Editoriale - ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda · ’è un asso in più nella manica di...

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Il giornale di Niguarda ospedaleniguarda.it C ’è un asso in più nella manica di chi ogni giorno gioca la difficile partita contro il cancro, si chiama VMAT (Volumetric Modulated Arc Therapy) ed è una sofisticata tecnica che di recente ha fatto il suo ingresso nella Radioterapia. Il cuore tecnologico è un software che consente all’acceleratore lineare (il macchinario usato per questo tipo di terapie) di mirare più accuratamente sui tessuti tumorali garantendo una maggiore preservazione di quelli sani. CONTINUA A PAGINA due La laurea honoris causa a Marisa Cantarelli Un contributo fondamentale all’assistenza infermieristica personalizzata Anno 8 - Numero 3 Luglio 2013 Poste Italiane Spa Sped. abb.post. Dl n. 353/2003 art 1 (comma1) D&B Milano DISTRIBUZIONE GRATUITA Periodico di informazione dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda Editoriale Più precisione in radioterapia La VMAT per una terapia più mirata contro i tumori La riorganizzazione della sanità lombada: orgoglio e spirito di servizio N el corso degli ultimi mesi dell’ anno scorso la Giunta di Regione Lombardia ha posto le premesse per la riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale e, con gli ultimi provvedimenti sta, passo passo, ridisegnando la rete dell’assistenza ospedaliera. La più recente deliberazione affronta il tema del riordino di cinque importanti alte specializzazioni chirurgiche ed interventistiche: cardiochirurgia, emodina- mica ed elettrofisiologia, chirurgia toracica, chirurgia vascolare e neurochirurgia. È importante comprendere le ragioni di questi provvedimenti: in primo luogo la ricerca della massima qualità delle prestazioni offerte ai cittadini. È ben noto che la qualità delle attività di diagnosi e cura (specie se complesse) migliora nettamente con l’aumentare della frequenza con la quale i professionisti le affrontano. Riconoscimenti AREU - Emergenza Urgenza Anche Milano verso il numero unico Dallo scorso maggio componendo il 118 risponde il 112 I niziata a Varese nel 2010, nella centrale del 118 interna all’ospedale, la novità è arrivata da maggio anche a Milano per le ambulanze che avevano già sperimentato il “nuovo corso” anche a Como, Lecco, Bergamo Monza e relative province. CONTINUA A PAGINA due CONTINUA A PAGINA tre V enerdì 10 maggio, l’Università di Milano ha assegnato la laurea magistrale honoris causa in “Scienze infermieristiche e ostetriche” a Marisa Cantarelli , per lo straordinario impegno e capacità dimostrate nella ricerca, nella didattica e nell’elaborazione di teorie della disciplina infermieristica”. CONTINUA A PAGINA dodici Sommario Attualità a pag. 2 Tumore del colon-retto: le terapie personalizzate Sanità a pag. 3 La rete delle malattie rare Centri Specialistici a pag. 5 AIMS Academy e Medicina Iperbarica Gli Specialisti Rispondono da pag. 8 a 12 Il chirurgo, il diabetologo, l’infettivologo... Arte e Storia a pag. 14 Enrico Baj e il Museo d’Arte Paolo Pini Città dell’Arte NIGUARDA CANCER CENTER Enrico Baj e il dialogo in Paradiso CONTINUA A PAGINA quattordici Tiroide: crescono i casi di tumore Aumento del 200% negli ultimi 20 anni. L’asportazione con la tecnica mininvasiva CONTINUA A PAGINA otto Malattie dalla A alla Z a pag. 6 Helicobacter pylori Volontariato a pag. 13 Associazione Malattie del Sangue ed Erika

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C’è un asso in più nella manica di chi ogni giorno gioca la difficile partita contro il cancro, si chiama VMAT

(Volumetric Modulated Arc Therapy) ed è una sofisticata tecnica che di recente ha fatto il suo ingresso nella Radioterapia. Il cuore

tecnologico è un software che consente all’acceleratore lineare (il macchinario usato per questo tipo di terapie) di mirare più accuratamente sui tessuti tumorali garantendo una maggiore preservazione di quelli sani.

CONTINUA A PAGINA due

La laurea honoris causa a Marisa CantarelliUn contributo fondamentale all’assistenza infermieristica personalizzata

Anno 8 - Numero 3

Luglio 2013

Poste Italiane Spa

Sped. abb.post. Dl n. 353/2003

art 1 (comma1) D&B Milano

DISTRIBUZIONEGRATUITA

Peri

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Editoriale

Più precisione in radioterapiaLa VMAT per una terapia più mirata contro i tumori

La riorganizzazione della sanità lombada:

orgoglio e spirito di servizio

Nel corso degli ultimi mesi dell’ anno scorso la Giunta di Regione Lombardia ha posto le premesse per

la riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale e, con gli ultimi provvedimenti sta, passo passo, ridisegnando la rete dell’assistenza ospedaliera.La più recente deliberazione affronta il tema del riordino di cinque importanti alte specializzazioni chirurgiche ed interventistiche: cardiochirurgia, emodina-mica ed elettrofisiologia, chirurgia toracica, chirurgia vascolare e neurochirurgia.È importante comprendere le ragioni di questi provvedimenti: in primo luogo la ricerca della massima qualità delle prestazioni offerte ai cittadini.È ben noto che la qualità delle attività di diagnosi e cura (specie se complesse) migliora nettamente con l’aumentare della frequenza con la quale i professionisti le affrontano.

Riconoscimenti AREU - Emergenza Urgenza

Anche Milano verso il numero unicoDallo scorso maggio componendo il 118 risponde il 112

Iniziata a Varese nel 2010, nella centrale del 118 interna all’ospedale, la novità è arrivata da maggio anche a Milano per

le ambulanze che avevano già sperimentato il “nuovo corso” anche a Como, Lecco, Bergamo Monza e relative province.

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Venerdì 10 maggio, l’Università di Milano ha assegnato la laurea magistrale honoris causa in “Scienze infermieristiche

e ostetriche” a Marisa Cantarelli, per lo “straordinario impegno e capacità dimostrate nella ricerca, nella didattica e nell’elaborazione di teorie della disciplina infermieristica”.

CONTINUA A PAGINA dodici

Som

mar

io

Attualità a pag. 2Tumore del colon-retto: le terapie personalizzate

Sanità a pag. 3La rete delle malattie rare

Centri Specialisticia pag. 5AIMS Academy e Medicina Iperbarica

Gli Specialisti Rispondonoda pag. 8 a 12Il chirurgo, il diabetologo, l’infettivologo...

Arte e Storia a pag. 14Enrico Baj e il Museo d’Arte Paolo Pini

Città dell’Arte

NIGUARDA CANCER CENTER

Enrico Baj e il dialogo in Paradiso

CONTINUA A PAGINA quattordici

Tiroide: crescono i casidi tumoreAumento del 200% negli ultimi 20 anni. L’asportazione con la tecnica mininvasiva

CONTINUA A PAGINA otto

Malattie dalla A alla Za pag. 6Helicobacter pylori

Volontariato a pag. 13Associazione Malattie del Sangue ed Erika

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E’ una conferma importante quella che arriva da uno studio di fase 3 condotto su 500 pazienti, colpiti dal tumore

al colon in fase metastatica. La ricerca, pubblicata sul prestigioso New England Journal of Medicine, ha coinvolto diversi centri internazionali e ha visto Niguarda come centro coordinatore per l’Italia. “Si è trattato dell’atto finale che ha certificato in maniera incontrovertibile l’esigenza di un approccio personalizzato nella terapia per questo tipo di tumore- spiega Salvatore Siena, Direttore dell’Oncologia Falck -”. Negli ultimi anni i passi in avanti fatti dai ricercatori dell’IRCC (Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro) di Candiolo e

dall’Oncologia Falck di Niguarda avevano prospettato che la diversa risposta alle terapie a bersaglio molecolare, per questo tipo di tumore, era da spiegarsi su base genetica. In pratica il panitumumab, l’anticorpo monoclonale di ultima generazione, dimostra la sua efficacia, in termini di aumento della sopravvivenza, solo su pazienti che non presentano mutazioni in geni specifici, come KRAS, NRAS o BRAF. “E’ importante quindi “prendere l’impronta genetica” del paziente, attraverso i test che abbiamo messo a punto nel corso degli anni, per scegliere la terapia più idonea. Si tratta di una personalizzazione delle cure che dopo questo studio diventerà a tutti gli effetti la pratica clinica di riferimento”.

“Le tecniche radioterapiche tradizionali- spiega Mauro Palazzi, Direttore della Radioterapia-, compresa quella ad intensità modulata (IMRT), consistono in alcuni fasci di radiazione, generalmente da 2 a 9, prodotti da un acceleratore lineare e diretti verso il tumore. Con VMAT, invece, la continua rotazione della testata dell’acceleratore durante l’irradiazione favorisce la massima focalizzazione delle radiazioni sui tessuti tumorali, che vengono così colpiti da tutte le angolazioni possibili”. Il bersaglio, nello spazio di pochi minuti, viene raggiunto con precisione ancora maggiore rispetto alle precedenti tecniche, riducendo ulteriormente il rischio di danni collaterali agli organi sani. L’utilizzo della VMAT permette, inoltre, di dimezzare la durata dei trattamenti rispetto alla IMRT: circa 5-7 minuti rispetto ai tempi tradizionali che si aggirano sui 20 minuti per seduta. “Aumentando la precisione- continua Palazzi-, si incrementano le possibilità di successo, consentendo nello stesso tempo di trattare un numero maggiore di pazienti ogni giorno e quindi di ridurre i tempi di attesa per iniziare la radioterapia”.Potenzialmente la VMAT si applica a tutte le neoplasie, ma è particolarmente utile per quelle patologie in cui la focalizzazione del trattamento deve essere massima per preservare organi o apparati molti vicini. Così VMAT è un plus da sfruttare per i tumori della testa e del collo, come laringe, faringe e cavo orale, ma anche per le neoplasie della pelvi, come prostata e retto, del polmone e della mammella.Anche per questa tecnica la fase pre-trattamento è cruciale. Il corretto funzionamento dell’acceleratore e l’elaborazione del piano di cura sono garantiti dalla collaborazione col fisico sanitario, mentre sul lettino del macchinario il paziente è preparato dai tecnici di radioterapia che lo posizionano accuratamente. La mira

viene verificata con una Tac (montata sullo stesso acceleratore), la posizione del paziente aggiustata millimetricamente, e poi via: inizia la seduta di trattamento vera e propria.Nel corso degli anni i trattamenti radioterapici si stanno sempre più affinando e aumenta la quota dei pazienti oncologici che nel loro percorso di cura traggono beneficio dalla radioterapia: gli ultimi dati indicano che questa opzione viene utilizzata almeno nel 60% di tutti i casi di tumore. Ma “radioterapia” non significa solo macchinari hi-tech, ritrovati di ultima generazione e “bottoni da schiacciare”. “Il lavoro- ricorda Palazzi- non può prescindere da quella che è la componente umana: il personale, rappresentato da medici, fisici, tecnici e infermieri, deve saper utilizzare la tecnologia con le conoscenze e l’esperienza ottimali, ma anche sapersi rapportare con il paziente ed i suoi familiari nel modo migliore”. Sono 1500 i pazienti seguiti ogni anno presso la Radioterapia di Niguarda e il loro percorso è fatto di cicli terapeutici che si prolungano anche per diverse settimane con effetti collaterali a volte importanti. “Per garantire loro un’accoglienza ed un’assistenza ottimali, abbiamo appena aperto due nuove sale visita e potenziato il personale infermieristico, indispensabili per una maggiore attenzione ad ogni loro necessità, non solo sotto il profilo strettamente clinico ma anche umano - conclude lo specialista-”.

Più precisione in Radioterapia

Attu

alità

Riabilitazione Equestre

E’ difficile ricordarsi di essere in un ospedale quando si raggiunge il Centro di Riabilitazione Equestre Vittorio Di Capua. Aggirandosi tra i paddock e le

strutture per l’attività a cavallo, non è difficile imbattersi nei magnifici quadrupedi ma anche in pennuti come oche, ana-tre, germani e perfino un pavone. Ci sono, poi, la capretta Teodolinda, il cane Olivia e il gatto Milù. E poi tanto verde…un’oasi naturale che di recente si è arricchita di un’area im-portante: l’orto-giardino per i piccoli pazienti del Centro e non solo. “Fa parte di un percorso sensoriale pensato per dare modo ai bambini di prendere dimestichezza con i ci-cli della natura - spiega Annalisa Roscio, Responsabile del Centro - Prima nella serra, poi in campo aperto, i bambini seminano e imparano il valore del prendersi cura e dell’atte-sa prima che le piante diano i loro frutti”.Il piccolo campo è suddiviso in più zone. C’è l’aiuola dei

profumi e dei colori, ravvivata dalle tinte accese dei fio-ri in continuo cambiamento a seconda della stagione. C’è l’area dedicata all’orto vero e proprio con diversi prodotti della terra: zucchine, insalata, carote, patate, solo per citarne alcuni. “Abbiamo puntato sulla semina di tante tipologie differenti di ortaggi - ci dice Simona Molinari, collabo-ratrice del Centro - proprio per dare modo ai bambini di sperimentare il più possibile, puntando anche sul concetto di diversità, che diventa emblematico quando si lavora con bambini affetti da disabilità”. C’è anche un’area coltivata con il necessario per l’alimen-tazione dei cavalli e degli altri animali e per i bambini è uno spasso preparare il loro cibo. A completare il giardino c’è l’aiuola degli aromi: timo, rosmarino, lavanda, menta e ba-silico. I bambini, assistiti dalle terapiste, li hanno raccolti ed essiccati per poi sminuzzarli e trasformarli in sali aromatici e

utilissimi profumatori per cassetti. Tutte le aiuole sono pre-disposte in cassoni rialzati per essere facilmente accessibili alle carrozzine, anche a quelle dei piccoli dell’Unità Spinale o del Centro Nemo (il centro di Niguarda per le malattie neu-romuscolari): “Queste attività li spingono a scoprire nuove abilità, importanti per il loro percorso. Il nostro Centro co-munque è aperto a tutti i bambini e abbiamo già ospitato diverse classi, tra cui anche i piccolissimi dell’asilo nido del Niguarda - conclude Roscio”.

www.riabilitazionequestre.it

SEGUE DALLA PRIMA

Defibrillazione, istruzioni per l’uso

Cos’è il defibrillatore semiautomatico? A cosa serve? Quando si usa? Chi lo può utilizzare? Sul sito dell’AREU sono state raccolte tutte le domande sul

tema “defibrillazione”, con le risposte degli esperti e un video che racconta le fasi di un corretto intervento di soccorso.

www.areu.lombardia.it

NIGUARDA CANCER CENTER

Tumore del colon-retto: le terapie personalizzate nella pratica clinica

Chi digita il 118 ora, nel capoluogo meneghino, si sente rispondere dal call center organizzato a Niguarda: “Buongiorno, numero unico dell’emergenza 112”. Non si tratta di un carabiniere, bensì di un operatore che dall’ospedale milanese (sede provvisoria del call center collettore) localizza automaticamente la posizione del chiamante compilando una sorta di scheda che attesta il nome di chi telefona e il motivo. Il tempo che l’utente crede di perdere fornendo queste informazioni lo guadagna invece subito dopo. Se la chiamata non riguarda le competenze specifiche del 118, in pochi secondi viene smistata alle centrali operative di competenza: polizia, carabinieri, vigili del fuoco, polizia municipale o protezione civile. Il valore aggiunto è l’azione di filtro, anzitutto. E l’esperienza di Varese in questo ha segnato il passo: Areu (Agenzia regionale emergenza urgenza) spiega che su 100 chiamate arrivate al 118 nella città lombarda- che ha fatto da tester- circa 60 non riguardano le competenze delle ambulanze. Inoltre con questo sistema vengono escluse tutte le telefonate improprie - scherzi o falsi allarmi - o quelle dei bambini che giocano con i cellulari dei genitori. Con il sistema a regime ci sarà anche un vantaggio in più: sarà automatica la localizzazione della chiamata. Oggi il 118 non individua la provenienza della richiesta di soccorso. È l’operatore a chiederla, spesso trovando dall’altra parte del cavo o dell’etere una persona in preda al panico, quindi confusa. Con il nuovo sistema, grazie a un collegamento istantaneo con Roma, compariranno in automatico sul monitor tutti i dati del chiamante. A breve- anche se non sono state ancora fissate le date certe- si aggregheranno al servizio del numero unico 112 anche le altre realtà dell’emergenza che fanno capo a diverse “utenze” telefoniche: i Vigili del Fuoco con il 115, dovrebbero realizzarlo a breve, la Polizia con il 113 e i Carabinieri dovrebbero convergere nel nuovo servizio entro l’anno.

Verso il numero unico SEGUE DALLA PRIMA

NEWS DAL WEB

Quell’orto tra i cavalli

Di recente una nutrita delegazione di medici oncologi e chirurghi,

provenienti dai più importanti ospedali cinesi, è venuta in visita al Niguarda. Sono stati accolti da Salvatore Siena, Direttore dell’Oncologia Falck e Massimiliano Mutignani, Direttore dell’Endoscopia Digestiva e Interventistica. L’incontro è stato l’occasione per assistere ad una presentazione sulle terapie e i trattamenti che nel nostro Ospedale si portano avanti contro i diversi tipi di tumore dell’apparato digerente.

Dalla CinaChi visita Niguarda

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tre

Sani

Libera Professione

Il “modello Balduzzi” a NiguardaLa gestione è in rete per medico e paziente

Rete per le malattie rare

E’ dal 2001, anno della sua istituzione, che la rete regionale per le malattie rare si prende cura dei pazienti

affetti da queste patologie. Le chiamano le “patologie di pochi” ma guardando i dati, sommandoli, ci si accorge che il numero di cittadini assistiti non è poi così esiguo, tutt’altro. Abbiamo incontrato Erica Daina,

nefrologa e medico ricercatrice, da diversi anni a capo del Centro di Coordinamento Regionale che ha sede presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.Ogni 6 mesi il Centro di Coordinamento pubblica un report. Il prossimo, in uscita dopo l’estate, renderà noti i dati “fotografati” al 30 giugno 2013, ci può dare un’anticipazione?Stiamo lavorando per una novità importante. Infatti, stiamo incrociando i dati inseriti dagli specialisti dei diversi presidi con quelli amministrativi, provenienti dalle ASL, in modo da iniziare a delineare la prevalenza delle malattie rare nella nostra regione. Il tutto per disegnarne un po’ meglio l’epidemiologia. Infatti, per la maggior parte di queste patologie non si conosce con certezza la diffusione. Anche i numeri forniti dalla banca dati europea, Orphanet, sono spesso delle stime di prevalenza che si basano sulla letteratura scientifica o su studi campione.

La rete ha iniziato la sua attività nel 2001, allora ne facevano parte 13 presidi, oggi sono 34, quali sono gli altri numeri della rete?Secondo i dati dell’ultimo report disponibile le persone che hanno ricevuto assistenza per il 2012 sono circa 43.000. Il numero è ricavato dalle richieste per il codice di esenzione, disponibile per questo tipo di patologie. Si tratta di un numero consistente se rapportato con la popolazione lombarda che è di circa 10 milioni di abitanti. Per quanto riguarda la distribuzione, il 16,2% dei casi proviene da fuori regione.In questo periodo si sente parlare sempre più spesso di riorganizzazione delle reti sanitarie regionali. C’è un rischio di ridimensionamento anche per quella dei malati rari?La razionalizzazione non dovrebbe toccare la rete delle malattie rare, in quanto è nata con un obiettivo diverso da quello degli

altri network, come può essere quello oncologico o cardiologico. In pratica non si è andati ad istituire in un ospedale un centro per le malattie rare. Ma laddove c’erano delle competenze riconosciute ci si è resi disponibili ad assistere i pazienti. Nulla è stato creato ad hoc.Quanto conta lavorare in rete per l’assistenza a questo tipo di malati?Per le patologie rare lavorare in rete è fondamentale. Basta pensare a chi vuole organizzare un registro o uno studio. Per farlo è necessario chiedere la collaborazione degli altri centri perché i casi per definizione sono pochi. Comunque il sistema di raccolta dei dati ha ancora notevoli margini di miglioramento. Inoltre ci auspichiamo che a livello nazionale presto si facciano i passi necessari per alzare il livello, come l’aggiornamento dell’elenco delle patologie, che dà diritto ai codici di esenzione, e l’adozione di un vero e proprio piano nazionale per queste malattie.

Al via la mappa per la prevalenza delle patologieIn Lombardia sono 43.000 i pazienti assistiti

Editoriale SEGUE DALLA PRIMA

La Legge 189/2012 (Legge Balduzzi) ha di recente introdotto delle importanti novità nella

gestione della Libera Professione. In particolare la riforma ha reso obbligatorio il collegamento in rete degli studi privati fuori del perimetro ospedaliero, quando derogati espressamente dalla Regione su richiesta delle aziende ospedaliere o ASL. Il Niguarda, con oltre 60.000 prestazioni ambulatoriali all’anno erogate in Libera Professione e Solvenza Aziendale- di cui più di 9.000 nei 70 studi privati autorizzati- gestisce in modo integrato

le prestazioni di 450 professionisti, già dal 2007, anno in cui è stato attivato il servizio denominato “Area Privata”, molto simile nelle modalità operative previste dalla L.189/2012 e incentrato sull’informatizzazione e la gestione da remote sia per il professionista sia per il paziente.Il servizio prevede la gestione delle agende centralizzate, il call center, il recall e tutte le attività a supporto dei pazienti privati e degli specialisti del Niguarda. Le prenotazioni possono avvenire attraverso tre canali: il call center telefonico, gli sportelli dedicati

in ospedale oppure i professionisti che hanno accesso on-line alla propria agenda personale. Negli ultimi mesi ne è stato, inoltre attivato, un quarto: la prenotazione per i pazienti attraverso un sito accessibile anche dall’home page dell’ospedale. L’informatizzazione delle agende è il nucleo fondante del servizio e ha permesso di rendere automatico il flusso contabile, fatturando negli studi le prestazioni in collegamento con il sistema di contabilità centrale, esattamente come in un qualsiasi sportello sito all’interno della struttura ospedaliera.

Non stiamo parlando solo dell’efficienza dei processi: risparmio di tempo, riduzione degli errori e utilizzo corretto delle attrezzature, ma degli stessi esiti riguardo al miglioramento della salute dei pazienti.Innumerevoli lavori scientifici lo hanno ormai dimostrato e indicano addirittura delle “soglie” minime di attività annuali da mantenere per il singolo professionista e per l’intera organizzazione che lo affianca e supporta, al fine di garantire i migliori risultati.In secondo luogo la consapevolezza, ormai diffusa, che quello che conta

è certamente la singola procedura, ma è indispensabile che prima, durante e dopo l’intervento ci sia un “percorso” del paziente ben studiato ed organizzato che ne prepari e ne garantisca il buon esito.Questi percorsi attuati in luoghi di cura ben individuati, in base alle loro caratteristiche complessive, potranno garantire ai cittadini non solo la qualità del singolo “atto”, ma un iter di cura articolato e completo in grado di rispondere al meglio ai loro bisogni.Da ultimo (ma non ultimo!) la sostenibilità complessiva del sistema. Un piccolo dato noto a pochi: all’anno un grande ospedale spende, pressappoco, per la bolletta energetica la stessa cifra destinata ai farmaci per i degenti.Vuol dire che se non siamo capaci di concentrare i percorsi ospedalieri complessi nel tempo e nello spazio i costi generali di mantenimento eroderanno la capacità di investire in professionisti, tecnologie e nuovi farmaci per tutti.Ma quale è il ruolo del nostro ospedale in tutto questo?Abbiamo condotto un test (la titolarità del progetto esecutivo

di riordino delle alte specialità è dell’ASL Milano) con i criteri della DGR 271 del 19.6.2013 ed abbiamo potuto verificare, con buona approssimazione, che tutte le nostre alte specializzazioni sono ampiamente oltre la soglia minima di attività prevista e quindi Niguarda continuerà a offrire i servizi di alta specialità per il 2014.Guardando i numeri non si può evitare un moto di legittimo orgoglio, specie pensando a quello che i medici e gli infermieri del nostro ospedale hanno saputo costruire negli anni.Potremmo quindi essere indotti a ritenerci solo spettatori del processo di riorganizzazione che si prepara, ma sarebbe un atteggiamento profondamente inadeguato ai tempi.Se sono vere le ragioni della riorganizzazione, allora Niguarda deve svolgere un ruolo molto importante riguardo a diversi aspetti, in uno spirito di servizio verso i pazienti e tutto il sistema sanitario.Innanzitutto la capacità di accogliere i pazienti che si indirizzeranno verso di noi come conseguenza della riorganizzazione.Questo richiederà di ripensare alcune parti della nostra organizzazione

dipartimentale e di specialità, per essere accoglienti ed efficaci.Nello stesso tempo, col costituirsi della rete, sarà necessario offrire spazi operativi ai professionisti (medici, infermieri, tecnici) che intendano proseguire ad operare nelle aree ad alta specializzazione, integrandosi ai nostri operatori: ciò potrà aiutarci a lavorare meglio ed in modo più efficiente.Infine dovremo creare spazi di ricerca ed aggiornamento scientifico e di addestramento ai professionisti di tutta la rete metropolitana delle alte specializzazioni: è una missione profondamente sentita dal nostro ospedale e che rappresenta, forse, accanto alla tradizionale accoglienza riservata ai pazienti ed ai loro familiari, il più alto contributo che possiamo offrire.Ci poniamo quindi, ancora una volta, con sentimenti di orgoglio e spirito di servizio anche di fronte alla sfida importantissima rappresentata dalla riorganizzazione del servizio sanitario regionale.

Giuseppe GendusoDirettore Sanitario

Niguarda

Giuseppe GendusoDirettore Sanitario

Niguarda

L’Area privata è “punto it”Per quanto riguarda il sito, che permette al paziente di prenotare via web un esame o una visita in regime di Libera Professione, si tratta di un servizio unico: è, infatti, il primo in Italia ad essere pensato per l’attività medica privata degli specialisti che operano in un ospedale pubblico. Sul portale con pochi click è possibile visualizzare l’elenco degli specialisti che ci interessano. Insieme al nome e cognome compariranno anche i loro curricula, i costi per le singole prestazioni offerte, la sede con gli orari e il rating, ovvero il giudizio medio espresso dagli altri pazienti, visitati prima dallo stesso medico.areaprivata.ospedaleniguarda.it

Erica DainaCentro di Coordinamento Rete

Regionale Malattie Rare

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Formazione chirurgica

3 anni fa, quando ha aperto, si parlava di un centro per insegnare la chirurgia del futuro, oggi quelle stesse tecniche

mininvasive sono diventate sempre di più il presente. Era il marzo 2010 quando l’AIMS (Advanced International Mini-Invasive Surgery) Academy inaugurava la sua sede a Niguarda, dando inizio all’attività didattica. Da allora il numero di chirurghi, che hanno scelto di affinare la propria formazione nella struttura, fondata da Raffaele Pugliese, Direttore del Dipartimento Chirurgico Polispecialistico, è andato crescendo anno dopo anno. “Nel 2010 sono stati oltre 450 gli specialisti che hanno frequentato i nostri corsi dedicati alla chirurgia mininvasiva; nel 2011 sono stati 550 e 720 nel 2012, di

cui 350 stranieri- ci spiega il fondatore e Presidente dell’AIMS -”. La caratura internazionale del centro è confermata anche dalla docenza che, oltre ai collaboratori dell’équipe diretta da

Pugliese, può contare sulla partecipazione dei massimi esperti mondiali, che vengono all’AIMS per operare o che si collegano in video-conferenza per permettere agli studenti di assistere in diretta ai loro interventi. “Lo schema tipico dei nostri corsi prevede la possibilità di osservare con una partecipazione attiva dei discenti che possono fare domande e richiedere approfondimenti durante la procedura- spiega Pugliese-. A questo segue la discussione dei casi clinici e delle singole patologie. Poi inizia la sessione di training vera e propria”.Per farlo i chirurghi hanno a disposizione un avveniristico wet lab-una sala operatoria sperimentale in cui ci si può esercitare

utilizzando le stesse tecnologie disponibili nei centri più all’avanguardia- e un pluriaccessoriato dry lab- un’area attrezzata con i modelli virtuali ricreati ad hoc per l’addestramento. Nel centro si lavora per fare pratica già oggi con le tecnologie di domani. Si punta sulla chirurgia robotica con il giusto approccio critico. “Senza dubbio si tratta di un’opportunità importante ma che non sempre offre dei vantaggi in più a fronte del maggior costo della procedura. Spesso gli stessi risultati si ottengono con le tecniche mininvasive tradizionali- puntualizza Pugliese-. Quello su cui stiamo puntando è l’utilizzo di una nuova tecnologia: il micro-robot, un dispositivo di dimensioni ridotte che consente di operare tramite un’unica incisione”. Ma all’orizzonte si affaccia anche una nuova ed interessante opportunità, si chiama clone virtuale e permetterà una programmazione più minuziosa dell’intervento. “Presto contiamo di avere a disposizione delle dettagliate ricostruzioni virtuali in 3d di ogni singolo caso da operare. In pratica al computer si potrà preparare in anticipo l’intervento, simulandolo nei giorni precedenti, o anche in sala operatoria, per scegliere con maggior oculatezza i vari step della procedura”.

I primi 3 anni dell’AIMS AcademyL’università della chirurgia mininvasiva e le nuove sfide: la micro-robotica e il clone virtuale

Accreditamenti

Lo scorso maggio il Centro di Medicina Iperbarica dell’Ospedale Niguarda ha ripreso la sua attività a pieno regime dopo aver completato il complesso

iter di accreditamento della struttura. Il centro, l’unico in Lombardia operante nell’ambito di una struttura pubblica, dispone di un impianto tecnologicamente avanzato, conforme agli standard prescritti dalla normativa vigente in termini di sicurezza, efficacia delle prestazioni e comfort per i pazienti.Le apparecchiature installate consentono di trattare, giornalmente, circa 60 pazienti, sia in regime ambulatoriale che ospedaliero. Il centro è operativo 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, con orario di apertura giornaliero dalle 8.00 alle 17.00; al di fuori di questa fascia, per gli interventi in urgenza, è sempre reperibile un team composto da medici, tecnici ed infermieri.L’ossigenoterapia iperbarica (OTI) è una tecnica terapeutica che si sta affermando sempre più, grazie alle nuove scoperte in campo medico e, di conseguenza,

alla diffusione delle strutture idonee ad un trattamento iperbarico. La terapia viene condotta in questi “enormi cilindri di acciaio” (le camere iperbariche) che si possono isolare dall’esterno grazie ad un sistema di portelli; l’ambiente viene pressurizzato mediante l’immissione di aria fino al raggiungimento di un valore interno corrispondente alla quota terapeutica prevista. Raggiunta la profondità voluta, (si parla di profondità perché la pressione aumenta nello stesso modo in cui aumenterebbe se si andasse sott’acqua), il paziente viene inserito in un circuito di respirazione, attraverso una mascherina che consente l’inalazione di ossigeno puro. Questo gas, respirato a pressione superiore a quella ambientale, esercita alcuni effetti terapeutici dei quali beneficiano alcune selezionate patologie. La pressione permette la diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore anche dieci volte rispetto al normale; in questo modo si favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni e si mobilitano le cellule staminali.

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Il Centro

Riapre il Centro di Medicina IperbaricaL’ossigenoterapia: un aiuto contro molte patologie

Non solo contro il monossido di carbonioMolti pensano che l’ossigenoterapia iperbarica sia utile solo nei casi estremi di intossicazione da monossido di carbonio o in caso di incidenti subacquei (malattia da decompressione) o embolia gassosa arteriosa. In realtà l’OTI è utilizzata per affrontare e curare molte malattie come:- malattie alle ossa (osteomieliti, osteonecrosi)- ferite che non si richiudono (ulcere di diverso tipo)- piede diabetico- retinopatie- infiammazioni alle gengive (paradontosi)- sordità improvvise.Nella maggior parte di queste patologie è fondamentale iniziare subito la terapia iperbarica perché si aumenta la possibilità di guarire del tutto e in breve tempo; inoltre nell’ambito di un preciso percorso terapeutico pluridisciplinare l’OTI è fondamentale per la guarigione da traumi e fratture. Gli effetti benefici che l’ossigeno iperbarico induce sull’organismo nel corso dei cicli (durata media circa 20 sedute della durata di 2 ore) si protraggono nel tempo anche dopo la fine della terapia.

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Dermatologia

Più lui che lei: la dermatite seborroica “sa scegliere” e colpisce più i maschi che

le femmine. I suoi segni sono inequivocabili: pelle arrossata, squame giallastre e untuose, prurito piuttosto fastidioso. “Si tratta di un disturbo infiammatorio con cui convive una percentuale compresa tra il 3 e il 5% della popolazione – spiega la dermatologa Donata Calò-. A caratterizzarla vi è un’accelerata moltiplicazione delle cellule della pelle, associata a un’elevata attività delle ghiandole sebacee”. I fattori che ne favoriscono lo sviluppo sono diversi e comprendono una predisposizione individuale associata ad alterazioni della composizione e della quantità di sebo. “Le zone che si irritano con più facilità- continua la specialista- sono quelle più ricche di ghiandole sebacee: il cuoio capelluto,

il viso, in aree caratteristiche come sopracciglia e i lati del naso, il torace, la zona dei padiglioni auricolari”.

Quel microrganismosulla pelleGli studi hanno evidenziato una relazione tra la dermatite seborroica e un microrganismo, la Malassezia furfur, un lievito che vive normalmente sulla cute e che, solo in particolari condizioni diventa aggressivo.In chi soffre di dermatite questo micete si sviluppa in modo eccessivo,

provocando la caratteristica irritazione.“Quello che ancora non è chiaro è se sia questo lievito a favorire la dermatite seborroica o se sia questa malattia a creare le condizioni ideali per la sua proliferazione- puntualizza Calò”.

Sole ok, attenti allo stressCiò che invece è chiaro e che l’andamento della dermatite è ciclico alternando fasi in cui l’infiammazione sembra regredire con picchi di recrudescenza. “Spesso il disturbo segue una precisa stagionalità. Si riacutizza nella stagione fredda e attenua le

sue manifestazioni in estate- osserva la dermatologa-. Anche per effetto dell’esposizione al sole che abbatte la

produzione di sebo”.Un altro fattore da non trascurare è lo stress: gli arrossamenti e la pelle che si “sbriciola” in una miriade di squame biancastre sono sintomi che si intensificano nei periodi di maggior tensione.“Questo perché l’affaticamento o un particolare shock emotivo inducono il nostro organismo a produrre più adrenalina, un ormone che induce la vasocostrizione capillare e che così facendo intensifica lo stato irritativo”.

La dermatite seborroicaCome convivere con questo disturbo diffuso soprattutto tra i maschi

Endoscopia digestiva

L’Helicobacter pylori è un batterio che risiede abitualmente nello

stomaco umano e nel mondo, si trova in 2 persone su 3. Eppure la sua presenza è stata notata solo negli anni Ottanta. Prima di allora si riteneva che l’ambiente dello stomaco fosse troppo acido perché ci potessero sopravvivere dei germi. Ma l’Helicobacter ha trovato il modo di fare di questa sede, così ostile, la “propria casa” producendo una sostanza che riduce l’acidità presente nello stomaco, sottraendosi così anche alla risposta immunitaria del suo ospite: le cellule di difesa dell’organismo, i globuli bianchi, infatti non si spingono fin lì.

Una scoperta da NobelL’idea che nello stomaco non potessero crescere germi era tanto radicata nella comunità scientifica che quando per la prima volta si trovò il batterio nei tessuti gastrici provenienti da interventi chirurgici o da gastroscopie si pensò a errori o contaminazioni. Solo i ricercatori australiani Barry Marshall e Robin Warren iniziarono a studiare questo microrganismo, che fu poi battezzato con il nome attuale (Helicobacter) per la sua forma a spirale e per la sua sede preferita (pylori, il piloro, ovvero il punto di passaggio dallo stomaco all’intestino). I due studiosi erano convinti del ruolo determinate del batterio nello sviluppo dell’ulcera gastrica. Per dimostrarlo, Marshall, addirittura, si auto-infettò bevendo il brodo di una coltura batterica. Si ammalò di gastrite, isolò il batterio dall’ulcera formatasi e guarì con

una terapia antibiotica. La sua tenacia fu ricompensata nel 2005 dal premio Nobel per la medicina.

Come si contraeSi pensa che la trasmissione avvenga mediante ingestione di acqua o alimenti (come ad esempio ortaggi o verdura) contaminati dalle feci umane

e non adeguatamente lavati oppure da una bocca ad un’altra, generalmente attraverso l’ingestione di bevande (esempio: bere dalla stessa bottiglia). “Come contrarre l’Helicobacter è un argomento piuttosto controverso, senza certezze e ancora in fase di studio- ci spiega Alberto Tringali, specialista dell’Endoscopia Digestiva e Interventistica-. Si è ipotizzato che il batterio possa giungere nella cavità orale attraverso il rigurgito o il vomito e che, ad ogni modo, la bocca sarebbe solo un serbatoio transitorio, in cui il microrganismo non potrebbe vivere a lungo. Comunque la trasmissione tra adulti è rara e quella intra-familiare (da madre a figlio) è la più frequente modalità di acquisizione”.

Sintomi: dalla gastrite al tumore dello stomacoL’HP ha trovato il suo luogo ideale nell’ambiente

acido dello stomaco, qui si infiltra nella mucosa gastrica provocando in breve tempo una gastrite, ossia un’infiammazione cronica.Nella maggior parte dei pazienti (80-85%) l’invasione dell’HP, comunque, è del tutto asintomatica.

“In altri invece l’infezione è responsabile di una serie di disturbi molto importanti- spiega Tringali- con bruciori e dolori gastrici, nausea, vomito, sensazione di gonfiore, difficoltà digestiva ed eruttazioni. Questi sintomi sono causati dall’infiammazione cronica o dalla formazione di ulcere nello stomaco e nel duodeno. In alcuni soggetti predisposti l’infezione da HP può stimolare l’insorgenza di un linfoma dello stomaco a basso grado di malignità e del tumore gastrico”.

Come debellarloEsistono una serie di trattamenti efficaci per eliminare il batterio. Si tratta di terapie a base di antibiotici specifici e farmaci gastroprotettivi o antiacidi. “Spesso gli schemi terapeutici variano dal tipo di infezione e dai meccanismi di resistenza agli antibiotici che si possono instaurare- continua lo specialista-. La probabilità che l’infezione ritorni è molto bassa. Si stima, infatti, che la reinfezione si verifica in circa l’1% dei pazienti per anno”.

L’infezione da Helicobacter pyloriCome scoprire e debellare questo nemico dello stomaco

PrevenzioneSole: da prendere con le dovute precauzioni

Con l’avvicinarsi delle vacanze tornano utili le raccomandazioni per godersi appieno il sole in assoluta tranquillità. L’uso

della crema protettiva è fondamentale: “E’ bene ripetere l’applicazione ogni 3 ore circa- ricorda la dermatologa Donata Calò-, scegliendo il fattore più indicato in base al proprio fototipo: più è chiaro più sarà alta la protezione da utilizzare. Mai esporsi nelle ore più calde della giornata, ovvero dalle 12 alle 16. Inoltre ricordarsi che la crema solare non è indicata solo al mare ma è necessaria per qualsiasi tipo di esposizione al sole, anche solo per una camminata in città o per una corsa al parco; insomma la foto-protezione va utilizzata per qualsiasi tipo di attività all’aria aperta”.

I test per diagnosticarloEsistono test invasivi e non invasivi. Per quanto riguarda i primi, il più semplice e il più efficace è il test del respiro (Urea Breath Test - UBT), effettuato somministrando oralmente dell’urea marcata con un isotopo e misurandone la concentrazione nell’aria respirata, emessa, soffiando in una provetta. E’ possibile eseguire anche la ricerca dell’antigene fecale con uso di anticorpi monoclonali che ha un’accuratezza diagnostica simile a quella del test del respiro.Uno dei test invasivi è la gastroscopia con biopsie dello stomaco sia per la ricerca rapida dell’infezione con un test specifico (test all’ureasi) che per la ricerca attraverso l’esame istologico.

Il sebo è una sostanza grassa che la nostra pelle produce per mantenersi elastica, impermeabile ed idratata. Questa sostanza è inoltre in grado di difenderci dalle infezioni. Le ghiandole sebacee non hanno tuttavia una distribuzione omogenea, ma si fanno molto più abbondanti e produttive in aree cutanee particolari, come quelle del viso e del cuoio capelluto.

RimediLa cattiva notizia è che dalla dermatite seborroica difficilmente si può guarire, quella buona è che ci si può convivere. Oltre agli shampoo con azione seboregolatrice (per esempio al solfuro di selenio), i farmaci più utilizzati sono i cortisonici e gli antimicotici come il ketoconazolo o la ciclopiroxolamina, che vengono applicati localmente sotto forma di creme o detergenti per i capelli.

Le aree dove la dermatitepuò manifestarsi

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Niguarda Centro di Riferimento per le Malattie Rare

Avere dei polmoni gravemente danneggiati, come quelli di un fumatore accanito, ma magari

senza aver mai toccato neanche una sigaretta: è questo quello che può succedere ai pazienti colpiti da Carenza di Alfa 1-Antitripsina (anche noto come Deficit di Alfa 1-Antitripsina, AATD). Si tratta di una condizione genetica, e quindi ereditaria, per cui una proteina importante per la protezione dei polmoni, l’Alfa1- Antitripsina appunto, è insufficiente o alterata.

Una proteina protettiva che manca o è difettosaI nostri polmoni, sono quotidianamente esposti ad una serie di sostanze irritanti che provengono dall’aria respirata, inoltre in caso di infezione sono aggrediti da enzimi prodotti dai globuli bianchi (in particolare l’Elastasi) che nel tentativo di proteggerci da virus e batteri possono provocare un danno ai tessuti del nostro organismo. Il compito dell’Alfa1-Antitripsina è proprio quello di frenare l’azione di questi enzimi ed evitare che questi danneggino gravemente il tessuto

polmonare. “In questi pazienti la protezione necessaria viene a mancare o è insufficiente- spiega la pneumologa Joyce Angela Rolo - per cui il rischio di enfisema polmonare aumenta e di pari passo cresce la possibilità che si instauri una situazione di insufficienza respiratoria cronica. Si tratta di una condizione invalidante che può costringere il paziente a sottoporsi ad ossigenoterapia, inalando ossigeno da dispositivi portatili per compensare il deficit respiratorio”. Per scongiurare l’arrivo a questo punto di non ritorno, che nei casi più gravi può portare fino al trapianto d’organo, occorre avere gli “occhi ben aperti” e diagnosticare l’AATD tempestivamente.

I sintomiI primi segnali di malattia in genere compaiono verso i 30-40 anni. Il primo sintomo normalmente è l’affanno (o dispnea) che inizialmente si manifesta solo con l’esercizio fisico, ma che, con il progredire della malattia, si presenta con sforzi di entità sempre minori fino a comparire anche a riposo. Altri sintomi

importanti sono la tosse, il respiro con fischi e sibili, le infezioni polmonari ricorrenti ed eventualmente una storia di asma refrattario alle terapie. In rarissimi casi la patologia può interessare anche il fegato, dove avviene la produzione dell’Alfa 1-Antitripsina, portando alla cirrosi epatica.

La diagnosiL’insidia principale di questa malattia è che non si riconosce tanto facilmente e per questo è fortemente sottostimata. “Il primo esame a cui pensare è la spirometria- puntualizza Rolo-. Il quadro dei sintomi è sovrapponibile a quello della broncopneumopatia cronico ostruttiva, ma è importante procedere con gli esami specifici per accertare che si tratti proprio di Carenza di Alfa 1-Antitripsina, soprattutto in quei casi in cui questi sintomi respiratori compaiano in giovane età”. Per farlo basta un semplice esame del sangue volto ad individuare la concentrazione dell’Alfa 1-Antitripsina: se i suoi livelli sono abbondantemente sotto i valori medi è molto probabile che si tratti di questa malattia rara. Per avere la conferma definitiva si procederà

con il test genetico, da estendere anche ai familiari in caso di positività.

Le terapieI trattamenti terapeutici, disponibili servono a frenare il decorso della malattia, puntando ad una stabilizzazione. “Nel caso di deficit gravi è possibile effettuare la terapia sostitutiva con l’inibitore dell’alfa-1-proteinasi umano. Il farmaco si somministra tramite infusione endovenosa in ospedale, con una frequenza media di una volta a settimana. Il trapianto polmonare invece viene proposto solo nei casi di estrema gravità con insufficienza respiratoria severa”. Tra gli altri trattamenti efficaci, oltre all’ossigenoterapia necessaria quando la funzione respiratoria è compromessa, ci sono anche i broncodilatatori, somministrati per via inalatoria.

Polmoni senza protezioneE’ la Carenza di Alfa 1-Antitripsina e si cura con la terapia sostitutiva

IntervistaFrancesco ha 64 anni ed ha una grande passione per la bicicletta. Ogni momento libero era l’ideale per saltare in sella e macinare chilometri su chilometri. Così è fino all’età di 50 anni quando incomincia ad avere le prime avvisaglie: sulle salite, dove prima si alzava agile sui pedali e staccava tutti i suoi compagni, inizia ad accusare i primi disturbi e a non andare più così fluido; è lui a rimanere indietro a causa della respirazione difficoltosa sulle pendenze che prima erano il suo regno. Con il passare del tempo sente che anche a riposo le sue vie aree non sono al 100%. Così hanno avuto inizio i primi colloqui con il suo medico di medicina generale? Sì e non sono stati molto confortanti. Ricordo che mi diceva che qui a Milano, a causa dell’inquinamento, è un disturbo comune a molte persone. E mi sembrava avere ragione: infatti ogni qualvolta mi trasferivo al sud per i miei periodi di vacanza vedevo che la mia condizione migliorava. Questo fino al 2006, quando una polmonite le cambia la vita…Mi sono curato, sembrava essermi passata quando nel giro di pochi giorni mi è venuto un forte bruciore diffuso a tutta la parte sinistra del petto. Il mio medico sospettava un problema di cuore così sono iniziati dei mesi “lunghissimi” fatti di accertamenti cardiologici. Ma al cuore non si trova niente e intanto le mie condizioni peggioravano: il dolore era diventato insostenibile e avevo questo continuo

affanno tanto da non riuscire quasi a parlare. Quando arriva la diagnosi?Un giorno, all’inizio di dicembre dello stesso anno, ho raggiunto l’apice, stavo per svenire. Per fortuna mia moglie è riuscita a caricarmi in macchina e a portarmi all’ospedale (ndr una grande struttura in Brianza). Lì finalmente si è fatta luce: non si trattava di cuore ma di un problema al polmone. Dopo vari esami ed analisi hanno diagnosticato il Deficit di Alfa 1-Antritripsina ed è lì che sono venuto a conoscenza di essere affetto da questa patologia rara.Ha iniziato ad essere seguito per questa patologia?Sì, ma le cose non sono andate per il meglio, nonostante la causa del mio malessere fosse stata identificata e avessi iniziato i trattamenti, io non ero di certo in salute, anzi sentivo che la malattia peggiorava. E così è stato fino al settembre del 2007, quando mi sono recato per una visita all’Istituto Villa Marelli (ndr sede distaccata del Niguarda), consigliato da un mio vicino di casa, che mi aveva parlato molto bene di questa struttura come centro specializzato nel trattamento delle malattie respiratorie. Qui dopo la prima visita sono stato indirizzato al reparto di pneumologia in ospedale. Qui com’è stato assistito?E’ iniziata una nuova fase che mi ha cambiato la vita, facendomi uscire da quel periodo tormentato. Qui ho trovato un’assistenza all’altezza sia sotto il profilo umano

sia delle cure. Ho fatto ulteriori accertamenti tra cui anche l’esame genetico, dopo di che ho iniziato la terapia sostitutiva che faccio tutt’ora: una volta a settimana mi reco in ospedale dove mi viene somministrato questo farmaco per via endovenosa. Devo stare assolutamente attento a non prendere raffreddori o bronchiti, ma al di là di questo sto bene. Mi sento ringiovanito, ho riacquistato la voglia di vivere dopo quel periodo in cui non avevo speranze.Ci dica la verità: c’è spazio ancora per qualche sgambata in bicicletta?Quando ci sono quelle giornate molto calde in cui posso permettermi di abbassare la guardia salgo ancora in sella e vado, evitando le salite. E per me vuol dire molto. Basta pensare che qualche anno fa questa chiacchierata non sarei riuscito a sostenerla, fisicamente.

LE ALTRE STORIENiguarda è uno dei 34 Presidi della Rete regio-nale dedicata alle malattie rare ed è in grado di garantire la diagnosi, la terapia e l’assistenza per più di 120 differenti patologie. Leggi le storie degli altri pazienti nella sezione dedicata sul sito:

www.ospedaleniguarda.it

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Tiroide: crescono i casi di tumoreAumento del 200% negli ultimi 20 anni. L’asportazione con la tecnica mininvasiva

Qualcuno sostiene che il boom di casi sia la conseguenza dell’episodio di Cernobyl, con l’accresciuta diffusione della radioattività nell’ambiente, anche se non ci sono

evidenze provate che correlino gli eventi. Comunque è vero e i medici lo ribadiscono: capita sempre più spesso di trattare pazienti con carcinoma della tiroide e a confermarlo ci sono le cifre diffuse lo scorso maggio in occasione della Giornata Mondiale della Tiroide (promossa dall’Associazione Italiana della Tiroide, dall’Associazione dei Medici Endocrinologi, dalla Società Italiana di Endocrinologia e dalla European Thyroid Association). I casi di tumore sono cresciuti del 200% nell’ultimo ventennio, arrivando nel nostro Paese a circa 14.000 nuove diagnosi ogni anno. Ne abbiamo parlato con Marco Boniardi, specializzato in chirurgia della tiroide.

Come si spiega questo incremento nell’epidemiologia di questo tipo di tumore?Sicuramente con un uso più diffuso di indagini come l’ecografia che consente di arrivare prima alla diagnosi. Una volta i tumori venivano scoperti quando le persone si accorgevano di avere dei noduli, quando diventavano palpabili; oggi, invece, queste lesioni vengono alla luce quando sono ancora di piccola entità. Questo ci consente di intervenire molto più tempestivamente e di avere risultati migliori in termini di prognosi. Quando si interviene con l’asportazione?Quando si riscontra un nodulo, che abbia caratteristiche sospette. La diagnosi viene completata con un prelievo di cellule dal nodulo e, se si confermano di tipo neoplastico, si procede con l’intervento, che di solito consiste in un’asportazione completa della tiroide; per alcuni casi si valuta anche l’asportazione dei linfonodi più vicini, se vi è stato anche il loro interessamento.

La possibilità di ricorrere alla chirurgia mininvasiva che vantaggi dà?Oggi abbiamo a disposizione delle tecniche che permettono di asportare la tiroide con un taglio molto piccolo di 2-3 cm. Con questo intervento il chirurgo raggiunge la sede interessata attraverso l’uso di speciali endoscopi che gli consentono di operare vedendo l’area d’intervento sul monitor. Questo tipo di visuale permette un ingrandimento notevole, garantendo una maggiore precisione e conservazione delle strutture anatomiche adiacenti, come il nervo ricorrente- il cosiddetto nervo della voce- e le ghiandole paratiroidee. Per la tiroide la chirurgia robotica, che rappresenta una specializzazione di quella endoscopica, può essere un valore aggiunto da sfruttare?Questo tipo di intervento ha avuto una grande diffusione soprattutto in oriente, in Cina e in Corea, dove per motivi culturali per la donna avere una cicatrice sul collo è vissuto come “sfregio”. E quindi i chirurghi hanno ideato una tecnica che sfrutta il robot per arrivare alla tiroide usando come via d’accesso l’ascella. Certo ha dalla sua l’assenza di cicatrice sul collo ma non si può dire che sia un intervento mininvasivo ed è molto impegnativo visto la distanza tra il punto di accesso e la tiroide; tra l’altro la durata dell’operazione supera le tre ore.Cosa si sente chiedere di più dai pazienti?Ovviamente le richieste più frequenti sono quelle riguardo la guarigione e i dati sono incoraggianti. E’ un tumore che ha una prognosi ottima: più del 98% dei pazienti operati è guarito definitivamente, magari abbinando all’intervento altre terapie. Inoltre chiedono del risultato estetico, visto che spesso si tratta di giovani donne. Quello che rimane è una piccola cicatrice alla base del collo, senza i segni dei punti grazie all’utilizzo di una tecnica particolare di sutura; comunque la traccia dell’operazione è molto piccola e si confonde con le pieghe della pelle.

Diabete: il trapianto di isole pancreatichePochissimi centri in Italia lo effettuano. A Milano il convegno mondiale per le terapie cellulari

Post-operatorio della“ghiandola in rosa”La durata dell’intervento con tecnica endoscopica è di circa 1 ora- 1 e mezza. Grazie alla mininvasività si ha un post-operatorio migliore: meno doloroso e più breve, infatti, dopo due giorni il paziente può essere dimesso. Le donne soffrono di disturbi tiroidei da 5 a 8 volte più degli uomini: in media una su 8 sviluppa un disturbo tiroideo nel corso della vita, infatti dei 14.000 casi annui italiani, solo 3.200 interessano i maschi.

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I trapianti di cellule sono diventati negli ultimi anni una risorsa della medicina contro molte patologie. Dell’utilità e degli sviluppi di queste

tecniche se ne è parlato a Milano, sede del “12° Congresso della Cell Transplant Society” (dal 7 all’11 luglio). Si è trattato di un appuntamento che ha richiamato i maggiori esperti internazionali del settore. Tra questi c’erano anche i diabetologi del Niguarda che da diversi anni utilizzano il trapianto delle isole pancreatiche per combattere il diabete di tipo 1. Ne abbiamo parlato con lo specialista Federico Bertuzzi.

Sono davvero pochi i centri in Italia che utilizzano questa metodologia?Sì, due o tre al massimo. Noi grazie alla collaborazione con L’Università di Miami, guidata da Camillo Ricordi, abbiamo intrapreso questa strada nel 2009. Qual è la casistica del nostro centro e chi è candidabile all’intervento?

Con questa tecnica sono state trattate 10 persone, per un totale di 17 trapianti, perché in alcuni pazienti è stato necessario inserire un numero maggiore di isole ottenute in più preparazioni. Si tratta comunque di casi molto selezionati. Tipicamente il candidato-tipo è una persona affetta da diabete di tipo 1, una patologia su base autoimmune, che colpisce in giovane età; la patologia è spesso scompensata- ovvero i valori della glicemia sono per lunghi periodi fuori controllo- e generalmente si tratta di pazienti che per una serie di motivi non si possono sottoporre al trapianto di pancreas o al trapianto combinato di rene e pancreas, ad esempio per problematiche cardiovascolari. Quindi, in questi casi, al posto che essere trapiantato l’organo in toto, vengono impiantate solo delle cellule?Sì, in pratica vengono prelevate dal pancreas di un donatore le cellule deputate alla produzione di insulina e vengono trapiantate nel paziente dopo

una procedura di separazione e di purificazione che avviene in laboratorio. Una volta pronte, vengono impiantate mediante un’iniezione, nella vena porta, nel fegato. Qui attecchiscono e incominciano a produrre insulina. Inoltre per evitare il rigetto, il paziente inizia ad essere trattato con una terapia immunosoppressiva.In pratica la produzione dell’insulina avviene grazie a queste cellule che si insediano nel fegato…Sì, addirittura in 3 casi abbiamo provato l’impianto nelle fasce muscolari dell’avambraccio. Si tratta di protocolli sperimentali, ancora da perfezionare, ma che hanno dato dei risultati incoraggianti. Sempre nel campo delle novità stiamo, inoltre, portando avanti uno studio multicentrico per testare un farmaco per migliorare l’attecchimento delle cellule. In futuro importanti risultati potranno arrivare anche dal trapianto combinato sia di isole pancreatiche sia di staminali per ridurre il rischio di rigetto. Sono in corso diversi studi internazionali a riguardo.

Un intervento, tanti professionistiIl trapianto di isole pancreatiche è un programma multi-specialistico che richiede la collaborazione di diverse équipe. Ci sono gli specialisti della diabetologia e della nefrologia per la gestione del paziente, lo staff dei trapianti e gli anestesisti per il prelievo dal donatore, la terapia tissutale per la preparazione delle cellule e la radiologia interventistica per l’impianto con l’angiografia. C’è anche un contributo importante dell’ematologia che ha fornito i macchinari per purificare le cellule e ha permesso di partire con il programma. Infine gli psicologi sono fondamentali per valutare se il paziente sia pronto ad intraprendere questo iter di cura.

Per informazioniDiabetologia 02.6444.2464 (lun-ven 8.30-16.30)

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Segui la videointervista sulcanale OspedaleNiguardaTV

Marco Boniardi

Federico Bertuzzi

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Trauma Center

Negli ultimi anni l’uso delle colle chirurgiche (o meglio dei collanti in chirurgia) si è sempre più diffuso, trovando maggiori possibilità d’impiego.

Ma di cosa si tratta e quando vengono utilizzate? E con quali vantaggi? L’abbiamo chiesto a Osvaldo Chiara, Direttore del TRAUMA Team.

Cosa sono?Sono dei dispositivi medici che vengono utilizzati dai chirurghi per cercare di migliorare l’arresto del sanguinamento (o emostasi). Da quando vengono utilizzati?Da parecchi anni, si può dire che il loro impiego, di pari passo con la produzione, si è intensificato negli ultimi 10 anni. Oggi ne abbiamo a disposizione una grande varietà, inoltre le colle biologiche usate in chirurgia non sono tutte uguali e hanno delle funzioni diverse in base alla loro composizione.Come si presentano questi prodotti?Possono essere delle garze di materiale biologico che poi successivamente vengono riassorbite. Oppure possono essere delle soluzioni con l’aspetto di una vera e propria sostanza collosa che solidifica dopo la sua applicazione sul tessuto. Oppure sono dei dispositivi che assommano entrambe queste caratteristiche.Tra quanti tipi di collanti il chirurgo può scegliere?Difficile dirlo, le aziende produttrici mettono a disposizione una grande varietà di prodotti differenti per caratteristiche e destinazione d’uso. Comunque possiamo dire che questi tipi di collanti rientrano in tre grandi categorie. La prima è quella dei dispositivi meccanici, fatti prevalentemente di cellulosa. Sono delle spugne o

garze di materiale di origine vegetale, che vengono poi riassorbite progressivamente dai tessuti, e la loro funzione è quella di fornire un supporto tridimensionale utile per la formazione del coagulo.Poi quali altri tipi di colle si usano?La seconda grande categoria sono le sostanze adesive, fatte prevalentemente di fibrinogeno e trombina, due componenti ematiche che a contatto con il sangue ne favoriscono la coagulazione. Queste colle sono molto utili quando ci si trova in una situazione di carenza dei fattori necessari per innescare l’emostasi. Infine ci sono i cosiddetti sigillanti. Si tratta di sostanze sintetiche o semi-sintetiche, in pratica è una plastica liquida, completamente bio-compatibile, che si solidifica nel momento in cui viene messa a protezione di un tessuto. Queste ultime non interagiscono con la coagulazione?

No, semplicemente formano un tappo che sigilla. Questo tipo di colle spesso sono utilizzate per suturare le ferite nei bambini, evitando di ricorrere ai classici punti e al tanto “odiato” ago. Inoltre questi sigillanti spesso danno dei risultati estetici migliori rispetto alla classica sutura, soprattutto quando vengono utilizzati per ferite lineari e non frastagliate.Quindi, come abbiamo visto, con il termine colle chirurgiche si indica una serie di prodotti molto variegati per caratteristiche, ma comunque utili per il chirurgo e il paziente…Senza dubbio, ma quello che è bene sottolineare è che proprio per questa grande variabilità è necessario da parte dello specialista una conoscenza molto approfondita di ciascuna di queste varianti, per poter utilizzare al momento giusto il prodotto più indicato per il caso specifico.

E’ l’équipe di Niguarda specializzata nella gestione dei pazienti traumatizzati trasportati con codice di priorità di emergenza-urgenza. Gli specialisti coinvolti sono chirurghi, anestesisti, ortopedici, neurochirurghi, radiologi e infermieri specializzati che garantiscono un servizio attivo H24. A disposizione del team ci sono le strutture dell’Ospedale inserite nel percorso dell’emergenza-urgenza, tra queste: l’elisoccorso, una shock room, i letti di rianimazione, una radiologia dedicata (tradizionale, TC, angio), un blocco operatorio con dieci sale, e un’area intensiva e sub intensiva.

Per info e prenotazioniospedaleniguarda.it - areaprivata.ospedaleniguarda.it

Periodico d’informazione dell’A.O.Ospedale Niguarda Ca’ Granda

Direttore Responsabile:Monica Cremonesi

In redazione: Giovanni Mauri,Andrea Vicentini,

Maria Grazia ParrilloDirezione e redazione:

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tel. 02 6444.2562niguardanews@

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n. 326 del 17 maggio 2006Pubblicità: Eurocompany s.r.l.

via Canova 19 - 20145 Milanotel. 02.315532

Fax 02.33609213www.eurocompany.mi.it

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Pubblicato online sul sito:www.ospedaleniguarda.it

Il giornale di Niguarda

TRAUMA Team

Dalla parte del pazienteConsulta e prenota i tuoi esami on-line

Da oggi è più facile poter vedere i risultati dei tuoi esami su pc o tablet. Per farlo occorre richiedere una password che permette la visualizzazione on-line. Con questa modalità di accesso puoi

consultare il fascicolo sanitario elettronico con i tuoi esami utilizzando una password ed un codice “usa e getta” che riceverai, su richiesta, sul tuo telefono

cellulare. Grazie alla password potrai anche prenotare on-line le tue visite e i tuoi esami presso la struttura ospedaliera che preferisci.

PER INFO E PER ACCEDERE AI SERVIZI ONLINEwww.crs.regione.lombardia.it

DOVE RICHIEDERE LA PASSWORDA Niguarda i punti per richiederla si trovano presso l’accettazione del Blocco Sud (Area Sud, lun-ven: 6.45-19.30/sab: 8.30-13.00); agli sportelli del Pad.2, (Area Ingresso, lun-ven: 7.30-18.30), del Pad.16 (Area Nord, lun-ven: 7.00-19.30); al Centro Prelievi, Area Centro, Pad. 9 (lun-ven: 7.30-15.00) e al front office del Triage (Area Nord, Blocco Dea, aperto tutti i giorni, h24).

Le colle chirurgichePer favorire la coagulazione o per “suturare senza punti”

10 regole d’oro per affrontare il caldo

Regione Lombardia promuove ogni anno una campagna di sensibilizzazione sui comportamenti

utili a prevenire i problemi di salute che possono derivare dal caldo intenso e dall’afa, in particolare nelle città. Gli anziani sono i soggetti più a rischio di malesseri dovuti alle alte temperature, ma è importante per tutti adottare stili di vita adeguati e sapere come comportarsi nel caso, per esempio, di un colpo di sole o di un collasso da calore. Sfoglialo su

www.regione.lombardia.it

Prevenzione Sclerodermia - 27 e 29 settembreGiornata del ciclamino: visite gratuite

Domenica 29 settembre 2013 il Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia scende in più di cento piazze italiane per offrire il suo ciclamino, il fiore che resiste al freddo, simbolo del GILS. Duplice lo scopo: informare su una patologia cronica autoimmune- la sclerodermia- che colpisce in prevalenza

le donne, e sostenere la ricerca scientifica.Inoltre la mattina del 27 settembre alcuni ospedali a Milano apriranno le loro porte per consulti e visite gratuite per “giocare d’anticipo” contro questa patologia, tra questi c’è anche il Niguarda (Reumatologia).

La patologiaLa Sclerodermia è una malattia cronica ed evolutiva, chiamata anche Sclerosi Sistemica (SSc). E’ una patologia rara, ma non rarissima, poco conosciuta, predilige soprattutto le donne con un rapporto, nel mondo, di 7-8 femmine a 1 maschio. Il termine sclerodermia, che letteralmente significa “pelle dura”, dà un’idea abbastanza precisa di quella che è la caratteristica clinica più evidente: l’indurimento e l’ispessimento della cute in zone più o meno estese della superficie corporea. È una malattia caratterizzata dalla fibrosi che può nel tempo estendersi anche agli organi interni (la fibrosi consiste dall’aumento del tessuto connettivo che circonda i tessuti, a scapito di questi ultimi). Gli organi coinvolti sono soprattutto l’apparato gastrointestinale, i polmoni, i reni e il cuore.

www.sclerodermia.net

PrenotazioniÈ possibile prenotare una visita gratuita (da settembre, fino ad esaurimento posti) per la giornata di venerdì 27 settembre. Per farlo chiamare il: Numero verdedi Prenotazione Regionale800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)

Osvaldo Chiara

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Parola allo Specialista

Lo strappo muscolareUna corsa, una partita a calcio

con gli amici… all’improvviso quel movimento e poi una fitta

inconfondibile. Molti di noi l’avranno sperimentato: è lo strappo muscolare. Ma cosa succede alle nostre fibre muscolari, perché si sfilacciano come una corda? Come si può prevenire e come si può intervenire? Ci spiega tutto Dario Capitani, Direttore dell’Ortopedia e Traumatologia.

Cos’èLo strappo muscolare consiste nella rottura di alcune fibre che costituiscono il muscolo. Può essere causato da uno sforzo fisico eccessivo, da un movimento brusco o da un salto troppo alto o troppo lungo. Strappi e stiramenti muscolari sono incidenti comuni specie in chi pratica attività sportive. Sono causati da un eccessivo sforzo muscolare compiuto da una muscolatura non allenata o da un muscolo affaticato che ha già esaurito le riserve energetiche. In questi casi le fibre muscolari subiscono un allungamento eccessivo e nei casi peggiori si può arrivare alla rottura.

Tipo di lesione e sintomiLo strappo muscolare può essere paragonato alla progressiva rottura di una corda messa in tensione da due tiranti. In un

primo momento si sbrogliano solo alcune fibre (lesione di I grado) e mano a mano che si incrementa la forza di trazione lo sfilacciamento diventa sempre più evidente (lesione di II grado), fino alla completa rottura della corda (lesione di III grado). Il soggetto colpito da uno strappo muscolare avverte un dolore acuto nella

zona lesionata, tanto più intenso quanto maggiore è il numero di fibre coinvolte. Se il trauma è particolarmente grave il soggetto si trova nell’impossibilità di muovere la parte interessata ed il muscolo appare rigido e contratto. Una distrazione di II o di III grado si accompagna, nella maggior parte dei casi, ad edema e gonfiore.

Cosa fareLa prima cosa da fare è sospendere immediatamente l’attività sportiva ed immobilizzare la zona colpita. Se nei casi più gravi tale sospensione è d’obbligo in quelli più lievi il soggetto, vista la sopportabilità del dolore, è naturalmente portato a continuare. In questo modo però aumenta notevolmente il rischio di aggravare la situazione per cui è bene fermarsi il prima possibile, anche se il dolore avvertito è di lieve entità. Dopo essersi fermati bisogna evitare di caricare l’arto e metterlo in una posizione di riposo (posizione rialzata).

Occorre applicare immediatamente un impacco freddo (borsa del ghiaccio, spray ecc.) sulla zona interessata in modo da ridurre il flusso di sangue ai vasi lesionati (vasocostrizione), quindi rivolgersi ad un medico specializzato e sottoporsi ad esami strumentali per valutare la reale entità del danno.

TerapieLe lesioni di primo grado si risolvono nel giro di 1-2 settimane. Fondamentali per il recupero sono il riposo e il trattamento a base di antinfiammatori e miorilassanti. Le lesioni di secondo grado prevedono invece tempi di guarigione più lunghi (15-30 giorni). Prima della ripresa dell’attività sportiva il soggetto dovrà seguire un percorso di riabilitazione e sottoporsi ad opportuni interventi fisioterapici. Nei casi più gravi (lesioni di III grado) può essere necessario l’intervento chirurgico.

PrevenireUn buon riscaldamento gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione delle lesioni muscolari; vi sono però altri consigli da seguire per minimizzare la possibilità di incorrere in uno strappo muscolare: praticare attività sportiva solo quando si è nelle giuste condizioni per affrontare lo sforzo fisico; scegliere un abbigliamento idoneo e se la giornata è fredda utilizzare creme riscaldanti; non sottovalutare sintomi dolorosi di una certa importanza; effettuare lo stretching prima dell’attività.

I nuovi macchinari in Microbiologia

Un aiuto in più per la Microbiologia arriva dalla tecnologia. Il nome è WASPlab e si tratta di un sistema integrato di semina e lettura per l’analisi dei campioni biologici che afferiscono

al laboratorio dai diversi reparti dell’Ospedale. “Attraverso un sistema di bar code ciascun campione viene identificato e seguito in tutto il suo percorso in modo completamente automatizzato, garantendone la massima tracciabilità dall’arrivo al referto- ci

spiegano le microbiologhe Chiara Vismara e Carla Lacchini-”. Anche la fase di lettura dei campioni è completamente nuova e permette una maggiore integrazione con i sistemi informatici.

Visita il sito dedicato agli esami di laboratorio:esamilaboratorio.ospedaleniguarda.it

Niguarda Lab

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Nutraceutica

Omega-3: i grassi che fanno bene al cuoreLa fonte principale è il pesce dei mari del nord

Si sentono spesso nominare e dovrebbero essere sempre presenti sulla nostra tavola: sono gli Omega-3. Ma perché sono così importanti per la nostra salute?

E in quali alimenti sono contenuti? Ne abbiamo parlato con Cesare Sirtori, Direttore del Centro Dislipidemie e Presidente della Società Italiana di Nutraceutica.Cosa sono gli Omega-3?Insieme agli Omega-6 costituiscono la classe degli acidi grassi essenziali. Alcuni di questi sono componenti che il nostro organismo non produce, per cui è essenziale assumerli tramite l’alimentazione.

Perché, anche per noi, sono così importanti?Sono indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo, e in particolare per la protezione del sistema circolatorio, per la prevenzione delle malattie cardiovascolari ed anche per il normale sviluppo cerebrale. Per questo, e per scongiurare carenze nutrizionali, l’apporto quotidiano di Omega-3, correttamente bilanciati con gli Omega-6, è fondamentale per qualsiasi tipo di dieta. Le raccomandazioni, negli USA, parlano di almeno 100-200 mg di Omega-3 al giorno (valori più alti in gravidanza e nella prima infanzia) corrispondenti ad almeno due piatti di pesce “grasso” la settimana. Va ricordato che il pesce “mediterraneo”, mare più caldo, contiene quantità minori di Omega-3.Quali sono le principali fonti?La principale fonte di Omega-3 è il pesce dei mari freddi (merluzzo, salmone) anche se oggi sono disponibili alghe ricche di un precursore degli Omega-3 classici. Si tratta dell’ALA (acido alfa-linolenico), che richiede però dosaggi quotidiani più elevati. La fonte principale di Omega-6 sono gli olii vegetali (soia e mais). Da diversi anni poi sono disponibili sul mercato diverse forme di integratori.

Immunoematologia e Medicina Trasfusionale

Continuare a donareIn Italia garantito il fabbisogno per le trasfusioni. Vietato abbassare la guardia

Se per molti l’estate è l’occasione di relax e spensieratezza, per gli ospedali la bella stagione spesso porta con sé il problema della penuria di

sangue a disposizione. Il periodo più caldo dell’anno, e lo sa bene chi lavora in corsia, è, infatti, quello caratterizzato dal più basso numero di donazioni. Un milione e 690 mila individui sparsi su tutto il territorio, il 4,4% della popolazione compresa tra i 18 e i 65 anni: sono queste le cifre dei donatori di sangue in Italia, che assicurano l’autosufficienza del sistema anche grazie ai trasferimenti pianificati tra le diverse regioni. Ma in attesa che il sangue artificiale diventi una realtà su cui contare, incrementare le donazioni sembra essere l’unica ricetta vincente. Ne abbiamo parlato con Silvano Rossini, Direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale.I numeri indicano che in Italia il fabbisogno di

sangue è soddisfatto?Ad oggi nel nostro paese, seppur con alcune differenze a livello regionale, siamo in grado di garantire il numero di sacche di sangue necessarie. Un buon risultato frutto di un programma di autosufficienza regionale che prevede la cessione da parte dei centri che hanno eccedenza di sangue a quelli che sono carenti. La situazione infatti è molto variegata. Se in regioni come Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Basilicata le donazioni coprono ampiamente il fabbisogno, permangono alcune situazioni di criticità come nelle isole e nel Lazio. Per quali patologie c’è più richiesta?Per i pazienti oncologici. La grossa fetta del fabbisogno annuale di sangue, infatti, riguarda quei malati che, a causa della chemioterapia, presentano un midollo osseo incapace momentaneamente di produrre globuli rossi e

piastrine. Ovviamente le trasfusioni sono fondamentali anche in quelle situazioni di emergenza come incidenti stradali ed emorragie intraoperatorie. Parlando dei controlli si può dire che negli ultimi anni le trasfusioni sono diventate sempre più sicure?Sì, grazie all’evoluzione delle tecniche diagnostiche. A differenza del passato, dove la ricerca degli anticorpi era la via maestra per stabilire la presenza di infezioni virali nel materiale biologico, oggi è possibile rilevare con tecniche di biologia molecolare la presenza del virus. Un cambio di strategia fondamentale che permette di sapere se il sangue è infetto ancor prima che il donatore presenti dei sintomi. Ciò riduce davvero al minimo i rischi poiché ogni donazione viene meticolosamente controllata. Ma se la ricerca ha fatto passi da gigante nel garantire materiale biologico sempre più sicuro, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la possibilità di produrre sangue in maniera artificiale…Nell’attesa di raggiungere questo ambizioso obiettivo, che risolverebbe gran parte dei problemi di approvvigionamento, è vietato abbassare la guardia. In Italia la media delle donazioni annue è di circa 1.6 a donatore. Un dato leggermente inferiore a quello europeo. Il prossimo passo sarà quello di aumentare la media a parità di donatori. Ma la vera sfida per il futuro è sensibilizzare le nuove generazioni. La popolazione invecchia e la richiesta di sangue è in aumento. Ecco perché non possiamo permetterci di stare tranquilli.

Per donarePer diventare donatore è sufficiente presentarsi al Centro Donazioni di Sangue dell’Ospedale – Area Ingresso Padiglione 3, senza appuntamento. La donazione di sangue è un atto volontario e altruista, che permette non solo di aiutare altre persone, ma è un’occasione utile per il donatore che può sottoporsi a un piccolo check-up gratuito.

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Centro Donazioni del SangueArea Ingresso- Padiglione 3, aperto dal lunedì al venerdìdalle 8.00 alle 12.00 (aperto tutto agosto)

Segui la videointervista sul canaleOspedaleNiguardaTV

Centro DislipidemieE’ dedicato alla cura delle anomalie del metabolismo dei lipidi ed è costituito da una sezione medica, per la diagnosi e assistenza dei pazienti, da un’unità di ricerca applicata e da un’unità di ricerca farmacologica e nutraceutica.

Per info e prenotazioniNumero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)

ospedaleniguarda.itareaprivata.ospedaleniguarda.it

Silvano Rossini

Cesare Sirtori

Una donazione “da tre punti”James Collins, di Miami, ha donato 50.000$ alla Fondazio-ne Carlo Sirtori, a beneficio delle attività del Centro Disli-pidemie di Niguarda. Mr. Collins viene seguito da 15 anni dai clinici del Centro, è un imprenditore di successo nel campo della logistica ed è comproprietario della squadra di basket Miami Heat, che ha appena vinto il titolo NBA, la più importante affermazione mondiale in questo sport.

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Se il pericolo è nel piattoAlimenti contaminati: come scongiurare il rischio

Sono numerosi e molto minuziosi. Ci riferiamo ai controlli che garantiscono un consumo sicuro dei cibi che arrivano sulle nostre

tavole. Tuttavia, a volte, qualche cosa può sfuggire ed ecco che quello che mettiamo nel piatto può costituire una minaccia per la nostra salute. I rischi aumentano per determinate categorie di alimenti soprattutto se non conservati e preparati a dovere, in particolar modo se mangiati crudi. Ne abbiamo parlato con l’infettivologo Leonardo Chianura.Malattie trasmesse dal cibo: qual è stato il caso più curioso che ha affrontato?Un caso d’infestazione da Opistorchis in una paziente che aveva consumato del pesce crudo-il coregone marinato- in un locale nei pressi del lago di Bolsena. In Italia l’Opistorchiasi è stata descritta per la prima volta nel 1884. Dal 2003 sono state segnalate 8 epidemie, tutte circoscritte alla zona tra il lago Trasimeno e quelli di Bolsena e Bracciano.Da cosa è causata questa patologia e come si potrebbe evitare? A provocare l’Opistorchiasi è un trematode di piccole dimensioni, l’Opisthorchis felineus. Il parassita presente nel pesce viene devitalizzato dalla cottura a 65°C o dal congelamento del pesce a -20°C per almeno una settimana.Quali sono gli alimenti che possono esser veicolo di infezioni con più facilità?

Le malattie di origine alimentare sono causate dall’assunzione di cibo e acqua contaminate; gli alimenti maggiormente coinvolti sono le verdure a foglia verde, il pollame, le uova e i prodotti caseari. Quali precauzioni adottare? Gli accorgimenti sono semplici: acquistare prodotti di buona qualità e da fornitori di fiducia; porre in frigorifero gli alimenti da conservare per periodi brevi ed utilizzare il freezer, con temperatura intorno a –20°C, per la conservazione del cibo per i periodi più prolungati. Ricordarsi inoltre che i prodotti di origine animale non vanno mai mangiati crudi e una volta cotti, vanno consumati immediatamente; evitare di mangiare pesce e frutti di mare crudi; lavare sempre bene la verdura e la frutta prima del consumo ed è preferibile che quest’ultima venga prima sbucciata. Per le uova e i latticini?Qualsiasi preparazione a base di uova va cotta bene, per scongiurare il pericolo di salmonella, e consumata immediatamente; se le uova devono essere usate crude, utilizzare solo prodotti freschissimi e controllati, ricordarsi, inoltre, di lavare i gusci prima di utilizzarle o di riporle in frigorifero. Per i latticini: consumare latte pastorizzato o sottoposto ad alte temperature; non utilizzare i formaggi freschi se non se ne conosce la provenienza.

Nel nostro OspedaleDalle epatiti acute ai trattamenti per l’HIV, dalle malattie tropicali importate come la malaria, alle infezioni ospedaliere: la “battaglia” contro i microrganismi patogeni a Niguarda è portata avanti dall’équipe delle Malattie Infettive, in collaborazione multispecialistica con gli altri reparti.

Per info e prenotazioniNumero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)

ospedaleniguarda.itareaprivata.ospedaleniguarda.it

Ambulatorio per migrantie viaggiatori

L’appuntamento è tutti i giovedì, presso l’Istituto Villa Marelli.

Qui ogni settimana gli infettivologi di Niguarda, insieme al mediatore culturale, portano avanti l’ambulatorio per migranti e viaggiatori. Per accedere al servizio occorre la tessera sanitaria oppure, se non in possesso, il codice fiscale e/o il passaporto.

QuandoTutti i giovedì dalle 8.00 alle 15.00

DoveIstituto Villa Marelli,v.le Zara 81, Milano

News La laurea honoris causa a Marisa CantarelliSi tratta di un riconoscimento importante all’Infermiera che con il suo impegno ha contribuito a rivoluzionare il modo di intendere l’assistenza alla persona e la stessa professione infermieristica. Lei è molto conosciuta a Niguarda e non solo dagli infermieri, perché ne è stata docente, ma anche perché sulla base del suo contributo teorico- il Modello delle Prestazioni Infermieristiche - si sono elaborati gli strumenti per personalizzare l’assistenza, utilizzati ormai da oltre un decennio. “Con la sua visione ha tracciato la via per superare normative obsolete, che non consentivano all’infermiere di svolgere in autonomia e con responsabilità l’assistenza alla persona- ci spiega Giovanna Bollini, Direttore della Direzione Infermieristica”. “Niguarda-Cantarelli”: la “simbiosi” è iniziata già nel 2001, quando l’Ospedale ha aderito al progetto della Regione Lombardia per la certificazione della documentazione clinica. In quest’ambito la Direzione Infermieristica ha avviato la realizzazione

di una cartella unica, adottando ufficialmente il “Modello Canta-relli”, con l’obiettivo di puntare sull’assistenza personalizzata, valutarne la qualità e creare il presupposto per il suo costante miglioramento.Dal 2002 la cartella infermieristica certificata, poi la lettera di

dimissione informatizzata e, per ultima, la scheda per la valutazione dell’indice di intensità assistenziale sono gli strumenti che hanno consentito, negli anni, di consolidare questa scelta.Per fare proprie le basi di questo nuovo modello a Niguarda, nel corso degli anni, si sono organizzati diversi gruppi di lavoro, attività di ricerca e iniziative formative aperte agli infermieri. Queste ultime, in particolare, sono iniziate sotto la guida della stessa Marisa Cantarelli. “Sono oltre 33 le edizioni di eventi nelle quali circa 800 infermieri di Niguarda hanno potuto apprendere e confrontarsi con il suo insegnamento e la sua esperienza, conservando, negli anni, il ricordo di questi incontri- puntualizza Bollini-”. Parallelamente

lo stesso indirizzo teorico è stato scelto per orientare gli insegnamenti degli infermieri di domani: gli studenti del Corso di Laurea in Infermieristica, dell’Università degli Studi di Milano, che si tiene a Niguarda. Congratulazioni alla Professoressa Cantarelli, per l’importante riconoscimento raggiunto e per tutto quello che ci ha insegnato, da parte di tutti gli infermieri del Niguarda!

Leonardo Chianura

SEGUE DALLA PRIMA

La carica dei 2600Sono oltre 2600 i professionisti sanitari - coordinatori, infermieri, ostetriche, tecnici sanitari, personale della riabilitazione - e il personale di supporto, afferenti alla Direzione Infermieristica Tecnica Riabilitativa Aziendale (DITRA) che ogni giorno rendono possibile un’assistenza più vicina al paziente. Per farlo è necessario puntare sull’impegno, ma anche sul continuo aggiornamento ed è in quest’ottica che a Niguarda, nell’ultimo anno, la DITRA ha condotto oltre 400 edizioni di eventi formativi (24.000 crediti) per questi professionisti.

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Nutrizione clinica

In nome di ErikaI volontari in prima linea contro anoressia, bulimia e gli altri disturbi alimentari

Sicuramente vedendoli al lavoro e guardando ciò che fanno per aiutare i pazienti e i loro familiari, sarebbe

contenta anche lei: Erika, la ragazza, vittima dell’anoressia che in una lettera/testamento aveva segnalato, 14 anni fa, l’esigenza di un trait d’union tra il percorso terapeutico e il rinserimento sociale e familiare. Per poter realizzare questa richiesta 13 anni orsono il papà e la mamma di Erika hanno incontrato Maria Gabriella Gentile, allora Direttore del Centro Disturbi del Comportamento Alimentare a Niguarda e oggi Responsabile Scientifico della onlus, e insieme hanno iniziato a muovere i primi passi per trasformare quell’auspicio in realtà. Oggi guardando negli occhi i volontari di quest’associazione, che porta il suo nome, Erika, sarebbe orgogliosa perché molto è stato fatto per chi, come lei nella vita ha avuto la sfortuna di incappare in questa micidiale malattia, che sembra invincibile, almeno fino al momento in cui non la si vuole riconoscere come tale.L’anoressia, ma anche la bulimia e l’obesità patologica sono patologie molto probanti per il paziente (in maggior parte ragazze)

e per i suoi cari, difficili da battere ma non impossibili da sconfiggere. Per farlo occorre tempo, consapevolezza e la collaborazione di tanti: dei medici, dietisti e infermieri “anzitutto” che nel Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare di Niguarda lavorano in équipe multidisciplinari, perché solo con un approccio integrato e personalizzato si raggiungono i risultati necessari; dei genitori, in secondo luogo, che con gli specialisti devono fare fronte comune per aprire una breccia in quel muro di isolamento e apparente invincibilità, che ostenta chi viene colpito da queste malattie. “Le persone affette da questi disturbi negano la realtà- spiega la psicoterapeuta Maria Teresa Balasini, una delle fondatrici dell’Associazione Erika- e pensano di poter risolvere i propri problemi da sole perché considerano la relazione d’aiuto una diminuzione della loro autonomia”. E’ difficile aiutare quando chi è in difficoltà non riconosce di esserlo e respinge la tua mano. Tuttavia bisogna insistere e non mollare, mai. E in 13 anni di attività sono state tante le iniziative portate avanti dall’associazione, che oggi può contare

su una ventina di volontari e più di un centinaio di soci. Ci sono le donazioni che hanno permesso di arredare il reparto dove le giovani passano la maggior parte del tempo. “Mobili, un’aula pc, i televisori nelle stanze di degenza, ma anche una palestra, sono diventate realtà grazie alla generosità dei nostri sostenitori- ci dice la Presidente Lina Bettini, madre di una ragazza anoressica, oggi guarita grazie alle cure-”. In più non mancano le attività che i volontari portano avanti ogni giorno al fianco del personale medico e infermieristico. Tra queste ci sono il laboratorio di arte e mestieri, le cosiddette terapie occupazionali, utili a fare uscire le ragazze dall’isolamento e a distrarle dalla loro asfissiante fissazione: il cibo. L’associazione, inoltre, finanzia lo psicologo che integra l’attività dei professionisti di Niguarda. Un aiuto prezioso per potenziare il counseling per i pazienti, ma anche per i genitori, che nella terapia di gruppo trovano il sostegno necessario per andare avanti. “Tra l’altro la onlus mette a disposizione delle famiglie che arrivano da fuori regione degli appartamenti nelle vicinanze dell’Ospedale- ci dice la Vice

Presidente, Teodora De Leo, anche lei mamma di una ragazza che ha superato la malattia-. E tra gli obiettivi futuri c’è quello di avere una “casa tutta nostra”, ovvero una struttura d’accoglienza per i pazienti più gravi dove si possa pensare ad una riabilitazione prolungata nel tempo”. Così com’era nei desideri di Erika, così come presto si spera di poter fare, sempre in suo nome.

Corso di Laurea in Infermieristica

Il Corso di laurea in Infermieristica aderisce al programma Erasmus dal 2004/05 e quest’anno l’attività è stata particolarmente intensa. “Abbiamo

ospitato tre studentesse spagnole- ci spiega Marina Negri, Coordinatrice del Corso di Laurea- due del quarto anno (in Spagna il corso dura 4 anni) dell’università di Lleida, per quattro mesi, ed una del secondo anno dell’università di Granada, per tre mesi. Sulla “rotta inversa”, due nostri studenti, Beatrice e Alekos, sono andati rispettivamente all’università di Granada e all’ISEI di Bruxelles”. Poi c’è stata Monica che è risultata idonea, per partecipare al seminario intensivo “Best Practice In End of Life Care” che si è svolto ad Anversa lo scorso aprile con la partecipazione di studenti in Infermieristica da tutta Europa. Ma c’è chi andrà più lontano: è sempre Beatrice, che sarà ospitata per l’internato di tesi a Gulu in Uganda in agosto, presso il St. Mary Lacor Hospital. Infine “abbiamo ricevuto la richiesta dalla Bethlehem University di accogliere studenti del loro corso di infermieristica- conclude Negri -”.

laureainfermieristica.ospedaleniguarda.it

15 anni di AMS

Un caffè al giorno... Aiuta il medico di turno!L’alleanza vincente tra l’Associazione Malattie del Sangue Onlus e l’Ematologia

Avventure internazionaliAssociazione Volontari Ospedalieri

I corsi a Niguarda

L’AVO a Milano opera in 11 ospedali con circa 1.000 volontari, ma sono ancora pochi! L’Associazione è aperta a tutti coloro che

intendono offrire gratuitamente un po’ del proprio tempo a favore dei degenti in ospedale.Gli aspiranti volontari, dopo un colloquio informativo e una prima selezione attitudinale, vengono ammessi al corso di formazione base (durata circa un mese e mezzo). Al corso seguono sei mesi di tirocinio in ospedale.

Ci vuole l’affetto di molti per permettere a un’organizzazione come l’Associazione Malattie del Sangue (AMS) di fare la differenza, al fianco di

un centro importante come l’Ematologia di Niguarda. Un affetto profondo che, come quello delle persone più care, si riafferma in modo speciale quando c’è un compleanno da festeggiare. Quest’anno sono 15 anni, di lavoro, studio, passione per dare assistenza di alto livello e per poter applicare con tempestività le innovazioni terapeutiche che hanno visto, proprio negli ultimi due decenni, uno straordinario sviluppo sia in termini di possibilità di guarigione, sia di miglioramento della qualità di vita dei pazienti affetti da leucemie, linfomi e mielomi. È in questo contesto di innovazione che, nel 1998, AMS si inserì, come un ponte tra l’esterno e l’interno dell’ospedale, per raccogliere risorse da parte di tutti coloro che credevano nelle potenzialità di un investimento collettivo a favore di un’impresa comune: rendere le malattie ematologiche sempre più curabili e guaribili. “Con l’aiuto di AMS nasceva nel 2002 il laboratorio di terapia cellulare per la manipolazione delle cellule staminali per il trapianto di midollo”, ricorda Enrica Morra, presidente di AMS e

direttore dell’Ematologia.“Un altro fondamentale impegno di AMS è stato quello di supportare la formazione di giovani medici e ricercatori”, e continua: “AMS si è fatta carico nei suoi primi 15 anni di vita di ben 49 borse di studio e 80 contratti della durata di un anno per medici e biologi; ha finanziato con proprie risorse le scuole di specializzazione di Ematologia di 2 – 3 giovani medici ogni anno. L’assistenza infermieristica è stata potenziata e sostenuta per garantire anche nei periodi critici un alto livello di cura”. AMS è arrivata nel tempo a sostenere un gruppo di otto data manager dedicate al supporto dei medici nello svolgimento dei complessi protocolli clinici che permettono l’aggiornamento continuo delle alternative terapeutiche. È un grande patto tra pubblico e privato, un’alleanza tra ente ospedaliero, pazienti, professionisti, cittadini, persone comuni che si fanno protagonisti del progresso scientifico ogni volta che scelgono di destinare un euro alla ricerca e all’assistenza ematologica. E così “il caffè” diventa il simbolo del sostegno quotidiano di tutti coloro che hanno l’Ematologia di Niguarda nel cuore, i pazienti e le persone a loro vicine che qui trovano le migliori cure mediche ma anche la dolcezza dell’accoglienza e della comprensione

umana. “Un caffè al giorno” è un euro messo da parte per la ricerca o per permettere a un giovane medico ematologo di portare a termine il suo percorso di specializzazione o, ancora, un contributo per portare avanti studi clinici indispensabili per proporre ai pazienti percorsi di cura innovativi. Ciascuno di noi può aiutare “il medico di turno”, per esempio tramite l’attivazione di un piccolo contributo mensile a favore dell’associazione. La campagna è stata stampata su maglie e grembiuli in edizione limitata che è possibile avere con una donazione minima. L’illustrazione per le magliette è stato il regalo di compleanno ad AMS da parte di Chiara Rapaccini, designer ideatrice della saga “Amori Sfigati”, che spopola su Facebook. Lasciare un piccolo contributo e ricevere in cambio questo dono è una bella occasione per sostenerci e per conoscerci c/o la sede dell’AMS – Blocco SUD – 3° piano – settore D.

Per info e per sostenere AMSwww.malattiedelsangue.orgassociazione@malattiedelsangue.orgTel. 02.6425891 – 02.64444025(lun-ven dalle 9.00 alle 15.00)

Per info e per sostenerel’associazione www.associazione-erika.it02.6444.3987(lun- ven dalle 14.30 alle 16.30)

A destra, Maria, una delle studentesse spagnole

ospitate, insieme a unadelle nostre infermiere

Partecipa al corso base che si terrà a NiguardaSabato 12-26 ottobre e 9-16-23 novembre dalle 9.30 alle 12.30

Per informazioniwww.avomilano.org - [email protected] A.V.O.- via Dezza 26 Milano 02 48024215

(orario ufficio)

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La Città dell’ArteNella nostra rassegna dedicata all’arte è venuto

il momento di affrontare un salto temporale. Esaurite le presentazioni sui grandi maestri

che hanno battezzato con le loro opere la nascita dell’Ospedale negli anni trenta, veniamo ora a quello che uno degli altri grandi “giacimenti artistici” del Niguarda, il MAPP. Il Museo d’Arte Paolo Pini è

un museo d’arte contemporanea situato nell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano, ideato da Teresa Melorio e Enza Baccei e realizzato con la collaborazione del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Niguarda, sotto la direzione artistica di Marco Meneguzzo e l’adesione di alcune note gallerie d’arte milanesi. Ma la nostra guida che

ci conduce alla scoperta di questo affascinante mondo, il Primario Emerito Enrico Magliano, ci ha stupito un’altra volta. E ci ha voluto raccontare il MAPP attraverso quello che direbbero gli artisti della “vecchia guardia”, i grandi maestri dei numeri precedenti, a proposito di questo “nuovo tempio”, consacrato all’arte contemporanea. Godetevelo.

Partecipano Mario Sironi pittore (1885-1961), Arturo Martini scultore (1889-1947), Francesco Messina scultore (1900-1995).Martini: “Cosa ne pensi Mario di quel museo MAPP (Museo Arte Paolo Pini)

che ha creato nel 1995 una giovane Psichiatra dell’Ospedale di Niguarda, che mi sembra si chiami Teresa Melorio? Sai un vero e proprio Museo di Arte Contemporanea ideato con Enza Baccei e con la direzione artistica di Marco Meneguzzo.”Sironi: “Ne penso molto bene, caro Arturo, e piace molto anche a Francesco. Pensa che l’obiettivo è quello di fare arte con scambi di idee e sensazioni tra artisti

professionisti e persone affette da disagio psichico. Una trovata eccezionale!”Messina: “Certo, caro Mario e caro Arturo, che i tempi sono cambiati... Il Comune di Milano ha conferito l’Ambrogino d’oro al Museo MAPP dopo 12 anni dalla fondazione. Quanti anni ci sono voluti perché le nostre sculture monumentali all’ingresso di Niguarda e la tua splendida vetrata dell’Annunciazione venissero riconosciute? Ragazzi pensate che dieci anni or sono è venuto a stare con noi anche il pittore Enrico Baj che ha anche egli dipinto dei murales e donato delle sue opere al MAPP.”

Dialogo nel Paradiso degli Artisti

Storia di Niguarda

La Chirurgia Plastica e il Centro Grandi Ustionati

Durante la seconda guerra mondiale, furono istituiti per la prima volta in Inghilterra appositi centri per il trattamento dei

militari ustionati. I risultati ottenuti in termini di sopravvivenza dei pazienti ricoverati in reparti con personale formato e dedicato specificamente alla cura delle problematiche connesse all’ustione indussero le autorità sanitarie britanniche, al termine della guerra, a costituire centri per ustionati destinati anche alla popolazione civile.Sulla base dei successi ottenuti oltremanica, nel luglio 1950 venne inaugurata all’interno di Niguarda, in convenzione con l’INAIL (Istituto Nazionale per

l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), una divisione di ventisette letti di Chirurgia plastica e Centro Ustioni. Fu scelto come direttore Innocenzo Clerici Bagozzi, medico dipendente dell’INAIL, tra i primi studiosi a livello europeo della patologia da ustioni. La rilevanza rapidamente acquisita a livello internazionale da questa divisione è testimoniata dai finanziamenti ottenuti negli anni sessanta dalla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) per la realizzazione di ricerche specifiche sul tema della nutrizione dell’ustionato. Nel contesto lombardo, l’importanza strategica del servizio è

documentata da una circolare dell’INAIL, datata 1 ottobre 1956, che invitava “le autoambulanze chiamate per il ricovero di infortunati sul lavoro con grandi ustioni [a trasportare il malato] presso codesto ospedale [Niguarda] dove l’INAIL ha attrezzato da tempo un apposito reparto”. Nel 1968 venne nominato nuovo primario della divisione Luigi Gallone, clinico chirurgo dell’università di Milano, che diresse la struttura per un triennio. Successivamente la direzione fu affidata a un allievo di Emilio Trabucchi, Luigi Donati (1935-2003), che a Niguarda, primo in Italia, introdusse l’uso della rianimazione ipertonica con cristalloidi e la sulfadiazina d’argento come antisettico topico. In quegli anni lo

stesso Donati e i suoi collaboratori trascorsero lunghi periodi formativi negli Stati Uniti presso lo Shriners Burns Institute e il Massachusetts General Hospital di Boston per osservare il lavoro di John Francis Burke, esperto internazionale nel trattamento delle ustioni. In parallelo venne attivato un servizio di chirurgia maxillo-facciale, con la creazione del Centro delle Malformazioni cranio-facciali, e, nel 1979, istituito un Centro Studi e Terapia delle Malformazioni congenite in stretta collaborazione con la Fondazione Pro Juventute Don Gnocchi. A Luigi Donati, divenuto nel 1986 direttore della prima cattedra di Chirurgia Plastica dell’università di Milano, succedette nel 2000 Vincenzo Rapisarda. Sotto la sua direzione, il Centro Grandi Ustionati, unico attivo a livello lombardo, fu collocato nel nuovo dipartimento Emergenza e Accettazione, consentendo una continua e stretta collaborazione con l’attigua Terapia intensiva.Grazie alla sinergia con la Rianimazione e allo sviluppo degli gli innesti di cute ingegnerizzata dalla Terapia Tissutale, si è resa così possibile la guarigione di pazienti con prognosi riservata per ustioni su una superficie corporea superiore al 70%.

Testo a cura di Michele Augusto Riva,tratto dal libro “Niguarda un ospedale

per l’uomo nel nuovo millennio”

MAPP - il progetto

L’obiettivo del progetto era trasformare l’ospedale psichiatrico in un luogo di incontro dove il “fare arte” fosse

un’occasione di scambio di idee e linguaggi tra artisti professionisti e persone affette da disagio psichico e dove la condivisione di esperienze culturali e artistiche tra “sani” e “malati” contribuisse concretamente alla cura e alla trasformazione di un luogo che è stato per anni l’emblema dell’incomunicabilità. Diversi artisti di fama nazionale e internazionale hanno aderito al progetto realizzando dipinti direttamente sui muri esterni e interni del manicomio, sculture e installazioni distribuite nel parco, espressione del valore intrinseco che racchiude ogni persona anche quando è gravemente malata nel corpo o nella mente; il MAPP testimonia che una vera trasformazione del modo di curare si realizza anche attraverso una specifica qualità estetica dello spazio che esprime la ricchezza di valori simbolici dell’essere umano in tutto il suo spessore.

Enrico Baj

Enrico Baj è nato a Milano nel 1924. Ha partecipato all’avanguardia milanese degli anni 50 che faceva capo al famoso “Bar Giamaica” di Brera dove si incontravano gli artisti giovani ed allora “sconosciuti” come Fontana, Manzoni, Colombo, D’Angelo, Dova, Crippa ed altri.

Baj, fine intellettuale, manteneva rapporti anche con i maestri francesi come Duchamp, Max Ernst e Kline. Fondò il “Movimento Nucleare”, molto innovativo per i tempi. La sua opera si articola in vari periodi, sempre unificata da “un’ironia dissacrante”. Basti pensare ai Generali, alle dame ed agli specchi. Un filone ludico e gioioso in cui i personaggi venivano “vestiti “ con brandelli di drappi, arazzi, medaglie, bottoni, ecc... il tutto in un cromatico collage.Baj ebbe anche un periodo di impegno politico; come non ricordare la grande composizione “Il funerale dell’anarchico Pinelli” esposto di recente al Palazzo Reale di Milano? Baj partecipò attivamente con scritti e saggi al mondo culturale Milanese. Muore a Milano il 16 giugno 2003. Enrico Magliano

Enrico Baj e Stefano Bini - Senza titoloCollezione permanente - MAPP

Enrico Baj - Senza titoloCollezione permanente - MAPP

MAPP - Museo d’Arte Paolo Pini è in via Ippocrate 45 a Milano.Il Museo è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 16.00; il parco è aperto tutti i giorni dalle 8.00 alle 19.00.

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Nuovo Niguarda

L’ormai definito Blocco Nord è un’opera da oltre 104 milioni di euro (esclusi gli arredi, le attrezzature e le tecnologie) e ad oggi siamo all’85% dei lavori realizzati. Tra 5 mesi l’imponente cantiere verrà chiuso, nel pieno rispetto del crono-programma dopo una

attività da record, che vede attualmente all’opera 350 operai. Il Blocco Nord (“cuore” del Nuovo Niguarda insieme al Blocco Sud, al DEA e all’Unità Spinale) ospiterà il Dipartimento Medico Polispecialistico, il Dipartimento Materno-Infantile, la Medicina Riabilitativa, il Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, molte attività ambulatoriali, la Radiologia/Neuroradiologia e un settore di Endoscopia; disporrà di 450 posti letto (dei quali 8 di terapia intensiva neonatale), a cui vanno aggiunti i letti dei Day Hospital e delle Macro Attività Ambulatoriali Complesse (MAC).

CRAL

Elezioni e castagnata

NewsPrimari Emeriti

Dopo tanti anni di attività a Niguarda sono stati nominati Primari Emeriti: Maurizio Puttini (Direttore uscente della Chirurgia Vascolare), Maria Gabriella Gentile (Direttore uscente della Dietetica e Nutrizione

Clinica), Emilio Brunati (Direttore uscente della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e Arcadio Angelo Erlicher (Direttore uscente del Dipartimento di Salute Mentale). A loro va il nostro ringraziamento e le nostre più vive congratulazioni.

Si terranno il 19 e il 20 settembre le elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo. Gli ultimi giorni validi per presentare la propria candidatura, presso la segreteria del CRAL, sono il 16, 17 e 18 luglio. Sono candidabili tutti i

soci. E’ in programma per il 6 ottobre la castagnata in Valsassina: un’occasione per godersi una giornata all’aria aperta e per assaggiare i prodotti gastronomici tipici.

C.R.A.L. - Area Centro-Padiglione 10 - tel. 02.6444.3236 da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle 16.00

www.cralniguarda.it

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giornale. Sarai inserito nella lista de-gli abbonati e riceverai gratuitamente a casa il nostro periodico.

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L’ingegner Badi e il record delle 1000 riunioniCarlo Maria Badi, 65 anni, da sempre al Niguarda è il responsabile unico del procedimento ed è il professionista che ha seguito, unitamente al Concessionario, allo staff di Infrastrutture Lombarde, alla Direzione Sanitaria, alla Direzione Medica di Presidio e alla Direzione Infermieristica l’iter dei lavori per la realizzazione del Blocco Sud e del Blocco Nord. Dall’inizio dei lavori del Blocco Sud e sino all’attuale fase finale del Blocco Nord l’ing. Badi ha partecipato a 1000 riunioni: ben 318 riunioni di cantiere, oltre 250 riunioni dello staff “Nuovo Niguarda”, le oltre 100 riunioni per il coordinamento impiantistico, le 55 riunioni del gruppo “arredi e attrezzature”, le conferenze dei servizi ed altre ancora dei più diversi ambiti.

G. GentileM. Puttini E. Brunati A. Erlicher

Atletico NiguardaSecondo posto al torneo internazionale

L’Atletico Niguarda continua a regalarci soddisfazioni e questa

volta in terra pugliese.La squadra, composta da pazienti e operatori del Dipartimento di Salute Mentale, si è aggiudicata il secondo posto del torneo “La testa nel pallone 2013”. La manifestazione, organizzata dal Dipartimento di Salute Mentale della Asl di Lecce, ha visto sfidarsi sui vari campi della provincia – dal 28 maggio al 2 giugno – 32 squadre, a formazione mista pazienti- operatori, provenienti da tutta Italia e anche da oltre confine. 4 delle formazioni partecipanti, infatti, venivano da Austria, Spagna, Francia e Ungheria. Grandi ragazzi!

Ecco il Blocco NordCompletati l’85% dei lavori. Tra 5 mesi si chiudono i cantieri

FotonotiziaUn benefattore dal cuore grande

Il nome del Cavaliere del Lavoro Loris Fontana e quello dei suoi

familiari difficilmente potrà essere dimenticato a Niguarda. Nell’area del Poliambulatorio 3, infatti, è stata scoperta una targa che ricorda l’importante donazione fatta da questa famiglia a favore del Centro di Ecocardiografia Clinica. Si tratta del laboratorio ad alta specializzazione accreditato presso la Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare e l’European Association of Cardiovascular Imaging, guidato da Antonella Moreo e che afferisce alla Cardiologia 4, diretta da Cristina Giannattasio.

Sono 350 gli operai all’opera nel cantiere per la costruzione del Blocco NordUna delle camere di degenza.

Un’attenzione particolare è stata riservata ai colori degli ambienti

Il Cavaliere Loris Fontana (al centro) con l’équipe del Centro di Ecocardiografia

NewsOspedale senza fumo

Sei un e smokers? Ovvero uno di quei fumatori che è passato alla sigaretta elettronica. Ti avvisiamo che a Niguarda non è possibile

fare uso di questi dispositivi in tutte le aree in cui è previsto il divieto di fumare. La disposizione è in linea sia con la posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui non è stata ancora provata l’innocuità della sigaretta elettronica, sia con le molteplici iniziative intraprese nell’ambito della Rete HPH (Healt Promoting Hospital), al fine di introdurre principi e metodi nella prevenzione della salute.

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