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Dipartimento di Prevenzione Servizio per l’Educazione e la Promozione della Salute Servizio Veterinario Igiene degli Alimenti di Origine Animale PROGETTO: "EDUCARE ALLA SICUREZZA ALIMENTARE : IL LATTE E I SUOI DERIVATI" …LUNGO LA VIA DEL LATTE… Fascicolo allegato al filmato didattico L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE NELLA SCUOLA Programma Anno Scolastico 2007 – 2008

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Dipartimento di Prevenzione Servizio per l’Educazione e la Promozione della Salute Servizio Veterinario Igiene degli Alimenti di Origine Animale

PROGETTO:

"EDUCARE ALLA SICUREZZA ALIMENTARE : IL LATTE E I SUOI DERIVATI"

…LUNGO LA VIA DEL LATTE…

Fascicolo allegato al filmato didattico

L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE NELLA SCUOLA Programma Anno Scolastico 2007 – 2008

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PRESENTAZIONE

Il presente fascicolo è allegato al DVD "…Lungo la via del latte …" filmato ad uso didattico prodotto dal Dipartimento di Prevenzione dell'Azienda U.L.S.S. 7 di Pieve di Soligo ed elaborato dallo scrivente Medico Veterinario Dr. Jacopo Beltrame con il coordinamento del Servizio per l'Educazione e Promozione della Salute. Esso ha lo scopo di coadiuvare Le e Gli insegnanti delle Scuole Secondarie di I° e II° grado dell’ Azienda U.L.S.S. 7, che aderiscono a questo progetto educativo, nel momento in cui presentando ai loro studenti il filmato vorranno integrarlo con spiegazioni, con letture o anche riflessioni sul mondo del latte e delle sue produzioni. Questo non è un trattato scientifico, anche se di scienza si tratta, nè un elogio alla tecnologia, anche se di tecnologia si parla molto : da come è stato impostato soprattutto nelle parti iniziali è un viaggio semplice e speriamo chiaro lungo la via del latte nei suoi aspetti di natura, scoperta, storia, tradizione, tecnologia, gusto e, in particolare, sicurezza alimentare. Sperando con questo di aver fatto cosa utile e gradita auguro ai lettori una buona consultazione.

Dr. Jacopo Beltrame Medico Veterinario Servizio Veterinario

Igiene degli Alimenti di Origine Animale ULSS7

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LA VIA DEL LATTE

La principale protagonista della via del latte è la natura. Il latte il primo alimento dell’uomo è la sintesi armoniosa tra gli elementi naturali dell’ambiente, l’acqua, l’aria e la vegetazione, e gli esseri viventi, e arrivando agli animali cosiddetti superiori, i mammiferi e l’uomo. Considerando la composizione di questo prezioso liquido, la sua maggior componente è l’acqua, per l’ 87% nel latte di vacca. Gli zuccheri ne rappresentano quasi il 5%, i grassi quasi il 4%, le proteine fino al 3.5%, e in minor percentuali, tutte le vitamine e i minerali importanti per il funzionamento dell’ organismo. L’animale produttore di latte deve trovare tutto questo nell’ecosistema che gli sta attorno, ma quanto fornito deve essere nelle migliori condizioni qualitative, quando per qualità alimentare s’intende efficacia dell’alimento per dare origine al latte e sicurezza igienico-sanitaria : infatti queste due caratteristiche si riflettono sempre sul prodotto ottenuto e quindi anche sul suo consumatore finale. La stessa via naturale avviene nelle prime fasi della vita di ogni bambino (ricordi personali di ogni mamma ): la madre nutre il figlio con quello che lei ha precedentemente mangiato prima di allattarlo. Partendo dalle più banali coliche, perché la mamma aveva mangiato cibi irritanti, fino alle più pericolose allergie, o alla drammatica assunzione di farmaci e veleni che passano la barriera di difesa della mammella, per il lattante tutto è una conseguenza dell’ alimentazione e della respirazione della madre. Il compito di coloro che si occupano della filiera del latte, sia l’allevatore di vacche, di capre, di pecore, di bufale, sia il tecnico della latteria e del caseificio, sia il trasportatore del latte e dei derivati, sia il rivenditore, sia e soprattutto l’organismo pubblico di controllo, cioè il dipartimento di prevenzione, il compito di tutti questi attori è garantire la sicurezza igienico-sanitaria e il valore composito di tali prodotti, sostituendosi alla madre nella crescita dei loro figli. Esiste altresì un controllo più generale e che sta a monte di tutti i personaggi finora presentati. E’ un controllo che spetta a tutti, dal politico più responsabilizzato al cittadino che meno pensa all’ ambiente : il controllo dell’ inquinamento gassoso dell’ aria e fisico-gassoso del terreno e dell’ acqua. Si comprende che se questa fornitura continua di materia prima, che da origine a tutti gli alimenti, è corrotta, tutto ciò che ne deriva è corrotto.

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LA COMPLETEZZA ALIMENTARE DEL LATTE E LA FILOSOFIA DELLA SUA PRODUZIONE

E’ uno slogan veritiero dire che il latte è un alimento completo : questa miscela complessa contiene una fase disperdente – l’acqua e quindi approvvigionamento idrico – e una fase dispersa : - in emulsione : grasso di cui il 98% trigliceridi, fonte di energia, ma anche fosfolipidi, importanti per l’utilizzo dell’energia da parte dell’ uomo, vitamine A-D-E-K, dalle molteplici funzioni essenziali di regolazione bio-energetica; - in dispersione cosiddetta colloidale, cioè in micro grumi : proteine, di cui l’89% caseina, che hanno nell’ uomo lo scopo di plasmare e di formare il corpo, ma anche un significato energetico; - in soluzione : zuccheri, essenzialmente lattosio, che soprattutto nei piccoli offre un forte apporto energetico, ma che è altresì importante per la funzionalità nervosa, essendo il galattosio, prodotto di scissione intestinale del lattosio, alla base della sintesi della mielina dei nervi; inoltre il lattosio mantiene al contrario della carne una certa acidità intestinale e quindi ematica, creando un ambiente antiputridogeno che inibisce lo sviluppo di una flora batterica indesiderata. Vitamine idrosolubili : B1, acido nicotinico, B6, Biotina, acido folico, B12, C, Colina, Inositolo. Sali minerali, di cui ben il 17% di calcio, importante per lo sviluppo ed il mantenimento delle ossa, ma anche per la trasmissione nervosa; fosforo, importante per la struttura del sistema nervoso, ma anche per la combustione cellulare dell’ energia che si trova nell’ alimento assunto; ferro, rame, cobalto, zinco, molibdeno, iodio, fluoro : sono tutti minerali essenziali per la composizione ed il funzionamento del corpo, ma è importante che si trovino in quantità equilibrate tra loro, come appunto avviene nel latte. Tutto questo lo offre la natura e lo trasforma nei mammiferi, senza che vi sia una fase distruttiva nel processo produttivo. Il latte e i suoi derivati, infatti fanno parte di quegli alimenti di origine animale che non necessitano l’abbattimento dell’ animale stesso, ma tutto il processo produttivo tende a garantirne il massimo benessere per avere la migliore produzione finale. Questo accade anche per le uova e per il miele. Pertanto si può defininire la via del latte un processo produttivo incruento. L’uomo primitivo adulto quando era cacciatore non aveva ancora imparato ad utilizzare il latte degli altri mammiferi o a trasformarlo in prodotti più energetici e di maggiore conservabilità. Nei secoli della preistoria l’uomo è maturato parallelamente alla scoperta del mondo vegetale e all’origine dell’allevamento animale e questo lo ha reso il più forte tra gli animali. Ora dovremmo avere gratitudine nei confronti di quegli esseri che ci stanno accanto e che ci hanno permesso, fornendoci le loro produzioni, di diventare i primi. Senza togliere importanza all’uso della carne, che per alcuni aspetti è fondamentale nell’ alimentazione dell’ uomo svezzato, si può dire che la filosofia nella filiera del latte è di conservazione e non di smaltimento.

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TRADIZIONE

Un giorno nella preistoria deve essere iniziata una serie di esperienze umane che ci hanno avvicinato al latte di animali di altre specie. Probabilmente dalla semplice osservazione del latte lasciato a riposare ci si è accorti che qualcosa di denso e dolce galleggiava in superficie di quel liquido : la panna, la parte più grassa del latte. E probabilmente da una prima lievissima agitazione si è cominciato a vedere qualche agglomerato di panna : il burro, la forma compatta della panna. Qualcuno avrà notato che il latte lasciato a riposo tendeva ad avere un gusto forte, di acido e che dei grumi stavano comparendo nella sua massa. Gli stessi grumi si trovavano nello stomaco di piccoli ruminanti, uccisi per mangiarne la carne o a scopo divinatorio : ma questa volta i grumi erano buoni da mangiare. Ma se quei grumi erano gli stessi del latte lasciato a riposo, significava che qualcosa nello stomaco dei giovani ruminanti aveva trasformato il latte della mucca o della capra o della pecora in qualcos’altro di buono e aromatico : quel qualcosa era il caglio, una sostanza proteica enzimatica, naturalmente presente nell’ abomaso dei ruminanti, che fa coagulare la caseina del latte trasformandola in paracaseinato, sostanzialmente formaggio. Perché non provare a buttare questi piccoli stomaci nel latte? Non succedeva quasi niente. Bisognava garantire una temperatura del latte simile a quella che c’era nello stomaco del ruminante vivo lattante, almeno 39° centigradi : il fuoco probabilmente già si conosceva e il latte insieme allo stomaco del piccolo ruminante, riscaldati insieme, finalmente dettero origine a quei grumi ottimi da mangiare. Da allora, come dopo aver appreso come organizzare le lettere di un alfabeto, la via del latte, come tutte le vie dell’ uomo, è diventata impetuosa ed estremamente articolata, creando una tradizione produttiva trasmessa di generazione in generazione, parallelamente integrata dalla tecnologia e da nuove scoperte sul latte e i suoi derivati. Sostanzialmente però rispetto a quanto accadde nella preistoria, gli ingredienti sono rimasti gli stessi. Sono stati altresì scoperti altri sistemi per coagulare il latte, naturali ed artificiali ; si sono usate tipologie diverse di latte, più o meno ricco in grasso ; sono state usate temperature diverse di produzione ; sono stati mantenuti periodi di maturazione diversi del formaggio prima di essere mangiato; sono stati scoperti altri prodotti derivati dalla trasformazione del latte utilizzando microrganismi, come lo Yogurt ; sono stati riutilizzati i sottoprodotti di precedenti lavorazioni : usando il latte già separato dalla panna e centrifugandolo efficacemente si è ottenuta ancora panna, detta di centrifuga; oppure dal siero di latte che rimaneva dopo la caseificazione, fatto nuovamente scaldare e coagulare si è ottenuto ancora formaggio, la ricotta, così chiamata perché il latte è stato riscaldato due volte. Tutto comunque risale agli inizi e quindi la via del latte ricorda all’ uomo non solo la sua storia personale , la madre che allatta, ma anche la storia della civiltà.

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LA VIA DEL LATTE : UN ECOSISTEMA PER L’UOMO

Frequentando i siti umani che ci parlano della via del latte, si comprende come intorno a questo alimento si sia sviluppata una civiltà che ha fatto dell’ equilibrio naturale e della conservazione dell’ ambiente una sua ragione di esistere : la civiltà contadina. Soprattutto per quelle moltitudini di individui che hanno avuto origine da ambienti legati all’agricoltura, essa è stata l’ unica civiltà possibile, e questa civiltà permette a molti di noi di essere come siamo e nel benessere che viviamo. Ogni casa in campagna, in collina o in montagna, aveva la sua piccola stalla di capre o di pecore o di qualche vacca. Questi preziosi animali , insieme ai prodotti vegetali del terreno, fornivano ogni giorno la sussistenza alle famiglie numerose dei contadini. Era una tragedia quando si ammalava un animale : significava la fame ed il regresso. Le famiglie più fortunate, o perché avevano qualche animale in più, o perché l’azienda era condotta con più capacità imprenditoriale, si sono evolute sia economicamente, magari divenendo proprietarie di un terreno, sfuggendo alla mezzadria, sia culturalmente, permettendo ai figli di studiare e di migliorare il loro stato di vita. Nei secoli il contadino, piegato su se stesso col viso rivolto alla terra, ha pulito i campi e i boschi, ha fatto germogliare la terra, trasformando spesso un territorio per i rovi in un vero e proprio giardino. Ed il centro operativo, la partenza di tutte le tappe, è stata per secoli la stalla. Questo è stato il sistema naturale in cui hanno vissuto per secoli molti dei nostri predecessori. Ma se accanto alla sopravvivenza fisica è propria dell’ uomo una sopravvivenza mentale, basata sul contatto sociale ed il confronto con i simili, la stalla è stata il momento di maggior contatto in questo, a parte certi periodi dell’ anno in cui per i tipi di raccolto o di coltivazione dei terreni era necessario agglomerare più braccia umane. In stalla è nata e ha vissuto la civiltà del “filò”, lo scambiarsi serale di chiacchiere, notizie e racconti reali e fantastici, al calore della stalla d’inverno o appena fuori di essa sotto le stelle d’estate. A parte la Messa e le funzioni religiose, questo era il principale media di quella civiltà. Non si deve guardare a quel modo di vivere con la nostalgia dovuta ai tanti malesseri dei nostri tempi, perché allora era molto duro vivere e se anche vi era più poesia e naturalità nelle cose della vita, vi erano altresì molta sofferenza e sopruso. Bisogna invece non dimenticare, per il rispetto che comunque merita la nostra storia e coloro che allora la fecero.

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IL LATTE : FATTORI DI PRODUZIONE

Il latte alimentare è il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa della mammella di animali in buono stato di salute e di nutrizione. Il latte alimentare per antonomasia è quello di bovina, ma esistono altri tipi di latte alimentare, quali quello di capra, di pecora e di bufala, la cui presenza va chiaramente indicata sulla confezione. I vari tipi di latte infatti si diversificano per specie : ad esempio il latte di pecora e di capra è più ricco in grassi e proteine rispetto a quello di vacca. Anche il latte di bufala è più ricco, è molto grasso e contiene molta caseina. Rispetto al latte materno, il latte di vacca è più proteico, ma meno ricco di zuccheri. Vi sono differenze dovute alle razze delle bovine : il latte delle bovine di razze inglesi è molto ricco in grassi e proteine, ma la produttività è minore rispetto a quella delle razze presenti nel resto d’Europa. Singolarmente, le bovine giovani producono un latte più grasso ed il massimo di produzione si ha intorno alla seconda, terza mungitura. La stagione estiva influisce in modo negativo sulla produzione, ma anche il rigore dell’ inverno può essere dannoso : in autunno il latte è più ricco ed anche la produzione maggiore. L’alimentazione della bovina è l’origine alimentare del latte e diversi fattori presenti nell’ alimento possono influire positivamente o negativamente sulla produzione. L’alimentazione della bovina è un insieme molto complesso di fattori qualitativi, perché il latte è lo specchio di ciò che la bovina assume; quantitativi, perché non è sempre assiomatico che la bovina grassa dia latte buono e soprattutto sia sana; economici, perché l’allevatore deve sempre cercare l’alimento migliore ad un prezzo inferiore ( bisogna ricordare che il latte in stalla viene pagato quanto 25 anni fa!), senza cadere in tentazione di usare cibi scadenti o ancor peggio velenosi, oppure di usare farmaci illeciti coadiuvanti della produzione. Quelle scene di tempi ormai antichi, spesso immortalate nei paesaggi di quadri famosi, nei quali si vedevano i contadini in camicia che raccoglievano il fieno sciolto nei campi, campi che spesso non erano così piani come si vedevano nei quadri, essendo gli unici territori liberi dal dominio dei ricchi proprietari, quei pezzi di terra incuneati nelle scarpate o sulle forcelle dei monti, sono ormai un lontano ricordo. Con l’arrivo delle imballatrici di pieno ( le prime davano le cosiddette balle rettangolari, quelle moderne balle cilindriche molto più grandi ) le aziende agricole hanno migliorato i sistemi di raccolta, di deposito e di conservazione dei foraggi e della paglia, che rimangono alla base dell’ alimentazione e del- l’ allevamento anche moderno. Ma accanto a queste sono arrivati i mangimi , anch’essi di origine vegetale, e solo vegetale dopo “vacca pazza”, che hanno comportato un sensibile aumento della produzione delle bovine.

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Parallelamente si è fatto strada il sistema di trinciare il granoturco e lasciarlo riposare senz’aria per mesi, permettendone così una fermentazione acida, che ne permette da un lato la conservazione, e dall’ altro una maggiore resa di produzione di latte, anche qualitativamente migliore, essendo gli acidi di questo prodotto, l’ insilato di mais ( ma che può esser anche d’erba ) molto digeribili da parte della bovina e servono per la sintesi del latte. Poi si è presentata l’opportunità di utilizzare altri prodotti vegetali, ricchi in proteina come i baccelli di soia usati in farina o schiacciati ad alte temperature, oppure ricchi in zuccheri come le polpe di barbabietola, oppure l’uso dello stesso mais in farina o farine di altri cereali, come l’orzo e l’avena. Anche prodotti di sintesi chimica, ma che facevano aumentare l’ apporto azotato per la bovina, sono stati usati nella bovina da latte, come l’urea. Quindi si è fatto strada l’uso di integratori minerali e vitaminici da associare agli alimenti principali. Ma accanto a questa ricerca di nuove opportunità si è dovuta altresì sviluppare un scienza dell’alimentazione della bovina da latte. Il motivo è che la bovina è un essere vivente e non una macchina : non basta buttarci dentro il carburante. Un tempo era un animale che assumeva solo foraggi che creavano un grosso volume nel suo stomaco principale, il rumine. Oggi è sempre necessario mantenere questo coefficiente d’ingombro, nel senso che è impensabile darle pochi chili di mangime molto energetico senza riempirle la pancia : il suo intestino si bloccherebbe subito e quindi il suo fegato. Inoltre tutti questi alimenti devono essere bilanciati tra loro per energia, proteina e acqua che essi apportano, e devono essere bilanciati anche in base a quanto la bovina produce, altrimenti si può far soffrire di fame la bovina oppure si può intossicare. L’allevatore, anche perché consigliato da tecnici di associazioni del settore, industrie mangimistiche, tecnici dei caseifici, conosce molto bene quali sono i vantaggi e i rischi dell’alimentazione della bovina da latte. Il latte, come detto, riflette per qualità e quantità l’alimentazione della bovina. Classico è l’esempio del burro che in montagna è più giallo, perché nel fieno ci sono molti fiori : in realtà potrebbe essere che quel burro sia un po’ rancido, perché l’allevatore ha alimentato la bovina con foraggi troppo acidi. Oppure può accadere che le forme di formaggio scoppino in caseificio, perché l’allevatore ha dato degli alimenti scadenti alla bovina, provocando un forte aumento del numero di leucociti nel latte. Nelle piccole aziende la somministrazione dei cibi avviene secondo sistemi classici: prima il foraggio a volontà, poi qualche secchia di silo-mais, qualche altra farina e l’integratore, comunque in quantità controllate. Nelle grosse aziende si utilizza un carro fatto come una betoniera ( carro miscelatore ) che miscela in modo omogeneo tutti gli alimenti insieme e il tutto viene fornito alla bovina in un’unica soluzione (piatto uni-feed). Importante è anche il momento in cui dare l’alimento, cioè ad orari definiti e soprattutto a gruppi definiti di animali : non tutti necessitano della stesa razione. Una bovina in piena produzione necessita di molta energia ; una bovina gravida e che è in asciutta, cioè non dà latte per qualche mese, deve nutrirsi con cibi meno energetici, ma più ricchi i n proteina.

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IL LATTE : FATTORI DI RISCHIO

Lo stato di salute della bovina influenza la produzione sia quantitativamente, perché la bovina ammalata produce meno e con meno grasso; sia sanitariamente, perché spesso la patologia della bovina, apparente o meno alla vista dell’animale, si trasmette nel latte e quindi nel consumatore : mastiti di varia natura, tubercolosi brucellosi ed altri stati morbosi. L’acqua e i foraggi contaminati portano nell’organismo della bovina agenti biologici, fisici e chimici pericolosi. Il rumine del bovino adulto è in grado di filtrare abbastanza bene gli agenti biologici causa di tossinfezione, divenendo però il bovino portatore di batteri a livello intestinale, come Coli fecali, Salmonella, Listeria e quindi ha una grande importanza l’igiene della mungitura ; meno bene risponde la bovina ai batteri che entrano in essa per via aerea, come il germe della tubercolosi. Oggi il rischio maggiore è rappresentato dalle muffe presenti negli insilati di mais scadenti, muffe che producono le cosiddette aflatossine. L’uso degli insilati, di mais o di erba, è divenuto importante nella moderna razione alimentare del bovino da latte, ma lo è divenuto ancora di più dopo l’allontana- mento delle farine di origine animale dall’alimentazione dei ruminanti a seguito di “vacca pazza”; in pratica quella vicenda ha contribuito non poco a spingere la produzione della soia e del mais a discapito di altre coltivazioni, rendendo necessario spesso il recupero di soia e mais di origine extracomunitaria, ma anche europea, non sempre di qualità ottimale, ma anzi con forme di sviluppo di muffe. In genere le aflatossine sono causa di banali malesseri gastrointestinali per l’individuo che assume latte contaminato, ma nel caso di individui immunodepressi, donne in gravidanza , vecchi e neonati, le conseguenze sono più gravi. Pur ammettendo che l’allarme aflatossine non è così grave come possa sembrare, la Regione Veneto controlla in modo assiduo e particolareggiato la produzione lattiero casearia nel suo territorio eseguendo, tramite il Dipartimento di Prevenzione numerosi e continui esami. Riguardo agli agenti chimico-fisici essi rappresentano oggi , per quanto riguarda il latte, quelli che offrono maggiore potenzialità di rischio. Sparsi nell’ambiente per la disinfestazione dei parassiti delle piante o per la lotta ad insetti nocivi per l’uomo o per la selezione dei soli vegetali desiderati, moltissimi e di varia pericolosità sono i prodotti chimici. Alcuni di questi vengono rapidamente degradati ( pesticidi organo fosforati ), altri invece possono perdurare per anni (pesticidi organo clorurati ). Tutti comunque possono essere assimilati dalla bovina, che anzi ha la capacità di accumularli nelle proprie masse di grasso e trasmetterli lentamente nel sangue. Accanto a questi contaminanti non accidentali, vi sono quelli che finiscono nel- l’ ambiente a causa dell’ inquinamento : metalli pesanti come il piombo e i composti che lo compongono ( piombo tetraetile del gas di scarico degli automezzi ); il rame , anche dovuto all’ allevamento intensivo del suino, che ha contaminato in modo irreparabile il terreno in Belgio e in Olanda; il cromo,

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derivato dall’ industria pesante e dalle carrozzerie delle auto; la diossina , composto stabile del carbonio derivato dalla combustione delle plastiche; l’atrazina ed altri diserbanti. Un altro pericolo sempre incombente è l’uso illecito di farmaci che possono aumentare la produzione e l’efficacia della mungitura della bovina ( ormone della crescita ed ossitocina ); oppure l’utilizzo di farmaci usati per la cura della bovina, il cui latte non viene allontanato dalla consegna al raccoglitore (antibiotici , antinfiammatori, inibenti in genere). Fisiologicamente per ogni litro di latte che una bovina produce, la sua mammella deve filtrare 400 litri di sangue, pertanto il rischio che questi contaminanti assunti dalla bovina finiscano nel latte, è altissimo. La situazione non è così drammatica, ma per affrontare e limitare in modo efficace il pericolo delle contaminazioni del latte è necessaria un’ azione continua e concertata di controllo, operata dagli allevatori, dagli addetti agli impianti di trasformazione e dal settore pubblico. L’importantissima normativa nazionale che regola in modo efficiente tutto questo settore, il decreto 54 del 1997, offre delle valide linee guida in questo senso. Ha posto innanzitutto dei limiti definitivi circa la qualità composita e sanitaria del latte che arriva in latteria : la carica batterica non deve superare le 100.000 unità per ml e i leucociti, cellule del sangue che se presenti nel latte in numero elevato indicano una sofferenza mammaria o generale, non devono superare le 400.000 unità per ml. Questo primo screening di controllo è continuo per ogni raccolta di latte in stalla. Il superamento della quota 100.000 batteri per ml, significa che il latte è sporco oppure che la mammella è ammalata oppure che la conservazione del latte nel frigo non è stata ottimale. Il superamento della quota di 400.000 leucociti per ml, significa che la bovina ha delle disfunzioni, magari epatiche, per l’ utilizzo di cibi scadenti; oppure che ha delle lesioni mammarie; oppure che soffre di altre disfunzioni organiche. Ciò che all'allevatore preme di più è comunque la penalità nel pagamento che egli subisce dalla latteria nel consegnare latte non conforme ai parametri. Viceversa se egli consegna un latte di buona qualità, con la proteina che supera le percentuali medie normali ( oltre il 3.2% ) e pure per il grasso, riceverà un premio di produzione. Un’ altra penalità che l’allevatore subisce, pur non escludendo che il fatto non costituisca un reato più grave, avviene quando nel latte è riscontrata la presenza di sostanze inibenti, termine generico che indica prodotti come disinfettanti finiti accidentalmente nel latte, farmaci per la cura della bovina, veleni ed altro. Mentre nel caso di sostanze inquinanti, come ad esempio le aflatossine, vengono distrutti il latte e i formaggi derivati, in quest’ ultimo caso egli subisce inoltre anche il pagamento di una ammenda piuttosto salata (salvo come detto che il fatto non costituisca più grave reato, come la detenzione o la somministrazione illecita di farmaci ).

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COME SI CONTROLLA IL RISCHIO NELLA FILIERA LATTIERO CASEARIA

Il controllo del rischio in questo tipo di filiera è simile a quello di altre filiere alimentari, ma si differenzia perché esiste come detto un sistema iniziale di controllo del latte legato al rapporto tra latteria e produttore, ed è estremamente apprezzabile il fatto che spesso l’allevatore sia in realtà socio della latteria stessa. Questo sta alla base di ogni forma di autocontrollo. Il controllo efficace sul rischio biologico ( batteri, virus, tossine) derivato dal consumo di latte inizia negli anni ’60, quando nelle aziende i casi tubercolosi e brucellosi nelle bovine erano innumerevoli. Lo stato con uno sforzo enorme ha risanato gli allevamenti da queste malattie ed oggi in Veneto i casi sono statisticamente irrisori. E’ necessario comunque che le bovine siano controllate quando sono spostate da un’azienda all’altra, per evitare situazioni di contagio, seppur remote ed è altresì importante che, con cadenze biennali, tutte le bovine siano controllate. Gli organi di controllo pubblico sono sempre intervenuti negli episodi di tossinfezioni alimentari dovuti al latte e ai derivati, ma si è avvertita negli ultimi anni, soprattutto dopo la nascita dei Dipartimenti di Prevenzione e il maggior coinvolgimento delle regioni in termini di sanità, l’esigenza di una maggior presenza del controllo pubblico lungo la filiera anche in fase preventiva. Ne è un esempio di questi mesi la gestione del rischio aflatossina operata dalla nostra Regione. Alla fine degli anni ’80 hanno cominciato ad entrare in vigore delle severe norme sulla conduzione igienico sanitaria delle stalle : se questo ha comportato una crisi del settore dovuta all’abbandono delle realtà minori, ha senza dubbio elevato la qualità del latte in tutti i sensi. Non poco ha contribuito come detto il controllo delle latterie sui propri conferenti, ma la prevenzione pubblica è andata ad agire sui comportamenti igienicamente scorretti dell’allevatore in fase di produzione del latte ed anche sull’igiene della struttura, affrontando altresì il problema dell' inquinamento causato dall’allevamento. La stessa regolamentazione è avvenuta per le latterie e i caseifici in modo repentino e incisivo con l’applicazione del decreto 54 del 1997 : tutti i luoghi in cui veniva trattato il latte e i suoi derivati sono stati oggetto di verifica igienico-sanitaria da parte del servizio veterinario e solo dopo aver accertato che le non conformità riscontrate erano state rimosse, è stato rilasciato un riconoscimento comunitario di garanzia igienico-sanitaria : il bollino C.E. . Stalle e luoghi trasformazione del latte sono oggetto continuo di controlli. Questi controlli riguardano anche il rischio di tipo chimico-fisico. A livello di macellazione dei bovini si vanno ricercare nelle masse del grasso possibili contaminazioni da pesticidi; sul fegato si ricercano i metalli pesanti; sugli organi e i liquidi organici si vanno a ricercare i residui dei farmaci. In stalla i veterinari controllano se vi è la presenza dei farmaci , se è autorizzata, e come questi sono stati usati. Eseguono prelievi sui mangimi per la ricerca di contaminanti biologici o chimici, e della presenza di farine di origine animale.

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Gli allevatori da parte loro compiono ogni sforzo per garantire la sicurezza alimentare al loro prodotto. A livello di alimentazione della bovina cercano di eliminare quei foraggi con segni di muffa, perché sanno che questi rovinerebbero il fegato alle loro bovine. Cercano di pulire la superficie dell’insilato se di odore non aromatico o se di colore diverso dal normale, perché quello è il caso in cui la bovina è danneggiata per sempre dalle aflatossine. Sono molto critici nei confronti dei fornitori di mangimi, perché i primi vogliono un buon prodotto e i secondi cercano di produrlo a costi inferiori. Controllano la salubrità dell’ acqua, spesso ricorrendo a sistemi di filtrazione ed addolcitura, e verificano che le bacinelle che la forniscano siano sgombre di alimento, di rigurgiti delle bovine e che funzionino perfettamente. Oggi, anche nelle piccole aziende, si fa molto uso di carta : carta per asciugarsi le mani dopo il loro frequente lavaggio, carta per asciugare i capezzoli delle mammelle delle mucche, ripuliti primi dell’ aggancio della macchina mungitrice, e soprattutto filtri di carta particolare che servono per la filtrazione del latte durante il versamento neile vasche di raccolta. L’ igiene nella mungitura, in realtà, è fondamentale, perché se non rispettata pregiudicherà tutto il processo produttivo seguente. Se l’allevatore si mette a mungere senza aver ripulito le cuccette delle vacche dalla paglia sporca di sterco, oppure munge mentre le vacche stanno mangiando un fieno polveroso o ammuffito, o peggio sta usando attrezzatura sporca o egli stesso ha delle gravi lesioni alle mani, egli crea delle situazioni di rischio. Per questo ai mungitori veniva richiesto la certificazione medica che attestasse l’idoneità sanitaria per il loro lavoro, ed oggi sono in preparazione dei corsi di formazione sanitaria in questo senso. Fondamentale, come si intuisce, l’igiene dell’attrezzatura . Sono ancora utilizzati sistemi classici di lavaggio, con disinfettanti, spesso clorati, molto efficaci : l’allevatore alla fine di ogni mungitura lava la vasca di raccolta del latte, con disinfezione e risciacquo, lava le tettarelle e i tubi di trasporto del latte. Nelle grandi aziende esistono sistemi di lavaggio automatizzati, dove una centralina elettrica di comando controlla i tempi , le concentrazioni dei disinfettanti, l’efficacia delle pressioni : questi sistemi sono sempre associati al sistema di mungitura meccanizzato, tramite il quale vengono munte contemporaneamente varie bovine disposte in fila in una sala apposita della stalla ( sala di mungitura ). L’igiene della mungitura non sarebbe comunque sufficiente a garantire il controllo microbiologico del latte, se la vasca di refrigerazione del latte, oltre che pulita, non fosse funzionante : se il frigorifero si blocca il cibo va a male. Con la regolamentazione degli aspetti costruttivi delle stalle, particolare attenzione è stata posta al benessere degli animali : essi devono dimorare in spazi sufficientemente ampi e puliti, non devono sostare in situazioni di rischio fisico, devono, come detto, avere acqua a continua disposizione, non devono subire angherie da parte dell’ allevatore.

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Del resto sono ormai remoti quei casi in cui l’allevatore non si rendeva conto che il maltrattamento degli animali, oltre che essere reato penale e morale, comporta la produzione di prodotti scadenti. Con le stesse verifiche sono state valutate la luminosità delle stalle, il flusso delle correnti d’aria, gli spazi di movimentazione dei carri, l’ampiezza dei corridoi di servizio, la presenza di lavandini, l’utilizzo della carta e del sapone. Altrettanto importante è stata la verifica della raccolta degli escrementi delle bovine : i famosi letamai ai crocevia delle strade di campagna, i cui reflui si diffondevano nel terreno, sono oggi considerati motivo di denuncia. E’ vero che il letame e i liquidi organici vanno comunque sparsi nel terreno per le concimazioni, ma è obbligatorio che essi rimangano in vasche a tenuta per qualche tempo, in modo che essi possano fermentare e in tal modo avvenire la quasi sterilizzazione di germi patogeni. E’ invece un problema, e per questo il settore è molto delicato, l’uso massiccio e indiscriminato di farmaci nell’ allevamento animale, che può comportare alla lunga un avvelenamento dell’ ambiente, come nell’esempio del rame per i metalli pesanti : del resto anche noi umani usando farmaci senza sosta inquiniamo irreparabilmente l’ambiente.

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LE PREPARAZIONI COMMERCIALI DEL LATTE

Il latte che giunge nei luoghi di trasformazione prende diversi indirizzi. Quello ad uso alimentare umano può subire o meno una fase di termizzazione. Infatti, tornando in certo senso ai tempi antichi, quando però non si conosceva il rischio biologico, oggi il latte può essere utilizzato anche crudo, per la preparazione di certi tipi di formaggi. E’ evidente che i produttori che consegnano quel latte, devono rispettare dei comportamenti igienici irreprensibili che vengono del resto scritti su dei rigorosi contratti stipulati tra loro e le latterie. Anche il servizio pubblico in questo caso deve essere maggiormente allertato. Vi è da puntualizzare, comunque che durante la maturazione di questi formaggi esistono forme biologiche di controllo batterico dovute a fenomeni di fermentazione. In genere però il latte che noi conosciamo subisce diversi tipi di riscaldamento. La pastorizzazione ( più corretto sarebbe dire pasteurizzazione, in onore del grande biologo francese Louis Pasteur che ha aiutato l’umanità nella lotta alla tubercolosi e alla rabbia ), è un trattamento che avviene a 72° - 85° C per 15 secondi, seguito da un rapido raffreddamento. Questo latte detto “fresco pastorizzato” , che ha la durata in banco frigo non superiore ai 5 giorni, può essere completo nella sua porzione di grasso ed è quindi detto “intero” (grasso non inferiore al 3.5% ). Se invece è privato del tutto o in parte della panna è detto parzialmente scremato ( grasso che va dal 1.5% al 1.8% ) oppure scremato ( grasso inferiore allo 0.3% ). Se il latte che proveniva dalla stalla era particolarmente ricco in grasso e in proteine ed igienicamente rispondente agli standard previsti dalla legge, allora viene confezionato come “latte ad alta qualità”. Un primo problema che ha portato a nuove forme di trattamento del latte, è stato aumentarne il periodo di vendita. Questo ha portato alla sterilizzazione del latte, trattamento del latte a 141° per 2 secondi : si ottiene così il latte UHT (Ultra Alta Temperatura ), che dura, anche a temperatura ambiente, fino a 90 giorni. Altro sistema di sterilizzazione è l’uperizzazione ( 135° per 5 secondi ), sistema col quale si ottiene un latte sterile a lunga conservazione che dura fino a sei mesi. Un sistema nel quale si associano durata del prodotto e praticità di utilizzo, è quello in cui viene tolta la parte acquosa del latte : il latte in polvere o meglio la polvere di latte, che ridisciolta nell’ acqua a 39° dovrebbe dare il latte d’origine. Un altro sistema di conservazione può ottenersi con la parziale evaporazione dell’ acqua sottovuoto a 40°-50° C : il latte concentrato ( 70% di acqua residua ). Se poi si toglie il 75% di acqua e si aggiunge zucchero, che ho lo scopo di creare un ambiente troppo denso per i batteri , ma anche di rendere dolce il prodotto, si ottiene il latte condensato.

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Riguardo a questi tre ultimi tipi di latte, sono importanti alcune considerazioni : sono latti spesso usati dai neonati ed inoltre vanno spesso nella lista degli alimenti che volano in quei viaggi della speranza che portano ristoro a popolazioni stremate dalla fame. Per questi due motivi, apparentemente distanti, ma purtroppo vicini, se si considerano che bambini meno fortunati hanno anch’essi bisogno di latte, si comprende la necessità che la loro produzione sia effettuata in modo igienico straordinario ed utilizzando prodotti integrativi di grande qualità. Infatti spesso questo latte prima di essere deumidificato, viene sgrassato ed in seguito nuovamente grassato con grassi di origine vegetale, che, purtroppo per qualità e concentrazioni, possono essere di una vasta gamma . Il latte d’origine deve essere perfetto e non si deve correre nella tentazione di usare di tutto perché tanto poi tutto è essiccato : i prodotti chimici non possono essere essiccati. Inoltre non si deve speculare sulla sfortuna delle madri che non hanno latte, quando il costo di un chilo di polvere per i neonati è 10 volte superiore allo stesso chilo di polvere per i vitelli, quando la composizione e le linee di produzione sono le stesse. Noi non possiamo fare molto, perché queste industrie sono concentrate nel nord Europa e in America del nord, ma perlomeno dobbiamo essere consci della fortuna che abbiamo nel poter ancora utilizzare il latte che arriva direttamente dalla stalla. Un altro problema che ha stimolato la tecnologia del latte, è la valutazione del fatto che molte persone non possono digerirlo oppure del fatto che il latte bovino è diverso da quello materno. Per il primo caso il latte viene delattosato, cioè il lattosio, zucchero del latte composto da galattosio e glucosio, viene scisso nei suoi componenti, permettendo a chi non possiede l’enzima ( scissore naturale che nell’ intestino dovrebbe fare la stessa cosa ), di bere il latte. Con l’utilizzo del formaggio il problema non si pone, perché il lattosio è allontanato con il siero residuo di lavorazione. Nel secondo caso si valuta l’aggiunta di zucchero e una maggiore diluizione del latte rendendolo simile a quello materno ( latte umanizzato ). Un’importante consiglio nell’uso del latte, di qualsiasi tipo esso sia, riguarda la temperatura con quale lo assumiamo : in natura gli stomaci dei lattanti lavorano a 37°-39° C , ed anche lo stomaco degli adulti lavora a temperatura corporea. Il latte va opportunamente scaldato per darlo ai bambini ed anche per gli adulti ciò sarebbe opportuno, per evitare spesso nella confusione tra indisposizione al latte e scarsa accortezza nell’assumerlo.

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I PRODOTTI DERIVATI DAL LATTE

I prodotti considerati nel precedente capitolo sono forme di trattamento del latte, riscaldato a temperature e per tempi diversi, privato del tutti in parte del grasso e dell’ acqua, ed al quale può essere aggiunto qualcosa o tolto qualcos’altro. Nel caso dei prodotti derivati del latte ci troviamo di fronte a trasformazioni di ordine biologico, del latte in toto o di sue componenti.

I LATTI FERMENTATI

La semplice fermentazione del latte intero, parzialmente scremato o scremato, causata da ceppi ben definiti di batteri trasforma il prodotto in latti acidi o acido alcolici a seconda che la fermentazione dia origine ad acido lattico o ad acido e alcol. Tra i latti acidi il più noto è lo Yogurt. Dopo aver pastorizzato e reso omogeneo il latte, in esso si inoculano delle colture batteriche e quindi si lascia a riposo per 3-4 ore a 44°-45° C, fino ad ottenere l’acidità desiderata. Il prodotto ottenuto va quindi raffreddato, ad esso si possono aggiungere aromi , va confezionato e conservato a 4°C. Si comprende che la fase più delicata nella produzione è l’innesto dei batteri, perché sono questi che trasformano il lattosio, lo zucchero del latte, in acido lattico. Questi batteri sono Streptococcus thermophilus, Lactobacillus bulgaricus, lactobacillus acidophilus e Streptococcus lactis. L’ acido lattico e questi batteri agiscono a livello intestinale garantendo un’azione antiputrefattiva e antibiotica naturale nei confronti di batteri pericolosi, come Stafilococcus aureus, Escherichia coli e altri. L’acido lattico permette quindi la conservazione del prodotto senza diminuirne il potere proteico ed energetico. Lo yoghurt è ricco di vitamine del gruppo B e ha un’attività antitumorale. D’altro canto, lo yoghurt non presenta grossi difetti se la sua conservazione è ottimale. Sono importanti la temperatura di deposito, l’uso di contenitori che non cedono al prodotto sostanze che ne alterino il gusto o la salubrità, e soprattutto una produzione estremamente igienica. Infatti una scarsa acidità del prodotto indica che si sono sviluppati batteri indesiderati , che possono formare gas o si notano segni di ammuffimento : compito del controllo pubblico e dell’industria è controllare l’inquinamento e gli errori tecnologici.

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LA CREMA O PANNA

Questa componente è la parte grassa del latte, che una volta separata, viene usata in cucina, per la preparazione del burro e per alcuni tipi di formaggi : ad esempio il mascarpone che è crema acidificata con succo di limone ( acido citrico ). Esistono due tipi di panna . Quella ottenuta lasciando a riposo il latte a 15°C è detta di affioramento, perché il grasso è la parte più leggera del latte e quindi su di esso galleggia; è una panna acida, perché comunque il latte a riposo fermenta, e con un tasso di grasso del 20%. L’altro tipo di panna si ottiene centrifugando il latte intero ed è quindi detta di centrifuga, la quale presenta un tasso di grasso del 95%, ma non è acida non essendo stato a riposo il latte. La panna industriale viene quindi pastorizzata sottovuoto o trattata con i sistemi per la lunga conservazione. Difetti della panna possono essere l’irrancidimento del grasso, odori e sapori sgradevoli spesso dovuti all’alimentazione della bovina, e, più raramente, fenomeni di fermentazione batterica indesiderata.

IL BURRO

Il burro si ottiene dalla panna, ma anche direttamente dal latte intero : per legge però deve contenere al minimo l’ 82% di sostanza grassa ( anche se in commercio esistono forme light, cioè sgrassate ). Per produrlo si lascia ferma la crema a circa 18°C per alcune ore. Quindi si possono aggiungere colorazioni naturali come lo zafferano, se si vuole darne un aspetto diverso. La crema viene lavata con acqua, versata in una centrifuga detta zangola, che gira a 50-60 giri al minuto a 8°-10°C. Si ottiene così il burro grezzo che viene separato dal rimanente liquido detto latticello : il latticello contiene ancora grasso con una percentuale superiore allo 0.5%. Il burro grezzo viene lavato nella zangola, fatta ancora girare per qualche minuto lentamente per 2 o 3 volte. Quindi è impastato e salato e posto in stampi per essere modellato : infine confezionato. Nel caso del burro, e ciò avveniva soprattutto in passato, numerose sono le frodi e le adulterazioni. Esse sono carenze igieniche della crema o durante la lavorazione. Oppure il grasso non è di latte di vacca, ma di altre specie o, peggio ancora vegetale, come nel caso della margarina. Magari sono stati usati coloranti e additivi non permessi oppure il tenore di sostanza grassa è inferiore a quello previsto dalla legge. Se nel grasso ci sono muffe, queste possono causare alterazioni del colore. Il burro può presentare odori e sapori sgradevoli, come nel caso della crema, dovuti all’alimentazione o allo stato patologico della bovina, oppure dovuti alla presenza di muffe e lieviti. Il difetto più frequente rimane comunque l’irrancidimento a causa di una cattiva conservazione.

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I FORMAGGI

Il formaggio è ottenuto dal latte intero, parzialmente scremato o scremato, prodotto a seguito di una coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di innesti o fermenti e di sale. Sono varie le differenze in base alle quali classificare la miriade di formaggi esistenti al mondo. Il primo aspetto riguarda il tipo di latte usato, se crudo o pastorizzato e se grasso o magro. Il secondo criterio riguarda quanto succede durante la coagulazione della caseina che avviene in vasche d’acciaio o in bacini in rame. Il casaro, come fosse un produttore di vetri d’arte a Murano, rompe i globuli ammassati, in modo più o meno fine : proprio in base a questa rottura della cagliata si ottengono formaggi diversi. Il terzo aspetto riguarda il successivo tipo di riscaldamento della cagliata. Il quarto invece riguarda la tipologia della maturazione del formaggio, considerando durata, temperatura e umidità. La maturazione del formaggio può essere rapida, cioè in un tempo inferiore ad un mese ; media, tra un mese e 6 mesi ; lenta oltre i sei mesi sino a tra anni. La percentuale di grasso nei formaggi li differenzia in formaggi grassi ( oltre il 42% di grasso ); semigrassi ( dal 20 al 42 % ) e magri ( meno del 20% ). La coagulazione della caseina è in realtà di due tipi, come detto : naturale o acida, quando il latte è acidificato ad un pH 4.6 e in tal caso si forma del fosfocaseinato di calcio ; e quella più nota presamica, nel qual caso si ottiene del parafosfocaseinato di calcio dalla caseina presente nel latte dopo aggiunta del caglio o presame. Il caglio o presame è l’estratto dello stomaco dei ruminanti giovani che è ricco dell’enzima capace di coagulare la caseina : la rennina o chimasi. Questo stomaco viene pulito, seccato e lasciato macerare in acqua per 24 – 36 ore a 33°-35°C. Il prodotto ottenuto può essere usato tal quale, oppure in pasta e più spesso allo stato liquido.

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LA PRODUZIONE DEL FORMAGGIO

La produzione del formaggio avviene in diverse fasi, alcune fondamentali, altre necessarie solo per alcune tipologie. Ad esempio una sosta del latte con relativa acidificazione naturale si effettua solo in alcuni casi e parimenti l’aggiunta di quantità diverse di crema ha lo scopo di modulare il tenore in grasso del prodotto finito. La pastorizzazione viene di norma eseguita, ma come visto non sempre : è necessario comunque riportare la massa di latte a 38°-40°C dopo la pastorizzazione. L’aggiunta di innesti, particolari colonie batteriche, alla masse del latte ha lo scopo di creare un ambiente acido che favorisce la coagulazione, nel caso il latte non fosse già acidificato prima. Sii aggiunge quindi il caglio, in genere liquido, in quantità proporzionali alla massa del latte, in base al tipo di formaggio ed anche in base al titolo, cioè la capacità di quel caglio di provocare la coagulazione. Si arriva alla fase più delicata : la rottura della cagliata. Al formarsi dei globuli della coagulazione, sia tramite una rete che gira sul perno della vasca, sia tramite l’uso della cosiddetta lira, proprio simile allo strumento musicale, agitata dal casaro, si spaccano e si rendono più o meno fini questi grumi. Infatti per ottenere formaggi freschi, molli, non è necessario rompere le dimensioni dei globuli, mentre nel caso di formaggi duri, la pasta dovrà essere resa simile al riso. Il senso di questo è che dei grumi piccoli lasciano sgocciolare meglio l’acqua, mentre nei formaggi freschi e a pasta molle la componente liquida è notevolmente maggiore. Anche la temperatura della cosiddetta cottura è fondamentale per dare formaggi diversi : dopo la rottura della cagliata la temperatura va stabilizzata sui 40°C, per dare formaggi semiduri e tra 48° - 58° C per dare formaggi duri. La diversa temperatura permette una minore o maggiore perdita d’ acqua. Anzi nella preparazione dei formaggi duri, dopo questo riscaldamento, si può continuare a rompere nuovamente i globuli ridotti a grani di riso : in tal caso si parla di “spinatura” fuori fuoco, per distinguerla dall’ agitazione del coagulo effettuata in precedenza ( spinatura avanti fuoco ). A questo punto si prelevano i blocchi del coagulo e vengono versati all’interno di stampi in legno o in plastica o in metallo, nei quali viene precedentemente steso un setaccio. Si lascia il tutto a riposo per un certo tempo, a seconda sempre dell’ umidità che si intende lasciare nel prodotto ( sgrondatura ). Dopo di che coi lembi liberi del setaccio o con un altro setaccio si copre completamente la forma ottenuta. S’impilano le forme una sopra l’altra, separate da dischi in legno o altro materiale e si infilano tali colonne di forme sotto una pressa. Finita la pressatura, le forme liberate dallo stampo vengono marcate con degli stampini, dove si legge la data di produzione oppure il numero di riconoscimento del caseificio, se questo produce formaggi a denominazione d’origine, come ad esempio il montasio.

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Le forme vanno salate, a secco, cioè cospargendole di sale, ma più spesso in salamoia, soluzione salina presente in vasche, dove la concentrazione del sale va dal 18% al 24%. In alcuni casi, dopo la salatura, i formaggi subiscono la stufatura, una maturazione forzata a 22° - 26°C. Infine i formaggi vengono portati nei magazzini di maturazione, ove rimangono, come detto, per un periodo variabile, a temperature ed umidità variabili.

IL CONTROLLO DEL FORMAGGIO

Per controllare le forme di formaggio, oltre all’esame visivo, si usano strumenti come martelletti, per sentire se ci sono sacche di gas, oppure succhielli o altre sonde più grandi dette spole, che vanno a scavare nella forma per vedere se vi sono difetti nella pasta. Questi controlli si effettuano sia in caso di dubbio, sia a campione su forme apparentemente sane. Lo scopo del controllo è ovviamente l’individuazione e la distruzione del formaggio inadatto al consumo, ma in alcuni casi, se giunti in tempo, si può, per così dire, restaurare la forma individuata. Si può eliminare la parte rovinata e sostituirla con della pasta nuova : si parla quindi di correzione. La correzione si effettua ance usando il fuoco, cauterizzando il punto in questione, oppure con acqua bollente se la forma non è dura, perché così è possibile, una volta resa molle dal calore, ripressare la forma.

I DIFETTI DEI FORMAGGi

Le principali cause che provocano difetti nei formaggi, sono l’inidoneità del latte, l’uso di caglio e di fermenti non adatti, scadenti condizioni igieniche di lavorazione ed errori nella tecnologia di produzione. I difetti sono diversi a seconda se si tratta di formaggi freschi a pasta molle o cotti a pasta semidura o dura. Il più frequente dei difetti nei formaggi a pasta molle è l’eccessiva umidità, che comporta un rammollimento della forma e colio di liquido. Questo può essere provocato da una cagliata troppo umida, da dei magazzini umidi o da una salamoia inefficace, che può anche permettere uno sviluppo di batteri indesiderati. Il difetto opposto si ha quando il formaggio fresco è gessoso, di consistenza petrosa : in tal caso uno spurgo eccessivo dell’acqua, un’acidità troppo elevata o un’asciugatura a temperatura troppo alta, comportano una precipitazione marcata di sali di calcio. Nel caso di alterazione del gusto, un difetto tipico di questi formaggi è l’amarore.

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Ciò è originato dall’uso di latte amaro, da spurgo difettoso, da scarsa acidificazione, da tracce di ferro nel formaggio o dallo sviluppo di lieviti o batteri, come Streptococcus liquefaciens. Esistono batteri che possono alterare il colore, sia in superficie, sia in profondità della forma : colore nerastro, azzurrognolo, verdastro o rossastro. In tali casi, dopo aver distrutto il formaggio, è necessario rivedere l’igienicità del processo produttivo. Vari sono i difetti dei formaggi a pasta semidura o dura. Se il latte di partenza presenta una carica batterica elevata, rappresentata da batteri che producono gas ed il latte non è stato adeguatamente pastorizzato oppure il caglio è sporco, succede che si formano delle bolle di gas già dopo poche ore dalla produzione. Questo gonfiore oltre che essere come detto precoce, può avvenire anche nei mesi successivi, tardivamente : talvolta l’occhiatura, cioè i buchi , sono anche graditi, ma nel caso sia un marcato difetto significa che batteri anche pericolosi hanno prodotto gas, aree di putrefazione con odori sgradevoli all’interno della forma . Questo comporta la distruzione del formaggio. Altro difetto tipico di questi formaggi è l’apparire di spaccature in strati paralleli, sia in senso orizzontale sia verticale : sembra come una scollatura della pasta che ha perso elasticità e coesione. Ciò è dovuto sia ad errori tecnologici nella preparazione e nella maturazione del formaggio, come l’uso di temperature elevate, acidità elevata del latte, salatura prolungata, presenza di correnti d’aria ; ma anche all’utilizzo di latti contaminati da batteri : in tal caso variano odore e sapore e quella pasta no può essere recuperata. Esiste un particolare difetto rappresentato dalla comparsa di macchie biancastre sia in superficie che in profondità, dalle quali, similmente a piaghe, continua a fuoriuscire un colio, spesso maleodorante per lo sviluppo di batteri : la causa non è ben nota. Un difetto altrettanto grave è la putrefazione della pasta dovuta a batteri o la presenza di parassiti, come larve, che si nutrono con la pasta del formaggio. Sono difetti che ovviamente causano la distruzione del prodotto.

I FORMAGGI A PASTA FILATA

Di questa famiglia fanno parte formaggi noti e apprezzati come la mozzarella, il caciocavallo, il provolone e la scamorza. Essi vengono prodotti con una particolare metodica che sfrutta una caratteristica della caseina . A 75° - 90°C e in ambiente acido la proteina del latte coagulata si lascia filare e tendere e da origine ad una massa cedevole, compatta che si dispone in strati concentrici : sostanzialmente la cagliata fatta acidificare nel siero perde molto calcio e quindi diviene molle e legamentosa. Per creare un ambiente acido alla massa del latte vengono aggiunti fermenti lattici. Si aggiunge poi il caglio a 35° - 40° C. La cagliata si lascia a riposo nel siero per farla ulteriormente acidificare.

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Si rompe la cagliata in modo blando. Si lascia spurgare la pasta versata su delle vasche e a questo punto avviene il passaggio più importante : la pasta ridotta a pezzi va bagnata con acqua caldissima a 75° - 90° , fino a che la pasta non comincia a filare. La massa così filata viene formellata e spaccata in pezzi di varie dimensioni, sia a mano che meccanicamente, e questi pezzi vengono immersi in acqua fredda. I pezzi sono quindi salati ed eventualmente affumicati e stagionati a seconda del formaggio in produzione. I difetti di questi formaggi se stagionati sono simili a quelli degli altri. Nel caso della mozzarella ( prodotta con latte di bufala ) o del “ fior di latte “, prodotto con latte di mucca , una fondamentale caratteristica è la freschezza. Segni di freschezza sono la superficie liscia, l’aspetto lucente, e la struttura della pasta a sfoglia di cipolla. Una mozzarella vecchia presenta la pasta molto compatta, gommosa, stopposa, e sono spariti quei fogli lamellari.

I FORMAGGI FUSI

Tra le lavorazioni del formaggio, quella della fusione è la tecnica che interessa maggiormente l’alimentazione dei bambini. I cosiddetti “formaggini” nascono dalla fusione di formaggi diversi, ai quali talvolta si aggiunge della crema, del burro o dell’altro latte o del siero, e, importante, si aggiungono polifosfati, molecole capaci di intrappolare l’acqua. I pezzi di formaggio scrostati sono mescolati e macinati e a questi viene aggiunta la miscela di polifosfati e citrati, che ha lo scopo di favorire l’assorbimento d’acqua, il rigonfiamento della pasta, la migliore emulsione dei grassi e soprattutto coadiuvare la fusione. La fusione avviene a 90° - 95°C per 15-20 minuti ad una acidità non eccessiva. Una volta raffreddato l’impasto, avviene la modellatura, il taglio in pezzi piccoli ed il confezionamento in modo sterile. Tale confezionamento può avvenire in piccoli spicchi o in cialdine, avvolti in carta stagnola. Anche i formaggi fusi presentano i loro difetti, come il sapore di cotto se la fusione è avvenuta a temperature troppo alte. La presenza di gusti particolari è dovuta ad eccessiva acidità , in tal caso il gusto è pungente, o al contrario, per scarsa acidità, il gusto è di sapone. Altri gusti sgradevoli possono essere causati da batteri, ed anche le muffe si possono sviluppare sulla superficie del formaggino. Se poi vi sono altri errori tecnologici, il prodotto può presentare fenomeni di cristallizzazione o depositi di sabbia, cioè citrato o fosfato di calcio.

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IL CONTROLLO PUBBLICO E L’AUTOCONTROLLO

NELLE AZIENDE DI TRASFORMAZIONE DEL LATTE

Come traspare dalla descrizione della filiera del latte, l'igienicità dei prodotti, delle strutture e delle procedure di lavorazione sta alla base della buona riuscita dei risultati. Il controllo di questi tre aspetti è, come detto, compito del settore pubblico, con la continua verifica dell’applicazione delle leggi da parte delle ditte, e compito delle ditte stesse, attraverso l’attenta osservazione di regole che loro stesse si sono imposte ( il cosiddetto autocontrollo ). Per quanto riguarda il primo di questi controlli, il decreto 54 del 1997 ha dato chiare linee guida su come vanno autorizzati gli stabilimenti dove si lavora latte e come questi vanno tenuti sotto vigilanza. Tutte le aziende sono state visitate e agli imprenditori sono stati impartiti degli ordini di esecuzione di modifiche delle strutture e delle procedure di lavorazione, senza le quali non avrebbero più potuto operare secondo i parametri della legge. Accanto ad opere murarie di più grande respiro, nel caso mancassero dei veri e propri locali in cui il processo deve avvenire, è stato principalmente richiesta una pulizia a fondo di ogni parte dello stabilimento, seguita da uno restauro di pavimenti, pareti, soffitti fatiscenti o inadeguati. Anche le porte e finestre sono state modificate, allestite con l’uso di accorgimenti necessari per bloccare l’accesso ad insetti nei locali. E’ stato anche chiesto di stabilire un sistema continuo ed efficace nella lotta ai roditori. Si è andati a verificare la salubrità dell’ acqua usata nelle lavorazioni e a garantirla nel tempo con l’effettuazione di campionamenti. Sono stati verificati l’idoneità igienica delle attrezzature ed il grado di correttezza igienica da parte degli operatori, nonché lo stato degli spogliatoi e dei servizi. Si sono verificati i sistemi di controllo e di registrazione delle temperature dei pastorizzatori e delle celle frigorifere, nonché l’igienicità della salamoia. Nell’insieme l’ambiente deve presentarsi luminoso, pulito, ordinato e ampio, e le attrezzature e i processi di lavorazione devono essere organizzati in modo da favorire snellezza, velocità e soprattutto assenza di incroci di produzione igienicamente pericolosi. Questi controlli iniziali in realtà continuano sempre e con la stessa metodicità, perché se manca il rispetto di qualcuna di queste prescrizioni, la ditta può correre il rischio di perdere il bollo di riconoscimento della C.E. e quindi non può più vendere il suo prodotto. Lo stesso bollo va applicato su tutti i prodotti dell’azienda, inchiostrato sulla crosta del formaggio oppure prestampato sull’etichetta, ed esso rappresenta una

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garanzia per il consumatore finale, nonché una necessità del produttore di identificare il suo prodotto una volta uscito dallo stabilimento. E’ chiaro che i controlli riguardano anche i prodotti, come descritto in precedenza. Ed i prodotti, il processo di produzione, gli ambienti e le attrezzature , sono oggetto di continua verifica anche da parte delle ditte stesse. Mediante l’uso di veri e propri manuali e la registrazione continua del risultato di queste verifiche, le ditte eseguono in proprio gli stessi controlli dell’organismo pubblico, questo non solo perché è un obbligo di legge, ma anche perché rappresenta un sistema utile a garantire una produzione apprezzata ed igienica e ad organizzare meglio i processi, rendendoli più efficaci e meno costosi. In conclusione, la grande opportunità che la natura ci ha dato per utilizzare e trasformare un prodotto già esistente come il latte, va rispettata e vigilata, con la scrupolosa osservazione delle garanzie che il settore pubblico e privato devono sempre fornire al consumatore, che da parte sua deve sostenere questo mondo del latte, con l’apprezzamento continuo, ma anche critico, della produzione e di coloro che s’impegnano in questo settore.