifiutano il cemento delpaese nuovo, la sua illuminazioneda stadio, la chiesa-astronave.

    In basso, due latrine abbandona-te. Mauro ghigna: Ce le diede lEnel,dopo averci espropriato di tutto. Gliingegneri pensarono: cosa possia-mo dare a sti poveri bifolchi? E cidiedero i cessi. Me lo ricordo bene, liinaugurarono col taglio del nastro.

    Ecco quanto contava la montagna.Passiamo la vecchia linea di batti-gia, laltro mondo comincia e il tem-po finisce. Qui il contrario di Ertovecchia. Nulla ha pi di quarantan-ni. Niente. Alberi, ciottoli, sentieri.Persino la nebbia. Non esisteva, pri-ma che la frana imprigionasse lu-midit bloccando la ventilazione infondovalle.

    Venite, venite qua dove la mon-tagna urla vendetta!. Corona nonne pu pi di rievocazioni, spare-rebbe a mezzibusti e talk show. Quadovete venire, a cercare i morti inse-polti. Centottanta furono, nella solaErto. Aleggiano come non fos-sero mai morti, la notte ti tirano i pie-di come i rimorsi.

    E proprio allora, dal buio, arrivaun lamento soprannaturale, cupocome un corno tibetano. Un altro glirisponde, riempie lanfiteatro. Mau-

    ro sorride. Sono i cervi in amore si-bila, e negli occhi rivedi il lampo delbracconiere. I maschi che segnanoil territorio. Ecco, la forza della na-tura gi annega gli incubi.

    Lacqua chiama ancora. La senticome torna a cantare? Per secoli stata la ninna nanna degli ertani.Usciamo allaperto, in una spianatadi ghiaie lunari. Dappertutto ormedi cervi. Non ancora la frana; so-lo il sudario che la copre. Le ghiaiesono venute dopo londa, portatedai torrenti senza pi deflusso. Sali-te di cento metri, due e mezzo al-lanno.

    Prima del lago, qui cera una forra.In fondo vi confluivano tre torrenti.Intorno, un universo. A destra i mu-lini, a sinistra le segherie. L era lacasa di mio nonno, l quella di Cate,l cerano gli Scarpa. Luomo dise-gna a memoria la geografia delle co-se perdute. L i Ninin, la Dina, i Pie-rin. E poi i Menolin, le Spesse. E la ca-

    sa dei Paul, omoni dalla forza leg-gendaria. Uno di loro lott con unorso a una fiera in Carinzia. E vinse.

    Riprende il passo veloce da taliba-no, non si lascia depistare degli echi,

    trova il fianco della montagna, entrain un labirinto di rocce deformi.Gobbe, pinnacoli, mascelle. Urla:Lacqua! Ecco lacqua!. E gi si ar-rampica oltre le cascate, nella forrache solo lanticamera di dieci, sel-vaggi chilometri verso gli strapiom-bi del Col Nudo. La valle alta del Vajont. Un pianeta sigillato dalmondo.

    Un colpo di vento, la nebbia va via,il primo sole svela la topografia del-

    la devastazione. Sopra di noi, trentametri pi in alto, il moncone di unponte che non c, i ferri da trentamillimetri artigliati al calcestruzzo epiegati come burro. Per gli ertani era

    il ponte di Tharentn. Ponte del fra-stuono, per via dei massi che cade-vano dalle pareti.

    Saliamo con una corda fissa versouno spalto di roccia. La periferia del-la frana l, si impenna verso il pas-so di SantOsvaldo. Non scesa dal-lalto ma esplosa dal basso, dopoaver pattinato sullacqua, spintadallonda con la forza di mille treni.Tutte le frane del Vajont sono franecontronatura. In salita.

    Di nuovo lo stradone, poi i restidellosteria del Meneghin. Qui mifermavo con mio nonno raccontaMauro - ci scolavamo due quarti dirosso. Subito sotto, le fondamentadella chiesa medievale di San Marti-no. Spazzata via e mai risarcita dal-lEnel, leggi sul cartello che la indi-ca.

    Ormai lo vedi bene, il Leviatano.Sta oltre le ghiaie e i boschi color rug-gine, oltre ci che resta del lago, ri-dotto a un abbeveratoio di cervi e ca-

    mosci. Duecentosessanta milioni dimetri cubi di terra e roccia, la franapi grande del mondo in epoca sto-rica. 2500 metri in lunghezza, quat-trocento in altezza. Centocinquanta

    metri pi in basso, la diga un pig-meo.

    Saliamo sulla schiena del gigantecon Italo Filippin, il guardiacacciache fu sindaco negli anni clandesti-ni, quando la gente torn a casa con-tro lordinanza di sgombero, controlEnel, contro i Carabinieri, contro ilmondo. E visse ventanni senzanemmeno la corrente elettrica soloperch non voleva morire in pianu-ra, baraccata e assistita.

    Oltre una foresta di larici, faggi,aceri e abeti rossi, la cima. L tutto visibile. Sopra, il piano inclinato aforma di emme dove il Monte Tocmoll gli ormeggi in una fredda not-

    I LIBRI

    TINA

    MERLIN

    Sulla pelleviva, come

    si costruisceuna catastrofe

    (volumepubblicato da

    CierreEdizioni)

    MARIO

    PASSI

    Vajontsenza fine

    (volumepubblicato da

    Baldinie Castoldi)

    MAURIZIO

    REBERSCHAK

    Il GrandeVajont

    (volumepubblicato da

    CierreEdizioni)

    PAOLINI

    VACIS

    Il racconto delVajont

    (volumepubblicato daGarzanti)

    SANDRO

    CANESTRINI

    Vajont,genocidio dei

    poveri(volume

    pubblicato daCierre

    Edizioni)

    GIUSEPPE

    DI RAGOGNA

    Vajont,un granderomanzo

    dimenticato(Edizioni

    Bibliotecadell

    Immagine)

    BRUNOPITTARELLO

    Vajont, parolenuove

    (volumepubblicato suiniziativa della

    Pro Loco diLongarone)

    IN FONDO AL LAGOCHE NON C PIPAOLO RUMIZ

    La diga ormai sembraun fossile, eppure

    lEnel pronta a usarlaancora appena

    il ricordo dei mortiscotter un po meno

    LE CONSEGUENZE

    SULLA MONTAGNA

    E A VALLE

    I METRI CUBI DI ROCCIA CADUTI DALLA MONTAGNALa sera del 9 ottobre 1963 dal monte Toc, che sorgedi lato alla diga del Vajont si stacca una frana, la pigrande mai caduta in Europa. lunga 2 chilometri, largatra i 500 e gli 800 metri, e viaggia a 90 chilometri allora

    260milioni 200

    SULLE PENDICI DELLA FRANA, UN MONDO IRREALE

    LALLARME IGNORATO

    La diga venne costruita frail 1957 e il 1959. Un progettoambizioso, unico. Quandoi lavori si conclusero, la digadivenne la pi alta del mondoa doppia curvatura, misura261 metri di altezza e 190di lunghezza. L'invaso aveva una

    capacit di 168 milioni di metricubi d'acqua. Il 4 novembredel 1960, una prima frana eragi caduta. Le dimensionierano molto pi piccolerispetto a quella del 1963, ma ilcampanello dallallarme rimaseinascoltato. E tre anni dopomorirono quasi in duemila frai monti del Veneto e del Friuli

    PRIMA DOPO

    Sopra, la devastazione provocata dalla gigantesca ondata. A destra, soldati al lavoro col Vajont alle spalle

    LE DIGHE KILLER

    ITALIA

    Val di Fiemme,19 luglio 1985:cedeallimprovvisouno dei duebacini artificialidella digadi Stava. undisastro checosta la vitaa 269 persone

    STATI UNITI

    il 6 giugno1976 quandoviene gi la digasul fiume Teton,nello statodellIdaho.Sotto lenormemassa di acquae fango perdonola vita, alla fine,141 persone

    FILIPPINE

    Il 23 maggiodel 1976 crollala diga diSanto Tomas.Nella tragediamuoiono109 persone.A provocareil cedimentodella costruzione il tifone Olga

    INDIA

    Il 14 agosto 1979uninondazionecausa il crollodella diga diMorvi, in India.Il bilanciodelle vittime catastrofico:alla fine siconteranno40.000 morti

    LALTEZZA IN METRI DELLONDA SOLLEVATALa montagna frana nel lago e solleva unonda da50 milioni di metri cubi, alta fino a 200 metri. La metdella gigantesca onda, 25 milioni di metri cubi di acqua,scavalca la diga (che resta in piedi) e si abbatte a valle

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    LA REPUBBLICA 41MERCOLED 8 OTTOBRE 2003 D I A R I O

    I FILM

    MARCO

    PAOLINI

    Vajont9 ottobre1963(Rai Trade,ElleuMultimedia)Disponibile invhs e dvd,ripropone lospettacoloteatraledellattoretrasmessoin diretta suRai2 nel 97

    RENZO

    MARTINELLI

    VajontIl film, uscitonel 2001, tratto dallibro Sullapelle viva, diTina Merlin.Con LauraMorantee PhilippeLeroy

    ENZO

    BALESTRIERI

    Quella notte lestelle videro lemontagnecamminare lultimapellicoladedicata allatragedia diLongarone. Il10 ottobresarproiettatovicino alladiga, allapresenzadi Carlo

    AzeglioCiampi

    PRO LOCO

    LONGARONE

    Longarone-Vajont:

    la storia

    il videoprodottoin italiano,inglesee tedescodalla Pro Locodel comunecolpito

    te di luna. Smerigliato, minerale, lu-cido e terribile. Sotto, il segno del-londa che si divise in tre. Una parteverso la diga, il Veneto e Longarone.Una verso Casso, dove lacqua so-vrast il paese ma ricadde allindie-tro non si sa come.

    Mimetizzati nel bosco, sulla cima,gli unici superstiti del Toc. Larici. Ipi grandi. Una decina appena. Sci-volarono per mille metri, cadderostorti, ma rinsaldarono le radici e ri-

    presero a crescere in verticale inmezzo alla devastazione. Oggi, quel-la commovente curva del troncoverso il cielo vale pi di cento, millelezioni di botanica.

    Mauro accarezza i patriarchi.Guarda come torna la foresta, lanatura che si vergogna di noi!. Escopri che il viaggio nella morte giun viaggio nella vita che ricomincia.In basso, tra le due montagne di ter-ra, una zona umida, dove i cervi van-no a rotolarsi nel fango per togliersi iparassiti. E poi anatre, camosci, pas-seracei di ogni tipo.

    Da lontano arriva il rumore dellePantere. Sono auto blu e carabinieri

    sulla strada, in fibrillazione per lar-rivo di Ciampi e il monumento dainaugurare. Filippin sorride: Il veromonumento questo, la frana. Haragione. Le lapidi sono una tomba

    della memoria. La frana no, la tieneaperta. Forse per questo nessuno sene occupa. Ed uno scandalo che suquesto posto unico al mondo non visia un percorso didattico, un cartel-lo, niente.

    Tramonta, verso la diga il cielosfiata vapori arancione. Sembra unfossile, ma non affatto cos. LEnella tiene in esercizio. E pronta a usar-la di nuovo appena il ricordo deimorti scotter un po meno. Corona:Basta premere un bottone e aprirele paratie. Linvaso ormai ridottoa un terzo della capienza originaria,ma fa nulla. Nellanno dei black outc fame di energia. E ogni goccia chearriva al mare senza passare per unaturbina, di questi tempi uno spre-co.

    Ormai notte, la notte della me-moria. Se non cera lattore MarcoPaolini a tirare fuori questa storiacon la sua orazione civile, la notte sa-rebbe stata ancora pi buia. Ma se

    lItalia dimentica, lEnel invece ri-corda tutto, e il Vajont ne lesempiopi sublime. La sua acqua c anco-ra nel bilancio idrico nazionale. Co-me se non fosse accaduto niente.

    Si inaugurano monumenti allevittime dellonda assassina, ma quei150 milioni di metri cubi servono an-cora. Sono il lago di carta che giusti-fica la devastazione del Piave, disi-dratato dalle sorgenti alla foce e ri-dotto a un mare di ghiaie che oggi, incaso di grandi piogge, sempre a ri-schio alluvione. No, il Vajont non servito a niente.

    Per colmare la perdita del bacinopi grande del Veneto, hanno sac-cheggiato il Fiume Sacro della Pa-tria, lo hanno salassato con un reti-colo pazzesco di prese, condotte edighe, rilasciato concessioni perogni tipo di prelievi. E spinto al mas-simo, proprio qui, la privatizzazionedella risorsa pubblica pi strategicadel Paese.

    E notte, torniamo a Erto. Mauroriapre la sua bottega profumata dipino cembro, vedo che ha le maninere. Non di carbone, ma del tanni-no delle ccole, le noci che ha rac-colto arrampicandosi su un alberodi trenta metri. Si siede in fondo allatana, accende la stufa, spazza via iltemperamatite, la carta assorbente,le penne, la lente. Apre i quadernonidi appunti. Parla di questa sua mon-tagna che non stata solo usurpata,ma si lasciata anche usurpare.

    Qui hanno subto tutto: gli espro-pri, i progetti, la diga, lalluvione, lamorte, la piet, i risarcimenti, poi larapina dei miliardi da parte dellapianura, poi la ricostruzione, ora lecelebrazioni. E oggi c chi scoprelindustria del dolore, il mestiere delsuperstite. Le statue di legno sem-brano muoversi nel buio. Fuori slevata la Luna.

    E Longarone ricordai suoi bimbi mai nati

    ROBERTO BIANCHIN

    LA STORIA

    Longarone

    Gianmarco aspettava due regali. Quello per il suo compleanno,perch il 17 dicembre avrebbe compiuto quattro anni, e quel-lo che, prima, gli avrebbe portato la cicogna: un fratellino, o una

    sorellina chiss, gli aveva detto la mamma. Nella sua cameretta era giarrivato un altro lettino. Gianmarco, che londa del Vajont si port via,non vide mai quel fratellino che non nacque. Anche Maria Teresa, co-me Livia, la mamma di Gianmarco, non vide mai quel fratellino cheaveva promesso a Denis, laltro suo figlio, e cos Beppina, quello cheaveva annunciato a Roberto. Luigia invece non fece in tempo a far na-scere il suo primo figlio. E cos Liliana. E cos Nives. Ci sono altre ven-ti vittime da aggiungere alle 1.910 del disastro del Vajont. Sono i bam-bini mai nati. Quelli che stavano per venire al mondo quando le loromamme, chi al settimo, chi allottavo, chi al nono mese di gravidan-za, sono state portate via dallonda assassina. Gli angeli del Vajont.

    Nel nuovo cimitero di Fortogna, dove riposano le vittime, cheCiampi ha appena dichiarato monumentonazionale, sorger, accanto a quello ai soc-corritori, un monumento per i bambini maivenuti alla luce. Un monumento senza no-mi, perch i piccoli angeli in viaggio un no-me non lo avevano ancora, ma con tanti fio-ri, ricordi, emozioni, per altre vite cui londaha negato anche il principio della vita. An-geli che oggi sarebbero uomini e donne diquarantanni. Lidea di ricordarli venuta alsindaco di Longarone, Pierluigi De Cesero,perch solo negli ultimi tempi, parlando coisuperstiti, ha scoperto, quarantanni dopo,queste storie, uscite ancora incerte, e a fati-ca, dal dolore della memoria. Chi ricordavache aveva una sorella che aspettava un bam-bino, chi una nipote, chi una cognata, chi

    una zia. Cos, con laiuto del presidente del-lassociazione dei superstiti Renato Min-gotti e del maestro elementare in pensioneGianni Olivier, memoria storica del paese,hanno cominciato a stilare un elenco delledonne in attesa la sera della tragedia. Tan-te, anche se sar impossibile risalire a tutte.Tante perch la montagna non si era ancoraspopolata in quegli anni e Longarone era unpaese pieno di bambini, londa ne ha porta-ti via 315 che avevano meno di dieci anni, e33 di loro avevano meno di un anno. Solo nel63, nei nove mesi precedenti il disastro, neerano nati 25 in paese. La vittima pi picco-la, Claudio Martinelli, aveva solo 21 giorni.

    Il figlio di Maria Teresa Trevisan, che ave-va 26 anni, doveva nascere proprio in quelmese di ottobre. Veronese di Zevio, doveaveva conosciuto il marito, Leo Losso, capocantiere che costruiva una centrale, avevaavuto il primo figlio nel 60, Denis. Gentile,affabile, cortese, come la ricorda lo zio, Ro-berto Polla, fu travolta dallonda di ritorno aCodissago, mentre era in casa. Il suo corpo,come quelli di Denis e di Leo, non venne mai

    trovato. E tornata in Germania invece, do-ve aveva lavorato come gelataia e conosciu-to suo marito, il meccanico Hilmar Schutz,Luigia Bratti, 23 anni appena, alta e biondacome una tedesca, chiusa in una bara col fi-glio, il primo, che teneva in grembo. E Livia

    Bez, 29 anni, la mamma di Gianmarco, lhanno trovata cinque c hilo-metri lontano da casa, vicina a suo figlio e con s il fratellino che sta-va per nascere. Era solo questione di ore ricorda il nipote Pierluigi.

    Sono morte tutte, le mamme in attesa, quasi tutte coi loro mariti ei figli che gi avevano. Se n andata Beppina Vascellari, 25 anni, colsuo figlio di un anno, Roberto, che era la moglie del sindaco di allora,Guglielmo Celso, morto anche lui. E se ne sono andate Olimpia Da-vid, di 25, e Liana De Lazzero, la maestra elementare, che aspettava ilsuo primo figlio. Cos come sono scomparse, insieme ai loro figli chestavano per nascere, Liliana Rosada di appena 20 anni, Nives Zulianidi 25, Maria Pia De Vecchi di 27, Margherita Polla di 29, Anna MariaMarcello Del Maino di 30, Luigia Da Cas di 31, Lidia Sacchet di 33, Vir-ginia Nessi di 36. Le mamme degli angeli. Crediamo sia giusto ricor-dare dice il sindaco queste piccole esistenze spente ancora pri-ma di nascere. Non so ancora come lo faremo, il monumento. Ma nelnuovo cimitero, che sar un sacrario e un pensatoio, un luogo dovefermarsi a riflettere, ci sar un posto speciale per loro.

    Sono almeno ventii piccoli che stavanoper venire al mondoquando le loro mammefurono portate viadallonda assassina

    E ora nel cimiterodove riposano levittime sorger un

    monumento dedicatoa loro, gli angeli senzanome del Vajont

    I PAESI DELLA VALLE SPAZZATI VIA DAL FANGOIn soli quattro minuti vengono spazzati via sei paesi:Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Fa e Vajont.Tre anni prima, una frana pi piccola era gi caduta dallastessa montagna: ma lallarme era rimasto inascoltato

    6 1910

    DOVE NULLA HA PI DI QUARANTANNIDOPO

    SRI LANKA

    Il 23 aprile 86 gliindipendentistiTamil mettonoa segno unattentatocontro la digadi Kantalai,nello Sri Lanka:il crollo dellastruttura provoca200 morti

    SUDAFRICA

    Il 23 febbraio 94cede una digain terra battutache si trovanei pressi di unaminiera dorodella citt di

    Virginia. Sottoil fango muoionooltre centopersone

    PRIMA

    Una donna china su una tomba

    LE VITTIME DELLA CATASTROFEIl bilancio ufficiale della catastrofe parla di 1.910vittime. Di queste, ne verranno identificate soltanto704. Sono 760 i corpi rimasti senza nome. Altri 446abitanti della valle invece non verranno mai ritrovati

  • 8/3/2019 2003-10-08 Vajont

    4/4

    ALVOHXEBbahaajA9 770390 107009

    31008

    CRDFDEDODMSEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,legge 662/96 - Roma.

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    1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna 1,20 (Canarie1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5(con il Venerd Fr. 2,80); Ungheria Ft. 300; U.S.A $ 1. Concessionariadi pubblicit: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941

    Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

    Anno 28 - Numero 237 0,90 in Italia mercoled 8 ottobre 2003

    IINTERNETwww.repubblica.it A B

    Il vicepremier avverte Berlusconi: deve richiamare allordine gli alleati. I centristi e lUlivo sostengono la sua proposta

    Fini: voto agli immigratiIl leader An sfida la Lega. Bossi: Pronti alla crisi di governo

    Viaggio tra i sikhadottati dalla Padania

    dal nostro inviato

    PAOLO RUMIZ

    MANTOVA

    TURBANTI. Gialli, rossi, blu. Livedi appena sali sullarginedel Po. Punteggiano i campi,

    sbucano dalle fattorie, vanno evengono nel tramonto. Sono luni-ca cosa colorata che si muove nel-la pianura bruciata dalla sete. Se-gnalano i sikh, i leggendari indianidalle lunghe barbe e dai lunghi pu-gnali che ieri popolavano i raccon-ti di Salgari. Oggi gli stessi uominiabitano le nostre campagne, mun-gono le nostre vacche, fanno fun-zionare le nostre stalle, sono il pila-stro del nostro agroalimentare. Nedisegnano persino il paesaggio, nedeterminano la lingua. Il granasar anche padano doc, ma oggiparla sikh. Come il parmigiano, illatte e il burro di casa nostra.

    SEGUE A PAGINA 4

    LINCHIESTA

    ULTIMATUMAL CAVALIERE

    MASSIMO GIANNINI

    FRANCESCO Storace, tre gior-ni fa, gli aveva chiesto di direqualcosa di destra. Gian-

    franco Fini, ieri, non lha acconten-tato. Ha detto: Sono maturi i tem-pi per concedere il diritto di votoamministrativo agli immigrati. una stupefacente eresia, per il lea-der di un partito post-fascista chenasce dalle ceneri del Movimentosociale italiano. un principio dicivile buon senso, per il vicepresi-dente del Consiglio di un governoliberal-conservatore europeo. Per iprecari equilibri della maggioran-za, la sortita di Fini un pugno nel-lo stomaco di An, un dito nelloc-chio di Umberto Bossi, un colpo alcuore di Silvio Berlusconi. Ma pri-ma di tutto questo, per i correttiequilibri di una societ multicultu-rale moderna sarebbe una svoltaauspicabile.

    SEGUE A PAGINA 16

    Immigrati in fila per la regolarizzazione ALLE PAGINE 2 e 3

    Intervista al ministro del Welfare:Ho salvato i trattamenti danzianit. I sindacati facciano proposte

    Maroni: sulle pensioni si pu trattareMARCO RUFFOLO A PAGINA 7

    Per la seconda volta in due anni istruttoria sfavorevole del ministero della Giustizia

    No alla grazia per BompressiCastelli respinge la richiesta presentata dallex di Lc

    ROMA Da luglio, da quandoaveva respinto la grazia ad

    Adriano Sofri sollevando millepolemiche, il ministro dellaGiustizia Roberto Castelli nonha cambiato idea. Niente graziaper Sofri allora, niente graziaoggi per Ovidio Bompressi. Alquale ha respinto, per la secon-

    da volta in due anni, la doman-da. La bocciatura per lex mili-tante di Lotta continua arrivadopo un lungo iter formale ini-ziato a febbraio dellanno scor-so. Alla fine dellistruttoria, gliuffici di via Arenula hanno mes-so sul tavolo del ministro dellaGiustizia un faldone che con-tiene gi una valutazione nega-tiva, un diniego alla domandadi grazia. Castelli ha letto il dos-sier e ha avallato il no dei suoitecnici.

    LIANA MILELLA A PAGINA 9

    Vajontla valle

    scomparsa

    ALLE PAGINE 39, 40 e 41

    Giovanni Paolo II a Pompei

    ALLE PAGINE 12 e 13

    SONOarrivato a Longaro-ne, nellalta valle del Pia-ve, a mezzogiorno del 10

    ottobre 1963, lindomani dellagrande sciagura avvenuta lasera prima alle dieci e trenta-nove. Dove cera un paese diduemila abitanti erano rima-ste una decina di case, il restoera un immenso pianorobianco, come se il greto del fiu-

    me si fosse allargato allinteravalle. Bianco non si capiva dicosa, forse dei muri sbriciola-ti, forse delle rocce sminuzza-te, raschiate dalla enorme co-lonna di acqua piombata sulpaese dalla diga del Vajont: unrombo di tuono mai udito, do-po il bagliore dei cortocircuiti,cinquanta milioni di metri cu-bi di acqua scagliati contro ilcielo dalla frana gigantesca delmonte Toc, unonda alta set-tecento metri che scavalca ladiga e vien gi per la gola spin-gendo davanti a s un freddovento di morte e quel rumoreda fine del mondo.

    SEGUE A PAGINA 39

    DIARIO

    Usa, le ricerche mediche svelano che le iniezioni letali non evitano la sofferenza al condannato

    La bugia del boia indoloredal nostro inviato

    VITTORIO ZUCCONI

    WASHINGTON

    SEPOLTO vivo nella tombachimica della prima iniezio-ne, il condannato sembra

    scivolare con un sospiro verso unamorte senza dolore e senza imba-razzo per chi lo guarda morire. lafine per iniezione letale che lachimica aveva promesso comeforma di esecuzione umana eindolore, dopo secoli di macelle-ria, di corde e di torture. Ma ora siscopre che era una falsa promes-sa, un orrore indicibile da roman-zi di Allan Poe o Stephen King.

    SEGUE A PAGINA 14

    Il libro dellalpinista

    BonattiBasta silenzi

    di Statosul K2

    EMANUELA AUDISIO

    A PAGINA 15

    In 40mila al santuario

    Il Papaa PompeiPregateper me

    QUELLUOMOCHE SOFFREIN PUBBLICO

    FRANCESCO MERLO

    NELLA citt dellapietr i f icazione,nella Pompei che

    il luogo dellimmobilitcome destino finale degliuomini, i pellegrini ap-plaudivano quel corpovecchio ormai assente,dagli occhi vitrei e sme-morati, ed era una speciedi gioco tribale perch la

    massa, anche quella deipellegrini cattolici, uguale sempre e dapper-tutto. La massa il luogodella retorica, dellintelli-genza che diventa visio-nariet, della forza che sifa ferocia e impunit, illuogo dove anche un figlioadottivo, quale singolar-mente era Bruto, pugna-lava con gli altri e come glialtri.

    SEGUE A PAGINA 17

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    Iraq, muoiono altri tresoldati americani

    Sharon

    Colpiremoovunquei nemici

    di IsraeleANSALDO e STABILE

    ALLE PAGINE 10,11 e 21

    Gli irriducibili rivendicanoil legame con la Lioce e Galesi

    I terroristi

    in tribunaleLa guerracontinua

    le Br sono viveCLAUDIA FUSANI

    A PAGINA 8

    GIORGIO BOCCA