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Vol. 3, n. 5 Settembre - Ottobre 2010 www.gimbenews.it 49 Pillole di Metodologia della Ricerca Trial contollato randomizzato: un disegno, numerose varianti Guida all’articolato linguaggio dei trial (I) Pillole di Governo Clinico Modificare la pratica professionale? Yes... we can Prove di efficacia e zone grigie della Implementation Science (I) Progetti Aziendali Valutare l’appropriatezza dei test di funzionalità tiroidea Il progetto TSH reflex del Laboratorio Unico di Area Vasta Emilia Romagna Letti per voi Glossario Appuntamenti 51 53 55 58 59 60 IN QUESTO NUMERO EDITORIALE Quali strategie utilizzano i medici per aggiornarsi? L’arguzia di Richard Smith colpisce ancora! «Quando arriverò in Paradiso chiederò a Dio: Riuscire- mo mai a risolvere il problema del sovraccarico di infor- mazioni scientifiche? Sicuramente! - sarà la sua risposta - Ma non durante il corso della mia vita!» Con queste parole Richard Smith chiude un editoriale del numero natalizio del BMJ, a commento dell’articolo “On the impossibility of being expert”, dove Fraser e Dunstan dimostrano che, anche in una ristretta area specialistica, è impossibile stare al passo con la letteratura pubblicata: un “esperto” in imaging cardiologica dovrebbe leggere 40 articoli/die per 5 giorni la settimana! Già 20 anni fa David Sackett - padre spirituale dell’Evi- dence-based Medicine - aveva stimato che per conoscere tutta la letteratura relativa alla medicina interna era ne- cessario leggere 17 articoli al giorno per 365 giorni l’anno. Ma ha senso leggere tutto? Archie Cochrane negli anni ‘70 invocava la necessità di revisioni sistematiche periodica- mente aggiornate sull’efficacia degli interventi sanitari. Successivamente, Brian Haynes dimostrava che meno del 1% degli studi pubblicati dalle riviste biomediche raggiun- ge standard scientifici rigorosi. Purtroppo, quasi venti anni dopo la nascita della Cochrane Collaboration, siamo di fronte a quello che Muir Gray ha definito il “paradosso dell’informazione”: se da un lato siamo travolti da nuove informazioni dall’altro esistono numerosissimi quesiti cli- nici senza risposta! A metà degli anni ‘90, lo stesso Richard Smith, a segui- to di una revisione sul bisogno d’informazione dei medici, aveva tentato di identificare quali caratteristiche dovrebbe avere una “macchina” in grado di rispondere a tutti i que- siti che nascono dalla pratica clinica con le migliori evi- denze scientifiche. Questa “macchina” dovrebbe essere: • elettronica; • integrata nel sistema informativo utilizzato dai medici e connesso con la cartella clinica; • capace di rispondere a domande molto complesse; • collegata a numerosi database; • veloce (risposta al massimo in 5 secondi); • di semplice utilizzo; • portatile; • in grado di fornire utili suggerimenti ai professionisti senza umiliarli; • capace di fornire evidenze applicabili al paziente individuale; • capace di fornire informazioni anche ai pazienti; • in grado di offrire supporto psicologico. Anche se nel 2011 molte delle caratteristiche elencate nel box identificano i nuovi tablet computer (iPad e similari), nessuna tecnologia potrebbe mai offrire al medico alcu- ne dei requisiti desiderati da Smith. In particolare, non sarebbe in grado di fornire dati individuali dei pazien- ti perchè le evidenze derivano sempre da popolazioni, nè potrebbe mai offrire un supporto psicologico. Infine, difficilmente i medici, per timore di perdere credibilità e leadership sarebbero disposti a utilizzarla: ad esempio, nonostante De Dombal abbia dimostrato che un software è più accurato dei medici nella diagnosi di dolore addomi- nale acuto, le sue strategie non sono mai state adottate dai professionisti. Anche se - come enfatizzato dal botta e risposta finale con Dio - il problema dell’information overload difficil- mente potrà essere risolto, con l’arguzia che lo contrad- distingue da decenni, Richard Smith delinea cinque stra- tegie di aggiornamento professionale in cui dovrebbero riconoscersi altrettante categorie di medici e, in maniera più estensiva, di professionisti sanitari. Nei prossimi mesi GIMBE lancerà una survey nazionale per “sondare” dove si riconoscono i professionisti italiani.

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Vol. 3, n. 5Settembre - Ottobre 2010

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In questo numero

Pillole di Metodologia della RicercaTrial contollato randomizzato: un disegno, numerose variantiGuida all’articolato linguaggio dei trial (I)

Pillole di Governo ClinicoModificare la pratica professionale? Yes... we canProve di efficacia e zone grigie della Implementation Science (I)

Progetti AziendaliValutare l’appropriatezza dei test di funzionalità tiroideaIl progetto TSH reflex del Laboratorio Unico di Area Vasta Emilia Romagna

Letti per voi

Glossario

Appuntamenti

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53

55

58

59

60

IN QUESTO NUMERO

EDITORIALE

Quali strategie utilizzano i medici per aggiornarsi?L’arguzia di Richard Smith colpisce ancora!

«Quando arriverò in Paradiso chiederò a Dio: Riuscire-mo mai a risolvere il problema del sovraccarico di infor-mazioni scientifiche? Sicuramente! - sarà la sua risposta - Ma non durante il corso della mia vita!»

Con queste parole Richard Smith chiude un editoriale del numero natalizio del BMJ, a commento dell’articolo “On the impossibility of being expert”, dove Fraser e Dunstan dimostrano che, anche in una ristretta area specialistica, è impossibile stare al passo con la letteratura pubblicata: un “esperto” in imaging cardiologica dovrebbe leggere 40 articoli/die per 5 giorni la settimana!

Già 20 anni fa David Sackett - padre spirituale dell’Evi-dence-based Medicine - aveva stimato che per conoscere tutta la letteratura relativa alla medicina interna era ne-cessario leggere 17 articoli al giorno per 365 giorni l’anno. Ma ha senso leggere tutto? Archie Cochrane negli anni ‘70 invocava la necessità di revisioni sistematiche periodica-mente aggiornate sull’efficacia degli interventi sanitari. Successivamente, Brian Haynes dimostrava che meno del 1% degli studi pubblicati dalle riviste biomediche raggiun-ge standard scientifici rigorosi. Purtroppo, quasi venti anni dopo la nascita della Cochrane Collaboration, siamo di fronte a quello che Muir Gray ha definito il “paradosso dell’informazione”: se da un lato siamo travolti da nuove informazioni dall’altro esistono numerosissimi quesiti cli-nici senza risposta!

A metà degli anni ‘90, lo stesso Richard Smith, a segui-to di una revisione sul bisogno d’informazione dei medici, aveva tentato di identificare quali caratteristiche dovrebbe avere una “macchina” in grado di rispondere a tutti i que-siti che nascono dalla pratica clinica con le migliori evi-denze scientifiche. Questa “macchina” dovrebbe essere: • elettronica;• integrata nel sistema informativo utilizzato dai medici e connesso con la cartella clinica;• capace di rispondere a domande molto complesse;• collegata a numerosi database;• veloce (risposta al massimo in 5 secondi);• di semplice utilizzo;• portatile;• in grado di fornire utili suggerimenti ai professionisti senza umiliarli;• capace di fornire evidenze applicabili al paziente individuale;• capace di fornire informazioni anche ai pazienti;• in grado di offrire supporto psicologico.

Anche se nel 2011 molte delle caratteristiche elencate nel box identificano i nuovi tablet computer (iPad e similari), nessuna tecnologia potrebbe mai offrire al medico alcu-ne dei requisiti desiderati da Smith. In particolare, non sarebbe in grado di fornire dati individuali dei pazien-ti perchè le evidenze derivano sempre da popolazioni, nè potrebbe mai offrire un supporto psicologico. Infine, difficilmente i medici, per timore di perdere credibilità e leadership sarebbero disposti a utilizzarla: ad esempio, nonostante De Dombal abbia dimostrato che un software è più accurato dei medici nella diagnosi di dolore addomi-nale acuto, le sue strategie non sono mai state adottate dai professionisti.

Anche se - come enfatizzato dal botta e risposta finale con Dio - il problema dell’information overload difficil-mente potrà essere risolto, con l’arguzia che lo contrad-distingue da decenni, Richard Smith delinea cinque stra-tegie di aggiornamento professionale in cui dovrebbero riconoscersi altrettante categorie di medici e, in maniera più estensiva, di professionisti sanitari.

Nei prossimi mesi GIMBE lancerà una survey nazionale per “sondare” dove si riconoscono i professionisti italiani.

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La strategia dello struzzo. Sackett la definiva “strate-gia abdicativa”: i medici, molto semplicemente, ignorano il “torrente in piena” delle nuove evidenze scientifiche. Secondo lo stesso Sackett buona parte dei medici delle vecchie generazioni adotta questa (non) strategia.La strategia del piccione. Verosimilmente è la strate-gia più comune: si va in giro con i propri simili a racco-gliere “bocconcini” d’informazioni scientifiche. Il medico partecipa a congressi, convegni e conferenze, aderisce (o ritiene di farlo) ad alcune linee guida, si affida agli infor-matori scientifici del farmaco per discutere dei nuovi trat-tamenti; di fronte a quesiti clinici complessi generalmente consulta un collega esperto, ancora oggi la fonte di aggior-namento più utilizzata. Occasionalmente sfoglia le riviste biomediche, ma impara più dai media: oggi, infatti, la cosa più imbarazzante (percepita ma non sempre dichiarata) per i professionisti è apprendere innovazioni diagnostico-terapeutiche dai pazienti attraverso ritagli di giornale, stampe di pagine web, storie raccontate in televisione.La strategia del gufo. E’ quella proposta dall’Evidence-based Practice (EBP), ma rimane la meno utilizzata. Il medico identifica i propri gap di conoscenza che originano dalla consultazione con il paziente, ricerca sistematica-mente le migliori evidenze disponibili, ne valuta critica-mente validità interna, rilevanza clinica e applicabilità e le integra nelle proprie decisioni cliniche, tenendo conto della propria esperienza e delle preferenze e aspettative del paziente. Purtroppo, quasi nessun medico ha il tempo per poter applicare l’EBP step-by-step e solo pochi hanno adeguate attitudini e competenze.La strategia della taccola. I medici integrano la stra-tegia del piccione con la regolare consultazione di fonti secondarie: Cochrane Library, Clinical Evidence, linee guida, altre risorse evidence-based. Sfortunatamente, oltre al fatto che queste fonti presentano numerose aree grigie, le evidenze disponibili non sempre sono applicabili ai pazienti complessi (comorbidità, polifarmacia), gene-ralmente esclusi dai trial, ma che oggi rappresentano la maggior parte nell’assistenza reale.La strategia disumana. John Fox - già direttore dell’Advanced Computing Laboratory - ha affermato che la pratica clinica è un’attività disumana ed è assurdo che i professionisti non vengano supportati da “macchine”. Considerato il volume di informazioni prodotte, i singoli professionisti non hanno alcuna possibilità di rimanere costantemente aggiornati, ma team di esperti possono ricercare-selezionare-sintetizzare le migliori evidenze scientifiche alimentando “macchine” ad hoc. La più nota è UptoDate che oggi conta oltre 400.000 utenti, ma anche BMJ Point of Care, Map of Medicine e altri ancora.

La sagace originalità espressiva di Richard Smith im-pone alcune riflessioni sulle difficoltà di aggiornamento dei professionisti sanitari e sull’efficacia delle strategie di formazione e sviluppo professionale continui.

• Il sovraccarico di informazioni che ostacola l’aggiorna-mento professionale cresce proporzionalmente al dimi-nuire del rapporto segnale-rumore: in altre parole troppe pubblicazioni, poche evidenze! E’ fondamentale che tutti i professionisti sanitari prendano coscienza che oggi meno del 5% delle pubblicazioni scientifiche costituiscono evi-denze valide e clinicamente rilevanti. • La scrupolosa analisi dell’oggetto evidence ha progres-sivamente identificato numerose problematiche connesse con la loro produzione: limitata qualità della ricerca, bias di commissionamento, bias di pubblicazione, duplica-zione della ricerca, disease mongering, aree grigie, frodi scientifiche, conflitti d’interesse, etc. Queste problemati-che, variamente combinate, contribuiscono a concepire una elevatissima percentuale di pubblicazioni pro-ricer-catori, pro-riviste, pro-sponsor, ma assolutamente inutili per l’aggiornamento professionale e per la salute pubblica.• La ricerca sull’apprendimento degli adulti - sostenuta da teorie di psicologia cognitiva - dimostra che, rispetto allo studio non finalizzato, le conoscenze acquisite ricer-cando soluzioni a problemi reali si integrano in maniera definitiva nei processi cognitivi per cui l’informazione si trasforma in conoscenza.• Lo stimolo principale alla ricerca di conoscenze per i professionisti sanitari è rappresentato dai quesiti clinico-assistenziali. Di conseguenza, l’EBP è la metodologia ot-timale per integrare pratica professionale e formazione permanente, alimentando continuamente il processo di lifelong and self-directed learning. Purtroppo in Italia - a parte isolate eccezioni - la formazione universitaria e spe-cialistica non permette alle future generazioni di profes-sionisti sanitari nè di sviluppare l’attitudine a formulare quesiti clinico-assistenziali, nè fornisce loro gli strumen-ti per ricercare, valutare criticamente e applicare le evi-denze al paziente individuale. Se la formazione continua permette, successivamente, di “recuperare” gli strumenti tecnici e metodologici dell’EBP, la formazione universita-ria rimane una lost opportunity rispetto all’attitudine a formulare quesiti, a identificare i propri gap di conoscenza e ad autogestire il proprio aggiornamento.

Considerato che il sovraccarico d’informazioni non ha alcuna soluzione, suggerirei la strategia della gazza la-dra: i professionisti sanitari, accettando serenamente che è impossibile e inutile conoscere tutto, devono ricercare le informazioni in maniera “opportunistica”, guidati dai gap di conoscenza identificati nell’incontro con il paziente, al fine di integrare nelle decisioni cliniche le migliori evidenze di-sponibili.

Se partiamo per un lungo viaggio in macchina esistono centinaia di percorsi stradali alternativi, eppure scegliamo sempre quello più adatto alle nostre esigenze.

E lo abbiamo fatto anche... in era pre-Tom Tom!

Nino CartabellottaDirettore Scientifico GIMBE

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Classificazione dei trial clinici in relazione a:

1. Obiettivi1.1. Explanatory (efficacy) vs pragmatic (effectiveness)1.2. Trial di fase I, II, III, IV1.3. Trial di superiorità, di equivalenza, di non-inferiorità

2. Modalità di assegnazione dei partecipanti all’in-tervento2.1. Disegno parallelo2.2. Disegno crossover2.3. Disegno fattoriale

3. Unità di randomizzazione3.1. Partecipanti3.2. Gruppi di partecipanti3.3. Parti del corpo

4. Numero dei partecipanti4.1. N-of-1 trial vs mega-trial4.2. Campione fisso vs campione variabile

5. Numero dei centri coinvolti5.1. Trial monocentrici 5.2. Trial multicentrici

6. Conoscenza del trattamento assegnato6.1. Trial in aperto 6.2. Trial in cieco

7. Considerazione delle preferenze dei partecipanti7.1. Disegno di Zelen7.2. Disegno di Brewin-Bradley (comprehensive cohort)7.3. Disegno di Wennberg

I pragmatic trial hanno l’obiettivo di dimostrare l’ef-ficacia reale (effectiveness) di un intervento sanitario di provata efficacy. In questi studi i partecipanti vengono randomizzati per prevenire il bias di assegnazione, ma i criteri di selezione sono molto ampi, al fine di arruolare un campione quanto più simile alla popolazione reale; i pazienti vengono inclusi nello studio in base ai sintomi, piuttosto che dopo essere stati sottoposti a test diagnostici molto accurati; i regimi terapeutici sono flessibili e pre-vedono che il paziente possa rifiutare il trattamento pro-posto; infine, le condizioni assistenziali e il training dei professionisti sono simili a quelli reali.

Di fatto, è impossibile classificare i trial in due cate-gorie mutuamente esclusive, perchè nello stesso studio generalmente convivono “attitudini” sia explanatory, sia pragmatic.

Il gold-standard della ricerca clinica per dimostrare l’ef-ficacia degli interventi sanitari è costituito dai trial con-trollati e randomizzati - Randomized Controlled Trials (RCTs). Nel disegno più semplice, i partecipanti selezio-nati secondo criteri di inclusione/esclusione, vengono assegnati in maniera casuale al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo. Le tecniche di randomizzazione distribuiscono equamente i fattori prognostici tra i due gruppi di pazienti, tra i quali l’unica differenza risulta es-sere l’intervento in studio. Se il trial è condotto e analiz-zato in maniera corretta, l’eventuale differenza statistica-mente significativa di esiti tra i due gruppi viene attribuita all’intervento in studio.

Considerato che i trial possono essere utilizzati per va-lutare, con diversi obiettivi, svariati interventi sanitari in diverse popolazioni e setting, nel corso degli anni si sono moltiplicati i termini utilizzati per descriverne le nume-rose varianti (box). Di conseguenza la terminologia, se da una lato si è arricchita ed evoluta progressivamente, sino a dar vita ad un “linguaggio dei trial”, dall’altro non risul-ta sempre intuitiva nè di immediata comprensione anche per la difficoltà di reperire in letteratura una fonte unica che riporti definizioni chiare e semplici.

Utile precisare che, se alcuni termini sono mutuamen-te esclusivi, altri si sovrappongono in maniera variabile e/o possono essere utilizzati in maniera complementare.

1. Classificazione in relazione agli obiettivi1.1. Explanatory vs pragmatic trialGli explanatory trial hanno l’obiettivo di dimostrare l’efficacia (efficacy) degli interventi sanitari (farmaci in particolare) in contesti sperimentali ideali. Questi studi ar-ruolano, infatti, popolazioni selezionate e omogenee esclu-dendo i pazienti “complessi” (comorbidità, polifarmacia, anziani, donne); spesso l’intervento in studio è confrontato con il placebo, con un farmaco meno efficace o utilizzato a dosaggi inferiori; prevedono generalmente periodi di run-in e/o di wash-out; infine le competenze e le motivazioni dei professionisti e gli standard organizzativo-assistenziali sono ideali rispetto alla realtà. Poiché l’efficacia reale degli interventi sanitari viene influenzata da numerosi fattori – grado di accuratezza diagnostica, aderenza dei professioni-sti ai risultati del trial, compliance dei pazienti, diffusione delle tecnologie, equità d’accesso ai servizi sanitari – per dimostrare l’efficacia nel mondo reale si fa spesso riferi-mento agli studi osservazionali che, rispetto ai trial, tendo-no a sovrastimare l’efficacia dei trattamenti.

PILLOLE DI METODOLOGIA DELLA RICERCA

Trial controllato randomizzato: un disegno, numerose variantiGuida all’articolato linguaggio dei trial (I)

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1.2. Trial di fase I, II, III, IVPremesso che questa terminologia è propria della ricerca farmacologica, i trial di fase I vengono avviati dopo la conclusione della ricerca pre-clinica: il loro obiettivo è te-stare la sicurezza dei farmaci sull’uomo. Si tratta di studi non controllati, condotti su poche decine di volontari sani o di pazienti in fase terminale e/o senza altre alternative terapeutiche (AIDS, oncologia, malattie rare). Il farma-co viene somministrato a dosaggi crescenti per verificare l’eventuale comparsa di effetti collaterali.

Documentata la “verosimile” sicurezza della nuova molecola, vengono avviati i trial di fase II con l’obiet-tivo primario di valutare la potenziale efficacia del nuovo farmaco studiando differenti dosaggi e frequenze di som-ministrazione. Ovviamente, durante questa fase possono anche essere identificati effetti avversi non rilevati nella fase I. In coerenza con i loro obiettivi primari, i trial di fase II dovrebbero sempre essere non controllati, ma negli ultimi anni - per l’incalzante necessità di anticipare l’im-missione in mercato di nuovi farmaci - un numero sempre maggiore di studi di fase II sono controllati vs placebo.

I trial di fase III corrispondono ai trial controllati e randomizzati, evidenze scientifiche che permettono, nella maggior parte dei casi, di ottenere la registrazione del far-maco e la conseguente immissione sul mercato. Gli studi di fase III, per ragioni etiche, dovrebbero sempre confron-tare il nuovo farmaco con il miglior trattamento disponi-bile in quel determinato momento. L’attitudine prevalen-te del trial di fase III (efficacy vs effectiveness) dipende dai criteri sopra elencati.

I trial di fase IV possono essere condotti solo dopo l’immissione in commercio del nuovo farmaco e oggi, di fatto, si identificano con i trial pragmatici. Attenzione a non far coincidere la fase IV della ricerca farmacologica (costituita prevalentemente da studi osservazionali post-marketing con l’obiettivo di valutare la sicurezza dei far-maci a seguito del loro uso su larga scala) con i trial di fase IV, per definizione studi sperimentali eseguiti sempre dopo la commercializzazione del farmaco con l’obiettivo di valutare l’effectiveness di trattamenti di dimostrata ef-ficacy negli studi di fase III.

1.3. Trial di superiorità, di equivalenza, di non-inferioritàL’obiettivo dei trial di superiorità è dimostrare che il trattamento sperimentale è più efficace rispetto a quello standard (o al placebo). Infatti, un trial di superiorità ri-sulta statisticamente significativo quando viene rifiutata l’ipotesi nulla, secondo la quale i due interventi sanitari confrontati sono di pari efficacia.

I trial di equivalenza hanno l’obiettivo di dimostra-re che il trattamento sperimentale è equivalente a quel-lo standard. Questi studi non permettono di dimostrare l’equivalenza assoluta dei trattamenti a confronto, ma solo l’assenza di differenze all’interno di un intervallo de-

KEY POINTS finito (margine di equivalenza) che, oltre a essere molto piccolo - dovrebbe identificare una differenza clinicamen-te irrilevante. I trial di equivalenza sono poco diffusi per-chè richiedono, comunque, l’arruolamento di un numero molto elevato di partecipanti, senza offrire grandi vantag-gi organizzativo-economici rispetto ai trial di superiorità.

Molto più diffusi sono, invece, i trial di non-infe-riorità, il cui obiettivo è dimostrare che il trattamento sperimentale non è inferiore rispetto al controllo, accet-tando che possa anche essere meno efficace di un valore predefinito (margine di non-inferiorità) che identifica una differenza non rilevante dal punto di vista clinico. Senza entrare nel merito della non eticità di questi trial, nè del-le loro criticità metodologiche, questa tipologia di studi si è progressivamente diffusa in un particolare momento storico della ricerca clinica (in particolare farmacologica) dove, se è molto difficile e costoso dimostrare la superio-rità di una nuova terapia rispetto a quella standard, le evi-denze di non-inferiorità assicurano comunque al prodotto l’immissione nel mercato.

2. Classificazione in relazione alle modalità di as-segnazione dei partecipanti all’interventoNei trial con disegno parallelo ciascun gruppo di par-tecipanti riceve un intervento differente: nella sua strut-tura più semplice a due bracci il gruppo dei trattati riceve l’intervento sperimentale e il gruppo dei controlli il tratta-mento standard o il placebo.

Nei trial con disegno crossover ciascun parteci-pante riceve entrambi gli interventi in studio: sperimen-tale (A) e controllo (B) con sequenza differente definita dalla randomizzazione. In altre parole, i partecipanti ven-gono randomizzati a ricevere due (o più trattamenti): il gruppo sperimentale riceve la sequenza A → B e il gruppo di controllo la sequenza B → A. La criticità principale è l’estensione degli effetti del primo trattamento che pos-sono alterare la risposta del secondo (carry over effect); per tale ragione i trial con disegno crossover spesso preve-dono un periodo di wash-out tra la sospesione del primo trattamento e l’inizio del secondo. Questi studi hanno un utilizzo abbastanza limitato: in particolare per valutare l’efficacia di interventi sanitari, possibilmente senza effetti prolungati, su outcome a breve termine in malattie croni-che relativamente stabili.

Nei trial con disegno fattoriale l’efficacia di due (o più) interventi sanitari non è valutata solo individualmen-te, ma anche in associazione e vs placebo. Ad esempio, in un trial con disegno fattoriale che valuta l’efficacia degli interventi A e B i partecipanti vengo randomizzati in quat-tro bracci: A, B, A+B, placebo. Questo disegno è spesso utilizzato per valutare l’efficacia d’interventi di prevenzio-ne primaria e di promozione della salute.

(continua nel prossimo numero)Nino Cartabellotta

Direttore Scientifico GIMBE

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Il Cochrane Effective Practice and Organisation of Care (EPOC) Group produce revisioni sistematiche sull’effica-cia degli interventi per migliorare la pratica professionale e l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie. La tasso-nomia EPOC costituisce il riferimento internazionale per classificare tali interventi (box).

1. Professionali• Distribuzione di materiale educazionale• Meeting educazionali• Processi di consenso locale• Visite educazionali (educational outreach visits)• Opinion leader locali• Interventi mediati dai pazienti• Audit e feedback• Reminders• Marketing• Mass media

2. Finanziari• Interventi sui provider• Interventi sui pazienti

3. Organizzativi, provider-oriented• Revisione di ruoli professionali• Team multidisciplinari• Integrazione formale dei servizi• Skill mix changes• Continuità assistenziale• Interventi motivazionali• Comunicazione e discussione di casi a distanza

4. Organizzativi, patient-oriented• Coinvolgimento degli utenti nell’organizzazione dei servizi sanitari• Mail order pharmacies• Strategie per gestire suggerimenti e reclami

5. Strutturali• Modifiche del setting di erogazione dei servizi sanitari• Modifiche nella struttura, impianti e attrezzature• Modifiche nei sistemi di documentazione clinica• Modifiche nello scopo e nella natura dei benefici di servizi• Organizzazioni per il monitoraggio della qualità• Proprietà, accreditamento e affiliazione di ospedali e altre strutture• Organizzazione del personale

6. Regolatori• Cambiamenti nella responsabilità professionale• Revisione tra pari• Abilitazione all’esercizio professionale

La ricerca sui servizi sanitari dimostra numerosi gap tra le migliori evidenze scientifiche disponibili e la pratica professionale: infatti, accanto alla mancata prescrizione di interventi sanitari efficaci, si assiste al continuo utiliz-zo di interventi inefficaci, se non addirittura dannosi per i pazienti. Secondo alcune stime 30-45% dei pazienti non riceve interventi sanitari appropriati in accordo alle evi-denze scientifiche e 20-25% degli interventi sanitari ero-gati sono inappropriati e potenzialmente dannosi.

Le conseguenze negative di tali gap per i sistemi sani-tari sono enormi: aumentano l’inappropriatezza clinica e organizzativa, riducono l’efficacia dell’assistenza sanitaria, aumentano il rischio clinico e consumano preziose risorse economiche. Secondo il modello tradizionale, il trasferi-mento delle nuove conoscenze alla pratica professionale avviene in maniera lineare: i professionisti acquisiscono nuove conoscenze, cambiano le proprie attitudini e, infi-ne, modificano i comportamenti professionali. In realtà, questo modello è illusorio, sia perchè i professionisti non sempre apprendono le conoscenze necessarie alla propria pratica, sia perchè questa è influenzata solo in parte dalle nuove evidenze e risente negativamente di numerose altre determinanti. Ad esempio, consistenti evidenze scientifi-che dimostrano, da un lato, che la diffusione passiva delle linee guida non modifica i comportamenti professionali, dall’altro che la prescrizione dei farmaci è fortemente in-fluenzata dalle strategie di marketing dell’industria.

Considerati gli investimenti che i sistemi sanitari stan-no indirizzando nelle politiche di governo clinico e nell’uso integrato dei vari strumenti (percorsi assistenziali, audit clinico, risk management, etc), le organizzazioni sanitarie non possono mantenere il ruolo di “spettatore passivo”, confidando che la diffusione passiva delle migliori eviden-ze scientifiche determini una modifica dei comportamenti professionali. Oggi, la direzione di un’Azienda sanitaria - supportata dalle UU.OO. di staff e in collaborazione con i professionisti - deve sviluppare, attuare e verificare stra-tegie di cambiamento della pratica professionale efficaci e sostenibili, facendo riferimento alle migliori evidenze scientifiche. In altre parole, secondo Richard Grol “we need evidence-based implementation of evidence-based medicine”.

Considerando la complessità della implementation science, oltre che il livello di innovazione dei contenuti, la “pillola” sarà somministrata in più dosi: la prima “con-tiene” la classificazione degli interventi per modificare la pratica professionale e descrive la prima categoria.

PILLOLE DI GOVERNO CLINICO

Modificare la pratica professionale? Yes... we canProve di efficacia e zone grigie della Implementation Science (I)

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1. Interventi professionaliRientrano in questa categoria tutti gli interventi che han-no l’obiettivo di modificare la pratica dei professionisti attraverso azioni dirette a modificare le loro conoscenze, attitudini e comportamenti.Distribuzione di materiale educazionale. Distri-buzione di raccomandazioni per la pratica professiona-le pubblicate in letteratura oppure stampate in proprio. Tali raccomandazioni cliniche possono essere veicolate attraverso diversi prodotti editoriali (linee guida, percor-si assistenziali, procedure, protocolli, etc.), distribuite su diversi formati (carta, materiali audiovisivi, pubblicazioni elettroniche, etc.), in maniera individuale o di gruppo (in-tranet, e-mail, posta).Meeting educazionali. Partecipazione dei professioni-sti a iniziative di formazione continua: conferenze, lettu-re, workshop, tirocini. La ricerca educazionale dimostra notevoli differenze tra le varie tipologie di formazione continua nel modificare i comportamenti professionali: in particolare le attività formative teacher-centered (conve-gni, seminari, letture), dove chi partecipa ha solo un ruolo passivo, non modificano la pratica professionale; vicever-sa la formazione residenziale interattiva, che coinvolge attivamente i partecipanti e fornisce strumenti pratici, è efficace nel modificare la pratica professionale e, occasio-nalmente, anche gli esiti assistenziali.Processi di consenso locale. Partecipazione dei pro-fessionisti a gruppi di lavoro finalizzati a raggiungere il consenso sia sulla rilevanza della priorità clinico-assisten-ziale, sia sulle sue modalità di gestione: ad esempio, un gruppo di lavoro aziendale multiprofessionale finalizzato alla produzione di un percorso assistenziale sullo stroke si troverà a dover raggiungere il consenso in diverse occasio-ni. Esistono due modalità per raggiungere il consenso: nei processi di consenso informale solitamente prevalgono le idee/opinioni dei componenti che occupano una posizio-ne apicale e/o hanno una maggior leadership. Viceversa, i processi di consenso formale utilizzano metodi standar-dizzati (RAND, Delphi, etc.) per assicurare che il “peso” di ciascun componente nella decisione finale sia assoluta-mente identico.Visite educazionali (educational outreach visits). Utilizzo di figure professionali esperte che incontrano individualmente (face-to-face) i professionisti sanitari e forniscono loro specifiche informazioni con l’obiettivo di convincerli a modificare la pratica professionale. Tali in-formazioni possono anche includere feedback periodici sulla performance professionale. Nel mondo sanitario tale strategia viene facilmente concretizzata facendo riferi-mento agli informatori scientifici dell’industria. L’utilizzo istituzionale di tale strategia prevede, in genere, l’impiego di farmacisti dell’organizzazione sanitaria per veicolare informazioni sull’efficacia-sicurezza-appropriatezza dei farmaci. Nelle sperimentazioni effettuate in Italia tale strategia è stata definita del “farmacista facilitatore”.

Opinion leader locali. Coinvolgimento di professioni-sti di autorevolezza riconosciuta, in particolare rispetto alla loro influenza educazionale. L’utilizzo di tale strate-gia richiede che gli opinion leader locali siano identificati esplicitamente dai professionisti. Infatti, gli studi che han-no coinvolto “pseudo-opinion leader” - autoritari e/o con ruoli apicali, ma non autorevoli - hanno ottenuto effetti negativi sulle performance professionali!Interventi mediati dai pazienti. Utilizzo di nuove in-formazioni cliniche non disponibili in precedenza, raccol-te direttamente dal paziente e fornite al professionista. Ad esempio, score sulla depressione raccolti mediante stru-menti ad hoc. Audit e feedback. Periodica restituzione ai professio-nisti degli indicatori di performance raccolti dall’audit clinico; il feedback può includere anche specifiche racco-mandazioni cliniche. Rispetto alla modalità di conduzione dell’audit clinico, le informazioni possono essere ottenute da cartelle cliniche, da banche dati aziendali, oppure at-traverso l’osservazione diretta. Pertanto, se l’audit clinico è strumento per misurare processi ed esiti, la restituzione (feedback) dei risultati ai professionisti lo inserisce tra le strategie per modificare i comportamenti professionali.Reminders. Specifiche informazioni fornite ai professio-nisti verbalmente, attraverso supporto cartaceo o infor-matico. Per essere efficace il reminder deve “suggerire” al professionista cosa fare/non fare nel momento in cui sta effettuando una prescrizione o erogando una specifica procedura operativa sul paziente individuale. Tipici esem-pi di reminder sono i suggerimenti verbali forniti da un supervisore durante l’affiancamento nell’apprendimento di una nuova procedura operativa; le checklist cartacee inserite nella cartella clinica ai fini di una raccolta siste-matica di un set di dati; gli alert informatici integrati nelle cartelle cliniche elettroniche per suggerire eventuali inte-razioni farmacologiche e/o modifiche di dosaggi.Marketing. Interviste individuali, discussioni di gruppo (focus group) o survey a gruppi target di professionisti con l’obiettivo di identificare ostacoli e barriere al cam-biamento e progettare gli interventi necessari a superarli. Tali strategie, ancora largamente sottoutilizzate, sono in-dispensabili perchè, nel processo di cambiamento, i mi-gliori risultati si ottengono utilizzando strategie multifat-toriali in grado di collegare i singoli interventi agli ostacoli e alle motivazioni locali. Mass media.Utilizzo, a livello di popolazione, di mezzi di comunicazione in grado di raggiungere un numero molto elevato di utenti: televisione, radio, quotidiani e riviste, poster, opuscoli, etc.

(continua nel prossimo numero)

Nino CartabellottaDirettore Scientifico GIMBE

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nell’ambito del Laboratorio Unico di Area Vasta Romagna - che offre spunti interessanti per migliorare l’appropria-tezza della richiesta dei test di laboratorio. Analizzando i dati di prescrizione in diverse realtà territoriali e ospeda-liere, i test di funzionalità tiroidea - in particolare TSH, fT3, fT4 - rappresentano un’area critica per inappropria-tezza in eccesso e rilevante per costi e volumi elevati. In-fatti, frequenti inappropriatezze prescrittive (richiesta di TSH associata a quella degli ormoni tiroidei, di anticorpi anti-TPO associata a quella di anticorpi anti-tireoglobuli-na o richiesta ripetuta di anticorpi antitiroidei) determi-nano una notevole inefficienza. Infatti, richiedere molti test inappropriati nella diagnostica delle tireopatie au-menta il rischio di falsi positivi (anomalie apparenti e/o clinicamente irrilevanti), ritarda l’esecuzione di proce-dure diagnostiche indispensabili, causa spreco di risorse economiche, non determina alcun beneficio, ma possibili disagi, per i pazienti.

La determinazione del solo TSH con i metodi attuali (sensibilità funzionale: 0.02 mU/L) consente una adegua-ta valutazione della funzionalità tiroidea nella maggior parte dei casi. Infatti, secondo i criteri dell’Evidence-Ba-sed Laboratory Medicine (EBLM), il TSH è il test racco-mandato sia per lo screening delle tireopatie nei soggetti asintomatici, sia nei pazienti con sospetto clinico di tireo-patia, sia nel monitoraggio della terapia6,7.

Ma cos’è il TSH reflex? Gli analizzatori attualmente disponibili permettono la misurazione del TSH e degli or-moni tiroidei secondo un algoritmo, definito “reflex test”, che prevede sempre la misurazione del TSH e la determi-nazione di uno o entrambi gli ormoni tiroidei solo quando il TSH risulti alterato (figura 1)8,9.

Figura 1. Il logigramma degli esami eseguiti nel “TSH Reflex” adotta-to dall’U.O. Laboratorio Analisi dell’ASL Cesena nel 2007

BackgroundNel corso degli ultimi anni il progresso tecnologico ha reso disponibili strumenti diagnostici sempre più accu-rati, facendo crescere la richiesta di esami di laboratorio e strumentali, rivoluzionando il processo diagnostico ma aumentando la spesa in modo non proporzionato ai bene-fici ottenuti in termini di salute.

E’ stato stimato che il costo della diagnostica di labo-ratorio non supera il 5% della spesa sanitaria totale; tutta-via, i test di laboratorio hanno un notevole impatto nella gestione dei pazienti perchè influenzano oltre il 70% delle decisioni mediche.

Letteratura scientifica autorevole ha dimostrato il fre-quente uso inappropriato degli esami di laboratorio (dal 5 al 95% delle richieste)1 che, oltre allo spreco di risorse può determinare anche pratiche mediche inutili e potenzial-mente dannose per il paziente2,3.

In Italia la regione Piemonte è stata molto attiva nel contrastare l’inappropriatezza dei test di laboratorio: in-fatti, il gruppo di studio regionale per l’appropriatezza (Riorganizzazione e razionalizzazione delle attività dei Laboratori analisi, DGR 3 Agosto 2007, n.19-6647)4 ha raccomandato nelle situazioni cliniche che presentano un forte ricorso alla diagnostica di laboratorio un deciso intervento culturale per indirizzare i medici prescrittori verso scelte basate sulle migliori evidenze scientifiche at-traverso l’uso di protocolli diagnostici.

L’Emilia Romagna è la regione che eroga il numero più elevato di prestazioni di specialistica ambulatoriale che, dal 2005 al 2008 sono cresciute di circa 15 milioni (da 60.132.065 a 75.205.607). Secondo l’ISTAT nel 2005 in Emilia Romagna per ogni 1000 abitanti sono stati richie-sti - rispetto alla media nazionale - un numero di esami urine standard superiori al 30%, di test ematochimici al 10% e di accertamenti diagnostici complessivi al 30%.

La “Checklist per la valutazione dell’attuazione dei pia-ni regionali di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private di diagnostica di laboratorio”, conte-nuta nelle “Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei servizi di Medicina di Laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale” emanate dal Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche sociali e dall’Age.Na.S nel marzo 20095, richiede maggiore appropriatezza nelle richieste per “esa-mi sentinella” come i marcatori tumorali, i marcatori car-diaci e gli esami di funzionalità tiroidea.

In tale contesto nasce l’esperienza maturata nel 2007 presso l’U.O. Laboratorio Analisi dell’ASL Cesena con il progetto “TSH reflex” - tuttora in fase di implementazione

PROGETTI AZIENDALI

Valutare l’appropriatezza dei test di funzionalità tiroideaIl progetto TSH reflex del Laboratorio Unico di Area Vasta Emilia Romagna

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Obiettivi• Migliorare l’appropriatezza della richiesta di esami pro-muovendo l’utilizzo del solo TSH in modalità reflex test per la valutazione della funzionalità tiroidea.• Valutare l’efficacia dell’audit clinico per modificare e standardizzare le abitudini prescrittive dei medici.

MetodiIl progetto è stato gestito seguendo la metodologia dell’au-dit clinico9, “processo ciclico con cui tutti i professionisti sanitari effettuano una revisione regolare e sistematica della propria pratica clinica e, dove necessario, la modifi-cano”10. Da questa definizione emergono in maniera mol-to netta le caratteristiche fondamentali dell’audit clinico11:• coinvolge tutti i professionisti sanitari; • è un’attività continua e sistematica che non può essere limitata a casi singoli;• ha come oggetto principale l’appropriatezza dei proces-si, ma può essere utilizzato anche per misurare gli esiti assistenziali;• permette di misurare il grado di inappropriatezza (in ec-cesso e/o in difetto) e di identificare quali aree della prati-ca professionale devono essere oggetto di miglioramento. In altri termini, il clinical audit è un approccio di verifica e miglioramento di problematiche assistenziali rilevanti. L’audit è stato realizzato attraverso le seguenti fasi:• creazione di un gruppo di lavoro multiprofessionale costi-tuito da medici di laboratorio, medici di medicina generale (MMG) ed endocrinologi;• ricerca, elaborazione e condivisione di raccomandazioni evidence-based;• Individuazione di indicatori robusti e misurabili:

1) indicatori di efficienza: numero di TSH, fT4, fT3 ese-guiti e relativi costi di produzione;2) indicatori di appropriatezza: rapporto TSH/fT4 e TSH/fT3.

La misurazione degli indicatori ha consentito di indivi-duare le aree critiche di inappropriatezza:• il 90% degli esami di funzionalità tiroidea è richiesto in ambito ambulatoriale. TSH ed ormoni tiroidei sono spes-so prescritti dai MMG anche in soggetti asintomatici e/o in assenza di evidenze di eventuali benefici;• i test di funzionalità tiroidea sono inappropriati anche nei pazienti ospedalizzati che spesso possono presentare alterazioni delle loro concentrazioni pur rimanendo clini-camente eutiroidei (sick euthyroid sindrome).

Gli indicatori sono stati inoltre utilizzati per definire gli standard per il raggiungimento degli obiettivi di budget assegnati ai dirigenti per il 2007 in coerenza con un chiaro commitment dell’Azienda sanitaria.

Nel frattempo si è provveduto a definire i processi or-ganizzativi inerenti la modalità di richiesta dei test di fun-zionalità tiroidea. Il medico richiedente ha 2 opzioni: • richiedere l’esame TSH reflex che prevede l’esecuzione e la refertazione secondo un algoritmo definito: in questo

caso il LIS gestisce l’esecuzione degli esami a cascata con lo stesso analizzatore, sullo stesso campione e nella stessa seduta analitica;• richiedere con le consuete modalità i singoli test che saranno eseguiti e refertati.

L’avvio del progetto è stato preceduto da: • diffusione delle raccomandazioni cliniche e delle moda-lità di richiesta mediante comunicazioni scritte e attraver-so l’intranet aziendale;• implementazione delle raccomandazioni con almeno un contatto telefonico dei dirigenti del laboratorio con ciascun MMG;• incontri con i dirigenti e coordinatori infermieristici per la verifica e la revisione dei profili di richiesta test di fun-zionalità tiroidea nei pazienti ospedalizzati.

Risultati La diffusione delle raccomandazioni è iniziata a gennaio 2007 con le UU.OO. di degenza e cura e a marzo 2007 con il Dipartimento di Cure Primarie, mentre il TSH reflex è entrato a pieno regime nel giugno 2007. Gli indicatori de-finiti hanno permesso di misurare e confrontare il “prima” e il “dopo” (figura 2, figura 3).

010.00020.00030.00040.00050.00060.00070.00080.00090.000100.000

2006 2007

TSHfT4fT3Totale

TSH +2,5%fT4 -20%fT3 -18%

ESTERNI

Figura 2. Variazioni di richieste esterne di TSH, fT4 e fT3

Dal 2006 al 2007, le richieste di TSH sono aumentate dal del 2,5% per gli utenti esterni e dell’8% per gli utenti in-terni, mentre le richieste per gli ormoni tiroidei sono dra-sticamente diminuiti (fT4 -20% e -36%, fT3 -18% e -32%, rispettivamente per le richieste esterne e interne). Com-plessivamente, l’intervento ha determinato una riduzione di 11.000 test e un risparmio di circa 88.000 euro. Rispet-to agli indicatori di appropriatezza, dal 2006 al 2007 il rapporto TSH/fT4 è passato da 1,19 a 1,89 ed il rapporto TSH/fT3 da 2,18 a 3,02.

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1. van Walraven C, Naylor CD. Do we know what inappropriate laboratory utilization is? A systematic review of laboratory clinical audits. JAMA 1998;280:550-8.2. Rang M. The Ulysses syndrome. Can Med Assoc J. 1972;106:122-3.3. Jackson BR. The dangers of false-positive and false-negative test results: false-positive results as a function of pretest probability. Clin Lab Med. 2008;28:305-19. 4. Regione Piemonte, Gruppo di lavoro sui laboratori. Documento su appropriatezza prescrittiva per le analisi di laboratorio. Disponibile a: www.regione.piemonte.it/sanita/area_operatori/dwd/analisi.pdf Ultimo accesso 28 dicembre 2010.5. Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, Age.Na.S. Linee di Indirizzo per la Riorganizzazione dei Servizi di Medicina di Laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale. Marzo 2009. Disponibile a: www.simel.it/notizie/documento-101623.pdf. Ultimo accesso 28 dicembre 2010.6. Maestri E, Ciardullo AV, Magrini N. Raccomandazioni per la diagnostica delle malattie tiroidee. Piano Nazionale Linee Guida, Istituto Superiore di Sanità, 2003. Disponibile a: www.snlg-iss.it/lgn_diagnostica_malattie_tiroidee. Ultimo accesso 28 dicembre 2010.7. Dorizzi RM, Nizzoli M. Gli intervalli di riferimento in Endocrinologia; il caso del TSH. Riv It Med Lab 2009; 5 (suppl) 52-61.8. Dorizzi RM, Castello R. La diagnostica tiroidea il quesito del clinico - La risposta del laboratorio. Riv It Med Lab 2007; 3 (suppl) 67-75. 9. Cinotti R, Cartabellotta A. Sussidi per l’autovalutazione e l’accreditamento n° 6: Progettare, realizzare, verificare un audit clinico. Agenzia Sanitaria Regione Emilia-Romagna, 2000. Disponibile a: www.regione.emilia-romagna.it/agenziasan/aree/accred/accreditamento/sussidi/sussidio6.pdf. Ultimo accesso 28 dicembre 2010.10. Primary Health Care Clinical Audit Working Group of Clinical Outcomes Group. Clinical audit in primary health care. London: Department of Health, 1995.11. Cartabellotta A. Audit clinico: questo sconosciuto. GIMBEnews 2009;2(5):4-5. Disponibile a: www.gimbenews.it/viewarticle.aspx?id_art=118. Ultimo accesso 28 dicembre 2010.12. Bates DW, Boyle DL, Rittenberg E, et al. What proportion of common diagnostic tests appear redundant? Am J Med 1998;104:361-8. 13. Wong ET. Improving laboratory testing: can we get physicians to focus on outcome? Clin Chem1995;41:1241–7.

Bibliografia

KEY POINTS • Consolidate abitudini prescrittive di test diagnostici

inappropriati possono essere modificate

• L’audit clinico permette di verificare e migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni

• Gli standard definiti nell’audit clinico devono avere solide basi evidence-based

• E’ fondamentale definire pochi indicatori robusti e misurabili

• Il commitment dell’organizzazione sanitaria aumenta l’efficacia dell’audit clinico

• Il contatto telefonico con i medici prescrittori è risultata una strategia d’implementazione efficace

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2006 2007

TSHfT4fT3Totale

INTERNI

TSH +8%fT4 -36%fT3 -32%

Figura 3. Variazioni di richieste interne di TSH, fT4 e fT3

LimitiCoincidono con quelli del TSH reflex che:• può essere introdotto solo se la strumentazione usata dal laboratorio gestisce un operatività analitica “riflessa”;• inquadra accuratamente lo status tiroideo in situazioni di compenso stabile, mentre non è ottimale nelle condizio-ni in cui l’asse ipofisi-tiroide non è intatto o non è stabile: primi mesi di terapia sostituiva o soppressiva, gravidan-za, ipotiroidismo centrale, resistenza agli ormoni tiroidei, adenoma ipofisario TSH-secernente (TSHoma). In questi casi è più appropriata la richiesta di TSH ed fT4;• è particolarmente indicato nello screening delle tireopa-tie, meno nei casi complessi che richiedono una valutazio-ne laboratoristica più completa;• richiede grande impegno dei dirigenti del laboratorio e molto tempo per “informare e formare” i prescrittori;• riduce i test inappropriati, ma presenta alcuni ostacoli amministrativi non ancora risolti, quali la necessità di in-tegrazione del ticket per i pazienti ambulatoriali nel caso “scatti il riflesso”.

ConclusioniLa razionalizzazione della diagnostica di laboratorio12,13 è appropriata dal punto di vista diagnostico, coerente con criteri EBLM, non compromette in alcun modo la qualità dei servizi erogati e non comporta alcun disagio per il pa-ziente. Infatti, i risultati ottenuti in pochi mesi sono stati rilevanti sia in termini di miglioramento dell’appropria-tezza, sia di efficienza.

Luca Baldrati, Lucia Vascotto, Romolo M. Dorizzi U. O. Corelab

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LETTI PER VOI

Registration of observational studies: is it time?Gli studi osservazionali (SO) forniscono evidenze specifiche rilevanti, in particolare per rispondere a quesiti di eziologia e di prognosi. Analogamente ai trial gli SO sono esposti sia al pubblication bias (non pubblicare gli studi con risultati sfavorevoli), sia al reporting bias (riportare gli outcome in maniera selettiva). Oggi i registri di trial sono uno strumento ampiamente diffuso per prevenire questi due fenomeni e grazie alla iniziativa dell’International Committee of Medical Journals Editors, la registrazione del trial è un pre-requisito alla loro pubblicazione. Considerato che il razionale etico-scientifico e i potenziali benefici sono analoghi a quelli dei trial e che i registri di trial archiviano già SO, Rebecca Williams et coll. lanciano un appello per attuare la registrazione prospettica degli SO, forniscono numerose proposte pratiche e rispondono a diversi interrogativi.

CMAJ 2010;182:1638-42

Conflicts of interest at medical journals: the influence of industry-supported randomised trials on journal impact factors and revenue Qual è l’influenza dei trial sponsorizzati dall’industria sull’impact factor (IF) delle riviste e sui loro introiti finanziari? A questo spinoso interrogativo rispondono Lundh et coll., analizzando i trial pubblicati nel 1996-1997 e nel 2005-2006 da sei riviste: Ann Intern Med, Arch Intern Med, BMJ, JAMA, Lancet, N Engl J Med. Gli Autori identificano la tipologia di supporto finanziario, analizzano le citazioni ricevute dai trial sponsorizzati e contattano gli editori per ottenere informazioni sugli introiti ricevuti dall’industria. Anche se con ampia variabilità tra le varie riviste, la pubblicazione di trial sponsorizzati dall’industria è associata all’aumento dell’IF e all’incremento degli introiti conseguenti a vendita di ristampe. Gli Autori suggeriscono che le riviste dovrebbero dichiarare, analogamente ai ricercatori, i propri conflitti di interesse per offrire ai lettori un ulteriore elemento di trasparenza.

PLoS Med 2010;7:e1000354

Users’ Guides to the Medical Literature. How to use an article about quality improvement La storica serie pubblicata su JAMA negli anni ‘90, che ha dato vita al testo sacro sul critical appraisal, si arricchisce di una nuova guida: come valutare gli articoli che ripor-tano studi sul miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, un prodotto della letteratura la cui qualità meto-dologica non ha ancora raggiunto standard soddisfacenti.

JAMA 2010;304:2279-2287

Outcome selection and role of patient reported outcomes in contemporary cardiovascular trials: systematic reviewI patient reported outcomes (PROs) permettono di valuta-re l’efficacia degli interventi sanitari dalla prospettiva del paziente e sono particolarmente utili quanto l’intervento contribuisce a migliorare i sintomi, lo status funzionale, la qualità di vita. Kazem Rahimi et coll. hanno analizzato 413 trial che hanno valutato l’efficacia di interventi pre-ventivi e terapeutici in ambito cardiovascolare pubblicati dal 2005 al 2008 su 10 riviste di medicina e cardiologia. Anche se la prevalenza di PROs è aumentata al 16% , circa 2/3 dei trial non riportavano PROs fondamentali per le decisioni cliniche. Secondo gli Autori questo è dovuto sia all’utilizzo inappropriato degli outcome compositi, sia a una inadeguata misurazione degli effetti avversi.

BMJ 2010; 341:c5707

Effect of a comprehensive surgical safety system on patient outcomesGli eventi avversi nei pazienti chirurgici aumentano il rischio clinico in tutte le organizzazioni sanitarie, ma la maggior parte degli interventi per migliorare la sicurezza in setting chirurgici si è focalizzata sulle sale operatorie, mentre oltre il 50% di tutti gli errori avvengono al di fuo-ri. de Vries et coll. valutano attraverso uno studio before-after l’efficacia di una checklist estesa a tutto il percorso del paziente chirurgico. Rispetto al periodo before (3760 pazienti osservati in 3 mesi), nel periodo after, successi-vo all’implementazione della checklist (3820 pazienti os-servati in 3 mesi) i ricercatori dimostrano che l’inciden-za delle complicanze totali si riduce dal 22.3% al 16.7%, la percentuale di pazienti con una o più complicanze dal 15.4% al 10.6% e la mortalità ospedaliera da 1.5% a 0.8%. L’incidenza degli stessi outcome si manteneva simile nei due periodi in 5 ospedali di controllo.

N Engl J Med 2010; 363:1928-1937

Health technology assessments: what do differing conclusions tell us?L’European Network for HTA ha richiesto una stretta attività collaborativa a sei agenzie europee (Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda, Norvegia e Svezia) che avevano avviato un HTA report sulla vaccinazione HPV. Nonostante il rigore metodologico seguito, le conclusioni raggiunte dagli HTA reports sono differenti, determinando diverse decisioni di politica sanitaria nei vari paesi. Finn Børlum Kristensen e Ansgar Gerhardus analizzano le motivazioni di tali differenze e forniscono suggerimenti per migliorare la collaborazione tra agenzie di HTA.

BMJ 2010;341:c5236

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GLOSSARIO

Convenience sample - Campione opportunisticoCampione di popolazione arruolato in studi osservazionali o sperimentali esclusivamente per ragioni di “convenien-za”. Tale campione, di conseguenza, non è mai rappresen-tativo della popolazione da cui è selezionato.

Conventional treatment - Terapia convenzionaleTrattamento standard per una determinata condizione clinica in un ben definito momento storico. In un trial ran-domizzato condiziona l’eticità della scelta del controllo.

Correlation - Correlazione1. Vedi Associazione. Correlazione positiva è sinonimo di associazione positiva e correlazione negativa di associa-zione negativa.2. In statistica è l’associazione lineare tra due variabili misurata da un coefficiente di correlazione che varia da -1 (perfetta correlazione negativa) a +1 (perfetta correla-zione positiva), dove l’aggettivo “perfetta” indica che tutti i punti si collocano in una linea retta. Un coefficiente di correlazione pari a zero indica che non c’è alcuna relazio-ne lineare tra le variabili.

Cost-benefit analysis- Analisi costo-beneficioAnalisi economica che mette in relazione costi e benefi-ci di differenti interventi sanitari, considerando in valori monetari gli aspetti correlati agli interventi da valutare direttamente (costo di produzione, valore di mercato) e indirettamente (tempo recuperato alla malattia).

Cost-effectiveness analysis - Analisi costo-efficaciaAnalisi economica che confronta programmi e/o interven-ti sanitari alternativi, che producono conseguenze diverse e descrive i costi necessari per ottenere un ulteriore “gua-dagno” di salute. E’ l’analisi economica più utilizzata in ambito sanitario perchè considera costi e conseguenze di-rette, quelli più facilmente rilevabili nei contesti sanitari.

Cost-utility analysis - Analisi costo-utilitàAnalisi economica che esprime gli effetti come migliora-mento complessivo della salute e descrive qual è il costo per ottenere un guadagno addizionale in termini di quali-ty-adjusted life-years (QALY), anni di vita aggiustati per la qualità.

Cox model - Modello di CoxNell’analisi di sopravvivenza modello statistico secondo il quale l’effetto dei fattori in studio (ad es. un interven-to sanitario) sul rischio di un evento nella popolazione in studio è moltiplicativo e non si modifica nel tempo. Sinonimi: Proportional hazards model

Critical appraisal - Valutazione criticaCostituisce il terzo step dell’Evidence-based Practice e de-finisce la valutazione-interpretazione delle evidenze scien-tifiche relativamente a varie dimensioni: validità interna, rilevanza clinica, applicabilità dei risultati. I criteri per il critical appraisal per le varie tipologie di studi fanno rife-rimento alle Users’ Guides of Biomedical Literature.

Cross-over trial - Trial con disegno crossoverVariante di trial in cui ciascun partecipante riceve entram-bi gli interventi in studio (A e B) con sequenza differente definita dalla randomizzazione. Il gruppo sperimentale riceve la sequenza A → B, mentre il gruppo di controllo la sequenza B → A. La principale criticità di questi trial è l’estensione dell’effetto del primo trattamento che può al-terare la risposta del secondo (carry over effect); per tale ragione è spesso previsto un periodo di wash-out. Vengo-no utilizzati per valutare l’efficacia di interventi sanitari, possibilmente senza effetti prolungati, su outcome a breve termine in malattie croniche relativamente stabili.

Cross-sectional study - Studio trasversale1. Nella ricerca epidemiologica ha l’obiettivo di misurare la prevalenza di una o più variabili nella popolazione in studio in un preciso momento temporale, rappresentando una “istantanea” senza alcun follow-up. 2. Nella ricerca clinica viene utilizzato per valutare l’accu-ratezza dei test diagnostici attraverso un confronto cieco e indipendente tra il test in studio e il gold standard diagno-stico di riferimento.

Cumulative meta-analysis - Meta-analisi cumula-tivaRispetto alla meta-analisi classica, dove gli studi inclusi vengono combinati in un’analisi unica, nella meta-analisi cumulativa la combinazione statistica è sequenziale. Gli studi vengono aggiunti uno alla volta (solitamente secon-do la data progressiva di pubblicazione) e la stima cumu-lativa ricalcolata dopo l’aggiunta di ogni singolo studio. Graficamente, ogni linea orizzontale rappresenta - piut-tosto che i dati relativi ai singoli studi - il risultato della meta-analisi dopo l’aggiunta di ogni singolo studio.

Data monitoring committee - Comitato per il mo-nitoraggio dei datiComitato di esperti che ha il compito di monitorare pe-riodicamente l’incidenza degli outcome nei due (o più) gruppi di partecipanti. In particolare, prima del comple-tamento del follow-up potrebbero emergere differenze statisticamente significative tali da richiedere, per ragioni etiche, l’interruzione del trial.

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è una pubblicazione indipendente realizzata da GIMBE senza alcun finanziamento esterno.Registrazione del Tribunale di Bologna n. 7877 del 17 settembre 2008. ISSN 2038-4823.

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Norme per la citazioneUtilizzare il Vancouver Style includendo le specifiche richieste per le pubblicazioni elettroniche.Bozzolan M. Teaching Evidence-based Practice: l’esperienza di un percorso integrato nel corso di laurea in fisioterapia. GIMBEnews 2010;3:7-9. Disponibile a: www.gimbenews.it/viewarticle.aspx?id_art=182. Ultima consultazione: 22 marzo 2010

Numero chiuso in redazione il 29/12/2010

In questo numero

Pillole di Metodologia della RicercaTrial contollato randomizzato: un disegno, numerose variantiGuida all’articolato linguaggio dei trial (II)

Pillole di Governo ClinicoModificare la pratica professionale? Yes... we canProve di efficacia e zone grigie della Implementation Science (II)

Progetti AziendaliIl catetere vescicale a permanenza nei pazienti ospedalizzatiAppropriatezza e gestione del rischio

Nel prossimo numeroAPPUNTAMENTI

6a Conferenza Nazionale GIMBEVerso un approccio di sistema alla Clinical GovernanceBologna, 11 febbraio 2011

Area Clinical Governance

Introduzione al Governo ClinicoOverview su metodologie, strumenti e modelli organizzativi per attuare il Governo Clinico nelle aziende sanitarie.Bologna, 14-15-16 febbraio 2011 Area Evidence-based Practice

Evidence in PracticeAcquisire strumenti per la ricerca, valutazione e integra-zione delle evidenze scientifiche nelle decisioni cliniche. Bologna, 24-25 marzo 2011

Health Professional Education core curriculum

Dalla Formazione Continua al Miglioramento della Qualità dell’Assistenza Acquisire una visione di sistema della formazione conti-nua, integrandola con strategie e strumenti di governo cli-nico, al fine di porre le basi di una learning organization.Bologna, 19-20 maggio 2011

Clinical Research core curriculum

Introduzione alla Metodologia della Ricerca ClinicaMetodologie e strumenti di pianificazione della ricerca clinica, al fine di migliorarne qualità metodologica, eti-ca, integrità e valore sociale.Bologna, 23-24-25 marzo 2011

Area Evidence-based Health Management

Evidence-based Health Care: un approccio scien-tifico al management dei servizi sanitariMetodi e strumenti avanzati per integrare le migliori evidenze scientifiche nelle decisioni manageriali e di politica sanitaria.Bologna, 3-4 marzo 2011

Organizzazione sanitaria e management nell’era del governo clinicoSviluppare modelli organizzativi per finalizzare le stra-tegie di management all’attuazione del Governo Clinico.Bologna, 26-27 maggio 2011

Il Governo Clinico delle Cure PrimarieMetodologie, strumenti e modelli organizzativi per imple-mentare il Governo Clinico nelle cure primarie.Bologna, 3-4 novembre 2011

6a Conferenza Nazionale GIMBEVerso un approccio di sistema alla Clinical Governance

GIMBE invita tutti i professionisti a partecipare all’evento

La registrazione è gratuita e può essere effettuata esclusivamente online: www.gimbe.org/conferenza2011/registrazione.asp

Non sono previsti crediti ECM.