Eduardo De Filippo - Rizzoli...

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1 © 2011 RCS Libri S.p.A., Milano/La Nuova Italia – M. Sambugar, G. Salà - Letteratura+ sezione 3 Dagli anni Cinquanta ai giorni nostri Eduardo De Filippo La vita e le opere Eduardo De Filippo nacque a Napoli nel 1900 dalla relazione tra Eduardo Scarpetta – celebre autore e attore napoletano, noto soprattutto per Miseria e nobiltà – e Luisa De Filippo. Eduardo e i suoi fratelli, Peppino e Titina, presero il cogno- me della madre, poiché il padre, essendo sposa- to, non poteva riconoscere i figli nati al di fuori del matrimonio. I tre fratelli, tutti attori, diedero vita per lungo tempo alla compagnia “I De Filip- po”. Autore, attore e regista, Eduardo cominciò a calcare le scene fin da bambino, con la com- pagnia del padre; ma furono “I De Filippo” che, nel 1931, portarono al successo Natale in casa Cupiello, primo capolavoro di Eduardo. Del 1945 è Napoli milionaria!, dalla quale Eduardo trasse poi il film omonimo da lui diretto nel 1950; sem- pre nel 1945, in seguito all’abbandono della com- pagnia da parte di Peppino per incompatibilità di carattere con il fratello, Eduardo continuò a lavorare con Titina, la quale nel 1946 riscosse un enorme successo personale come protagonista di Filumena Marturano. Dello stesso anno è anche Questi fantasmi!, mentre del 1948 sono Le voci di dentro e La grande magia. Tra gli altri suoi ca- polavori ricordiamo De Pretore Vincenzo (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959), Il sindaco del rione Sanità (1961), Gli esami non finiscono mai (1974). Negli anni Settanta Eduardo ottenne la nomina a senatore a vita della Repubblica. Negli ultimi anni Eduardo si occupò concreta- mente di cause sociali e soprattutto dei ragazzi detenuti nel carcere minorile Filangeri di Napo- li. Eduardo si spense nel 1984. Filumena Marturano (1946) La trama Filumena Marturano è una ex prostituta che, da giovane, ha conosciuto Do- menico Soriano in una casa di tolleranza; tra i due, all’epoca, era nata una relazione che andava al di là dei brevi incontri. Domenico è un uomo ricco, che ha svariate attività e la passione per i cavalli da corsa; ha vissuto tutta la giovinez- za spensierato, viaggiando in Italia e all’estero, godendosi la bella vita. Affezionatosi a Filume- na – e forse anche amandola a modo suo – le ha affidato la gestione della sua casa e dei suoi affari, mentre lui si gode i frutti del benessere. Ora che Filumena ha quarantotto anni, Dome- nico, che ne ha cinquantadue, decide di sposare Diana, una ragazza di ventidue anni. Filumena, allora, inscena una farsa: si finge malata e ago- nizzante e, sul letto di morte, si fa sposare in ex- tremis da Domenico. Questi accetta per pietà ma poi, scoperto l’inganno di Filumena, si ribella al ricatto e ricorre a un avvocato per annullare il matrimonio estorto con la frode. Filumena, umiliata e trattata da donna meschina, confes- sa allora a Domenico il suo segreto: ha tre figli (Michele, Riccardo e Umberto) che ha sempre tenuto nascosti. La donna ha seguito la sorte dei ragazzi, affidati a famiglie diverse, inviando loro denaro e visitandoli in incognito; ora che i tre figli si sono fatti uomini, Filumena rivela loro di esserne la madre e a Domenico riserva un’ulte- riore sorpresa: uno dei figli è suo, ma lei non gli dirà quale dei tre. Dopo liti e conflitti, Domeni- co lascia la giovane amante e decide di sposare nuovamente Filumena, ma il tarlo del dubbio continua a roderlo e il desiderio di scoprire quale sia suo figlio non lo fa vivere sereno. Alla vigilia delle nozze i due hanno un ulteriore confronto, dopo il quale Domenico non avrà più esitazioni nello sposare Filumena. Dalla commedia sono stati tratti due film: Filumena Marturano (E. De Filippo, 1951) e Matrimonio all’italiana, interpre- tato da Marcello Mastroianni e Sophia Loren (V. De Sica, 1964).

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Il teatro della seconda metà del Novecento

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Eduardo De Filippo

La vita e le opere

Eduardo De Filippo nacque a Napoli nel 1900 dalla relazione tra Eduardo Scarpetta – celebre autore e attore napoletano, noto soprattutto per Miseria e nobiltà – e Luisa De Filippo. Eduardo e i suoi fratelli, Peppino e Titina, presero il cogno-me della madre, poiché il padre, essendo sposa-to, non poteva riconoscere i figli nati al di fuori del matrimonio. I tre fratelli, tutti attori, diedero vita per lungo tempo alla compagnia “I De Filip-po”. Autore, attore e regista, Eduardo cominciò a calcare le scene fin da bambino, con la com-pagnia del padre; ma furono “I De Filippo” che, nel 1931, portarono al successo Natale in casa Cupiello, primo capolavoro di Eduardo. Del 1945 è Napoli milionaria!, dalla quale Eduardo trasse poi il film omonimo da lui diretto nel 1950; sem-pre nel 1945, in seguito all’abbandono della com-

pagnia da parte di Peppino per incompatibilità di carattere con il fratello, Eduardo continuò a lavorare con Titina, la quale nel 1946 riscosse un enorme successo personale come protagonista di Filumena Marturano. Dello stesso anno è anche Questi fantasmi!, mentre del 1948 sono Le voci di dentro e La grande magia. Tra gli altri suoi ca-polavori ricordiamo De Pretore Vincenzo (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959), Il sindaco del rione Sanità (1961), Gli esami non finiscono mai (1974).Negli anni Settanta Eduardo ottenne la nomina a senatore a vita della Repubblica.Negli ultimi anni Eduardo si occupò concreta-mente di cause sociali e soprattutto dei ragazzi detenuti nel carcere minorile Filangeri di Napo-li. Eduardo si spense nel 1984.

Filumena Marturano (1946)

La trama Filumena Marturano è una ex prostituta che, da giovane, ha conosciuto Do-menico Soriano in una casa di tolleranza; tra i due, all’epoca, era nata una relazione che andava al di là dei brevi incontri. Domenico è un uomo ricco, che ha svariate attività e la passione per i cavalli da corsa; ha vissuto tutta la giovinez-za spensierato, viaggiando in Italia e all’estero, godendosi la bella vita. Affezionatosi a Filume-na – e forse anche amandola a modo suo – le ha affidato la gestione della sua casa e dei suoi affari, mentre lui si gode i frutti del benessere. Ora che Filumena ha quarantotto anni, Dome-nico, che ne ha cinquantadue, decide di sposare Diana, una ragazza di ventidue anni. Filumena, allora, inscena una farsa: si finge malata e ago-nizzante e, sul letto di morte, si fa sposare in ex-tremis da Domenico. Questi accetta per pietà ma poi, scoperto l’inganno di Filumena, si ribella al ricatto e ricorre a un avvocato per annullare il matrimonio estorto con la frode. Filumena,

umiliata e trattata da donna meschina, confes-sa allora a Domenico il suo segreto: ha tre figli (Michele, Riccardo e Umberto) che ha sempre tenuto nascosti. La donna ha seguito la sorte dei ragazzi, affidati a famiglie diverse, inviando loro denaro e visitandoli in incognito; ora che i tre figli si sono fatti uomini, Filumena rivela loro di esserne la madre e a Domenico riserva un’ulte-riore sorpresa: uno dei figli è suo, ma lei non gli dirà quale dei tre. Dopo liti e conflitti, Domeni-co lascia la giovane amante e decide di sposare nuovamente Filumena, ma il tarlo del dubbio continua a roderlo e il desiderio di scoprire quale sia suo figlio non lo fa vivere sereno. Alla vigilia delle nozze i due hanno un ulteriore confronto, dopo il quale Domenico non avrà più esitazioni nello sposare Filumena. Dalla commedia sono stati tratti due film: Filumena Marturano (E. De Filippo, 1951) e Matrimonio all’italiana, interpre-tato da Marcello Mastroianni e Sophia Loren (V. De Sica, 1964).

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Siamo nella parte finale della commedia. Filumena e Domenico stanno per sposarsi ma, prima della cerimonia, l’uomo tenta per l’ennesima volta di scoprire quale dei tre figli di Filumena sia il suo. Filumena, donna di carattere, non demorde: se Do-

menico insiste, rinuncia al matrimonio. All’inizio di questo atto, troviamo i due promessi sposi da soli; la donna è già vestita per la cerimonia e l’uo-mo la guarda ammirato.

’E figlie so’ ffigglie(filumena marturano, atto III)

CONTENUTI L’amore per i figli Il denaro e gli interessi economici motivi di discordia

* La commedia, come del resto quasi tutte le opere di Eduardo, è scritta in dialetto napoleta-no. Data la larga diffusione e comprensione del napoletano in tutto il resto d’Italia (dovuta alla vasta popolarità delle can-zoni napoletane e all’uso del vernacolo da parte di molti atto-ri, autori e cantanti), non si è ritenuto opportuno corredare il testo di una traduzione inte-grale. Per agevolare la lettura, riportia-

mo qui di seguito alcune carat-teristiche proprie del dialetto napoletano: 1) sono numero-sissime le apocopi e le elisio-ni, ovvero le omissioni di una lettera finale o iniziale (es: puo’ per puoi, he’ per hai, ’na per una); 2) in molte parole termi-nanti con vocale, viene aggiun-ta una “e” (es.: figlie per figli; viecchie per vecchi); 3) l’articolo determinativo “il” si trasforma in ’ll, con l’elisione della i e il raddoppiamento della “l”; 4)

in molte parole, molto simili a quelle italiane, viene raddoppia-ta una consonante (es.: comme per come).1. Si’ turnata… figliola: sei ringio-vanita, sei tornata un’altra volta giovane.2. te diciarrìa: ti direi.3. ’a capa: la testa.4. a n’ommo: a un uomo.5. stunata: “stonata”, cioè fra-stornata, fuori fase.6. stongo: sono.7. affidamento: per l’organizza-

zione della giornata, in cui si celebra il matrimonio.8. Lucia: la cameriera.9. Alfredo e Rosalia: Alfredo è un dipendente di Domenico, una sorta di uomo di fatica ma anche amico del suo titolare; Rosalia è una donna anziana che conosce Filumena fin da quando era piccola e le è sem-pre stata vicina.10. cagna’: cambiare.11. m’ ’a puo’ da’ tu sola: me la puoi dare solo tu.

La poetica di Eduardo Il teatro di Eduardo, ambientato nei quartieri popolari di Napoli, è tut-tavia depositario di significati universali: i suoi personaggi, ora passionali, ora malinconici, ora smarriti, sono caratterizzati da straordinaria vi-talità e struggente poesia. La drammaturgia di Eduardo, anche se imperniata sul mondo degli

umili, non ha implicazioni politiche, ma mira a rappresentare i sentimenti più essenziali e ge-nuini. Il suo è un teatro in cui l’amore, i conflitti generazionali, la tenerezza tra anziani coniugi, la maternità come forza primordiale si esprimono attraverso un linguaggio semplice e, allo stesso tempo, poetico.

domenico Comme staie bene Filume’… Si’ turnata n’ata vota figliola1… E si stesse tranquillo, sereno, te diciarrìa2 che tu puo’ fa ancora perdere ’a capa3 a n’ommo4.

filumena (vuole evitare, a tutti i costi, l’argomento che sta a cuore a Domenico e del quale ella ha intuito il tenore. Evade) Me pare ca nun manca niente. So’ stata accussì stunata5, ogge.

domenico Io invece nun stongo6 tranquillo e nun stongo sereno.filumena (fraintendendo ad arte) E che vuo’ sta’ tranquillo? Uno po’ fa’ affida-

mento7 sulo su Lucia8. Alfredo e Rosalia9 so’ duie viecchie…domenico (riprende il discorso iniziato) Nun cagna’10 discorso pecché tu staie

penzanno chello che sto penzanno io… (Continuando) E sta tranquillità, sta serenità, m’ ’a puo’ da’ tu sola11, Filume’…

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filumena Io?domenico Tu he’ visto c’aggio fatto chello ca vulive tu12. Dopo l’annullamento

del matrimonio te venette13 a chiamma’. E no una vota ma tante volte… pecché tu facive dicere ca nun ce stive14. So’ stato io, ca so’ venuto addu15 te e t’aggio ditto: «Filume’, spusàmmece16».

filumena E stasera ce spusammo.domenico E si’ felice?… Almeno, credo.filumena Comme no?domenico E allora m’ he’ a fa’ sta’ felice pure a me17. Asséttate18, stamme a senti’.

(Filumena siede). Si tu sapisse quanta vote, in questi ultimi mesi, ho cercato di parlarti e non ci sono riuscito. Ho tentato con tutte le mie forze di vincere questo senso di pudore e me n’è mancato il coraggio. Capisco, l’argomento è delicato e fa male a me stesso metterti di fronte all’imbarazzo delle rispo-ste; ma nuie ce avimm’ ’a spusa’19. Tra poco ci troveremo inginocchiati da-vanti a Dio, non come due giovani che ci si trovano per aver creduto amore un sentimento che poteva essere soddisfatto ed esaurito nel più semplice e naturale dei modi… Filume’, nuie ’a vita nosta ll’avimmo campata20… io tengo cinquantaduie anne passate e tu ne tiene quarantotto: due coscienze formate che hanno il dovere di comprendere con crudezza e fino in fondo il loro gesto e di affrontarlo, assumendone in pieno tutta la responsabilità. Tu saie pecché me spuse: ma io no. Io saccio21 sulamente che ti sposo pecché m’he’ ditto22 che uno ’e chilli tre è figlio a me23…

filumena Sulo24 pe’ chesto?domenico No… Pecché te voglio bene, simme state nzieme25 vinticinc’anne, e

vinticinc’anne rappresentano una vita: ricordi, nostalgie, vita in comune… l’ho capito da me che mi troverei sbandato… e po’, pecché ce credo: sono cose che si sentono, e io lo sento. Ti conosco bene e perciò te sto parlanno accussì. (Grave, accorato) Io ’a notte nun dormo. So’ diece mise26, ’a chella sera, te ricuorde?… che nun aggio truvato cchiù27 pace. Nun dormo, nun mangio, nun me spasso28… non campo! Tu non saie dint’ ’a stu core che tengo29… Na cosa ca me ferma ’o respiro30… Faccio accussì (come per respi-rare una boccata d’aria) e ’o respiro se ferma ccà31… (mostra la gola) e tu nun me può fa campa’32 accussì. Tu tiene core, si’ na femmena c’ha campato, che capisce e m’aviss’ ’a vule’ pure nu poco ’e bbene33. Nun me puo’ fa’ campa’ accussì! Te ricuorde quanno me diciste: «Nun giura’…» e io nun giuraie34. E, allora, Filume’, t’ ’a posso cerca’ l’elemosina… E t’ ’a cerco comme vuo’ tu: inginocchiato, baciànnote ’e mmane, ’a vesta35… Dimmelo, Filume’, dimme chi è figliemo36, ’a carne mia… ’o sango37 mio… E me l’he’ ’a dicere38, pe’ te stessa, pe’ nun da’ l’impressione che staie facenno nu ricatto… Io te sposo ’o stesso, t’ ’o giuro!

12. Tu he’… vulive tu: tu hai visto che ho fatto quello che volevi tu.13. venette: venni.14. pecché tu… stive: perché tu facevi dire che non c’eri, ti negavi.15. addu: da.16. spusàmmece: sposiamoci.17. E allora… a me: e allora devi fare felice anche me.18. Asséttate: siediti.19. ma nuie… spusa’: ma noi ci dobbiamo sposare.20. Filume’… campata: Filumena, noi la nostra vita l’abbiamo vis-

suta.21. saccio: so.22. m’he’ ditto: mi hai detto.23. uno ’e chilli… a me: uno di quei tre è mio figlio.24. Sulo: solo.25. simme state nzieme: siamo stati insieme.26. So’ diece mise: sono dieci mesi; Domenico allude alla sera in cui Filumena gli ha rivelato che è padre di uno dei suoi tre figli.27. nun… cchiù: non ho più tro-vato.

28. nun me spasso: non mi diverto.29. Tu non… tengo: tu non sai che cosa c’è dentro al mio cuore.30. Na cosa… respiro: che impe-disce il respiro.31. ccà: qua.32. campa’: vivere.33. e m’aviss’… bbene: e mi vuoi forse anche un po’ di bene.34. Te ricuorde… nun giuraie: durante una lite, Domenico stava per giurare che i figli di Filumena

non avrebbero mai messo piede in casa sua, ma Filumena gli aveva intimato di non giurare una cosa del genere; quindi gli aveva “predetto” che sarebbe stato lui a chiedere «l’elemosina» a lei, cioè a implorarle di dirle chi era suo figlio.35. baciànnote… ’a vesta: bacian-doti le mani, il vestito.36. figliemo: mio figlio.37. sango: sangue.38. E me… dicere: me lo devi dire.

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filumena (dopo una lunga pausa, durante la quale ha lungamente guardato il suo uomo) ’O vvuo’ sape’?39… E io t’ ’o ddico. A me basta che te dico: «Tuo figlio è chillu là». Allora tu che faie? Cercherai di portartelo sempre con te, pen-serai a dargli un avvenire migliore e, naturalmente, studierai tutti i modi per dare più danaro a lui che agli altri due…

domenico Be’?filumena (dolce, insinuante) E aiutalo allora: ha bisogno, tene quatto figlie40.domenico (con ansia interrogativa) L’operaio?filumena (assentendo) L’idraulico, comme dice Rosalia.domenico (a se stesso, man mano esaltandosi nei suoi ragionamenti) … Un buon

ragazzo… ben piantato… di buona salute. Perché si è ammogliato41 così presto? Con una piccola bottega che po’ guadagna’? … è un’arte anche quel-la. Con un capitale a disposizione po’ mettere una piccola officina con ope-rai, lui fa da padrone: un negozio di apparecchi idraulici moderni… (D’un tratto guarda Filumena con sospetto) Guarda, guarda… proprio ’o stagna-ro42… l’idraulico! E già, quello ammogliato, il più bisognoso…

filumena (fingendo disappunto) E na mamma ch’ha da fa’?… Deve cercare di aiutare il più debole… Ma tu nun l’he’ creduto… Tu, si’ furbo, tu… è Riccar-do, ’o commerciante.

domenico ’O camiciaio?filumena No, è Umberto, ’o scrittore.domenico (esasperato, violento) Ancora… ancora me vuo’ mettere cu ’e spalle

nfaccia ’o muro43? … Fino all’ultimo!filumena (commossa per il tono accorato e affranto con cui Domenico ha pro-

nunciato le sue parole, cerca di raccogliere tutti i suoi sentimenti più intimi per trarne, in sintesi, la formula di un discorso persuasivo, che finalmente dia all’uomo delle spiegazioni concrete e definitive) Siénteme buono, Dummi’, e po’ nun ce turnammo cchiù ncoppa44 (Con uno slancio d’amore da lungo tempo contenuto) T’aggio voluto bene cu tutt’e fforze d’ ’a vita mia!! All’uoc-chie mieie tu ire nu Dio45… e ancora te voglio bene, e forse meglio ’e prim-ma… (Considerando d’un tratto l’inavvedutezza e l’incomprensione di lui) Ah, c’he’ fatto, Dummi’!… ’E vuluto suffri’ afforza…46 ’O padreterno t’aveva dato tutto p’essere felice: salute, presenza, denaro… a me: a me, ca pe’ nun te da’ nu dulore, me sarrìa stata zitta, nun avarrìa parlato manco mpunt’ ’e mor-te47… e tu, tu sarrisse stato48 ll’ommo generoso c’aveva fatto bene a tre di-sgraziate… (Pausa). Nun m’addimanna’ cchiù pecché nun t’ ’o ddico49. Nun t’ ’o pozzo dicere… E tu devi essere galantuomo a non domandarmelo mai, pecché, p’ ’o bbene che te voglio, in un momento di debolezza, Dummi’50… e sarebbe la nostra rovina. Ma nun he’ visto che, non appena ti ho detto c’ ’o figlio tuio era l’idraulico, subito he’ cominciato a penza’ ai denari… ’o capitale… il grande negozio… Pecché tu ti preoccupi e giustamente, pecché tu dice: «’E denare so’ ’e mieie» E accumience a penza’51: «E pecché nun ce ’o ppozzo dicere ca songo ’o pate?»52 «E ll’ati duie chi songo?» «Che diritto tèneno?»53 L’inferno!… Tu capisci che l’interesse li metterebbe l’uno contro

39. ’O vvuo’ sape’?: lo vuoi sapere?40. tene quatto figlie: ha quattro figlie.41. si è ammogliato: si è sposato.42. stagnaro: sinonimo dialetta-le di “idraulico”.43. cu ’e spalle… ’o muro: con le spalle al muro; in senso metafo-

rico significa ridurre una perso-na all’impotenza, senza possibi-lità di scelta.44. Siénteme buono… ncoppa: ascoltami bene, Domenico, e poi non ci torniamo più sopra (non ne parliamo più).45. All’uocchie mieie… Dio: ai miei occhi tu eri un Dio.

46. ’E vuluto… afforza: hai volu-to soffrire per forza.47. ca pe’… morte: che per non darti un dolore sarei stata zitta, non avrei parlato neanche in punto di morte.48. sarrisse stato: sarebbe stato.49. Nun m’adimmanna’… ddico: non mi domandare più

perché non te lo dico.50. Dummi’: Domenico.51. accumience a penza’: comin-ci a pensare.52. «E pecché… ’o pate?»: e comin-ci a pensare «perché non posso dirglielo che sono il padre?».53. «E ll’ati… tèneno?»: e gli altri due chi sono? Che diritto hanno?

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l’altro… Sono tre uomini, nun so’ tre guagliune54. Sarrìano capace ’e s’ac-cìdere fra di loro55… Nun penza’ a te, nun penza’ a mme… pienz’ a loro. Dummì, ’o bello d’ ’e figlie l’avimmo perduto!56… ’E figlie so chille che se teneno mbraccia, quanno so’ piccerille, ca te dànno preoccupazione quan-no stanno malate e nun te sanno dicere che se sènteno57… Che te corrono incontro cu ’e braccelle58 aperte, dicenno: «Papà!»… Chille ca ’e vvide ’e veni’ d’ ’a scola cu e manelle fredde e ’o nasillo russo59 e te cercano ’a bella cosa60… Ma quanno so’ gruosse, quanno song’uommene61, o so’ figlie tutte quante, o so’ nemice… Tu si’ ancora a tiempo. Male nun te ne voglio… La-sciammo sta’ e ccose comme stanno, e ognuno va p’ ’a strada soia62!

Internamente si udranno i primi accordi di prova di un organo.[…]A matrimonio finito.

filumena (seguita da Umberto, Michele e Rosalia entra dallo studio difilato, va verso sinistra) Che stanchezza, Madonna!

michele E mo’ v’arrepusate63. Ce ne iammo pure nuie. Dimane tengo ’a puteca64.rosalia (con una guantiera contenente dei bicchieri vuoti, verso Filumena) Au-

gurî, augurî, augurî… Che bella funzione! Cient’anne he’ ’a campa’, figlia mia, ca figlia me puo’ essere65!

riccardo (dallo “studio”) È stata proprio na bella funzione.filumena (a Rosalia) Rusali’, nu bicchiere d’acqua.rosalia (marcando) Subito, signora… (Esce dal fondo)domenico (dallo studio, recando una bottiglia di vino “speciale” con il tappo co-

sparso di ceralacca) Niente invitati, niente banchetto, ma na butteglia in famiglia, ce l’avimm’ ’a vévere66… (Prende il cavatappi sul mobile di fondo) Questo ci accompagnerà a dormire (Stappa la bottiglia).

rosalia (ritorna con un bicchiere d’acqua in un piatto, all’uso napoletano) Ecco l’acqua.

domenico C’avimm’ ’a fa’ cu ll’acqua67?rosalia (come per dire: “Me l’ha chiesto donna Filumena”) ’A signora.domenico Dincello68, ’a signora, che, di questa serata, l’acqua è malaugurio. E

chiamma pure a Lucia… Mo’ me scurdavo… chiama pure Alfredo Amoro-so: montatore e guidatore nonché conoscitore di cavalli da corsa.

rosalia (chiama verso il fondo a destra) Alfre’… Alfre’, viene, viénete a bere nu bicchiere ’e vino cu ’o signore… Luci’69, viene tu pure.

alfredo (dal fondo, seguito da Lucia) Eccomi prisento70.

54. guagliune: bambini.55. Sarrìano… di loro: sarebbero capaci di uccidersi tra di loro.56. ’o bello… perduto!: il bello dei figli ormai lo abbiamo perso!57. ’E figlie so… se sènteno!: i figli sono quelli che si tengono in braccio, quando sono picco-li, che ti danno preoccupazio-ne quando sono malati e non sanno dirti che cosa si sentono!58. braccelle: le piccole braccia. 59. Chille… russo: quelli che vedi venire da scuola con le manine fredde e il nasino rosso.60. ’a bella cosa: modo di dire

napoletano che sta a significa-re una cosa qualsiasi, anche modesta, che possa far conten-ti i bambini, per esempio una caramella, un giochino, ecc.61. quanno so’… uommene: quando sono grandi, quando sono adulti.62. Lasciammo… strada soia: lasciamo stare le cose come stanno, e ognuno va per la sua («soia») strada; con queste parole Filumena intende dire a Domenico che è disposta a rinunciare al matrimonio, se lui insiste nel voler sapere quale dei

tre ragazzi è figlio suo.63. E mo’ v’arrepusate: e adesso vi riposate. L’uso della seconda persona plurale va letto come equivalente all’uso della secon-da singolare, secondo l’abitu-dine del napoletano antico (e anche dell’italiano ottocente-sco) per cui, al posto del “Lei” nel rivolgersi a estranei o a superiori nella scala gerarchica si usava il “Voi”. L’abitudine era in uso, agli inizi del Novecento, anche tra genitori e figli: questi ultimi, indipendentemente dal livello socioculturale, si rivolge-

vano ai genitori usando il “Voi” (es.: “Voi, mamma…”).64. ’a puteca: la bottega, il nego-zio.65. Cient’anne… essere: devi vivere cento anni, figlia mia, che potresti essere mia figlia (data l’età che ci divide). Equivalente di “cento di questi giorni”.66. vévere: bere.67. C’avimm’ ’a… acqua?: che dobbiamo fare con l’acqua?68. Dincello: dite, riferite a.69. Luci’: Lucia.70. prisento: presente.

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domenico (ha riempito i bicchieri ed ora li distribuisce) Teh, Filume’, vive71. (Agli altri) Bevete.

alfredo (trincando) ’A salute!domenico (guarda il suo fedele con tenerezza e nostalgia) Te ricuorde, Alfre’,

quanno ’e cavalle nuoste currevano?alfredo Perdio!domenico Se so’ fermate… Se fermaieno72 tantu tiempo fa. E io nun ’o vvulevo

credere, e dint’ ’a fantasia mia ’e vvedevo sempe ’e correre. Ma, mo’, aggiu capito ca s’erano fermate già ’a nu sacco ’e tiempo! (Mostra i giovanotti) Mo’ hann’ ’a correre lloro! Hann’ ’a correre sti cavalle ccà, ca so’ ggiùvene, so’ pullidre ’e sango!73 Che figura faciarrìamo74 si vuléssemo fa’ correre ancora ’e cavalle nuoste? Ce faciarrìamo ridere nfaccia, Alfre’!

alfredo Perdio!domenico Bive75, Alfre’… (Tutti bevono). ’E figlie so’ ffiglie76! E so’ pruvvidenza77.

E sempre, sempre… quando, in una famiglia, ce ne sono tre o quattro, sem-pre succede che il padre ha un occhio particolare, che so io, un riguardo speciale per uno dei quattro. O pecché è cchiù brutto, o pecché è malato, o pecché è cchiuù prepotente, cchiù capuzziello78… E gli altri figli non se l’hanno a male… lo trovano giusto. È quasi un diritto del padre. Fra noi questo non ha potuto accadere, perché la nostra famiglia si è riunita troppo tardi. Forse è meglio. Vuol dire che quel bene che io avrei avuto il diritto di volere ad uno dei miei figli… lo divido fra tutti e tre. (Beve) ’A salute! (Filu-mena non risponde. Ha preso, dal seno, un mazzolino di fiori d’arancio e, di tanto in tanto, ne aspira il profumo. Domenico si volge ai tre giovani, bonario) Guagliu’, dimane ve ne venite a mangia’ ccà.

i tre Grazie.riccardo (avvicinandosi verso la madre) Ora vi lasciamo perché è tardi e mam-

mà se vo’ arrepusa’79. Stàteve bbona, mamma’. (La bacia) Auguri e ce vedim-mo dimane.

umberto (imitando il fratello) Stàteve bbona.michele Buonasera ed auguri…umberto (avvicinandosi a Domenico e sorridendogli teneramente) Buonanot-

te, papà…riccardo e michele (salutano insieme) Papà, buonanotte.domenico (guarda i tre giovanotti con riconoscenza. Pausa) Dateme nu bacio! (I

tre, l’uno dopo l’altro, baciano con effusione Domenico) Ce vedimmo dimane.i tre (uscendo seguiti da Alfredo, Rosalia e Lucia) A domani.

Domenico li ha seguiti con lo sguardo, assorto nelle sue riflessioni sentimenta-li. Ora si avvicina al tavolo e si versa ancora da bere.

filumena (si è seduta sulla poltrona e si è tolta le scarpe) Madonna, ma che stan-chezza! Tutta mo’ m’ ’a sento!80

71. vive: viva, come si dice nei brindisi; equivalente di “salute” o “prosit”.72. Se fermaieno: si fermarono.73. Hann’ ’a correre… sango: devono correre questi caval-li che sono giovani, che sono puledri purosangue. Qui Domenico si esprime con una metafora in cui, con i caval-li, allude alla virilità impetuosa

della giovinezza: si è sempre sentito giovane e ha tentato di rinnovare la sua giovinezza attraverso il rapporto con una donna giovane, Diana; ma ora che si sente responsabilizzato dal suo ruolo di padre, “cede il passo” ai puledri, cioè ai figli.74. faciarrìamo: faremmo.75. Bive: bevi.76. ’E figlie so’ ffiglie: sono le

stesse parole che Filumena ha sentito mentre pregava la Madonna affinché la consiglias-se sulla sua situazione di donna nubile e incinta. 77. pruvvidenza: una grazia, un dono.78. capuzziello: termine napo-letano intraducibile, che com-prende diversi significati; lette-ralmente “uno che ha testa”,

ovvero intelligente in senso generale, ma con connotati di testardaggine o indipendenza o, ancora, originalità.79. mammà… arrepusa’: la mamma si vuole riposare.80. Tutta… sento: la sento tutta adesso, come se arrivasse all’improvviso.

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domenico (con affetto comprensivo) Tutta la giornata in movimento… poi l’emozione… tutti i preparativi di questi ultimi giorni… ma mo’ statte tran-quilla e ripòsati. (Prende il bicchiere e avvicinandosi al terrazzo) è pure na bella serata! (Filumena avverte qualche cosa alla gola che la fa gemere. Emet-te dei suoni quasi simili a un lamento. Infatti fissa lo sguardo nel vuoto come in attesa di un evento. Il volto le si riga di lacrime come acqua pura sulla ghia-ia pulita e levigata. Domenico preoccupato le si avvicina) Filume’, ch’è stato?

filumena (felice) Dummi’, sto chiagnendo81… Quant’è bello a chiàgnere82…domenico (stringendola teneramente a sé) È niente… È niente. He’ curruto83…

he’ curruto… te si’ missa appaura… si’ caduta… te si’ alzata… te si’ arranfe-cata84… He’ pensato, e’ ’o ppenza’ stanca85… Mo’ nun he’ a correre cchiù… Ripòsate!… (Ritorna al tavolo per bere, ancora, un sorso di vino) ’E figlie so’ ffiglie… E so’ tutte eguale… Hai ragione, Filume’, hai ragione tu!… (E tra-canna il suo vino, mentre cala la tela).

da I capolavori di Eduardo, Torino, Einuadi, 1973

81. chiagnendo: piangendo.82. Quant’è bello a chiàgnere: Filumena, in precedenza, si era vantata di non avere mai

pianto in vita sua, nonostante le sue tribolazioni; ora, che può dar sfogo alle emozio-ni, scopre la liberazione delle

lacrime, che sono adesso di gioia.83. He’ curruto: hai corso.84. arranfecata: arrampicata.

85. e’ ’o ppenza’ stanca: e pen-sare stanca.

  Nella scena finale appare evidente il carattere dei personaggi, già tratteggiato nel corso della commedia: gli sposi sono entrambi persone orgogliose, testarde. Ma Domenico, che finalmente sta per sposare Filu-mena, è costretto a rinunciare a sapere quale dei tre sia suo figlio, mentre la donna, che per tanti anni si è sentita in balìa di Domenico, assapora la sua rivincita. Tuttavia non è solo il desiderio di rivalsa ad animare Fi-lumena: come madre ama i suoi figli allo stesso modo e comprende che, se rivelasse il suo segreto, creerebbe tra loro una disparità, un conflitto. È disposta, quindi, a rinunciare all’uomo che ama da venticinque anni pur di preservare l’armonia tra i figli. Le ansie e il cruccio di Domenico finiscono con il dissolversi di fronte ai tre giovani che spontaneamente lo chiamano papà.Commosso e toccato da quella parola che nessuno gli aveva mai rivolto, Domenico comprende come, oramai, quei ragazzi siano davvero tutti e tre figli suoi. Non li ha visti crescere, non li ha seguiti nella loro infanzia; come sostiene Filumena entrambi hanno perso il me-glio della paternità e della maternità, quindi a che serve “sapere”? I figli sono figli e sono tutti uguali, dunque, dice Domenico, Filumena ha ragione.

La donna finalmente piange. E in questo finale sta la chiave per comprendere a fondo il personaggio di Filu-mena. Sentiamo che cosa dice in proposito Luciana Li-bero: «Filumena è una donna che non piange: «Ll’uoc-chie mieie so’ asciutte comm’a l’esca», dice. Piange

solo alla fine dell’opera quando, vinta la sua faticosis-sima battaglia, «felice» singhiozza: «Dummi’, sto chia-gnendo… Quant’è bello a chiàgnere», e – aggiunge l’au-tore – «il volto si riga di lacrime come acqua pura sulla ghiaia pulita e levigata». […] Eduardo scrive Filumena Marturano nel 1946, per due ragioni fondamentali: ave-re un testo pronto per sostituire un eventuale insucces-so di Questi fantasmi; e accontentare la sorella Titina la quale lamentava che le commedie erano sempre scritte intorno ad una centrale figura di protagonista maschi-le. La storia inoltre gli era stata ispirata da un fatto di cronaca, la vicenda di una donna che per farsi sposare si era finta moribonda. […] Filumena chiede, e ottiene, si fa le sue ragioni, invoca le sue leggi, visto che la sua unica legge «è che nun sape chiagnere»; fino all’ultima magistrale mossa, l’abbandono della casa, non prima di aver insinuato nell’animo di Domenico un angoscioso dubbio: «uno di questi tre è figlio a te». […] Filumena non dice, tace e vince; così la diavola, serpa e strega gli fa riconoscere tre figli e i cavalli di don Mimì si ferma-no definitivamente. […] Il personaggio Filumena scivo-la dal carattere tematico alla sua natura squisitamente “formale” e ci appare come un travestimento dell’«io epico» dell’autore, ne è la sua proiezione, la sua stes-sa ossessione: in altre parole Filumena è Eduardo. […] Dietro il volto di Filumena; dietro il calcolo sviluppato sapientemente passo per passo; dietro il personaggio cucito addosso a Titina si svela il volto nascosto di una delle più potenti macchine teatrali costruite da Eduardo. E l’asciutto iniziale e l’umido finale convergono in un’al-legoria della mutazione. […] Esaurito il suo compito,

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COMPRENSIONE

Il riassunto

1.  ��Riassumi in 6 righe il contenuto del testo.

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I figli di Filumena

2.  ��Perché Filumena non vuol rivelare a Domenico qual è il figlio che ha avuto da lui?

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3.  ��Perché Domenico alla fine accetta di non sapere quale dei tre è suo figlio?

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Le figure retoriche

4.  ��A cosa si riferisce Domenico quando chiede ad Alfredo: «Te ricuorde, Alfre’, quanno ’e cavalle nuoste currevano?» (rr. 135-136). Spiega il significato della metafora che prosegue nel dialogo tra Domenico e Alfredo.

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisi�di�un�testo�teatrale

realizzato il suo disegno, il “corpo corazzato” raziona-le e virile costruito dall’autore, specchio e riflesso di se stesso, si frantuma, va in pezzi; si compie il “miracolo del nome del padre”, la serpe è schiacciata, la diavola, la strega si muta in madonna piangente. Solo allora salta fuori l’io femminile, l’«acqua pura sulla ghiaia pulita e levigata» e, come, in un’apparizione, sgorgano le calde lacrime di Filumena Marturano.» (L. Libero, Le lacrime di Filumena, Napoli, Guida Edito-re, 2000)

In questa commedia Eduardo dimostra la sua stra-ordinaria sensibilità, attenta alle sfumature e alla psico-logia dei personaggi, vicina a coloro che soffrono e che

sono vittime delle convenzioni sociali e del pregiudizio. Anche Domenico ne è stato per lungo tempo succube e ha trattato Filumena non alla stregua di una compagna, ma come una donna che, pur amata, non era degna di diventare sua moglie, essendo una ex prostituta. Attra-verso Filumena, Domenico matura e comprende anche se stesso: nel finale, parlando con Alfredo, usa la meta-fora dei cavalli, evidente simbolo della virilità; forse la sbandata per la ragazza di ventidue anni era stata un tentativo per sentirsi ancora giovane, ma ora che sa di essere padre, che sente le responsabilità di questo ruo-lo, cede il passo ai figli e capisce che sono quelli i cavalli che devono fare la loro corsa.

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Guida allo studio e alla scrittura

Esaminare i personaggi

5.  ���Fa’ un ritratto di Filumena delineandone le caratteristiche fisiche e psicologiche che puoi ricavare dal testo letto (sia dalle battute dialogiche sia dalle didascalie). Procedi così:• costruisci una tabella con due colonne;• nella prima inserisci le caratteristiche fisiche (per esempio, il fascino);• nella seconda quelle psicologiche (per esempio, la fermezza di carattere).

Alla fine, in base alle caratteristiche evidenziate, tratteggia la figura della donna.

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6.  ��Quale significato ha, nella storia del personaggio, il pianto liberatorio a cui Filumena si abbandona nell’ultima scena?

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Il commento

7.  ��Alla luce del brano che hai letto, prova a spiegare perché il teatro di Eduardo, pur profondamente ancorato a una realtà regionale, ha carattere di universalità. Scrivi sull’argomento un commento al testo.

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Guida allo studio e alla scritturaAPPROFONDIMENTO

Esaminare un testo critico8.  ��Leggi le osservazioni della studiosa Luciana Libero su Filumena Marturano riportate nell’analisi e rispondi alle doman-

de seguenti.• Per quali motivi Eduardo scrisse Filumena Marturano? • Quale fatto di cronaca è alla base della commedia?• Quale significato viene attribuito alle lacrime di Filumena? • A che proposito la Libero parla di «allegoria della mutazione»?• Quale metafora rappresenta l’«io femminile»?

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