EDITORIALE C Giornata Regionale - Martina Franca (Ta), 23 … · Luigi Russo ha chiuso la sua...

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Sussidiarietà e beni comuni. Il ruolo del Volontario di Luisa Spinelli con i Gruppi di VOLONTARIATO VINCENZIANO A.I.C. ITALIA di Puglia - Onlus Periodico di formazione e informazione - Autorizzazione Tribunale di Bari n. 1525 del 27/07/2001 Poste Italiane - Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/C legge 662/96 Aut. DCO/DCBA/101/2002 ANNO XIX - n. 3 Dicembre 2011 Il mistero del Natale. di Edith Stein EDITORIALE ome di norma a fine anno viene voglia di fare l’esame del trascorso. Non è stato un anno facile per nessuno, ma soprattutto per i giovani, e forse il prossimo sarà ancora peggiore. Non si tro- va lavoro, le fabbriche chiudono, le attività commerciali non rie- scono a sopravvivere, gli artigiani non sanno a chi offrire il loro lavoro, perché tutti hanno ridotto al limite minimo le spese. Però forse ora si può con più facilità scoprire chi ha bisogno di noi volontari, della nostra presenza, del nostro aiuto, là in una fami- glia dove si è perso il lavoro e ci sono bimbi piccoli o andicappati o anziani malati. Adesso è più facile sentirsi fortunati per quello che si possiede anche se fosse solo la salute o la giovane età. Far sentire all’altro che è unico, importante, utile, far sen- tire all’altro che è un dono per noi e che noi siamo un dono per lui. Cioè arrivare ad avere la capacità di offrire all’altro una relazione d’aiuto che dia ad en- trambi la possibilità di divenire migliori. Siamo a Natale, colgo l’occasione di fare tantissimi auguri affettuosi a tutte voi e alle vostre famiglie di pace, serenità, e buona salute. Anna Maria Fedele C I Gruppo di Volontariato Vincenziano A.I.C. ITALIA Giornata Regionale - Martina Franca (Ta), 23 ottobre 2011 L l 23 ottobre 2011 si è svolta la Giornata Regionale dei G.V.V. Puglia a Martina Franca (Ta). Questa graziosa e linda cit- tadina è situata sul più alto gradino delle Murge meridionali; domina la valle d’Itria, è un importante centro vinicolo ed è una località adatta alla villeggiatura. Vi sono interessanti edifici barocchi e numerosi palazzi del ’700. Molto bello è il Palazzo Ducale (ora Municipio) eretto da Petracone V Caracciolo (1668) sul luogo dell’antico Castello degli Orsini. Splendida è anche la Collegiata di S. Martino costruita dal 1747al 1775: ha una facciata barocca sul cui portale è scolpito il gruppo di S. Martino e il povero. Calorosa e affettuosa è stata l’accoglienza delle volontarie vin- cenziane di Martina, che non sono numerose, ma garbate e organiz- zate. Con entusiasmo ci hanno regalato delle borse da loro con- fezionate e un foglio con un pen- siero di Mohatma Gandhi. Dopo la preghiera e i saluti della Presidente Regionale Anna- maria Fedele e della Vice Presi- dente Nazionale Rosalba Gargiulo, CONTINUA DA PAG. 2 e tenebre ricoprivano la terra, ed egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non l’hanno compreso. A quanti lo accolsero egli portò la luce e la pace; la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e pro- fonda del cuore; ma non la pace con i figli delle tenebre. Ad essi il Principe della pace non porta la pace, ma la spada. Per essi egli è la pietra d’inciampo, contro cui urtano e si schiantano. Questa è una verità grave e seria, che l’incanto del Bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi. Il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti. Alla luce, che è discesa dal cielo, si oppone tanto più cupa e inquie- tante la notte del peccato. Il Bam- bino protende nella mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sem- bra già dire quanto più tardi, di- venuto adulto, le sue labbra diran- no: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati”. Alcuni segui- rono il suo invito. Cosï i poveri pastori sparsi per la campagna attorno a Betlemme che, visto lo splendore del cielo e udita la voce dell’angelo che annunciava loro la buona novella, risposero pieni di fiducia: “Andiamo a Betlemme” e si misero in cammi- no; cosï i re che, partendo dal lontano Oriente, seguirono con la stessa semplice fede la stella me- ravigliosa. Su di loro le mani del Bambino riversarono la rugiada della grazia, ed essi provarono una grandissima gioia. CONTINUA DA PAG. 3

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con iGruppi di VOLONTARIATO VINCENZIANO A.I.C. ITALIA

di Puglia - OnlusPeriodico di formazione e informazione - Autorizzazione Tribunale di Bari n. 1525 del 27/07/2001

Poste Italiane - Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/C legge 662/96 Aut. DCO/DCBA/101/2002

ANNO XV - n. 1 - Marzo 2007

Sussidiarietà e beni comuni.Il ruolo del Volontario

di Luisa Spinelli

con iGruppi di VOLONTARIATO VINCENZIANO A.I.C. ITALIA

di Puglia - OnlusPeriodico di formazione e informazione - Autorizzazione Tribunale di Bari n. 1525 del 27/07/2001

Poste Italiane - Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/C legge 662/96 Aut. DCO/DCBA/101/2002

ANNO XIX - n. 3 Dicembre 2011

Il mistero del Natale.di Edith Stein

EDITORIALEome di norma a fine annoviene voglia di fare l’esame

del trascorso. Non è stato un annofacile per nessuno, ma soprattuttoper i giovani, e forse il prossimosarà ancora peggiore. Non si tro-va lavoro, le fabbriche chiudono,le attività commerciali non rie-scono a sopravvivere, gli artigianinon sanno a chi offrire il lorolavoro, perché tutti hanno ridottoal limite minimo le spese. Peròforse ora si può con più facilitàscoprire chi ha bisogno di noivolontari, della nostra presenza,del nostro aiuto, là in una fami-glia dove si è perso il lavoro e cisono bimbi piccoli o andicappati o anziani malati. Adesso è piùfacile sentirsi fortunati per quelloche si possiede anche se fossesolo la salute o la giovane età.

Far sentire all’altro che èunico, importante, utile, far sen-tire all’altro che è un dono pernoi e che noi siamo un dono perlui. Cioè arrivare ad avere lacapacità di offrire all’altro unarelazione d’aiuto che dia ad en-trambi la possibilità di diveniremigliori.

Siamo a Natale, colgol’occasione di fare tantissimiauguri affettuosi a tutte voi e allevostre famiglie di pace, serenità,e buona salute.

Anna Maria Fedele

C

I

Gruppo di Volontariato Vincenziano A.I.C. ITALIAGiornata Regionale - Martina Franca (Ta), 23 ottobre 2011

L

l 23 ottobre 2011 si è svolta laGiornata Regionale dei G.V.V.

Puglia a Martina Franca (Ta).Questa graziosa e linda cit-

tadina è situata sul più alto gradinodelle Murge meridionali; dominala valle d’Itria, è un importantecentro vinicolo ed è una localitàadatta alla villeggiatura. Vi sonointeressanti edifici barocchi enumerosi palazzi del ’700. Moltobello è il Palazzo Ducale (oraMunicipio) eretto da Petracone VCaracciolo (1668) sul luogodell’antico Castello degli Orsini.Splendida è anche la Collegiatadi S. Martino costruita dal 1747al1775: ha una facciata barocca sulcui portale è scolpito il gruppo diS. Martino e il povero.

Calorosa e affettuosa è statal’accoglienza delle volontarie vin-cenziane di Martina, che non sononumerose, ma garbate e organiz-

zate. Con entusiasmo ci hannoregalato delle borse da loro con-fezionate e un foglio con un pen-siero di Mohatma Gandhi.

Dopo la preghiera e i saluti

della Presidente Regionale Anna-maria Fedele e della Vice Presi-dente Nazionale Rosalba Gargiulo,

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e tenebre ricoprivano la terra,ed egli venne come la luce che

illumina le tenebre, ma le tenebrenon l’hanno compreso. A quantilo accolsero egli portò la luce ela pace; la pace col Padre celeste,la pace con quanti come essi sonofigli della luce e figli del Padreceleste, e la pace interiore e pro-fonda del cuore; ma non la pacecon i figli delle tenebre. Ad essiil Principe della pace non portala pace, ma la spada. Per essi egliè la pietra d’inciampo, contro cuiurtano e si schiantano. Questa èuna verità grave e seria, chel’incanto del Bambino nellamangiatoia non deve velare ainos t r i occh i . I l mis te rodell’incarnazione e il mistero del

male sono strettamente uniti. Allaluce, che è discesa dal cielo, sioppone tanto più cupa e inquie-tante la notte del peccato. Il Bam-bino protende nella mangiatoia lepiccole mani, e il suo sorriso sem-bra già dire quanto più tardi, di-venuto adulto, le sue labbra diran-no: “Venite a me voi tutti che sietestanchi e affaticati”. Alcuni segui-rono il suo invito. Cosï i poveripastori sparsi per la campagnaattorno a Betlemme che, visto losplendore del cielo e udita la vocedell’angelo che annunciava lorola buona novella, risposero pienid i f iduc ia : “Andiamo aBetlemme” e si misero in cammi-no; cosï i re che, partendo dallontano Oriente, seguirono con lastessa semplice fede la stella me-ravigliosa. Su di loro le mani delBambino riversarono la rugiadadella grazia, ed essi provaronouna grandissima gioia.

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FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 20112 PRIMO

PIANO

filodiretto iscritto al n. 1525 pressoil Tribunale di Bari in data 27/07/2001

filodirettocon i G.V.V. A.I.C. Italia

sez. Puglia ONLUSPeriodico trimestrale

di formazione e informazioneAnno XIX

n. 3 Dicembre 2011

Redazione:Via G. Marconi, 41 - 76015 Trinitapoli (BT)

Tel./fax [email protected]

Hanno collaborato a questo numero:Anna Maria Fedele, Edith Stein,Tommaso Tota, Suor Rita Lai,

Margherita Germinario, Roberto D’Amico,Mons. Antonio Maria Vegliò,

Marisa Carabellese,Pasquale Fallacara, Annalisa Graziano,

Teresa Cambione, Anna Fortunato,Ezia Grillo, Nicla La Ghezza,

Angela Di Cillo, Mariatina Alò,Paola Ciriello, Lucia Tedesco

Impaginazione grafica:Mario di Bitonto

Stampa:Grafiche Del Negro

Via Cairoli, 35 - Trinitapoli (BT)Tel. 0883.631097 - [email protected]È gradita la collaborazione di quanti sono

interessati alle tematiche del periodico.La direzione si riserva il diritto insindacabile

di scelta e correzione.Delle opinioni espresse in ciascun articolo

risponde l’autore stesso.

Responsabile Legale:Anna Maria Fedele

Presidente Regionale G.V.V. PugliaDirettore:

Nicola Simonetti

Sussidiarietà e benicomuni. Il ruolo delVolontario

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abbiamo ascoltato la bellissimarelazione del dott. Luigi Russo(presidente C.S.V. del Salento)sul tema “SUSSIDIARIETÀ EBENI COMUNI. IL RUOLO

DEL VOLONTARIO”. Consemplicità e con estrema chia-rezza Luigi Russo si è soffermatos u l s i g n i f i c a t o d e l l aparola”sussidiarietà” e citandoAristotele, S.Francesco, GiovanniPaolo II° e l’art.118 della Costi-

tuzione, ha fornito la definizionedi tale termine: “mettere al centrola persona e poi costruire le ade-guate relazioni con le persone”.Ecco perché il volontariato ha ache fare con la sussidiarietàAnche il cardinale .Bagnasco il26 settembre 2011 parlando deldeclino demografico e della de-cadenza morale dell’Italia hainvitato i cattolici a costruire ilbene comune, l’interesse generale(il lavoro per tutti, la speranzaper i giovani, un ambiente sanoprivo di inquinamento). Citandopoi l’art.118 della CostituzioneLuigi Russo ha affermato chedove non arriva il cittadino deveintervenire lo stato. Regione,Provincia e Comuni devono fa-vorire le iniziative dei cittadiniper favorire il bene comune,

Il documento del PATTO DISUSSIDIARIETA fra le istitu-

zioni e il volontariato firmato aTaranto a settembre 2011, orien-terà il nostro percorso. Non dob-biamo pensare che esso sia unsogno ma dobbiamo capire cheil principio di sussidiarietà pos-siamo abbinarlo all’amore in

q u a n t o t o g l i el’egoismo e costru-isce relazioni.

I l C.S.V. diLecce ha osservatola situazione socialeed economica delterritorio e si è resoconto che il 20%della popolazionevive nel disagio(famiglie separate,giovani senza lavoroe ambiente disastratodalle varie centrali).La soluzione a questiproblemi non latroverà certo la po-litica ma saremo noivolontari a lavorareper costruire insiemeuna nuova società.Molto è stato di-

scusso nel Terzo Settore e si èlavorato per vari anni per giun-gere infine al patto regionale dellacittadinanza. Molto hanno lavo-rato su questo argomento: fra que-sti i relatori Argento e Guido Me-mo prima in Calabria e poi a Bari,a Brindisi e a Taranto. Anchealcune volontarie vincenzianehanno partecipato a questi incontrie vorrei ricordare Lucia Tedescoche ha lavorato e lavora con en-tusiasmo in questo settore. Il Pattodi sussidiarietà tra le Istituzionie il volontariato è stato firmato aTaranto da Loredana Capone, daMarco Alvise (presidente C.S.V.Poiesis di Brindisi,da RosalbaGargiulo (per la Convol, delegatada Emma Cavallaro).

Luigi Russo ha chiuso la suaesauriente relazione invitandocia seguire con attenzione questeproblematiche per realizzare il

bene comune aiutando i poveriche ci sono stati affidati ed evi-tando di ritrovarceli violenti.

La seconda relazione è stataquella di Daniele Ferrocino sultema “Le case della sussidiarietà”.Il relatore dopo aver accennatoai beni comuni che non si vendo-no né si comprano ma si condivi-dono (acqua, aria, ambiente, pace,sicurezza, sapere e coesione so-ciale) ci ha illustrato in modoconcreto come dobbiamo operarenel territorio. Anzitutto è neces-sario individuare il luogo dovesviluppare i temi della sussidia-rietà, poi promuovere la cittadi-nanza attiva: si fa un progetto, sistila una carta di principi e ognunosi assume il proprio impegno;successivamente si va a parlarecon le Istituzioni: ANCI, REGIO-NE e si chiede l’aiuto al C.S.V.

Il nostro progetto sarà finan-ziato se lo presenteremo bene eriusciremo così a vincolare lerisorse al bene comune e a evi-denziare il principio di universa-lità.

Per molte volontarie è statauna bella esperienza sentir parlarein questo modo del Terzo Settore,molte hanno compreso che vi èun nuovo modo di fare volonta-riato e che sono necessarie nuovecapacità e competenze. Ma nonbisogna scoraggiarsi ma guardareal futuro e impegnarsi sempre dipiù per il bene comune -

Al termine dei lavori, vi éstato un lauto pranzo all’ HoterPark S.Michele e al pomeriggiola celebrazione della S.Messa.Ancora una volta le volontarievincenziane di Martina hannovoluto offrire un ricordo alle par-tecipanti: un’immagine sacra diS. Martino di Tours con la se-guente preghiera: “Glorioso S.Martino, tu che donasti al poverometà del tuo mantello, aiutaci asaper condividere con i nostrifratelli.” Yean Honorè (arcivesco-vo di Tours).

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 3PRIMOPIANOIl mistero del Natale

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di Tommaso Tota Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta familiare

L’attesa del bambino.Le attese dei bambini

Queste mani danno ed esigo-no nel medesimo tempo: voi sa-pienti deponete la vostra sapienzae divenite semplici come i bam-bini; voi re donate le vostre coro-ne e i vostri tesori e inchinateviumilmente davanti al Re dei re;prendete senza indugio su di voile fatiche, le sofferenze e le peneche il suo servizio richiede. Voibambini, che non potete ancoradare alcunchè da parte vostra: avoi le mani del Bambino nellamangiatoia prendono la teneravita prima ancora che sia propria-mente cominciata; il modo mi-gliore di impiegarla quello di es-sere sacrificata per il Signore dellavita. “Seguimi, cosï dicono lemani del Bambino. I misteri del

cristianesimo sono un tutto indi-visibile. Chi ne approfondisceuno, finisce per toccare tutti glialtri. Cosï la via che si diparte daBetlemme procede inarrestabil-mente verso il Golgota, va dallamangiatoia alla croce. Quando lasantissima Vergine presentò ilBambino al tempio, le fu predettoche la sua anima sarebbe statatrafitta da una spada, che quelbambino era posto per la cadutae la risurrezione di molti e comesegno di contraddizione. Eral’annuncio della passione, dellalotta fra la luce e le tenebre chesi era manifestata già attorno allamangiatoia!In alcuni anni la Can-delora e la Settuagesima, la cele-brazione dell’incarnazione e lapreparazione alla passione, cado-no nello stesso giorno. Nella nottedel peccato brilla la stella di Bet-lemme. Sullo splendore luminosoche irradia dalla mangiatoia cadel’ombra della croce. La luce si

spegne nell’oscurità del venerdïsanto, ma torna a brillare più lu-minosa, sole di misericordia, lamattina della risurrezione. Il Fi-glio incarnato di Dio pervenneattraverso la croce e la passione

alla gloria della risurrezione.Ognuno di noi, tutta l’umanitàperverrà col Figlio dell’uomo,attraverso la sofferenza e la morte,alla medesima gloria.

pesso, durante il mio lavoro,mentre ascolto i genitori che

mi raccontano le vicissitudini,gli affanni, le problematiche nelcrescere ed educare i propri figli,ma anche quando ascolto le dif-ficoltà degli adulti (insegnanti,educatori, allenatori, animatori,nonni etc.) che hanno la respon-sabilità di insegnare, di educaree di partecipare al processo dicrescita dei figli di altri genitori,mi riecheggia nella mente la stro-

fa di una canzone di Gino Paoliche parla di un padre (un po’avanti nell’età) che si interrogasul processo di crescita di suofiglio di 5 anni.

“... mio figlio hacinque anni – cinque anni più

di me ...”.

In queste parole possiamo rac-chiudere le riflessioni di un adulto,di un padre, di un genitore di fronteai bisogni dei propri figli nel com-plesso percorso dello sviluppo.

La strofa della canzone di GinoPaoli ci fa pensare come i bambinidi oggi vivono in una atmosfera esono sottoposti a stimoli diversi da

quelli in cui erano immersi i bam-bini del passato; in cui siamo statiimmersi noi adulti e ora genitori.

I bambini di oggi sono piùavanti di noi, “... hanno cinque anni

...” più di noi, ma è pur vero chebisogna stare attenti a non conside-rarli più maturi di quanto in realtànon lo sono.I bambini di oggi, quelliche vivono nei nostri paesi“industrializzati e multimediali”,hanno a disposizione più mezzi, piùtempo, più opportunità, più possi-bilità, più modalità di gioco, piùgiochi elettronici e intelligenti perimparare. Eppure, anche i bambinidi questo tempo modernissimo emultimediale continuano ad averebisogno di calore umano, di dialogo,di impegno, di giochi spontanei, diadulti maturi e veri.

Sono cambiati i tempi ma losviluppo in età evolutiva rimane unpercorso dinamico che ha inizio conl’embriogenesi e continua per tuttal’età evolutiva. Ogni tappa e ognicompito evolutivo del complessoprocesso chiamato sviluppo, sonosegnati da un incontro, da una rela-zione, da una interazione conl’ambiente esterno che si caratterizzaattraverso un dialogo tra informazio-ni e azioni (genetico e psicologico-relazionale) che costituiscono il pro-motore di una possibile crescita.

L’essere umano è un organismovivente che oltre ad essere model-lato dalla sua base genetica, si pre-senta più duttile al modellamentoeducativo.

Il messaggio che un bambinovuole ricevere di tanto in tanto,soprattutto in forma non verbale,

nei fatti, è il seguente “Sono con-tento di stare con te”.

Sapere che c’è qualcuno che cipensa e ci accetta senza condizioni,non soltanto quando siamo “buoni”o rendiamo a scuola, è una esperien-za fondamentale negli annidell’infanzia che alimenta il sensodi sicurezza personale.

Sentirsi parte di una comunità,di una famiglia, di un gruppo è unasensazione che trasmette ottimismo,voglia di fare e di partecipare.L’appartenenza al “coro” non riguar-da solo i bambini ma anche gli adultiche accompagnano i bambini nelcomplesso percorso dello sviluppo.

Sentirsi solo, non parte del“coro” per un minore significa man-canza di rispetto, mancanza di at-tenzione, mancanza di stabilità, so-prattutto di stabilità affettiva,mancanza di tempo, mancanza digioco spontaneo, mancanza di adultiveri e maturi.

Noi adulti dobbiamo essereemotivamente più forti dei bambini.Noi adulti dobbiamo riuscire a pren-dere decisioni importanti quando ènecessario. Noi adulti dobbiamoignorare alcuni comportamenti. Noiadulti dobbiamo essere immediatiin alcuni interventi che non possonoessere patteggiati. Noi adulti dob-biamo essere genitori amichevoli enon amici alla pari dei nostri figli.Noi adulti dobbiamo essere genitoriautorevoli che stabiliscono dei limiticon l’amore e la sollecitudine.

Noi adulti e genitori che accom-pagniamo nella crescita i nostri figli,abbiamo necessità di essere ascoltatidagli adulti che con noi partecipanoal processo dinamico dello sviluppoin età evolutiva. Infatti, come recitaun proverbio medioevale, “Per cre-scere un bambino ci vuole un interovillaggio”.

S

l valore della semplicità può es-sere facilmente compreso per

contrasto se guardiamo certi stilipresenti oggi nel mondo. Si dagrande importanza all’apparenza(si privilegia l’immagine); si fa unuso spregiudicato dei mass mediaper imporre il proprio pensiero; siarriva fino a manipolare e falsificarele notizie; è molto carente la veritànei rapporti interpersonali perchénon si apre il proprio cuore, inquanto non voglio che l’altro/a miconosca veramente per quello chesono oppure tendo a manifestaresolo quello che all’altro/a credofaccia piacere ascoltare; si dà unavalutazione delle persone soprat-tutto in base alle manifestazioniesteriori.

La semplicità di Gesù la co-gliamo fin dalla sua nascita, inparticolare sotto due aspetti: il Si-gnore dell’universo si fa povero inmezzo ai poveri e l’OnnipotenteSalvatore del mondo nasce bambinobisognoso di tutto.

Vincenzo ha intrapreso il cam-mino della santità quando ha smessodi fuggire la povertà in cui era natoinseguendo i sogni umani di sicu-rezza e benessere e ha cominciatovolontariamente a essere povero inmezzo ai poveri.

E questo è stato possibile quan-do in parallelo ha smesso di pensareche da solo era in grado di proget-tare la propria vita e ha incomincia-to a farsi guidare con semplicitàdai fratelli e dalle sorelle che Diogli ha messo a fianco: Berulle, Du-val, S. Francesco di Sales, Luisade Marillac, Margherita Naseau,…

È diventato allora capace innan-zitutto di imparare dai poveri: “essisono i nostri maestri e signori”. Eimparando è diventato capace diparlare non tanto alle loro orecchie,quanto al loro cuore.

La semplicità lo ha messo ingrado di accettare ogni persona sen-za giudicarla e senza condannarla.

Rileggiamo ancora una volta leparole stesse di Vincenzo: “Nondevo considerare un povero conta-dino o una povera donna dal loroaspetto, né dalla loro apparentementalità; molto spesso non hannoquasi la fisionomia, né l’intelligenzadelle persone ragionevoli, talmentesono rozzi e materiali. Ma rigiratela medaglia e vedrete con la lucedella fede che il Figlio di Dio, ilquale ha voluto essere povero, ci èraffigurato da questi poveri….Quanto è bello vedere i poveri, seli consideriamo in Dio e con lastima che Egli ne aveva” (Coste XI,p. 32).

Dalla Parola di DioLa semplicità che caratterizza

il bambino (ebr. peti; gr. nèpios; Vg.parvulus, innocens) ha aspetti diver-si: mancanza di esperienza e di pru-denza, docilità, assenza di calcolo,rettitudine del cuore che provoca lasincerità del linguaggio e che esclu-de la malevolenza dello sguardo edell’azione. Si oppone così al discer-nimento o alla doppiezza.

1. Semplicità e sapienza. - Lasemplicità può quindi essere un di-fetto; se consiste in una ignoranza(Prov 14,18) che fa agire impruden-temente (Prov 22,3), credere al pri-mo venuto (Prov 14,15), cedere alleseduzioni del piacere cattivo (Prov7,7; 9,16; Rom 16,18), è una legge-rezza mortale (Prov 1,32), indegnadel cristiano (1Cor 14,20). La sa-pienza ne libera coloro che, dietroil suo appello (Prov 1,22; 8,5; 9, 4ss), ascoltano le sue parabole (Prov1,4). Essa li rende sapienti (Sal 19,8),se si aprono alla luce della paroladi Dio (Sal 119,130 s) con quellasemplicità che mancò ad Eva (2 Cor11,3) e di cui sono privi coloro checonfidano nella propria sapienza(Mt 11,25). Questa fede umile, con-dizione della salvezza (Mc 10,15; 1Piet 2, 2), è il primo aspetto dellasemplicità dei figli di Dio, che nonè infantilismo; essa implica al con-trario la rettitudine e l’integrità (Fil2,15) di cui Giobbe rimane il mo-dello (Giob 1, 8; 2, 3).

2. Semplicità e rettitudine. -Colui che cerca Dio deve fuggireogni doppiezza (Sap 1,1): nulla di-vida il suo cuore (Sal 119,113; Giac4,8), ne falsi l’intenzione (1Re 9,4;

Eccli 1,28 ss),freni una genero-sità che giungefino a mettere arepentaglio lap r o p r i a v i t a(1Cron 29,17; 1Mac 2,37.60),renda esitante lasua fiducia (Giac1, 8). Nessunatortuosità nellasua condo t t a(Prov 10,9; 28,6;Eccli 2,12), nénelle sue parole(Eccli 5,9).

Egli accettacon semplicità idoni di Dio (Atti2, 46) e dà senzacalcolare, con unamore sincero(Rom 12, 8 s; 1Piet 1, 22). Equesto perché ilsuo sguardo è

semplice; incapace di male, egli nonha di mira che la volontà di Dio edi Cristo quando deve obbedire agliuomini (Col 3,22 s; Ef 6,5 ss). Que-sta intenzione unica illumina la suavita (Mt 6, 22; Le 11,34); lo rendepiù prudente del serpente; questapurità d’intenzione è simboleggiatadalla semplicità della colomba. (Mt10,16)

Pensieri di Santa Luisacirca la semplicità

SIATE SEMPLICI E RETTENELLE VOSTRE INTENZIONI

La semplicità è per Santa Luisauna virtù importantissima e cometale investe tutto l’agire della perso-na:

• deve caratterizzare lo spiritodelle Figlie della Carità

• è necessario domandarla aDio nella preghiera

• è soprattutto necessaria nelrapportarsi con Dio

• nelle parole che si usano• nel lavoro• nello stile di vita• nella direzione spirituale.

La Figlia della Carità per esseresemplice deve guardare alla sempli-cità di Gesù Cristo

1. Semplicità con DioSiate tutta e solo di Dio, in tutte

le cose. Date sempre una grandeimportanza all’umiltà e alla dolcezzacordiale, e trattate con nostro Signo-re, sia nelle vostre orazioni comenei momenti d’abbandono del vostrospirito alla divina dolcezza, congrande semplicità e infantile fami-liarità. Non preoccupatevi se provate

o no gusti e sentimenti di fervoresensibile. Dio non vuole da noi altroche il cuore. Egli ha messo in nostropotere solo il semplice atto dellavolontà ed è a questo che egli guar-da, e all’azione che ne consegue. Enon fate troppo complicate riflessio-ni su voi stessa, anzi, fatene il menoche potete. Vivete invece in unasanta semplicità e gioia nel serviziodel nostro sommo Maestro e Signo-re. – (A Madame N…).

Vi servirà molto una pratica cheil nostro onoratissimo Padrec’insegnò in una delle sue ultimeconferenze l: è di abituarsi a guardarDio al principio di ogni nostra azio-ne, riconoscendoci indegne di farla,e, con un atto di amore, intrapren-derla soltanto per lui, offrendoglielaunita alla simile azione compiutadal suo unico Figlio quando era sullaterra. Il signor Vincenzo ci assicu-rava che se per otto giorni ci appli-cassimo a quest’esercizio, ne pren-deremmo talmente l’abitudine chelo faremo poi sempre, senza sforzoalcuno. Non dubito che vi affezio-nerete molto a questa pratica chedobbiamo credere essere ispirata daDio. – (A Suor Lorenza a Bernay;novembre 1655).

State attenta, mia cara sorella,affinché il gusto dell’approvazionedella gente, la consolazione che pro-vate nelle frequenti conferenze eriunioni2 non mettano radici troppoprofonde nel vostro spirito, così dalasciarvi ingannare riguardo al do-vere che avete di far tutto con asso-luta purezza d’intenzione nel servi-zio del Signore. Ciò potrebbenuocervi se la divina Provvidenzavi trasferisse in altro luogo dove nonpoteste avere tutte queste soddisfa-zioni. – (A suor Elisabetta Turgis aRichelieu; 10 marzo 1647).

Bisogna che siamo di Dio e in-teramente di Dio. Per esserlo davve-ro occorre che ci distacchiamo conforza e risolutezza da noi stesse.Credetemi: scandagliamo senza il-lusioni e senza false tenerezze i no-stri mali e scopriremo che il nostromaggior nemico ‘ l'amore di noistesse che ci fa trovar da ridire sullealtre e ci spinge a desiderare di es-sere soddisfatte in ogni cosa. Temia-mo che, con il nostro comportamen-to, noi diamo al nemico di Dioquello che a Dio solo appartiene innoi, e così perdiamo la ricompensache la sua bontà promette a quantiesercitano rettamente con la suagrazia le opere di misericordia, poi-ché egli respinge i ricchi doni dicoloro che vede pieni della loro pro-pria volontà. – (Alle FdCdell’ospedale di Nantes; 8 maggio1647).

di Anna Maria Fedele - Presidente Regionale

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 20114 FORMA

ZIONENell’insegnamento di San Vincenzo de’ Paoli

La semplicità

I

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 5FORMAZIONE

Se vogliamo che il nostro ser-vizio sia gradito a Dio, bisognach’esso parta da un cuore buono esemplice, cioè bene esercitato nellamortificazione del giudizio, dellavolontà, della soddisfazione deisensi e delle passioni; se questomanca, le nostre azioni saranno unvano rumore e solo l’amor propriovi troverà il suo vantaggio, ma ascapito del puro amore di Dio, cheè la pietra filosofale che convertetutto in oro, cioè rende meritorietutte le nostre opere. – (A suorLorenza a Bernay; 13 gennaio1657).

2. semplicità con il prossimoBadate soprattutto ad essere

sincere e disinteressate. – (Alle FdCospedale di Angers; 18 giugno1651).

Chiedete fervorosamente anostro Signore che purifichi tuttele vostre intenzioni. – (A SuorFrancesca Carcireux; 1657).

Siate tutte molto semplici eparlate pensando che Dio vi ascolta,rendendo conto a colui che vi dirigedi quanto vi riguarda, senz’altrointento che di far conoscere i vostridifetti per essere aiutate nel lavorodella vostra perfezione. – (FdC diNantes; 16 febbraio 1658).

Bisogna che vi confessi, mioonoratissimo Padre, che sono sen-sibilmente dispiaciuta quando vedole nostre suore cercare vie oblique,invece di andare fedelmente per lavia retta. – (A San Vincenzo; 31gennaio 1657).

Quello che non possiamo fare,non dobbiamo nemmeno promet-tere. – (all’abate di Vaux; 12 no-vembre 1653).

Non so se è contro la semplicitàfare una cosa che a me sembraprudenza, inviandovi cioè questalettera perché la vostra carità giu-dichi se sia il caso di spedirla 3. –(A San Vincenzo ;3 aprile 1657).

Quanto al trattare di affari, misembra norma di prudenza non diremai chiaramente ciò che uno pos-siede, perché, qualora le cose nonandassero a buon fine, l’agire di-versamente finirebbe per essere dipregiudizio. Non già che io abbial’intenzione di ingannare qualcuno,Dio me ne guardi, ma mi sembrache sia prudente fare così trattandodi affari. – (A San Vincenzo; 30agosto 1649).

NELL’INSEGNAMENTO DI SANVINCENZO DE’ PAOLILA SEMPLICITÀ

a) Per San Vincenzo, la sem-plicità è prima di tutto dire la verità.Dire le cose come sono, senza nullanascondere . Esprime questo prin-cipio in una lettera a Francois duCoudray, del 6 novembre 1634:«Vedete, la bontà del vostro cuoremi da grazie a Dio, libertà di par-larvi con tutta confidenza, senzaniente nascondervi né mascherarvi,e credo che ne siate stato consa-pevole fino ad ora, dal modo concui procedo con voi Gesù, mio Dio!

Sarei io ridotto a questa sventura,che bisognasse fare o dire qualchecosa riguardo a voi contro la santasemplicità? Dio me ne guardi, pa-dre, anche dal farlo riguardo achiunque sia. La semplicità è lavirtù che m’è più cara di tutte; edalla quale mi sembra di stare piùattento in ogni mia azione e nellaquale, se mi è lecito dirlo per mise-ricordia di Dio faccio qualche pro-gresso».

«Il cuore non deve pensare unacosa mentre la bocca ne diceun’altra». Il Missionario deve evi-tare ogni doppiezza, dissimulazione,astuzia e i doppi sensi. «Quanto ame, non so, ma Dio mi da una talee tanta stima della semplicità cheio la chiamo il mio Vangelo. Houna particolare devozione a dire lecose come sono».

b) La semplicità consiste nelriferire le cose a Dio soltanto, ossianella purezza di intenzione. In que-sto senso, la semplicità è fare qual-siasi cosa per amor di Dio e pernessun altro fine, senza «rispettoumano». Il Missionario non devecompiere opere di pietà in un luogoper rendersi raccomandabile in unaltro.

c) La semplicità comportauno stile di vita sobrio.

Manchiamo contro la semplicità- dice San Vincenzo - quando lenostre camere sono piene di cosesuperflue: quadri, grande quantitàdi libri, cose vane e inutili. Dobbia-mo usare con grande semplicità lecose che ci sono state date.

d) Per il Missionario la sem-plicità comporta lo spiegare ilVangelo in maniera familiare, se-condo il “Piccolo Metodo” in usonella Congregazione della Missione.Per esempio, parlando di una virtùpresentarne:

• i motivi per viverla,• la natura o definizione,• i mezzi per praticarla.

e) Nello spirito di San Vincenzola semplicità è intimamente colle-gata con l’umiltà ed è inseparabiledalla prudenza. Ciò significa basaresempre i propri giudizi sulle massi-me evangeliche e sul giudizio diGesù Cristo. Prudenza e semplicità,tendono allo stesso fine: parlare eagire bene.

f) San Vincenzo dà tutta unaserie di motivi per cui le comunitàdei Missionari e delle Figlie dellaCarità devono praticare la semplici-tà:

• Dio stesso è semplice; cosìdove vi è la semplicità vi è Dio.

• Tutti amano le persone sem-plici.

• I Missionari, soprattutto, do-vrebbero amarla, poiché li aiuterànel trattare con la gente semplice.

• La semplicità è lo Spirito diGesù Cristo.

• Dio vuole che la comunitàabbia questa virtù, specialmente sevive in un mondo di doppiezza.

• La doppiezza non è mai gra-dita a Dio.

• I semplici conservano la verareligione.

g) San Vincenzo elenca anchei mezzi con i quali si acquista lasemplicità:

• Ripeterne spesso gli atti.• Dire apertamente le cose ai

superiori senza cercare di nascon-dere ciò che è imbarazzante per noi.

• Ubbidire alla regola per pia-cere a Dio, non al superiore .

• Eseguire gli ordini senza chie-dere il perché.

«La semplicità è una virtù checi fa andare direttamente a Dio e

alla verità, senza tergiversazioni nétravisamenti». Essa «consiste nelfare tutte le cose per amor di Dio,senza avere altra mira, in tutte leproprie azioni, che la sua gloria».

«La semplicità, come virtù par-ticolare e propriamente detta, com-prende non soltanto la puritàd’intenzione e la verità, ma anchela proprietà di allontanare dallenostre parole e dalle nostre azioniqualunque inganno, astuzia e dop-piezza».

San Vincenzo sottolinea che lasemplicità deve manifestarsi sianelle parole che nelle opere: essainfatti «consiste nel dire le cosecome si pensano, senza inutili rifles-sioni, e nell’operare alla buona,senza travisamenti, né artifici, con-siderando Dio soltanto».

«La semplicità delle paroleconsiste nel dire le cose come leabbiamo in cuore, notate bene, co-me le pensiamo. Diversamente ab-biamo l’astuzia, la finzione, la dop-piezza, che sono contrarie alla virtùdi cui parliamo, la quale esige chesi dicano le cose come sono, senzariflettere tanto a questo o a quello,parlando ingenuamente e alla buo-na, aggiungendovi la pura intenzio-ne di piacere a Dio».

«La semplicità relativa alleazioni ha la caratteristica... di faroperare alla buona, rettamente esempre considerando Dio negli af-fari, negli uffici e negli esercizi di

pietà, escludendo ogni sorta diipocrisia, d’artificio e di vanepretese».

La semplicità «non tollera chesi manifesti una cosa e se ne pensiun’altra, e tal virtù ci fa parlaresecondo i sentimenti interiori e cifa operare, egualmente, con fran-chezza e rettitudine cristiana,sempre per Iddio». Chi non haquesta semplicità è una personavanagloriosa, scaltra, astuta.

Invito alla riflessioneMi sforzo, quando parlo e

agisco, di essere sincera e di noncercare vantaggi personali?

Coltivo in me la “semplicitàdelle parole”, rifuggendo nei mieidiscorsi da ogni forma di ipocrisia,di ostentazione e di calcolo?Quando mi rivolgo agli altri, cerco

di usare un linguaggio semplice,sincero, o mi piace suscitare ammi-razione? Mi sforzo, quando parlo,di farlo per il bene degli altri e nonper mettermi in vista e per ottenernesoddisfazione?

Nel mio modo di comportarmi,nei confronti dei poveri, del mioprossimo, delle mie consorelle, hoquella "semplicità dell’operare" chemi fa agire con prudenza, con sin-cerità, senza secondi fini? Qualisono, in questo campo, le mie de-bolezze più frequenti?

Mi chiedo ogni giorno, comeinsegna San Vincenzo, se ho prati-cato almeno una volta questa virtù?

PreghieraO buon Gesù, Tu sei ve-

nuto al mondo per insegnarela semplicità ed annientare ilvizio contrario, per insegnarela prudenza divina e distrug-gere quella del mondo...

Facci parte, Signore, diqueste divine virtù, che sonostate tanto eminenti in Te. Da’ad ognuno di noi il desideriodi diventare semplici e pru-denti della semplicità e pru-denza Tua. È la preghiera cheti facciamo, uniti in un cuorsolo e con la fiducia dei figliverso il padre loro.

Amen.(San Vincenzo)

Villa Castelli. Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli.

Un modello di famiglianell’orizzonte vincenziano

di Suor Rita Lai

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 20116 FORMA

ZIONE

a lettura della cronaca entusiastadel Campo Famiglie di Marina

di Massa dello scorso anno sarebbestato sufficiente per sé ad incorag-giare e promuovere una riflessionesulla famiglia nell’orizzonte vincen-ziano: quell’esperienza, giunta ormaiquest’anno alla settima edizione, sirivela fonte di grande ricchezza e diun notevole impegno per chi vivela dimensione familiare come stato

di vita o comunque per scelta voca-zionale o di ministero.

Se poi scegliamo una "scuola"per imparare ad essere famiglia, nonposs iamo propr io mancareall’appuntamento con la Famigliadi Nazaret. Vogliamo accostarci adessa con discrezione e semplicità;vogliamo "ascoltare" con gli occhidel cuore la sua vita quotidiana, lesue dinamiche, i suoi ritmi.

Scegliamo un punto di osserva-zione particolare, di chi non si ac-contenta di cercare solo una santitàa tre...

Osserviamo in essa un terrenoin cui è seminato un progetto di Dioche si propone tutto a favoredell’uomo, una scuola di umanitàin cui si coglie insieme la logica diDio e l’immagine dell’uomo cosìcome Dio lo sogna e lo desidera,realizzato completamente e "nellapienezza dei tempi" in Cristo Gesù.Guardare alla casa di Nazaret è porsi

in dialogo con la logica di Dio che,nella scelta dei suoi mezzi poveri,dello “scarto” che non va rigettatoma valorizzato, riesce a dareall’uomo un messaggio di speranza.

La Santa Famiglia è la casa na-turale e la prima del Figlio di Dio:Gesù è Figlio di Dio ma ha bisognodi una famiglia umana come alveo,terreno della sua crescita di uomodentro il suo popolo. E la sua fami-

glia diventa per lui, in primo luogo,una scuola di umanità: infatti, al dilà della santità in comune tra i Tredi Nazaret, quello che li rende par-ticolarmente preziosi agli occhi delmondo, è il fatto che essi hanno tuttela caratteristiche di qualsiasi uomo.

Nulla è più conveniente ad unariflessione sulla Famiglia di Nazaretche scrutare i testi biblici che lariguardano, in particolare i vangelidell’infanzia di Luca e Matteo: sonotesti scarni e sobri, molto essenziali,privi di particolari e dettagli, manell’implicito delle parole, come nelgioco dei silenzi, lanciano una seriedi messaggi che parlano ancoraall’uomo d’oggi. E quindi anche anoi.

Riflettere sulla famiglia di Na-zaret, quindi, significa in primo luo-go approfondire i l misterodell’Incarnazione, non solo perchéè il contesto naturale in cuiquest’ultima avviene, ma soprattutto

perché i suoi protagonisti principalidivengono maestri, esperti di uma-nità, attraverso la loro esperienzapersonale di vita. E ognuno per lasua parte. Maria che, ragazza giova-nissima già impegnata con Giuseppein un progetto di famiglia, vedesconvolti i suoi piani da una miste-riosa e pressante chiamata di Dio.Giuseppe che, pure coinvolto nellostesso sogno di Maria, risponde conlei un sofferto ma convinto "sì" nellafede al sogno di Dio. Gesù che, nellapienezza dei tempi, da Verbo delPadre, diviene uomo totalmente esenza sconti, ma anche senza perderela sua divinità. E vive così la suaparabola umana nell’ambito dellaFamiglia di Nazaret, ma anche delsuo tempo, della sua città, delle re-lazioni che segneranno e farannocrescere la sua umanità, degli eventiche "toccheranno" il suo cuore.

I Tre di Nazaret sono accomu-nati da questo si incondizionatoche è la risposta della loro umani-tà/divinità alla chiamata di Dio:ogni loro decisione è sempre secon-do la volontà di Dio: entrambi,Maria e Giuseppe vivono il trava-glio interiore che la chiamata diDio comporta, lo portano nella pre-ghiera, lo risolvono nella fede che,se non dà risposte sempre esaurientisul piano razionale, dà sicuramentela forza di affrontare la situazionefidandosi solo di Dio. Essi riesconoa vivere la loro vita sotto questosegno.

Allora la loro esperienza di vitae di fede va letta tutta nella logicanon di una santità da aureole o pro-fumi d’incenso, ma di una santitàgrande e insieme feriale, che profu-ma dell’odore dei trucioli del legnodi Giuseppe, della minestra di Maria,dei giochi e delle uscite del ragazzoGesù per la strada di Nazaret. Neiprofumi e nei sapori di una umanità,che visitata dalla divinità, non ne èdistorta ma trasformata, accresciutae sublimata. E che diviene quindidavvero Parola di Dio, perché parlaun linguaggio che tutti possiamoparlare, il linguaggio dell’uomo co-mune.

Una vita feriale, la loro, ma at-traversata dalla Presenza di Dio,visibilmente incarnata nel figlio Ge-sù. Usciamo dell’icona per entrarenei cuori dei Tre: Dio ha volutoincarnarsi in una famiglia pienamen-te umana con tutte le sue gioie, maanche con tutte le sue fatiche e lesue contraddizioni. È dunque questala vera icona, quella normale, quellaferiale.

Scopriamo allora che questafamiglia non è santa perché così larappresentiamo noi nelle nostre im-

magini pie, ma perché risponde inmodo pieno e coraggioso, appassio-nato e vitale, alla chiamata di Dio,alla vocazione alla comunione cheDio le ha affidato, al disegno diamore di Dio per l’uomo che nelloro "sì" trova uno spazio di attua-lizzazione.

Se è vero che l’Incarnazionesposa due movimenti che possiamoriscontrare continuamente nella sto-ria del dialogo dell’uomo con Dio,quello dall’alto, di Dio che si chinasull’uomo e quello dal basso,dell’uomo che si protende versoDio, Nazaret e la Famiglia Santadivengono il contesto naturale diquesto "matrimonio", di questo in-contro: proprio la Santa Famiglia,con le sue logiche di vita nascostae poco appariscente, ordinaria e sem-plice, di ferialità spicciola, dovehanno importanza parole come te-nerezza, amore, pazienza, umiltà,prendersi cura reciprocamente l’unodell’altro. Parole di chi vive piena-mente la propria umanità, paroleche sono il linguaggio naturale equotidiano di chi non ha che Diocome eredità. Questo è infatti illinguaggio che Dio predilige: il suoamore raggiunge ogni uomo, macertamente la Scrittura racconta ilsuo sguardo particolare per gli ulti-mi, gli esclusi, i bisognosi, i sempli-ci... È quindi naturale che egli, nelmistero dell’Incarnazione, vesta ipanni dell’ultimo e del povero. Luiè il primo ultimo, il più grande pic-colo, il più ricco povero, ma perscelta, per condivisione, per amoredell’uomo. Lo stile di Nazaret, lostile della Santa Famiglia è quindilo stile di Dio.

Dio, diventando uomo in Gesùdi Nazaret, sceglie non i mezzi delpotere e della gloria, ma i mezzipoveri di chi non ha gloria né ric-chezze: Nazaret ancora oggi rivesteun ruolo profetico. È Parola, annun-cio, evangelo. Evangelo di una spe-ranza che non viene meno.

Nazaret e la Santa Famiglianon sono solo i l s imbolodell’umanità bella che Dio sceglieper l’uomo, non solo del linguaggiopovero che egli assume per parlareal l ’uomo, ma sono anchel’emblema della logica di Dio: lapietra scartata diviene pietra ango-lare (cfr. Sl 117,22-23).

Come mette in luce J.P. Her-nandez, in un recente articolo (cfr.il Regno, n. 1089, 15 novembre2010, anno LV, 683-687) sulla Sa-grada Familia di Gaudi, parte delmateriale che viene usato per lacostruzione è dato dalle maiolichescartate che l’architetto pone invecenei luoghi più elevati della chiesa

L

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 7FORMAZIONEdi pietra. Ciò che è ultimo divienestrumento della gloria di Dio. Lapietra scartata diviene pietra ango-lare e centrale della costruzionedella Chiesa di Cristo.

Allora possiamo dire che laSanta Famiglia diviene mezzo percogliere il linguaggio di Dio, quellodell’Incarnazione, quello della po-vertà di mezzi per esprimere le realtàpiù grandi, le più belle, per racco-gliere l’eredità delle “pietre scartate”ma in realtà scelte e “angolari”,poste ai vertici come duttili “spazidi articolazione” di tutto l’edificio.

È chiaro allora che la Famigliadi Nazaret non può che essere una“scuola” per ogni vincenziano, perogni Conferenza: chi si pone comeobiettivo il “servire i poveri” nonpuò che guardare ad essa come unarisorsa preziosa, come un luogoprivilegiato in cui la povertà è scelta,vissuta e assunta sempre con la con-sapevolezza che resta pur sempreuna condizione che Dio ha combat-tuto, ma che anche poi ha rivestitopersonalmente, e che comunque hasempre privilegiato nella sua assun-zione piena di ogni uomo.

Una scuola di umanità in cui ilcentro è il linguaggio poverodell’Incarnazione, che dice quindicome Dio ama l’uomo, come losogna, come si pone in dialogo conlui. Una scuola di dinamica familia-re in cui ciascuno pone Dio al centrodella propria vita e del proprio es-sere, rinunciando ai propri sogniper valorizzare e realizzare quellidi Dio. Una scuola di comunione edi vita comunitaria in cui si appren-de anche come vivere il dolore efare sacrifici, ma soprattutto comesi esercita la fede, si nutre la spe-ranza, si rafforza la carità.

Una scuola di condivisione edi solidarietà, facile da immaginarenel piccolo borgo di Nazaret, dovetutti si conoscevano e dove la Fami-glia Santa doveva risplendere perle sue doti di ospitalità e fratellanza.Una fratellanza tra poveri, senzacerimonie, dove nella libertà di es-sere solo sé stessi, si trova spazioper la generosa assunzione dellavita dell’altro nella propria.

Quella che ogni vincenziano hanel cuore e che ritrovo in questeparole del Beato F. Ozanam: “C’èbisogno di qualcosa che non siaumano, che venga però a visitarel’uomo nella solitudine del suo cuo-re, e che da questa lo faccia uscireper entrare in azione; questo qual-cosa è la carità” e ancora, rivolto aipoveri: “Voi siete per noi le imma-gini sacre di quel Dio che noi nonvediamo e, non sapendo amarlo inaltro modo, lo ameremo nelle vostrepersone”.

Questo sono anche per noi i Tredi Nazaret: le immagini di ciò cheDio vuole dire all’uomo, vuole es-sere per l’uomo, la visita silenziosae discreta ma non meno presente edal di dentro di un Dio che, peramore dell’uomo, si fa uomo, si fapovero, per vivere e innalzare la suadignità fino a quella di Dio.

Empowerment e leVolontarie Vincenziane

di Margherita Germinario

o n d e v e s p a v e n t a r c il ’ a l t i s o n a n t e t i t o l odell’articolo,

esso invece deve stuzzicarci, intri-garci, incuriosirci, anzi spingercia conoscere il suo significato.

Lunedì, 12 dicembre 2011presso la sede cittadina di Fasanodel Volontariato Vincenziano si ètenuto il consueto incontro forma-tivo mensile. Un plauso va allaPresidente cittadina Eleonora San-sonetti che ha avuto l’intuizione diinvitare l’insegnante vincenzianaMaria Rubino – Colucci che è an-che la responsabile del gruppo distudio di Fasano a livello regionale,a parlarci dell’empowerment se-condo tema del 2011-2012 facenteparte del programma nazionale.

La relatrice ha illustrato tramitele slide i vari concetti che andavaspiegando, questo metodo da leiusato è stato molto apprezzato dallenumerose partecipanti, poiché hapermesso di seguire con facilità emaggiore attenzione l’argomento.

La parola inglese empower-ment, deriva dal verbo empower enon è traducibile in italiano con ununico termine. Essa viene general-mente usata nel senso di attribuirepoteri; “Mettere in grado di” con-trollare attivamente e responsabil-mente la propria vita. È una strate-gia che mira alla promozione di unindividuo, di un gruppo, di unacomunità.

I GVV, seguendo l’esempiodei fondatori, dovranno sempre piùdiventare agenti di cambiamentosociale e ricorrere a strategie diEMPOWERMENT per “dare

forza” sia ai gruppi di volontariatoc h e a l l e p e r s o n e “ d aaccompagnare”.

Si favorisce l’EMPOWER-MENT attraverso la valorizzazionedelle persone. Quindi i leader sonopersone capaci di promuovere cam-biamenti di fondo (cambiamentisistemici), sono capaci di trasfor-mare le persone che stanno lorointorno dando l’empowerment chepermetterà loro di diventare agentidi cambiamento e di continuare lamissione comune.

È un aspetto fondamentale delvolontariato vincenziano, comportaun cambiamento relazionale: richiamaalla corresponsabilità e al lavoro inrete.

Dopo la formazione è stataconsegnata, ad ogni volontaria pre-sente, una scheda /quiz anonima

per verificare l’effettiva interioriz-zazione del tema trattato. Al suc-cessivo controllo con grande sod-disfazione si è registrata unariuscita del corso al 99%.

La Presidente Cittadina ha chiu-so l’assemblea ringraziando la con-sorella e aggiungendo che condividee apprezza le tematiche trattate.

L’incontro è stato a vantaggiodi tutte le VV, ma soprattutto diquante non hanno, magari né temponé la possibilità di aggiornarsi leg-gendo le riviste specializzate. Allafine un caloroso e lungo applausoha testimoniato che la relatrice concompetenza è riuscita a toccare nelprofondo la sensibilità delle volon-tarie affrontando uno degli argo-menti fondamentali del carismavincenziano. Grazie Maria!

N

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 20118 FORMA

ZIONE

Idi Mons. Antonio Maria Vegliò

Eucaristia, fonte di caritàl Congresso Eucaristico Nazionale2011 mi offre l’occasione per ri-

flettere con Voi sul rapporto tral’Eucaristia e la missione che il SantoPadre ha affidato al Pontificio Con-siglio della Pastorale per i Migrantie gli Itineranti, che ho l’onore dipresiedere.

Nell’Esortazione Apostolica Sa-cramentum Caritatis (SC), il Santo

Padre Benedetto XVI ricorda le pa-role con cui diede inizio al suo Pon-tificato, quando disse che “non vi èniente di più bello che essere raggiun-ti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo.Non vi è niente di più bello che co-noscere Lui e comunicare agli altril’amicizia con Lui” (Acta ApostolicaeSedis 97 [2005] 711). Poi, riferendosiall’Eucaristia, il Papa spiega che “nonpossiamo tenere per noi l’amore checelebriamo nel Sacramento. Essochiede per sua natura di essere comu-nicato a tutti. Ciò di cui il mondo habisogno è l’amore di Dio, è incontrareCristo e credere in Lui. Per questol’Eucaristia non è solo fonte e culminedella vita della Chiesa; lo è anchedella sua missione” (SC, 84).

L’Eucaristia, quindi, è fonte an-che della missione del nostro Ponti-ficio Consiglio, che è uno dei“Dicasteri … che coadiuvano il Ro-mano Pontefice nell’esercizio del suosupremo ufficio pastorale per il benee il servizio della Chiesa universalee delle Chiese particolari” (PastorBonus, art. 1).

In effetti, la missione della Chie-sa “mira a raggiungere tutti gliuomini” (SC, 84), per poter condivi-dere con loro il dono preziosodell’amore di Dio e dell’incontro conCristo. È proprio il bisogno di fararrivare l’amore di Dio a tutti gliuomini che spinge la Chiesa a rivol-gere la sua sollecitudine pastorale“alle particolari necessità di coloroche sono stati costretti ad abbando-nare la propria patria o non ne hannoaffatto” e a “seguire con la dovuta

attenzione le questioni attinenti aquesta materia” (PB, art. 149). Essainoltre si prende cura di “tutti coloroche si trovano fuori del proprio do-micilio (affinché) possano usufruiredi un’assistenza pastorale adeguata”(PB, art. 151). In tutto questo consisteil compito che il Santo Padre ha affi-dato al Pontificio Consiglio dellaPastorale per i Migranti e gli Itine-

ranti.Concretamente, si

tratta di sollecitudine pa-storale nei confronti dirifugiati e migranti, apo-lidi, nomadi e gente dellospettacolo viaggiante,marittimi, sia in naviga-zione che nei porti, coloroche sono impiegati o la-vorano negli aeroporti osugli aerei, quelli cheviaggiano per motivi dipietà, studio o svago, co-me i pellegrini, gli studentiinternazionali e i turisti(cf. PB, art. 150-151).

Come potete vedere,sono categorie di personemolto eterogenee, avendoin comune soltanto il fat-todi non trovarsi nella

propria patria, avendola lasciata de-finitivamente o temporaneamente,volontariamente o forzatamente, ac-compagnati da Operatori pastoraliconsacrati o laici. In sintesi, parliamodi donne e uomini, bambini e anzianicoinvolti nel fenomeno vasto e com-plesso della mobilità umana, spessomarcato da sofferenze, insicurezza eprecarietà, dove la speranza diventapiù debole quando prendono il so-pravvento la mancanza di rispetto perla dignità e i diritti della personaumana, nell’affannosa ricerca di op-portunità per un futuro migliore.

In che cosa consiste la sollecitu-dine pastorale che il nostro Dicasteroè chiamato a prestare verso la gentein movimento? Con una funzione pre-valentemente di studio, di promozionee di animazione pastorale, il nostroPontificio Consiglio esercita il suocompito stimolando e assistendo leChiese locali nell’attività a favore deimigranti e degli itineranti “affinchéil popolo cristiano … acquisti coscien-za delle loro necessità e manifestiefficacemente la sua solidarietà neiloro confronti”, come afferma la Pa-stor Bonus (art. 150, § 4). Ciò significadunque essere le braccia e il cuore diGesù Cristo, oggi, accanto ad ognipersona in mobilità, essendo, diretta-mente o indirettamente, “testimonidella compassione di Dio per ognifratello e sorella”, resi tal idall’Eucaristia (SC, 88).

Per lo svolgimento della nostramissione, siamo grati ai singoli Ve-scovi, alle Conferenze o Sinodi Epi-scopali e alle corrispondenti strutture

delle Chiese Cattoliche Orientali ditutto il mondo, con cui collaboriamoe per le quali abbiamo un ruolo dicoordinamento dell’azione pastoralein tale campo.

In effetti, attraverso i diversi or-ganismi ecclesiali che operano sulterritorio, possiamo raggiungere con-cretamente le persone e le collettivitàa noi affidate. Per loro possiamo svol-gere quel “servizio della carità neiconfronti del prossimo” che nasceattorno al Mistero eucaristico, checonsiste nell’amare, in Dio e con Dio,ogni persona che avviciniamo, inclusequelle che non conosciamo, giacchéper ogni persona “il Signore ha datola sua vita ‘amandoli fino alla fine’(Gv 13,1)” (SC, 88). Mentre cerchia-mo di rispondere in prima personaall’appello di Gesù Cristo: “date lorovoi stessi da mangiare” (Mt 14,16),che ancora oggi interpella i singolicristiani e le comunità ecclesiali (cf.SC, 88), il nostro servizio della caritàsottolinea la centralità della personaumana e, dunque, la necessità di di-fendere la dignità e i diritti delle per-sone in mobilità, soprattutto indivi-duando percorsi di autenticaintegrazione, dove ai diritti di ciascu-no corrisponde l’osservanza reciprocadei doveri.

L’Eucaristia, che ci spinge adessere “pane spezzato” per gli altri,ci porta ad impegnarci “per un mondopiù giusto e fraterno” (SC, 88). Conla gente in movimento, cerchiamo dicostruire tale mondo proprio lì doveessi vivono, lavorano, soffrono, con-quistano, in cui siamo chiamati a por-tare Cristo, il Suo amore, la Sua pa-rola, la Sua Chiesa. Qui l’Eucaristia“si offre a ciascuno … nella condizio-ne in cui egli si trova, facendo diven-tare la sua situazione esistenziale luo-go in cui vivere quotidianamente lanovità cristiana” (SC, 79). Vivendo“la novità radicale portata da Cristo”proprio nella loro esistenza quotidiana,le persone in mobilità diventano testi-moni nel proprio ambiente di lavoroe in tutta la società. A tale riguardo,in questi giorni qui ad Ancona molticongressisti sono ospitati su una naveancorata nel porto, come segno disolidarietà con i marittimi della Fin-cantieri e, idealmente, con quelli ditutto il mondo, che affrontano parti-colari difficoltà a causa della crisieconomica. Il nostro Dicastero accom-pagna anche la gente del mare e assistele loro famiglie.

Così si attua, nel mondo dellamobilità umana, la prima e fondamen-tale missione che scaturiscedall’Eucaristia, quella cioè di renderetestimonianza con la vita. BenedettoXVI, ancora nell’Esortazione Sacra-mentum Caritatis, afferma che “latestimonianza fino al dono di se stessi,fino al martirio è sempre stata consi-derata nella storia della Chiesa il

culmine del nuovo culto spirituale…Anche quando non ci viene chiestala prova del martirio, tuttavia, sappia-mo che il culto gradito a Dio … trovala sua realizzazione nella lieta e con-vinta testimonianza, di fronte al mon-do, di una vita cristiana coerente negliambiti dove il Signore ci chiama adannunciarlo” (85).

Nel tentativo di far circolare lavita in Cristo, che l’Eucaristia suscitaanche nel mondo della mobilità uma-na, il nostro Pontificio Consiglio pe-riodicamente organizza Congressimondiali e regionali nei vari settoridi nostra competenza, realizza visitepastorali nei luoghi dove si fannosentire più acuti il grido di sofferenzae ricerca di aiuto dei nostri fratelli esorelle in mobilità. Inoltre, pubbli-chiamo documenti e riviste che pos-sono toccare la coscienza e la sensi-bilità di uomini e donne di buonavolontà, spingendoli ad attivarsi per-ché tali situazioni trovino positivasoluzione.

Una delle ultime iniziative, checito come esempio, è stata il pellegri-naggio di diverse etnie di Zingari,provenienti da tutta l’Europa, allatomba dell’Apostolo Pietro, nelloscorso mese di giugno. È la primavolta che il Santo Padre ha dato aquesto popolo un’Udienza privata inVaticano. L’evento è stato organiz-zato dal nostro Dicastero con la col-laborazione della Fondazione Migran-tes della Conferenza episcopaleitaliana, della Diocesi di Roma e dellaComunità di Sant’Egidio. Incontran-doli, Benedetto XVI ha affermatoche essi sono “un’amata porzione delPopolo di Dio pellegrinante” che ciricorda “che ‘non abbiamo quaggiùuna città stabile, ma andiamo in cercadi quella futura’(Eb 13,14)”, Parlan-do, inoltre, del Beato Zefirino Gimé-nez Malla, martire zingaro di cuiricorre il 150mo anniversario dellanascita e il 75mo del martirio, il Papali ha incoraggiati a seguire il suoesempio, soprattutto nella dedizionealla preghiera, particolarmente quelladel Rosario, e nell’amore perl’Eucaristia.

Con tutto ciò, il nostro PontificioConsiglio sa che la sua è una missioneche non può svolgere da solo. Abbia-mo bisogno del coinvolgimento ditutta la Chiesa e di tutta la società,nonché di tutti gli Organismi impe-gnati nell’enorme fenomeno dellamobilità umana. Si tratta di una mis-sione che si esplicita nel portare tuttia Cristo. Questo rimanda al Misteroeucaristico e al senso profondo dellasanta comunione. Essa ha sempre einseparabilmente una dimensione ver-ticale e una orizzontale: comunionecon Dio e comunione tra di noi, duedimensioni che si incontrano e siintrecciano misteriosamente nel donoeucaristico.

Nell’Eucaristia dunque, troviamol’intima unione con Dio, Unità e Tri-nità, e nello stesso tempo incontriamoi fratelli e le sorelle migranti e itine-ranti, intimamente uniti a Gesù Cristo,che per ciascuno di noi ha dato lavita.

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 9FORMAZIONE

Il Papa: bisogna recuperareil primato di Dio nella società

Non c’è vera libertà senza Dio, affermal primato di Dio nella vita quoti-diana è necessario perché l’uomo

scopra la verità su se stesso, perchéle ideologie che hanno voluto or-ganizzare la società prescindendoda Dio non sono riuscite a saziarel’uomo.

È il messaggio che Papa Bene-detto XVI ha lanciato questa do-menica nell’omelia con la qualeha chiuso il XXV Congresso Eu-caristico Nazionale, nel cantierenavale di Ancona.

Il Pontefice ha sottolineatol’importanza del fatto che Dio torninella società umana.

“È anzitutto il primato di Dioche dobbiamo recuperare nel no-stro mondo e nella nostra vita, per-ché è questo primato a permettercidi ritrovare la verità di ciò chesiamo, ed è nel conoscere e seguirela volontà di Dio che troviamo ilnostro vero bene”.

Nel mondo contemporaneo,“dopo aver messo da parte Dio, oaverlo tollerato come una sceltaprivata che non deve interferirecon la vita pubblica, certe ideologiehanno puntato a organizzare la so-cietà con la forza del potere edell’economia”.

“La storia ci dimostra, dram-maticamente, come l’obiettivo diassicurare a tutti sviluppo, benes-sere materiale e pace prescindendoda Dio e dalla sua rivelazione sisia risolto in un dare agli uominipietre al posto del pane”.

Ciò, ha osservato, accade per-

ché l’uomo è “incapace di darsi lavita da se stesso”, e “si comprendesolo a partire da Dio: è la relazionecon Lui a dare consistenza allanostra umanità e a rendere buonae giusta la nostra vita”.

Il Papa ha anche voluto affer-mare che l’uomo non può essereveramente libero senza Dio.“Spesso confondiamo la libertà

con l’assenza divincoli, con laconvinzione dipoter fare dasoli, senza Dio,visto come unl i m i t e a l l alibertà”, ha af-fermato.

A d o g n imodo, “è questaun’illusione chenon tarda a vol-gersi in delu-sione, generan-do inquietudinee paura”, perché“solo nell’aper-tu ra a Dio ,nell’accoglienzadel suo dono,diventiamo ve-ramente liberi,l i b e r i d a l l aschiavitù delpeccato che sfi-gura il voltodell’uomo e ca-paci di servire al

vero bene dei fratelli”.

Tempo e spazio per DioIl Pontefice ha quindi sottoli-

neato che è imprescindibile “daretempo e spazio a Dio, perché siail centro vitale” dell’esistenza uma-na.

La “sorgente per recuperare eriaffermare il primato di Dio”, haaggiunto, è l’Eucaristia: “qui Diosi fa così vicino da farsi nostrocibo, qui Egli si fa forza nel cam-mino spesso difficile, qui si fa pre-senza amica che trasforma”.

“La comunione eucaristica,cari amici, ci strappa dal nostroindividualismo, ci comunica lospirito del Cristo morto e risorto,ci conforma a Lui; ci unisce inti-mamente ai fratelli in quel misterodi comunione che è la Chiesa, do-ve l’unico Pane fa dei molti unsolo corpo”.

L’Eucaristia, ha sottolineato ilPapa, “sostiene e trasforma l’interavita quotidiana”, perché “nella co-munione eucaristica è contenutol’essere amati e l’amare a propriavolta gli altri”.

Da essa nasce “una nuova eintensa assunzione di responsabilitàa tutt i i l ivell i della vitacomunitaria”, e quindi “uno svilup-po sociale positivo, che ha al centrola persona, specie quella povera,malata o disagiata”.

Il Papa ha invitato a parteciparea questa “spiritualità eucaristica”,

c h e è “ v e r o a n t i d o t oall’individualismo e all’egoismoche spesso caratterizzano la vitaquotidiana” e “porta alla riscopertadella gratuità, della centralità dellerelazioni, a partire dalla famiglia”.

Questa spiritualità, ha conti-nuato, “è anima di una comunitàecclesiale che supera divisioni econtrapposizioni e valorizza lediversità di carismi e ministeriponendoli a servizio dell’unitàdella Chiesa, della sua vitalità edella sua missione”, e “via perresti tuire dignità ai giornidell’uomo e quindi al suo lavoro,nella ricerca della sua conciliazio-ne con i tempi della festa e dellafamiglia e nell’impegno a superarel’incertezza del precariato e il pro-blema della disoccupazione”.

“Ci aiuterà anche ad accostarele diverse forme di fragilità umanaconsapevoli che esse non offuscanoil valore della persona, ma richie-dono prossimità, accoglienza eaiuto”.

“Dal Pane della vita trarrà vi-gore una rinnovata capacità educa-tiva, attenta a testimoniare i valorifondamentali dell’esistenza, delsapere, del patrimonio spirituale eculturale; la sua vitalità ci faràabitare la città degli uomini con lad i spon ib i l i t à a spenderc inell’orizzonte del bene comune perla costruzione di una società piùequa e fraterna”, ha concluso.

I

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201110 FORMA

ZIONE

La medaglia miracolosaIntervista a Suor Maria Napolitano

P erché la devozionealla Medaglia Miracolosa?Il Papa Paolo VI, al termine

della discussione sul capitolo 8°della Lumen Gentium, sulla Vergi-ne Maria, fece dono ai Vescoviconciliari di una Medaglia Miraco-losa e ne spiegò il motivo.

“La Medaglia contiene, in sin-tesi, tutto il mistero redentivo diCristo. Si è certi che questa Meda-glia viene dal cielo perché nessunartista, in così breve spazio, avrebbepotuto esprimere il Mistero reden-tivo di Cristo”.

Il diritto della Medaglia presen-ta la Vergine ritta sul globo,nell’atteggiamento di schiacciareil capo al serpente, simbolo delmale, e richiama il cap. 3 dellaGenesi “una donna ti schiaccerà ilcapo”. Ella è vestita di luce, colcapo coronato di stelle e richiamail cap. 12 dell’Apocalisse, la Donnavestita di sole, figura della Chiesa.Dalle sue mani emanano raggi,simbolo delle grazie che Mariaspande su coloro che gliele chiedo-no … A lettere d’oro è scritta lapreghiera “O Maria concepita senzapeccato, prega per noi che ricorria-mo a te”.

Il rovescio della Medaglia pre-senta una linea orizzontale che at-traversa la Croce e la M. Qual è ilsimbolismo? La Mensa Eucaristicasulla quale si sacrificano Cristo conMaria: i due cuori, il cuore di Cristo

circondato di spine e il cuore diMaria trafitto da una spada, Cristo,segno di contraddizione. Sulla men-sa i due cuori: Gesù che si sacrificae Maria che sta ai piedi della Croce,lì nasce la Chiesa, raffigurata dalle12 stelle, che ha la missione didiffondere il messaggio redentivo.

Maria diventa la Mediatrice ditutte le grazie: nessuna grazia arrivaa noi se non per mezzo di Maria.

Ritorno alla domanda: Perché

la devozione alla Medaglia Mira-colosa?

La Santa Vergine ha donatoquesta Medaglia alla Chiesa e almondo attraverso S. Caterina La-bouré, un’umile Figlia della Caritàdi S. Vincenzo de Paoli, il 27 no-vembre 1830.

Dopo la visione delle due faccedella Medaglia, Ella ha ascoltatoqueste parole: “Fa’ coniare unaMedaglia su questo modello. Lepersone che la porteranno con fi-ducia riceveranno grandi grazie.Le grazie saranno sparse sui piccolie sui grandi”.

La Medaglia coniata nel 1832,si diffonde rapidamente. Tutte lepersone che la portano ritrovanola fede, sperimentano la protezioneparticolare della Vergine, sonoguarite nel corpo e nello spirito.Presto è chiamata “la MedagliaMiracolosa”.

Che senso ha venerare questaMedaglia per un cattolico?

Per rispondere a questa doman-da bisognerebbe venire qui, a Pari-gi, nella Cappella della MedagliaMiracolosa, osservare le folle dipellegrini, credenti e non credenti,che ogni giorno dell’anno accor-rono qui da ogni parte del mondo,attratte da una misteriosa Presen-za o sicuri di rispondere ad uninvito, ascoltato un giorno da S.Caterina Labouré: “Venite ai pie-

di di questo altare, le grazie sa-ranno sparse su tutti”. Giovani,adulti, anziani, bambini, famigliesostano in preghiera silenziosa ocomunitaria e poi, prima di uscire,si accalcano intorno all’altare.Ognuno vi entra con grande fedeed anche senza fede, col cuore intumulto, amareggiato o ricco difiducia e di riconoscenza … Tuttine escono trasformati. Le Suoreche svo lgono i l s e rv i z io

dell’accoglienza ogni giornoascoltano storie meravigliose diconversioni, di pace ritrovata, diguarigioni, di gratitudine. Propriol’altro ieri, un miscredente, dopoaver sostato per due ore in silen-zio nella Cappella, ne è uscitodicendo: “Chi è in questa Cappel-la? Io non sono più lo stesso”!

Così avvenne il 20 gennaio1842 ad Alfonso Ratisbonne,Ebreo, nella Chiesa di S. Andreadelle Fratte a Roma. Egli avevaaccettato di portare su di sé unaMedaglia, dono di un suo amico… La Vergine della Medaglia loavvolse della sua luce, divennecattolico fervente, prete, missiona-rio …

Chi accoglie Maria nella suavita, accoglie Gesù … perciò noiFiglie della Carità offriamo in donola Medaglia come segno di affida-mento a Maria della propria vita,come via privilegiata per aprirsi aGesù con Lei e come Lei.

S. Massimiliano Kolbe, S. Pa-dre Pio da Pietrelcina, la BeataMadre Teresa di Calcutta e moltialtri Santi diffondevano la Meda-glia in tutti i luoghi, la offrivano atutte le persone.

Che cosa la Medagliapuò dire oggi all’Europa?

La bandiera dell’Europa portail simbolo di 12 stelle: il cristianovi legge le 12 stelle raffigurate sullaMedaglia, la corona di Maria, laComunità della Chiesa.

La Medaglia Miracolosa, que-sto dono venuto direttamente dalcielo, approfondito nella sua riccasimbologia, può aiutare l’Europaa ritrovare le sue radici cristiane,secondo l’auspicio e il forte invitodel beato Giovanni Paolo II, ripresoda papa Benedetto XVI.

Ritrovare le radici cristiane: lacultura europea, intrisa di cristia-

nesimo. L’Europa ha bisogno diuna nuova evangelizzazione perriscoprire e ricomprendere se stes-sa, la sua anima profonda, la suaciviltà. L’uomo di oggi, che vivein Europa o nel mondo, ha bisognodi messaggi semplici, veri, profondie coinvolgenti; ha bisogno di risco-prirsi come capolavoro di Dio,amato e redento, in cammino versola pienezza della sua umanità.

Maria, la Donna nuova, la pri-ma redenta, conduce a Cristo,l’Uomo nuovo. La Medaglia è se-gno di questa sua presenza, dellasua tenerezza materna e, come ungiorno a Cana, prende a cuore lafelicità dell’uomo e lo aiuta a ritro-vare la Salvezza, il rapportod’Amore con Dio riconosciuto co-me Padre e con il suo simile rico-nosciuto come fratello.

Come svolgetela vostra attività?

Noi, Figlie della Carità, siamochiamate a servire Gesù Cristo nellapersona dei poveri e degli emargi-nati, in spirito di umiltà, semplicitàe carità. Perciò la Madonna ci haaffidato la Medaglia. Sollecitatedall’amore di Cristo e sostenute dauna profonda vita di preghiera,viviamo in comunità per la missio-ne di servizio ai Poveri. Dedichia-mo la vita a curare le persone ab-bandonate: i malati e i poveri,dovunque, nel mondo. Il nostroservizio in 92 Paesi copre una vastagamma di attività nel campo uma-nitario e sociale, lavoriamo ancheper la giustizia, la pace e la solida-rietà.

Come le società si trasformanoe crescono, così cambiano i bisognidelle popolazioni. Per questo i ser-vizi che rendiamo sono in continuatrasformazione e adattamento. Eccoalcuni servizi che attualmente svol-giamo:

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 11FORMAZIONE

Raccogliere i fruttidel Giubileo

Coordinamento della Famiglia Vincenziana d’Italia

Sintesi dell’anno vincenziano

• Servizio ai senza fissa di-mora e ai migranti;

• Servizio agli anziani;• Educazione e servizio ai

bambini e ai giovani;• Servizi sanitari e cure (in

Africa collaboriamo moltocon la comunità di S. Egi-d io pe r comba t t e rel’AIDS);

• Promozione della donna;• Servizio ai tossicodipen-

denti;• Pastorale;• Sostegno ai carcerati;• Servizio alle persone diver-

samente abili.

Svolgiamo i nostri servizi inrete tra le diverse realtà presentinei vari luoghi e paesi, realtà so-ciali, civili ed ecclesiali e tendiamosempre a promuovere le persone,rendendole protagoniste nei variprogetti …

A tutti annunciamo il Vangelocon gesti e parole, consideriamola Medaglia come essa è “Vangelodei poveri”, e la doniamo a tutti.

Quanto abbiamobisogno di simboli?

L’uomo per la sua stessa naturaha bisogno di vedere, di toccare,di sperimentare, di rappresentareil mistero. La religiosità popolareè ricca di tutto questo e nutre lafede dei credenti. La Via Crucis,il Rosario, le Novene, la Medaglia… sono mezzi che aiutano a entraree a comprendere il mistero che sicelebra nella liturgia.

La Medaglia Miracolosa, comele altre Medaglie della Vergine ogli altri oggetti di culto, non deveessere considerata come un talisma-no. Questo condurrebbe i fedeli aduna vana credulità. La promessadella Vergine Maria, secondo laquale “le persone che porterannola Medaglia riceveranno grandigrazie”, esige da parte dei fedeliun’adesione umile e fedele al mes-saggio cristiano, una preghiera per-severante e fiduciosa e una condot-ta morale coerente.

A conclusione di questa inter-vista, invito tutte le persone inascolto a portare su di sé questaMedaglia, ad approfondirne il sen-so nella preghiera e nella fede.

Portando la Medaglia, ci vienericordato che dovunque andiamo,dovunque siamo, Maria è con noi,noi siamo con Lei. La nostra voca-zione è ascoltarla e seguirla, è starecon Lei, essere in Lei, operare permezzo di Lei. È lasciarsi prendere,lasciarsi afferrare dal suo progettoabbandonando il nostro. Maria de-sidera da noi interiorità e fede,preghiera e dedizione, andandocontro corrente.

Maria vuole dei figli che con-servino nel cuore le parole del Fi-glio, le riflettano, le attuino e anchea noi dice come un giorno a Cana:“Fate tutto quello che Egli vidirà”.

n risposta alla lettera del PadreGenerale del 19 luglio 2011, a no-

me del Coordinamento della Fami-glia Vincenziana d’Italia propongole seguenti riflessioni a coronamen-to dell’anno giubilare del 350° dallamorte dei nostri Fondatori.

Si può osservare l’anno vincen-ziano, vissuto in Italia nel 2010, dalpunto di vista della quantità, espo-nendo cioè numeri e cifre. E la cosanon è neanche tanto difficile. Maforse è più importante coglierel’elemento di fondo che ne ha co-stituito l’anima. Perché mentre lecifre riguardano il passato,l’elemento interiore è principio dirinnovamento e vita nuova. In ogniricordo, infatti, è decisiva la chiaveermeneutica, il modo cioè in cuiviene letto.

Tale chiave mi sembra che sial’elemento simbolico. Mediante leiniziative del 350° infatti è statounificato il passato con il nostropresente, riportando davanti allenostre coscienze di vincenziani lanostra identità. Non è facile esserevigili di fronte alla propria vocazio-ne: essa può smarrirsi a causadell’usura del tempo. Ebbene, levarie iniziative non sono state finea se stesse, né alla semplice auto-celebrazione di un passato lontano;ma hanno avuto il pregio di risve-gliare il senso di appartenenza alleintuizioni vincenziane.

San Vincenzo di fatto non erapreoccupato di dare origine a delleistituzioni. Ne diffidava persino.Essendo un uomo spirituale, eraattento a rispondere ai movimentidello Spirito. Possiamo dire che era“movimentista”, nel senso che ave-va la preoccupazione di dare voltoespressivo al Vangelo della Carità,che evidentemente non è soltantol’insieme delle attività caritative,ma l’annuncio, attraverso di esse,di una buona notizia, e cioè che ilSignore ama i i deboli, gli emargi-nati, gli oppressi, i poveri. E’ dallaloro parte. E noi siamo stati chia-mati per vocazione a esprimere que-sto volto buono di Dio.

Ecco: l’anno vincenziano è sta-to un anno riuscito nella misura incui questo rimando simbolico allalezione di san Vincenzo è stata re-cepita, più o meno criticamente,nella consapevolezza di ciascunodi noi vincenziani. Questo livellonon è facilmente documentabile,tuttavia con buona approssimazionesi può dire che da questo punto divista, nel suo insieme, l’evento del350° è riuscito.

Al termine dell’esperienzadell’anno giubilare si può affermareche in Italia, almeno embrionalmen-te, il sentimento di appartenenzaalla FamigliaVincenziana èstato risve-gliato. Il Co-ordinamentonazionale èstato il canaleunificante cheha messo incantiere alcu-ne iniziativetrainanti dalpunto di vistadella memo-r i adell’identità.Certamentenon tutto èstato perfetto,ma molto èstato fatto.

Solo per ricordare accenno adue attività che sono state signifi-cative a l ivello nazionale:l’attenzione alla cultura; el’attenzione a rendere visibilel’unità della FamVin in Italia attra-verso l’iniziativa comunitaria Ac-qua, una goccia per la vita.

1. Il Coordinamento ha volutomettere al centro delle manifesta-zioni del 350° soprattutto il livelloculturale, per risvegliare in noi vin-cenziani, e per far maggiormenteconoscere intorno a noi, la nostraidentità vincenziana.

Da questo punto di vista le ini-ziative maggiormente riuscite sonostate.

a. Il Convegno a Roma, su Ca-rità e Missione, di cui sono in viadi pubblicazione gli Atti, e che havisto apporti non solo interni allaFamiglia Vincenziana, ma anchedi personalità del mondo laico. Vihanno partecipato oltre 500 vincen-ziani da tutta Italia.

b. La pubblicazione di due nuo-ve biografie su san Vincenzo e santaLuisa, ad opera di Luigi Mezzadrie di Luigi Nuovo.

c. Il numero unico di Informa-zione Vincenziana, e la pubblica-zione di sussidi per ricordare i santivincenziani, man mano che se necelebrava la memoria.

d. Laboratorio pittorico conconcorso per ragazzi, i cui miglioririsultati serviranno come illustra-zione del calendario 2012.

e. L’ampia diffusione di postere immagini dei nostri santi, tra cui ilmanifesto di san Vincenzo con

l’originale scritta: “San Vincenzo ha350 anni. Mai stato così giovane.Buon anniversario dalla FamigliaVincenziana”.

2. La sottolineatura dell’unitàdella Famiglia Vincenziana è avve-nuta attraverso l’iniziativa Acqua,una goccia per la vita. Essa avevadue obiettivi: realizzare interventiche operassero un cambiamentosistemico della povertà e mostrarela capacità operativa unitaria dellaFamVin in Italia. Entrambi gliobiettivi sono stati realizzati. Aparlare sono le cifre, il cui valorenon sta nella quantità, ma nel signi-ficato simbolico che esse esprimonoe, cioè, la mobilitazione della basedella Famiglia Vincenziana che hasaputo smuovere i propri ambientie sensibilizzarli in favore dei poveridelle nostre missioni.

Sono stati superati i cinquecen-tomila euro, raccolti con oltre 300oblazioni (molte delle quali sonosono la somma di tante altre piccoleofferte unite insieme).

Sono già arrivati a destinazione332,900 euro per 20 progetti, anchese non tutti sono ancora stati con-clusi.

Sono da attivare ancora 3 pro-getti (Gramsh 12.000 euro, Shariki30.000 euro e Maarda 30.000 euroin Eritrea).

Ed altri 3 progetti (Andemaka,Tanzania (17.000), allargamentod e l p r o g e t t o M a n j a g u e -Mozambico) sono in via di defini-zione e approvazione.

Attraverso la partecipazione adun concorso della Human Life diRoma, si è potuto allargare il pro-getto di Dekamerè con 25.000 euro.

Questi brevi appunti sono suf-ficienti per affermare che, in Italia,il 350° non è passato invano.

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FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201112 FORMA

ZIONE

Un padre di famiglia dalla fedeardente e dalla carità inventiva

di Roberto D’Amico

N el 1983 in un’udienza concessaalle Conferenze, in occasione

del 150° di fondazione il SantoPadre Giovanni Paolo II presentòla figura dell’allora Venerabilecon queste significative parole:

«Bisogna prima di tutto rin-graziare Dio per il dono che Egliha fatto alla Chiesa nella personadell’Ozanam. Si rimane meravi-gliati per tutto quello che ha potutointraprendere per la Chiesa, per lasocietà, per i poveri, questo stu-dioso, questo professore, questopadre di famiglia, dalla fede ar-dente e dalla carità inventiva, nelcorso della sua vita troppo prestofinita...».

Le parole del Santo Padre cidelineano la grandezza spiritualedi quest’uomo che nella sua brevevita terrena: dal 1813 al 1853, inun solo quarantennio, «explevittempora multa» (Sap 4, 13).

La santità è più un processoevolutivo che un fatto statico; enon sempre agli inizi i santi la-sciano prevedere quale sarà la lorofutura maturazione e quale il suo

epilogo. Non così per FedericoOzanam. Senza voler per forzamettergli l’aureola fin dalla nascita,i sintomi d’una santità in atto, cheavrebbe poi avuto la sua più com-piuta fioritura, son chiaramenterilevabili già nel suo sereno e caldoambiente familiare, negli anni tra-scorsi a Lione fino al 1822.

Si, è vero, egli s’accuserà piùtardi d’essere stato, verso gli ottoanni, irascibile, cocciuto, pigro egoloso. E tuttavia, nel riassumerein quel giudizio la valutazionecomplessiva della sua infanzia,riconoscerà che, tutto sommato«era allora molto buono». In verità,le testimonianze ne documentanonon solo l’angelica innocenza e ladelicatezza del sentire, ma ancheun bel corredo di tante altre virtùall’interno d’un equilibrio di pro-porzioni indubbiamente superioririspetto alla media. Il futuro «san-to», però, ebbe modo di delinearsie rivelarsi negli otto anni del Col-lège Royal. Federico vi trascorseun’adolescenza limpida e seria,fortemente impegnata sul piano

degli studi non meno che su quellomorale. D’ingegno precoce, sidedicò con generosità e fedeltà aldovere, coltivò una pietà genuinae convinta, una grande onestà dicostumi, una laboriosità alacre edinfaticabile. Nemmeno a lui furisparmiata la crisi dei 14- 16 anni:crisi intellettuale, ma vera torturadi dubbi e tentazioni contro lafede. La crisi non lo prostrò, macontribuì a fortificarne lo spirito,ne uscì grazie alla costanza delsuo studio, della sua preghiera,della sua frequenza ai sacramenti.

A 18 anni Federico aveva giàla stoffa e lo stile di vita dell’uomopadrone di sé, capace d’imprimerealla sua esistenza i ritmi che nefecero, l’apostolo della carità edil testimone della fede. Non gli fudifficile affrontare la prova uni-versitaria (Parigi 1831-1836). Chil o c o n o b b e n e g l i a n n idell’università, lo descrive comeun modello nello studio e nellapietà. I settori nei quali e dai qualiesprime la sua esemplarità sonosempre gli stessi: un impegno,motivato soprannaturalmente,nello studio senza soste ed apertosu vastissimi orizzonti; edun’attività apostolica che, sorrettadalla sua interiorità ricca e gioiosa,non si limita ad alleviare l’altruiindigenza, ma procura con ognidiligenza di elevare la mente e ilcuore degli stessi indigenti.

Brillantemente laureatosi,eser’ita l'avvocatura ed insegna ildiritto, ma in cuor suo è alla ricercaspasmodica della sua strada; siinterroga sulla sua vocazione. Allafine del 1839 la scelta è definitiva:la cattedra di lettere alla Sorbonae la decisione di mettere su fami-glia. Si sposerà infatti il 21 giugno1841. Ma la sua tensione asceticagli aveva fatto balenare l’idea delconvento, lusingato dall’appoggiodel suo grande amico Lacordaire.Solo la consapevolezza di doverdare una testimonianza cristiananel mondo lo spinse al matrimonio.

Altissime qualitàFederico Ozanam, fu profes-

sore universitario di altissime qua-lità intellettuali e morali oltre digrande preparazione scientifica,così pure fu sposo e padre dal trattoe dal comportamento ispirato atenerezza e a grandi ideali spiri-tuali. Fede e carità furono il suodistintivo sia nell’esercizio dellasua professione accademica, sianell’impegno di apologeta, sia so-prattutto nella vasta azione carita-tiva che con la sua persona e le

Conferenze seppe sviluppare. Egliera convinto che la santità consistenella carità, poiché era convintodella santità di Dio.

Carità teologaleLa carità teologale di Ozanam

attinge l’eroismo soprattutto tenen-do conto dell’ambiente in cui eglivisse ed operò, procedendo conti-nuamente contro corrente, con unalinearità e coerenza che solo unardente amore per Iddio potevasostenere, senza mai venir meno,ma con un «crescendo» che solola morte doveva arrestare... La suafigura certamente spicca di frontealla «opinione pubblica» cattolicamondiale, per la sua Carità eroicaverso il prossimo, facendo subitoriferimento alla fondazione delleConferenze di San Vincenzo DePaoli. Non ve dubbio che Ozanamspicca per la sua personale santitàe per essere un po’ «l’anima» degliinizi, divenendo poi come una ban-diera del movimento laico vincen-ziano, come certamente lo ritenneil B. Pier Giorgio Frassati, o ilVen. Alberto Marvelli (1918-1946), riguardandolo anche comemodello di perfezione.

Spigoliamo dalle testimonian-ze: «So, a testimonianza di suamoglie, che egli ha sempre consa-crato un decimo delle sue speseper i poveri, arrivando anche finoad un sesto. "L’elemosina non eraper lui un dovere, ma una gioia.Mi ha frequentemente detto che sisentiva più contento in una soffitta,circondato da una famiglia di men-dicanti, che non in un salone doratoin mezzo a grandi signori".

Una povera donna, di cui Oza-nam aveva assistito il marito negliultimi istanti, diceva di lui: «Lacarità verso i poveri riempiva tuttala sua vita. Li visitava di personae particolarmente la domenicaall’uscita dalla S. Messa, pensandoche egli andava a ringraziare nellaloro persona Colui che aveva ap-pena ricevuto nella S. Comunione.Nelle sue visite s’intratteneva ami-chevolmente con loro delle coseche li potevano interessare.

Una gravissima malattia, neaffidò il suo animo e aumentò sem-pre più il suo abbandono alla Di-vina Provvidenza. Quando l’8 set-tembre 1853, si spense, nel nomedel Signore Gesù, lasciò dietro disé il ricordo di una sintesi perfettadi doti umane perfezionate.

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 13LETTOPER VOI

Ritorno dall’Isolache non c’è

Dal diario di una vincenziana / STORIA DI FRANCESCA

di MARISA CARABELLESE

l giovane dagli occhi trasognatiche ho visto al funerale vicino a

Francesca, è proprio Lorenzo, ilbambino che ho preso fra le bracciaa poche ore dalla sua nascita e devela vita a Dio, prima di tutto, e forseanche un po’ alla improvvisazionemia e del parroco nel preparargliuna culletta termica evitandogli dimorire assiderato. Lo rivedo, comeun’ombra che passa silenziosa, acasa della madre. Ora vive con lei.Francesca lo chiama: “Renzo, vienia salutare Marisa”. Entra nella cu-cinetta dove stiamo chiacchierando– l’unico posto caldo della casa -e viene subito ad abbracciarmi sor-ridendo timidamente. Un breve sa-luto e sparisce di nuovo. Non ècambiato molto dalla foto che miaveva mostrato Francesca anni pri-ma, la foto del giuramentoall’arruolamento per il servizio dileva in Marina. Ricordo una fotopiuttosto grande con tutti i marina-retti schierati e il suo viso di buonragazzo riprodotto in primo piano,ingrandito, incorniciato da un cir-coletto. “Che bel ragazzo!”, hoesclamato quando Francesca mi hamostrato la foto. Ma anche allorami ha colpito lo sguardo trasognato,il sorriso schivo e malinconico.Quando lo rivedo, dopo dieci anni,non è certo il giovane marinaiodella foto, ma il sorriso e lo sguardosono gli stessi.

“E’ depresso, - mi dice Fran-cesca – lo stanno curando, l’ hoportato anche a… (c’è una clinicaneurologica), ma mi hanno dettoche è buono, tranquillo, deve solocontinuare a prendere la compressecontro la depressione”

“Ma cosa gli è successo, e doveè stato in tutto questo tempo?” chie-do.

“ Era innamorato di una ragaz-za, giovanissima, un amore contra-stato dal padre di lei che le avevaproibito di incontrarlo e così ave-vano deciso di fuggire insieme emettere la famiglia di fronte al fattocompiuto, ed era più che altro ungesto simbolico, non avevano unalira e non sapevano dove andare.Io, naturalmente, non ne sapevoniente. Ma l’impresa non fu portataa termine, il piano fu sventato eRenzo partì per la leva militaresenza aver potuto vederla. Ritornòuna sera, dopo diversi mesi, andòdirettamente a casa della ragazza

e qualcuno sulla porta gli disse chesi era sposata con l’uomo a cuil’aveva destinata il padre e si eratrasferita in un’altra città”.

Renzo andò via senza una pa-rola, non passò neanche da casasua, scomparve senza lasciare trac-cia, se non la disperazione di Fran-cesca, che perdeva in un modo cosìassurdo e insensato un altro figlio,dopo la scomparsa di Marianna,“la ragazza più bella del mondo”,come l’avevo denominata io, partitada New York, dove si era sposata,per andare a trovare il fratello emi-grato in Germania, e svanita nelnulla. Nonostante le ricerched e l l ’ A m b a s c i a t a e d e l l a“Associazione Italiani all’Estero”a cui Francesca si era rivolta, nonera stata mai ritrovata. Da Renzo,

nessuna notizia e anche per lui tuttele ricerche fatte erano andate avuoto. Otto anni dopo, una seradella settimana prima di Natale,Francesca sedeva col marito in cu-cina, gli altri figli erano ormai spo-sati e lontani, tranne Giovanna, cheera già passata a trovarli, e guarda-va senza interesse la televisione,quando il suono del telefono la fecesobbalzare. “Mamma, sonoRenzo”, disse una voce lontana.Non riuscì a dire nulla. “Dovesei?”, balbettò dopo un po’ con lavoce tremante e il cuore in subbu-glio. “Mamma, sono qui, vicino acasa in un bar. Posso venire?” Nelfrattempo il marito le diceva di

dirgli di tornare dove era stato sinoallora. “Non me la sono sentita, –continua Francesca – si trattava dimio figlio!” Renzo andò a casa edopo aver abbracciato Francescasi inginocchiò davanti al padre,chiedendogli di perdonarlo, poverofigliol prodigo, che non aveva avutonulla da dilapidare se non la suagiovinezza e l’amore di sua madre.

Quando l’ho rincontrato nonc’era più niente del bel marinarettodella fotografia se non gli occhi,umidi, neri, sognanti, con una gran-de malinconia nel fondo. Mi ab-braccia, con un sorriso timido, eva via. “Ma dove è stato in tuttiquesti anni?”, chiedo a Francesca.“Non ha mai voluto dirlo, dicevadi non ricordarlo. Abbiamo saputoda qualcuno che lo ha incontrato

che lavorava in una pizzeria, nelleMarche, e il padrone gli volevabene, perché era tranquillo ed edu-cato, ma una volta tornato qui nonè stato più in grado di lavorare. Hatentato anche un mio fratello cheha una impresa di pulizie di portarlocon sé, ma dopo un po’ era evidenteche non ce la faceva. Passa le suegiornate sdraiato sul letto, al buio,con gli occhi sbarrati. Lo abbiamoportato al Sevizio di Igiene Menta-le, lo hanno visto diversi specialisti,dicono che è solo molto, moltodepresso. Si cura e ha dei periodiin cui sta meglio ed esce a farmiun po’ di spesa o va dal medico ein farmacia, ed io sono qui croci-

fissa vicino a lui, avrei anche po-tuto andarmene da uno dei figliche vivono all’estero, ma lui dovelo lascio?”

Dopo qualche tempo torno atrovare Francesca, sempre piùsofferente, più malata.

A tutti i suoi problemi si ag-giungono gli occhi malati che unmio amico oculista sta curandogratuitamente, Renzo è uscito,trascorre qualche ora fuori più difrequente, c’è una tabaccheria, giùa casa loro e lui va a giocare conle “macchinette”. Mentre sono lìsi è avvicinato alla madre e le hachiesto qualcosa all’orecchio“Vedi? –mi dice lei – viene achiedermi un euro o cinquantacentesimi e li va a giocare giù. Misono accorta che mi fa anche un

po’ di cresta sulla spesa!” Mi sistringe il cuore al pensiero che unuomo fatto, come è ormai Renzo,debba chiede a sua madre un euro,o fare la cresta sulla spesa, ora esce,almeno per questo. Non so comeandrà a finire questa storia, comun-que non ci sono prospettive, anchel’accompagnamento Francesca nonè riuscita ad ottenerlo, almeno sinoad ora e con le medicine – tuttenon prescrivibili – che sia lei cheil figlio debbono prendere, la lorovita è ancora più difficile. PeterPan è tornato dall’Isola che nonc’è: che ne sarà di lui?Si può soloaffidarlo a Dio.

I

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201114 LETTO

PER VOI

La mia vita è amore:Elia di San Clemente

a cura di Monsignor Alberto D’Urso

di PASQUALE FALLACARA

“alzati rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brillasu di te” (Isaia) “Questa nostra Beata ci aiu-ta a mettere ordine nella no-stra vita, nel nostro rapportocon Dio che non occupa piùil primo posto nel cuore ditanti cristiani”.

Monsignor Alberto D’Urso,parroco di Santa Croce in Bari,Vice postulatore delle cause dibeatificazione di Suor Elia di SanClemente e del Servo di Dio mons.Carmine De Palma. Vice presidenteNazionale dell’Unione Apostolicadel Clero e fondatore della consultaNazionale Antiusura, raccoglie le conferenze tenute nel Centroculturale «Marin», presso la Par-rocchia Santa Croce, sulla spiri-tualità e la poetica di Suor Elia diSan Clemente, carmelitana scalzadel Monastero di S. Teresa in Bari.

Suor Elia di San Clemente alsecolo Teodora Fracasso, nasce aBari Vecchia il 17 gennaio 1901.a quattro anni sogna un giardinodi gigli in cui avanza una donnacon una falce d’oro che miete igigli e, infine, strappa un piccologiglio e se lo stringe al cuore, poiscompare. Il mattino dopo, lamamma spiega che ha visto Maria.La sua formazione. avviene pressol’Istituto delle Suore Stimatine (lefiglie d’Assisi) dove frequenta lascuola materna, la scuola ele-mentare sino alla terza classe e illaboratorio di ricamo e di cucito.L’8 maggio del 1911 fa la primacomunione e la notte prima sognaSanta Teresa di Gesù Bambino chele dice: “sarai monaca come me”e la chiama “suor Elia”. Teodoravisse nella sua famiglia fino a di-ciannove anni manifestando uncarattere vivace e intelligente, unasensibilità capace di manifestarsicome tenerezza commossa e tra-dursi come amicizia sincera, sen-sibile alle bellezze della natura eaffascinata dall’amore di Dio”.Scisse: “Gesù mi è sempre vicino,mi conosce bene e sa che io l’amoanche senza che glielo dica. Misegue ovunque io vada, senzastancarsi, mi pensa sempre, miama! E questo immenso amore chemi porta me lo dice tutto il creatoe tutto ciò che mi circonda:”. Infamiglia aiutava la mamma nel

disbrigo delle faccende domestiche, prendendosi cura dei fratelli, svol-gendo qualche lavoretto per contri-buire al bilancio famigliare e perl’aiuto ai poveri della sua Parroc-chia Maria SS: del Rosario.

L’otto aprile del 1920 entranel Carmelo. Scrive: “volo al Car-melo per estinguere questa ardentesete di cui brucio, passo per il Car-melo ma la mia Patria è il Cielo”.Il rifugiarsi in una vita di clausuranon è fuga o disimpegno dal mon-do ma scrive: “Compresi che percondurre anime a Dio non eranecessario compiere opere grandi;anzi era proprio l’immolazionecompleta di tutta se stessa che michiedeva il buon Gesù compiutanel silenzio d’ogni cosa”.

Il 24 novembre del 1920 rivestìil Sacro Abito assumendo il nomedi suor Elia di San Clemente. il 21dicembre del 1921 emise i votisemplici e l’11 febbraio del 1925fece la professione perpetua. Quelgiorno scrisse con il sangue: “…Mio Dio, degnatevi di accettarequesto mio sacrificio…. e corrobo-rate con la vostra divina grazia lamia debolezza onde possa semprepiacervi. Amen”.

Ebbe nei primi due anni di no-viziato l’incarico di maestra diricamo a macchina nell’educandatoper le giovanette annesse al Carme-lo ma la direttrice suor Colombanon vedeva di buon occhio chesuor Elia esercitasse un certo ascen-dente sulle adolescenti, accusandoladi una indebita interferenza neimetodi educativi e ciò la introdussea chiedere e ottenere la rimozionedall’incarico. Questo provvedimen-to mal interpretato le procurò unasorta di isolamento per cui pur os-servante delle Regole e degli atticomuni, trascorreva gran parte dellagiornata nella sua cella, dedita ailavori di cucito che le venivanoaffidati. Godeva però della stimadella Madre Priora che nel 1927 lanominò sacrestana.

Dal 1926 viene presa quasiquotidianamente da un forte maldi testa che lei chiama: “Il carofratellino” Scrive: “Nel dolore mislancio nell’infinito ove trovo ilmio Dio, senza perdere neppureper un istante la pace. Sento cheDio è il padrone assoluto di tuttame stessa, ….come è dolce perl’anima amarlo nella povertàassoluta”.

Ma suor Elia affermò più volteche sarebbe morta in giovane etàe in occasione di una grande fe-sta.Difatti si spense alle ore 12 del

25 dicembre 1927. quel giorno eraNatale. “piccola nuvoletta biancache ad un rapido passaggiosull’orizzonte d’esilio si dileguerànell’immensità di Dio” come leiebbe a scrivere.

Padre Jesus Castellano Cerveranella sua conferenza EUCARE-STIA E SANTITÀ pone in eviden-za che Suor Elia di san Clementesi propone come modello di vitacontemplativa fortemente incentra-to sul mistero eucaristico. La suafigura e la sua esperienza meritanodi essere proposte in una adeguatacornice della dottrina spiritualedella Chiesa e di alcune caratteri-stiche dell’esperienza misticadell’Eucarestia come fonte di san-tità.

Cita l’arcivescovo di Bari,monsignor Mariano Magrassi chenon esita a parlare di una esperienzamistica in suor Elia. “Il linguaggiomistico appare prima di tutto daisuoi scritti dove possiamo coglierela sovrabbondanza dell’esperienzadi Dio”.

Con una descrizione di fortevenatura mistica suor Elia ci fapartecipi di una esperienza misticae spirituale della prima comunione:

“so che appena ricevetti la candidaostia nel palpitante cuore, tuttoscomparve all’istante, mi sentivodi essere nel cielo e godere gliamplessi del Divino amore: tuttotacque….sentii soltanto il delicatotocco del mio Dio che sfiorava ilsuo bacio di amore sulla mia fron-te: O mio Gesù come vi sentii intutta la pienezza della vostra bontàe grandezza venire nella mia ani-ma, e come tutta mi sentii perdutain voi come una stilla di rugiadaperduta in un oceano. Voi eravateil padrone anzi il Re assoluto delmio cuore …. Non sapevo se era ilvostro cuore che palpitasse in me,o il mio perduto in voi”.

Suor Elia. Lei ci parladell’esperienza delle tenebre e dellanotte oscura, ma in questa notte lapresenza del Cristo nel tabernacolo,la certezza del suo essere la illu-mina:

“Eccomi non so da quale manoguidata, innanzi al tabernacolosanto mi fermo lungamente a con-templare quella porticina dorataove dai cancelli certo Gesù buonoproiettava nel mio cuore, tantocombattuto raggi di luce divina,onde di pace misteriosa…. Le te-

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 15LETTOPER VOI

Una piccola donna forteROSA TARANTINI GRITTANI - MARIA GRITTANI

Ed. Centro Culturale Auditorium, Molfetta

“C

nebre si dileguano pian pianino, ilricordo di essere fatta fin dai piùteneri anni di Gesù dolcemente sirisveglia in me, mi sentivo cambia-ta, tutta trasformata…. Tutto misembrava d’intorno come al primogiorno del mio ingresso nel Car-melo benedetto”.

Monsignor Carlo Ghidelli ar-civescovo di Ortona-Lanciano dice:“la spiritualità di questa nostra so-rella nella fede mi pare trabocchitutta e solo della sua vita di pre-ghiera. Infatti è la sua vita di pre-ghiera, di colloquio incessante, dicomunione con Dio, è il suo «essereuna preghiera vivente» che offrela cifra della sua santità, del com-pimento perfetto della sua esistenzadi donna, di cristiana carmelitana.Non sono infatti i dati cronologiciche rendono questa vita interessantee preziosa, ma l’esaltante teofaniadi Dio in lei, l’irrompere del divinonella semplicità e nella povertà cheper molti tratti mi ha richiamato laDonna che a Nazareth, per la suaumiltà è stata scelta per rivestire dicarne e rendere visibile ai nostriocchi il volto di Dio nel propriofiglio, Gesù manifestazione ultimae suprema del Padre.

La vita di suor Elia già primadella sua entrata al Carmelo, cosìcome si può cogliere dai suoi scrittiè un’esistenza profondamente se-gnata dalla presenza e dall’ azionedi Dio. Oserei che l’invasione diDio nella vita di Dora sia l’unicofatto di rilievo, la costante di ognigiorno della bimba, dell’ado-lescente, della giovane.

Contavo cinque anni quandotu o dolce Gesù, mi facesti sentireun non so che nell’anima che nonsapevo io stesso comprendere….Il divino maestro mi svelò la scien-za del suo amore. Compresi che lamia missione quaggiù era di amareardentemente il buon Gesù nel si-lenzio di ogni cosa creata enell’oblio di me stessa”.

Si legge negli scritti: “comeper gli uccelli la dimora gradita èlo spazio dell’azzurro, come per ipesci il mare; in una profonda so-litudine interna mi slancio al mioDio, nella povertà di ogni cosa loritrovo sempre e stringendomi dol-cemente al Suo Adorabile Cuoregodo dolcezze di Paradiso.

Di gran cuore lo pregheròanch’io nella Santa notte quandopotrò stringerlo nel mio petto ecolmarlo di infiniti baci e carezzecosì per la mia anima Dio era lavita, il respiro, il vero contento:

Fu proclamata Beata il 18 mar-zo 2006 nella cattedrale di Baridurante la celebrazione eucaristicapresieduta dall’arcivescovo dellaDiocesi Bari- Bitonto, conl’intervento del Delegato Pontificiocard. Josè Saraiva Martins.

“Gesù, gioia dei cuori, o santoamore un’Ostia accanto a Te esse-re vorrei felice per amor come mor-rei, per dare vita di grazia ad unsolo cor”.

di MARISA CARABELLESE

omincio a scrivere di te inun pomeriggio assolato di

settembre, dietro un balconefiorito di gerani…”, è l’incipitpoetico e malinconico dellaintroduzione alla biografia diMaria Grittani, scritta dallanipote Rosa. Due brevi paginededicate “ a zia Maria”, cheanticipano e compendiano tuttoil libro, colme di tenerezza eammirazione, ma che, cometutto il testo, non sconfinanomai nell’agiografia. Del rap-porto zia – nipote si parla soloin queste due pagine, e in se-guito per brevi accenni, nelcorso del libro Maria Grittaniè la signorina Maria, e questone rende ancora più evidentel’obiettività. Questo libro, inun certo modo, è il completa-m e n t o d e l p r i m o l a v o r odell’Autrice, “Accordo in sì”,dedicato a don AmbrogioGrittani, il “Padre dei poveri”,il corrispettivo, in Puglia, diMadre Teresa di Calcutta, ilSacerdote per il quale è incorso la Causa di Beatifica-zione. All’ombra di questastraordinaria figura di Sacer-dote, tutto teso alla santità,dobbiamo farci santi, afferma-va, la sorella Maria, accomunataa lui dalle sofferenze, dagliideali, dalla forza di una voca-zione, lei alla scuola della suaspiritualità, lui appoggiato allasua saggezza. Quandoancora non si era ma-nifestata la particolarevocaz ione d i donA m b r o g i o , M a r i ascriveva alla sorellamaggiore Addolorata:“…io, Maria, sarò alfianco di mio fratelloa seguirlo ovunque,contro tutti gli ostacoli[…]Per questo idealesacrificheremo la no-stra vita ove Iddio cichiamerà.”

La chiamata, perdon Ambrogio avvie-ne ad Assisi, duranteun corso di esercizispirituali: dedicarsitotalmente ai più po-veri ed emarginati, gliaccattoni. Nato a Bi-tritto nel 1907, ultimodi sei fratelli, rimastiprematuramente or-fani, dopo la consa-

crazione sacerdotale si era lau-reato in Teologia e quindi inLettere Classiche all’UniversitàCattolica del Sacro Cuore a Mi-lano, dedicandosi contempora-neamente all’insegnamento dellatino nel Seminario Regionaledi Molfetta. Maria aveva rag-giunto il fratello a Milano aiu-tandolo a conciliare lo studiocon il ministero di coadiutorenelle Parrocchie. Dopo la Lau-rea, e una lunga malat t ial’approdo definitivo a Molfettadi don Ambrogio, con Maria ela piccola Rosa, che ne diverràla più fedele e appassionata bio-grafa. La via intrapresa per di-fendere fino alla morte i dirittidegli oppressi, è sempre piùradicata nel cuore di don Am-brogio, condivisa ormai in pie-no da Maria, da una parte conil dinamismo creativo di Am-brogio, dall’altra con la ponde-ratezza di Maria. Nasceva cosìl’Opera, che, proprio per il con-siglio di Maria si al largòall’accoglienza dei sacerdotianziani, spesso poveri e soli, edei ricchi, anch’essi spesso solie abbandonati come i poveri,che avrebbero collaborato amantenere chi non possedevaniente. Il libro testimonia lamolteplicità di iniziative per larealizzazione dell’Opera, com-presa la vendita dei beni di fa-miglia, iniziata da Ambrogio,completata da Maria che divie-ne così povera fra i poveri. Allamorte del fratello, vittima con-

sapevole e sacrif icale perl’Opera, Maria accetta la suaesortazione: “Quando muoionon perder tempo a piangere sudi me, pensa a mandare avantil’Opera!” Il libro di Rosa Ta-rantini è nel suo stile sempliceed elegante, la s toria deit rent’anni spesi da Marianell’impegno, nell’alternarsi didubbi e speranze, nei sacrifici,per realizzare l’ideale del fra-tello. Senza intenti agiograficie sostenendo le sue affermazio-ni riferendosi sempre alle fonti,Rosa Tarantini ripercorre l’iterdell’Opera e della Famiglia de-gli Oblati di San Benedetto La-bre, il moltiplicarsi delle Casedi riposo, senza tacere dei con-trasti, delle insofferenze, dellelacerazioni all’interno della Fa-miglia religiosa che certamente,ispirata dalle due grandi figuredi Ambrogio e Maria, troveràil modo per continuare, in unitàd’intenti la via tracciata dalFondatore.

Il testo è completato da unlungo scritto del Cardinale An-gelo Amato, Prefetto per la con-gregazione per le cause dei San-ti e alcune testimonianze perMaria Grittani, “una piccoladonna forte”

Il libro non è in vendita, mapuò essere richiesto al CentroCulturale Auditorium della Par-rocchia San Domenico di Mol-fetta (BA)

i sta concludendo un anno im-portante per il Terzo Settore,

protagonista del 2011 - Anno Euro-peo del Volontariato, che sta per la-sciare il passo al 2012, proclamatoAnno dell’Invecchiamento Attivo,con l’obiettivo di sensibilizzarel’opinione rispetto al contributo ap-portato dalle persone anziane allasocietà e sull’importanza della soli-darietà intergenerazionale, in cui pos-sono svolgere un ruolo determinantei giovani. E proprio quest’ultimi sa-ranno protagonisti dell’edizione 2012del “Premio Europeo Carlo Magnodella gioventù”, sui temi dello svilup-po dell’UE, dell’integrazione e dellequestioni dell’identità europea orga-nizzato dal Parlamento Europeo edalla Fondazione Internazionale delPremio Carlo Magno di Aquisgrana(confine tra Germania, Olanda e Bel-gio).

Il Premio è assegnato a progettiche promuovano la comprensioneeuropea e internazionale, favoriscanolo sviluppo di un sentimento comunedell’identità e dell’integrazione euro-pee, servano da modello di compor-tamento per i giovani che vivono inEuropa e offrano esempi pratici dicittadini europei che vivono insiemecome una sola comunità. I progettipossono incentrarsi sull’organiz-zazione di vari eventi per i giovani,scambi di giovani o progetti internetcon una dimensione europea.

Requisiti per la partecipazionesono: età compresa tra i 16 e i 30anni; essere cittadini o residenti diuno dei 27 Stati membri dell’UnioneEuropea; è possibile la candidaturaindividuale o di gruppo; nel caso diprogetti multinazionali o di gruppo,il progetto può essere presentato inun solo paese. Le candidature sonoammesse in tutte le lingue ufficialidell’Unione Europea. I progetti pre-sentati per il concorso dovranno es-

sere stati avviati e conclusi nel corsodell’anno civile (12 mesi) che precedel’attuale termine per le candidatureo essere ancora operanti.

Il vincitore del Premio sarà sceltotramite una procedura in due fasi:nella prima fase, le giurie nazionali,composte da almeno due deputati alParlamento Europeo e da un rappre-sentante delle organizzazioni giova-nili, selezioneranno un vincitore na-zionale in ciascuno dei 27 Statimembri, entro il 5 marzo 2012; nellaseconda fase, la giuria europea, com-posta da tre deputati e dal Presidentedel Parlamento Europeo nonché daquattro rappresentanti della Fonda-zione del Premio Internazionale CarloMagno, sceglierà il vincitore tra i 27progetti presentati dalle giurie nazio-nali, entro il 5 aprile 2012. Il premioper il miglior progetto ammonta ad€ 5.000, il secondo ad € 3.000 ed ilterzo ad € 2.000. I rappresentanti dei27 progetti nazionali scelti sarannoinvitati alla cerimonia di premiazioneche si terrà ad Aquisgrana, il 15 mag-gio 2012.

I progetti e la relativa modulisticavanno presentati entro il 23 gennaio2012. I moduli per le candidaturesono disponibili sui siti web del Pre-mio e degli Uffici di Informazionenazionali del Parlamento Europeo(url: http://www.charlemagne-youthprize.eu/view/en/index.html)

E i giovani sono protagonisti an-che della seconda edizione del“Torneo del paesaggio” promosso daFAI e I.U.L.M. di Milano (IstitutoUniversitario di Lingue Moderne) perl’anno scolastico, 2011/2012, rivoltoagli studenti di scuola superiore, persensibilizzarli sul valore del patrimo-nio culturale e paesaggistico italiano.

Il concorso, che per il secondoanno consecutivo gode del patrociniodella Commissione Nazionale Italianaper l’U.N.E.S.C.O. (Organizzazione

delle Nazioni Unite per l’Educazione,la Scienza, la Cultura), è una gara dicultura a squadre (massimo tre stu-denti) che si svolgerà in tre fasi: laprima a livello locale, la seconda alivello regionale e infine la terza alivello nazionale. La gara prevedetest di conoscenza del paesaggio ita-liano e prove progettuali, che in que-sta edizione riguardano principalmen-te i beni immateriali, secondo ladefinizione che ne dà l’UNESCO:“le prassi, le rappresentazioni, leespressioni, le conoscenze, il know-how come pure gli strumenti, glioggetti, i manufatti e gli spazi cultu-rali associati agli stessi che le comu-nità, i gruppi e in alcuni casi gli indi-vidui riconoscono in quanto parte delloro patrimonio culturale”. (art. 2della Convenzione UNESCO per lasalvaguardia del Patrimonio culturaleimmateriale).

Nella prima fase del Torneo, chesi svolge direttamente nelle scuolecoinvolte e nella seconda fase (a li-vello regionale, con la collaborazionedelle Delegazioni FAI), gli studentidovranno rispondere a una serie diquesiti, di graduale difficoltà a secon-da delle fasi, sulle tematiche legateal paesaggio, sui beni immaterialinazionali riconosciuti Patrimoni’dell'Umanità e sui siti di interessepaesaggistico delle varie regioni.

Nella terza e ultima fase (a livellonazionale) le squadre dovranno pre-sentare un originale progetto di pro-mozione di un bene immateriale delproprio territorio, una sorta di“candidatura ideale UNESCO”, chesegua gli stessi criteri che la Com-missione utilizza per la valutazionedelle candidature italiane.

Gli studenti vincitori sarannopremiati con un viaggio culturale inuna città d’arte italiana; agli insegnan-ti referenti delle tre squadre vincitriciverrà donato un omaggio culturale

FAI.Le classi iscritte riceveranno una

password per scaricare dal sito ilmanuale di istruzioni con approfon-dimenti dedicati alle tre prove e indi-cazioni operative su come partecipareal Torneo. I docenti referenti cheiscriveranno al Torneo più di duesquadre riceveranno due bigliettiomaggio per visitare i Beni FAI. Leiscrizioni sono aperte fino al 27 gen-naio 2012. (info: www.fondo-ambiente.it).

Infine, una notizia parzialmentepositiva per tutti gli Enti del No Profit,che per avere tariffe postali menoonerose rispetto alle attuali dovrannoiscrivere le proprie pubblicazioni alR.O.C. (Registro Operatori Comuni-cazione). La notizia - ripresa dalsettimanale “Vita” - è uno dei risultatiottenuti da una delegazione delleorganizzazioni del Terzo Settore, altermine di un incontro indetto con ilDipartimento Editoria. In pratica, lepubblicazioni del Terzo Settore po-tranno godere delle più convenienticondizioni di cui godono gli editori(a seconda delle caratteristiche: peso,omologazione, destinazione), a pattoche siano iscritte al Registro. Perquanto riguarda la spedizione per laraccolta fondi, esse saranno soggettealla tariffa delle campagne abbona-mento editori (e cioè € 0,1136) purchécon quantità superiori a 20mila buste(€ 0,142 se superiori a 10mila e €0,1699 se superiori a 2mila). Saràperò necessario, per entrambe le ti-pologie di spedizione, rispettare unaserie di regole, tra cui il limite delformato della busta (12 per 23 cm) euna limitazione nell’uso del colore.Nelle prossime settimane, dovrebbesvolgersi un’ulteriore riunione peraffrontare altre questioni, come ladiversità delle tariffe in base alle areegeografiche.

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201116 LA LEGGE

INFORMA

Dott.ssa Annalisa Graziano / [email protected]

S

Arriva il 2012,Anno dell’invecchiamentoattivo ma con un carico dipossibilità per i più giovani

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FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 17NOTIZIEdaiGRUPPI

Tra arte, musica e fede di NICLA LA GHEZZA

l GVV Cattedrale ha voluto, comeogni anno, incontrare gli amici e

i simpatizzanti in una cornice diver-sa dagli incontri precedenti.

Ha infatti organizzato un viag-gio a Roma e dintorni perché tuttele volontarie sono convinte chel’arte, la musica e la fede, insiemealla convivialità permettono di farconoscere non solo le finalità dellavoro che il gruppo svolge e diinformare i partecipanti circa le ne-cessità degli assistiti, ma anche dicontribuire a creare quell’area emo-zionale capace di offrire un puntoin più per la crescita umana e spiri-tuale.

Accompagnati amorevolmenteda suor Paola Pizzi nella Basilicadi San Pietro, tutti hanno potutoelevare una preghiera fervida e com-

mossa dinanzi alle Tombe dei PapiGiovanni Paolo II e Giovanni XXIII,preghiera che ha dato la necessariacarica emotiva alla giornata che havisto il gruppo di una cinquantinadi partecipanti proseguire per Palaz-zo Barberini, sede di prestigiosissi-me collezioni d’arte di varie epoche.

Si sono infatti potuti ammirarecapolavori come La Fornarina diRaffaello, dipinti di Andrea del Sar-to, del Bronzino, del Lotto, del Tin-toretto, di El Greco, del Caravaggio,di Reni, del Dominichino, del Ber-nini, di Pietro da Cortona, del Gaulli,del Canaletto e, non ultimo, ancheuna tela del nostro concittadino Cor-rado Giaquinto.

Lo splendore delle opere ben si accostava alle decorazioni eall’architettura del Palazzosenz’altro stupenda testimonianza,per completezza e magnificenza,dei periodi più fecondi dell’arte

italiana.La serata è stata allietata dalla

partecipazione ad un musical pressoil Teatro Brancaccio: “Mamma mia!”che ha appassionato ed innamoratoper la storia e per la musica degliAbba, mitico gruppo pop svedese,che hanno reso l’opera carica dellaforza e dell’energia capaci di coin-volgere gli spettatori i quali hannopotuto godere dell’incantevole storiadi amore, di gioia, e di amicizia pre-senti nella trama.

Ma il viaggio non è finito nellaCapitale, perché nella giornata delladomenica, a Grottaferrata, ci si èriuniti attorno alla Mensa Eucaristicanell’Abbazia di San Nilo.

La Celebrazione Eucaristica af-ficiata dai Monaci Basiliani ha fattosperimentare ai partecipanti il ritualegreco-bizantino: la lingua greca eitaliana, il ricco linguaggio simbo-lico con incensazioni frequenti, se-

gni di Croce ogni volta che vengononominate le persone della Trinità,l’importanza della melodia senzastrumenti musicali e del canto cheè il mezzo più idoneo per esprimerela condivisione e lo strumento indi-spensabile per elevare l’animo allacontemplazione che raggiungel’apice nella Comunione impartitasotto le due specie: Pane lievitatointinto nel Vino e nella preghieraspeciale per la Madre di Dio allaquale la Basilica, consacrata nel1024 da papa Giovanni XIX, fudedicata.

I due giorni trascorsi insiemeagli amici hanno senz’altro contri-buito a ricordare le finalità delleiniziative del GVV che opera inces-santemente per comunicare e con-dividere, con dolcezza ed umiltà, achi non ha il necessario, la Fede ela Speranza, motore della vita diogni uomo.

Saluto alle Figlie della Caritàche lasciano l’Istituto “Santa Luisa”

MOLFETTA

MOLFETTA - CATTEDRALE

di TERESA CAMBIONE

opo 75 anni di storia nella cittàdi Molfetta l’ Istituto “Santa

Luisa” chiude i battenti. Le Figliedella carità hanno salutato i cittadinimolfettesi, le volontarie e i vo-lontari in una messa celebrata dalvescovo della diocesi di Molfetta,Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi, mons.Luigi Martella che ha sottolineatoche “nella storia dell’uomo bisognasempre leggere un disegno di Dioe mettersi nelle sue mani per farsiplasmare da Lui”. Hanno conce-lebrato don Francesco de Lucia,padre Pasquale Rago e don Pi-nuccio Magarelli, parroco di sanPio X, chiesa parrocchiale sul cuiterritorio è ubicato l’Istituto “SantaLuisa”. Il parroco ha ripercorso ilruolo fondamentale delle religioseche hanno lavorato sia nell’ambitodell’educazione e formazione conla scuole elementari e materna siaper l’aiuto ai poveri con la fonda-zione della mensa e il servizioguardaroba per i più indigenti.

La cerimonia è stata raccoltae la tristezza era visibile tra le suore,ma l’impegno dei volontari è se-guire le orme delle religiose coninstancabilità, fiducia nel prossimoavendo come coordinate GesùCristo, San Vincenzo e Santa Luisa,

che hanno trasmesso l’amore per ipoveri, amici più cari e affinchév e n g a m e s s o i n p r a t i c al’insegnamento di San Vincenzo:“Il servizio ai poveri deve esserepreferito a tutto. Non ci devonoessere ritardi”. E i volontari nonritarderanno.

* * *

Nel salutare le Figlie della Ca-rità, condivido con la comunitàparrocchiale la tristezza di un di-stacco e, come rappresentante delleVolontarie Vincenziane di Molfetta,sento con tutto il cuore che un“pezzo” della nostra associazionemanca da questo momento.

Ma il Signore chiede di esseresuoi testimoni ovunque e, anche sea malincuore, dobbiamo dire “SI”alla Sua volontà e annunciare ilvangelo laddove ci chiama, inter-pretando i sentimenti delle vincen-ziane, sorelle nella fede enell’impegno verso gli ultimi, rin-grazio il Signore per il dono checi ha fatto per tanti anni del soste-gno e del contributo delle Figliedella Carità a tener vivo lo stilevincenziano nel nostro territorio. Ringrazio Suor Giuliana, attualeSuperiora, che ha mostrato sindall’inizio del mio mandato unapreziosa collaborazione e, aprendo

le porte dell’Istituto, ha permessoalle Volontarie Vincenziane di in-contrarsi e sentirsi come in una“grande famiglia”; saluto conaffetto Suor Maria che ha affian-cato e aiutato il gruppo di ”S.Luisa ” negli ultimi anni, ma nonposso dimenticare Suor Teresache instancabilmente ha collabo-rato con il Consiglio Cittadino perlungo tempo.

Assicuro preghiere al Signoreaffinché la missione delle F.d.C.

sia sempre proficua così come loè stata a Molfetta.

Ma a loro chiedo di continuarea sostenerci con la preghiera af-finché il nostro servizio rivolto aipoveri sia coerente, di sicura testi-monianza e ricco di Amore comesolo il Signore ci sa indicare, comeS. Vincenzo e S. Luisa ci raccoman-dano.

Grazie….grazie ancora

NICOLETTA ALTOMARE

D

I

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201118 NOTIZIE

daiGRUPPIBARI

RicordandoMons. Cesare Mazzolari

di LAIDE MALAGRINÒ

ncontro tra GVV Parroc-chia Sant’Antonio di Ta-

ranto e le altre associazioniinserite nella parrocchia chelavorano seguendo lo stessoobiettivo.

Il nuovo anno si è aper-to nell’ottica dei servizi inrete.

Infatti, prima di pro-grammare abbiamo sentitoil bisogno di una verificagenerale che possa rigene-rarci dentro e fuori sia nellospirito che nell’organiz-zazione e nel metodo.

Non si tratta di inven-tarsi nuovi interventi ma dioperare ciò che facciamo,in modo missionario.

Conservare l’organiz-zazione attuale, in cui, in-sieme ai volontari di altrigruppi inseriti nella parroc-chia che hanno l’obiettivoin comune, possiamo vivereil nostro carisma, la nostramissionarietà.

L a p a r r o c c h i a d iSant’Antonio che ci ospitaè un centro di incontro, difraternità, di dialogo, dovesi assolvono insieme i com-piti di cambiamento e diprogresso.

Mettere Gesù al centrodell’associazione è una esi-genza irrinunciabile, perchéil nostro servizio non nasceda motivazioni funzionaliné interne né esterne, madal comando stesso di Ge-sù.

È ovvio che per capirei bisogni e le aspirazionidegli esclusi bisogna dialo-gare e ascoltare, creandouna atmosfera di mutuo ri-spetto e di fiducia recipro-ca, favorendo la stima di séper arrivare ad una trasfor-mazione radicale degliesclusi.

Bisogna inoltre stabilirelinee d’azione che scaturi-scono dalla nostra missionee dai nostri valori cristianie vincenziani.

TARANTO

I due verbidel dialogo:

parlare eascoltare

I

di ANGELA DI CILLO

utti i gruppi di Volonta-riato Vincenziano di Bari,

e per mio particolare impe-gno, da un paio d’anni col-laboriamo ad ogni iniziativaproposta dall’AssociazioneCESAR di Brescia e di Ge-nova per aiutare, anche se inminima parte, ad affrontarele grandi esigenze nello statodel sud Sudan, principal-mente debellare la fame.

Con grande zelo e dedi-zione da oltre 25 anni Mons.Cesare Mazzolari, vescovodi Rubech capitale del sudSudan, ha dedicato la sua vitaa risolvere i problemi diquesto paese.

Non esistono parole perdescrivere questa personatalmente carismatica, di una bontàinfinita e grande missionario dipace.

In occasione della sua ultimavisita in Italia ho avuto il grandeonore di conoscerlo personalmentea Bisceglie il 21 maggio 2011.

Per la sua infinita umanità eper i suoi modi semplici ma sugge-

stivi di grande emozione, mi è en-trato nel cuore e quando ho saputodella sua improvvisa scomparsa, ilgiorno 14 luglio scorso, ho provatoimmenso dolore.

Certamente tutti lo ricorderemocon affetto nella preghiera perchéanche da lassù proteggerà tutti co-loro che si adopereranno nel com-

pimento di ciò che gli stava a cuore:sconfiggere l’analfabetismo edevangelizzare quel popolo che tantoha sofferto e che tanto ha amato.

P r o p r i o i n o c c a s i o n edell’incontro anche con le volonta-rie vincenziane di Bisceglie desi-dererei che questa foto fosse pub-blicata in suo ricordo.

MOLFETTA CATTEDRALE

Amare è servire di EZIA GRILLO

l nostro gruppo svolge, tra glialtri, un significante servizio pres-

so la Lega del filo d’oro.Scopo della struttura, che opera

anche in altre località italiane, ènon solo aiutare con l’aiuto di

personale medico e paramedico,ragazzi diversamente abili, dai sor-do-chiechi, ai plurimenomati psi-cosensoriali, ma anche offrire aifamiliari un sostegno necessario eindispensabile per affrontare diffi-coltà e disagi psicologici.

I ragazzi vivono in una bellastruttura, utilizzata negli anni pas-

sati per curare gli ammalati di TBC,ma già da qualche anno perfetta-mente restaurata ed attrezzata peri nuovi ospiti.

Le volontarie del nostro grup-po, che affiancano il personale,dopo aver seguito un regolare corsodi preparazione, vivono entusiastel’esperienza veramente edificantedi valorizzazione di ciascun indi-viduo nel quale, nonostante le milledifficoltà, si intravede il dono, lagrazia di Colui che ci ha creati.

Lo stare accanto a quei fratelli,aiutarli a realizzare lavoretti, o apreparare dei dolcetti, insommaeducarli alla manualità, condividerecon gli esperti le difficoltà di in-segnamento, sono senz’altro unimpegno, un servizio determinanteperché costituisce apertura versorealtà difficili presenti nella nostrasocietà, ma che le volontarie condisponibilità, dedizione e cura,esercitano settimanalmente vivendole gioie delle scoperte e dei tra-guardi che ogni ospite vive quandosi sente gratificato per il raggiun-gimento di un traguardo.

I

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FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 19NOTIZIEdaiGRUPPI

MARTINA FRANCA

MOLFETTA - CATTEDRALE

Pizzica, amore e fantasia

Amiciziae solidarietà

da una VOLONTARIA

n una cornice agreste, accompa-gnate da un vento impetuoso, si

sono riunite il 10 agosto scorso,

nella residenza estiva della vicePresidente, Mina Biancofiore, leVolontarie Vincenziane di MartinaFranca per un incontro spirituale-conviviale. Al gruppo si sono ag-gregate molte amiche e simpatiz-

zanti del Volontariato Vincenziano.Ha presieduto l’incontro Monsi-gnor Luigi Angelini, Vicario Fo-raneo di Martina Franca, che hapresentato la figura di San Lorenzocommentando un brano tratto dai“Discorsi” di Sant’Agostino.

“Lorenzo amò Cristo nella Suavita, lo imitò nella sua morte…”e Sant’Agostino prosegue. “Il belgiardino del Signore possiede nonsolo le rose dei martiri, ma anchei gigli dei vergini, l’edera di quelliche vivono nel matrimonio, le violedelle vedove. Nessuna categoria dipersone deve dubitare della propriachiamata. Cristo ha sofferto pertutti.”

Le presenti hanno ascoltato con

grande interesse le parole illuminatedi Don Luigi, interiorizzando quan-to meditato, e molte si sono ritro-vate nelle varie categorie elencate.

Dopo il pensiero spirituale èseguita la Santa Messa, celebratanella sala da pranzo della vice Pre-sidente e tutte hanno partecipatoall’Eucarestia.

Alla fine della celebrazione èstato offerto un piccolo rinfrescofrutto della disponibilità di alcuneVolontarie.

L’incontro aveva come scopola solidarietà per i nostri assistiti ele presenti hanno risposto genero-samente all’invito: la somma rac-colta ci consente di andare incontroai bisogni dei poveri.

I

di NICLA LA GHEZZA

arsi prossimo”, “essere portaaperta”capace di mediare tra

chi “ha potere” e chi vive nel di-sagio quotidiano per mancanza disicurezza economica, è una dellefinalità alla base del nostro pro-getto.

Come G.V.V. della ParrocchiaCattedrale S.Maria Assunta diMolfetta, cerchiamo infatti dicoinvolgere per la sua realizzazionesia la comunità parrocchiale il cuiparroco, nostro assistente spirituale,è sempre impegnato a creare tra ilaici delle “ sentinelle vigili” capacidi stabilire relazioni finalizzate allacrescita umana e spirituale, sia lacittà e, soprattutto, le istituzioni.

Per questo è stata pensata edorganizzata nei minimi particolariuna serata di beneficenza che unanostra giovanissima simpatizzante,come Art Director, pur se lontanadalla nostra città, ha voluto deno-minare: Pizzica, Amore e Fantasia,con l’intento di far riscoprire, comesi può ammirare nel fronte-retrostampato sugli inviti, la musicalitàprodotta da alcuni strumenti mu-sicali: il tamburello, il flauto tra-verso, la chitarra, le nacchere,utilizzati dal gruppo musicale in-vitato.

La nostra iniziativa ha vistopresenti molti soci del Rotary Clube del Rotaract e oltre 200 invitatiche hanno apprezzato i saporimediterranei sapientemente pre-

sentati dallo Chef dell’Hotel Gar-den che ha voluto allestire i 25tavoli nel giardino ombreggiato dagigantesche magnolie e pini seco-lari.

Con questa nostra iniziativaabbiamo voluto essere “grano chegenera” perché convinte che “ farsiprossimo” è una finalità latente intutti, ma che non sempre sono notio chiari i mezzi per conseguirla.

Il gruppo di artisti “ Terre dimusicanti”, giovanissimi, ma con

un curriculum onorato da encomiricevuti in Italia ma ancheall’estero, ha coinvolto con Pizzica,Tammurriate e Tarantelle i parteci-panti che hanno apprezzato la cre-atività, la musicalità e la prestanzafisica dei ballerini, la loro capacitàdi far emergere le emozioni gene-rate dalla musica e di contagiare ipartecipanti con l’agitare dellenacchere, con il battere i piedidell’uomo o i vorticosi giri su sestessa della donna.

È stata senz’altro una seratapositiva, salutata dal plauso dellastessa Amministrazione Comunaleche, nella persona dell’Assessoreai servizi sociali, ha sottolineato lacostante sinergia tra le Istituzionie il nostro gruppo in grado di col-laborare e condividere le finalitàprogrammate dalle Assistenti So-ciali tese a consentire la relazionee l’attenzione costante ai bisognidi chi si avvicina a noi.

“F

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FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201120 NOTIZIE

daiGRUPPI

Radiografia delVolontariato Vincenziano

MOLFETTA - CATTEDRALE

di EZIA GRILLOE NICLA LA GHEZZA

a necessità di rivitalizzare ilnostro servizio, di dar vigore

alla nostra azione, di diffondere ilpatrimonio dei saperi e dei valoritrasmessi da San Vincenzo, sonostati i motivi che hanno indotto ilGVV operante presso la CattedraleSanta Maria Assunta di Molfettaad organizzare un pomeriggio diformazione affidata a Padre BiagioFalco che, in accordo con la pre-sidente del gruppo, ha trattato unargomento che sta a cuore a tuttele volontarie: come vivere e dif-fondere i tesori di operosità e difede vincenziani.

Già tanti secoli fa’, San Vin-

cenzo, precursore di un pensieroattuale, caldeggiato oggi anche dainostri amministratori, aveva forte-mente raccomandato alle sue Damequel “lavoro di rete” che deve ca-ratterizzare il lavoro di un volonta-rio vincenziano, se vuole realizzarecon più coraggio e coerenzaun’autentica testimonianza di ser-vizio ai fratelli in disagio.

È infatti suo preciso compitoessere testimone di quel Dio-Amore, di quel Dio-Speranza, diquel Dio-Carità, di quell’ansia fra-terna che si respira nella comunitàparrocchiale in cui egli opera e nonsolo, ma anche nell’ambito cittadi-no, in quello diocesano ed interdio-cesano.

Il Volontario Vincenziano di-venta “ servo” attivo, se, col sudore

della fronte, si rimbocca le manichee attinge nel bagaglio delle testi-monianze dei Santi fondatori, perdivenire sempre più perspicape nel-la percezione delle variegate formedi povertà e disagio.

Imparerà a “ sentire con la pan-cia ” ( è una espressione del relatorePadre Biagio Falco), se si compor-terà come buon Samaritano cheprovò “con passione” e trovò lerisposte concrete per alleviare lesofferenze, le privazioni di chi ave-va incontrato lungo il suo cammino.

Il suo è un grande compito per-ché deve sforzarsi di trasmettere achi è disperato, a chi è deluso, achi non ha più fede, il messaggiodi un Dio che è Amore, del Dio-Amore cioè che deve essere ascol-tato e vissuto.

Solo così potrà trasmettere quelcoraggio necessario per alleviarele sofferenze di chi ha bisogno diricevere l’importantissima testimo-nianza di una “Carità” riverberodell’Amore con cui Dio ci ama.

Il “ servizio vincenziano”perciò deve tendere a seguire ilpatrimonio dei valori e dei saperidi San Vincenzo che ha voluto te-stimoniare, con la sua attenzioneprioritaria alla persona, come ilrimuovere le radici che causano lapovertà, deve essere il nostro obiet-tivo prioritario.

Miglioreremo sia noi stessi chela relazione con i fratelli bisognosise abbandoneremo l’assisten-zialismo e troveremo quei punti diforza che consentiranno di far con-seguire ai fratelli nel disagio ladignità della quale sono stati privati.

La nostra sarà allora una caritàintelligente, una carità che guardail povero con la stessa tenerezzacon cui la madre guarda il propriofiglio e una carità di frontiera, sesapremo arrivare lì dove altri nonsono giunti.

Saremo anche portatori di quel-la carità solidale, se, collaborandocon gli organi preposti ai servizisociali, sapremo trasformare la re-altà esistente con l’arte “nobile”della carità che vuol vedere ricono-sciuta la dignità di ogni uomo.

E un grande servizio il Volon-tario Vincenziano lo farà non soloquando testimonierà a chi incontrache Dio non si scandalizza dellenostre fragilità, perchè Lui è Amoreche lascia segni indelebili nellepagine di vita di chi ha dovutosubire privazioni e rinunce, maanche quando, alla luce della Paroladi Dio, rinvigorirà i servizi e terràsempre presente che le Opere senzaAmore sono vuote.

L

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 21NOTIZIEdaiGRUPPI

FASANO

Padre Giannantonio Manfreda:il suo ricordo è benedizione

di MARGHERITA GERMINARIO

er le volontarie Vincenziane diFasano, Padre Manfreda è stato

un’eccellente guida che ha fattorivivere San Vincenzo de’ Paoli eSanta Luisa de Marillac nelle sueparole, nel suo modo di vivere,consumandosi ogni giorno per ifratelli poveri.

Il 20 ottobre 2011 presso lachiesa dell’Assunta di Fasano èstato ricordato nel 5° anniversario

della sua morte, con la pubblica-zione e presentazione della raccoltadelle sue omelie, intitolata “Viverela testimonianza”, ad opera delleVolontarie Vincenziane e soprat-tutto di Suor Adele Labianca.

Alla manifestazione moltopartecipata è stato presente PadrePasquale Rago.

L’incontro è iniziato con lamusica di meditazione “Alid’aquila”, seguita dal saluto dellaPresidente Cittadina delle Volon-tarie Vincenziane, Eleonora San-sonetti.

Suor Adele Labianca ha illu-strato le finalità del libretto, pre-sentato sapientemente dalla prof.ssaL’abbate Primarosa.

Sono state lette al pubblico dueomelie di Padre Manfreda, unadedicata ai laici, l’altra alle Figliedella Carità.

Si è conclusa la presentazionecon un momento di riflessionemusicale.

Con il libro le VolontarieVincenziane hanno voluto ricordarePadre Giannantonio che è ancoravivo attraverso le sue parole cheparlano dal profondo del cuore.

Le sue omelie tenevano etengono sospesi gli animi dei fedelitra cielo e terra.

Il libro tratta 6 argomenti:• La preghiera dono divino;• La speranza luce del cam-

mino;• La carità esperienza di forte

espressione di Dio;• La fede nutrimento dello

spirito;• Evangelizzazione: dialogo

d’amore;• La Parola: fulcro di vita.

Chi è Padre Manfreda?Di professione agronomo nel

1944, già in attività lavorativa, fol-gorato dalla spiritualità vincenzia-na, lascia i suoi affetti familiari, isuoi genitori, 7 fratelli, 4 sorelle e,si incammina verso il sacerdozio.

Il 15-8-1959, fu consacrato sa-cerdote di San Vincenzo de’ Paoli,a Napoli.

Arricchito dalla Grazia divina,dedicò tutta la sua vita all’amoredel Vangelo, che annunciavacon una proprietà di lin-guaggio e con convinzioneapostolica.

Dal 2001 al 2007 fu Su-periore a Lecce, dove terminòil suo prezioso cammino il23-01-2007, fra il rimpiantodi tutti.

Dall’elenco delle sedi incui l’obbedienza lo avevainvitato, si evince che ha ri-coperto sempre il ruolo diresponsabile, in cui ha profusotutte le sue forze, per nutrirele anime di quei principi re-ligiosi che conducono sulcammino della perfezioneevangelica e alla santità.

Egli prediligeva il silen-zio come momento di rifles-sione e di azione, infatti hascitto una poesia “La pre-ziosità del silenzio”.

Il silenzio è mitezza:quando non rispondi alle offese,quando non reclami i tuoi diritti,quando lasci a Dio la tua difesae il tuo onore!

Il silenzio è magnanimità:quando non riveli le colpedei fratelli,quando perdoni senza indagarenel passato,quando non condanni,ma intercedi nell’intimo.

Il silenzio è pazienza:quando soffri senza lamentarti,quando non cerchiconsolazioni umane,quando non intervieni,ma attendi che il seme germogli.

Il silenzio è umiltà:Quando taci per lasciareemergere i fratelli,quando celi nel riserboi doni di Dio,quando lasci che il tuo agiresia male interpretato,quando lasci ad altrila gloria dell’impresa.

Il silenzio è fede:Quando taci perché è Luiche agisce,quando rinunci alle vocidel mondoper stare alla Sua presenza,quando non cerchi comprensione,perché ti basta essereconosciuto da Lui.

Il silenzio è saggezza:quando ricorderaiche dovremo rendere contodi ogni parola inutile,

quando abbracci la crocesenza chiedere il perché,“nell’intima certezzache questa è l’unica via giustaper il cielo”.

Come agronomo sapeva comeseminare i germi della carità e dellasolidarietà verso i fratelli menofortunati, e ci riusciva trasferendo,soprattutto alle Volontarie Vincen-ziane, il carisma della testimonian-za e del bene verso chi chiede aiuto.

E’ stato un grande maestro, unottimo comunicatore capace di tra-smettere con parole semplici maefficaci i concetti più importanti, ivalori fondamentali del buon cri-stiano, per ognuno aveva la parolagiusta da dire al momento giusto.

Ha insegnato con le sue omelieil valore dell’amicizia, della caritàe della riconoscenza e ha aiutatochi lo circondava a crescere nellafede, lasciando una miriade di spun-ti di riflessione che ancora oggi levolontarie utilizzano nel loro cam-mino apostolico.

Le Volontarie Vincenziane diFasano sono state fortunate ad aver-lo avuto come Padre spitiuale e loringraziano per il dono della suaamicizia e vicinanza.

Lo ricordano sempre nelle pre-ghiere e sentono la necessità dicontinuare a ringraziarlo per il beneche ha saputo fare.

Inoltre Padre Giannantonio conle sue parole continua dal Paradisoad aiutare i poveri perché il ricavatodall’interessante guida spiritualesarà devoluto in beneficenza per ipoveri di Fasano.

Grazie Padre Giannantonio!

P

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201122 NOTIZIE

daiGRUPPITRINITAPOLI

Mercante in Fiera 2011 di MARIATINA ALÒ

l mercante in fiera è una iniziativadel Volontariato Vincenziano di

Trinitapoli giunta ormai alla dodi-cesima edizione e rientra, a pienotitolo, nell’estate trinitapolese cheracchiude tutti gli eventi patrocinatidal comune di Trinitapoli.

Il “Mercante in fiera” è unamanifestazione pubblica aperta atutti i minori dai 6 ai 14 anni, ègratuita e persegue l’intento di pro-muovere il consumo consapevole,il baratto e l’uso responsabile deibeni, insomma è un evento chemira a diffondere la cultura delrisparmio e della sostenibilità pres-so la popolazione e, nel contempo,persegue l’obiettivo di raccoglierefondi per sostenere le attivitàdell’associazione rivolte ai minoridisagiati.

Quest’anno l’evento è statorealizzato il 10 agosto su VialeVittorio Veneto ed è stato sostenutodal Ce.Se.Vo.Ca. in collaborazionecon l’Associazione G.V.V. Trini-tapoli, vi hanno partecipato circacento minori, vi erano 25 postazio-ni, ognuna creata dal gruppo deipartecipanti, vi erano gruppi omo-genei per età e interessi, ma anchegruppi familiari, formati da fratellie cugini di età diverse, nonché cop-pie di bambini e singoli allegrivenditori che hanno portato conloro tutti quei beni che hanno an-cora la possibilità di essere utiliz-zati. La manifestazione ha avutoinizio alle ore 18.30 presso viale

Vittorio Veneto, tutta la villa eracaldamente popolata dai banchettiimprovvisati dai ragazzi, ognunoha occupato lo spazio assegnato,cercando di mettere in vista, il piùpossibile, i propri beni e fare con-correnza agli altri venditori.Nell’arco della serata si sono alter-nati momenti di intrattenimentoin cui le volontarie hanno offerto

ai partecipanti e ai passanti pane epomodoro, pasto semplice che ri-chiama la tradizione culinaria pu-gliese, e soprattutto, gratuito nellospirito, delle volontarie vincenzia-ne, di promozione del dono e dellagratuità. I banchetti della venditaerano ricchi di giochi, giornali,libri, cose per la casa, bambole,pupazzi e collane, quadretti e ad-

dobbi vari, ogni gruppo ha fatto ilproprio slogan su un cartellone cheera posto in alto perché fosse visi-bile ai passanti, i temi più toccatisono stati: l’ecologia e il riciclodei beni, la generosità e il dono afavore dei bambini meno fortunati,insomma tutti messaggi di signifi-cato, soprattutto se si pensa cheautori degli stessi sono stati bam-bini. La serata si è animata grazieanche alla presenza dei molti turisti,che da anni, ormai, riconoscono lamanifestazione come un appunta-mento immancabile nel quale poterfare acquisti convenienti nello spi-rito dell’aiuto e della generosità,a fine serata si sono premiati tuttii partecipanti ai quali sono statedonate scatole di matite offerte dalCe.se.vo.Ca. nonché le coppeassegnate a tre categorie di parte-cipanti: banchetto più addobbato,miglior messaggio, banchetto cheha fatto il maggior guadagno, tuttii premiati hanno deciso di devolve-re all’associazione il ricavato dellavendita, questo rende la manifesta-zione un’occasione di crescita e diinsegnamento alla pari tra i bambi-ni, i volontari promuovono costan-temente la diffusione dei valoridella solidarietà e del dono nelterritorio e questo evento è unesempio di come i bambini abbianorecepito il messaggio e se ne sianofatti portatori e sostenitori, con leproprie famiglie, nel loro contestodi appartenenza.

I

di PAOLA CIRIELLO

l Centro di ascolto parrocchia-le quel pomeriggio di martedi

una comune amica della Parrocchiaconsegna a me e a Rosetta un bi-glietto con la segnalazione di unafamiglia in difficoltà.

“È un caso adatto a voi”, cidice

La famiglia abita in un quar-tiere lontano, dall’altra parte dellacittà,ma decidiamo ugualmente difare una visita

Ci arrampichiamo su perquattro piani di scale scarrupate egiungiamo all’”attico” così definitonel contratto di affitto.Noi facciamofatica a definirla una casa

La famiglia è composta daquattro persone due genitori ab-bastanza giovani,due bambini di 6 e 3 anni

E la mamma racconta Racconta di Nicolas, nato con

il forcipe ,che gli ha provocato laparalisi del braccio sinistro Rac-conta di un programma speri-mentale nel quale erano stati in-seriti :

“Si può cercare di ridare fun-zionalità al braccino con una seriedi interventi di trapianto di nervi“ gli hanno detto .

Racconta degli interventi su-biti a Milano ,gratis certo,ma sologli interventi;il soggiorno,i viaggi sono stati tutti a loro carico. Equando papà Tommaso ha perdutoil lavoro, tutto si è interrotto

Nicolas col suo braccino rat-trappito va saltando dal divanettoricoperto da un plaid stracciato,altavolino,alla stufa,al mobile , tutto nello spazio di una cucina picco-lissima,piena di oggetti di tutti it ipi ,con le pareti anneri tedall’umido.Da una porta si intrave-de un letto semi disfatto in unastanza piena di cose accatastate

Il fratellino più piccolo piagnu-cola seduto su un passeggino e c’èanche un cagnolino ,un volpinobianco, che continua ad abbaiarecon la sua voce stridula

Andiamo via con il cuore mol-to rattristato

Ci diamo da fare conl’Assistente sociale della circoscri-zione,facciamo visitare Nicolas daun altro medico,portiamo un pò diviveri,paghiamo una bolletta, an-diamo a trovarli ancora

È un pomeriggio di gioco fraamiche, organizzato per raccoglierefondi per l’Associazione e fra unachiacchera e l’altra Rosetta rac-conta la nostra ultima esperienza .

Fra le amiche c’è anche un non-no al quale da poco è nata una ni-potina dopo tanti anni di attesa. Hafatto una adozione a distanza,unringraziamento al Signore, ma èassai deluso dell’esperienza Vuole venire con noi a conoscere Nicolas

Saliamo insieme i 4 piani discale scarrupate

Virgilio,così si chiama , vede,sicommuove e decide di intervenire

Ha un caro amico a Monza,Virgilio,un chirurgo di fama,che

svolge la sua attività a MilanoPensa di chiedere il suo parere,

e parte con Nicolas e la sua mamma

in aereo.Giungono a Monza,ein ospeda-

le alla vista di Nicolas il professoreesclama:

“Ma io questo bambino lo co-nosco!”

È lo stesso professore che hafatto i primi interventi a Milano sulbraccino di Nicolas

Il programma di recupero edi interventi con l’aiuto econo-mico di Virgilio riprende!

Oggi non possiamo andare avisitare i nostri amici a casa loro,eli preghiamo quindi di accostarsial nostro Centro di ascolto

Vengono solleciti e hanno por-tato anche Nicolas

“Ciao ,Nicolas,Come stai “,glidomando

“Sto bene “e mi mostra il brac-

cino,un po’ più aperto“Vedi, ho la mano dritta e pos-

so anche prendere la penna”“Bravo sei contento?”“Si”“Dobbiamo fare altri interven-

ti,la strada è ancora lunga” aggiun-ge la mamma

Ma ci sarà sempre Virgi-lio,penso,la PROVVIDENZA

“Nicolas, vuoi un bel gelato?”gli chiedo

“Si”, Nicolas guarda la mamma

che, gli fa un cenno affermativo“Dammi la mano,andiamo a

prenderci un gelato, grandissimo!”.

da una VOLONTARIA

a notte di san Giovanni apre lemanifestazioni culturali, folklo-

ristiche, musicali, religiose, gastro-nomiche che caratterizzano l’estateostunese.

Un calendario ricco di eventiviene offerto ai tanti turisti chescelgono la città bianca come metadelle loro vacanze.

In questa serata e nella splen-dida cornice del borgo antico, leVolontarie Vincenziane, coadiuvatedalle giovani, hanno voluto mani-festare la loro presenza per diffon-dere il messaggio di volontariato eassistenza,secondo gli esempi diSanta Luisa e San Vincenzo.

Nei giorni precedenti il 24 giu-gno, le giovani hanno confeziona-to,in carte decorate e scintillanti,vari giocattoli, minuterie e gadgete,gratuitamente offerti da parenti e

amici,per allestire il “Pozzo di SanPatrizio”.

Dalle abili e laboriose manidelle Volontarie Vincenziane, in-vece, sono stati preparati squisitidolci e gustosi rustici che hannocostituito un abbondante e riccobuffet.

Ai tanti turisti che affollavanole viuzze della famosa città biancaveniva proposto l’assaggio delleprelibatezze o l’invito alla pescadal pozzo di San Patrizio e , dopoaver ascol ta to le f ina l i tàdell’Associazione, i passanti con-tribuivano liberamente al sostegnodella nobile causa.

Ben vengano queste iniziative,necessarie a far conoscere sul ter-ritorio l’opera delle Vincenzianeche, con impegno, tenacia, stile eriservatezza, riescono ad accendereun sorriso sul viso di quelle personeche vivono in situazioni di difficoltàe disagio.

FILODIRETTOAnno XIX n. 3

dicembre 2011 23NOTIZIEdaiGRUPPI

OSTUNI

A

LIl buffet dellasolidarietà

BARI

La provvidenza (vita di gruppo)

Bari. Santa Scolastica.

FILODIRETTOAnno XIX n. 3dicembre 201124 NOTIZIE

daiGRUPPITRINITAPOLI

E-state con noi di LUCIA TEDESCO

iuscitissima l’iniziativa della“Caccia al tesoro” messa in

atto dall’associazione VolontariatoVincenziano di Trinitapoli,quest’anno abbinata alla manife-stazione “Ragazzi in arte”.

Nel mese di luglio in un tri-pudio di colori, tra il verde delparco cittadino, circa trecentopersone, si sono date appuntamentoper assistere e partecipare allacaccia al tesoro rivolta a bambinied adulti. L’iniziativa è stata pro-

grammata per famiglie con minoried è stata divisa in due momenti:un primo momento dedicato all’arte,t r ad iz iona le appun tamentodell’estate trinitapolese, quello incui i bambini e, questa volta anchei genitori, con pennelli e colori atempera dipingono immagini sulterreno del parco scegliendo mes-saggi di cittadinanza attiva come ilrispetto dell’ambiente, l’integrazionee la pace. Molto interessante è stataquest’anno la scelta del tema dellaraccolta differenziata, sintomo chela cultura della differenziazione deirifiuti è entrata a far parte della vitadelle famiglie.

Tutti bellissimi e significativii disegni realizzati dai ragazzi conl’aiuto dei loro genitori, temaprincipale di quest’anno: il rispettoper l’ambiente.

A questo primo momento èseguita una breve pausa animatada musica e balli, e la degustazionedi un fresco gelato offerto a tuttidai volontari.

Si è quindi passati al secondomomento, quello dedicato allacaccia al tesoro, momento tantoatteso , specialmente dai ragazzi.

Gli adulti e i bambini sono statidivisi in 10 gruppi, ogni gruppocontrassegnato da una coccarda didiverso colore e affiancato da un

operatore con il compito di vigilaresulla correttezza dello svolgimentodella caccia al tesoro.

Il gioco ha alternato momentidinamici, come la ricerca di oggettisparsi nel parco, il ritrovamento dioggetti nascosti, gare veloci dia b i l i t à f i s i c a c o m el’improvvisazione di un grandegirotondo o la messa in scena dialcune vignette, a momenti di ri-flessione come gli indovinelli logicisu cui i gruppi si fermavano inraccolta a riflettere per cercare lasoluzione; insomma è stato un mixdi divertimento e creatività.

Non solo le squadre gareggiantihanno vissuto l’emozione del mo-mento, ma la caccia al tesoro ha

attirato l’attenzione e la partecipa-zione di tutti i presenti e coinvoltoanche involontariamente coloroche passando distrattamente, sifermavano a guardare.

Il parco era come animato,come se ogni albero, ogni cespu-glio, ogni sasso, partecipasse allagara.

Il brusio delle voci, le grida digioia dei ragazzi ogni volta cherisolvevano un indovinello, l’ansiadi arrivare primi, la ricerca affan-nosa degli oggetti nascosti, hannocreato nel parco un clima di sanacompetizione e divertimento.

La caccia al tesoro è duratacirca due ore, sono state indivi-duate otto postazioni, ogni posta-zione era presieduta da un operatoreche controllava il buon esito dellaprova precedente e poneva ilquesito successivo consegnando alcapogruppo il biglietto, il tutto siè svolto con partecipazione e coin-

volgimento.I bambini hanno avuto occasio-

ne di riscoprire il loro territorio eviverlo come parte dei propri spazidi vita, sentire l’appartenenza eanche la responsabilità condivisadel rispetto per quel luogo.

Il gioco si è concluso dandola vittoria alla squadra che ha ri-solto l’ultimo indovinello riuscen-do a trovare il tesoro che era statonascosto all’interno di un cespu-glio, il tesoro altro non era che unsacco pieno di caramelle che ivincitori hanno deciso di condivi-dere con tutti i partecipanti. Lamanifestazione si è conclusa conla premiazione dei disegni ritenutipiù creativi dalla giuria dei pre-senti.

Ogni partecipante ha ricevutoin dono un gadget come ringrazia-mento per la partecipazione e ricor-do della manifestazione.

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