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Università degli Studi di Siena Concorso per l’ammissione alla Scuola di Dottorato di ricerca Riccardo Francovich: Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni ed Archivi. Sezione di Archeologia Medievale Edilizia vescovile nella Diocesi di Luni. Forme di potere fra XII e XV secolo attraverso l’analisi archeologica delle architetture Progetto di Dottorato di Daniele Ferdani A. A. 2008-2009

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Università degli Studi di Siena

Concorso per l’ammissione alla Scuola di Dottorato di ricerca Riccardo Francovich: Storia e Archeologia del Medioevo,

Istituzioni ed Archivi.

Sezione di Archeologia Medievale

Edilizia vescovile nella Diocesi di Luni. Forme di potere fra XII e XV secolo attraverso l’analisi

archeologica delle architetture

Progetto di Dottorato di

Daniele Ferdani

A. A. 2008-2009

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Daniele Ferdani

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Indice Ambito disciplinare della ricerca............................................................................................ 3

Progetto di Ricerca................................................................................................................. 5

Il territorio di indagine ........................................................................................................... 7

Castello Vescovile di Castelnuovo Magra:.............................................................................................. 8 Complesso Castellano di Caprigliola: ...................................................................................................... 8 Castello di Bibola ...................................................................................................................................... 9 Castello di Ponzanello............................................................................................................................. 10 Castello di Trebiano ................................................................................................................................ 11 Complesso castellano di Vezzano Ligure .............................................................................................. 11 Castello di Ameglia ................................................................................................................................. 12 Chiesa antica di San Nicolò di Caprigliola............................................................................................ 13 Chiesa di S. Maria a Sarzana .................................................................................................................. 13 Pieve di Sant’Andrea di Castello (Montedivalli) .................................................................................. 14 Pieve di San Venerio a La Spezia........................................................................................................... 14 Pieve di S. Andrea a Sarzana .................................................................................................................. 15

Prassi Operativa................................................................................................................... 16

Analisi della bibliografia nota e dei regesti: .......................................................................................... 16 Analisi strumentale e rilievo grafico ...................................................................................................... 16 Analisi Stratigrafica e tecnologica: ........................................................................................................ 16 Analisi e ricostruzione tridimensionale.................................................................................................. 18 Implementazione dei dati in ambiente GIS............................................................................................ 18

Obbiettivi e tempi ................................................................................................................ 19

I anno....................................................................................................................................................... 19 II anno ...................................................................................................................................................... 19 III anno ..................................................................................................................................................... 20

Bibliografia.......................................................................................................................... 20

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Progetto di Dottorato

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Ambito disciplinare della ricerca.

Il presente progetto di ricerca si allaccia all’ambito disciplinare dell’“L’archeologia

dell’architettura”. La nascita di tale materia può essere fatta risalire a poco più di trenta anni

fa ad opera di Tiziano Mannoni e dei membri dell’ISCUM (Istituto Storico di Cultura

Materiale) i quali, negli anni settanta, attraverso un’accurata analisi degli edifici storici

sopravvissuti, intendevano realizzare delle sequenze cronotipologiche delle strutture murarie

medievali che potessero fornire un substrato per la conoscenza delle trasformazioni subite del

manufatto e per il reperimento di informazioni sulle tecniche edilizie, sulle maestranze

operanti nel territorio e sull’ l’ambiente socioeconomico.

La maturazione di tale disciplina portò allo sviluppo di strumenti diagnostici efficaci

per lo studio delle strutture e a metodologie sempre più efficaci. Agli inizi degli anni ottanta i

principi di stratigrafia archeologica di Harris1 vennero rielaborati e applicati allo studio degli

elevati, considerando la superficie muraria come un deposito stratificato le cui singole unità

sono il frutto di diverse azioni edificative o distruttive.

Di seguito Roberto Parenti elaborò una scheda di USM (Unità Stratigrafica Muraria)

che divenne lo strumento indispensabile per l’archiviazione dei dati relativi alle varie unità

stratigrafie murarie di un edificio2. Nel 1987 Gian Pietro Brogiolo3 elaborò un’ulteriore

strumento metodologico: le “Unità di riferimento” (UR), ovvero le componenti in cui è

suddividibile un edificio, organizzate in rapporti gerarchici. Queste UR permettono una

convenzionale e veloce registrazione dei rapporti stratigrafici ed analogici che intercorrono tra

i vari elementi costituenti il manufatto. Tra i metodi di datazione viene a svilupparsi poi

l’analisi mensiocronologica dei mattoni con lo scopo di registrare tutte le variazioni nelle

misure dei laterizi per creare una sequenza cronologica basata sulle loro curve dimensionali4 e

lo studio cronotipologico che attraverso il confronto tipologico fra gli elementi architettonici,

quali porte, feritoie, finestre, ecc, si propone di effettuare un atlante diacronico di questi

ultimi5.

1 HARRIS 1979. 2 R. PARENTI 1985, pp. 62-65 3 BROGIOLO 1988b, pp. 335-346 e 1988a. 4 S. GELICHI 199b, p. 98. 5 Per il territorio lunigianese si vedano i lavori di Isabella Ferrando Cabona ed Elisabetta Crusi sugli insediamenti della Valle del Rosaro e dell’Aulella: FERRANDO CABONA 1990, pp. 151-166, FERRANDO CABONA, CRUSI, 1980, FERRANDO CABONA, CRUSI 1982 e FERRANDO CABONA, MANNONI, PAGELLA, 1994, pp. 77-91.

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Daniele Ferdani

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Con l’uscita della rivista intitolata “Archeologia dell’Architettura” negli anni 90, si ha

infine una canonizzazione di questo branca dell’archeologia che riesce finalmente ad

rivendicare la propria identità ed autonomia. Attualmente tale ricerca, ha avuto buoni esiti

soprattutto in vaste aree della Liguria, Toscana e Lombardia, interessando sia nuclei edilizi

isolati che intere aree urbane. I successi di tali analisi archeologiche ed i confronti fra i dati

ottenuti hanno permesso di elaborare informazioni sul contesto territoriale in cui le strutture

indagate si sono sviluppate, quali, ad esempio, l’economia, lo stato sociale e politico e le

forme di potere locali.

Recenti progressi tecnologici e le applicazioni informatiche hanno infine portato ad un

miglioramento qualitativo e quantitativo delle tecniche di indagine, in particolare nella

velocità ed accuratezza d’acquisizione e gestione dei dati. L’utilizzo di sistemi di strumenti

quali il laser scanner6, tecniche fotogrammetriche, software di elaborazione grafica virtuale

3D7 e di organizzazione informatizzata dei dati (GIS8, CAD, Database) hanno avuto un

repentino sviluppo rendendo possibili interventi prima impensabili. Le ragioni di questo

successo tecnologico in archeologia sono diverse […] riproducibilità dei dati e potenza di

analisi, archiviazione e organizzazione delle informazioni, creazione di modelli predittivi e

simulazioni dinamiche9.

6 BALLETTI, et al, 2005 e le recenti sperimentazioni all’interno del LIAAM (Laboratorio di Informatica Applicata all’Archeologia Medievale del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università degli Studi di Siena): PERIPIMENO, SALVADORI, 2003, pp. 633-637. 2003 e 2004 7 FORTE et al. 2000,, pp. 247-263. 8 Si vedano i contributi di VALENTI 1998, pp. 305-329 e 2000, pp. 93-109, GOTTARELLI 1997. 9 FORTE 2002, p. 15.

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Progetto di Dottorato

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Progetto di Ricerca

Il progetto di ricerca di seguito esposto, nasce, oltre che da un vivo interesse del

territorio10, soprattutto dalla volontà di approfondire e proseguire la conoscenza del costruito

medievale, nella Lunigiana Storica. Conoscenza che, sebbene sia già stata avviata dai

numerosi contributi ad opera di Tiziano Mannoni e degli altri membri dell’ISCUM11, i quali

hanno iniziato proprio in questa zona le prime applicazioni della “archeologia del costruito”12,

è ancora in cammino verso l’obbiettivo di una “copertura” globale del campione territoriale.

La Lunigiana, sub regione culturale posta tra Toscana e Liguria e territorio di transito

del più importante asse viario medievale, fu dimora dell’antica diocesi di Luni che aveva nella

città omonima la sede Vescovile. Essa, divenne nei secoli centrali del medioevo molto grande

ed importante grazie alla politica di espansione e dominio che i suoi Vescovi operarono nei

secoli nel territorio che si sviluppava fra l’alta Versilia, la Garfagnana e l’Appennino Ligure-

Emiliano, promuovendo l’acquisizione o l’edificazione di castelli, monasteri e borghi. Scopo

della ricerca è proprio quello di individuare e decodificare le forme del potere e di

autocelebrazione espresse dai Vescovi di Luni nelle strutture edilizie rappresentative e di

analizzare le dinamiche socio-politiche che portarono il dominio vescovile all’apice della sua

forza fra XIII e XIV secolo13, ponendo infine attenzione anche sui mutamenti che la

“geografia” del potere subì nel basso medioevo, individuando variazioni nei possedimenti

vescovili a seguito di eventi bellici, vendite, cessioni ecc.

Attraverso l’analisi archeologica formale e tecnica delle architetture si cercherà di dare

risposta a tali interrogativi e allo stesso tempo, di realizzare un atlante delle tipologie edilizie

e dei modi di costruire finalizzato alla conoscenza della base economica della committenza e

quella tecnologica delle maestranze di cantiere esistente nelle epoche sopra citate. Come già

accennato in precedenza, ogni realtà architettonica infatti, è espressione del contesto

10 L’esperienza sulle architetture medievali maturata nel corso di un processo formativo iniziato con la mia tesi di laurea che si è interessata all’analisi archeologica di alcuni castelli rappresentativi della Lunigiana (Pontremoli, Malgrate, Tresana e Bibola), è proseguita con ulteriori indagini nel borgo e nel castello vescovile di Castelnuovo Magra, i cui risultati sono stati parzialmente pubblicati in FERDANI 2008a, pp. 83-104 e 2008b (in corso di stampa) 11 MANNONI, CRUSI 1994, pp. 65-76; CABONA, MANNONI, PIZZOLO 1995, pp. 135-161; FERRANDO CABONA, GIARDINI, MANNONI 1978, pp. 273-374; MANNONI, MURIALDO 1990, pp. 10-11 e GIANNICHEDDA 1985, pp. 531-535, GIANNICHEDDA, VASCHETTI 1998, p. 27 12 Si veda CAGNANA, FERRANDO CABONA 1997, pp. 189-198 13 Sulle vicende della diocesi di Luni si vedano i seguenti testi principali: BERTIN 2005, ZOPPI 2005, pp. 201-210, RICCI R. 2002 e 1988, CACIAGLI 1992, BONATTI, RATTI 1991. ROSSINI 1990, BONATTI 1990a, pp. 117-138 e 1986 pp. 59-71, LUPO s.d., ZALTIERI 1984-1985, BIANCHI V. 1975, pp. 35-58, CONTI 1967, PISTARINO 1961,

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Daniele Ferdani

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socioeconomico del territorio in cui viene concepita e ogni suo elemento riflette una volontà

generatrice forgiata dal sostrato culturale locale.

L’analisi archeologica si proporrà dunque di indagare e classificare tutte le strutture superstiti,

attribuibili ad un arco cronologico compreso fra XII e XV secolo, espressione della presenza e

del controllo, nel territorio diocesano, dei vescovi di luni. Nella scelta delle strutture verranno

prese in considerazione tutte quelle che a causa del precoce abbandono hanno mantenuto gran

parte delle forme originali garantendo così l’integrità del dato e quelle che nonostante le

trasformazioni, dovute alla continuità insediativa, permetteranno una buona lettura delle

superfici murarie.

Le metodologie e tecniche che verranno utilizzare nel corso della mia ricerca intendono

rispondere all’esigenza di analizzare il dato archeologico in tutte le sue forme attraverso

moderni strumenti d’analisi, in modo da cogliere ogni sfumatura informativa. Il lavoro verrà

dunque organizzato su tre livelli operativi, partendo dunque da una prima ricognizione di

dettaglio dei siti oggetto di indagine e dalla raccolta di tutto il materiale bibliografico, si

passerà all’analisi diretta e alla raccolta delle informazioni attraverso documentazioni

grafiche, rilievi delle planimetrie e dei prospetti sulle evidenze architettoniche, ad effettuare

studi stratigrafici, esami delle tecnologie e dei materiali costruttivi, per giungere infine alla

rielaborazione e classificazione dei dati raccolti e all’implementazione di questi all’interno di

un sistema informativo archeologico su base territoriale.

Importante punto nell’interpretazione dei dati sarà il confronto fra il campione indagato e

altre realtà architettoniche realizzate nell’ambito di forme di potere differenti, come quella dei

Malaspina, importante famiglia del territorio lunigianese protagonista di numerosi scontri con

i vescovi per il controllo del territorio, o di Genova, già presente dal XII secolo in alcuni

castelli e chiese dell’area spezzina. Tale confronto permetterà di comprendere se a forme di

potere diverse ma geograficamente vicine e accomunate da intenti politici comuni,

corrispondano scelte costruttive identiche o differenti e di individuare eventuali influenze e

contaminazioni. Un ulteriore punto di riferimento, sarà poi rappresentato anche da altre aree

della Toscana, in particolare quelle pisane, livornesi e grossetane, in buona parte analizzate

dal laboratorio LAAUM14 dell’Università di Siena, che negli ultimi vent’anni ha registrato

una grande attività nello studio dei monumenti medievali con tecniche dell’archeologia

dell’architettura.

14 Il Laboratorio di Archeologica dell’Architettura e dell’Urbanistica Medievale dell’Università di Siena, costituito nel 2003, ha sede a Grosseto ed è diretto dalla Prof.ssa Giovanna Bianchi.

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Progetto di Dottorato

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Il territorio di indagine

Il territorio d’indagine si estende dalla media valle del Magra e del Vara fino alle Alpi

Apuane avendo come limiti naturali ad est l’Appennino Tosco Emiliano e ad ovest la costa

tirrenica. Quest’area, caratterizzata da una morfologia molto accidentata, fatta eccezione per

la piana alluvionale pericostiera di Luni, fu fin dall’alto medioevo sito di notevole importanza

strategica in quanto nelle sue valli correva un sistema viario che col tempo assunse il nome di

“Via Francigena”. La presenza di questa “area di strada” favorì fra XI e XIII la creazione di

nuovi Borghi e Ville15 ed interessi di natura politica ed economica legati ad essa diedero

impulso all’edificazione di numerosi castelli con cui i signori si assicurarono un punto di

riferimento per la difesa e il controllo del territorio16.

Fu proprio in questo periodo che i Vescovi di Luni, che fin dal V secolo esercitavano

un forte dominio sul territorio diocesano, promossero una politica di espansione che gli

procurò ulteriori possedimenti estesi dalla Val di magra alla Val di Vara e ampi poteri

ratificati da Ottone I e poi confermati da Federico I il Barbarossa. Tale politica venne a

scontrarsi con gli interessi della famiglia di origine Obertenga dei marchesi Malaspina

anch’essi interessati al dominio sul territorio. Particolarmente interessante è la situazione nella

seconda metà del XIII secolo, apice dello scontro, che vede entrambi i contendenti impegnati

in un opera di riorganizzazione delle difese attraverso un aggiornamento delle strutture

fortificate e l’acquisto di nuovi castelli come documenta il prezioso Codice Pelavicino, opera

autobiografica elaborata dal Vescovo Enrico di Fucecchio (1273-1295) 17. Gli scontri e gli

assedi furono numerosi, famosi quelli svoltisi presso il Castello della “Brina” e di Caprigliola,

e perdurarono fino al XIV secolo, periodo in cui si assiste al declino del potere vescovile e

all’affermarsi del dominio dei Malaspina su gran parte il territorio lunigianese18 ratificato

dalla famosa pace di Dante stipulata nel 1306 fra Il vescovo Antonio da Camilla e il Marchese

di Mulazzo. L’assenza di un potere centrale forte e la continua frammentazione dei feudi

marchionali comportò infine, fra XIV e XV, secolo una diffusa e profonda penetrazione di

potenze straniere soprattutto la Repubblica Fiorentina, e in maniera puntuale, Pisa,Lucca,

Genova, Milano e Parma19.

15 SETTIA 1986, P. 119. 16 RICCI 2002 17 ROSSINI 1990 pp. 3-10. 18 BIANCHI V., 1975, pp. 159-177 19 BRANCHI, II-III, 1897

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Daniele Ferdani

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Da una mia preliminare indagine nei siti nati dalla volontà Vescovile ritengo che i quelli sui

quale eseguire un’analisi estensiva, sia a motivo della loro maggior rappresentatività, stato di

conservazione e complessità stratigrafica, sia per il fatto che alcuni di essi sono pressoché

privi di studi archeologici e la loro bibliografia, limitata ad un indagine storico-architettonica,

è piuttosto datata, siano i seguenti:

Castello Vescovile di Castelnuovo Magra:

Come testimonia il “Codice Pelavicino” Il castello venne edificato nel XIII secolo per volere

di Enrico da Fucecchio Vescovo di Luni e fece parte di un grande progetto di rinnovamento

delle strutture fortificate atto a rilanciare l’autorità della curia nel territorio minacciato da altre

forme di potere rappresentate dalla città di Genova e dai Marchesi Malaspina. Esso sostituì

probabilmente le funzioni di un più antico castello detto di “Santa Maria”, oggi scomparso,

fondato dal vescovo Gualtierio per il controllo stradale di fondovalle ed attorno al quale si

sviluppò il primitivo borgo. Il “Castro Novo” venne costruito sulla testa settentrionale del

promontorio con funzione difensiva e di controllo. Delle strutture fortificate duecentesche

rimangono la "Turris Magna", un mastio di forma quadrangolare di imponenti dimensioni,

alcuni tratti di mura perimetrali e del palazzo castrense nelle cui murature si riconoscono

alcuni elementi marmorei di reimpiego saccheggiati nella ormai decaduta città di Luni. Queste

strutture denotano una interessante opera muraria costituita da bozze elementi litici di natura

diversa, arenaria, marmo e calcare marnoso che si alternano lungo i filari ben ordinati20. Le

altre strutture, che fanno impiego di una tecnica mista di laterizi e pietra, sono di epoca più

tarda probabilmente XIV e XV secolo e di evidente influenza fiorentina e poi genovese nel

cui sito realizzarono un fortilizio di presidio. Il castello è famoso perché ospitò la famosa

“pace di Dante” fra il Vescovo Antonio da Camilla ed il marchese Malaspina di Mulazzo che

di fatto sancì così il declino del potere ecclesiastico in Lunigiana 21.

Complesso Castellano di Caprigliola:

Caprigliola fu un importate sito posto lungo una variante della Francigena passante per il

borgo di Bibola e di un ponte per l’attraversamento del fiume Magra oggi crollato e di cui

rimangono alcune significative tracce materiali. La Prima menzione nei documenti appartiene

al 1055 dove viene indicato come possesso vescovile. Un’ulteriore menzione è del 1185 dove

Caprigliola viene concessa in feudo al vescovo di Luni “cum curte et pertinentiis et 20 FERDANI, 2008b 21 FERRARI, 1998, BERTIN 2005, MAINERI 1969 e ROSSINI 1990.

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Progetto di Dottorato

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piscatione”. Il suo castello venne probabilmente eretto nella prima metà del XIII secolo. Già

da una prima visione dei suoi apparati murari si può notare che il complesso fu realizzato in

momenti cronologici ben distinti. Di particolare interesse è il mastio circolare dall’eccellente

tessitura muraria realizzata in pietra sapientemente squadrata. Nella parte superiore della

struttura si possono notare tracce di una complessa struttura lignea dotata di mensole in pietra

e gocciolatoio e di una decorazione composta da una triplice fila di archetti in muratura

aggettanti che trova corrispondenti nel mastio del castello di Lerici, possesso genovese.

L’edificio che affianca la torre e ad essa collegata da un singolare corridoio murato appare

invece essere di epoca successiva, probabilmente è da identificare nel “cassero” di XIII secolo

descritto nel “Codice Pelavicino”. Questo Mostra numerose affinità formali con il coevo

Mastio di Castelnuovo Magra con il quale condivide dimensioni, tipologia delle aperture e

tecniche murarie22. Ultima struttura che suscita interesse è il fronte meridionale della Chiesa

Parrocchiale del XVII secolo, un tempo Palazzo Vescovile, nelle cui murature sono state

individuati elementi attribuibili al XII secolo23.

Castello di Bibola

Le prime informazioni certe su Bibola, collocata su un colle prospiciente la piana di Aulla,

risalgono all’XI secolo e sono contenute nel codice Pallavicino. Tra XI e XIII secolo i signori

del castello sono gli Ottomani, una famiglia dipendente dai vescovi di Luni. Solo durante la

seconda metà del 1200 il dominio vescovile sul castello venne temporaneamente interrotto da

Bernabò Malaspina, marchese di Filattiera si impegnò in un’aspra lotta contro i vescovi di

Luni sottraendo gli alcuni castelli compresi nei loro possessi, i quali però vennero restituiti

dopo pochi anni, nel 126524. La diocesi così rientrata in possesso dei castelli rafforzò il

proprio controllo militare con il vescovo Enrico di Fucecchio che eresse nuove fortificazioni e

torri a Castelnuovo, Ponzanello, Amelia, Barbazano, Avenza, Caprigliola, Carrara e Bibola25.

Dal 1306, data che segnò la definitiva sconfitta dei vescovi, Bibola passò prima nelle mani

dei marchesi fino al 1543 quando assieme a Montedivalli venne venduta al marchese Adamo

Centurione di Genova il quale continuerà a sfruttarne il ruolo militare fino al suo declino nella

seconda metà del XVII secolo. Il castello per quanto in condizione di forte degrado presenta

ancora leggibili gran parte delle sue strutture costituite da una poderosa cortina a scarpa,

22 GALLO 2004, pp. 38-45, GUELFI 1993. 23 Si veda il fondamentale lavoro di analisi stratigrafica di BERGHICH 2000, pp. 155-173 24 CACIAGLI 1992, pp. 83-84. 25 VOLPE 1964, pp. 504-505.

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alcuni brani dell’area residenziale e diverse torri. La parte più antica è certamente

identificabile nei resti di una torre a base circolare posta all'incirca a metà del prospetto

occidentale. Attualmente non rimane che pochi brani murari26, sufficienti però sulla base della

tessitura muraria e delle dimensioni a identificarli come appartenuti ad un primitivo mastio27.

Castello di Ponzanello

Sul castello di Ponzanello, edificato tra Aulla e Sarzana, non ci è dato di sapere la data di

fondazione del castello, le prime notizie del castello si trovano nel Codice Pelavicino e

risalgono al XII secolo dove risulta che il sito rientra nei domini del vescovo Gualtiero di

Luni e affidato ad un certo “Riccomannus de Ponzanello”. Il castello, posto lungo gli accessi

al litorale alto-tirrenico dall'entroterra, rivestì una notevole importanza strategica almeno per

tutto il XIII secolo, un diploma di Federico II del 1239, afferma infatti che l’imperatore,

passando per il territorio, prese in custodia la fortificazione assieme a quelle di Fosdinovo e

Vezzano Ligure ritenendoli indispensabili per le sue operazione belliche.

Sempre nella seconda metà del XIII secolo il sito è oggetto di forti rinnovi nelle sue strutture

difensive, il vescovo Enrico da Fucecchio, intento nella sua opera di rafforzamento delle

difese della Curia, fa edificare multas domos et palatium magnum28. Con l’arrivo di

Castruccio Castracani degli Antelminelli, Ponzanello esce definitivamente dai possessi

vescovili per passare in diverse mani finché nel 1482, perduto ormai il suo valore strategico,

diventa possesso dei marchesi Malaspina di Fosdinovo29.

Attualmente le strutture30 visibili del castello di Ponzanello mostrano una forma irregolare,

dovuta alla necessità di occupare e adattarsi completamente alla sommità del colle su cui

sorse. Esso si articola in tre imponenti cerchia di mura: la prima cerchia, dotata di tre torri

rotonde in posizione angolare, è accessibile da un portale con arco a tutto sesto che immette

nell’ area fra la terza e la seconda cerchia. Da qui, attraverso un ulteriore accesso coronato da

apparato difensivo a sporgere di cui restano i beccatelli in pietra, si entrava nel vasto cortile

interno, al centro del quale sorgeva l’ultima cerchia, di forma triangolare. La maggior parte di

queste strutture sembrano riferibili tra XIV e XV secolo, solo nell’area più interna sono

26 Vicino al presunto mastio, sono recentemente emerse una feritoia del tipo saettiera e delle murature, a seguito del crollo di una scarpa muraria che probabilmente gli fu addossata come rinforzo, che denotano caratteri costruttivi riferibili probabilmente tra il XIII e XIV secolo. FERDANI 2005-2006, pp. 223-224 (inedita) 27 CALABRETTA et al. 1990. GALLO 2002, p. 29. 28 LUPO 1912. 29 DORINI 1940, p. 357. 30 L’andamento subtriangolare delle strutture difensive del castello di Ponzanello non trovano grandi confronti nel panorama castellano lunigianese

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visibili, a causa del crollo di alcune volte, alcuni ambienti interrati, forse riferibili al palatium

di XIII secolo31.

Castello di Trebiano

Ricordato per la prima volta come possesso Vescovile nel 963 da un diploma di Ottone I, il

castello sorse sulla sommità di un colle che domina la confluenza del Magra con il Vara a

controllo delle vie di comunicazione della bassa Lunigiana. I signori del castello furono

Vicedomini della curia lunense sui quali i Vescovi rivendicarono la propria autorità che

tuttavia non venne sempre rispettata (nel 1196 Gualtiero ottenne la dichiarazione che i

castellani tengano case e terre e altre cose per il vescovo e la sua curia32). I signori

dimostrarono, infatti, a seconda delle occasioni una altalenante fedeltà, ora prestata ai Vescovi

ora alla Repubblica di Genova. Il castello, fatta eccezione per una breve conquista pisana nel

1241, rimase ai Vicedomini fino al 1285, data in cui fu acquistato, per la sua eccezionale

posizione di controllo della vallata, da Genova per 7000 lire. L’architettura del castello ha una

fisionomia abbastanza singolare che non trova grandi confronti con altre strutture coeve della

Lunigiana, essa è composta da un grande massiccio quadrilatero dotato di torri angolari

quadrate e imponenti muri a base trapezoidale costituiti da una muratura regolare e di buona

fattura e ritmati da ampie feritoie strette e lunghe33.

Complesso castellano di Vezzano Ligure Vezzano è costituito da due borghi, superiore e inferiore, sorti su due promontori che si

affacciano sulla confluenza del fiume Magra col Vara e collegati da una strada di crinale. La

prima notizia di Vezzano risale 963 dove vengono menzionati una corte ed un castello come

possesso dei Vescovi di Luni. Possesso che fu spesso ostacolato dalla famiglia nobiliare dei

de Vethanos34 che abitavano nel Borgo ed avevano numerosi territori nell’area circostante.

Dal XIII secolo il castello cominciò ad entrare come quello di Arcola e Trebiano nell’orbita

genovese intenta a crearsi una rete di siti fortificati per il controllo dell’area del golfo

spezzino. Nel 1253 infatti il castello venne venduto alla famiglia dei Fieschi i quali, a loro

volta, lo cedettero, nel 1276, alla Repubblica Genovese35. Vezzano mantiene molte

testimonianze materiali del periodo medievale, nel borgo si possono infatti osservare nelle

31 Si veda DI MEO 2002, pp. 95-108. 32 FERRARI 1963, p. 96. 33 BARTOLINI 1996, pp. 33-34. 34 Sui signori di Vezzano si veda PETTI BALBI 1982. 35 Per la storia di Vezzano si veda BONATTI 1990b.

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abitazioni resti di murature romaniche, la porta di S. Giorgio che conserva ancora intatto

l’arco di matrice gotica forse attribuibile al XIII secolo e la Pieve di San Prospero costituita da

due navate e documentata dal XII secolo in una Bolla di Eugenio III. Delle sue forme

originarie restano diversi brani nelle murature perimetrali le quali vennero sfruttate fino a

tempi recenti da alcuni edifici rurali. Delle strutture fortificate infine, oltre al castello

medievale, ampiamente rimaneggiato, si notano due torri che mantengono invece i loro

caratteri nativi. Una, pentagonale, si trova nel borgo inferiore, in prossimità del castello, al

quale era probabilmente collegata con funzione di rivellino, l’altra, a pianta quadrata, è

collocata nel borgo inferiore e rivestì mansioni di avvistamento. Entrambe le strutture

denotano un’eccellente tecnica costruttiva in conci regolari e abbondanti giunti di malta e

presentano ingresso rialzato e aperture di modeste dimensioni secondo uno standard presente

in molte altre torri lunigianesi36.

Castello di Ameglia

Il “Codice Pelavicino” ricorda il sito di Amelia come Castrum dal 963 all'epoca di Ottone I,

che con un diploma lo elenca tra i possedimenti vescovili di Luni. Il Castello appare anche nei

diplomi di Federico I e Enrico VI nei quali viene ne confermato il possesso alla curia assieme

ad un porto fluviale su cui veniva commerciato sale, carne e frumento. Tra il 1020 e il 1292,

a seguito della decadenza di Luni, a causa dell’impaludamento del porto e delle aree

circostanti, ospitò per breve tempo la sede vescovile. Nel corso del 1283, il sito venne

occupato della Repubblica di Genova che intendeva espandere i propri possedimenti verso

Bocca di Magra e Sarzana e rientrò in possesso del vescovo Enrico da Fucecchio solo nel

1285 a seguito dell’esborso di mille libbre imperiali. Ameglia rimase possesso vescovile fine

1321, da questa data il sito cominciò a gravitare negli interessi di diverse potenze tra cui

Milano e Genova che se lo contesero per lungo tempo fino a che XVI secolo divenne

definitivo possesso di quest’ultima37.

Dell'antico castello restano parte della cinta muraria trapezoidale che corre lungo il colle

seguendo l’andamento del terreno una torre circolare di difesa e un grande palacium a pianta

rettangolare che denota un’interessante muratura a conci squadrati organizzati a filaretto38.

36 FORMENTINI et al., 1970, GUIDONI 1964, pp. 74-78. 37 PAVONI 1992-1994, pp. 9-170. 38 BUGLI 1992-1994, pp. 183-194.

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Chiesa antica di San Nicolò di Caprigliola

Sebbene le prime notizie della chiesa romanica di San Nicolò di Caprigliola risalgano al

XV39 secolo, i resti materiali dei corpi di fabbrica suggeriscono una datazione ben più antica,

probabilmente attribuibile al XIII secolo. I resti della chiesa, consistenti in un'unica navata

priva di copertura, il catino absidale e una torre campanaria, sono collocati a mezzacosta al di

fuori dell’originario recinto del castrum vescovile. Ciò farebbe pensare che essa fosse estranea

al progetto originale del castello e venne edificata in un secondo momento, in concomitanza

con l’espansione del borgo lungo la linea di crinale fiancheggiando l’accesso che conduceva

alla rocca40. I corpi di fabbrica presentano una buona tecnica costruttiva con conci organizzati

in filari regolari, fatta eccezione per il muro perimetrale nord della navata e la torre che invece

denotano un allestimento più approssimativo. La posteriorità della torre è resa inoltre evidente

dal fatto che, con la sua edificazione, causò il tamponamento di una finestra dell’abside

tutt’ora evidente. L’interno della chiesa doveva essere dipinta e decorato da alcuni elementi

decorativi parzialmente riportati alla luce da recenti lavori di consolidamento41.

Chiesa di S. Maria a Sarzana

Nel 1201 il vescovo Gualterio dovendo abbandonare Luni, ormai divenuta inabitabile a causa

dell’impaludamento del porto e delle aree circostanti stipulò un contratto con i canonici per

ottenere da questi le rendite delle pievi di Sant'Andrea e di San Basilio al fine di edificare una

nuova Cattedrale a Sarzana42, città designata ad accogliere la nuova sede Vescovile. La

Chiesa, intitolata a S. Maria, fu collocata proprio al posto dell’antica pieve di San Basilio di

cui fin verso il 1300 manterrà la denominazione assieme a quella della Vergine e l’evento fu

ufficializzato da una bolla di Papa Innocenzo III, il 15 marzo 120443, che decretò il

trasferimento della curia. L’opera continuò lentamente con interruzioni e riprese per essere

conclusa attorno alla metà del Trecento44. La cattedrale fu edificata secondo le forme

dell'architettura toscana tardo-gotica con impianto a croce latina, tre navate separate da arcate

su colonne e un'abside maggiore. Ulteriori modifiche vennero apportate fino al XVII-XVIII

39 BONATTI 1975, p. 123. 40 GUELFI 1980, pp. 189-190. 41 GUELFI 1993, pp. 136-139. 42 Il fatto è documentato da una bolla di Papa Innocenzo III (7 Marzo 1203). Il Vescovo Gualtierio aveva chiesto di trasferirsi nella pieve di San Basilio in Sarzana perché l'antica cattedrale di Santa Maria in Luni era pericolante. Sulla chiesa Paleocristiana di Luni si veda: LUSUARDI SIENA, SANNAZARO, 1995, pp. 191-216 e CAVALLI GHERARDI 1973-1974, pp. 17-146. 43 BONATTI, RATTI 1991, pp. 63-66. 44 BONATTI, RATTI 1991, pp. 112-113.

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secolo, nel 1407 fu infatti conclusa, da Lorenzo Riccomanni di Pietrasanta, la costruzione

della facciata marmorea dotata da un maestoso rosone, mentre nel 1432 venne realizzato un

campanile ornato di bifore, trifore e quadriforme.

Pieve di Sant’Andrea di Castello (Montedivalli)

Il sito sorge all’estremità meridionale della Val di vara sulla cima di un modesto rilievo. La

prima menzione del sito appare in un diploma imperiale di Ottone I del 963 nel quale viene

nominato un “castrum sancti Andree” restituito al possesso del vescovo Adalberto di Luni45.

La pieve invece è menzionata in un privilegio Papale di Eugenio II del 1148 dove viene

appellata come “matrice” in quanto da essa nacquero quattro cappelle localizzate all’interno

del suo piviere. Le sue strutture decisamente romaniche, posizionate in altura a controllo della

via Aurelia, sorgono sui resti di una precedente chiesa di dimensioni inferiori messi alla luce

da recenti scavi archeologici46. La Pieve attualmente è costituita da tre navate divise da

colonne con capitelli figurati e corinzi di probabile riutilizzo e un’abside decorata con archetti

pensili scolpiti a motivi naturalistici ricorrenti anche in altre pievi della Lunigiana. La

struttura ha subito numerosi interventi ricostruttivi e di manutenzione i quali sono di

difficilmente interpretazione a causa del continuo reimpiego degli stessi materiali che

presentano un’ottima regolarità nella disposizione ed una lavorazione a squadra, fattori che

denotano caratteri di forte antichità, probabilmente XI-XII secolo.47

Pieve di San Venerio a La Spezia

Il sito della Pieve di San Venerio, collocato nella basse valle del Vara, venne occupato già

durante l’epoca romana come testimoniano gli scavi del 1959 nel quale vennero alla luce,

sotto l’abside dell’attuale edificio religioso48, ceramica sigillata, mattoncini e frammenti di

tegole. Un primitiva chiesa fu edificata in epoca altomedievale, alcune murature di fondazione

legate in argilla presentano infatti un’orditura riferibile all’VIII secolo mentre tra 1030 e 1060

venne edificata una torre campanaria con funzione difensiva49 in cui vennero reimpiegati

negli archetti elementi in laterizio di epoca romana. Una completa riorganizzazione del

complesso religioso fu ordinata nel XI secolo dai signori “da Vezzano”, dipendenti dalla sede

45 Del Castrum non rimane attualmente alcuna traccia visibile, probabilmente la sua funzione militare decadde già nel XII secolo in quanto dal 1185 non se ne ha più notizia nei documenti. CALABRETTA 2006, p. 129. 46 Si veda CALABRETTA 2002. 47 CALABRETTA 2006, pp. 124-135 e AMBROSI et al. 1989, pp. 68-78 48 Sugli scavi nella Pieve: CIMASCHI 1961, pp. 23-46. 49 Sulla funzione difensiva delle torri campanarie in Lunigiana: VECCHI 1986, pp. 249-308. MAFFEI 1975, pp. 61-78.

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vescovile di Luni, i quali ricostruirono l’edificio donandogli una forma biabsidata, con

un’unica navata a tetto a capanna. Con XII secolo infine, la chiesa viene eletta a rango di

pieve e sottoposta direttamente all’autorità vescovile50.

Da una prima visione del corpo di fabbrica le parti più interessanti sembrano l’abside

mantiene intatte le forme originarie e la facciata che testimonia invece numerosi interventi

integrativi e restauri apportati dal XII secolo ad oggi51.

Pieve di S. Andrea a Sarzana

La pieve di Sant’Andrea, che si trova attualmente al centro dell’antico borgus Sarzanae52,

viene menzionata per la prima volta in un documento del 1137 come sede del Sinodo e il suo

nome ricorre spesso in bolle e privilegi papali del XIII secolo, periodo che vede il

trasferimento della sede vescovile da Luni a Sarzana. Inizialmente, all’interno della struttura,

si svolgevano le assemblee dei cittadini che vennero poi sostituite dai due Consigli della città:

quello degli Anziani, composto da otto membri, e quello Generale da ventiquattro.

Sebbene attualmente l’interno della chiesa mostri un unico vano rettangolare, alcuni scavi

effettuati dal 1969 al 1973 hanno rivelato che l'impianto antico possedeva tre navate e tre

absidi ed il suo corpo era più corto dell'attuale. I documenti rivelano infatti che le sue strutture

sono il frutto di tre differenti fasi edilizie. Dopo una prima edificazione presumibile nel XIII

secolo, il Podestà, nel 133053, fece demolire una parte della chiesa per elevare la quota delle

navate e realizzare una torre campanaria. La terza fase iniziò invece nel 1579 quando l'interno

e l'esterno della pieve subirono una completa riorganizzazione a seguito di un ulteriore

elevazione delle murature ed un prolungamento delle navate verso est54.

Durante l’interpretazione ed il confronto dei dati desunti dall’analisi delle suddette strutture

verrà tenuto in considerazione anche il castello della Brina, eretto, verso la metà del XI

secolo, per il volere del Vescovo di Luni a difesa e controllo della strada che, proveniente da

Sarzana, proseguiva verso la Pianura Padana e attualmente in corso di scavo dall’Università

degli Studi di Pisa sotto la direzione scientifica del Prof. M. Milanese.

50 VECCHI 2006, pp. 72-83. 51 Si veda VECCHI 2004. 52 Le notizie storiche più antiche riguardanti il "burgus Sarzanae" risalgono 1084 in un documento del monastero dell'isola del Tino. CONTI 1963, pp. 3-26 53 Si veda BONORA 1975, pp. 123-148 54 MARMORI 2006, pp. 58-71. PISTARINO 1965.

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Prassi Operativa

L’approccio al monumento archeologico si baserà su un metodo multidisciplinare che vedrà

l’impiego combinato di più strategie di indagine di seguito descritte:

Analisi della bibliografia nota e dei regesti: Importante punto di partenza propedeutico sarà il reperimento e lo spoglio di tutta la

bibliografia nota e delle fonti storiche che possano fornire preziosi informazioni sulle vicende

edilizie del sito, in particolare sul periodo di fondazione, eventuali interventi costruttivi o

distruttivi, passaggi di proprietà, restauri ecc, sulle strutture in questione. Particolare

attenzione verrà data al regesto del “Codice Pelavicino”, opera autobiografica del Vescovo

Enrico da Fucecchio (seconda metà del XIII secolo) che fornisce importanti informazioni

sulle attività della curia lunense dal XII al XIII secolo

Analisi strumentale e rilievo grafico Il primo intervento diretto sulle strutture sarà il rilievo strumentale delle evidenze

architettoniche il quale impiegherà l’uso della fotogrammetria. Di ogni prospetto verrà

scattata una serie di fotogrammi ad alta definizione che verranno di seguito raddrizzati55 e

mosaicati con appositi softwares di trattamento delle immagini come DigiCad3 e Photoshop.

Una volta ottenute le ortofoto dei prospetti i dati saranno importati in formato raster in

ambiente CAD, vettorializzati e utilizzati, per la conoscenza formale del manufatto.

Mediante l’impiego della stazione totale verrà poi elaborata la planimetria di ogni complesso

architettonico che verrà di seguito implementata su piattaforma GIS e georeferenziata secondo

il sistema conforme Gauss-Boaga, fattore indispensabile per la creazione di un database

archeologico territoriale56.

Analisi Stratigrafica e tecnologica: Assieme al rilievo strumentale verrà condotta un’analisi autoptica sugli apparati murari

finalizzata all’individuazione dei rapporti stratigrafici57. In fase elaborativa gli

ortofotomosaici verranno utilizzati come base per una precisa digitalizzazione della

stratigrafia in Autocad e la futura stesura in eidotipi stratigrafici. L’analisi autoptica 55 Il “raddrizzamento” dei fotogrammi è operazione che riporta l'immagine ad un piano ortogonale mediante l’eliminazione di tutte le distorsioni indotte della macchina fotografica. 56 Sulle applicazioni GIS archeolgogia si veda: VALENTI 1998, pp. 13-20 e 2000, pp.93-109. 57 Opre di riferimento: BROGIOLO 1988 e 1997, pp. 81-84, HARRIS 1979, FRANCOVICH, BIANCHI, 2002, pp.101-111.

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permetterà inoltre di individuare e classificare le diverse tecniche murarie ed elementi

architettonici presenti nelle strutture oggetto d’indagine in modo da poter eseguire, una volta

terminata la raccolta dei dati, dei procedimenti comparativi con le altre strutture edilizie nel

territorio della diocesi ed essere così in grado d’elaborare una sequenza tipologica

periodizzata58.

Le informazioni acquisite in campagna verranno archiviate in una serie di schede, gestite

digitalmente da un database relazionale, funzionali all’esaustiva descrizione ed archiviazione

delle evidenze riscontrate

Scheda di Sito: raccoglierà tutte le informazioni generali relative al complesso

architettonico, alla posizione dei corpi di fabbrica ed alla sua collocazione geografica.

Verrà inoltre affiancata da una accurata documentazione grafica (planimetrie, CTR) e

fotografica

Scheda di Complesso Architettonico: conterrà tutte le informazioni descrittive relative

ai singoli corpi di fabbrica, tipo edilizio, funzione, presenza di EA (Elementi

Architettonici, come porte, finestre, feritoie, buche pontaie, elementi di decoro ecc.),

stato di conservazione, collocazione all’interno del complesso.

Scheda di parete: Essa riassume le principali informazioni relative ad ogni singolo

prospetto dei corpi di fabbrica, come la quantità ed il numero di USM (Unità

Stratigrafica Muraria) ed EA, la tipologia di tecnica muraria impiegata riferimenti

apparato grafico (schizzi e rilievi, eidotipi stratigrafici elaborati ed fotogrammi)

Scheda di Unità stratigrafica Muraria (USM): descrive i rapporti fisici e stratigrafici

di ogni evidenza rilevata.

Scheda di Tecnica muraria: registra informazioni dettagliate riguardo alla funzione

strutturale del paramento in questione, ai suoi componenti ed sulle tecniche di

lavorazione, approvigionamento e di posa dei materiali. Nel caso di elementi lapidei

riporta il litotipo e le eventuali tracce lasciate dagli strumenti, nel caso di laterizi

descrive colore, impasto e dimensioni59 mentre sulle malte riporta consistenza,

coesione, granulometria e colore.

58 Si vedano gli essenziali testi di: MANNONI, Archeologia ed archeometria…,1994, pp. 217-218, MANNONI, GIANNICHEDDA 1996, CABONA et al., 1995, pp. 135-161 e RIBERTA, 2005, PITTALUGA, GHISLANZONI 1991, pp. 683-686, , FOSSATI , 1984, p. 395, PITTALUGA; QUIROS CASTILLO, 1997, pp. 460-463 e più in generale DELLA TORRE, 1996, pp. 151-153, QUIROS CASTILLO 1996, pp. 41-51, PARENTI, 1983, pp. 332-338 e 1985, pp. 62-65, BIANCHI, 1996, 53-66, CAGNANA 2000. 59 Sullo studio degli apparati murari cito come riferimento essenziale l’opera che raccoglie tutti gli studi effettuati in territorio ligure e lunigianese da Mannoni e dall’ISCUM di Genova: MANNONI 1994, I-IV.

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Analisi e ricostruzione tridimensionale Per una miglior comprensione e fruizione del monumento indagato, i dati del rilievo, verranno

elaborati in modelli tridimensionali in grado di mostrare l’ ipotetica ricostruzione dei

monumenti nelle diverse fasi costruttive. Come riferimento saranno impiegate le piante e i

prospetti ottenuti in fase di rilievo mentre per la modellazione e la rappresentazione realistica

dei materiali verrà utilizzato il softwares 3DStudioMax. Le textures, necessarie alla

rappresentazione verosimile, verranno dalla rielaborate delle ortofoto e “montate” sui volumi

tridimensionali, mentre l’illuminazione verrà resa col potente motore di rendering V-ray che

consente la simulazione della volta celeste e dell’orientamento del sole. Modellare i volumi in

ambiente virtuale permetterà di effettuare calcoli dimensionali e volumetrici con grande

facilità e rendere immediati i confronti con le altre strutture e trasformerà i risultati delle

interpretazioni in immagini fruibili anche dai “non addetti ai lavori”, consentendo una facile

comprensione “globale” dello sviluppo dell’edilizia storica e la divulgazione del dato

archeologico60.

Implementazione dei dati in ambiente GIS. La mole dei dati raccolti e interpretati verrà convogliata all’interno di un sistema informativo

territoriale archeologico che permetterà di gestire con un unico applicativo (software ESRI

ArcGIS) i dati spaziali provenienti dal rilievo planimetrico georeferenziato e quelli

alfanumerici consentendo una facile consultazione e confronto del materiale archeologico.

Attraverso appositi tools di importazione e di relazione fra tabelle, il contenuto delle schede

d’archiviazione verrà associato agli shapefile lineari rappresentanti le strutture degli edifici

analizzati, mentre la documentazione grafica (prospetti, eidotipi, fotopiani, elaborazioni

tridimensionali) verrà affiliata tramite collegamento testuale gestibile attraverso la comoda

funzione “hiperlink”.

60 Si vedano in riferimento. FORTE 2000, pp. 247-263, BORRA, II, 2000, pp. 259-272 e ARENS, 2000, DELL'UNTO et al., 2006.

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Obbiettivi e tempi

Gli obbiettivi dell’analisi, già precedentemente esposti, possono essere definiti e riassunti

attraverso due categorie strettamente connesse. Nella prima rientra la conoscenza puramente

tecnica e formale del dato archeologico ovvero:

• l’individuazione dei tipi edilizi (torri, mura, palazzi, chiese), la loro classificazione

funzionale ed organizzazione in sequenze diacroniche, ponendo anche una particolare

attenzione alle caratteristiche dimensionali

• la creazione di un atlante delle murature e dei modi di costruire

• l’elaborazione di una crontipologia delle aperture e nel caso di elementi in laterizio

un’analisi mensiocronologica

Una seconda categoria, legata imprescindibilmente alla prima, riguarderà invece la

ricostruzione della storia economica e politica del territorio vescovile. L’analisi delle

architetture storiche, riflesso del loro contesto culturale, permetterà infatti di:

• individuare nelle forme edilizie e nelle scelte progettuali il sostrato culturale della

committenza, i suoi interessi ed intenti militari e politici, la sua volontà di affermazione e

imposizione, di rappresentazione e autocelebrazione.

• individuare nei singoli elementi costruttivi le scelte estetiche, le “tendenze” costruttive e la

possibile presenza di influssi culturali stranieri .

• ricostruire il cantiere edile e le sue fasi nonché interpretare le scelte delle maestranze

operanti nel territorio, il loro grado di specializzazione tecnica, i loro spostamenti e infine

le condizione economica dei committenti.

Come già accennato in precedenza il lavoro si svolgerà in due momenti distinti: il primo, che

occuperà il 60-70% del tempo della ricerca, consisterà nella attività su campo finalizzata alla

ricognizione nei siti ed alla raccolta e informatizzazione dei dati, il secondo invece si fonderà

sull’elaborazione delle informazioni analitiche.

I anno • Raccolta ed analisi di tutta la documentazione bibliografica, cartografica e fotografica

• Rilievo strumentale delle evidenze architettoniche

• Analisi stratigrafica e compilazione delle schede di USM

II anno • Informatizzazione ed elaborazione dei dati

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Daniele Ferdani

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III anno • Completamento dell’elaborazione e revisione dei dati

• Elaborazione dei modelli 3D

• Compilazione dell’elaborato finale

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