Edward Sapir "Culture genuine e culture spurie"

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L'articolo del linguista ed antropologo Edward Sapir è stato pubblicato nel 1924 sull'Americam Journal of Sociology col titolo "Culture, genuine and spurious" e, in Italia, nel 1960, in Antologia delle Scienze Sociali (Il Mulino) col titolo "Cultura e pseudocultura" alle pagg. 283-313

Transcript of Edward Sapir "Culture genuine e culture spurie"

Edward Sapir: Culture genuine e culture spurieL'articolo del linguista ed antropologo Edward Sapir stato pubblicato nel 1924 sull' Americam Journal of Sociology col titolo "Culture, genuine and spurious" e, in Italia, nel 1960, in Antologia delle Scienze Sociali (Il Mulino) col titolo "Cultura e pseudocultura" alle pagg. 283-313 Vi sono alcuni termini che hanno una peculiare propriet. Manifestamente essi designano concetti specifici, concetti che pretendono ad una validit rigorosamente obbiettiva. In pratica, cadesti termini contraddistinguono campi di pensiero piuttosto vaghi che mutano, si restringono o si allargano a seconda del punto d vista di chi ne fa uso, comprendendo nell'estensione dei loro significati concezioni che non soltanto non armonizzano tra loro, ma sono in parte contraddittorie. Un'analisi di taluni termini pone subito in luce come al di sotto della contraddizione di contenuti variabili esiste un'unit sentimentale di tono. Ci che rende possibile a un apparato cosi discordante di concezioni di rispondere alla stessa istanza , perci, proprio questo alone relativamente costante che le circonda. Pertanto, ci che delitto per uno nobilt per un altro, ma entrambi sono concordi nel ritenere che il delitto, qualunque sia, una categoria non rispettabile e che nobilt, qualunque sia, una categoria rispettabile. Ugualmente, un termine come arte pu significare cose diverse, ma qualunque cosa significhi, il termine di per s esige rispettosa attenzione e normalmente evoca uno stato piacevolmente raffinato della mente, un'attesa di elevate soddisfazioni. Se una particolare concezione artistica proposta o implicita in una opera d'arte ci sgradevole, noi non esprimiamo la nostra insoddisfazione dicendo: Non amo l'arte. Ci esprimiamo cos soltanto quando ci troviamo in uno stato mentale di abominio. Ma di solito aggiriamo la difficolt dicendo: Ma questa non arte, solo stucchevole banalit, mero sentimentalismo, oppure Non nient'altro che grezza esperienza, materia darte, ma non arte. Non siamo d'accordo sul valore delle cose e sulle loro relazioni, ma ben spesso ci accordiamo sul particolare valore di un'etichetta. Soltanto quando sorge la questione sulla giusta collocazione dell'etichetta, soltanto allora cominciano i guai. Queste etichette - che forse meglio chiameremmo troni vuoti - sono nemiche dell'umanit, ma noi non abbiamo altra scelta che metterci in pace con loro, onde assegnare un trono ai nostri pretendenti favoriti. I pretendenti rivali lottano fino alla morte, ma i troni cui essi aspirano restano in oro serenamente splendidi.Io desidero avanzare i diritti di un pretendente al trono chiamato cultura. Di qualunque cultura si tratti, sappiamo che essa , o meglio considerata, una buona cosa. E qui io mi propongo d definire che genere di buona cosa, sia la cultura.

Varie concezioni di culturaLa parola cultura sembra essere usata in tre principali sensi o gruppi di sensi. Innanzitutto, cultura tecnicamente usata dagli etnologi e dagli storici della cultura per comprendere ogni elemento socialmente ereditato nella vita dell'uomo, materiale e spirituale. La cultura cosi definita confina con luomo stesso, poich anche i selvaggi pi arretrati vivono in un mondo sociale caratterizzato da un complesso contesto di costumi, di usanze e di attitudini tradizionalmente tramandati. Il metodo del boscimano sudafricano nell'arte della caccia, la fede dell'indiano del Nordamerica nella medicina, il tipo di tragedia nell'Atene di Pericle e l'energia elettrica dell'industria moderna, son tutti, ugualmente e indifferentemente, elementi di cultura, essendo ciascuno il naturale prodotto dello sforzo collettivo spirituale delluomo, essendo ciascuno conservato per un dato tempo non come la risultante diretta e automatica delle qualit puramente ereditarie, ma mediante i processi pi o meno consapevolmente imitativi, sintetizzati dai termini tradizione e eredit sociale. Da questo punto di vista tutti gli esseri umani o, in ogni caso, tutti i gruppi umani sono culturalizzati, bench in modi e gradi largamente differenti di complessit. Per l'etnologo vi sono vari tipi di cultura e un'infinita variet di elementi di cultura, ma non valori, nel senso ordinario della parola, da attribuire ad essi. Il suo pi alto e pi basso, se egli usa i termini integralmente, non si riferiscono a una scala morale di valori ma agli stadi, veri o supposti, di una progressione storica o di uno schema evoluzionistico. Io non intendo usare il termine cultura in questo senso tecnico. Civilt sarebbe un suo conveniente sostituto, se questa parola non fosse limitata dall'uso comune a intendere piuttosto forme pi complesse e raffinate della corrente culturale. Per non far confusione con altri usi della parola cultura, usi che necessariamente involgono l'applicazione di una scala d valori, user, se necessario, civilt in luogo del termine cultura adottato dagli etnologi.La seconda applicazione dei temine pi largamente corrente, poich si riferisce a un ideale piuttosto convenzionale d raffinatezza individuale, fondato in un certo modicum di conoscenza assimilata e di esperienza, ma principalmente formata su un modulo di tipiche reazioni sanzionate da una classe e da una tradizione di lunga durata. Nell'ambito dei beni intellettuali richiesta una certa dose di raffinatezza all'aspirante al titolo di persona colta, ma soltanto oltre un certo livello. Assai maggior rilievo dato allo stile, una certa preziosit di condotta che assume diverse sfumature accordandosi alla natura della personalit che ha assimilato l'ideale culturalizzato. Nel peggiore dei casi, la preziosit degenera in una sprezzante indifferenza verso i modi e i gusti della folla; e ci costituisce il ben noto snobismo culturale. Nei casi pi capziosi, essa sviluppa in una dolce e strana vena di cinismo, un divertito scetticismo che non vorrebbe mostrarsi per nulla al mondo implicato in un insolito entusiasmo; questo tipo di stile culturatizzato presenta un aspetto pi attraente alla folla, la quale soltanto di rado si accorge del giuoco deludente della sua ironia, ma si tratta forse di un atteggiamento di pi radicale indifferenza dello snobismo outr. L'indifferenza, comunque, generalmente una condizione sine qua non del secondo tipo di cultura. Altro suo requisito indispensabile , inoltre, uno stretto rapporto col passato. Il pensiero e l'azione del presente sono visti, innanzi tutto, nella luce di un inalterabile passato, un passato di infinita ricchezza e gloria; e soltanto secondariamente, se pure, detti pensiero e azione sono volti in chiave strumentale all'edificazione del futuro. I fantasmi del passato, preferibilmente del passato remoto, stringono l'uomo culturalizzato ad ogni passo. Fantasticamente docile al loro pi leggero tocco, egli aborre luso della sua individualit come influenza creatrice. Ma forse l'aspetto pi straordinario dell'ideale culturale la selezione dei particolari tesori del passato ritenuti i pi degni di adorazione, Questa selezione che pu sembrare almeno strana a un profano, generalmente giustificata da una serie di ragioni, talvolta filosoficamente fondate, ma coloro che non si sentono partecipi alla questione inclinano a credere che quelle ragioni altro non siano che razionalizzazioni ad hoc, e che la selezione dei tesori abbia proceduto principalmente secondo gli accidenti della storia.In breve, codesto ideale culturale un abito e un atteggiamento. L'abito pu vestire dignitosamente la persona e l'atteggiamento ha spesso molto charme, ma l'abito un vestito belle pronto per luso mentre l'atteggiamento resta atteggiamento. In America l'ideale culturale nella sua classica forma quintessenziata, una pianta pi esotica che nelle aule di Oxford e di Cambridge, donde stato importato a queste aspre rive, ma frammenti e derivazioni di esso sono da noi abbastanza frequenti. L'ideale culturale comprende varie forme, di cui quella classica oxoniense rappresenta soltanto una delle pi tipiche. N mancano parallelismi cinesi e talmudici. Ma ovunque rinveniamo codesto ideale, esso balza ai nostri occhi nella forma di una eredit spirituale che ad ogni costo deve essere preservata intatta.Il terzo uso che si fa del termine il meno facile da definire e illustrare soddisfacentemente, forse perch coloro che lo usano raramente sono in grado di darci una idea perfettamente chiara di ci che essi stessi intendono per cultura. Cultura in questo terzo senso condivide con la nostra prima concezione tecnica l'importanza che attribuiamo ai beni spirituali del gruppo piuttosto che a quelli dell'individuo. Con la nostra seconda concezione essa condivide l'accentuazione dei fattori selezionati dal vasto universo della corrente culturale dell'etnologo come intrinsecamente pi validi, pi caratteristici, pi significanti, in senso spirituale, di tutto il resto. Dire che questa cultura comprende tutti gli elementi morali, in opposizione a quelli puramente materiali, della civilt non sarebbe esatto, in parte perch la concezione risultante accoglierebbe ancora un vasto numero di elementi relativamente grezzi, e in parte perch alcuni fattori materiali potrebbero ben occupare un posto decisivo nell'insieme culturale. Limitare il termine, come talvolta stato fatto, all'arte, alla religione e alla scienza presenta ancora lo svantaggio di un troppo rigido esclusivismo. Forse potremmo essere pi vicini al vero se dicessimo che la concezione culturale che stiamo ora cercando di intendere mira ad abbracciare in un solo termine quegli atteggiamenti generali, quelle concezioni di vita e quelle specifiche manifestazioni di civilt che danno a un particolare popolo il suo posto distintivo nel mondo, Ma non si ponga tanto l'accento sulle azioni e le credenze di un popolo, quanto su come codeste azioni e credenze operino nella vita tutta di quel popolo, e sul significato che esse vi assumono. Uno stesso elemento di civilt pu essere un'arteria vitale nella cultura di un popolo, e un fattore pressoch trascurabile nella cultura di un altro. La presente concezione d cultura in grado di incidere particolarmente sui problemi di nazionalit, sui tentativi di mostrare incorporate nel carattere e nella civilt di un dato popolo qualche peculiare virt, qualche forza distintiva che singolarmente gli appartengono. In tal modo cultura diviene quasi sinonimo di spirito o di genio d un popolo, ma non interamente, perch, mentre questi termini vagamente usati si riferiscono piuttosto a uno sfondo, psicologico, di civilt nazionale, la cultura include in questo sfondo una serie di manifestazioni concrete che si ritengono propriamente sintomatiche di esso. Pertanto, cultura pu essere brevemente definita come civilt in quanto essa comprende il genio nazionale. evidente che ci troviamo qui su un terreno particolarmente pericoloso. L'ipotesi corrente che il cosiddetto genio di un popolo sia in definitiva riducibile a certi tratti ereditariamente inerenti a una natura biologica e psicologica, non porta, per lo pi, a un esame criticamente serio della questione. Abbastanza spesso avviene che ci che s fa risalire a una caratteristica razziale innata si riveli a uno studio pi rigoroso, come la risultante di cause puramente storiche. Un modo di pensare, un tipo distintivo di reazione, nel corso di un complesso sviluppo storico, si costituirono come tipici e normali, e servono allora come modello stimolante di nuovi elementi d civilt. Da numerosi esempi di tali modi distintivi di pensare o tipi di reazione assente un genio di base. Non occorre una speciale polemica contro questa concezione di un genio nazionale fintanto che essa non sia adorata come un feticcio psicologico irriducibile. Gli etnologi diffidano delle vaste generalizzazioni e dei concetti oscuramente definiti, e sono perci piuttosto impacciati nel trattare di spiriti e geni nazionali. Lo sciovinismo di alcuni apologeti che ravvisano nello spirito dei loro popoli peculiari virt del tutto negate agli altri abitanti del globo meno fortunati, giustifica largamente detta perplessit negli studiosi di etnologia. Inoltre, il pi delle volte la precisa conoscenza dello scienziato trascura alquanto le ingenue ma penetranti osservazioni dell'esperienza non professionale. Negare al genio di un popolo un fondamentale significato psicologico e riferirlo allo specifico sviluppo storico di quel popolo non , dopo tutto ci che s detto, analizzarlo fuori dell'esistenza. Resta poi vero che larghi strati di persone tendono ovunque a credere e ad agire secondo forme stabilite e non istintive, che sono in larga misura loro peculiari. La questione se tali forme, che nelle loro interrelazioni costituiscono il genio di un popolo, siano innanzi tutto spiegabili secondo il temperamento nativo, lo sviluppo storico, o secondo entrambi, interessa lo psicologo sociale, ma non ci concerne. La rilevanza di tale questione non sempre evidente. sufficiente sapere che attualmente alcune nazioni (facciamo uso di questa parola senza implicazioni politiche) sono pervenute a dare al pensiero e all'azione l'impronta di un certo marchio pi chiaramente discernibile in certi elementi di civilt che in altri. La cultura specifica di una nazione costituita da quel gruppo di elementi della sua civilt che pi segnatamente mostrano quel marchio. In pratica talvolta conveniente identificare la cultura nazionale col suo genio.Ancora un esempio o due per esaurire queste definizioni preliminari. Tutto il terreno attraverso il quale stiamo combattendo un covo di soggettivismo, uno splendido campo per sciorinare le vanit nazionali Perci, esistono numerose opinioni concordi in campo internazionale per quanto riguarda le caratteristiche culturali salienti di vari popoli. Nessuno che abbia avuto anche superficialmente contatti con la cultura francese pu aver mancato di restare impressionato dalle qualit di chiarezza, di lucida sistematizzazione, di equilibrio, dalla cura nella scelta dei mezzi e dal buon gusto, che permeano tanti aspetti di quella civilt nazionale. Tali qualit hanno il loro punto debole. Ci sono ben note la supermeccanizzazione, il timore delle emozioni o l'indifferenza (cosa ben diversa dal freno delle emozioni), l'esagerato manierismo a detrimento della sostanza, che si rivelano in alcune manifestazioni dello spirito francese. Questi elementi della civilt francese, che danno una caratteristica prova delle qualit del suo genio, si pu dire, nel senso ristretto che qui adoperiamo, che costituiscano la cultura francese; oppure, per dirla in modo alquanto differente, che il significato culturale di ogni elemento della civilt francese nella luce che splende sul suo genio.Da tale punto di vista possiamo valutare culturalmente alcuni tratti della civilt francese come il formalismo della sua tragedia classica, l'insistenza nell'educazione francese dello studio della madrelingua e dei suoi classici, la prevalenza dell'epigramma nella vita e nelle lettere, il carattere intellettualistico dato cos spesso ai movimenti estetici in Francia, lassenza di retorica della musica moderna francese, la relativa assenza di ogni estasi religiosa e la forte tendenza alla burocrazia di quella amministrazione. Tutti questi tratti e centinaia di altri, separatamente, potrebbero essere comparati con facilit alla civilt inglese. Tuttavia, il loro relativo significato culturale, direi, minore in Inghilterra che in Francia. In Francia tali tratti sembrano pi profondamente radicati nella struttura culturale della sua civilt. Il loro studio potrebbe offrire come un rapido colpo d'occhio sullo spirito della cultura francese.Ma passiamo alla Russia, la cui cultura presenta un carattere definito come quella francese. Far menzione di un solo aspetto della cultura russa, ma che forse il pi significante, a mio parere, cio la tendenza del russo a vedere e considerare gli esseri umani non come rappresentativi di tipi, n come creature che appaiono eternamente nelle vesti della civilt, ma come essere umani primitivi che esistono innanzi tutto in e per se stessi, e soltanto secondariamente in ordine alla civilt. La democrazia russa fondamentalmente mira meno alla creazione di istituzioni democratiche che alla liberazione effettiva della personalit in se stessa. La sola cosa che il russo pu prendere sul serio l'umanit elementare, e l'umanit elementare, nella sua concezione del mondo, si impone ad ogni passo. Perci egli si trova magnificamente a suo agio con se stesso, col suo simile e con Dio. Infatti, io non dubito che il pi accanito ateo russo sia in migliori rapporti con Dio di un devoto di altre regioni, per il quale Dio sempre qualcosa di misterioso. Per ci che lo circonda, comprendendo nel termine tutto il meccanismo della civilt, il russo generalmente prova non poco disdegno. La subordinazione di tutta la personalit a un'istituzione non da lui facilmente accettata come un prezzo necessario in cambio dei benefici della civilt. Possiamo seguir da vicino questa umanit fremente, questo disegno quasi impertinente del vero io che avvolto nella civilt, in innumerevoli forme. Nelle relazioni personali possiamo notare la curiosa facilit nel russo di ignorare tutte le barriere istituzionali che separano l'uomo dall'uomo; e ci implica, nei suoi lati negativi, talvolta una personale irresponsabilit in cui non ha posto l'ipocrisia. La rinuncia di Tolstoj non fu un fenomeno isolato, ma un simbolo della profonda indifferenza russa all'istituzionalismo, agli accresciuti valori della civilt. In un senso spirituale, facile per il russo rovesciare ogni personificazione dello spirito istituzionale, poich i suoi reali diritti sono altrove. La preoccupazione dei russi per l'umanit elementare naturalmente pi evidente nel campo dell'arte, dove l'espressione dell'io ha pi libero corso. Nelle pagine di Tolstoj, di Dostoevskij, di Turgenev, di Gorkj e di Cechov la personalit si disfrena nei morbosi momenti in cui giuoca col delitto, nelle sue depressioni e apatie e nei suoi generosi entusiasmi idealistici. Numerosi personaggi della letteratura russa guardano alla vita con inquieto e incredulo stupore. Centinaia di volte li sentiamo chiedere: Questa cosa che chiamate civilt tutto quello che c' nella vita?. Anche nella musica lo spirito russo ama svelarsi e rivelare, nel grido e nel gesto, l'uomo come tale. Questo spirito ci parla dei rudi accenti di un Mussorgsky come pure della disperazione estrema d un ajkovskij. E difficile pensare alla corrente generale dell'arte russa come interamente affetta dall'arida putrefazione del formalismo, e siamo sempre in attesa che qualche lampo o grido umano sfugga alla prigione, del formalismo.Ho evitato ogni tentativo di stabilire un parallelo tra lo spirito della civilt francese e di quella russa, tra la cultura francese e la cultura russa. Lo stretto parallelismo induce ad accentuare i contrasti. Mi sono semplicemente limitato a suggerire che sotto gli elementi della civilt, il cui studio proprio dell'etnologo e dello storico della cultura, sta la cultura, l'adeguata interpretazione della quale piena di difficolt e spesso lasciata agli uomini di lettere.

La cultura genuinaLa seconda e la terza concezione del termine cultura costituiscono, nel mio intento, la base della nostra cultura genuina - il pretendente al trono i cui diritti al riconoscimento dobbiamo ora considerare. Possiamo accettare il termine cultura come significante la caratteristica impronta di una civilt nazionale, mentre dalla seconda concezione d cultura, quella di un tipo tradizionale di raffinamento individuale, potremo mutuare la nozione di forma ideale. Mi si consenta di dire subito che sono ben lungi dal sostenere ogni tipo specifico di cultura. Sarebbe ozioso, infatti, lodare o biasimare ogni condizione fondamentale della nostra civilt, ogni punto dell'ordita trama del suo genio. Tali condizioni e tali punti devono essere accettati come fondamentali, e sono lentamente modificabili, come ogni altra cosa nella storia dell'uomo, ma una radicale modificazione delle condizioni fondamentali non sembra strettamente necessaria alla produzione di una cultura genuina, per quanto sia possibile un ridimensionamento delle relazioni. In altre parole, una cultura genuina perfettamente concepibile in ogni tipo o stadio di civilt, nella struttura di ogni genio nazionale. Essa pu essere concepita facilmente sia in termini d una societ araba poligamica o di una societ ameroindiana primitiva non agricola, sia in quelle societ occidentali a noi familiari. D'altra parte, ci che possiamo chiamare per contrasto culture spurie sono pure facilmente concepibili sia in condizioni di generale splendore sia in condizioni di relativa ignoranza e squallore.La cultura genuina non necessariamente alta o bassa, ma solo essenzialmente armoniosa, equilibrata, soddisfacente in se stessa E l'espressione di un atteggiamento, riccamente variato e comunque unificato e consistente, verso la vita, un atteggiamento che scorge il significato di ciascun elemento di civilt nel suo rapporto con gli altri. E una cultura, tanto per idealizzare, in cui nulla senza significato spirituale, in cui non una parte importante del generale funzionamento porta con s un senso di frustrazione, di sforzo mal diretto o non simpatetico. Essa non un ibrido spirituale di toppe contraddittorie, di compartimenti-stagno della coscienza che evitano di partecipare a una sintesi armoniosa. Se la cultura rende necessaria la schiavit, essa francamente lo ammette; ma se detesta la schiavit, essa sente il dovere di un ridimensionamento economico che possa ovviare alla necessit del suo impiego; non fa gran mostra, nei suoi ideali etici, di una opposizione intransigente alla schiavit soltanto per introdurre ci che corrisponde al sistema schiavistico in taluni settori del suo meccanismo industriale. Oppure, se essa costruisce stupendi templi, lo fa perch sente necessario simbolizzare nella bellezza del marmo un impulso religioso che profondo e vitale; se invece inclina a smantellare le istituzioni religiose, anche pronta a fare a meno delle case religiose istituite; essa non diffidente quando un appello diretto viene rivolto alla sua coscienza religiosa, per far poi ammenda con la donazione furtiva di pochi dollari per il mantenimento di una missione in Africa. Non cura l'istruzione dei suoi figli in ci che sa inutile e non vitale sia a loro che alla propria vita matura, n tollera mille altri compromessi spirituali che sono manifesti nella vita americana di oggi. Sarebbe eccessivo affermare che anche gli esempi pi puri fin qui noti di una cultura genuina siano andati esenti da spirituali contrasti, dall'arida putrefazione dell'abito sociale, devitalizzato. Ma le grandi culture, quelle che istintivamente sentiamo essere state sani organismi spirituali, come la cultura ateniese dell'et di Pericle e, forse in minor grado, la cultura inglese elisabettiana, hanno almeno teso a tale armonia.Spero si sia gi inteso che questo ideale di una cultura genuina non necessariamente connesso con ci che chiamiamo efficienza. Una societ pu esseri straordinariamente efficiente nel senso che tutte le sue attivit concorrono al conseguimento della massima utilit per la societ intesa come un tutto, pu non tollerare spreco d energie, ma pu ben essere un organismo inferiore in quanto portatrice di cultura. Non basta che il fine delle attivit sia socialmente soddisfacente, il fatto che ogni membro della comunit sia partecipe un modo oscuro di fare la propria parte per il conseguimento di un vantaggio sociale. Ci giusto fino a un certo punto, ma una cultura genuina rifiuta di considerare l'individuo come un mero ingranaggio, come un'entit la cui sola raison d'tre risiede nella sua utilit all'interesse collettivo del quale egli non consapevole, un interesse collettivo che ha soltanto un remoto rapporto coi suoi interessi e le sue aspirazioni. Le maggiori attivit dellindividuo debbono direttamente soddisfare i suoi impulsi fantastici ed emozionali, debbono essere sempre qualcosa di pi che mezzi volti a un fine. Il grande errore culturale dell'industrialismo, cos come si sviluppato al giorno d'oggi, consiste nel fatto che, assimilando le macchine ai nostri usi, non sa poi come evitare l'assimilazione della pi parte dell'umanit alle sue macchine. La telefonista che durante la maggior parte della sua giornata presta le sue capacit alla manipolazione di una routine tecnica che eventualmente ha un valore di alta efficienza ma che non risponde alle sue necessit spirituali un orribile sacrificio alla civilt. Come soluzione del problema culturale ella rappresenta un insuccesso - tanto pi orrendo quanto maggiori sono le sue qualit morali e intellettuali. Come la telefonista, cosi, da temere, con la gran maggioranza di noi, schiavi fuochisti ai forni che bruciano per dmoni che distruggeremmo, non fosse ch'essi appaiono in veste di benefattori. L'indiano d'America che risolve il suo problema economico con la pesca al salmone e con la caccia al coniglio opera a un livello relativamente basso di civilt, ma rappresenta una soluzione del problema che la cultura pone all'economia, incomparabilmente pi alta di quella della nostra telefonista. Non s fa qui questione dell'immediata utilit, della diretta efficienza dello sforzo economico, n sentimentalmente rimpiangiamo il tramonto dello stato di natura. La caccia al salmone dell'indiano culturalmente un tipo pi alto di attivit di quello della telefonista o del manovale semplicemente perch di solito, mentre essa s svolge, assente quel senso di frustrazione spirituale, quel sentimento di sottomissione alla domanda tirannica, eppure cosi frazionata, perch la caccia al salmone si svolge in naturale armonia con tutto il resto delle altre attivit, invece di rivelarsi nella derelitta opacit di uno sforzo puramente economico all'interno di una vita. Una cultura genuina non pu essere definita come una somma di fini astrattamente desiderabili, come un meccanismo. Essa deve essere riguardata come una rigogliosa pianta in sviluppo, le cui foglie pi remote e i pi piccoli rami siano organicamente alimentati dalla linfa vitale. E questo sviluppo non qui inteso come una metafora che comprenda soltanto il gruppo sociale, ma pu essere applicato anche all'individuo. Una cultura che non sia fondata sugli interessi e i desideri centrali dei suoi portatori, e che non muovendo da fini generali operi sullindividuo una cultura esterna. Il termine esterno, cos spesso istintivamente scelto per indicare una cultura siffatta, un termine appropriato. La cultura genuina interna, poich dall'individuo essa volge a fini generali.Abbiamo gi visto che non c' correlazione necessaria tra lo sviluppo della civilt e la relativa genuinit della cultura che forma la sua essenza spirituale. Ma ci richiede un'ulteriore spiegazione. Per sviluppo di civilt si inteso il grado sempre crescente di sofisticazione della nostra societ e della nostra vita individuale. Questa sofisticazione progressiva il risultato cumulativo e inevitabile dei processi di selezione dell'esperienza sociale, delle complicazioni sempre crescenti dei nostri innumerevoli tipi di organizzazione; e soprattutto della nostra conoscenza decisamente in sviluppo del nostro naturale ambiente e, come conseguenza, del nostro pratico dominio, ai fini economici, delle risorse che la natura a un tempo ci concede e ci nasconde. E soprattutto la forza cumulativa di questa sofisticazione che ci d il senso del cosiddetto progresso. Dalle altezze di un grattacielo venti o pi piani pi alto di quanto i nostri padri non abbiano mai sognato, noi sentiamo di alzarci sul mondo. Lanciando i nostri corpi attraverso lo spazio con una velocit sempre maggiore, noi sentiamo di procedere innanzi. Col termine di sofisticazione io non intendo soltanto il progresso intellettuale e tecnico, ma anche la maggior parte d quelle tendenze che favoriscono un'esistenza pulita e pi sana e, in senso lato, un'esistenza pi umana. E bello stringere mani pulite e immacolate, eliminare il vaiolo e somministrare anestetici. La nostra sofisticazione continua, la nostra sempre crescente sollecitudine nell'obbedire alle prescrizioni del buon senso, rende imperative queste nostre inclinazioni. Sarebbe puro oscurantismo augurarsi un arresto del loro progredire. Ma non ci pu essere illusione pi fallace - un'illusione che quasi tutti condividiamo - di quanti credono che, poich gli strumenti di vita sono oggi pi specializzati e pi raffinati che non siano mai stati prima, e poich la tecnica sorta dalla scienza pi perfetta di qualunque altra cosa il mondo abbia gi conosciuto, necessariamente ne consegua che noi siamo sul punto di attingere a un'armonia pi profonda di vita, a una cultura pi intrinseca e pi soddisfacente. come se credessimo che una complessa operazione matematica comprendente numeri di sette o otto cifre non potesse che dare un uguale numero di cifre. Eppure sappiamo che un milione moltiplicato zero d zero proprio come uno moltiplicato zero. Vero che il rafforzamento, che quanto noi ordinariamente intendiamo per progresso della civilt, , in fondo, un concetto meramente quantitativo che definisce le condizioni esterne dello sviluppo o la decadenza della cultura. Egiusto aver fede nel progresso della civilt, ma abbiamo torto nel credere che il mantenimento o anche il miglioramento della cultura sia in funzione di tale progresso. Lo stadio dell'etnologia e della storia della cultura prova chiaramente che punto massime di cultura sono state spesso raggiunte a livelli bassi di raffinatezza, e che punte minime di cultura si sono avute a livelli altissimi. La civilt, come un tutto, progredisce, mentre la cultura va e viene.Ogni profondo mutamento nel corso della civilt, in particolare ogni mutamento nelle sue basi economiche, tende a causare un dissesto e un ridimensionamento dei valori culturali. Vecchie forme culturali, abituali tipi di reazione, tendono a persistere per forza di inerzia. Il mancato ridimensionamento di tali reazioni abituali nel loro nuovo ambiente culturale porta con s una certa disarmonia spirituale, che gli individui pi sensibili avvertono poi come un'assenza fondamentale d cultura. Talvolta il mancato ridimensionamento si corregge da solo con grande rapidit, talaltra pu persistere per generazioni, come nel caso dell'America, dove uno stato cronico di mancato ridimensionamento culturale ha per molto tempo ridotto la nostra vita pi alta a una sterile esteriorit. pi facile, generalmente parlando, per una cultura genuina sussistere a un livello pi basso di civilt, dove la differenziazione degli individui rispetto alle loro funzioni sociali ed economiche tanto minore in confronto ai livelli pi alti che c' meno pericolo che l'individuo scada a frammento inintellegibile dell'organismo sociale. Il grosso e difficile problema di una societ in rapido sviluppo, quello di ottenere gli innegabili benefici di una grande differenziazione di funzioni, senza al tempo stesso perder di vista l'individuo come un nucleo di valori culturali viventi. Siamo lontani dall'avere risolto tale problema in America, e si pu perci dubitare se pi di una insignificante minoranza sia consapevole dell'esistenza di esso. Tuttavia il vasto e inquietante travaglio del mondo moderno ha nelle pi profonde radici come una sorta di percezione della fallacia culturale della presente forma dell'industrialismo.L'etnologo intelligente che ha studiato direttamente una civilt aborigena, forse il primo a restare pi impressionato dalla frequente vitalit culturale a livelli meno sofisticati. Egli non pu fare a meno di ammirare la ben ordinata vita del componente medio la civilt d una tipica trib ameroindiana, la compattezza con cui ogni parte di tale vita - economica, sociale, religiosa ed estetica - organizzata in un tutto significante rispetto al quale il componente medio ben lungi dall'essere un aggregato passivo; e soprattutto, non pu fare a meno di ammirare quella funzione formativa, spesso precipuamente creativa, che questi ha nel meccanismo della sua cultura. Quando l'integrit politica della sua trib distrutta dal contatto coi bianch e i vecchi valori culturali perdono quell'atmosfera necessaria alla continuazione della loro vitalit, l'indiano cade in uno stato d vacuo smarrimento. E anche se gli riuscisse di stabilire un compromesso soddisfacente col suo nuovo ambiente, di fare quanto i suoi protettori considerano come un grande progresso verso la civilt, egli conserver un senso penoso della perdita di un bene vago e grande, una mentalit che gli sarebbe difficile definire, ma che gli diede un coraggio e una felicit che la prosperit presente non sembra possa restituirgli, poich egli caduto dal caldo abbraccio di una cultura nel freddo di una frammentaria esistenza. Quanto si detto circa la decadenza dell'indiano non imputabile alla riduzione numerica dovuta alle malattie, n al disprezzo che cos spesso lo perseguita nella sua vita in riserva, ma al decadimento d una cultura genuina, sia pure fondata sui materiali di un basso ordine di raffinatezza,Non siamo in diritto di chiedere ai pi alti livelli di raffinatezza di garantire all'individuo il suo complicato meccanismo, ma possiamo chiedere se, a titolo di compensazione, l'individuo non possa ragionevolmente esigere un'intensificazione di valore culturale, un accrescimento spirituale, di quelle funzioni che gli sono riservate. Se ci viene a mancare, si deve ammettere che l'individuo ha regredito. La limitazione delle funzioni si incentra soprattutto nella sfera economica. perci indispensabile, se l'individuo deve conservare il suo valore come essere culturalizzato, che egli trovi compensazioni nelle sfere non-economiche, non-utilitarie, cio sociali, religiose, scientifiche ed estetiche. Questa idea d compensazione rivela un importante problema, quello riguardante i fini immediati e remoti dell'attivit umana,Come mero organismo, la sola funzione dell'uomo quella di esistere; in altre parole, l'uomo deve conservarsi e perpetuare la sua razza. Perci il procurarsi cibo, vesti e riparo per s e per quelli che dipendono da lu, costituisce il fine immediato della sua attivit. Vi sono alcune civilt, come quella degli Eschimesi, in cui la pi gran parte delle energie dell'uomo spesa nel soddisfare questi fini immediati, in cui la maggior parte delle sue attivit contribuisce direttamente o indirettamente a procurare e approntare i cibi e le materie atte a vestirsi e a ripararsi. Tuttavia, in pratica non ci sono civilt in cui almeno una parte di energia disponibile non sia resa libera a fini pi remoti, bench, di solito, tali fini pi remoti, mediante un processo di razionalizzazione, sembrino contribuire a quelli immediati. (Un rituale magico, per esempio, che, se considerato da un punto di vista psicologico, sembra liberare e dar forma agli elementi estetici fortemente emozionali della nostra natura, quasi sempre posto in relazione con qualche volgare fine utilitario - la caccia ai conigli o la cura di malattie). Di fatto, sono pochissime le civilt primitive che non consumino una parte largamente eccedente delle loro energie nella ricerca dei fini pi remoti, bench resti vero che tali fini siano quasi sempre in modo funzionale o pseudo-funzionale intrecciati con i fini immediati. L'arte per l'arte pu essere un fatto psicologico in questi livelli meno raffinati; ma non certamente un fatto culturale,Al nostro livello di civilt i fini pi remoti tendono a dividersi interamente da quelli immediati e ad assumere la forma di una evasione spirituale o di un rifugio dalle cure di questi ultimi. La separazione delle due classi di fini non mai assoluta n potrebbe esserlo; ma sufficiente notare la presenza di una forte loro divergenza. agevole dimostrare tale divergenza con esempi tolti dalla nostra esperienza quotidiana. Mentre nella quasi totalit delle civilt primitive la danza si presta ad essere una attivit rituale, associata almeno apparentemente a fini di natura economica, presso di noi, invece, essa semplicemente e consapevolmente una attivit piacevole, che non soltanto s distacca dalla sfera di attivit dei fini immediati ma tende anche ad assumere una posizione di ostilit versa tale sfera, In una civilt primitiva un capo danza naturalmente, e talvolta per esercitare un suo particolare privilegio. Presso di noi, invece, il capitano d'industria o rifiuta di ballare o lo fa per una concessione quasi sprezzante alla tirannia del costume sociale. D'altra parte, l'artista del balletto russo ha elevato la danza a uno squisito strumento di espressione, ed riuscito ad ottenere un'adeguata, o pi che adeguata, ricompensa culturale per la sua perdita di capacit nei campo dei fini diretti. Il capitano d'industria fa parte d una classe relativamente ristretta di individui che ha ereditato, in forme assai complicate, qualcosa di quel sentimento di controllo circa il conseguimento dei fini diretti che proprio, per diritto culturale, dell'uomo primitivo; l'esecutore del balletto ha salvato e accresciuto per s quel sentimento di partecipazione spontanea e di creativit nel mondo dei fini indiretti, proprio altres, per diritto culturale, dell'uomo primitivo. Ciascuno ha salvato per s parte del naufragio della cultura sommersa.La psicologia dei fini diretti e indiretti subisce una graduale modificazione, fin qui soltanto in parte compiuta, nei pi alti livelli d civilt. I fini immediati continuano a esercitare la stessa tirannica influenza nell'ordinare la nostra vita, ma poich il nostro io spirituale si va arricchendo e sviluppa un bisogno sempre pi incontenibile di pi sottili forme di esperienza, si sviluppa altres un atteggiamento di impazienza verso la soluzione dei problemi di vita pi immediati. In altre parole, i fini immediati cessano dall'essere avvertiti come fini capitali e divengono gradualmente fini necessari, ma soltanto fini, per il conseguimento dei fini pi remoti. Tali fini pi remoti, successivamente, lungi dall'essere considerati come attivit puramente incidentali, risultano dallo straripare di un'energia quasi interamente concentrata nel perseguire i fini immediati, divengono i fini capitali della vita. Tale mutato atteggiamento implicito nella affermazione che l'arte, la scienza e la religione di una civilt pi alta meglio esprimono il suo spirito o la sua cultura. La trasformazione dei fini cos brevemente delineata lungi dall'essere un fatto compiuto; ma piuttosto un oscuro impulso nella storia dei valori, un'espressione della volizione dei partecipanti pi sensibili alla nostra cultura. Alcuni temperamenti si sentono spinti avanti da detto impulso, mentre altri ne restano indietro.La trasformazione dei fini della pi grande importanza culturale poich essa agisce come una potente forza mossa alla conservazione della cultura a livelli in cui un funzionamento economico frammentario dell'individuo inevitabile. Finch l'individuo conserver un serio di controllo sui maggiori beni di vita, egli potr avere il suo posto nel patrimonio culturale del popolo cui appartiene. Ora che i maggiori beni di vita si sono largamente trasferiti dal campo dei fini immediati a quello dei fini remoti, ci diviene una necessit culturale per tutti coloro che non vorrebbero essere considerati esclusi dalla partecipazione al perseguimento di questi fini pi remoti. Non possibile armonia e profondit di vita, n cultura quando l'attivit strettamente circoscritta alla sfera dei fini immediati e quando il funzionamento entro tale sfera cosi frammentario da non avere alcuna interna intelligibilit n alcun interesse. Qui sta la pi feroce ironia della civilt americana contemporanea. La grande maggioranza di noi, privata di ogni partecipazione se non insignificante e culturalmente sterile alla soddisfazione dei bisogni immediati dellumanit, ancor pi defraudata dell'opportunit e dello stimolo a partecipare alla produzione d valori non-utilitari. Parte del tempo noi siamo cavalli da tiro, e nel restante svogliati consumatori di beni che non hanno ricevuto impronta alcuna dalla nostra personalit. In altre parole, il nostro io spirituale affamato, e per la pi parte della vita resta tale.L'individuo culturalizzato e il gruppo culturale.Non v' opposizione, in ultima analisi, fra il concetto di una cultura di gruppo e il concetto di una cultura individuale. I due concetti sono interdipendenti. Una cultura nazionale viva non mai un'eredit passivamente accettata dal passato, ma implica la partecipazione creativa dei membri della comunit; implica, in altre parole, la presenza di individui culturalizzati. Una perpetuazione automatica dei valori standard, non soggetti a revisione costante da parte di individui che vogliono inserire una parte di se stesti nelle forme che ricevono dai loro predecessori, conduce al dominio di formule impersonali, da cui l'individuo escluso, e la cultura diviene pi una maniera che un modo di vita, e cessa perci d'esser genuina. altrettanto vero, tuttavia, che l'individuo disarmato senza un'eredit culturale su cui operare. Senza l'aiuto dei suoi poteri spirituali, egli non pu ordire una forte tessitura istintuale e culturale col solo impulso della sua personalit. La creazione assoggettamento di forme al volere di uno, non invenzione di forme ex nihilo. Se chi perpetua passivamente una tradizione culturale ci d semplicemente una maniera, il fossile di una vita trascorsa, chi crea traendo da una cultura devastata ci d coraggiosamente qualcosa di pi che un gesto o un grido, ci da la scabra promessa di una visione sorta dai nostri desideri.Secondo una strana idea corrente, le nuove terre costituiscono in particolare un buon terreno per la formazione di una cultura ricca di energie vitali. Per nuovo s intende alcunch di vecchio trapiantato in un territorio sprovvisto di relazioni storiche. Sarebbe cosa mirabile se una pianta che fiorisse in un nero terreno melmoso, acquistasse improvvisamente nuovo vigore se trapiantata in un terreno sabbioso. Di solito, le metafore sono pericolose e non provano nulla, ma l'esperienza suggerisce la forza verace di questa particolare metafora. Perci, non c' nulla di pi debole, nulla di pi sfrontatamente imitativo ed esterno, di meno virile e di pi triste, delle culture delle cosi dette nuove terre. Nuovo l'ambiente di queste culture trapiantate, ma le culture stesse son vecchie, deboli, e in stato di regressione. Se in America cominciano ad apparire in ritardo i primi segni di una genuina fioritura di cultura, ci non dovuto al fatto che l'America un paese ancora giovane, ma che l'America procedendo negli anni, comincia a sentirsi un poco vecchia. In una terra veramente nuova, la preoccupazione dei fini immediati del resistenza riduce al minimo la creativit nella sfera dei fini pi remoti, e ne consegue un evidente imbastardirsi della cultura. Il vecchio patrimonio di beni culturali non-materiali languisce a non essere assoggettato a radicale riadattamento, progressivamente impoverisce, e finisce per essere cos disperatamente inadatto all'ambiente economico e sociale, che gli spiriti pi sensibili tendono a rompere decisamente con esso e a iniziare da capo con una spregiudicata indagine delle nuove condizioni ambientali. Tali nuovi inizi sono invariabilmente duri e tardi recano i frutti di una cultura genuina.Soltanto apparentemente un paradosso affermare che le influenze culturali pi sottili e pi decisive della personalit, le rivolte pi feconde, siano discernibili in quegli ambienti che hanno a lungo e ininterrottamente sopportato una cultura assai fluida. Lungi dall'essere soffocato in un'atmosfera di infiniti precedenti, lo spirito creativo acquista resistenza e vigore al fine di rivelare se stesso e, se abbastanza forte, pu muoversi liberamente in quella stessa atmosfera con una prepotenza che osano appena sognare i timidi iconoclasti di culture informi. N in altro modo potremmo intendere la storia della cultura dell'Europa moderna. Soltanto in un terreno maturo riccamente differenziato potevano sorgere le iconoclastie e le visioni di un Anatatole France, di un Nietzsche, di un Ibsen e di un Tolstoj. In America, almeno nell'America di ieri, tali rotture e visioni sarebbero state soffocate sul nascere, o, se avessero trovato un'aria appena respirabile, si sarebbero incompiutamente sviluppate in un duro e patetico isolamento. Non sussiste possibilit di integrazione sana e vigorosa, da parte di un individuo, di un ideale culturale senza un comune terreno di cultura genuina; n genuina e comune cultura senza trasformare le energie degli uomini grandi - energie robuste e colme al tempo stesso - in valori culturali del loro tempo e spazio. Il pi alto tipo di cultura cosi avviluppato in legami senza fine, alla cui tessitura occorre un enorme faticoso e lungo lavoro. Una tale cultura sfugge al pericolo dei due estremi di esteriorit - l'esteriorit causa di saziet, che opprime l'individuo, e l'esteriorit causa di aridit. La prima rappresentata dalla decadenza alessandrina, in cui lindividuo non pi; la seconda dall'immaturit e la decadenza di una cultura senza radici, in cui l'individuo non ancora. Entrambi i tipi di esteriorit possono trovarsi congiunti nella stessa cultura, spesso nella stessa persona. Cos, non infrequente trovare in America individui che su una sterile cultura, puramente utilitaria, hanno innestato una tradizione culturale che contraff una grazia ormai defunta. E si ha il sospetto che tale giustapposizione di atmosfere incompatibili sia addirittura tipica di certi ambienti.Guardiamo ora un po' pi da vicino il posto che occupa l'individuo in una raffinata cultura moderna, Ho insistito a lungo sul fatto che una cultura genuina d ai suoi portatori un senso di intima soddisfazione, un sentimento di padronanza spirituale. A livelli pi alti di civilizzazione questo senso di padronanza , come abbiamo visto, perfettamente inserito nella sfera economica; e perci deve, molto pi largamente che nelle civilt pi primitive, trovar alimento nelle sfere non-economiche dellattivit umana, L'individuo cos condotto, o dovrebbe esserlo se vuole essere veramente culturalizzato all'identificazione di se stesso con parte del vasto campo degli interessi non-economici. Dal punto di vista adottato nel presente studio ci non significa che l'identificazione sia un processo puramente casuale e acquisitivo, e perci non sia tanto fine a se stesso quanto in grado d dare all'io il mezzo di sviluppare i suoi poteri. In una prospettiva concreta, ci significherebbe, per esempio, che un individuo mediocremente dotato a esprimere i suoi impulsi estetici plasticamente e a esercitare questo suo dono in umili e sincere forme (trascurando, forse, tutti gli altri pratici interessi), ipso facto pi culturalizzato di una persona di brillanti qualit al corrente in modo generale di tutto il meglio che sia stato pensato, sentito e fatto, ma che non mai riuscito a mettere parte dei suoi interessi in diretta relazione col suo io volizionale, con la parte pi intima della sua personalit. Un individuo di quest'ultimo tipo, con tutte le sue brillanti doti, lo diciamo piatto. Una persona piatta non pu essere veramente culturalizzata. Naturalmente, pu essere altamente culturalizzata nel senso convenzionale della parola cultura, ma si tratta di cosa diversa. Non sarei ben capito se mi si attribuisse la convinzione che la creativit diretta essenziale, bench essa sia molto desiderabile per lo sviluppo della cultura individuale. Generalmente, possibile acquisire un senso della richiesta padronanza congiungendo la propria personalit con quella delle grandi menti che la societ ha riconosciuto come suoi significanti creatori. possibile, cio, nella misura in cui un tale rapporto, una tale esperienza sostitutiva, siano perseguiti da una parte della nostra attivit, tendere verso una realizzazione che sia inseparabile dallo sforzo creativo. E da temere, tuttavia, che l'autodisciplina qui implicita non sia cos spesso praticata. La congiunzione, come lo l'ho chiamata, dell'io con lo spirito maestro troppo spesso degenera in una comoda servit, in una facile rinuncia della propria individualit, tanto pi insidiosa in quanto essa ha l'approvazione del giudizio corrente. La comoda servit pu degenerare ancor pi in un vizio. Quanti di noi non siano del tutto ciechi possono scorgere in certe nostre conoscenze, se non in noi stessi, un indulgere verso beni estetici o scientifici, strettamente comparabile allabuso che si fa degli alcoolici. Entrambi i tipi di questi atteggiamenti servili e rinunciatari indicano una personalit debilitata, ed entrambi sono antitetici alla formazione della cultura.L'io individuale, allora, nella sua aspirazione alla cultura, si attacca al patrimonio culturale della societ in cui vive, non tanto a causa del piacere passivo di acquisirlo, quanto a cagione dello stimolo dato alla personalit in sviluppo e dell'orientamento derivato nel mondo, o meglio in un mondo, di valori culturali. L'orientamento, per quanto convenzionale possa essere, necessario se non altro per dare all'io un modus vivendi con la societ in senso largo. L'individuo ha bisogno di assimilare il pi possibile il fondo culturale della societ in cui vive, i sentimenti correnti del suo popolo, onde impedire alla auto-espressione di degenerare in una sterilit sociale. Un eremita potr essere genuinamente culturalizzato, ma difficilmente lo sar socialmente. Affermare che la cultura individuale deve necessariamente nascere organicamente dal ricco suolo di una cultura comunitaria, cosa ben diversa dal dire che essa deve essere sempre legata a quella cultura pel tramite del cordone ombelicale della fanciullezza. Una volta che lio individuale sia cresciuto forte abbastanza per incamminarsi nel sentiero pi chiaramente illuminato dalla propria luce, allora non soltanto pu ma dovrebbe liberarsi il pi possibile dell'impalcatura che gli ha consentito l'ascesa. Nulla pi patetico della ostinazione con la quale ben intenzionati aspiranti alla cultura tentano di mantenere o risuscitare quegli stimoli culturali a lungo sopravvissuti al loro significato per lo sviluppo della personalit. Mantenere o far rivivere il greco in un individuo, per esempio, in quei numerosi casi in cui la conoscenza del greco ha cessato di avere una genuina relazione coi bisogni dello spirito, quasi un crimine spirituale. E ipocrisia incoraggiare lo spirito altrui verso cose ritenute inutili per s. Se, percorrendo il sentiero dell'illuminatone dell'io, si giunge a un punto considerato distruttivo dei veri valori di cui l'io si nutriva, come accaduto, sia pure in modo diverso, a Nietzsche e a Toistoj, ci non significa menomamente perdere il contatto con la cultura genuina. Al contrario; ci pu voler dire che si giunti al pi alto punto possibili dei proprio sviluppo culturale,Nietzsche e Tolstoj rappresentano, tuttavia, tipi opposti di personalit. N si corre pericolo che la grossa schiera dell'umanit culturalizzata andr mai ad occupare posizioni spirituali di tale rigore e originalit. Il pericolo vero, come largamente testimoniato dall'esperienza quotidiana, sta invece nel cedere alle forze spietatamente livellatrici del comune retaggio culturale e dellazione della mentalit media sulla media intelligenza. Tali forze tenderanno sempre a una generale standardizzazione e del contenuto e dello spirito della cultura, cosi potentemente, in verit che nessun pericolo pu venire dalleffetto eversivo recato da poche forti personalit autonome. Preoccuparsi della conformit alla tradizione, che i campioni di cultura cos spesso si sentono chiamati a proclamare, cosa che generalmente possiamo trascurare. Invece, la preoccupazione opposta, quella cio della conformit alla natura essenziale propria dell'individuo, ha bisogno, infatti, di essere incoraggiata come un possibile reagente alla piatta e tediosa identit della prospettiva spirituale, all'anemica credenza belle pronta, alla sorda intolleranza di ogni sfida, che tanto paralizzano lo spirito americano.Del carattere genuino della cultura, e individuale e comunitaria, non si pu dare maggior prova di quella che mostra latteggiamento adottato verso il passato, le sue istituzioni, i suoi tesori d'arte e di pensiero. L'individuo o la societ di autentica cultura non rigettano sprezzantemente il passato. Onorano le opere del passato, non perch siano gemme fortuite della storia, n perch, essendo fuori del nostro orizzonte, esse debbano necessariamente essere riguardate attraverso il sacro cristallo delle bacheche da museo. Queste opere suscitano ancora in noi sincero interesse e simpatia poich, e soltanto a tal titolo, esse possono essere riconosciute come l'espressione d uno spirito umano vivamente affine al nostro, malgrado tutte le differenze formali. Il che equivale quasi a dire che il passato di interesse culturale soltanto quando ancora presente o pu anche diventare futuro.Per paradossale che ci possa sembrare, lo spirito storico sempre stato in certo senso come un inconscio deterrente dell'utilizzazione culturale del passato. Lo spirito storico dice: Attenzione, quei pensieri e quei sentimenti che voi tanto avventatamente pensate di incorporare nell'ordita trama del vostro spirito appartengono ad altro tempo e luogo e sono stati ispirati da motivi diversi, Nel piegarvi sopra di loro non fate che oscurarli con l'ombra dei vostro spirito. Codesta fredda riserva un modo eccellente per far della storia; ma dubbia la sua utilit nella fondazione di una cultura nel presente. Sappiamo infinitamente di pi sulla antichit ellenica, oggi, di quanto non ne seppero i letterati e gli artisti del Rinascimento, e sarebbe follia pretendere che la nostra viva utilizzazione dello spirito ellenico, pur potendolo conoscere perfettamente, sia comparabile all'ispirazione, allo stimolo creativo, che quegli uomini del Rinascimento trassero da una tradizione frammentaria e mutila. E difficile pensare a una rinascenza di quel tipo prosperante nella critica atmosfera di oggi. Noi dovremmo avanzare con tanta cautela sui sentieri del passato per il timore di mettere il piede su qualche anacronismo, per non cadere, infine, vinti dalla fatica, in un pesante torpore, dal quale saremmo risvegliati soltanto dall'insistente strepito del presente. E possibile che nel nostro stato presente di sofisticazione, un tale spirito critico, di distacco, non sia soltanto inevitabile ma essenziale alla conservazione della nostra individualit. II passato ora pi che mai un passato. Forse dovremmo aspettarci da esso meno d quanto mai prima ci attendemmo. O meglio non altro aspettarci se non che mantenga i suoi portali spalancati, per poter entrare e dispogliare il passato di quel tanto che abbiamo scelto per i nostri bei mosaici. Pu essere che il senso critico della storia, che galvanizza il passato entro la vita scientifica, sia destinato a distruggere questo passato alla vita della cultura? Pi probabilmente, sta accadendo che le correnti spirituali odierne stiano correndo cos in fretta, e in tanta turbolenza, che ci difficile trovare una prospettiva culturalmente vitale del passato, che in tal modo lasciato, nel nostro tempo, come una mummia glorificata nelle mani di sapienti bramini. E, per il tempo presente, quanti di noi assumono la cultura non come conoscenza n come maniera, ma come vita, chiederanno del passato non tanto che cosa, quando? e dove? quanto come e l'accento di questo come sar modulato in accordo coi bisogni dello spirito di ciascuno, uno spirito libero di glorificare, di trasformare e di rigettare.Ricapitolando, circa il posto dell'individuo nella nostra teoria culturale, possiamo dire che la ricerca della cultura genuina implica due tipi di riconciliazione. L'io cerca di trovare istintivamente una regola. Nel processo di acquisizione d un senso non crudo di padronanza ma proporzionato al grado di sofisticazione proprio del nostro tempo, l'io costretto a soffrire una riduzione e a subire un'impronta. L'estrema differenziazione di funzioni cui il progresso umano ha costretto l'individuo ne minaccia lo spirito; e noi nulla possiamo fare se non sottometterci con buona grazia a questa riduzione della nostra attivit, ma non si deve consentire di tarpare indebitamente le ali dello spirito. Questa la prima e la pi importante riconciliazione - la scoperta di tutto un mondo di soddisfazioni spirituali entro gli stretti limiti di una attivit economica insolitamente confinata. L'io deve porsi a un punto cui possa, se non abbracciare lintera vita spirituale del suo gruppo, almeno coglierne sufficientemente i raggi che irrompono nella luce e nella fiamma. Inoltre, lio deve apprendere a conciliare i suoi sforzi, le sue imperiose necessit, con l'intera vita spirituale della comunit. Deve contentarsi di prendere alimento dalla coscienza spirituale di quella comunit e del suo passato, non semplicemente perch lio possa ottenere il mezzo di crescere interamente, ma perch possa crescere dove il suo potere, grande o piccolo, possa venire in contatto con una vita spirituale cui partecipino strettamente altri individui. E ancora, malgrado ogni riconciliazione, lio ha il diritto di sentirsi crescere in uno sviluppo spirituale, integro e equilibrato, le cui giustificazioni ultime riposino in se stesso, i cui sacrifici e compensazioni debbano essere giustificate da se stesso. La concezione dell'io come un mero strumento per raggiungere fini comunitari, sia di stato o d'altro corpo sociale, deve essere scartata come responsabile a lungo andare di assurdit psicologiche e di schiavit spirituale. Spetta soltanto all'io di concedere, se deve esserci qualche concessione. La libert spirituale, nella sua essenza, non unelemosina dispensata, ora indifferentemente ora a malincuore, dal corpo sociale. Il fatto che una diversa filosofia delle reazioni dell'individuo col suo gruppo sia ora cos prevalente, rende sempre pi necessario insistere sulla primazia spirituale dell'anima individuale.E un fatto degno di nota che ogni volta che si discuta di cultura, istintivamente si ponga l'accento sull'arte. E ci si applica sia alla cultura individuale che a quella comunitaria. Noi applichiamo il termine culturalizzato soltanto con riserva a un individuo nella cui vita il momento estetico non ha luogo. Cosi pure, se vogliamo cogliere qualcosa dello spirito, del genio, di un periodo trascorso o di una civilt esotica, ci volgiamo prima e innanzitutto alla sua arte. Un'analisi superficiale non vedrebbe in ci altro che retorica, una retorica sulla bellezza, il decorativo, che si accorda con la concezione convenzionale della cultura come vita di raffinamento improntata alla tradizione. Ma un'analisi pi penetrante rifiuta una tale interpretazione. Per essa le pi alte manifestazioni di cultura, la vera essenza del genio di una civilt, risiede necessariamente nell'arte, poich larte l'autentica espressione, in forme soddisfacenti, dell'esperienza; esperienza non come logicamente regolata dalla scienza, ma come rappresentazione diretta e intuitiva della vita. Poich la cultura risiede, nella sua essenza, nello sviluppo armonioso del senso di padronanza istintivamente perseguito da ogni anima individuale, ci pu soltanto significare che larte, la forma di consapevolezza in cui l'impronta dell'io pi diretta, meno ostacolata dalle necessit esteriori, sopra tutte le altre intraprese dello spirito umano intesa a riflettere la cultura. Raccontare le nostre vite, le nostre intenzioni, le nostre caduche passioni in forme espressive che convincano gli altri e ci facciano rivivere in questi altri, la pi alta soddisfazione spirituale che noi conosciamo, la pi alta fusione di individualit con lo spirito della sua civilt. Se mai larte fosse veramente perfetta nella sua espressione, allora essa sarebbe immortala. Ma anche larte pi grande piena di scorie convenzionali, piena delle particolari sofisticazioni del suo tempo. E, come esse mutano, la forza espressiva di ogni opera d'arte tende ad essere sempre pi sentita come ostacolata da un che di rigido e di alieno, finch a poco a poco non cada nell'oblio. Mentre l'arte vive, essa appartiene alla cultura; ma nella misura in cui essa assume la frigidit della morte, interessa soltanto lo studio delle civilt, Cos ogni giudizio sull'arte (e perci sulla produzione artistica) ha due facce. Ed una sfortuna che la faccia diretta alla civilizzazione sia cos spesso confusa con quella fissata sulla cultura.Geografia culturale.Una particolarit spesso notata nello sviluppo culturale il fatto che esso raggiunge le sue pi grandi altezze in gruppi autonomi relativamente piccoli. Infatti dubbio che una cultura genuina possa mai propriamente appartenere a pi che un tal gruppo ristretto, un gruppo fra i cui membri si pu dire che esista, qualcosa come un contatto spirituale diretto e intensivo. Questo diretto contatto arricchito dal comune retaggio culturale del quale le menti di tutti si nutrono, e reso pronto e fecondo dalle migliaia di sentimenti e di idee che tacitamente vengono assunti e costantemente brillano sullo sfondo. Piccoli gruppi siffatti, culturalmente autonomi erano l'Atene dell'et di Pericle, la Roma di Augusto, i liberi comuni italiani del basso medioevo, la Londra dei tempi elisabettiani, e la Parigi degli ultimi tre secoli. d'uso comune parlare di alcuni di questi gruppi e delle loro culture come se esse si identificassero, o rappresentassero culture e gruppi largamente estesi. Per una curiosa estensione, tale uso, in realt, un modo figurato di parlare, di intendere una parte per il tutto. E sorprendente, per esempio, quanto buona parte della cosiddetta storia della letteratura francese sia in realt la storia dell'attivit letteraria svolta nella citt di Parigi. E ben vero che una cultura strettamente localizzata pu e spesso estende la sua influenza ben oltre la sua sfera propriamente ristretta. Talvolta essa determina il cammino di un'intera nazione, di un lontano impero. Tuttavia ci pu avvenire soltanto a spese di una diminuzione spirituale non appena essa cultura esce dai suoi confini, di un decadimento in un atteggiamento imitativo. Se noi intendessimo con pi acutezza quanto incida il rapido estendersi o imporsi di una cultura, in qual misura essa si propaghi annientando i germi di sviluppi autonomi pi salutari, saremmo meno desiderosi di accogliere tendente uniformatrici, meno inclini a reputarle di natura progressiva. Una cultura pu ben essere vivificata dal di fuori, ma la sua sostituzione con un'altra, sia essa o no superiore, non rappresenta un guadagno culturale. Non ci riguarda, in questa sede, se sia essa seguita o no da un vantaggio politico, poich il deliberato proposito di imporre una cultura direttamente per le spicce, non importa se avallata da buon volere, un affronto allo spirito umano. Quando un tal proposito viene appoggiato non da buon volere, ma dalla spietata forza militare, allora si tratta del pi grande delitto concepibile contro lo spirito umano, il modo di rinnegare in toto la cultura.Ci significa che dobbiamo volger le spalle a tutte le tendenze internazionalistiche e vegetare per sempre nel nostro nazionalismo? A questo punto ci imbattiamo nel diffuso errore che l'internazionalismo sia nella sua essenza opposto allo sviluppo intensivo delle culture autonome. L'errore procede dal non intendere che internazionalismo, nazionalismo e localismo sono forme cui possono essere dati vari contenuti. Noi non possiamo discutere con intelligenza di internazionalismo prima di sapere perch dobbiamo essere internazionalisti. Purtroppo siamo cos ossessionati dall'idea di subordinare ogni forma di associazione umana allo stato e di considerare ogni tipo di attivit come confinante con la politica, che ci difficile accordare l'idea di una autonomia di cultura locale o strettamente nazionale con una sovranit dello stato, puramente politica, e con un internazionalismo economico- politicoNessuno in grado di vedere con chiarezza quali saranno le conseguente maggiori degli attuali conflitti mondiali. I quali possono inasprire invece che alleviare gli odi politico-nazionali e tendere cos a rafforzare il prestigio dello stato. Ma tale deplorevole risultato non pu essere che una fase transitoria. Ancor oggi evidente che la guerra, in vari modi, ha tracciato la strada per un internazionalismo economico, e, a mo di corollario, semipolitico. Tutte quelle sfere di attivit relative al soddisfacimento di fini immediati, che, dal punto di vista da noi raggiunto, altro non sono che mezzi, tenderanno a diventare funzioni internazionali. Tuttavia i processi di internazionalizzazione si adatteranno da s particolarmente, essi saranno in sostanza soltanto il riflesso di quella crescente impazienza dello spirito umano circa la preoccupazione dei fini diretti, di cui si detto sopra. Tali problemi sopranazionali, quali la distribuzione di beni economici, il trasporto delle derrate, il controllo delle vie di comunicazione, la zecca, e numerosi altri, devono eventualmente passare nelle mani di organizzazioni internazionali per la semplice ragione che gli uomini non saranno in eterno leali verso l'inutile amministrazione nazionale di funzioni che sono essenzialmente del campo internazionale. E poich questo campo internazionale sta per essere completamente realizzato, le nostre attuali infatuazioni di prestigio nazionale nella sfera economica si mostreranno per quelle spirituali imbecillit che sono.Tutto ci in stretta relazione con l'eventuale sviluppo culturale. Finch la cultura sar riguardata come un appannaggio decorativo di larghe unit politiche, si pu ragionevolmente dedurre che la sua conservazione subordinata al mantenimento del prestigio di tali unit. Ma la cultura genuina inconcepibile fuori della base di una coscienza spirituale altamente individuale, essa raramente resta viva e penetrante quando si estende superficialmente su un'area interminabile, giacch nei suoi scopi pi alti in nessun modo deve sottomettersi ai vincoli economici e politici, Ora una cultura internazionale generalizzata difficilmente concepibile. L'unit politico-nazionale tende ad avocare a s la cultura e fino a un certo punto ci riesco, ma soltanto al prezzo di un serio impoverimento culturale di vaste zone del suo territorio. Se l'integrit politica ed economica di queste larghe unit, statalmente controllate, viene a poco a poco minata dal crescere di funzioni internazionali, la loro raison dtre culturale deve anche tendere a indebolirsi. La cultura deve tendere perci con intensit sempre crescente a stringersi intorno a unit politiche minori e relativamente piccole, unit che non siano tanto larghe da assorbire l'individualit che alla cultura come il vero alito della vita. Fra questi due processi, l'integrazione di forze economiche e politiche in una sovranit del mondo e la disintegrazione della nostre attuali abnormi unit di cultura in piccole unit la cui vita sia veramente virile e individuale, il feticcio dello stato presente, con la sua incontrollata sovranit, pu in un indistinto futuro essere destinato a sparire, Lo stato politico attuale stato messo a lungo alla prova e si dimostrato inefficace. Le nostre unit politico-nazionali sono troppo piccole per la pace e troppo grandi per la sicurezza. Son troppo piccole per l'intelligente soluzione dei vasti problemi nella sfera dei fini diretti, e troppo grandi per il fecondo arricchimento dei fini pi remoti, per la cultura.Nel Nuovo Mondo, forse pi che in ogni altra parte del globo, manifesta la natura insoddisfacente di una cultura geograficamente diffusa, di piccola profondit o individualit iniziale. rattristante trovare sostanzialmente le stesse manifestazioni culturali, materiali e spirituali, spesso fin nei pi minuti particolari, sia a New York che a Chicago e a San Francisco. Ci indica una superficialit nella cultura stessa e una disposizione alla imitazione nei suoi portatori, non certo rassicuranti. Anche se non definito, il modo di uscire dalla piatta palude culturale chiaramente discernibile per il presente, e non bene continuare a scaldarsi al sole della autosufficienza, che pu esserci d'aiuto soltanto nello scandaglio del cuore e nel mostrarci in che cosa esso sia insufficiente. Non importa se esageriamo la nostra debolezza; preferibile deprimersi che esaltarsi. Siamo stati abituati ad aver fiducia in risultati essenzialmente quantitativi che sono dovuti a una natura insolitamente favorevole e a una tendenza favorevole di condizioni economiche piuttosto che a qualcosa in noi. Le nostre vittorie sono state brillanti ma troppo spesso improduttive per la cultura. L'abitudine di giocare con dadi truccati ci ha posti in una pericolosa posizione d passivit - pericolosa, cio, per la cultura. Riccamente adagiati dietro comode cattedre, attendiamo che i grandi fatti culturali ci accadano. Abbiamo caricato il meccanismo - uno stupendo meccanismo - da cui la cultura si esprima in tutta la sua pesante panoplia. Il piccolo incremento di individualit che solo fa cultura nell'io ed eventualmente edifica una cultura nella comunit sembra non so come sdegnato, molto pi facile amministrare una cultura in scatola.Proprio ora ne stiamo aspettando una gran quantit dalla guerra europea. Nessun dubbio che la guerra e le sue ripercussioni ci libereranno in parte dalla nostra piatta rispettabilit e apriranno la porta ad alcune correnti culturali invero stimolanti, ma, se non stiamo attenti, tali influenze possono subito irrigidirsi in nuove standardizzazioni o affievolirsi in un altro genere di atteggiamenti imitativi e di reazioni. La guerra e le sue ripercussioni non possono essere una causa culturale sufficiente, al massimo sono un'altra combinazione di condizioni favorevoli. N dobbiamo stupirci troppo se una cultura periclea non venga in qualche modo a sbocciare automaticamente. Presto o tardi dovremo risolverci all'umile compito di esplorare gli abissi della nostra coscienza e portare alla luce quanti sinceri frammenti di esperienza riflessa possiamo trovarvi. Tali frammenti non sempre saranno splendenti, non sempre saranno per piacere, ma saranno genuini. Allora noi potremo costruire. Nel tempo, nel copioso tempo - giacch noi dobbiamo avere pazienza - una cultura genuina, meglio ancora, una serie di culture autonome interattive adorner la nostra vita. E New York, Chicago e San Francisco vivranno ognuna nella propria forza culturale, non guardandosi l'un l'altra di traverso spiando quale di esse superi le altre nella corsa ai valori esterni, ma ognuna serenamente dimentica delle sue rivali poich la loro crescita avverr in un terreno di valori culturali genuini.