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Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 162 - anno XXXV | Ottobre 2014 ACCOGLIERE SEMPRE GRATUITAMENTE La fede, un dono da condividere con gli altri. EDITORIALE Ascoltare la Parola di Dio ATTUALITÀ Un abbraccio di misericordia. Una vita per gli altri IN COMUNITÀ Settimana comunitaria a Villabassa ESPERIENZE DI VITA E D V

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Come la mia vocazione mi aiuta ad accogliere l’altro, a volte di fede diversa dalla mia? Quali strumenti posso mettere in campo per coltivare queste relazioni? Non solo integrazione umana ma anche spirituale: a partire dal mio vicino di casa, per passare all’ambito educativo e lavorativo.

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ACCOGLIERESEMPREGRATUITAMENTELa fede, un dono da condividere con gli altri.

EDITORIALEAscoltare la Paroladi Dio

ATTUALITàUn abbraccio di misericordia.Una vita per gli altri

IN COMUNITàSettimana comunitariaa Villabassa

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SommarioEdV • ottobre 2014

Come la mia vocazione mi aiuta ad accogliere l’altro, a volte di fede diversa dalla mia? Quali strumenti posso mettere in campo per coltivare queste relazioni? Non solo integrazione umana ma anche spirituale: a partire dal mio vicino di casa, per passare all’ambito educativo e lavorativo.

Giovanni CattaneoLuigi CrimellaRosalba BeatricePaolo CattaneoGiorgia EvangelistiVilma CazzulaniDonatella Zurlo PROGETTO GRAFICOPaolo [email protected]

Il Piccolo Gruppo di CristoVia San Pietro, 2020832 Desio, MB

www.piccologruppo.it

[email protected](+39) 0362 621651(+39) 0362 287322

info PGCredazione EDV

Ascoltare la Parola di DioGiancarlo Bassanini

pag.4

Un abbraccio di misericordia.Una vita per gli altri Francesco Corda

pag.6

La fede, un dono di vita...da condividereValeria Fiorini

pag.8Ecco il campo,ecco dove devi lavorareRosalba Beatrice

pag.11

ATTUALITà

EDITORIALE

IL VOLTO DEI SANTI

CHIESA NEL MONDO

Chi accogliequesto fanciullo nel mio nome,accoglie me

pag.10

Nel prossimo numeroApprofondiremo la festa dell’Eremo,

momento importante per il cammi-

no di tutta la comunità del Piccolo

Gruppo.

Proporremo una nuova rubrica dedi-

cata alla presenza dell’arte all’interno

dei luoghi religiosi come manifesta-

zione della fede e di un linguaggio

sempre attuale.

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PENSIERO SPIRITUALE

Appuntamento della Chiesa Universale19/10 - Beatificazione Paolo VI. Fu lui a creare il 15 settembre 1965 il Sinodo dei vescovi e domenica 19 ottobre Papa Francesco lo ha proclamato beato alla fine dell’assemblea straordinaria dei vescovi sulla Famiglia.

Ri-torniamoci sopraMauro Panzeri

pag.19

Il Vescovo Mario Grechparla al consiglio del PGC

pag.20

Chiesa e Internet.Storie, novità e applicazionidal mondo della rete

pag.22

IN COMUNITà

in RETE

Una lettura per tutti i gusti.Alcune recensioni da non perdereVilma Cazzulani e Donatella Zurlo

pag.21

L’ANGOLO DEI LIBRI

Settimana comunitariaa Villabassa

pag.14

Con il cuore vi abbracciopag.23

Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2015 - “Chiesa senza frontiere, Madre di tutti”

Il coraggio della fede, della speranza e della carità permette di ridurre le distanze che separano dai drammi umani. Gesù

Cristo è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli, e anche in questo

modo ci chiama a condividere le risorse, talvolta a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Lo ricordava il

Papa Paolo VI, dicendo che «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità

i loro beni al servizio degli altri» (Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23).

Del resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia la Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà,

di comunione e di evangelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad approfondire e a rafforzare i valori

necessari a garantire la convivenza armonica tra persone e culture.

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IL LINGUAGGIO DELLA PREGhIERA PER RAFFORzARE LA NOSTRA RELAzIONE CON DIO

EDITORIALE

Care sorelle e cari fratelli,all’inizio di un nuovo anno pastorale, credo sia importante per ciascuno di noi soffermarci a meditare la nostra Icona Biblica, per rivedere se la pro-fondità della nostra relazione con il Signore e il nostro stile di vita sono

di Giancarlo Bassanini[responsabile generale]

Ascoltarela Parola di Dio

conformi al nostro essere monaci del-le strade, ovvero di donne e uomini in cammino per unificare la nostra vita con Gesù, senza escludere il no-stro prossimo.

Credo sia molto importante saper

ascoltare ogni giorno Gesù attraverso la meditazione quotidiana della Sua Parola e contemporaneamente saper ascoltare la sorella e il fratello che ci vive accanto; solo così saremo testi-moni coerenti con quello che profes-siamo: l’amore a Dio e al prossimo.

Gesù, ospite in casa di Lazzaro, con-versando con l’indaffarata Marta, le ricorderà che di una cosa sola c’è bi-sogno: la preghiera! E le sottolineerà che la sorella Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà mai tolta.

La preghiera a Dio infatti ci permet-terà di vedere l’altro e le sue necessità più grandi delle nostre, perché in Lui non vedremo più l’uomo, lo stranie-ro, quello che ci ruba il posto di la-voro o una parte dei soldi che sareb-bero diversamente destinati a noi, ma l’amore della nostra vita: Gesù.

Per questo i santi nel corso della sto-ria sono stati gli uomini che più han-no realizzato le opere sante in favore degli ultimi, dei malati, dei più soli e dei più bisognosi.

Non si può amare Dio e chiudere il proprio cuore a chi è nel bisogno.

La nostra Icona Biblica ci aiuta a de-clinare dentro alla nostra vita la pre-ghiera ed il servizio, senza chiedere alcuna ricompensa, perché la ricom-pensa ce la darà il Signore, vedendoci nel nascondimento mentre ci faccia-mo pane spezzato come Lui, ogni giorno, si fa pane spezzato per noi e per tutti e versa il suo sangue per la nostra e l’altrui salvezza.

Mi ha sempre affascinato quella stu-penda sequela di verbi contenuti nel-la nostra icona biblica, che sono un crescendo fantastico che ci attende al

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termine della nostra vita se avremo saputo essere fedeli alla consegna del già richiamato “Lavora e prega, fai opere di bene senza pretendere nessuna ricompen-sa”.

Ve li ripresento, perché mi fanno sempre gioire e vorrei che anche voi gioiste con me. Sono verbi precedu-ti da quel “Ti vedrò” che mi fa tre-mare le gambe e sussultare il cuore: Ti vedrò incompreso, deriso, insultato, vec-chio, trascurato, solo.Avrò compasssione di te, ti solleverò, ti la-verò dai tuoi peccati, dalle tue omissioni, ti vestirò con abiti nuovi, ti porterò nella mia casa, mangerai a mensa con me, appoggerai la testa sul mio petto, sarai mio amico, mio fratello fedele e amato.

E poi il crescendo: Mi compiacerò di te, ti presenterò al Padre, che ti consegnerà l’anello della carità, dell’amore, della gloria.

Sorelle e fratelli, dobbiamo vivere misticamente uniti a Lui per impara-re ad annunciare la Parola di Dio con umiltà, perché la Parola di Dio non è uguale alla parola umana, la parola di Dio, come ci ricorda Papa Francesco “è Gesù stesso”. Meditare la Parola è importantissimo, non per imparare, bensì per trovare Gesù, perché Gesù è proprio nella sua Parola, nel suo Vangelo.

Gesù si riceve - è sempre il Papa che ce lo dice - con cuore sincero, aperto e umile, con lo spirito delle beatitudi-ni, perché Gesù è venuto in umiltà, in povertà e con l’unzione dello Spirito Santo.

Chiediamo dunque l’unzione del cuo-re che è l’unzione delle beatitudini, che è l’unzione del suo consacrato.

Chiediamo di poter ricevere ogni giorno la sua Parola semplicemente, perché è Gesù vivo nella sua Parola.

Chiediamo di saper amare e servire il

prossimo come Gesù ha amato e ser-vito tutti noi, fino a dare la sua vita, Lui il giusto, per noi peccatori.

Il linguaggio di Dio è diverso da quel-lo dell’uomo, solo con la preghiera e con l’unzione dello Spirito Santo “lo si può comprendere”. Il linguaggio di Dio è quello che troviamo nell’altra nostra icona, quella Teologia, laddove dice che “i deboli diventano forti, i timorosi guerrieri di Cristo, gli igno-ranti diventano oratori e maestri” e i “peccatori ricevono la grazia” e io ag-

giungo e per grazia la trasfondono in quelli che amano e servono.

Siano questi i nostri sentimenti du-rante questo anno nuovo che ci viene donato da vivere nella nostra storia sacra, e da questi sentimenti discen-dano le nostre azioni coerenti verso Dio e verso il nostro prossimo che sono le due facce di un’unica meda-glia.

Questo è il mio augurio che si fa pre-ghiera per ciascuno di Voi.

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ATTUALITà

NEL CUORE DI MILANO. L’ESPERIENzA DI CARITà DELL’ASSOCIAzIONE “EFFATà-APRITI”

di Francesco Corda

L’incontro misericordioso con il Signore ad un certo punto del-la tua vita si è concretizzato nell’esperienza con i poveri della città di Milano. Nel 1991, dopo molti anni vissuti concretamente sul campo, fondi l’Associazione “Effatà-Apriti” nata dall’esperien-za del Gruppo Emmaus inizia-to nel 1984 . A trent’anni da quel giorno, come rileggi questo tempo percorso accanto ai senza fissa di-mora e agli anziani indigenti che hai conosciuto?

Giunto a Milano all’inizio degli anni sessanta, entravamo nella fase finale del periodo così detto “boom econo-mico”, non è stato difficile imbattersi nella grave emarginazione che è un fenomeno presente nelle società oc-cidentali economicamente evolute. L’ltalia non fa eccezione e Milano è stata al centro di questa ripresa eco-nomica italiana nel dopoguerra. Per vederla e leggere quella realtà, basta-

Un abbracciodi misericordia.

Una vita per gli altriva avere “i Suoi occhi” – come dice la Preghiera del Cammino – anche se la nostra preghiera ancora non era stata scritta. Volendo essere sincero devo dire che solo nel tempo mi sono reso conto che si è trattato di un dono del-lo Spirito immeritato. Da solo non mi ero accorto. Me lo fece notare il mio responsabile personale diversi anni fa.

Chi sono i poveri che si avvicinano alla tua associazione? Raccontaci con il tuo vissuto il loro “Volto”?

Anagraficamente sono uomini ul-trasessantenni. Qualche decennio fa erano quasi tutti celibi talvolta vedo-vi. Negli ultimi tempi prevalgono i divorziati, separati o reduci da convi-venze più o meno lunghe. Spesso con figli a loro volta già sposati. Con lo sfaldamento delle famiglie, aumen-tano a dismisura questi casi, e noi ce la mettiamo tutta per cercare di aiutarli a superare questa fase critica

della loro vita. Solo in minima parte, riusciamo ad alleviare questa terribile piaga sociale. Sono persone segnate da solitudine, disoccupazione, tal-volta alcolismo, disturbi mentali non curati. Tutti fattori che possono aver provocato la perdita del lavoro, la disunione della famiglia con il venir meno degli affetti più cari e la conse-guente depressione. Da qui all’emar-ginazione sociale grave ed entrare nella schiera dei “Senza fissa Dimo-ra” il passo è brevissimo.

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15, 13). Queste parole del Vangelo sembrano essere mol-to vicine al tuo cammino. Nella vita di tutti i giorni, insieme agli altri volontari, come donate la vo-stra vita alle persone che ospitate?

Dal Vangelo ho sempre tanto da im-parare. Una delle cose più belle che ci ha insegnato Gesù è che ha chiamato

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i suoi discepoli Amici. Da subito a me è piaciuto chiamare Amici le Persone Povere che Lui ha messo nel nostro cammino. Solo quando, in situazioni “istituzionali”, devo fare riferimento a loro, per non equivocare il termine “amico”, uso e faccio usare il termi-ne Ospite. Mi disturba moltissimo quando da qualcuno vengono chia-mati “assistiti”, mi sembra un termi-ne freddo, privo d’affetto fraterno. Fin dall’inizio abbiamo voluto dare alla nostra Associazione l’impronta di una famiglia allargata. Non sempre ci riusciamo, anche perché chi ha vis-suto per lungo tempo nella “giungla d’asfalto” delle grandi città, con tan-te esperienze negative, prima di dare fiducia ad una accoglienza gratuita e totalmente disinteressata fa fatica, la cosa non è automatica, immediata. Ogni soggetto ha bisogno del proprio tempo di adattamento per cogliere questa realtà in base alla sua sensibi-lità, carattere ed esperienza vissuta. Quando incontriamo una persona nuova in difficoltà, nei primi collo-qui non promettiamo altro se non il nostro impegno a dare una mano per superare insieme le difficoltà che sta vivendo e vogliamo aiutarlo perché possa reinserirsi nella società recupe-rando la dignità perduta.

In un recente discorso, ai poveri assistiti dalla Comunità di Sant’ Egidio, il Santo Padre ha afferma-to: “Dai poveri e dagli anziani si inizia a cambiare la società. Gesù dice di sé stesso: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diven-tata la pietra d’angolo» (Mt 21,42). Anche i poveri sono in qualche modo “pietra d’angolo” per la co-struzione della società”. Che ne pensi?

Non solo condivido ma – come fai tu – anche a me piace citare Mt 25 dove Gesù si identifica coi poveri. Servire i poveri è servire Lui, ed il Santo Padre ci sollecita e stimola a fare esperienza

diretta sporcandoci le mani nel tocca-re la loro carne martoriata, come ha chiesto all’Apostolo Tommaso. Per-ché credesse in Lui lo invita a mette-re le mani nelle piaghe… Sappiamo che Gesù è “la pietra che i costruttori hanno scartato”.Ripartire dai poveri è la via maestra per la costruzione della società vera-mente umana. Non lo dico solo io.Negli anni 80 (anni in cui ha avuto inizio la nostra avventura) i Vescovi italiani avevano distribuito il piano decennale il cui titolo era: “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese”. In questo piano venivamo richiamati a ripartire dagli ultimi. Ma noi apparte-niamo ad un popolo di “dura cervice” e queste cose abbiamo bisogno che periodicamente ci vengano rimar-cate. Per questo il Signore ora ci ha mandato Papa Francesco che ce le ri-corda.Anche se non me lo hai chiesto, permettimi di aggiungere una cosa che mi sembra importante. Quando molti anni fa ci stavamo preparan-do a festeggiare bene la ricorrenza del nostro Giubileo, Andrea di Maio tenne alla nostra Comunità, una serie di incontri a Desio. In uno di questi sono stato colpito dall’invito rivolto ad ognuno di noi a scegliere un segno tangibile che doveva rimanere nel tempo – seguendo l’insegnamento antico – riportato nell’A.T. Da tempo avevo nel cuore un desiderio molto importante che non ero ancora riu-scito a realizzare. Ho capito che non potevo rinviare ancora …condividere coi Poveri la Parola. Fin dall’inizio avevamo dato accoglienza, fornito da mangiare, alloggio, amicizia… ma non la cosa più importante… la con-divisione della Parola di vita, che poi è Gesù stesso. Maria di Betania inse-gna. Ho scelto che tutti i sabati, per chi lo desidera, ci si incontra per leg-gere, meditare e condividere il Vange-lo della Domenica. Ho sperimentato una nuova grande Grazia: approfon-dire la Parola coi fratelli.

Il mondo contemporaneo, con-trariamente al tuo impegno as-sociativo, emargina i poveri. Che consiglio, input, ti verrebbe da suggerire per chi nella propria vita sente di spendersi in una realtà come quella che vivi tu?

Con molta umile consapevolezza, devo ammettere che non sono in grado di dare insegnamenti a nessu-no. Mi viene in mente invece l’inse-gnamento del grande Papa Paolo VI (poco amato dagli “intelletuali” ed i media del suo tempo) che nella sua bellissima e straordinariamente at-tuale Enciclica Populorum Progres-sio affermava: “il mondo oggi ha più bisogno di testimoni che di maestri”. Spesso nella preghiera chiedo al Si-gnore la grazia di rendermi un suo piccolo, umile testimone credibile del Suo amore, Lui che ha voluto mani-festare tanta misericordia ad un pec-catore come me. Scusandomi per lo sproloquio che ho premesso, questa tua domanda parte con una grande, triste verità che il nostro amato Fran-cesco sta rimarcando ripetutamente nei suoi ultimi interventi: dobbiamo rifiutare “la cultura dello scarto” che la società ci sta propinando. Gli Amici che la nostra Associazione aiu-ta, dalla società attuale, spesso sono considerati lo scarto, da emarginare. Detto questo posso assicurare che la vita spesa in questo modo e per que-sta causa la trovo bella, evangelica, piena, ricca di significato e non la so-stituirei con un’altra nonostante com-porti fatica, sudore, incomprensioni, qualche calunnia… ma non è quello che ha sperimentato Gesù in terra? Credo sia la strada giusta, perciò da sperimentare. Spero di non peccare anche di presunzione.

A chiunque, ma in particolare ai gio-vani, che abbiano avuto la pazienza di leggere arrivando fin qui, parafrasan-do il Vangelo mi sento di dire: vieni e vedi.

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ATTUALITà

L’ESPERIENzA LAVORATIVA DI UNA SORELLA DELLA COMUNITà DI ROMA

Sto facendo il conto alla rovescia: mancano trecentoquaranta giorni alla conclusione del mio intenso rappor-to di lavoro con la scuola pubblica. Aspetto quel momento con ansia e curiosità: finalmente riavrò la mia li-bertà, ma come vivrò il tempo che mi viene restituito?In questa fase della mia vita è gioco-forza fare un bilancio: a sessantacin-que anni non ho ancora perso l’entu-siasmo per un lavoro che mi è sempre piaciuto, ma per il quale ho trascurato molte cose altrettanto importanti. La prima riflessione mi viene dalla con-statazione che, anno dopo anno, le mie energie fisiche vanno diminuen-do, per cui mi riesce sempre più dif-ficile conciliare l’impegno lavorativo con la gestione familiare, ma ancor più con la vita spirituale, soprattutto nella comunità. Ogni estate, quando le attività scolastiche rallentano, mi diventa facile avere il tempo per la preghiera e l’Eucarestia quotidiana; la gioia che ne traggo mi spinge sempre a propormi di programmare il nuovo anno in funzione di queste piuttosto che della scuola, ma i fatti, le respon-sabilità e la stanchezza fisica vanifi-cano quasi subito il proponimento, soprattutto a spese della mia vita co-

La fede,un dono di vita... da condivideredi Valeria Fiorini

munitaria, per cui divento sistemati-camente uccel di bosco subito dopo la festa dell’Eremo. Anelo, dunque, alla pensione, per poter coltivare il dono prezioso del dialogo prolungato col Signore e dell’appartenenza alla fraternità del Piccolo Gruppo. D’altra parte, la scuola riempie talmente tan-to la mia giornata che mi chiedo se e quanto ne sentirò la mancanza.E allora vado indietro col pensiero e ripercorro le tappe della mia vita, con gli occhi di oggi, ormai allenati a vedere la presenza del Signore anche nelle piccole cose: come mi ha portato ad entrare nella scuola, lasciando il la-voro da analista al Centro elettronico del comune di Roma; come ha creato le condizioni perché, da insegnante di matematica che ero, mi appassionassi al problema delle difficoltà di appren-dimento e mi impegnassi a diventa-re insegnante di sostegno; come tali studi, insieme alla pratica professio-nale, mi abbiano aiutato a sviluppare competenze nella capacità di entrare in relazione empatica con gli alunni; come, soprattutto attraverso le mie vicende familiari, mi abbia guidato ad un incontro più consapevole con Lui; come tale incontro abbia radicalmen-te modificato non il mio carattere, né

le situazioni di vita, ma il mio modo di vederle e di relazionarmi con gli altri.Ho vissuto la mia progressiva scoper-ta del Signore come, penso, ognuno di noi: inizialmente col timore di essere derisa, poi con l’entusiasmo di un’in-namorata e il desiderio di portare tut-ti a Lui; oggi, con la comprensione che l’aspetto più meraviglioso del Suo amore è l’assoluta libertà di scelta che ci lascia, insieme con il Suo immen-so e incondizionato desiderio di bene per ciascuna creatura. Tutto questo non poteva non influire nella mia vita lavorativa: ore ed ore passate con i ra-gazzi, colloqui con i genitori, contatti con colleghi e collaboratori, ascolto di sfoghi, confidenze, conoscenza di situazioni a volte drammatiche, scel-te “politiche” da fare nell’ambito del Collegio dei docenti o del Consiglio di istituto. Senza la fede, e soprattut-to senza un “cammino” di fede, sono convinta che non sarei stata la stessa persona che sono oggi; ho smesso di esibirla, mi sono limitata a viverla, cercando di mettere in pratica la no-stra preghiera: “ i miei occhi siano i Tuoi occhi…”. E Lui mi ha sempre sostenuta, facendomi scoprire giorno dopo giorno la verità della presenza dello Spirito. Mille volte mi è suc-cesso, al termine dei colloqui con gli adulti che mi si rivolgevano, di sentir-mi dire: “grazie, professoressa, avevo proprio bisogno delle sue parole”, ed io so che non avrei mai pensato di poterle dire con le mie forze, né, so-prattutto, di poter, da sola, centrare il problema e la sofferenza della per-sona che avevo davanti. Mille volte mi è successo, entrando in classe da insegnante di sostegno, di trovarmi coinvolta in una lezione di storia sul-la riforma protestante, sulle crociate, o nella spiegazione di un brano della Divina Commedia, e di poter inter-

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venire senza timore, fornendo ai ra-gazzi, ma anche ai colleghi, spiega-zioni e punti di vista meno “laici”. In queste circostanze, ho scoperto quan-to pregiudizio e quanti luoghi comuni siano diffusi sulla nostra religione e sulla Chiesa cattolica, ma ancor più quanta sia l’ignoranza che permette la loro diffusione. L’educazione cristiana non può e non deve essere lasciata alla parrocchia o all’ora di religione, ma va esercitata con coraggio e senza fanatismo da ogni credente: è vero che la scuola pubblica deve garantire la pluralità delle opinioni, sia in campo religioso che politico, ma deve anche fornire conoscenze tali da permettere una scelta consapevole. Una gran parte degli insegnanti curricolari ha timo-re, come io pure lo avevo, di dichia-rarsi credenti, e comunque affonda le radici della propria fede nell’edu-cazione ricevuta nell’infanzia, senza più averla coltivata se non, quando va bene, con la messa domenicale; si accosta agli alunni permeato dei con-dizionamenti conseguenti alla cul-tura e alla filosofia oggi dominante; si lascia imbavagliare dalle contrad-dizioni e dagli errori compiuti dalla Chiesa ed evita i confronti diretti. Eppure, crede. E non si accorge che coloro che gli vivono intorno hanno un bisogno spaventoso che questa fede venga loro testimoniata, ovvia-mente con coerenza di vita, oltre che con le parole. Noto, di anno in anno, che nelle classi aumentano gli alunni che scelgono di non avvalersi dell’ora di insegnamento della religione cat-tolica. I motivi sono i più disparati: dall’approfittare della possibilità di avere un tempo disponibile per farsi i compiti delle altre materie, dormire un’ora di più o pranzare un’ora prima, all’essere convinti di tutelare i propri figli dall’influenza di “ideologismi” considerati negativi (ma come la met-tiamo con le chiavi di lettura fornite da carismatici professori di storia, fi-losofia, scienze, eccetera, più o meno

politicizzati?), all’antipatia personale verso il docente di religione. Alla fine arrivano le famiglie appartenenti ad altre confessioni religiose. Anche in questo caso, nella mia esperienza ho incontrato tante realtà, le più nume-rose fra gli extracomunitari, ma non solo. Nella mia carrellata di ricordi, pen-so ad Ariel, meraviglioso ragazzo di religione ebraica, con una famiglia aperta e intelligente; nella sua clas-se c’erano altri alunni che, come lui, non frequentavano l’ora di religione. Nel triennio che hanno trascorso nel-la nostra scuola lui si è preparato al “bar mitzvah”, giorno di festa che ha condiviso con tutti noi. In classe par-lavamo spesso, nel rispetto reciproco, delle nostre religioni, confrontandone gli elementi comuni; cercavo sempre di assicurarmi che lui vivesse serena-mente i momenti di condivisione, ma non cessavo di meravigliarmi quando constatavo come lui fosse molto più preparato di tutti gli altri. In quel periodo io ero nel cammino neocate-cumenale, e la costante scrutatio dei brani dell’Antico Testamento in com-binata con il Nuovo mi metteva in condizione di comprendere ed essere compresa, e ancor più di condividere, o addirittura fornire, ai “nostri”, non solo agli alunni, ma anche ai colleghi in compresenza con me, conoscenze e competenze per riflettere sul senso profondo di precetti spesso conside-rati solo come tradizioni superate e prive di importanza; e tutto ciò grazie alla presenza di Ariel. Penso a Yosra, bella e intelligente, ar-rivata dal Marocco, di religione isla-mica, più grande di età rispetto ai suoi compagni: mondi e culture diverse, che la portavano ad essere isolata, perché non aveva punti di contatto con le ragazze della classe. Nei primi due anni si è lottato molto per farla frequentare e ancor più per ottenere che studiasse le varie discipline attra-verso i libri di testo italiani. Ferma-ta in seconda media, è stata inserita

nella classe in cui facevo sostegno. Io l’avevo già conosciuta, per via del mio incarico da vicepreside, ma poter lavorare direttamente con lei mi ha permesso di guadagnare progressi-vamente la sua fiducia e la sua confi-denza. Piano piano, ha cominciato ad aprirsi in classe, anche con i compa-gni, specialmente quando, con garbo, la invitavamo a condividere con noi la sua cultura. La sua maturità è stata di grande aiuto nell’analisi delle dinami-che del gruppo e delle problematiche sociali, ma ancor più nella reciproca conoscenza delle differenti fedi: una banalità, forse, ma il suo Ramadan è stato utile per rispiegare il senso del digiuno quaresimale e della peniten-za nella nostra fede; e così la lettura dei brani danteschi è servita per af-frontare il tema della vita eterna, del-la misericordia divina e del perdono tra gli uomini: occasioni preziose per raggiungere tutti. A distanza ormai di tre anni dall’uscita dalla scuola me-dia, di tanto in tanto Yosra viene a salutarmi e ad abbracciarmi. Altri nomi, altri visi, altre situazioni si affacciano alla mia mente. Sottolineo però che, senza l’aiuto del Signore, nessuna delle parole uscite dalla mia bocca avrebbe potuto essere ascolta-ta, ma il silenzio e l’attenzione con cui i miei interventi venivano segui-ti anche dai miei colleghi presenti in classe, che non mi hanno mai tolto la parola, mi confermavano quella fame di conoscenza, quel bisogno di fede e di testimonianza di cui parlavo sopra. Non ho mai imposto il mio pensiero, ho però sempre dichiarato il mio cre-do, sollecitando tutti a pensarla come volevano e verificando con i genitori che il dialogo tenuto con i loro figli non fosse considerato un’indebita in-terferenza.Come potrà non mancarmi tutto que-sto? Confido nella grazia del Signore, che sicuramente mi indicherà un’al-tra strada per continuare a renderGli grazie e testimonianza per i tanti doni che mi ha fatto nella vita.

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IN ASCOLTO DEI POVERI : DOTT. JEAN VANIER. FONDATORE DELLA COMUNITà DE L’ARChE

CHIESA NEL MONDO

Qualcuno mi ama? Qualcuno vuol essere mio amico, vuol venire con me? È il grido del povero.

È da 50 anni che noi viviamo insie-me a persone con disabilità menta-le. Sono i più deboli, è il popolo più oppresso del mondo, io li ho visti in quegli Istituti terribili. Ma loro mi hanno portato a scoprire chi è Gesù, io lo ho incontrato nella debolezza.Gesù è debole, ha bisogno di noi, ha bisogno di essere amato.I malati mentali sono il popolo più emarginato, vengono abortiti dal-le loro madri. Sono stato colpito dai maltrattamenti che subivano, erano rinchiusi. Cosa dovevo fare? Volevo

“Chi accogliequesto fanciullonel mio nome, accoglie me”

seguire Gesù.“Inizialmente ho potuto accogliere due uomini che erano stati colpiti da meningite e encefalite, li ho invitati a vivere insieme a me in una piccola casa. È stata un’esperienza di gioia.Bisogna amare Gesù. Nella parabola delle nozze (Lc 14,7-14) sono i pove-ri, gli ammalati, gli storpi e i ciechi che rispondono all’invito. I ricchi e i potenti rifiutano; non hanno tempo; hanno altre cose da fare. Ecco la vo-cazione dell’Arca: mangiare alla tavo-la delle persone portatrici di handicap mentale. Non tutti sono credenti, non tutti vanno in Chiesa, ma tutti man-giano alla stessa tavola. Chiamando-ci a condividere il loro pasto, Gesù

ci chiede di diventare loro amici, di creare una famiglia con loro, e non principalmente di fare cose per loro. Gesù va ancora più lontano. Egli non solo diventa amico dei poveri, ma si identifica con loro.

“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt25,40)

La comunità dell’Arca è stata fondata del 1964, attualmente ci sono 100 co-munità nel mondo.“Viviamo in piccole case inserite in un paese o nel quartiere di una città. Le persone deboli hanno bisogno di persone più forti vicino a sé. All’Arca abbiamo scoperto che le persone for-ti hanno bisogno dei più deboli. Ab-biamo bisogno gli uni degli altri. Le persone deboli e vulnerabili possono attrarre a sé ciò che di più bello e più luminoso vi è nelle persone più forti; le chiamano ad aprire il loro cuore e la loro intelligenza alla compassione. I più deboli conducono quelli più do-tati a scoprire la propria umanità, ad abbandonare un mondo competitivo, per impegnare le proprie energie a servizio dell’amore, della giustizia e della pace; ad accettare meglio le pro-prie debolezze le proprie fragilità, che spesso cercano di nascondere dietro le maschere. All’Arca, il fondamento della vita comunitaria è la relazione gratuita, cuore a cuore; è la gioia di scoprire la nostra comune umanità. Scopriamo come la relazione inizi da un atteggiamento di ascolto, di acco-glienza e di fiducia verso l’altro. La comunione è il luogo della fiducia e del rispetto reciproci. Essa implica umiltà, apertura all’altro, vulnerabi-lità e condivisione non soltanto dei propri doni e delle proprie ricchez-ze, ma anche delle proprie povertà e dei propri limiti. Vi si trova anche la

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comunicazione non verbale: si espri-me la propria amicizia, la propria compassione, le proprie necessità le proprie difficoltà tramite gli occhi, le mani, il volto, il tono della voce, e in-fine con tutto il corpo. Molto spesso le persone con handicap sono consi-derate come sbagli della natura sen-za valore. Bisogna aiutarle, bisogna avere fiducia nella loro possibilità di crescita. Amare qualcuno non signifi-ca anzitutto fare qualcosa per lui, ma aiutarlo a scoprire la sua bellezza, la sua unicità, la luce nascosta in lui, il senso della sua vita.”

Ci sono molti genitori che si doman-dano: mio figlio è una punizione di Dio?La sua violenza è un grido. Qualcuno mi ama? Qualcuno vuol essere mio amico, vuol venire con me?

È il grido del povero. Ho bisogno di te: questo è il fondamento della fede.La tenerezza è un modo d’incontrare l’altro, la tenerezza non giudica, non condanna. I disabili ci insegnano la pazienza, l’amore è un servizio, è ac-cettare tutto, perdonare tutto, credere tutto. Si imparano molte cose vivendo insieme ai disabili mentali, ho potuto vedere la mia violenza. Bisogna ascol-tare la sofferenza, guardare il povero come lo guarda Gesù. Davanti al po-vero, al disabile, c’è spesso la repul-sione, ma se ci si avvicina, si piange insieme si arriva alla compassione. San Francesco aveva inizialmente re-pulsione dei lebbrosi.

C’è la bellezza e la gioia della missio-ne per i più poveri, la missione è farli rialzare dalle umiliazioni, hanno già sofferto molto.

Bibliografia La lavanda dei piedi. Lo scan-dalo di amare sino alla fine Jean Vanier.

Testimonianza settembre 2014Incontro Internazionale Evangelii Gaudium

di Rosalba Beatrice

LA VITA DI DON BOSCO. EDUCARE ALLA FEDE CON GIOIA

IL VOLTO DEI SANTI

“Eccoil tuo campo,

ecco dovedevi lavorare”

Torino fu una città in forte espan-sione ai tempi di Don Bosco, anche demograficamente per la grande af-fluenza di immigrati, molti di questi giovani, che dalla campagna cercava-no lavoro e fortuna nella città che si stava industrializzando.

Si trattò di una crescita non equilibra-ta, Torino era una città sporca, defini-ta nera, dove si era radicata la malavi-ta, la criminalità minorile, l’alcolismo, la disoccupazione. Numerosi erano i

ladruncoli ancora bambini e proprio loro erano i prediletti di Don Bosco, ma anche bande di briganti che ag-gredivano spietatamente con coltelli.Don Bosco, fondatore dei Salesiani, fu chiamato dalla prima infanzia, proprio come i mistici e in quanto puro di cuore, ad entrare in simbiosi con le realtà divine. I mistici sono i grandi interpreti della vita nella sua interezza, chiamati dal Creatore a portare le scintille del trascendente fra le miserie del mondo. A 9 anni

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il soprannaturale irrompe nella sua vita, fece un sogno che fu profezia di quanto avrebbe realizzato nella sua vita futura. “Mi parve di essere vici-no a casa in un cortile spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, alcuni ridevano altri gioca-vano, non pochi bestemmiavano. Mi sono subito lanciato in mezzo di loro adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un uomo venerando, con manto bianco e la sua faccia era così luminosa, ed io non potevo rimirarlo. Egli mi chia-mò per nome e mi ordinò di pormi alla testa di quei fanciulli aggiungen-do queste parole: “non colle percosse ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici.” In quel momento vidi accanto a Lui una donna di maestoso aspetto, pre-somi con bontà per mano, mi disse: “Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare.”

È dalla madre Margherita, donna temprata dai dolori e dalla fatica, fiera della sua povertà, che Giovanni Bo-sco imparò a stare sempre alla presen-za di Dio, e considerare proveniente da Lui ogni cosa buona o triste. “Vedi figlio mio, la nostra vita è così breve, che abbiamo poco tempo per fare il bene; tutte le ore che noi consumia-mo per un sonno non necessario, è tempo perduto pel paradiso.”Don Bosco non si negava, l’amore per la preghiera, il disgusto per l’ozio e la pigrizia, la fatica e la capacità di soffrire ed avere pazienza. La sua pri-ma via fu l’umiltà, amava il prossimo perché amava il Signore, confessava senza stancarsi. I mistici sono scelti da Dio per fare da mediatori tra Cie-lo e terra. Egli attirava a sé piccoli e adulti, sapeva leggere dentro di loro.Aveva imparato l’arte dei circensi ese-guendo salti mortali, camminando sulle mani e giochi di prestigio, tut-ti applaudivano, ma prima di tenere uno spettacolo invitava i presenti a recitare insieme una preghiera. Ogni

giorno festivo radunava i monelli di piazza per catechizzarli e formarli alle virtù. Gesù si intratteneva spesso con i fanciulli e non era una perdita di tempo, “di essi è il regno dei cieli”.La sua vita fu molto attiva, viveva ogni giorno come fosse l’ultimo, ogni azione era compiuta alla presenza del Signore e questo accresceva in lui la sete di preghiera e di momenti de-dicati alla meditazione. Per 60 anni sognò, usava il termine sogno per umiltà, non voleva essere considerato un privilegiato. Per le rivelazioni Dio sceglie persone votate alla perfezio-ne cristiana, sono rivelazioni private, doni gratuiti, al di fuori dei meriti della persona che li riceve. “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Don Bosco fondò la “Società dell’al-legria” ciascuno doveva cercare libri, fare discorsi e giochi in linea con le leggi di Dio.

Quando i giovani erano con lui non c’erano mai disordine o ribellioni ma solo semplicità e gioia. Salutari pas-seggiate insieme a centinaia di giova-ni, anche di dieci o venti giorni, da paese a paese, portando allegria, mu-sica e teatro ed edificando le persone che incontravano.

Giovanni Bosco desiderava entrare in un convento francescano e dice-va: “così combatterò le passioni e la superbia” voleva la separazione dal mondo, ma questo non rientrava nei desideri di Dio. Grazie alle istruzioni divine scelse di diventare sacerdote diocesano: “Mi sono raccomandato a vari amici di pregare per me, ho fatto una novena. Oh quanta roba vecchia c’è da togliere! Si, o mio Dio, fate che in questo momento io vesta un uomo nuovo, fa che io incominci una vita nuova, tutta secondo i divini voleri, e che la giustizia e la santità siano l’og-getto costante dei miei pensieri, delle mie parole, delle mie opere. Così sia. O Maria, siate voi la salvezza mia.” Non dubitò mai della sua vocazione,

apparteneva tutto a Dio e questo lo rese amorevole padre dei moltissimi giovani che il Signore gli aveva affi-dato. Gesù era la sua consolazione e il suo sostegno, anche quando dovette sopportare dure prove, ostilità, atten-tati alla vita. Don Bosco era molto temperante nel cibo, la mortificazio-ne faceva parte della sua vita, digiu-nava tutti i venerdì e spesso anche il sabato. La sua amatissima talare desi-derava fosse sempre pulita e ordinata perché la dignità sacerdotale doveva essere perfetta. Spesso si racconta la sua vita e le sue opere di carità, ma la sua volontà di risollevare i giova-ni dal fango della strada, i suoi scopi pedagogici preventivi non erano di carattere sociologico ma unicamen-te spirituale. La sua convinzione fu che la quiete dell’anima si trova solo conformandosi alla volontà di Dio. I sacerdoti sono chiamati a porre alla base della loro esistenza la pietra an-golare della preghiera, senza la quale tutto crolla. L’amore per Cristo, per la Madonna e l’Angelo Custode fu-rono il suo sostegno e protezione. Don Bosco fu dotato del dono della profezia tanto da far supporre che gli fosse abituale. Egli conduceva una straordinaria pesca per strada, erano i giovinastri insolenti e maleducati che crescevano nell’ozio, nel gioco d’az-zardo, nel furto.

Tutte le mattine Don Bosco si reca-va in piazza e si rivolgeva loro con il pretesto di chiedere l’indicazione di una via e una volta conosciuti pren-deva a salutarli sempre. Molti di que-sti ragazzi erano usciti dal carcere e lui domandava loro della salute e se il guadagno del loro misero lavoro era sufficiente. Con essi dialogava come un padre buono con i propri figli e parlava loro, senza timore, di come si va in Paradiso. Li invitava all’ora-torio e comprava al mercato un cesto di frutta che distribuiva a ciascuno. Distribuiva anche le medaglie della Madonna e diceva di metterla al collo

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perché Lei voleva loro un gran bene. “Pregatela con il cuore perché vi aiu-ti.” Agli studenti diceva di scrivere sui quaderni M A (Maria aiutami). Quei ragazzi, poveri di mezzi e spesso di affetto, mantenevano la genuinità dell’infanzia e apprezzavano l’amore di Don Bosco. Nelle famiglie di oggi si pensa più alla sazietà materiale dei nostri figli, che soffoca il pudore e l’innocenza, famiglie pronte a soddi-sfare l’involucro dei propri figli, ma non la loro anima. Induceva i giovani e confessarsi bene e frequentemen-te senza mai stancarsi, insistendo in modo affettuoso. Si preoccupava che i ragazzi non leggessero giornali catti-vi e anzi diffondeva letture cattoliche. Don Bosco scrutava i cuori dei suoi giovani, leggeva le loro anime tanto da conoscere i peccati di chi andava a confessarsi. Molti i miracoli a lui at-tribuiti, la moltiplicazione delle Ostie quando non erano sufficienti per tutti i presenti. Per sfamare i suoi figli mol-tiplicava il pane e la polenta, famosa la moltiplicazione delle castagne. Era stato chiamato per confessare un suo alunno moribondo ma non arrivò in tempo, il ragazzo era spirato da di-verse ore. Don Bosco si presentò e sorridendo disse che il ragazzo non

era morto, ma dormiva. Fece una fer-vente preghiera e ordinò al ragazzo di alzarsi. Si trattò di un reale ritorno alla vita. Il metodo educativo di Don Bosco ha raggiunto tutto il mondo, usava l’amorevolezza ma quando oc-correva anche la punizione. Posse-deva indubbiamente qualità naturali ma anche di Grazia e riusciva a far desistere un ragazzo ribelle dai suoi proponimenti: si vedeva avvicinarsi Don Bosco al giovane e gli sussurrava qualcosa all’orecchio ed egli mutava atteggiamento. Sussurrava brevi frasi come queste:Coraggio, invoca Maria ti aiuterà.Gesù ti aspetta in Chiesa.Potresti farmi un fioretto alla Madonna?Continua così la Madonna è contenta di te.Ricordati bene, Dio ti vede.Fatti buono che ci troveremo insieme in Pa-radiso.Aiutami a salvare la tua anima.Sii obbediente e sarai santo.

Usava anche i “biglietti” in essi, chi desidera scriverli, registrava in segre-to il proponimento.Don Bosco era continuamente gui-dato dal Signore perché uomo di preghiera, ogni sua azione era pre-ghiera, perché compiuta in Dio. Per

quell’anima avrebbe dato cento volte la sua vita e forse per questo le forze celesti lo aiutavano a realizzare i suoi desideri.

Le sue parole aprivano i cuori e riu-sciva ad aprirli alla sincerità. Se un giovane mancava alle regole ed era disubbidiente si mostrava risentito, venivano privati della sua parola, ve-nivano ignorati. “Non sono conten-to di voi. E questa sera non vi posso dire altro!” La tristezza piombava su quei giovani che amavano profonda-mente Don Bosco come un padre. In Oratorio di Valdocco si viveva come una grande famiglia dove ognuno si sentiva amato e amava Cristo, sotto lo sguardo materno della Madonna. Nel nostro secolo molti vogliono avere il diritto di agire a proprio piacimento, intendono pensare, parlare, scrivere solo secondo il loro giudizio senza darsi alcun pensiero di Dio, della pro-pria anima e della propria salvezza.

Portiamo la lieta novella del Vangelo e preghiamo Don Bosco perché aiu-ti le famiglie nella difficile missione educativa.

Grande intuizione di don Bosco è il suo metodo educativo preventivo, che vede nel peccato del giovane il vero nemico da combattere. Ripor-tiamo uno stralcio di uno degli scritti principali di don Bosco.

[...] Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e

Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorve-gliare per conoscerne i trasgressori ed inflig-gere, ove sia d’uopo, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l’aspetto del Supe-riore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è fa-cile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.

Diverso, e direi, opposto è il sistema Preven-tivo. Esso consiste nel far conoscere le pre-scrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Diret-tore o degli assistenti, che come padri amoro-si parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella im-possibilità di commettere mancanze.Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi. [...]

Tratto da: “Il Sistema Preventivo nel-la educazione della Gioventù”, capito-lo 1. Torino 1877.

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INSERTO SPECIALE

SETTIMANACOMUNITARIAa ViLLaBaSSaLa testimonianza di chi ha partecipato ad un’esperienza sempre coinvolgente.

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“L’acqua risana lo stomaco, nuove forze dà il bagno (termale)”: questo slogan in caratteri gotici (e in tede-sco) campeggia nella sala grande del-la casa per ferie di Villabassa, dove anche quest’anno ci siamo ritrovati come comunità del Piccolo Gruppo di Cristo, insieme a numerosi parenti e amici e con la gioiosa presenza dei nostri bambini e ragazzi. Villabassa secoli fa era infatti una località terma-le dove si fermò perfino l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo!

Cenni storici a parte, ci pare che anche a noi due questa settimana sia una vacanza di terme sì, ma spiritua-li, dove il Signore, radunandoci in comunità attorno a Lui, ci dà l’occa-sione per riprenderci da certi bocconi amari e da nervosismi che appesanti-scono il nostro stomaco (corporale e spirituale) e non ci permettono di gu-

stare la Sua Presenza nell’Eucarestia e digerire la Sua buona Parola. E poi con pazienza ci ritempra dalle fatiche, prima lavandoci dalle nostre ferite, impurità, peccati - non mancano mai le file per le confessioni, anche quest’anno don Pierpaolo e padre Isa-yoshi non sono rimasti inattivi! –, da quell’egoismo ed egocentrismo che spesso deturpano le nostre relazio-ni e infine donandoci nuove forze, grazie al riposo, alla preghiera e all’in-tensa e serena vita comune. Ci piace pensare che dal Signore e dalla comu-nità ognuno è accolto con semplicità ed amore per quello che è ed è final-mente libero di essere e non obbligato ad apparire: ecco perché ringraziamo il Signore per questa settimana che, come ha detto Toni, pur sembrando ordinaria, è in realtà straordinaria. E, per noi, ha il fascino semplice ma in-tenso delle origini del Piccolo Grup-

Una settimana di terme spiritualidi Cinzia Bellani e Umberto Poletto

po: sa attirare ‘per contagio’.

Per una realtà come la nostra, disper-sa nel mondo, questi giorni di vita comunitaria sono una preziosa occa-sione per ritrovarsi insieme, godere del calore fraterno, comprendere le difficoltà reciproche e sostenersi vi-cendevolmente a tutti i livelli, pregare intensamente gli uni per gli altri (an-che di notte…), perdonarsi e allargare il nostro sguardo sull’intero Piccolo Gruppo, sulle varie realtà sociali ed ecclesiali in cui siamo inseriti. E, an-cora, confrontarsi per trovare insieme modalità che ci consentano di vivere sempre più appieno la nostra voca-zione nel mondo. Anche una chiac-chierata a tavola o mentre si ‘scarpi-na’ lungo un sentiero, diventa così opportunità di riscoprirci l’un l’altro come dono e risorsa per camminare dietro al Signore, con gioia e in co-munione.

Su queste premesse si innestano i per-corsi formativi specifici proposti ai diversi rami vocazionali, per fornire ad ognuno la ‘cura termale’ più adatta: la ‘tre giorni’ celibi, le revisioni delle istruzioni meditate durante l’anno per gli aspiranti, le riflessioni incentrate sulla vita coniugale per gli sposi e, da quest’anno, un itinerario ad hoc per i giovani dai 15 ai 22 anni che ha avuto il suo momento ‘magico’ nella veglia all’alba alle Tre Cime di Lavaredo. Il tutto è stato ‘condito’ dalle efficaci spigolature sui sette doni dello Spi-rito Santo che quotidianamente ci ha proposto Toni.

A noi sposi, Letizia ed Alberto, hanno proposto una serie di tre incontri, due dei quali tratti dall’Instrumentum La-boris del prossimo Sinodo sulla fami-glia, che ci hanno aiutato a riflettere sulla vita familiare sottoposta a mo-menti critici: le difficoltà di relazione che a volte portano alla frammenta-zione e disgregazione della famiglia e le pressioni esterne (dai media e

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social network, all’attività lavorativa, al consumismo e all’individualismo) che condizionano con forte impatto la nostra esperienza quotidiana. Pur partendo da uno sguardo pastorale, abbiamo cercato di mettere in comu-ne innanzitutto vissuti e difficoltà e di condividere modalità alternative e risorse a disposizione per impara-re a essere ‘nel mondo’ ma non ‘del mondo’, anche di fronte a sfide che non ci permettono di far ricorso alle esperienze di generazioni passate. Per il terzo incontro abbiamo goduto della presenza eccezionale di Mons. Bonetti che con grande entusiasmo e ineccepibile preparazione ci ha gui-dato in un intenso momento di risco-perta della grandezza del matrimo-nio, sacramento ‘per la missione’ della Chiesa . Ascoltandolo viene davvero voglia di tornare a ‘volare alto’ e a comunicare agli altri la bellezza del dono che il Signore ci fa con questa chiamata!

In conclusione la settimana di vita co-munitaria è rimasta fedele agli intenti originari delle settimane aspiranti: fare una vera esperienza di Chiesa (è così bello che siano rappresentate tutte le componenti della comunità, siano presenti tutte le età della vita, dal neonato all’anziano, e che ci sia spazio e attenzione per tutte!) e so-prattutto imparare a vivere la voca-zione. Perciò riteniamo che non sia da considerare un’esperienza ‘acces-soria’, opzionale nel cammino della comunità, ma un itinerario fortemen-te raccomandato per tenere viva la fedeltà al dono ricevuto (ovviamente compatibilmente con le situazioni e le possibilità personali). Ci sono perso-ne che nonostante difficoltà di salute anche notevoli sono da anni un dono con la loro presenza e con il desiderio di esserci…

Ognuno quindi si senta invitato alle… terme, perché davvero ne vale la pena!

La settimana comunitaria di questo anno per gli aspiranti é stata vera-mente molto bella! Ci ritroviamo or-mai in pochi, ma questo non scorag-gia nessuno di noi, bensì aiuta nella semplicità a vivere la piccolezza, la comunità e la compassione, caratteri fondamentali per vivere la vocazione vicino a Gesù. La settimana è iniziata sull’onda dell’entusiasmo, grazie an-che ai due uditori di Milano Simone e Paolo che con naturalezza si sono im-mersi nel percorso. Il tema che abbia-mo trattato è il Padre Nostro. Ogni giorno, infatti ne scoprivamo un pic-colo pezzo che ci aiutava a riflettere e camminare. Oltre alle mitiche Eletta (detta Sr. Fotocopia) e Mikika (detta Sr. Marito attuale....chiedete a loro (o ai loro mariti?) per eventuali chiari-menti), sempre giovani e giovanili nel trasmetterci la passione dell’amore verso Dio, abbiamo avuto la fortuna di fare un incontro con lreos e una giornata da Don Luciano. lreos rac-contandoci di Lui ci ha riscaldato il cuore, ricordandoci che il lavoro, la famiglia, gli amici, la parrocchia fan-no parte della vita, sì, ma la vita bella

è quella che mette tutte queste cose nel vero amore: Dio, che è il centro’. Don Luciano invece ci ha accolti molto cordialmente, preparandoci una colazione e un pranzo fantastici. Ha avuto la grande sensibilità di chia-mare Giancarlo, che non era presente con noi alla settimana, per celebrare insieme le lodi mattutine. Ci ha inco-raggiati nel nostro cammino e ci ha aiutato a vivere con sincerità e fede i momenti di confronto e la messa che lui stesso ha celebrato. Tante cose for-se che hanno parlato al mio cuore le ho dimenticate nella memoria e quin-di ora non sono capace di trasmettere la bellezza della “settimana aspiran-ti”. Ricordo però perfettamente le belle emozioni vissute tra di noi e con Gesù, che non ci molla mai. Personal-mente sono stati dei giomi particolari e di discernimento avendo appena concluso il quarto anno di aspiran-tato. Soprattutto sono stati dei giorni che, nella semplicità della settimana, a volte forse anche nell’umanità della settimana, sono riusciti a confermare la gioia, la felicità di questo meravi-glioso cammino verso di Lui.

La semplicitàdi stare insieme

di Andrea Fazio

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Le premesse per una vacanza indi-menticabile?? Beh, noi ci acconten-tiamo di poco: bastano sette ragazze, sette giorni e un’unica stanza. Pronti per sentire la nostra storia favolosa? Tre, due, uno...si parte!!Primo giorno: un po’ di imbaraz-zo è più che giustificato, dopo ben due anni che non ci sei vede. Quin-di all’inizio qualche parola timorosa, un semplice “Ciao!” per rompere il ghiaccio, qualche partita a Uno per rilassare un po’ la situazione. Ma è bastata una serata per rivoluzionare tutto! Dopo un po’ di presentazio-ne, già parlavamo dei nostri segreti più segreti. (che qui non ci fermiamo a raccontare per ovvi motivi di pri-vacy). È scattato qualcosa, forse una scintilla, o forse è maturata in noi la consapevolezza che stava nascendo una solida amicizia.. Eccoci quindi a parlare di tutto: le persone importanti per noi, i nostri sogni, le nostre difi-coltà, i nostri dubbi, le nostre paure. È stato bello e già dalla prima sera avevamo guadagnato qualcosa di im-portante. Ci siamo sentite così unite che perfino il “problema” di dormire con i letti separati meritava di trovare una soluzione e perciò abbiamo spo-stato i comodini e unito i letti.Già il giorno dopo era tutto cambia-to: eravamo un gruppo (e lo siamo tutt’ora!) e qualsiasi cosa facevamo ci

aspettavamo, sempre. Come ci han-no definito uno dei primi giorni noi eravamo le ragazze della “band 305” e abbiamo cominciato a chiamarci così anche noi. Ma siccome era tut-to STRAbello (come direbbe la Leo) abbiamo modificato il nostro nome: siamo diventate la “STRA BAND DELLA 305”.Anche durante le gite organizzate per le famiglie stavamo insieme e se nel tragitto incontravamo delle difficoltà ci aiutavamo e sostenevamo a vicen-da.Facendo parte del gruppo dei giova-nissimi, una cosa nuova in cui vivere esperienze diverse adatte a ragazzi della nostra età, ci aspettavano diver-se avventure, tra cui una memorabile biciclettata. Alcune di noi inizialmen-te erano contrarie, ma come succede poi, le amiche ti trascinano in mille, magnifiche storie e così infatti è stato. Un’apparente bella giornata di sole si è poi trasformata in un diluvio uni-versale (dopo le fatidiche “Cosa vuoi che siano quattro gocce?”), ma que-sto “piccolo” inconveniente non ha per niente guastato la gita, anzi l’ha resa più bella, più speciale e più unica che mai. Come dimenticare le scarpe zuppe di acqua, il fantastico “bagno di fango” (gratis, ovviamente!) e i ca-pelli fradici?Altra esperienza da urlo è stata quel-

la del Fun bob. All’inizio eravamo STRAspaventate e volevamo fare il giro assieme ma poi si è rivelato fan-tastico anche da sole, e sapevamo che eravamo unite anche se separate.E per finire la più emozionante delle avventure che si possono fare con le amiche: vedere l’alba, e, come ciliegi-na sulla torta, alle Tre Cime di Lava-redo con colazione in rifugio. Ci sia-mo dovute svegliare presto (partenza alle quattro!) per raggiungere il posto in macchina e dopo aver camminato per circa mezz’ora siamo giunti a de-stinazione. La passeggiata non è stata molto faticosa, l’unico problema era il freddo glaciale. Ma chiacchierando ininterrottamente tra di noi e guar-dando il paesaggio, il tempo è volato in fretta.. E intanto l’alba si avvicina.. Uno spettacolo unico, indimenticabi-le, indescrivibile e strabiliante!E non dimentichiamo gli altri fanta-stici giorni e notti!I racconti dell’orrore della Leo che ci spaventavano così tanto che non avevamo più il coraggio di andare in bagno da sole?!E la gara di biscotti?! I nostri erano i migliori, e non lo diciamo solo perchè erano i nostri, ma perché intanto la pasta frolla l’abbiamo fatta noi, ed era la più buona, inoltre sono stati fatti dalle 305, altra marcia in più. Tra l’al-tro, armate di sac à poche e ciocco-lato, abbiamo personalizzato i nostri biscotti con un bel “305”, rendendoli unici! E ora? La nostra amicizia non si può limitare a una sola settimana, quin-di computer alla mano! La distanza non basta a fermarci. Tutti i momen-ti che abbiamo passato assieme sono e saranno unici e indimenticabili... e questo numero, “305”, ha lasciato per sempre il segno in tutte noi, come le belle esperienze di vita lasciano sentimenti e ricordi indelebili nel cuore e nella mente. Un numero di tre cifre, dietro al quale c’è la storia di una settimana d’estate di sette ragazze.

3 numeri,7 ragazzee una settimana...di Sara e Chiara Parmigiani, Eleonora e Chiara Bordignon

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La vacanza in Trentino è stata stra-ordinaria. Mi sono divertito a giocare con gli amici e anche se non ci fossero state le gite sarebbe stato bellissimo! Ma per fortuna ci sono state e quindi mi sono divertito ancora di più. Al-cune gite duravano addirittura 2 ore (meno male che potevo mangiare perché mentre mangiavo mi saziavo e mi rilassavo!).L’unica sfortuna è stato il tempo brut-to, che comunque in qualche modo mi ha fatto fare al posto di 2 giri nel fun bob invece che due. Ma non solo questo, grazie al maltempo abbiamo fatto la partita di calcio sotto l’acqua, quindi strabello! Spero che l’anno prossimo sia così divertente.

Che bello!di Tommaso Longo

Mi è piaciuto fare il teatro e dire la mia parte e vedere la parte di mia cu-gino.

di Martino Pedrotti

Durante la tre giorni celibi, all’in-terno della settimana comunitaria, abbiamo potuto riflettere e meditare su alcuni testi, provocazioni e propo-ste, di Papa Francesco. Approfondi-re la missione a cui siamo chiamati nell’annunciare il Vangelo della gioia nella chiamata al celibato per il regno.

Come Gesù apre la sua “finestra” sulla nostra vita volendoci bene così come siamo, così è stato per me trascorer-re questi giorni di vita comunitaria. Vedere bambini, giovani e adulti tutti insieme è stato motivo di grande gio-ia! Una gioia che mi aiuta a ricentrare la mia vocazione di celibe all’ “essere padre” com’è Gesù con i suoi figli. Sì noi celibi siamo chiamati ad accoglie-re tutti, ad avere il cuore di Dio, un cuore ricolmo di grande misericordia. La settimana di vita comunitaria, con i suoi ritmi di preghiera personale e comunitaria, con le passeggiate e il tempo libero, immersi nella bellez-za della natura mi fa dire che questi giorni sono stati come degli “eserci-zi spirituali parlati”. Nei gesti di ac-coglienza e nella parole ascoltate ho potuto vedere Dio. E proprio Papa Francesco ci richiama, mi richiama a “testimoniare la tenerezza del Signo-re”, perchè la gente ne ha bisogno. Ma mi viene da dire, che io per primo ne

Una comunità educante

di Gaetano Rossetti

ho bisogno e proprio lo sperimento nell’abbraccio della comunità anche durante settimana trascorsa insieme. E questo è per me motivo di grande consolazione, il fatto di non sentirmi solo ma con gli altri. Sentirmi appar-tenente a una comunità viva!

Quest’anno poi sono riuscito a coin-volgere due giovani della mia parroc-chia, Simone e Paolo, a partecipare alla settimana comunitaria seguendo la proposta pensata per gli aspiranti. Una volta tornati a casa mi hanno trasmesso tutta la loro gioia per que-sta loro esperienza e una frase che mi hanno detto mi ha colpito più di tante: “Vedere i bambini con i giova-ni, gli adulti che pregavano e stavano bene tutti insieme è stato molto edifi-cante. Una vera comunità educante”. Una bella testimonianza!

Infine penso che questi giorni sono sempre un motivo per ringraziare il Signore per essere stato chiamato all’interno del Piccolo Gruppo di Cri-sto.Il cammino, pur avendo a volte delle cadute, è molto positivo e la testimo-nianza dei fratelli mi sprona a cercare di vivere il Vangelo nella pienezza. A vivere la mia vocazione di celibe con uno spirito nuovo!

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Ri–torniamoci sopra di Mauro Panzeri

Come sapete, sono stato incaricato dal Responsabile Generale della cura di un cammino di riflessione sulla figura del Responsabile Personale, Il nostro Piccolo Gruppo ha questo dono grande, intuizione profetica che nella complessità di questi tem-pi, nella dispersione ed anche nella frenesia di una vita di corsa ci aiuta a guardare i nostri passi per mantenerli nella fedeltà del cammino vocaziona-le. Abbiamo fatto alcune riflessioni e tracciato dei programmi di incontro, penso però che alcune note di questo percorso debbano essere condivise in modo da far crescere la relazione per-sonale con il Responsabile chiamato ad accompagnarci. Per questo comin-cio a darvi l’appendice al testo della riflessione che abbiamo fatto. Queste note a cui avevo dato il titoletto « Ri-torniamoci sopra» non dicono nulla di nuovo ma si fanno promemoria e aiuto per noi e per l’incontro con il nostro responsabile.

ll colloquio – A volte chiediamo lumi su come deve essere il colloquio. Dobbiamo dirci che il colloquio non è una cosa semplice e facile perché mette in gioco la verità delle persone che si incontrano. Proprio per questo non dobbiamo pensare che l’espe-rienza o il consiglio di un’altra perso-na possa aiutarci, questo può essere vero solo in minima parte ed a volte può fuorviarci perché non è immerso nella dimensione personale di chi, nel colloquio, condivide la propria vita. Ogni persona è speciale ed unica, ogni incontro è collocato e vissuto dentro una sfera di specifiche situa-zioni ed a volte anche di complessità. Allora come fare? Mi ricordo che, messo alla prova con i primi collo-qui ed avendo la consuetudine di viaggiare con Ireos, gli avevo chiesto consiglio e lui mi aveva dato una sem-

plice ed efficace risposta che sento di dovervi girare, mi aveva detto: « non preoccuparti, usa il Vangelo, fatti gui-dare dalla Parola». Al momento mi era parsa una non risposta ma poi col tempo ho capito che era quella giusta perché ha sempre funzionato.

La relazione mensile – È un impe-gno sacrosanto che esprime anche la nostra obbedienza al Signore. Serve al responsabile per conoscere meglio il cammino di chi accompagna ma serve moltissimo all’accompagnato per rendersi veramente conto di come procede. Certo che dobbiamo essere noi, per primi, convinti di questo e di conseguenza essere orientati, con la giusta premura ad aiutare chi ac-compagniamo. Su questo argomento credo sia necessario rendere chiaro che compilare con puntualità la rela-zione mensile non è una obbedienza al responsabile ma è una piccola ob-

bedienza a Cristo che in larghezza si dona a noi e che prima di chiederci anche una “piccola obbedienza” si fa, Lui, obbediente. In questo caso ren-diamo evidente che i conti dell’obbe-dienza si fanno con Lui e non con il responsabile.

I permessi - Solitamente è più facile chiedere il “permesso” per una spesa che chiedere al responsabile consi-glio per le proprie scelte ed anche per la nostra partecipazione ai momenti comunitari. Come, da buoni ammini-stratori, siamo tenuti a chiedere per l’uso dei nostri beni ma dobbiamo an-cor più sentirci impegnati a essere ob-bedienti per le scelte relative ai nostri impegni ed all’uso del nostro tempo, soprattutto riguardo alla partecipa-zione alla vita della comunità.

Le pratiche di preghiera, in par-ticolare la visita - Nella relazione

IN COMUNITà

LA FIGURA DEL RESPONSABILE PERSONALE. ACCOMPAGNARE LUNGO IL CAMMINO

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IN COMUNITà

IL VESCOVO MARIO GRECh PARLA AL CONSIGLIO DEL PGC

La sfida perenne per noi cristiani è di trasmettere nell’odierna società la freschezza del Vangelo – che è attuale per ogni epoca e luogo – come buona novella apportatrice di gioia. Siamo chiamati a proclamare “la gioia del Vangelo”. Fra le nostre mani abbia-mo, per così dire, un “prodotto” che non scade mai. A noi la missione di annunciarlo e proporlo all’uomo con-temporaneo!

Sebbene spesso faccia più rumore un albero che cade che la foresta che cre-sce, e si mettono in evidenza – anche nei social media e nei blog – dei giu-dizi negativi sulla Chiesa, essa è una realtà che sta vivendo una nuova pri-mavera dello Spirito. Qui nell’isola di Gozo, la pratica religiosa sta crescen-do. Sulla base di un’indagine recen-te, attualmente il 65% dei battezzati adulti partecipa alla messa domeni-cale rispetto al 60% di qualche anno fa. Certo, con la pratica religiosa oc-corre incrementare la convinzione e la testimonianza personale dei fedeli. Esiste a Gozo una diffusa religiosità tradizionale che è il lascito di quan-ti ci hanno preceduto; oggi spetta a noi alimentare e sviluppare nel cuo-re di ciascun battezzato l’amore per Cristo passando da una conoscenza “culturale” a un’esperienza perso-nale del Signore Risorto. Occorre, pertanto, tradurre il Vangelo in una

testimonianza vissuta che possa ri-svegliare nell’uomo odierno la bontà e la bellezza radicate nel suo cuore dal Creatore. Far emergere questa forza positiva dal cuore umano – è questa la missione affidata alla Chiesa della nuova evangelizzazione.

La Chiesa di Gozo ha le sue sfide particolari. Una di queste, che ci pre-occupa particolarmente, è che qui abbiamo il più basso tasso di natalità in Europa. Un’altra sfida – di matri-ce ecclesiologica – è l’attuazione del Concilio Vaticano II: se cronologi-camente ci troviamo nell’epoca del “post-Concilio”, la mentalità che prevale è ancora sostanzialmente pre-Conciliare.

La direzione da prendere è forse quel-la di creare piccoli gruppi: il tempo delle grandi masse appartiene ormai al passato. Talvolta, quando organiz-ziamo dei grandi raduni, ci preoc-cupiamo di non riuscire a riempire gli spazi... ma non è questo il metro adeguato per misurare la fede. Inol-tre, quando ci riferiamo alla parroc-chia come “comunità”, non dobbia-mo ridurla solo a uno spazio. Oggi si avverte un bisogno particolare di avere piccole comunità in cui si fa esperienza concreta della fraternità e della reale condivisione che deve re-gnare nella vita dei fedeli. È dunque l’ora del laicato! Il ricorso ai laici non deve dipendere dalla carenza o meno dei sacerdoti. Infatti, la missione dei laici nel mondo ha un valore in sé che è stato chiarito nel contesto del Con-cilio Vaticano II. Confrontarsi con esperienza spirituali e comunitarie diverse – come la vostra – giova alla comunità locale per aprirsi all’oriz-zonte più ampio della Chiesa univer-sale e rafforzare l’aiuto reciproco tra le Chiese sorelle.

mensile è chiara la evidenziazione delle nostre pratiche di preghiera. Cu-riamola e se del caso approfondiamo le ragioni e la sostanza che sottostà a quelle piccole indicazioni. È necessa-rio comprendere i problemi e le scelte che determinano i “buchi” ma ugual-mente dobbiamo capire la qualità del-la preghiera e delle singole pratiche per aiutare a migliorare e trovare la forza di liberare sempre più la vita. Spesso chi accompagniamo trova dif-ficoltà ad indicare “la visita” perché non ha l’occasione di passare dalla chiesa per salutare Gesù. Ricordia-mogli che noi siamo il tempio che cu-stodisce la sua presenza e che in ogni luogo e momento è possibile visitarlo e rendergli. Recentemente papa Fran-cesco, con chiarezza e semplicità ha appunto ricordato la possibilità di una preghiera nascosta e semplice elevabile in ogni situazione e tempo. Visitare anche così la presenza in noi dello Spirito di Gesù è porsi sulla strada spirituale per essere “persona preghiera”.

I nucleiContinuiamo a ripeterci che la parte-cipazione ai nuclei deve essere prepa-rata, che è necessario meditare i temi per una condivisione spirituale. Non sarà mai troppa la cura rivolta a que-sto aspetto perché dal nucleo può di-scendere molto della nostra vita spi-rituale perché in quel luogo, in quella occasione, il Signore, che ci abita, si fa presente passando attraverso la comunicazione fraterna. Spesso nelle parole del fratello troviamo il mes-saggio spirituale che ci serve. Preparare l’incontro e partecipare, oltre che impegno è quindi una ob-bedienza all’azione del Signore, al suo progetto d’amore che ci coinvolge e ci fa essere, in Lui, uno per l’altro.

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L’ANGOLO DEI LIBRI

UNA LETTURA PER TUTTI I GUSTI. ALCUNE RECENSIONI DA NON PERDERE

Parlare della preghie-ra e di come entrare nel dialogo intimo con il nostro creato-re non è mai abba-stanza. L’agile testo di Matta el Meskin, padre spirituale del

monastero di S.Macario in Egitto e punto di riferimento per coloro che cercano in Cristo un senso alla propria esistenza, è indubbiamente qualcosa che ci apre cuore e mente nella comprensione della più grande esperienza che è data all’uomo. Con linguaggio immediato e incisivo, l’au-tore ci offre un prezioso aiuto per av-vicinarci al mistero dell’azione dello Spirito Santo che opera incessante-mente in noi e nella storia attraverso di noi. L’itinerario che si apre è un cammino di discesa nella nostra inte-riorità per scoprirci sempre bisognosi di perdono e di misericordia, ci mette in adorazione davanti a un Dio che ci permette l’esperienza della preghiera come tra i doni più grandi e ci condu-ce sui sentieri ardui della donazione ai fratelli. Il frutto della vera preghie-ra è traboccare d’amore verso Lui e il nostro prossimo.

Consigli per la preghiera / Matta el Meskin / 2000/ Ed. Qiqajon / € 6,00

Siamo di fronte a un testo fuori del comune, bestseller in Germania, che si propone come guida alla contemplazione attraverso una serie di esercizi pratici,

che raccolgono tradizioni cristiane d’oriente e d’occidente, ma inquadra-ti rigorosamente secondo il metodo degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola. Scopo del libro è diventare un contemplativo nella vita quotidia-na nella luce dello Spirito, pregando anche nel corpo e mediante il corpo. L’autore è Franz Jalics, un gesuita un-gherese ottantasettenne, che nei suoi ultimi trentacinque anni ha predicato esercizi spirituali a preti, operatori pa-storali e cristiani altrimenti impegnati. Lui, oltre a raccontarci la sua vita pre-cedente all’attività pastorale, oltremo-do avventurosa, (in Argentina è stato sequestrato durante la dittatura), rac-coglie qui decine di colloqui in cui ha registrato le reazioni dei partecipanti agli esercizi da lui proposti

Desiderio di Dio-Esercizi di contemplazio-ne. Prefazione di Carlo Casalone e Silvano Fausti / Franz Jalics / 2000 / Ed. Anco-ra / € 32,00

di Vilma Cazzulani e Donatella Zurlo

Per i dieci anni dalla morte, il 20 agosto 2004, di Ettore Bo-schini, frate camillia-no, sono uscite due biografie. E lo scorso febbraio è stato dato il via al suo processo

di beatificazione. La prima biografia l’ha scritta Teresa Martino, che gli è succeduta alla guida dell’Associazione Missionari del cuore immacolato di Maria, e racconta i dieci anni trascorsi con lui. Per chi non sapesse chi è fra-tel Ettore, fu il primo negli Anni 70 a Milano ad accogliere in rifugi e come fratelli e sorelle i barboni, che spes-so morivano per strada a causa delle malattie e del freddo. Noi del Piccolo Gruppo di Cristo lo conosciamo per-ché il nostro Sabatino fu il suo primo e più fidato collaboratore. La seconda biografia s’intitola Vieni con me ed è scritta dal giornalista Roberto Allegri che fa parlare chi ha conosciuto fra-tel Ettore e racconta com’è nata la sua vocazione di vicinanza ai malati e l’amore per la Madonna e Gesù. Qui troviamo anche che cosa fratel Ettore pensava di Sabatino.

Fratel Ettore-I miei giorni con il profeta degli Ultimi / Teresa Martino / 2014 /Edizioni San Paolo /€ 10,00Vieni con me-La vita e la spiritualità di Fratel Ettore / Roberto Allegri/ 2014 / Piemme / € 15,00

Il volumetto, dedica-to a Papa Francesco, intende comunicare il valore della semplicità per vivere in pienezza sotto lo sguardo di Dio e per scoprire una dimensione di

vita più leggera. In una società che tende ad appesantirci con molte com-plicazioni abbiamo bisogno di essere sempre ricondotti all’essenziale.

Il potere nascosto della semplicità / Maria Pia Giudici / 2013 / Ed. LEV/ € 9,00

Il Papa ha visitato dal 14 al 18 agosto scorso la Corea del Sud, il cui popolo patisce la divisione con il Nord del Pa-ese. Duplice il suo intento: dialogare

con i giovani dell’Asia e sostenere l’azione missionaria della Chiesa coreana, fondata sulla testimonian-

za di 124 martiri locali, beatificati per l’occasione dal Pontefice. Il te-sto ci offre uno sguardo dentro una delle società e delle Chiese più vive di quel continente.

Giovani e martiri in Asia: La missione di Papa Francesco in Corea / Vincenzo Fac-cioli Pintozzi-prefazione di Pietro Parolin / 2014/ Ed. Cantagalli / €14,00

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“Internet ci ha dato la possibilità di una cultura circolare e non pirami-dale. E’ la rivoluzione operata da san Francesco quando ha iniziato a chiamare l’altro fratello. Dopo un primo passo nel web però è necessa-rio tornare con i piedi per terra. Ad esempio, chi chiede aiuto spesso ha bisogno di gesti reali, è necessario ab-bandonare l’atteggiamento di sempli-ce spettatore”.Ecco l’approccio di Padre Enzo For-tunato - frate minore conventuale, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi - in un continuo rimando tra reale e virtuale. E la sua rivoluzione digitale è partita proprio da queste monumentali mura che cu-stodiscono il corpo di San Francesco. Qui vivono settanta frati che proven-gono da diciotto nazioni, pronti ad accogliere ogni anno oltre sei milioni di pellegrini che raggiungono Assi-si. “Accogliamo gli ultimi e i primi, i poveri e i potenti, gli ammalati e i sani, i giovani e gli anziani. E chi so-prattutto è alla ricerca di un senso da consegnare alla propria vita”, raccon-ta Padre Enzo Fortunato.“La rete significa informazione, cir-colarità, incontro con il prossimo e con Dio. E’ uno spazio di esperienza che è già diventato parte integrante della vita quotidiana”, precisa. Così Padre Enzo Fortunato sperimen-ta costantemente le potenzialità del digitale: con la webcam sulla tomba di San Francesco online su Sanfran-cesco.org ha permesso di realizzare un pellegrinaggio virtuale ad oltre 18 milioni di persone. “Il messaggio di Francesco d’Assisi è attuale e innova-tivo”.

in RETE

ChIESA E INTERNET. STORIE, NOVITà E APPLICAzIONI DAL MONDO DELLA RETE

La fede al tempo di internet.

Nata con l’obiettivo di offrire un servizio utile per chi ha necessità di informarsi sull’orario delle S.Messe, DiocesiPg sfrutta gli strumenti della tecnologia mobile e internet e grazie al database costantemente aggiornato delle parrocchie, mette a disposizione uno strumento di geolocalizzazione che in base a orario e distanza, infor-ma l’utente sulle celebrazioni immi-nenti nel perimetro territoriale scelto.Oltre all’orario delle S.Messe, l’App è un vero e proprio “annuario diocesa-

app ufficiale della Diocesi di Perugia – Città della Pieve

no”, con l’elenco georeferenziato del-le Chiese, l’elenco dei Parroci, virtual tour e informazioni sul patrimonio culturale delle parrocchie.DiocesiPG è un progetto pilota nato dalla collaborazione con il Servizio Informatico della Conferenza Epi-scopale Italiana, che svolge, tra le attività principali, quella di supporta-re le Diocesi italiane nei progetti di informatizzazione in ambito ammi-nistrativo, gestionale, e dei beni cul-turali ecclesiastici.

Comunicare la famiglia, tema della Giornata delle comunicazioni sociali 2015

Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro, nella gratu-ità dell’amore è il tema scelto da Papa Francesco per la 49.ma Giornata per le comunicazioni sociali che sarà cele-brata il 17 maggio 2015.

Il Tema della Giornata Mondiale del-le Comunicazioni Sociali di quest’an-no – riferisce un comunicato del dicastero - si pone in continuità con quello dello scorso anno e , allo stesso tempo, va contestualizzato con quello che sarà il tema centrale dei prossimi due Sinodi: la famiglia.

La Chiesa oggi deve nuovamente im-parare a raccontare quanto la famiglia sia un dono grande, buono e bello. È chiamata a trovare il modo per dire che la gratuità dell’amore, che si of-frono gli sposi, avvicina tutti gli uo-mini a Dio ed è compito esaltante. Perché? Perché porta a guardare la realtà vera dell’uomo e apre le porte al futuro, alla vita.

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Con il cuorevi abbraccio

Saluto al Piccolo Gruppo da parte della sig.ra Giovanna,responsabile della Casa Piandimaia di Villabassa

VILLABASSA, 9 Agosto 2014

Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce ai nostri cuori la pace e la gioia del suo Amore infinito. Un cuore che batte forte mentre restiamo silenziosi inginocchiati davanti al dono dell’Eucarestia.

Carissimi tutti,voi ci portate la gioia nella preghiera e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane anche a sessanta, ottant’an-ni! Con Gesù il cuore non invecchia mai! Però tutti noi lo sappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e che ci accompagna è molto speciale: è un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. Tutti voi siete testimoni di questo Amore, perché avete capito che è nel dono di sé e nell’uscire da sé stessi, che si ha la vera gioia e con l’amore di Dio si costrui-sce la comunione fraterna con tutti. Voi, forse senza rendervi conto, portate la Sua presenza come pellegrini nel mondo. La portate rispondendo all’invi-to di Gesù: «Andate e fate miei discepoli tutti i popoli». La portate per dire a tutti che il suo Amore ha abbattuto il muro dell’inimicizia che separa gli uomini e i popoli, ha portato la riconciliazione e la pace.

Vi saluto con questi semplici e confusi pensieri “rubando” alcune frasi di Papa Francesco. Il nostro grazie è infinito. La vostra bella presenza ci educa dandoci l’occasione di interrogarci e far nascere nei nostri cuori il “germo-glio” di pregare, di condividere e lasciarci trasformare dall’Amore di Gesù. Il Signore vi benedica!! Grazie!! Con il cuore vi abbraccio tutti!!!

Arrivederci ... Giovanna con il personale di Piandimaia.

ESPERIENzE DI VITA,LA RIVISTA è ON LINEGli appartenenti al Piccolo Gruppo di

Cristo hanno la possibilità di accedere

al sito internet www.piccologruppo.it

e poter leggere la rivista “Esperien-

ze di Vita” direttamente in rete, cioé

senza avere materialmente tra le mani

la stessa rivista in formato cartaceo.

Anche un qualunque visitatore del

sito internet può farlo. Naturalmente

occorre che qualcuno lo guidi a co-

noscere il sito e lo invogli a leggere le

pagine della rivista.

La rivista in formato cartaceo che

ognuno di noi riceve può diventare

un dono a qualche familiare, amico

o conoscente che possa avere un inte-

resse per il discorso religioso e di vita

evangelica, e che magari si intende

avvicinare al “Gruppo”.

FLASh SPIRITUALIÈ attivo il servizio mail di “pensie-

ri spirtiuali”, brevi testi che riporta-

no pensieri e scritti dal mondo della

Chiesa o della Comunità il Piccolo

Gruppo di Cristo. Un modo sempli-

ce e diretto per meditare. Il servizio

è attivo il lunedì, mercoledì e venerdì.

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scrivete a [email protected]

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e il cammino della Comunità.

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