EFFETTO FOTOELETTRICO STORIA FENOMENO LA RELAZIONE LE APPLICAZIONI EFFETTO FOTOELETTRICO APPLICATO...

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EFFETTO FOTOELETTRICO

• STORIA

• FENOMENO

• LA RELAZIONE

• LE APPLICAZIONI

• EFFETTO FOTOELETTRICO APPLICATO ALLA PIETRA LECCESE

• ESEMPI

• DOMANDE & RISPOSTE

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PIETRA LECESE

• Salento e pietra leccese

• Caratteristiche chimiche della pietra leccese

• Agenti di erosione

• Metodi di restauro

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LA STORIA

Prima di esprimere il fenomeno bisogna ricordare le varie scoperte, in ordine cronologico, che hanno permesso di comprenderlo.

Il primo studioso che ricordiamo è Planck ed egli fu il primo ad introdurre il concetto di “quanto” o “fotone” supponendo che gli scambi di energia tra radiazione e materia avvenissero in modo quantistico.

Successivamente Hertz scoprì che illuminando una placca di zinco con radiazioni elettromagnetiche il metallo acquistava carica elettrica; però, poiché gli elettroni non erano ancora stati riconosciuti, Hertz li escluse da questo fenomeno.

Poi nel 1902 il fisico tedesco Lenard mostrò come l’energia dei fotoelettroni non dipendesse dall’intensità ma dalla frequenza della radiazione incidente.

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IL FENOMENO

Chi riuscì non solo a dare una spiegazione precisa e chiara dell’effetto fotoelettrico, ma ne scrisse anche un’equazione fu il celeberrimo Einstein (rielaborando tutte le ipotesi dei precedenti fisici). Egli cominciò con lo spiegare il principio secondo cui la radiazione incidente possiede un’energia quantizzata, spiegando che un fascio di radiazioni elettromagnetiche che ha lunghezza d’onda pari a λ e frequenza ν = c/λ, sarà caratterizzato da fotoni con energia pari a hc/λ, ovvero uguale a hν

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Da qui riuscì a dimostrare come i fotoni, che da questa radiazione arrivano sul metallo, cedono energia agli elettroni liberi dello strato superficiale del conduttore. Questa energia che gli elettroni acquisiscono si trasforma quindi in energia cinetica; però essi riusciranno a rompere i legami che li vincolano all’atomo solo se l’energia cinetica è pari o maggiore della loro energia di legame, cioè se l’energia irradiata raggiunge la cosiddetta soglia fotoelettrica

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EFFETTO FOTOELETTRICO

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I GRAFICI

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LA RELAZIONE

Questa fu la relazione scritta da Einstein: Ec(elettroni) = E(fotoni)

_1_mv2

max = hν – w0

2 In cui v2

max rappresenta la velocità massima che gli elettroni possono possedere nell’espulsione (si considera quella massima perché i suoi valori possono variare a seconda del livello energetico da cui vengono strappati) e w0 è il lavoro di estrazione del metallo.

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Ponendo:

w0 = hν0 _1_mv2

max = hν – hν0

2

_1_ mv2

max = h(ν – ν0) 2

Poiché: (ν – ν0) non può essere negativo (perché altrimenti non ci sarebbe espulsione di elettroni per valori al di sotto dello zero), ν>ν0 e ν0 sarà la frequenza minima, cioè la soglia fotoelettrica.

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LE APPLICAZIONI DELL’EFFETTO FOTOELETRICO

Numerose sono le applicazioni pratiche dell’effetto fotoelettrico nella vita di tutti i giorni, quando si vuole evidenziare una variazione di effetto luminoso mediante un impulso:

• nel mondo della fotografia è utile per la regolazione del diaframma dell’obiettivo;

• nelle gare sportive può essere utilizzato per azionare una macchina fotografica o un cronometro (sempre con l’utilizzo di un impulso);

• oppure le cellule fotoelettriche sono anche usate nelle sale cinematografiche per la resa degli effetti sonori;

• per contare persone e/o oggetti che passano davanti ad un sistema fotoelettrico.

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EFFETTO FOTOELETTRICO EFFETTO FOTOELETTRICO APPLICATO ALLA PIETRA APPLICATO ALLA PIETRA

LECCESELECCESE Una parte dello studio della Fisica delle particelle è riservato alla conservazione dei beni culturali, quali

monumenti,statue,ecc.Le indagini destinate allo studio delle opere d’arte

sono rese possibili grazie a un particolare fenomeno, noto come “effetto fotoelettrico”, utile per la conoscenza (e quindi per la composizione)

del materiale, al fine di rilevare la soluzione adeguata per la conservazione ed il restauro.

In particolare nel Salento è possibile osservare quale grande importanza rivesta tale campo della fisica

per la conservazione della pietra leccese, la quale è assai diffusa nel nostro territorio

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Apparecchiatura

L’osservazione di un’opera d’arte avviene attraverso il tubo a raggi x. I raggi x emessi dal tubo colpiscono il campione da analizzare che a sua volta emette delle

radiazioni rinvenute dal rilevatore che le analizza.Attraverso il sistema “amplificatore-MCA” il computer

può visualizzare lo spettro di emissione.

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Lo spettro

Ogni elemento irraggiato emette le radiazioni con una determinata quantità di energia diversa per ogni materiale: il

valore preciso identifica l’elemento chimico.Il grafico ottenuto dalle emissioni, chiamato spettro, è costituito

da dei picchi, la cui posizione indica il valore di energia.L’area del picchio è proporzionale alla concentrazione

dell’elemento,che l’ha prodotto, nel campione.Questa proporzione è data dalla relazione: Na= A+B. wa con a elemento

Na area del picco Wa concentrazioni

A e B sono quantità costanti e dipendono dalle condizioni operative delle analisi. Per determinarle si deve attuare un

processo di taratura analizzando campioni a concentrazione nota.

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Esperienza nel laboratorio chimico

Nel laboratorio di chimica abbiamo deciso di analizzare campioni a concentrazione nota composti da noi. Le sostanze da noi utilizzate sono:

-CaCO3 (carbonato di calcio); -CaSO4 (solfato di calcio).Le nostre analisi hanno interessato la percentuale in massa

di zolfo, quindi con opportune proporzioni abbiamo calcolato la massa di zolfo necessario e le masse di solfato di calcio.

Dati necessari: -massa massima di taratura =0,7g; -massa atomica zolfo =32,066; -massa atomica di CaSO4. 2H2O=172,17 -massa atomica di CaCO3=100,09.

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prima pastiglietta :concentrazione 1% di S La massa di zolfo deve essere l’1% della massa totale: 100 : 1 = 0,7 : mS prima proporzionePer trovare la massa di solfato di calcio si deve usare la

proporzione tra le masse atomiche di zolfo e solfato e la massa mS:

m aS : m aCaSO4 = mS : m CaSO4 seconda proporzionecioè: 32,066 : 172,17 = mS : mCaSO4 mS = 0,007g mCaSO4 = 0,038gdato che la sensibilità dello strumento (della bilancia) da noi

usato è di 0,01g, i risultati saranno arrotondati. È opportuno trovare la nuova percentuale della massa di zolfo corrispondente ai dati finali facendo i calcoli al contrario.

mCaSO4 = 0,04g (arrotondato)nuova percentuale di S = 1,64 % mCaCO3 = 0,7g – 0,04g = 0,66g

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seconda pastiglietta: concentrazione 3% di S 100 : 3= 0,7 : mS mS = 0,021g32,066 : 172,17 = 0,021 : mCaSO4 mCaSO4 = 0,113g mCaSO4 = 0,11g (arrotondato)Nuova percentuale di S =2,86% mCaCO3 =0,7g -0,11g =0,59g

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terza pastiglietta : concentrazione 5% di S 100 : 5 = 0,7 : mS mS = 0,035g32,066 : 172,14 = 0,035 : mCaSO4 mCaSO 4 = 0,188g mCaSO4 = 0,19g (arrotondato)Nuova percentuale di S =5,05% mCaCO3 = 0,7g-0,19g = 0,51g

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quarta pastiglietta : concentrazione 7% di S 100 : 7 = 0,7 : mS mS = 0,049g32,066 : 172,17 = 0,049 : mCaSO4 mCaSO4 = 0,263g mCaSO4 = 0,26g (arrotondato)Nuova percentuale di S =6,92% mCaCO3 = 0,7g-0,26g = 0,44g

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Dopo aver fatto tutti i calcoli , abbiamo prodotto personalmente le pastigliette.

Procedimento: con una bilancia di precisione di sensibilità 0,01g,

abbiamo pesato la massa di solfato di calcio nelle dosi trovate; a questa abbiamo aggiunto la massa di carbonato di calcio che mancava al raggiungimento della massa totale (0,7g). Abbiamo miscelato il tutto con un mortaio di agata per circa dieci minuti ( per ogni pastiglietta). Abbiamo compresso i miscugli con un bastoncino di agata con una pressione di varie atmosfere tanto da creare delle pastigliette.

Insieme alle pastiglie di concentrazione nota, ne abbiamo creata una con percentuale di S sconosciuta. Di questa troveremo poi la concentrazione grazie ai dati dei grafici.

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GraficiAnalizzando le pastigliette abbiamo ottenuto dei grafici

in cui la presenza di S aumenta secondo le nostre dosi. Attraverso il computer abbiamo ottenuto l’area

dei picchi delle varie concentrazioni.Concentrazione 1%Area netta = 1144Area totale =15669Concentrazione 3%Area netta = 21721Area totale = 27246Concentrazione 5%Area netta =35132Area totale = 41339Concentrazione 7%Area netta = 46004Area totale = 52536

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Dal computer sappiamo anche le costanti A e BA =4880 B=5950

Nel grafico troviamo anche il picco del campione di concentrazione sconosciuta e sappiamo quindi :

Area netta = 31922Area totale =38819

Sapendo la formula : Na = A + B . wawa = (Na –A)/B = 4,54%

Conclusione Prima di una qualsiasi misurazione, si deve effettuare un

processo di taratura su campioni con concentrazione nota per ricavare le costanti A e B. Queste costanti variano a seconda del materiale analizzato e dalla

situazione in cui si effettua l’analisi. Dopo di ciò si può procedere all’indagine del materiale o dell’opera

d’arte.

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Metodo per trovare A e BCome trovare A

Dai dati ottenuti si crea un grafico mettendo in relazione l’area netta e la massa espressa in percentuale. Il grafico ottenuto è una retta chiamata appunto, “retta di taratura”. Non sempre i

punti sono allineati; in questo caso si traccia la retta che si avvicina di più ai valori.

Il valore A è dato dall’incontro della retta di taratura con l’asse delle ordinate,nella quale sono riportati anche i valori delle aree.

Infatti: Na = A +B .wa wa = 0Na = A

Come trovare BIl valore di B corrisponde alla pendenza, cioè alla tangente dell’angolo α, ottenuto dall’intersezione della retta di taratura

con l’asse delle ascisse.(x2 – x1) * tg α = (y2 – y1)

B = tg α = (y2 –y1) / (x2 – x1)

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EsempiEsempi

L’EFFETTO FOTOELETTRICO: DALLA TEORIA ONDULATORIA

AL QUANTO DI LUCE

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ESEMPIO PRATICO DI APPLICAZIONE TECNICA DELL’EFFETTO FOTOELETTRICO:

chiusura delle porte a scorrimento degli ascensori.

E' noto che alcuni metalli hanno la proprietà di perdere elettroni quando vengono esposti a radiazione elettromagnetica di opportuna frequenza.

Questo fenomeno va sotto il nome di effetto fotoelettrico e trova larga applicazione nella tecnologia di utilizzo quotidiano, ad esempio nel meccanismo che regola la chiusura delle porte a scorrimento degli ascensori.

In effetti, un raggio luminoso attraversa lo specchio della porta quando questa è aperta.

Questo raggio luminoso va a colpire una cellula fotoelettrica producendo elettroni che attivano il circuito elettrico che regola la chiusura della porta. Quando si attraversa la porta si viene ad interrompere il raggio luminoso e la corrente elettrica connessa; la chiusura della porta viene inibita e il passeggero non rischia di rimanere schiacciato.

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PER SPIEGARE LA TEORIA “ONDULATORIA” DELLA LUCE:

il campo elettrico come lo specchio d’acqua del mare

Al di là della sua importanza pratica l’effetto fotoelettrico ricopre un ruolo fondamentale nello studio dei fenomeni elettromagnetici giacché ha permesso di evidenziare la natura corpuscolare della luce.

In effetti, all’inizio del secolo scorso si riteneva che la luce consistesse nella propagazione di onde elettromagnetiche.

Per meglio afferrare questo concetto può essere utile sviluppare un’analogia basata su fenomeni più familiari.

Il campo elettrico imperturbato con un elettrone fermo nello spazio può essere assimilato ad uno specchio d’acqua. Le oscillazioni del campo elettrico si propagano dall’elettrone in oscillazione generando le onde elettromagnetiche. Un secondo elettrone, posto ad una certa distanza dal primo, comincerà ad oscillare non appena venga investito dalla radiazione prodotta da quest’ultimo.

In effetti una variazione di campo elettrico genera un campo magnetico, e viceversa; i due campi si propagano assieme giustificando il nome di onda elettromagnetica.

Se il materiale dei solidi è illuminato da una radiazione sufficientemente intensa, le oscillazioni elettriche trasportate da questa radiazione sono in grado di strappare via l’elettrone dal suo atomo, fornendogli una determinata velocità e allontanandolo per sempre dall’oggetto illuminato: si realizza così l’effetto fotoelettrico.

Se il mare è calmo, le sue onde sono delle piccole increspature che producono solo gradevoli oscillazioni ad una barca che si trovi a galleggiare nei pressi. Ma se il tempo peggiora e le increspature si trasformano in onde minacciose la cui altezza (ampiezza) sovrasta la barca, quest’ultima viene rovesciata ed eventualmente distrutta dall’energia eccessiva trasportata dalle onde. Questo esempio ci fa capire che l’ampiezza di un’onda dà una misura dell’intensità dell’onda stessa, ovvero dell’energia da essa trasportata.

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ESEMPIO PER SPIEGARE LA TEORIA “QUANTISTICA” DELLA LUCE:

ESEMPIO PER SPIEGARE LA TEORIA “QUANTISTICA” DELLA LUCE: i fotoni come proiettili di luce

In realtà le cose vanno diversamente da come scritto sopra.Gli esperimenti mostrano che all’aumentare dell’intensità luminosa

l’energia dei singoli elettroni prodotti rimane la stessa, ma aumenta il loro numero. Per spiegare questo comportamento,

nel 1905 Einstein introdusse il concetto di particella, o quanto di energia, detto fotone. Secondo la teoria quantistica un raggio

luminoso non consiste di onde che si propagano, ma di proiettili di luce, i fotoni.

Tuttavia esistono fenomeni di interferenza tra raggi luminosi più facilmente interpretabili con la teoria ondulatoria,

"complementari", per così dire, all’effetto fotoelettrico che è descrivibile solo in termini di fotoni. Questa complementarità

della luce, metà onda e metà particella, è una delle tante bizzarrie della meccanica quantistica con cui i fisici hanno

imparato a convivere.

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Domande & risposte1. Cos'è l'effetto fotoelettrico? Si verifica sperimentalmente che, quando la luce incide su una

superficie metallica, questa emette elettroni. Per esempio, si può causare il passaggio di corrente in un circuito semplicemente illuminando una lastra metallica.

2. Quale pensi sia la causa di questo fenomeno? La luce è fatta di onde elettromagnetiche, e che queste onde

trasportano energia. Quindi, se un'onda luminosa colpisce un elettrone in uno degli atomi del metallo, può trasferirgli sufficiente energia per lasciare l'atomo e schizzare fuori dalla superficie.

3. Se la luce fosse veramente fatta di onde,cosa si intende con "se la luce fosse composta di onde"? C'è qualche altra possibilità?

Storicamente, la luce è stata di tanto in tanto considerata come una particella piuttosto che un'onda; Newton, per esempio, la pensava in questo modo. Il punto di vista corpuscolare venne molto screditato dall'esperimento della doppia fenditura di Young, che convinse tutti che la luce dovesse essere un'onda. All'inizio del XX secolo, tuttavia, alcuni fisici Einstein, per dirne uno tornarono ad esaminare il punto di vista corpuscolare.

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Salento e Pietra LecceseSalento e Pietra Leccese

Un binomio che radica le sue origini nelle più remote epoche storiche. La rilevante presenza nel”tacco d’Italia” di questa materia prima di ottime qualità ha, infatti, consentito alla penisola salentina sia l’onore di detenere il primato nel campo della lavorazione della pietra leccese, sia l’onere di sfruttare al meglio questo “oro bianco”

gentilmente donato alla natura. La solidità di questa roccia calcarea, che si indurisce col passare

del tempo, la rende ottimale per “scrivere” la storia di questa terra.

Andando ad analizzare sotto un punto di vista geologico l’età a cui la presenza di questa pietra risale, costatiamo un’uniformità nel

parere degli studiosi che fanno risalire l’attuale assestamento del sottosuolo leccese attorno al periodo del Terziario chiamato

Miocene (da 23 a 17 milioni di anni fa).

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Sottosuolo salentino

Da un’analisi della cartina è immediatamente constatabile come le tipologie di rocce che entrano nella costituzione della pietra leccese siano largamente diffuse sul territorio Salentino. E’

infatti elevata la presenza di rocce calcaree costituenti di tale

materiale, in particolare si noti l’elevata concentrazione di

calcareniti marnose (nella cartina indicate col colore giallo ocra), calcareniti organogene (rosso), calcari dolomitici (verdone) e

sabbioni calcarei (giallo) prevalentemente sul versante

adriatico.

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Punti d’estrazione Immediata conseguenza della

disponibilità in larga quantità di questa pietra diffusa nel

territorio salentino è lo sviluppo di numerose industrie

estrattive.

Particolarmente note e apprezzate anche all’estero risultano essere le cave di Cursi e quelle di

Melpignano. Nelle foto alcune fasi dell’estrazione.

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L’artigianato

Strettamente legato allo sviluppo del settore estrattivo della pietra leccese, è il fiorente artigianato radicato da

secoli nella tradizione salentina. Frutto di questa secolare esperienza sono le numerose opere in pietra

leccese parte fondamentale della Lecce barocca, ancora oggi ammirabili in tutto il loro splendore.

Da non dimenticare il trend positivo che ha investito questo settore vista la consistente domanda di moderne

costruzioni in pietra leccese, segno che il fascino regalato alla vista da questo materiale è ancora molto

apprezzato ed eterno come il suo legame con il territorio salentino.

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Caratteristiche chimiche Caratteristiche chimiche della pietra leccesedella pietra leccese

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Componenti chimici Essa risulta essere una roccia calcarea, della famiglia

delle calcareniti mioceniche  All'esame petrografico la pietra del Salento appare composta da un impasto granulare inglobato nel

cemento calcitico.Costituente fondamentale ne è il carbonato di calcio CaCO3. La caratterizza la presenza di

numerosi frammenti di fossili, a volte conservati quasi integralmente.

In percentuale assai minore, la presenza di granuli di glauconite, quarzo, feldspati, muscovite, fosfati e materiali argillosi può arricchirne il contenuto e

determinare le varie sfaccettature del suo carattere, ora duro e resistente, ora tenero e duttile.

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Classificazione

Essa presenta, diverse tipologie che si distinguono per colore, granulometria,

omogeneità, grado di compattezza ed età. Tra queste da ricordare le varietà più

usate nel campo dell’architettura, come la cucuzzara, tosta, bianca, dolce, saponara,

gagginara e niura.  

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Gli agenti di erosioneGli agenti di erosione

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L’acqua e l’aria sono i veicoli del trasporto del materiale di degrado. Attraverso il ruscellamento delle acque di precipitazione e i fiumi, i materiali sospesi o in soluzione vengono trasportati fino a giungere ai bacini naturali di sedimentazione (mare, laghi etc..).

Diverse sono le manifestazioni dell’ erosione delle rocce ignee. Ne possiamo notare alcuni esempi nelle seguenti figure che seguono:

Le forme di invecchiamento si manifestano, generalmente sotto forma di superfici "sfarinate"; la pietra assume l'aspetto di una sabbia calcarea.

Corrosione causata dall'acqua

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L'azione dell'acqua insieme a quella eolica, trasportatrice di particelle, dà origine a fenomeni di corrosione e disgregazione sotto forma di veri e propri alveoli.

Conci cariati accanto ad altri rimasti intatti

Ogni varietà di pietra leccese reagisce in modo differente all'attacco degli agenti atmosferici. Queste differenze si notano anche nell'ambito dello stesso tipo di pietra; non è raro, infatti, riscontrare in qualche edificio dei conci cariati accanto ad altri rimasti intatti.

Conci cariati ed altri rimasti intatti

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Fattori fisici

Tra questi includiamo l’ erosione eolica, le escursioni termiche ed il congelamento dell’ acqua imbibita dalla

roccia. Mentre l’ erosione eolica determina la volatilizzazione delle

particelle superficiali a causa dell’ attrito tra la massa sedimentaria e le correnti d’ aria ambientali, le escursioni termiche con la variazione subitanea della temperatura ne inducono un indebolimento globale. Il congelamento dell’ acqua, invece, filtrata precedentemente all’ interno

delle fessure, determina una spaccatura della roccia stessa causata dall’ aumento del suo volume.

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Fattori chimiciSono dovuti all’ azione delle acque e dei gas atmosferici,quali l’ anidride

carbonica (CO2), l’ anidride solforosa(SO2), gli ossidi di azoto(NOx) ed i metalli pesanti e particelle carboniose.

• L’ anidride carbonica (CO2),reagendo con l’ acqua la acidifica leggermente. Questa soluzione acida scioglie il carbonato di calcio costituente la roccia.

• L’ anidride solforosa(SO2), è il principale responsabile dei processi di degrado superficiale osservati nei monumenti in calcare. In atmosfera, subisce un complesso processo di ossidazione ed idratazione il cui prodotto finale è la formazione di acido solforico.

• Gli ossidi di azoto (NOx), in presenza di ossidanti ed acqua si trasformano in acido secondo la reazione:

(ossidanti + H2O) + NOx ↔ HNO3• L' instaurarsi della flora crittogramica: alghe, funghi e licheni possono

provocare danni sia di natura meccanica, attraverso le loro ramificazioni, sia di natura chimica attraverso alcune sostanze acide da loro emesse.

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Metodi di restauroMetodi di restauro

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Antichi metodi di intervento

In passato le attività progettuali di restauro, strettamente aderenti alle procedure e ai metodi

tradizionali d’esecuzione, hanno consentito la conservazione di opere molto antiche. Gli interventi

storici più diffusamente applicati sulle superfici lapidee erano la scialbatura, la stilatura, la bitumazione, il lavaggio, la tinteggiatura, la

reintegrazione di piccole porzioni di nucleo murario, unite alla costante verifica dello stato di salute degli

elementi compositivi dell’opera. La localizzazione delle operazioni di intervento

risulta difficile a occhio nudo quando la superficie dell’edificio è intonacata a calce; in presenza di

murature decorticate è invece possibile leggere tale stratificazione.

La scialbatura era compiuta a pennello, con acqua calce e tufina. La stilatura dei giunti era compiuta

con malta a base di calce aerea e di polvere di tufo calcareo compatto.

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Nuovi metodi di intervento

Attualmente la pulitura su opere d’arte si compie con solventi, che portano i materiali

resinificati ad uno stato colloidale che ne facilita la rimozione, o con reagenti (quasi

sempre basici) che rompono i legami molecolari degli strati che si vogliono

eliminare. I reagenti sono composti di soda o di potassa; una loro azione troppo

drastica, uno grassaggio eccessivo si potevano evitare ricorrendo a saponi i cui grassi moderassero l’azione dell’alcale.

A questi mezzi si accompagnano le puliture a bisturi, che in genere avvengono su strati già ammorbiditi con un solvente. Molto utile,

soprattutto per la rimozione di depositi superficiali, è la saliva, che resta un

espediente innocuo il cui uso non viene in genere dichiarato dai restauratori.

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Intervista a Cesare Giordano

scalpellino, anni 73• Quando ha cominciato a “trattare” con la pietra leccese?• Ho iniziato molto presto, da ragazzino.• Come ha iniziato?• Ho cominciato lavorando come muratore, preparando i conci che servivano per abbellire il prospetto

delle antiche abitazioni.• Quali sono stati i primi lavori?• Spesso si trattava di cornici di porte e finestre, di balconi, di mensole, di architravi, di capitelli ionici o

di blocchi che servivano come chiave di volta degli archi; questi però erano decorati quasi sempre con motivi floreali.

• Quali sono gli strumenti del suo lavoro?• Per usare una battuta potremmo dire: martello e scalpello!• Quali sono le fasi della lavorazione di un blocco di pietra?• Generalmente si comincia con l’acquisto del materiale dalla cava, poi si selezionano i blocchi adatti

ad ogni singolo lavoro; in seguito, ogni singolo blocco viene “squadrato” e, se si tratta di lavoro più semplice come quello delle cornici, si tracciano forme e misure col Lapis e con cartello e scalpello comincio il lavoro. Se la lavorazione è più complicata, prima realizzo con la creta il disegno del decoro o del bassorilievo o del capitello, per avere un quadro completo delle forme e soprattutto delle misure di ogni parte; con la creta tutto si può aggiungere e modificare, con la pietra se si toglie una parte di troppo si ricomincia da capo, scegliendo un altro blocco.

• Perché lavorare questo materiale?• Per noi di Lecce e provincia questa pietra è nobile; le Chiese più belle del barocco sono in pietra

leccese perché sono l’espressione del sentimento religioso realizzato con il nostro materiale pìù adatto, “duttile” ad essere scalpellato, scolpito, intagliato secondo i disegni dei fiori, dei frutti o dei puttini. Il blocco di pietra è sempre pronto a “seguirti” per diventare un insieme di forme che sono il simbolo di ciò che è bello o che è sacro. Il suo colore è caldo, prezioso, quasi dorato.

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