ECONOMIA E CULTURA, IL SODALIZIO PASSA DAL DISTRETTO · creazione di un distretto culturale....

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Anno XIV Luglio - Agosto 2013 Se un organo non lo si esercita man mano perde vigore e le sue funzioni vengono compromesse determinandone il decadimento. Questa verità assiomatica potrebbe essere perfettamente vali- da anche per i beni storico-artistici di cui il nostro Paese è ricchissimo e che spesso rischia- no il degrado perché le risorse necessarie alla loro manutenzione non sono sufficienti e, comunque, rappresentano un costo sempre più difficile da sostenere per la collettività. Bisogna, allora, che le risorse culturali dei territori tornino ad essere degli organi sani e vitali, reintegrati nel percorso di svi- luppo delle loro comunità. Così le attività di restauro e di manutenzio- ne non saranno più identificabili come un puro costo, ma piuttosto interpretate e gestite come operazio- ni ricche di potenziali esternalità positive, capaci di dare un loro apporto diretto all’economia locale e allo stesso tempo di produrre benefici per il set- tore della cultura, ad esem- pio generando crescita di competenze, tensione a una maggior qualità, apertura al networking e all’innovazione. Esperienze concrete di questo approccio sono i cosiddetti “distretti cultura- li”, il cui modello ha trovato piena sostanza in sei iniziati- ve di Fondazione Cariplo realizzate a partire dal 2005 con venti milioni di euro, ma che ne hanno mobi- litati in aggiunta quaranta da parte di altri enti. Ne fa un’analisi accurata il volume a firma di Gian Paolo Barbetta, Marco Cammelli e Stefano Della Torre dal titolo “Distretti culturali: dalla teoria alla pratica” (editore Il Mulino), che è stato pre- sentato il 13 giugno scorso, alla Triennale di Milano, in un convegno organizzato proprio da Cariplo, a cui hanno partecipato fra gli altri il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Massimo Bray, e il presidente della Fondazione Cariplo e dell’Acri, Giuseppe Guzzetti. Il progetto Distretti culturali di Fondazione Cariplo, affermano gli autori nell’introduzione al volume, non nasce pensando semplicemente al nesso tra cultura e territorio, ma parte dalle criticità riscontrate nella gestione del patrimonio artistico- architettonico. Si è trattato di realiz- zare iniziative in cui la cultura potesse divenire un fattore di potenziamento del- l’economia, un attrattore, un catalizzatore di innovazione, senza tuttavia rimuove- re il tema cruciale, che è la centralità del patri- monio nel contesto italiano e negli interessi, anche economici, del sistema pubblico di gestione della cultura e dei beni culturali. La pubblicazione racconta come i sei Distretti culturali siano stati realizzati e come stiano tro- vando implementazione. Dal territorio sono state raccolte oltre trenta proposte e undici di queste, sottoposte ad analisi e selezionate sulla base della loro capacità di produrre esiti che andasse- ro al di là del semplice intervento di restauro, sono state approvate come “potenziali” distretti. Ciò in modo da poter costitui- re, partendo da quell’iniziale proposta, un progetto complessivo caratterizza- to dall’attenzione alla qualità degli interventi strutturali, ai problemi di gestione del patrimonio nel lungo periodo, all’integrazione tra cultura e territorio, al superamento dei limiti cognitivi tradizionali in questo campo. Alla fine, attraverso un rigoroso sistema di accompa- gnamento tecnico, i sei pro- getti sono divenuti realtà oggi operative. Ne diamo brevemente conto a pagina quattro, mentre a pagina cinque illustriamo altre ini- ziative di varie Fondazioni di origine bancaria concet- tualmente assimilabili, almeno in parte, all’idea di creazione di un distretto culturale. articoli alle pagine 4 e 5 «La linea dell’orizzonte è sfrangiata da cielo, pioggia e mare mischiati insie- me. Il brigantino è in banchina, a La Spezia, perché fuori l’onda cresce fino a tre metri. Le vele ripiegate. Ma non importa troppo: anche l’attesa è passag- gio importante per crescere. Per ricostruirsi. Per imparare a sanare gli errori commessi. E se questi uomini hanno spes- so maschere e modi da duri senza cuore, pian piano su questa barca e in questi giorni i travestimenti svaniscono». Così Fabio Gallo che, come responsabile, ha accompagnato a bordo di Nave Italia, per cinque giorni, i ragazzi della “Comunità Papa Giovanni XXIII” di Fossano (Cn), che si dedica al sostegno dei carcerati. È uno dei tanti gruppi di giovani e adolescenti resi fragili dal disa- gio famigliare o sociale, ma anche di anziani o portatori di disabilità psicofisi- che, che hanno avuto modo di partecipare a un progetto, supportato da 33 Fondazioni di origine bancaria, che utilizza la navigazio- ne a vela per educare i meno fortunati a tirar fuori il meglio da se stessi e dagli altri. L’iniziativa, realizzata dalla Fondazione Tender to Nave Italia, che è nata da un’alleanza tra la Marina Militare e lo Yacht Club Italiano, in questi ultimi quattro anni ha portato a sperimentare il mare oltre 4mila persone, accolte sul bri- gantino a vela più grande al mondo. Nave Italia: sessantuno metri di legni, otto- ne e buona tecnologia, guidati da un equipaggio della Marina Militare. Il 5 giugno scorso i risultati di questa collaborazione tra le Fondazioni di origi- ne bancaria e Tender to Nave Italia (TTNI) sono stati presentati in un incontro a Roma, a cui hanno partecipato l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti, il presidente della Fondazione TTNI Roberto Sestini e Carlo Croce, consigliere esecutivo della Fondazione TTNI. L’incontro è stato coordinato dal direttore scientifico di quest’ultima, Paolo Cornaglia Ferraris, che ha stimolato le testimonianze di alcuni dei ragazzi presenti, che hanno vissuto quest’esperienza. Alcune testimonianze le ha registrate per noi in diretta Fabio Gallo proprio mentre una ventina dei suoi ragazzi della Comunità Papa Giovanni le stava vivendo sul brigantino, con gli operatori e il cappellano del carcere di Frosinone, don Guido. «Le mie sensazio- ni sono un po’ strane – dice Marco –. Io sono una persona un pochino chiusa e fac- cio fatica a espormi troppo con gli altri, però in questa occasione mi sto un po’ apren- do». Poi socchiude gli occhi, in coperta, guar- dando il porto: «Forse sto togliendo un po’ di rab- bia che avevo in me per le mie caz… fatte». «All’inizio di questa esperienza ero timoroso – spiega invece Franco – perché non conoscevo le persone e per l’incognita della vita su una nave… Stare su una nave, con i suoi spazi limitati, mi ha consentito di met- termi in gioco e non imboscarmi ». È impossibile, infatti, su un’imbarcazione. segue a pagina 2 ECONOMIA E CULTURA, IL SODALIZIO PASSA DAL DISTRETTO NAVE ITALIA, LA SOLIDARIETÀ HA PRESO IL LARGO

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Anno XIVLuglio - Agosto 2013

Se un organo non lo si esercita man mano perdevigore e le sue funzioni vengono compromessedeterminandone il decadimento. Questa veritàassiomatica potrebbe essere perfettamente vali-da anche per i beni storico-artistici di cui ilnostro Paese è ricchissimo e che spesso rischia-no il degrado perché le risorse necessarie allaloro manutenzione non sono sufficienti e,comunque, rappresentano un costo sempre piùdifficile da sostenere per la collettività. Bisogna,allora, che le risorse culturali dei territoritornino ad essere degli organi sani evitali, reintegrati nel percorso di svi-luppo delle loro comunità. Così leattività di restauro e di manutenzio-ne non saranno più identificabilicome un puro costo, ma piuttostointerpretate e gestite come operazio-ni ricche di potenziali esternalitàpositive, capaci di dare un loroapporto diretto all’economialocale e allo stesso tempo diprodurre benefici per il set-tore della cultura, ad esem-pio generando crescita dicompetenze, tensione auna maggior qualità,apertura al networking eall’innovazione. Esperienze concrete diquesto approccio sono icosiddetti “distretti cultura-li”, il cui modello ha trovatopiena sostanza in sei iniziati-ve di Fondazione Cariplorealizzate a partire dal 2005

con venti milioni di euro, ma che ne hanno mobi-litati in aggiunta quaranta da parte di altri enti. Nefa un’analisi accurata il volume a firma di GianPaolo Barbetta, Marco Cammelli e Stefano DellaTorre dal titolo “Distretti culturali: dalla teoriaalla pratica” (editore Il Mulino), che è stato pre-sentato il 13 giugno scorso, alla Triennale diMilano, in un convegno organizzato proprio daCariplo, a cui hanno partecipato fra gli altri ilMinistro per i Beni e le Attività Culturali,Massimo Bray, e il presidente della Fondazione

Cariplo e dell’Acri, Giusep pe Guzzetti.Il progetto Distretti culturali diFondazione Cariplo, affermanogli autori nell’introduzione al

volume, non nasce pensandosemplicemente al nesso tracultura e territorio, ma parte

dalle criticità riscontrate nellagestione del patrimonio artistico-

architettonico. Si è trattato di realiz-zare iniziative in cui la cultura potessedivenire un fattore di potenziamento del-l’economia, un attrattore, un catalizzatoredi innovazione, senza tuttavia rimuove-

re il tema cruciale, che è la centralità del patri-monio nel contesto italiano e negli interessi,anche economici, del sistema pubblico digestione della cultura e dei beni culturali.La pubblicazione racconta come i sei Distretticulturali siano stati realizzati e come stiano tro-vando implementazione. Dal territorio sono stateraccolte oltre trenta proposte e undici di queste,sottoposte ad analisi e selezionate sulla basedella loro capacità di produrre esiti che andasse-

ro al di là del semplice intervento di restauro,sono state approvate come “potenziali”

distretti. Ciò in modo da poter costitui-re, partendo da quell’iniziale proposta,un progetto complessivo caratterizza-to dall’attenzione alla qualità degliinterventi strutturali, ai problemi di

gestione del patrimonio nel lungoperiodo, all’integrazione tra cultura e

territorio, al superamento dei limiticognitivi tradizionali in questo

campo. Alla fine, attraverso unrigoroso sistema di accompa-gnamento tecnico, i sei pro-getti sono divenuti realtàoggi operative. Ne diamobrevemente conto a paginaquattro, mentre a paginacinque illustriamo altre ini-ziative di varie Fon dazionidi origine bancaria concet-tualmente assimilabili,almeno in parte, all’idea dicreazione di un distrettoculturale.

articoli alle pagine 4 e 5

«La linea dell’orizzonte è sfrangiata da cielo, pioggia e mare mischiati insie-me. Il brigantino è in banchina, a La Spezia, perché fuori l’onda cresce fino atre metri. Le vele ripiegate. Ma non importa troppo: anche l’attesa è passag-gio importante per crescere. Per ricostruirsi. Per imparare asanare gli errori commessi. E se questi uomini hanno spes-so maschere e modi da duri senza cuore, pian pianosu questa barca e in questi giorni i travestimentisvaniscono». Così Fabio Gallo che, comeresponsabile, ha accompagnato a bordo diNave Italia, per cinque giorni, i ragazzidella “Comunità Papa Giovanni XXIII” diFossano (Cn), che si dedica al sostegnodei carcerati. È uno dei tanti gruppi digiovani e adolescenti resi fragili dal disa-gio famigliare o sociale, ma anche dianziani o portatori di disabilità psicofisi-che, che hanno avuto modo di parteciparea un progetto, supportato da 33 Fondazionidi origine bancaria, che utilizza la navigazio-ne a vela per educare i meno fortunati a tirarfuori il meglio da se stessi e dagli altri.L’iniziativa, realizzata dalla Fondazione Tender toNave Italia, che è nata da un’alleanza tra la MarinaMilitare e lo Yacht Club Italiano, in questi ultimi quattro anniha portato a sperimentare il mare oltre 4mila persone, accolte sul bri-gantino a vela più grande al mondo. Nave Italia: sessantuno metri di legni, otto-ne e buona tecnologia, guidati da un equipaggio della Marina Militare. Il 5 giugno scorso i risultati di questa collaborazione tra le Fondazioni di origi-

ne bancaria e Tender to Nave Italia (TTNI) sono stati presentati in un incontroa Roma, a cui hanno partecipato l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo diStato Maggiore della Marina Militare, il presidente dell’Acri Giuseppe

Guzzetti, il presidente della Fondazione TTNI Roberto Sestini eCarlo Croce, consigliere esecutivo della Fondazione

TTNI. L’incontro è stato coordinato dal direttorescientifico di quest’ultima, Paolo Cornaglia

Ferraris, che ha stimolato le testimonianze dialcuni dei ragazzi presenti, che hanno vissuto

quest’esperienza. Alcune testimonianze leha registrate per noi in diretta Fabio Galloproprio mentre una ventina dei suoiragazzi della Comunità Papa Giovanni lestava vivendo sul brigantino, con glioperatori e il cappellano del carcere diFrosinone, don Guido. «Le mie sensazio-ni sono un po’ strane – dice Marco –. Io

sono una persona un pochino chiusa e fac-cio fatica a espormi troppo con gli altri,

però in questa occasione mi sto un po’ apren-do». Poi socchiude gli occhi, in coperta, guar-

dando il porto: «Forse sto togliendo un po’ di rab-bia che avevo in me per le mie caz… fatte». «All’inizio

di questa esperienza ero timoroso – spiega invece Franco –perché non conoscevo le persone e per l’incognita della vita su

una nave… Stare su una nave, con i suoi spazi limitati, mi ha consentito di met-termi in gioco e non imboscarmi». È impossibile, infatti, su un’imbarcazione.

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ECONOMIA E CULTURA, IL SODALIZIOPASSA DAL DISTRETTO

NAVE ITALIA, LA SOLIDARIETÀ HA PRESO IL LARGO

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Tutti sono coinvolti in tutte le attività, dalle pulizie agli impegni marinaricome issare e ammainare le vele, salire in testa d’albero, imparare a fare esciogliere i nodi. E poi ci sono momenti di confronto e di animazione. «Trovopesante il fatto di avere l’intera giornata programmata senza avere il tempodi stare solo a pensare alle mie cose», si lamentava il primo giorno Carlo. EdEnrico aggiungeva: «Con il passare delle ore ho deciso che non potevolasciarmi scoraggiare dal mal tempo che ci teneva fermi nel porto e mi sonodetto che dovevo approfittare di questa occasione per stare insieme alle per-sone che condividono questa esperienza con me». Il mare entra dentro.Scava, tormenta, parla. Rasserena. Le cuccette di una barca sono piccole,anguste e, insieme, accoglienti e avvolgenti. «Non riesco a capire perché ilpassato non ha il coperchio – sussurra Davide –. Forse perché quando sichiude una porta e se ne apre una nuova, di solito guardiamo tanto quellachiusa da non accorgerci di quella che si è appena aperta». «Chi è detenuto– racconta Gallo – prima o poi esce dal carcere e nel 75 per cento dei casi virientra negli anni successivi. Chi invece ha scontato la carcerazione usu-fruendo di pene alternative, costruendo legami affettivi, relazioni positive econfrontandosi con il mondo del lavoro, solo nel 19 per cento dei casi tornaa delinquere. E allora la società può e deve coinvolgersi nel recupero del-l’uomo che sbaglia; il che non vuol dire “liberi tutti”... Recuperare i ragaz-zi che passano nelle carceri italiane – aggiunge – penso sia una sfida possi-bile. Ed esperienze come questa su Nave Italia aiutano moltissimo. Ci vuoleuno sforzo enorme e un enorme lavoro da parte di tutti noi, ma è una sfidada raccogliere e su questa nave mi pare abbiamo dimostrato quanto sia pos-sibile vincerla». Qual è l’immagine più bella che si è portato dietro, gli chie-diamo? «Vedere ragazzi che hanno infanzie e vite ferite capaci di rimettersiin gioco come dei bambini». E a conferma di ciò ci allargano il cuore le paro-le di Maurizio: «Non avevo mai fatto un’esperienza come questa. Provo unasensazione di libertà interiore, nella quale i pensieri, i brutti ricordi sembra-no svaniti nel nulla... Ho vissuto molto tempo in solitudine, chiuso in me stes-so. Faccio molta fatica ad aprirmi con chi mi sta vicino. Forse ho paura diarrivare a capire chi sono veramente». «Ancora oggi non sono libero dai

miei giudizi e pregiudizi – spiega, invece, Renzo a bassa voce–. È che non sono capace di una vera, profonda accoglienza.E questo non mi permette di lasciarmi andare con tutti». Ma,oltre alle riflessioni più intime, c’è anche il tempo dei sorrisisu Nave Italia. Finanche quello di mettere la musica e, sulponte, fare tutti insieme lo step (ginnastica aerobica atempo di musica con uno scalino) guidati dal nostro-mo! Mentre il comandante, Paolo Saccenti, fuma ilsuo sigaro e osserva divertito. E a tavola, perpranzo e cena, niente posti fissi o tavoli “riserva-ti”: membri dell’equipaggio e ragazzi si mischia-no gli uni con gli altri, idialetti di mezza Italiasi fondono insieme, lebattute si sprecano.Così sembra chel’equipaggiosia unico eche, comeaccade soloin barca, ci siasoltanto unasquadra: ungruppo diu o m i n i ,ognuno coisuoi com piti,senza dif -ferenze, che simuo vono al -l’uni so no per navi-gare verso un porto.

L’assistenzialismo è cultura del passato. Qualunque sia la disabilità che le personeaffrontano, infatti, la loro capacità di tirar fuori nuove risorse, perfino inattese, resta unpunto fermo dei più moderni metodi di riabilitazione e inclusione sociale. Su NaveItalia salgono persone fragili, qualche volta perfino avvilite da realtà assistenzialiadagiate sulla routine di cooperative sociali poco sostenute da fondi pubblici.Persone che in una settimana di imbarco scoprono dentro se stesse di avere corag-gio, di saper fare cose nuove, di imparare, divertirsi, fare equipaggio. Raccolgonoi frutti di quanto preparato prima di salire a bordo e li distribuiscono al loro rien-tro a increduli famigliari, insegnanti, educatori. «Non credevo che Gaetanosapesse fare certe cose». La frase di un’educatrice esperta in ragazzi nonvedenti è proprio ciò che sempre più spesso si sente dire da chi realizza unprogetto su Nave Italia. Ha il coraggio di elaborare una vera e propria sfidainterna al proprio ente, un progetto che permetta ai propri assistiti di rea-lizzare un’avventura “extra-large”. Così l’ha definita un ragazzo autisti-co, quasi a indicare non solo la comodità di un indumento che nonstringe né tira da nessuna parte, ma anche l’abbondanza di stimoli,emozioni e “nuove cose” in cui il progetto elaborato dai suoi educa-tori lo aveva inserito. Nulla di tutto ciò sarebbe possibile se leFondazioni riunite nell’Acri non considerassero con sempre mag-giore attenzione le proposte di onlus, scuole e ospedali che ope-rano nei loro territori. Alle Fondazioni, infatti, si rivolgono peravere il sostegno economico indispensabile a coprire il 50%dei costi del proprio progetto, dal momento che laFondazione Tender to Nave Italia riesce a farlo solo per larestante metà.“Insieme avremo buon vento”: nel motto di chi sale a bordodi Nave Italia il senso di una collettività che crede che ilmare, la navigazione e la vela rappresentino un contestotalmente bello ed emozionante da mettere in gradochiunque di dare il meglio di sé, prima di tutto a sestesso e a chi, come lui fragile, diventa equipaggio.La Marina Militare anche nel 2013 scioglie le veleper accogliere quasi 400 persone speciali, chequalcuno vuole ancora considerare portatori dihandicap, in realtà portatori di una infinita gioiadi vivere e di non sentirsi più esclusi.* Direttore scientifico FondazioneTender To Nave Italia Onlus2

FONDAZIONI Luglio - Agosto 2013

primo piano

Un’avventura extra-largeper “portatori di gioia”

Nave Italia, la solidarietà ha preso il largosegue da pagina 1

di Paolo Cornaglia Ferraris *

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l’intervista

Valutare ex ante la validità delle ini-ziative da finanziare è senz’altro unanecessità per le Fondazioni di originebancaria, in particolare quando sitratta di erogare risorse nel campodella ricerca scientifica e tecnologicao per il trasferimento delle tecnolo-gie, dove i progetti sono ad alto con-tenuto specialistico, spesso in garacon altri che si propongono obiettivianaloghi e quasi sempre soggetti allamultidimensionalità del giudiziovalutativo. Linee guida per procedereal riguardo nella maniera più effi-ciente ed efficace, utilizzando innan-zitutto processi di peer-reviewing,sono state elaborate nel 2009 dallaCommissione Ricerca Scientificadell’Acri, guidata da Andrea Landi,presidente della Fondazione Cassa diRisparmio di Modena. Oggi laCommissione propone un quadro diriferimento anche per la valutazionea posteriori delle ricerche finanziate,fornendo metodo e strumenti di ana-lisi utili per misurarne opportuna-mente i risultati.A valle della presentazione di questolavoro della Commissione, in occa-sione di un convegno che si è tenutoa Modena il 5 luglio scorso, la rivi-sta Fondazioni ha rivolto alcunedomande al professor Landi percogliere gli elementi essenziali diquesta proposta.

Professore, qual è l’obiettivo diquesta iniziativa?La valutazione dei risultati di unaricerca permette di conseguire mol-teplici finalità. Innanzitutto consentedi capire come e se il progetto haraggiunto gli obiettivi, verificandosia la produzione scientifica, sia gliimpatti più complessivi che ha gene-rato. Ma fornisce anche evidenzadegli effetti dell’azione dellaFondazione finanziatrice e costitui-sce, senz’altro, un’occasione diapprendimento che le dà indicazioniutili per l’azione futura. Mentre lavalutazione ex ante aiuta i decisori ascegliere fra programmi e progettialternativi oppure tra diversi scenarida realizzare e consente di stimare ipunti di forza e di debolezza di unaproposta, nonché i benefici e l’op-portunità di un investimento, la valu-tazione ex post è soprattutto unostrumento per osservare e avere curadei risultati che generiamo attraversol’attività erogativa delle nostreFondazioni. E tale impegno diventaancor più importante se si tieneconto dell’entità degli stanziamentiin questo campo in una situazione incui le risorse sono scarse.

Quali sono i vantaggi di unavalutazione ex post da un puntodi vista esterno?La valutazione ex post è senz’altrouno stimolo per i ricercatori a unattento impiego e alla rendiconta-zione dei mezzi utilizzati nello svol-gimento del progetto; ma soprattut-to il vantaggio è per l’intero mondodella ricerca e non solo.

In che senso?I risultati della ricerca vengono gene-

ralmente condivisi con la comunitàscientifica nella forma di articoli ealtri tipi di pubblicazioni scientifiche,ma toccano anche la società civile.Le pubblicazioni, infatti, rappresen-tano un prodotto della ricerca, manon esauriscono la portata del suoimpatto scientifico. Quest’ultimariguarda in particolare il contributoche la ricerca può offrire in termini dinuovi paradigmi e metodologie cheaprano la strada allo sviluppo di ulte-riori linee d’indagine, ma anche intermini di collaborazioni, formazionee dotazioni infrastrutturali. Per esem-pio, l’attività di pubblicazione e lasua diffusione si accompagnano ingenere allo sviluppo di relazioni conaltri gruppi di ricerca, tradu-cendosi spesso in colla-borazioni su nuovi pro-getti che si avvantag-giano dei risultatiscientifici raggiunti

dal progetto inizialmente finanziato; equesto è un elemento da valutare.Così come è da valutare la capacitàdel gruppo di lavoro di accedere, nelcorso o a conclusione del progettostesso, a finanziamenti aggiuntivifinalizzati allo sviluppo dei risultatiraggiunti, ma anche per le ricaduteche ha sul versante della formazione.La realizzazione del progetto può,infatti, portare all’inserimento dinuove figure professionali (assegni diricerca, borse di dottorato, borse post-doc, ricercatori e tecnici di laborato-rio) in grado di garantire il progressoe il trasferimento di quanto già otte-nuto; e questo non è secondario.Insomma la diffusione in senso latodei risultati di una ricerca può interes-sare un contesto ben più ampio rispet-to a quello della stretta comunitàscientifica, arrivando a coinvolgereoperatori, istituzioni, sistemi formati-

vi, con ricadute importanti per i terri-tori, soprattutto quando riesce a tra-dursi in un vero e proprio trasferimen-to tecnologico. E tutto questo assumeparticolare valenza per l’attività delleFondazioni di origine bancaria.

Professore, il documento cheavete predisposto sottolinea l’im-portanza di adattare gli strumen-ti della valutazione alle diversetipologie di ricerca, cogliendo,quando possibile, la distinzionetra ricerca di base, ricerca finaliz-zata e sviluppo tecnologico.Confermo. Un elemento estrema-mente importante nell’identificarecorrettamente gli strumenti e i meto-di della valutazione è costituito dal

tipo di ricerca finanziata. Senell’ambito della valutazio-ne ex ante le metodologiedi peer review – pur contutte le loro varianti –

rappresentano un riferi-

mento indiscusso e comunque appli-cabile, la valutazione dei risultati vainvece opportunamente rapportataall’ambito e alle caratteristiche deiprogetti di ricerca tenendo in partico-lare considerazione il loro posiziona-mento sul continuum ricerca di base,ricerca finalizzata (o applicata), svi-luppo tecnologico (o sperimentale).In linea generale si può affermareche, per quanto riguarda la ricercateorico-sperimentale, esistono meto-dologie e parametri sufficientementecondivisi dalla comunità scientificainternazionale che permettono diclassificare la qualità dei prodottidella ricerca, consistenti essenzial-mente in pubblicazioni scientifiche,con le ricadute positive già sopra illu-strate. L’interesse per le “ricaduteapplicative potenziali” della ricercacresce, invece, all’avvicinarsi dellaricerca finalizzata al campo applicato

e diviene centrale nelle iniziativedirettamente indirizzate a un utilizzooperativo, siano esse di “trasferimentotecnologico” verso il settore produtti-vo, o in campo sociale, economico egiuridico, indirizzate, ad esempio, allastesura di una nuova policy ammini-strativa o, in campo sanitario, allamessa a punto di un nuovo protocollodi cura.

Che cosa scelgono le Fondazioni?La ricerca applicata è un’opzionescelta in molti casi dalle Fondazionidi origine bancaria per due motivi: inprimo luogo, perché i progetti finan-ziati in questo campo possono contri-buire all’obiettivo strategico, previstodalla legge costitutiva delleFondazioni (D.Lgs. 153/99, “LeggeCiampi”), di “… utilità sociale e dipromozione dello sviluppo economi-co” dei rispettivi territori; in secondoluogo, perché progetti di ricercaapplicata possono produrre risultatipiù ravvicinati nel tempo e con bud-get che possono risultare inferiori aquelli della ricerca di base pura, perla quale è necessario sostenere ampiprogrammi, generalmente interna-zionali, sulla frontiera del sapere giàconsolidato. Per valutare ex post que-sti progetti, oltre a valutatori (referee)di provata competenza nel campo diricerca, che siano conoscitori dei set-tori produttivi, operativi, sociali,amministrativi correlati, è ritenutoopportuno il coinvolgimento anchedi operatori dei settori in esame (adesempio imprenditori, gestori di ser-vizi, amministratori) o di agenzie,uffici presso atenei e fondi di investi-mento che si occupano di trasferi-mento tecnologico. Di particolareinteresse per la valutazione risulteràla rilevanza dell’impatto prodotto sulcontesto economico, sociale o opera-tivo del territorio avendo come riferi-mento della valutazione la strategiadi intervento territoriale perseguitadalla Fondazione. Diverso sarà l’im-patto e la conseguente valutazionedei risultati qualora si ritenga di per-seguire il rafforzamento di settori oservizi trainanti in cui il proprio terri-torio eccelle o, in alternativa, se siintende sviluppare settori o serviziattualmente deboli, ma caratterizzatida un potenziale interessante.

In sintesi?In sintesi, un buon sistema di valu-tazione si basa sulla combinazionedi strumenti quantitativi e qualitati-vi e, tra questi ultimi, si attribuisceparticolare valore ai casi di studio.Dal loro confronto è possibile indi-viduare gli aspetti di contenuto emetodologia da replicare in altresituazioni, così come è utile coglie-re gli elementi critici e i correttiviper l’azione futura. È questa unametodologia particolarmente adattaa rappresentare le numerose inizia-tive delle nostre Fondazioni nel set-tore della ricerca e a dare ulterioreimpulso a quello scambio di espe-rienze che costituisce il valoreaggiunto dell’attività delle Com -mis sioni promosse dall’Acri.

LANDI: LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI DEIPROGETTI È UN PASSO AVANTI PER LA RICERCA

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primo piano

FONDAZIONI Luglio - Agosto 2013

Fra i sei Distretti culturali creati daFondazione Cariplo dopo il pionieri-stico progetto all’Isola Comacina, cheoggi valorizza il bacino del centro edell’alto lago di Como, il primo verodistretto culturale realizzato è quellodella Valle Camonica. Il Distretto culturale della ValleCamonica, avviato nel gennaio del2009, punta sul patrimonio legato alleincisioni rupestri. Sono stati costituitilaboratori in cui professionisti e artistiaffermati lavorano insieme a giovanilocali per rinnovare le pratiche conso-lidate di interpretazione del patrimo-nio artistico, etnografico e paesaggisti-co: un’esperienza, questa, da cui fral’altro sono nate e crescono impreseartigianali giovanili. Il valore com-plessivo dell’intervento è stato di 12,8milioni di euro (3,8 da FondazioneCariplo); 42 i soggetti coinvolti, capo-fila la Comunità Montana. Il Distretto culturale dell’Oltrepòmantovano eredita e completa undecennio di programmazione d’areache ha progressivamente aggregatoistituzioni e progettualità. La coesio-ne e l’abitudine al coordinamentocome metodologia di lavoro ha facili-tato la condivisione di prospettive disviluppo basate sulla valorizzazionedella cultura rurale e del paesaggioagrario, rilanciando e potenziandol’offerta agrituristico-gastronomicadell’area. Partito il 1º gennaio 2011con un contributo di 3,16 milioni dieuro da parte di Fondazione Cariplo,ha raccolto altri 15 milioni da unaventina di partner, capofila ilConsorzio dei Comuni dell’Oltrepò. Il Distretto culturale della provinciadi Cremona punta con decisione sul-l’integrazione dell’offerta culturale edella formazione di alta qualità inambito musicale, con l’obiettivo diportare gli attori del territorio a colla-borare per costruire un polo di forma-zione internazionale che si occupi ditemi tra loro connessi, che vanno dallamusicologia all’ingegneria del suono,dalle masterclass per musicisti ai corsispecialistici per liutai. Questa strategiarilancia la grande tradizione di artigia-nato musicale del territorio, che vantanomi come Stradivari, Amati eGuarneri; un marchio artistico, quellodi Cremona (in alto una foto del cen-tro della città), riconosciuto a livellointernazionale e ancora oggi un’im-portante filiera produttiva. 9 milioni dieuro le risorse dedicate (2,9 milioni didotazione Cariplo). Capofila del pro-getto è la Provincia di Cremona.Il Distretto culturale Regge deiGonzaga ha un carattere tematico esi sviluppa a macchia di leopardo sulterritorio mantovano avendo comematrice identitaria l’eredità delladinastia dei Gonzaga, che dal 1328 al1707 ha dominato quest’area, condi-zionando architetture, tradizioni ecultura. La rete del patrimonio artisti-co è ampia (anche se non uniforme) econta palazzi, ville, teatri, mura, torrie chiese, di cui il Distretto coordina inmaniera organica sia le opere di con-servazione che quelle di promozione.

Presso la sede di Mantova delPolitecnico di Milano è stato creatoun Centro di competenze per la con-servazione preventiva e programma-ta, in grado di affiancare gli uffici tec-nici comunali nelle fasi di diagnosti-ca, gestione delle procedure, catalo-gazione delle informazioni e comuni-cazione degli esiti tecnici e artisticidei restauri. Parallelamente è statacostituita una rete locale di impreseedili specializzate in operazioni direstauro. 8 milioni di euro è la dota-zione complessiva dell’iniziativa (3,4da Fondazione Cariplo).Il Distretto culturale della provin-cia di Monza e Brianza, attraversoprogrammi di tutoraggio e servizi, sipropone di stimolare l’imprendito-rialità del capitale umano e di soste-nere lo start-up di imprese creative.Il restauro e il recupero, secondo cri-teri di conservazione programmata,di beni architettonici che spazianodalle Ville di Delizia all’archeologiaindustriale rappresentano un ele-mento strategico di questo distretto.La sua dotazione è di 9 milioni dieuro (3,66 da Fondazione Cariplo).Sono coinvolti Comuni, Camera dicommercio, istituti di formazione ericerca. Capofila è la Provincia diMonza e Brianza.

Il Distretto culturale della Valtel -lina è l’ultimo nato (luglio 2011). Hacome obiettivo la valorizzazionedella media valle sul versante retico,caratterizzato da terrazzamenti e bor-ghi antichi, luoghi di passaggio neisecoli passati quando la Valtellina erauna delle principali vie di comunica-zione tra l’Italia e il Nord Europa. Ilriconoscimento di questa eredità sto-rica si traduce in un programma dilavoro e di diffusione di buone prati-che che coinvolge esperti di storiadell’arte e educatori, da una parte,ordini professionali di architetti, inge-gneri, geologi e agronomi dall’altra. Ilrisultato è la valorizzazione e manu-tenzione di sentieri storici che, attra-

verso 60 chilometri (percorribili sia apiedi che in bicicletta), collegano illago di Como con l’itinerario svizzeroche porta a Sankt Moritz e a Costanza.Azioni di recupero di chiostri e castel-li nei centri storici sono funzionali allacreazione di stazioni culturali lungo isentieri, capaci di offrire accoglienza inmaniera integrata con le aziende vini-cole, i ristoratori e i produttori alimen-tari del territorio, anch’essi partnerstrategici dell’operazione. Ente capofi-la del progetto è la Fondazione diSviluppo Locale, che ha coinvoltoComunità montane, Provincia di Son -drio, Università e distretto agroalimen-tare. 8 milioni di euro la dotazione, dicui 3,58 da Fondazione Cariplo.

FONDAZIONE CARIPLOVARA I DISTRETTI CULTURALI

Ci sono voluti oltre 20 milioni di europer realizzare il progetto “Città eCattedrali”, promosso dalla Fonda -zione Crt in partnership con le Diocesidi Piemonte e Valle d’Aosta, la RegionePiemonte, la Regione Autonoma Valled’Aosta e le Soprintendenze competen-ti. L’inizia tiva, avviata nel 2005, hal’obiettivo di promuovere un circuitoculturale fra le diciotto Cattedrali pre-senti sul territorio del Piemonte e dellaValle d’Aosta, attraverso il recupero e lavalorizzazione del loro patrimonio sto-rico-artistico. Uno studio preliminareapprofondito delle città sedi di diocesi(Acqui Terme, Alba, Alessandria, Aosta,Asti, Biella, Casale Monferrato, Cuneo,Fossano, Ivrea, Mondovì, Novara,Pinerolo, Saluzzo, Susa, Torino,Tortona, Vercelli e Aosta) ha permessodi individuare molteplici interventi direstauro da realizzare nel quinquennio2005-2009. La collaborazione operativafra gli enti promotori – e il coinvolgi-mento (con 6,7 milioni di euro) di ArcusSpa, società del Ministero per i BeniCulturali – ha consentito di portare atermine gli interventi programmati neitempi prefissati. I lavori hanno riguar-dato: il consolidamento delle strutture,il restauro e il recupero degli apparatidecorativi, l’adeguamento impiantisti-co, l’allestimento e la riqualificazione dispazi. Terminata la fase dei restaurisono stati messi a punto percorsi divalorizzazione e fruizione di ciascunbene recuperato al fine di realizzare unpercorso culturale e di conoscenza tra lecattedrali e i loro territori. A breve ini-zierà la campagna di comunicazioneper promuovere il circuito Città eCattedrali così da farlo conoscere aturisti italiani e stranieri.

È segnalato sulla stampa come esempio particolarmente riuscito di distret-to culturale quello sorto nella parte centrale della Calabria chiamato “Areadell’Istmo: arte, natura e cultura tra Ionio e Tirreno”. Un nome un program-ma. Nato insieme a una quarantina di altri progetti similari nell’ambito del-l’iniziativa Sviluppo Sud, sviluppata tra il 2004 e il 2006 dalle Fondazionidi origine bancaria per favorire lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia, essoriesce, infatti, a focalizzare l’attenzione sulle risorse storico-artistico-ambientali del territorio, grazie soprattutto a una rete di figure professiona-li, “gli animatori del territorio”, capaci di promuovere l’intero distrettoanche in termini turistici. Tutto ciò grazie a un approccio sistematico e auna metodologia messi a punto dal Centro Herakles dell’Università dellaCalabria, che è stata ed è fra i principali protagonisti della realizzazione di

questo Distretto. «Il Centro –sottolinea la professoressaGio vanna De Sensi Sestito, chene è responsabile scientifico –grazie a diversi progetti speci-fici ha inteso valorizzare ancheil patrimonio cosiddetto mino-re, per una piena, consapevolee adeguata riappropriazionedell’identità culturale del terri-torio, da proporre anche informe di fruizione turistica».Nell’ambito di Sviluppo Sud in

questi anni si è sviluppato anche il Distretto Culturale dell’Habitat Rupestredella Basilicata, nato intorno al recupero della Chiesa rupestre del PeccatoOriginale (VIII-IX sec. d.C.) situata poco fuori Matera che, da quando èstata aperta nel 2006 a oggi, ha registrato oltre 32mila visitatori. Il Distrettoè un percorso storico-artistico che “racconta” la storia del territorio lucano,dalla preistoria all’età contemporanea, attraverso lo straordinario patrimo-nio di grotte e ipogei, le cui pareti sono decorate da coloratissimi affreschi,testimonianza di insediamenti abitativi in grotta. È composto da diversi sitifino a pochi anni fa assolutamente ignorati dal flusso dei turisti che ognianno visitano Matera perché le abitazioni e le chiese rupestri versavano inun profondo stato di abbandono ed erano difficilmente accessibili. Le harecuperate e valorizzate la locale Fondazione Zetema con l’aiuto delleFondazioni di origine bancaria.

Al Sud, tra Lametino e Matera CITTÀ ECATTEDRALI

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primo piano

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Ha senso parlare di distretti culturali in un posto come Firenze o laToscana? Tutto qui parla di arte e di cultura, spesso ben valorizzate da unpunto di vista turistico. Eppure c’è ancora tanta bellezza nascosta che nonattende altro che di fare da volano all’economia produttiva. Già da tempose ne sono accorti all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, sicché ben noveanni fa è nato il progetto “Piccoli, grandi musei” che, collegando con ununico percorso decine di musei minori del territorio, circoscrive aree bendefinite, caratterizzate da alta densità di risorse culturali materiali e imma-teriali, un elevato livello di articolazione e integrazione di servizi rivoltiall’utenza, qualità delle filiere produttive collegate.L’Ente Cassa ha catalogato il patrimonio di questi Musei, lo ha reso fruibilevia internet ed ha allestito al contempo un sistema permanente di promozioneturistica attraverso la realizzazione di campagne di comunicazione, l’organiz-zazione di eventi culturali e il lancio di grandi mostre. Tant’è che lo stessoSottosegretario ai Beni e le attività culturali, Ilaria Borletti Buitoni, ha elogia-to l’iniziativa in occasione di un’importante sequela di mostre dal titolo“Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca aBurri e La Battaglia di Anghiari”, presentata nei giorni scorsi e organizzata inmaniera diffusa in quest’ampio circuito museale, fino al 3 novembre prossi-mo, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze insieme alle Regioni Toscana eUmbria. Il presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, GiampieroMaracchi, alla conferenza stampa di presentazione ha sottolineato:«Conferma la bontà del percorso intrapreso anche la beneaugurante coinci-denza della presentazione a Firenze della nona edizione del progetto PiccoliGrandi Musei con il convegno sulle nuove prospettive dei distretti culturali,promosso dalla Fondazione Cariplo, sempre il 13 giugno ma a Milano. Èsegno – ha osservato – di una totale sintonia nell’affrontare un tema e nelvalorizzare un settore che, come confermano gli studi più accreditati, rivelauna sostanziale floridezza e riesce a resistere, molto meglio di altri, alle ten-denze recessive prodotte dalla crisi economica». L’operazione “Piccoli,grandi musei” è stata ideata con il preciso scopo di contribuire alla creazio-ne, allo sviluppo e al potenziamento di sistemi culturali integrati in aree ter-ritoriali caratterizzate da una precisa identità storico-culturale. E in questi

nove anni ha coinvolto 67 Comuni delle Province di Firenze e Arezzo, 101piccoli musei, 52 istituzioni, 65 emergenze storico-artistiche, 310 tra azien-de e professionisti, 280 esercizi commerciali dei territori interessati, provo-cando un indotto che ha superato i 2 milioni di euro e un aumento del flus-so turistico stimato dagli stessi operatori locali pari al 40%. Anche l’assessore toscano Cristina Scaletti ha evidenziato che «è questo unmodo per restituire alle comunità locali una visione unitaria delle strutturemuseali e di attività che interagiscono e dialogano tra loro in una logica disistema, diffusa anche in territori di confine»; mentre l’assessore umbroFabrizio Bracco ha parlato di «straordinaria occasione di marketing territo-riale, valorizzando un territorio che è il cuore della civiltà italiana e testimo-niando la bontà della collaborazione tra regioni che, magari, hanno un pilbasso, ma un’ altissima tradizione di storia e di civiltà». Nella foto una sala dell’Aboca Museum di Sansepolcro (Ar)

Il Museo del Tessuto di Prato nasce dalla volontà dicustodire e valorizzare la memoria storica e produt-tiva della città, ma anche di “concimare il futuro”attraverso le testimonianze del passato e del presen-te del distretto tessile pratese, uno dei più importan-ti d’Europa sia per il numero di imprese che per ilnumero di addetti. La Fondazione Cassa di Rispar -mio di Prato sostiene il Museo dalla sua nascita, con-tribuendo a farne uno spazio moderno e attento allediverse esigenze dei vari pubblici che lo frequenta-no: dagli addetti ai lavori agli studenti, a cui è rivol-ta una consistente attività didattica sulle tecnichedecorative del tessuto, sul costume e sulla moda,realizzate tramite una stretta collaborazione con lescuole. Il Museo è ospitato all’interno dell’ex “Ci -ma toria Campolmi Leo poldo & C.”, simbolo dellastoria produttiva pratese e unico grande complessodi produzione ottocentesco all’interno delle mura,che è stato completamente ristrutturato e destinato aospitare istituzioni culturali. Esso ha rapidamenteaffermato la sua specifica identità attraverso il conti-nuo incremento delle collezioni storiche e dellasezione contemporanea, consentendo negli anni l’al-lestimento di mostre temporanee inerenti il tessuto ela storia del costume e della moda, la diffusione dellacultura tessile e la valorizzazione delle collezioni.

L’arte del Tessuto La strada del miele Genus Bononiae

UN MUSEO DIFFUSO TRA UMBRIA E TOSCANALe grandi mostre e gli eventi spingono il turismo del territorio

La Fondazione Cassa di Risparmio di Bra hasostenuto la realizzazione della Strada del miele,un “corridoio paesaggistico-culturale” di circa 38chilometri che parte da Bra e giunge a Cisternad’Asti, passando attraverso 11 comuni dove è tra-dizionalmente diffusa l’apicoltura. Il progettoprevede punti informativi, l’organizzazione dimomenti dimostrativi nelle aziende apistiche, lapromozione di piatti tipici a base di miele propo-sti nei ristoranti della zona. L’itinerario è statosuddiviso in più sezioni, percorribili anche a piedio in mountain bike. La strada è un’opportunitàper il visitatore di assaporare e apprezzare ciò cheil territorio del Roero offre: dai luoghi d’incantoche conservano una bellezza incontaminata e sel-vaggia al loro contrappunto di vigne e frutteti,dalle geometrie disegnate dalla fatica contadinaalle aziende agricole dedite all’apicoltura. Qui sipossono osservare da vicino le diverse fasi delprocesso di creazione del dolcificante più anticoconosciuto dall’uomo. In ciascuno dei paesi attra-versati dalla Strada del miele sono collocati pan-nelli esplicativi sui diversi aspetti del mondo delmiele: l’ape, le sue forme di comunicazione (isensi, la danza), l’allevamento, la flora apistica, itipi di miele, i prodotti dell’alveare, i manufatti.

Se essere “produttori abituali”, oltre che fruitoriattenti di arte, di musica e di cultura è identitario delpatrimonio genetico di una collettività e se questo èsufficiente a connotare il suo territorio come qual-cosa di simile a un distretto culturale, allora la Fon -da zione Carisbo ha colto in Bologna queste specifi-che valenze e ha inteso valorizzarle con il progetto“Genus Bononiae. Musei della Cit tà”. Esso si pro-pone di far conoscere, alimentare e crescere ilgenus, la stirpe, la storia, la vita, le arti dei bologne-si di ieri e di oggi, mettendo a disposizione un enor-me spazio dove possa rivelarsi: un “museo diffuso”,articolato in otto poli dentro la città, restaurati erecuperati all’uso dei cittadini e alla visita dei turi-sti. Si tratta di San Colombano, con la collezionedegli strumenti musicali antichi del MaestroTagliavini; Santa Cristina, sede di concerti; SantaMaria della Vita, ove è collocato il Compianto sulCristo morto di Niccolò dell’Arca; Palazzo Pepoli,museo innovativo dedicato alla storia della città;Palazzo Fava, affrescato dai Carracci e destinato aeventi ed esposizioni; Casa Saraceni, sede dellaFon da zione; San Michele in Bosco, belvedere af -facciato su Bologna, ricco di opere d’arte; la Bi -blioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale,con un ricco patrimonio librario che parte dal 1500.

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Nei giorni scorsi la terra ha tremato a Lucca, manon si sono certo fermati i preparativi per l’inau-gurazione, il 6 luglio scorso, del ComplessoConventuale di San Francesco, acquistato nel2010 dalla Fondazione Cassa di Risparmio diLucca, che ha poi finanziato un imponente restau-ro, per circa 23 milioni di euro. L’obiettivo erarestituire alla città l’ex convento, attribuendogli unruolo centrale in un ben più ampio progetto diriqualificazione e recupero di alcune tra le piùimportanti aree monumentali di Lucca quale èquella posta ad est. La porzione orientale dellacittà, che va dalla cintura dei fossi fino alle Mura,è infatti caratterizzata da una dimensione e unaspazialità diverse rispetto ad altre parti, con unassetto originariamente contrassegnato dalla pre-senza di grandi complessi monasteriali e conven-tuali e dalle loro estese aree a corredo, fatte di ortie giardini, connessi visivamente alle aree verdi ealle alberature delle Mura. Peraltro a metà deglianni Cinquanta quest’area si era ridotta a vera epropria periferia urbana ed è solo negli ultimitempi che, grazie soprattutto all’iniziativa dellaFondazione, è stato avviato un piano di recupero edi valorizzazione, capace di assecondarne e poten-ziarne le numerose valenze architettoniche, urba-nistiche e ambientali. Oltre al Convento di SanFrancesco sono stati così restaurati il ComplessoConven tuale di San Micheletto e la Chiesa di SanPonziano, mentre per la fine del prossimo anno èprevisto il recupero della vecchia palestra vicinaalla passeggiata delle Mura, della “Casa del boia”e dell’ex canile sul baluardo “il Salvatore”.Il Complesso Conventuale di San Francesco daoggi ospita la sede del Campus universitario ImtAlti Studi Lucca, aggiungendosi alla Biblioteca eagli uffici amministrativi già realizzati nel vicinoComplesso di San Ponziano. Alla cerimonia diinaugurazione hanno partecipato tutti i Lucchesi,compresi quelli fuori città e all’estero, perchél’evento è andato in mondovisione e in direttastreaming, alla presenza del Ministro dell’Istru -zione, dell’Università e della Ricerca, MariaChiara Carrozza, insieme con numerose altreautorità, tra cui il presidente della CommissioneIstruzione Pubblica e Beni Culturali del Senato,Andrea Marcucci, il professor GiovanniPuglisi, presidente della Fondazione Sicilia,membro del Comitato di presidenza dell’Acri e

rettore dello Iulm di Milano, il Governatore del -la Regione Toscana, Enrico Rossi. A fare gli ono -ri di casa c’era il presidente della FondazioneCassa di Risparmio di Lucca, Arturo Lattanzi.Il restauro del San Francesco è avvenuto dopo unattento rilievo architettonico e un’analisi accuratadello stato di degrado del complesso nelle suevarie parti storiche, cercando di rileggere l’im-pianto conventuale originario in modo da propor-re una soluzione progettuale che corrispondessealle esigenze dell’Imt ma che, allo stesso tempo,fosse compatibile e rispettasse la sua natura stori-ca. In particolare si è cercato di recuperare le spa-zialità e le percorrenze interne, insieme all’origi-naria organizzazione degli edifici. Sicché oggi ilConvento si estende su una superficie di oltre12mila mq, articolata in tre chiostri, un cortile,spazi verdi e tutti gli ambienti del campus: salestudio e spazi meeting, variamente attrezzati aseconda delle esigenze di ricerca, allestite nell’exbiblioteca, nel refettorio, nella Chiesa di SanFranceschetto e nella Sagrestia vecchia. Ci sono

poi uffici per docenti e studiosi, una vasta aulamagna nella Cappella Guinigi, per oltre 120 postia sedere, una mensa ristorante e spazi di aggrega-zione nella “Ca Nova”, antico deposito del grano.Nella porzione nord, sul cortile e sul giardino, siconcentrano invece gli spazi per la residenza:oltre 120 posti letto suddivisi in camere doppie esingole, mini appartamenti per docenti con relati-vi servizi e spazi incontri. Inoltre parte dei percor-si dei chiostri è aperta al pubblico, connettendodirettamente Piazza San Francesco con ilGiardino degli Osservanti e il parcheggioMazzini. Negli ambienti annessi all’abside dellachiesa di San Francesco, sarà infine allestito unpiccolo museo archeologico, dove verranno espo-sti i risultati della campagna di scavo.È, infatti, una storia lunga nove secoli, quella delComplesso Conventuale di San Francesco. Unastoria che il restauro ha riportato alla luce. L’estesacampagna di scavi e saggi stratigrafici, promossadalla Soprintendenza Archeologica della Toscana,ha consentito di ritrovare frammenti di apparatidecorativi di grande pregio, che danno modo diricostruire la storia del Complesso dagli anni dellasua fondazione, intorno al 1225-1290, fino alla suatrasformazione in caserma nell’Otto cento, nonchévarie sepolture fra cui quelle di tre donne, che isuccessivi studi antropologici e paleo patologici,condotti dalla Divisione di Paleo patologiadell’Università di Pisa, hanno identificato. Si trat-terebbe dei resti delle tre mogli di Paolo Guinigi,fra cui la bellissima Ilaria del Carretto, resa immor-tale dal ritratto scultoreo che ne fece Jacopo dellaQuercia nel celebre sarcofago conservato nellaCattedrale di San Martino, risalente al 1406 -1408.Né mancano codici e documenti. Fra questi unlibro degli avvenimenti e della memoria lucchese,redatto alla fine del Seicento dal frate francescanoGiovanni Francesco Biagi di Limano con il titolo“Annali del Convento di San Fran cesco comin-ciando dall’anno 1228 fino al 1699”. Ovvero lacronaca di quanto è avvenuto nell’ambito del com-plesso conventuale nel corso della sua quasi mille-naria vicenda. Una sorta di archivio di tutti i fattiche hanno percorso la città per secoli, che il fratefrancescano ha riportato con uno stile puntuale easciutto, dopo aver confrontato notizie, documen-ti, luoghi comuni, dicerie e tracce di episodi real-mente accaduti, elaborando con dovizia di partico-lari una commistione fra la tradizione popolare eorale e il giornalismo ante litteram.

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territori

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Rinasce il Complesso Conventuale di San FrancescoLUCCA: NUOVI SPAZI PER LA CITTÀ

Fondata nel 2005 per promuo-vere la ricerca scientifica inItalia, l’Imt - Istituzioni, Mer -cati, Tecnologie Alti Stu diLucca è un istituto statale dialta formazione dottorale, conordinamento speciale, in -se ri to nel sistema univer-sitario italiano. Gli inse-gnamenti si svolgonotutti in inglese e circa lametà degli allievi provie-ne dall’estero. Le attivitàsi sviluppano all’internodi due macro aree multi-disciplinari: Eco no micsand Institutional Chan gee Computer Science andApplications. Da queste si svi-luppa, oggi, un programma didottorato, diviso in quattropercorsi: Computer, Decisi on,and Systems Science;

Economics; Political Histo ry;Management and Deve -lopment of Cultural Herita ge.La presenza di Imt ha segnatola riapertura di un’uni versitàstatale nella città toscana, in

quanto la precedente universi-tà lucchese era stata chiusa trail 1867 e il 1873. Imt nasce daun partenariato tra quattrouniversità (Poli tecnico diMila no, Scuola Superiore

Sant’An na di Pisa, Univer sitàdegli Studi di Pisa, Luiss diRoma) e la Fon da zione lucche-se per l’alta formazione e laricerca (Flafr), di cui fannoparte alcuni enti territoriali e

le Fon dazioni Cassa diRispar mio di Lucca eBanca del Monte diLucca, che assicuranoall’iniziativa il loro fonda-mentale sostegno. Perl’anno accademico incorso sono stati banditi 36posti da allievo con 30borse di studio, a fronte di2.032 domande di ammis-

sione pervenute. Insieme al -l’Istituto Musicale Luigi Boc -che ri ni e alla Fon da zione Cam -pus Studi del Me diter raneol’Imt è uno dei tre enti universi-tari oggi attivi a Lucca.

L’Imt: una scuola di alta formazione

In primo piano da sinistra: il senatore Andrea Marcucci, il presidente della Fondazione Cr LuccaArturo Lattanzi, la senatrice Stefania Giannini, il presidente della Regione Toscana Guido Rossi

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Il recupero degli spazi urbani inuti-lizzati e dei monumenti abbandona-ti dalle originarie funzioni è unadelle sfide più interessanti e com-plesse di fronte alle quali si trovanooggi le nostre città. A Lucca sembra-no proprio averla vinta! Gli inter-venti per l’insediamento dell’istitu-zione universitaria Imt Alti Studipossono essere ragionevolmenteconsiderati come un’esperienzaesemplare di inserimento di nuovefunzioni culturali compatibili neltessuto storico cittadino; un’occa-sione “colta”, frutto della proficuasinergia tra Comune, FondazioneCassa di Risparmio e Soprin -tendenza per i Beni Architettonici. Il Convento di San Francesco, che siestende su di una superficie di circa12mila mq di cui più della metàcostituita da spazi a verde, ha unaorganizzazione compatta, basatasulla successione di tre chiostri e di

un cortile, che con la chiara geome-tria su base quadrata organizzano sudue livelli tutto il complesso e diven-tano il filo conduttore anche dellosviluppo progettuale. A piano terra iporticati, in parte chiusi con diafram-mi in cristallo, distribuiscono attornoai giardini i percorsi pubblici cheattraversano il Convento e quelli checollegano gli spazi dell’istituto uni-versitario; al piano primo gli ampideambulatori, con interventi di alle-stimento, sono trasformati in spazistudio, di diverso taglio per le diver-se esigenze dei ricercatori e connet-tono le celle trasformate in uffici perdocenti e studiosi.La fase di intervento è iniziata con ilrilievo architettonico e un’accurataanalisi delle condizioni di degrado,della consistenza e dell’epoca ditutte le parti del Convento. Sullabase delle conoscenze acquisitesono state tracciate le linee guida per

l’intervento di restauro e di riuso deidiversi spazi per le nuove funzionipreviste. In questa fase è risultataparticolarmente complessa la messaa punto dello schema distributivogenerale: l’impianto conventuale èstato riletto in modo da proporre unasoluzione rispondente alle necessitàdi Imt, ma compatibile con l’archi-tettura storica. In particolare si èricercato il recupero delle spazialitàe delle percorrenze del convento el’originaria organizzazione internadegli edifici. Il cantiere di restauro

ha preso avvio con una estesa cam-pagna di scavi archeologici e saggistratigrafici; ne sono stati eseguitioltre 5mila sulle strutture murarie e isoffitti, che hanno riportato alla luceframmenti di apparati decorativi digrande pregio succedutisi nei secoli.La valorizzazione dei frammentirecuperati ha permesso di caratteriz-zare gli spazi interni che si sviluppa-no come variazioni sul tema, ren-dendo il percorso all’interno delmonumento un viaggio attraverso lasua stessa storia.

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Il legame tra la città di Lucca e San Francesco d’Assisi non è casuale.Secondo la tradizione seicentesca il Santo sarebbe appartenuto a un ramodella famiglia lucchese dei Moriconi, trapiantatasi anticamente inUmbria. Si sa dell’esistenza di un primo insediamento di francescani aLucca già dal 10 aprile del 1228, data in cui Perfetto di Graziano offrì aGoffredo da Castiglione, cardinale prete presso San Marco, un appezza-mento di terreno con orto e annessa capanna, affinché i frati minori potes-sero erigervi la loro chiesa. L’area prescelta, nota come Fratta, si trovavaappena fuori le mura duecentesche e già il 31 luglio dello stesso anno ilavori erano iniziati. Originariamente la chiesa venne dedicata a SantaMaria Maddalena e solo nel corso del Trecento il titolo fu sostituito inonore dell’Assisiate. Grazie a un importante nucleo di pergamene, con-servate presso l’Archivio di Stato a Lucca, è possibile seguire donazionie acquisti relativi alla comunità dei Francescani. Il primo cantiere sembragià terminato l’8 agosto del 1232 e nel 1253 si hanno le prime testimo-nianze della ripresa dei lavori per l’ampliamento e/o ricostruzione delcomplesso, che andarono avanti fino alla fine del XIII, inizio XIV seco-lo. La struttura architettonica della chiesa di San Francesco ad aula unica,senza transetto, che si conclude in tre cappelle absidali, corrisponde allatipologia dell’architettura mendicante in uso in Toscana in quel periodo.E alla metà del Trecento risale la costruzione della Cappella di SantaLucia, voluta da Francesco di Bartolomeo Guinigi come cappella privatae funeraria per i membri della propria casata, sia maschili che femminili.Con il passaggio del Convento all’Osservanza francescana nel 1454,voluto fortemente dalla cittadinanza, ci fu un vero e proprio rifiorire delComplesso; testimonianza ne è la realizzazione del terzo chiostro. Il lega-me del Convento con le classi più popolari lucchesi è sempre stato molto

forte, tant’è vero che nel 1531 gli artigiani tessili decisero di radunarsiqui, dando poi vita al Tumulto degli Straccioni. Nel corso del XVII seco-lo, gli altari della chiesa furono progressivamente rifatti e l’aspetto attua-le risale a quel periodo. Le finestre a bifora si devono invece a un restau-ro del 1844. Rispetto alla breve soppressione del periodo napoleonico,più grave e dannosa fu quella a opera del neoistituito Regno d’Italia, apartire dal 1862, che trasformò il Convento in caserma e la Chiesa inmagazzino. Soltanto ai primi del Novecento la chiesa fu riaperta al cultoe i Francescani ripreso possesso degli ambienti conventuali, a parte laporzione chiamata “Stecca” adibita a caserma. Nel 2003 i Francescanilasciarono definitivamente il luogo. Acquistato inizialmente dal Comune diLucca, il Complesso, nel dicembre 2010, è stato interamente rilevato dallaFondazione Cassa di Risparmio di Lucca per 7,3 milioni di euro (4,7 alComune e 2,6 ai privati per gli edifici adiacenti al Complesso conventuale).

La storia del Convento narra un legame fortecon le classi più popolari

Un restauro esemplare

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Il 20 luglio si è aperta la IV edizione deL’Altro Monferrato, percorsi d’arte e tea-tro fra borghi e castelli, a cura diAgriteatro, da un’idea di Tonino Conte,sostenuto dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Alessandra. Quest’annol’ispirazione viene dal “Decamerone”, nelsettecentenario della nascita di GiovanniBoccaccio. Come sempre il programma siarticola fra laboratori, spettacoli ed eventicollaterali, che mirano a valorizzare attra-verso il teatro il patrimonio urbano e natu-ralistico di questo territorio dalle fortipotenzialità turistiche. Fra le tante iniziati-ve, particolarmente attesa è la messa inscena, nella Cittadella di Alessandria, de IlMistero dei Tarocchi da parte del Teatrodella Tosse. Così il programma di questaestate (si conclude il 16 agosto) potrà arti-colarsi tra due polarità: da un lato il percor-

so tra boschi, castelli, cantine e sentieri,punteggiato di letture, spettacoli, incontri elaboratori adatti a quegli sfondi suggestivi,nel panorama policentrico dell’AltoMonferrato. Dall’altro il possente scena-rio della Cittadella, con i Tarocchi e i suoi22 attori. A chi lo desidera, il Fai, delega-zione di Alessandria, offrirà la possibilità,compresa nel prezzo del biglietto, di arric-chire la visione dello spettacolo con visiteguidate a tre differenti parti della fortezza:i Sotterranei del Quartiere San Michele, ilQuartiere Forni e Sotterranei delQuartiere, il Bastione San Tommaso ePorta di Soccorso. Numerosi sotterraneidella Cittadella sono visitabili grazie all’at-tività di pulizia prestata dai detenuti delledue case penali di Alessandria. La scuoladi teatro “I Pochi” contribuirà invece amigliorare la logistica e gli spostamentidegli spettatori all’interno della fortezza.

All’Ospedale San Giovanni Battista diFoligno è in arrivo l’ennesimo soste-gno della locale Fondazione Cassa diRi sparmio. Si tratta di un nuovissimomammografo, che consentirà al repar-to di Senologia di confermarsi comeun centro di eccellenza a livello regio-nale e alla Asl 3 dell’Umbria di snelli-re le liste d’attesa per quello che rap-presenta un esame fondamentale perla salute delle donne. Con questo inve-stimento la Fondazione Cassa diRisparmio di Foligno conferma il pro-prio impegno a servizio del territorio enei confronti dell’ospedale cittadino.Nel corso degli ultimi anni gli ha for-nito, infatti, apparecchiature di assolu-ta rilevanza, come la Pet-Tac e la

Gamma Camera,che hanno permes-so all’Ospedale dicompletare il re -par to di Medici naNucleare e di porsicome punta di dia-mante del sistemaumbro, rendendopossibili gli esamiscintigrafici neces-sari per la diagnosidi alcune patologie– non necessaria-mente tumorali –come quelle della

tiroide, del rene, del polmone e delleossa, evitando così ai pazienti del foli-gnate spostamenti presso altre Asl.«Quella con la Fondazione Cassa diRisparmio di Foligno è una proficuacollaborazione – dichiara il direttoregenerale della Asl 3, Sandro Fratini –che ha decisamente aiutato il SanGiovanni Battista a mantenere alta laqualità delle tecnologie dei vari servi-zi». «Con la messa a disposizione delnuovo mammografo – afferma il presi-dente della Fondazione Cr Foligno,Alberto Cianetti – dimostriamo ancorauna volta concretamente la nostraattività a servizio della sanità, questavolta in particolar modo nei confron-ti delle donne».

caleidoscopio

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Sono aperte sul sito www.fondazioneca-riparo.it le iscrizioni al bando “GrantProgram for Young Investigator onPediatric Research”, promosso dallaFondazione Cassa di Risparmio diPadova e Rovigo con l’obiettivo disostenere progetti di ricerca nel campodelle patologie pediatriche, da svolgersiall’Istituto di Ricerca Pediatrica Cittàdella Speranza. La Fondazione mette adisposizione 620mila euro destinati aprogetti della durata di due o al massimotre anni, che dovranno essere presentatida un coordinatore scientifico al di sottodei 40 anni. L’iniziativa è aperta a giova-ni ricercatori attivi sia a Padova sia altrove,anche all’estero. La selezione delle richieste saràeffettuata da una commissione scientifica nomi-nata dalla Fondazione e composta da esperti delmondo delle ricerca, che si potranno avvalere delgiudizio di revisori internazionali. La valutazio-ne terrà conto, fra l’altro, dell’originalità del pro-getto, nonché della sua capacità di contribuire ad

accrescere la conoscenza scientifica sull’argo-mento indagato. Gli obiettivi del lavoro di ricer-ca dovranno essere esplicitati in modo chiaro epuntuale e le metodologie di indagine dovrannoessere scientificamente rigorose. I progetti vannoinviati via mail, entro il 16 ottobre, agli [email protected] e [email protected]. Per maggiori informazioni

si può telefonare allo 049.8234815 oscrivere all’indirizzo [email protected] bando rientra all’interno di uno stanzia-mento più ampio di 3 milioni di euro concui la Fondazione Cariparo sostiene i pro-getti di ricerca sulle malattie infantili rea-lizzati all’interno dell’Istituto di RicercaPediatrica Città della Speranza. «Siamoconvinti – ha dichiarato il presidente dellaFondazione Antonio Finotti – che investi-re nella ricerca, soprattutto quando i suoirisultati contribuiscono a migliorare lasalute dei più piccoli, rappresenti unanostra precisa responsabilità, soprattutto

in un Paese come l’Italia dove i fondi destinati aquesto settore sono insufficienti. Ma sappiamoanche quanto sia necessario offrire a giovani stu-diosi, in possesso di ottima preparazione e forte-mente motivati, la possibilità di esprimere il pro-prio talento e di mettere a frutto le conoscenzaacquisite per il progresso della scienza e i benefi-ci che da esso possono derivare».

GIOVANI RICERCATORI STUDIANO LE MALATTIE PEDIATRICHE

Per le Donne L’ALTROMONFERRATO

La Fondazione Bnc ha cofinanziato, assieme alla Fondazione Cassa di Ri sparmiodi Volterra ed altri partner, la realizzazione del Progetto di Laboratorio Teatralenel Carcere di Volterra, a cura di Carte Blanche e sotto la direzione di ArmandoPunzo. L´esperienza del Laboratorio ha avuto inizio nel 1988, quandol’Associazione Carte Blanche costituì la Compagnia della Fortezza, gruppo teatra-le composto dai detenuti-attori del Carcere di Volterra. In 25 anni di lavoro, laCompagnia della Fortezza quasi ogni anno ha prodotto uno spettacolo nuovo, cheha rappresentato fuori dal carcere nei principali teatri e festival italiani.

Il teatro rende liberi (per una tournée)

MUSICA A PALAZZO TALENTI

L’ottocentesco palazzo dellaFondazione Cassa deiRisparmi di Forlì, che siaffaccia sulla piazza princi-pale della città, torna ad ani-mare per il secondo annoconsecutivo il centro storicocon un calendario di spetta-coli che ambisce ad attirare ipubblici più diversi. Il cartel-lone prevede oltre 20 appun-tamenti fra concerti e incon-tri (il giovedì sera) e spettaco-li teatrali per ragazzi (il saba-to pomeriggio), da aprile aottobre, tutti a ingresso gra-tuito. Si terranno nel chio-stro liberty di Palazzo

Talenti Framonti grazie alcoinvolgimento – attraversoun apposito bando pubblico– di quattro associazionimusicali (Amici di Sadu -rano, Area Sismica, Big BenStrade Blu e Sa mar can -

da/Naima) e di due associa-zioni teatrali del territorio(Elsinor e Rosaspina.Un tea-tro). L’obiettivo della Fon -dazione è di riportare i forli-vesi (ma non solo) a frequen-tare il bellissimo centro stori-co della città, con una seriecontinuativa di incontri chesappiano coniugare il diverti-mento con la qualità dei con-tenuti e delle forme. L’ini -

ziativa è stata inaugu-rata il 20 aprile daSimo ne Cristicchi, con

il suo ultimo spettacolodi teatro musicale “Mio

nonno è morto in guerra”.

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Con il recente restyling della propriasede, in Piazza Grande 23, laFondazione Livorno sancisce lapiena indipendenza identitaria dallavicina Cassa di Risparmio Spa e raf-forza la visibilità del proprio ruolo incampo culturale. Ilnuo vo assetto deglispazi ha consentito,infatti, di aprire al pub-blico la Collezioned’arte intitolata a EttoreBenvenuti e la Bi -blioteca “Paolo Casti -gno li”: entrambe ac -ces sibili dal nuovo in -gresso al secondo pia -no dell’edificio, sotto i portici. LaBiblioteca, costituita nel corso deltempo con donazioni di istituzionipubbliche e private, o tramite acqui-sti e scambi, conta oltre mille volu-mi, divisi in sezioni tematiche e dedi-

cati ad argomenti di storia, arte earchitettura (con una serie di rarepubblicazioni sui grandi pittori livor-nesi e una collezione di prestigiosiperiodici degli anni Cinquanta). LaCollezione conta più di duemila ele-

menti tra dipinti, sculture, stampe ebozzetti, di cui oltre il 10% fruibiliper il pubblico dal 14 giugno 2013,data in cui la Fondazione ha messo infunzione un servizio di viste guidate.Si svolgeranno tutti i venerdì dalle 15

alle 18 con prenotazione obbligato-ria e il prezzo del biglietto è di 5 euro,con ingresso gratuito per bambini einvalidi. Nei locali del terzo piano cisono le sale dedicate alle stampeantiche, ad Alfredo Müller, ma

soprattutto al movimen-to Divi sio ni sta, in parti-colare a Vittore Grubicyde Dra gon e a Ben -venuto Ben venuti, men-tre le sale espositive delquarto pia no, oltre chealle stampe napoleoni-che, di cui la Fondazionepossiede una interessan-te raccolta, espon gono

mol te o pere di Giovanni Fattori e deisuoi allievi, del Gruppo Labronico,incisioni di Servolini e lavori diOscar Ghiglia, ma anche dei piùrecenti rappresentanti della pitturafuturista e astrattista.

Grazie alla Fondazione Cassa diRisparmio di Fano si amplia l’offertaastronomica del Museo del Balì, unodei principali science center in Italiaper dimensioni (due mila metri qua-drati di spazio espositivo) e qualitàdelle attrezzature. Il 19 maggio è arri-vato il nuovo radiotelescopio, chevanta due im -por tanti primati:è il pri mo dellare gio ne Marcheed è il primo,sull’intero terri-torio na zio nale,dedicato esclu-sivamente a sco - pi di dat tico-di -vul gativi. Conuna parabola diquasi due metri e mezzo di diame-tro, raccoglie dati in una finestra dilunghezze d’onda invisibile ai nostriocchi, che possono poi essere con-vertiti in immagini radio da confron-tare con quelle “classiche” o in tracceaudio. In questo modo è possibile

esplorare in maniera alternativa glioggetti celesti, aggiungendo informa-zioni a quelle che si possono ottenerenel campo “visibile”, così da renderepiù completa la nostra conoscenzadell’universo. Realizzato nel 2004all’interno della settecentesca Villadel Balì nel comune di Saltara (15

km da Fano)per favorire ladiffusione dellacultura scientifi-ca nel centroItalia, il Museodel Balì disponedi 40 postazioniinterattive e siallinea ai moder-ni science-cen-ter internaziona-

li, perché nella divulgazione dellascienza segue la ormai collaudatafilosofia “hands-on”. Grazie alla pre-senza di un planetario e di un osser-vatorio astronomico, esso possiedeun forte impronta astronomica, chetrova radici nella storia del territorio.

A Torino, e non solo, vanno in scena i vincitoridella dodicesima edizione del bando “ArtiSceniche” della Compagnia di San Paolo. I 4milioni di euro complessivamente assegnaticonsentono la messa in scena di 70 iniziative diteatro, musica e danza per oltre 400 giorni digrande spettacolo, fino a giugno 2014, destinatial pubblico di Piemonte, Liguria e Valled’Aosta. Il bando è composto di due parti: leRassegne e le Stagioni. Tra le Rassegne sonostati selezionati 38 progetti su 94 presentati, dicui 27 in Piemonte, 10 in Liguria e 1 in Valled’Aosta. Nell’ambito delle Stagioni, sono stateselezionate 32 iniziative tra le 50 presentate, dicui 26 in Piemonte e 6 in Liguria. Il bando hapremiato i soggetti e i cartelloni più qualificatidello spettacolo dal vivo, privilegiando la crea-tività e l’innovazione, le sinergie progettuali eorganizzative, la sostenibilità economica. Dal 2002 a oggi hanno beneficiato dei contri-buti erogati tramite questo bando oltre mille iniziative, per un impegno globale di spesadi 42 milioni di euro. Lo strumento del bando evita la frammentazione delle erogazionia pioggia, applicando una logica selettiva, con criteri uniformi e trasparenti che permet-tono di definire uno scenario composito ma coerente di iniziative diverse, artisticamen-te valide, funzionali alla crescita culturale del territorio. In particolare, i criteri aggiunti-vi di selezione dell’edizione 2013 erano: l’efficacia delle strategie di sostenibilità, l’atti-vazione di collaborazioni/integrazioni con altri enti, la preparazione del pubblico all’ini-ziativa e l’utilizzo di nuove tecnologie per la sua promozione.

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caleidoscopio

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Messa in scena con bando UN RADIOTELESCOPIOAL MUSEO DEL BALÌ

“Ballata delle donne. Emancipazione, Autode -ter minazione, Violenza. Una narrazione interat-tiva dell’universo femminile”, questo il titolodella mostra ospitata fino al 2 luglio a PalazzoSansedoni, sede della Fondazione Monte deiPaschi di Siena, che si è proposta come luogo diriflessione sul tema dei diritti delle donne. Ilmotivo ispiratore è in tre dipinti appartenentialla collezione privata della Fondazione Mps,che raffigurano tre personalità storiche: Cleo -patra (Marco Pino, XVI sec.), Maria Maddalena(Rutilio Manetti, XVII sec.), Lucia da Siracusa(Maestro dell’Osservanza, XV sec.). Cleopatra,regina d’Egitto, ultima discendente in linea diret-ta di Alessandro Magno, osteggiata e corteggiatadall’Impero Romano, ma anche conosciuta per lesue doti di seduzione e l’acuta intelligenza, nellanarrazione incarna il tema dell’emancipazione.

Maria Maddalena, che fu screditata agli inizi delcristianesimo, impedendo che fosse ricordatacome persona onesta e simbolo di conoscenza neiVangeli, incarna il tema dell’autodeterminazione.Lucia da Siracusa (Santa Lu cia), perseguitataper il suo credo religioso e condannata a unamorte straziante e denigrante, incarna la vittima

della violenza. La rassegna è una piccola antici-pazione di un percorso museale all’interno delPalazzo che nei prossimi mesi consentirà di visi-tarne le sale e di ammirare i capolavori in essecontenuti, in particolare opere legate a Siena e alsuo territorio, recuperate negli ultimi anni.La Fondazione, dunque, ancora una volta attra-verso la sua struttura e la società VerniceProgetti Culturali (che ha come obiettivo l’orga-nizzazione e la promozione di eventi), si metteal servizio della cultura e della città avvalendo-si di partner di eccellenza come l’Università diSiena, l’Inter active Institute Umeå e laEindhoven Technical University, secondo unmodello che punta soprattutto sulle sinergie intermini di conoscenze, professionalità e capaci-tà di mettersi insieme, di cui il primo concretoesempio è proprio questa mostra.

IL FEMMINILE TRA ARTE E INTERATTIVITÀ

FONDAZIONE LIVORNO APRE LA COLLEZIONEPer il terzo anno consecutivo la FondazioneBanca del Monte “Domenico SiniscalcoCeci” di Foggia, in collaborazione con l’as-sociazione “Cultura e Ambiente”, organizzail progetto “Benessere insieme”, destinato acirca 150 anziani del capoluogo con un red-dito inferiore ai 20mila euro l’anno. L’inizia -ti va, interamente finanziata dalla Fondazio -ne, prevede che gli ospiti vengano accompa-gnati a visitare mete culturali e ambientalidella Daunia, in modo da approfondirne laconoscenza sia dal punto di vista storico-arti-stico e naturale, ma anche enogastronomico.Da poco si è concluso il primo dei tre cicli incui si articola quest’anno il progetto. Unacinquantina di persone over65 è stata accom-pagnata per sei giorni, in pullman, versodestinazioni di grande interesse, presso lequali, grazie anche allo stimolo dei volontariaccompagnatori, diversi dei partecipantihanno spesso fatto emergere i propri ricordi,condividendoli con i propri compagni diviaggio, in un’atmosfera solidale e affiatata.

Benessere insieme

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Dopo la mostra su Guercino del 2011 e l’esposizionerelativa a Simone Cantarini del 2012, la FondazioneCassa di Risparmio di Fano prosegue la sua linea direcupero della storia e del vissuto culturale che hannocaratterizzato la città di Fano lungo tutto il suo percor-so storico, con picchi di assoluto rilievo. Fino al 29 set-tembre presso la Pinacoteca San Domenico di Fano si

può ammirare infattila mostra “Guido Re -ni, La Consegna delleChiavi. Un capolavororitorna”. Per l’occasio-ne tornerà a Fano la“Consegna delle Chia -vi”, dipinta da GuidoReni per l’altare mag-giore della chiesa fane-se di San Pietro inValle, che venne “e -strat ta” in epoca napo-leonica (1797) ed è abi-tualmente esposta pres -so il Musée du Louvredi Parigi. La preziosaopera è af fian cata da

altri due capolavori del pittore bolognese, due“Annunciazione”: una realizzata per la chiesa di SanPietro in Valle, oggi nella Pinacoteca Civica del PalazzoMalatestiano, e l’altra proveniente dai Musei Civici diAscoli Piceno. La mostra è aperta tutti i giorni, escluso illunedì, dalle 18 alle 22. L’ingresso è gratuito. Per tutta ladurata della mostra è stato predisposto un itinerario gui-dato alla scoperta delle opere del Seicento fanese.

Manifesti pubblicitari dai colori vivaci, straordi-nari bozzetti preparatori, tabelle in latta, pietrelitografiche e altri materiali: sono questi gli ele-menti che compongono la mostra “Réclame.Manifesti e bozzetti del primo ‘900 dal FondoPassero-Chiesa”, realizzata dalla FondazioneCassa di Risparmio di Gorizia, che si può visita-re fino al 29 settembre presso la sede dell’ente invia Carducci 2. La rassegna valorizza il riccoFondo di manifesti pubblicitari e bozzetti, di pro-prietà della Fon -dazione, prodottitra fine ‘800 e ini-zio ‘900 dallo Sta -bilimento litogra-fico Pas se ro-Chi -esa di Udi ne. Im -magini pub bli ci -tarie, af fian cate agigantografie difo to storiche, ar -ric chiscono il per-corso, suggerendogli ambienti e le atmosfere del territorio friulano,isontino e giuliano dell’epoca.La mostra espone manifesti di impronta liberty,affiche riguardanti eventi sportivi, manifestazio-ni, mostre agricole e artigianali, oltre a calendarie poster istituzionali e di promozione turistica.Ampia è la selezione di manifesti che promuovo-no diverse merceologie di prodotti di varie azien-de committenti, tra cui spiccano importanti mar-chi quali Sidol, Lodis, Singer, Dreher. Di grande

impatto sono inoltre i vivaci manifesti, spesso digrandi dimensioni, per la promozione del circoKludsky. Tra i vari artisti che collaborarono conlo Stabilimento, la rassegna rende omaggio inparticolare al talento di Antonio Bauzon, PietroAntonio Sencig e Tullio Crali, cui sono dedicateapposite sezioni. Al centro della sala espositiva,splendide tabelle impresse a colori su latta sbal-zata, di produzione delle Officine GraficheMonfalconesi “E. Passero & C.”, completano la

panoramica sul-l’attività pubbli-citaria dell’epoca.Ad arricchire ilpercorso contri-buisce la video-intervista che rac-coglie, attraversola testimonianzadella signora Giu -sep pina Chiesa,ultima proprieta-ria dello Stabi -

limento litografico Pas se ro-Chiesa, i ricordi diuna famiglia, di un’azienda e di un’epoca.Fanno da corollario alla mostra una serie di ini-ziative: da laboratori artistici per bambini aconcerti e proiezioni, per rievocare l’epoca acavallo tra XIX e XX secolo.La mostra è aperta tutti i giorni, escluso il lunedì,dalle 16 alle 19; il sabato e la domenica l’orario è10-19. L’Ingresso è gratuito. Informazioni:www.mostre-fondazioecarigo.it, tel. 0481.537111.

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in mostra

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ARGENTI ROMANI ESPOSTI AD ALESSANDRIA

Cento anni di arte della réclame

“Palatium Vetus”, centro della vita politica, amministrativa egiudiziaria di Alessandria fin dal 1170 e oggi sede della loca-le Fondazione Cassa di Risparmio dopo il restauro curato dalgrande architetto Gae Aulenti, recentemente scomparsa, acco-glie uno degli eventi centrali del progetto di valorizzazione delTesoro di Marengo, un complesso di reperti d’argento unicoed eccezionale nel panorama archeologico nazionale. Sitratta di ventiquattro oggetti risalenti al II - III secolo d.C.,che furono rinvenuti nel corso di lavori agricoli nel 1928,nei pressi della cascina Pederbona, nelle vicinanze diMarengo, lungo la strada Alessandria-Tortona, e cheoggi un articolato piano di studi, analisi e valorizzazio-ne, intende far conoscere in termini più approfonditianche al di fuori della cerchia ristretta degli addetti ailavori. Oltre all’esposizione “Argenti di Marengo. Untesoro nel tesoro a Palatium Vetus”, aperta dal 15 maggioal 31 luglio 2013, il progetto prevede una serie approfonditadi studi effettuati da ricercatori delle Università di Torino e diPadova, al fine di raccogliere nuovi elementi su tecniche dilavorazione, provenienza della materia prima, vicende post-deposizionali dei reperti; il riallestimento del Tesoro diMarengo nel Museo di Antichità di Torino e la pubblicazione diuna breve guida; la pubblicazione di un volume monograficodedicato all’edizione complessiva degli argenti di Marengo,comprensiva dei risultati delle nuove analisi archeometriche.Il tutto realizzato con il contributo essenziale dellaFondazione Cassa di Risparmio di Alessandria.Il Tesoro di Marengo occupa un posto importantenella storia dell’argenteria romana e il percorsoespositivo focalizza l’attenzione del pubblico suiprincipali momenti della sua storia. Esso consente alvisitatore di approfondire la conoscenza degli oggettiattraverso ingrandimenti fotografici che ne facilitano lapercezione dei dettagli. Inoltre immagini e documentiaiutano a contestualizzare il rinvenimento nello scenariopolitico e culturale dell’epoca, mentre i contenuti della guida breve fornisco-no spunti interessanti di riflessione e di approfondimento bibliografico. Il rinvenimento del Tesoro di Marengo fa parte di quei complessi preziosi,

seppelliti in circostanze calamitose e non più recuperati, dicui non si conoscono le circostanze di deposizione. Al

momento del ritrovamento, quasi tutti i reperti presen-tavano schiacciamenti e deformazioni, tagli intenziona-li e, in qualche caso, tracce di bruciature. Tale circo-

stanza induce a supporre che si trattasse di un bottino,frutto di saccheggio in qualche abitazione privata o in un

santuario, temporaneamente nascosto per essere recu-perato e destinato alla rifusione.I reperti più recenti del complesso sembrano risalirealmeno alla prima metà del III secolo d.C.; come sce-nario storico per l’occultamento del tesoro si può,dunque, pensare alle invasioni della popolazione ger-

manica degli Alemanni avvenuta a metà del secolo. Intali frangenti la pratica del seppellimento di gruzzoli

monetali e di argenterie, da parte di proprietari legittimi eanche di saccheggiatori, era particolarmente frequente. Nel 1936, dopo il restauro operato a Roma da Renato

Brozzi, scultore e cesellatore prediletto da Gabrieled’Annunzio, il Tesoro di Marengo ebbe definitiva collocazio-

ne al Museo di Antichità di Torino, dove si trova in esposizio-ne permanente. Con la mostra ospitata a Palatium Vetus per la

prima volta nella storia della città gli Alessandrini possono, al con-tempo, visitare il Palatium e ammirare il Tesoro di Marengo, chetorna ad Alessandria a distanza di ottantacinque anni dal ritrova-mento. «Dopo tanti tentativi fatti in passato, anche in veste istitu-

zionale, senza alcun successo – afferma Pier Angelo Taverna,presidente della Fondazione – oggi, finalmente, vediamo il

Tesoro di Marengo tornare ad Alessandria. La mostrache presentiamo è dedicata agli Alessandrini, tanto che

non abbiamo programmato alcuna pubblicità fuori dai confinidella nostra provincia, anche se l’evento è tale da fare sicuramentenotizia e portare in città molti visitatori. Il titolo dell’esposizione è di

per sé evocativo, in quanto ospitiamo questo tesoro, casualmente rinvenu-to presso la cascina Pederbona, all’interno di un altro tesoro, il “broletto”,riscoperto nel corso del restauro di Palatium Vetus e che, ricordiamo, è ilsecondo del Piemonte». L’esposizione resta aperta dal martedì al venerdìcon il seguente orario: 10-13 e 15-18. L’ingresso è libero.

Reni torna a Fano

Palatium Vetus ospita il Tesoro di Marengo

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“Illuminare l’Abruzzo” è il titolo diuna bellissima mostra di codiciminiati allestita fino al 31 agostopresso il Museo Palazzo de’Mayo,all’interno della prestigiosa sededella Fondazione Carichieti. Pre -senta in esclusiva il patrimonio libra-rio medievale abruzzese in tutte lesue sfaccettature e indaga le sottilicollaborazioni e i differenti scambiartistici che fanno di questa realtà unpatrimonio tutto da scoprire. Graziea prestigiose acquisizioni delinea,inoltre, un profilo nuovo della pro-duzione abruzzese tra XI e XV seco-lo, attraverso la catalogazione dioltre settanta opere, tra codici e foglistaccati, conservate in Italia, inEuropa e negli Stati Uniti. In un’uni-ca esposizione è possibile ammirare,oltre che un vasto corpus di mano-scritti miniati di proprietà delleBiblioteche pubbliche ed ecclesiasti-che abruzzesi, soprattutto materiali

finora sconosciuti o recentementeritrovati: tra gli altri, i due fogli

dei corali rubati daGuardiagrele rintracciati daFrancesca Manzari sul mercato

antiquario, il Messale per Offida

conservato alla Biblioteca Palatinadi Parma, i fogli miniati oggi allaFondazione Cini di Venezia,l’Exultet di Avezzano, raro esempiodi rotolo liturgico di pergamena dellalunghezza di quasi 6 metri, prodottoa Montecassino nell’XI secolo perPandolfo, vescovo della città abruz-zese.In Abruzzo la produzione librariaminiata tra XI e XV secolo è straor-dinaria grazie a botteghe di profes-sionisti, disposte soprattutto nei cen-tri di Chieti,L’Aquila eTeramo, cheoperavano rea-lizzando operedallo sti le piùsvariato. Finoal XII secolor i f l e t t o n o ,infatti, la diso-mogeneità geografica, politica e cul-turale del territorio. Nel periodo alto-medievale la regione si contraddi-stingue per un ruolo di cerniera fra ilmondo meridionale, dominato dallascrittura di tipo beneventano, e laparte centro-settentrionale dellaPenisola, dove accanto alla progres-siva espansione della minuscolacarolina si registra il permanere diculture grafiche in continuità con latradizione dei secoli precedenti. DalIX al XII secolo, infatti, è forte l’im-portanza della cattedrale di SanGiustino a Chieti, sede di uno scrip-torium e di una schola cantorum.Nell’XI secolo, invece, si assiste allapiena affermazione della scritturabeneventana: un ruolo determinantein questo senso è svolto da Teobaldo,priore di San Liberatore alla Maiellae quindi abate di Montecassino, che

dotò il cenobio abruzzese diuna biblioteca di circa

centocinquanta libri.Alla fine del XII seco-

lo a San Cle mentea Ca sauria, impor-tante abbazia di

fondazione imperiale, si realizzò ilcelebre Chronicon Casauriense,ricco di decorazioni e disegni e partedi un ambizioso progetto di rilancioche comprende anche le sculturedella facciata della chiesaNel corso del XIII secolo si assisteinfine alla diffusione di quel linguag-gio grafico universale che fu la scrit-tura gotica. Per questa fase le testi-monianze superstiti sono esigue eattestano la presenza nella regione dicorrenti umbre e romane, attraverso

le quali giun-gono i riflessidell’opera diC i m a b u e ,mentre altriesemplari pre-sentano com-ponenti stili-stiche france-si, legate al-

l’ascesa al trono di Carlo I d’Angiò,che dovette dotare di libri liturgici lesue fondazioni, come l’abbazia di S.Maria della Vittoria presso ScurcolaMarsicana. Nel Trecento la produ-zione miniata in Abruzzo conosceuna straordinaria fioritura. Moltimanoscritti rivelano una molteplici-tà di componenti culturali, fruttodella collaborazione tra più artisti,talora di differente provenienza, edella circolazione di modelli, favo-rita dalla mobilità dei codici. I duecentri più importanti, nella primametà del secolo, furono Guar-diagrele – dove si conserva unaparte del corredo liturgico della col-legiata di Santa Maria Maggiore,recentemente recuperato – eTeramo, cui si possono ricondurrenumerosi libri liturgici e un ecce-zionale codice giuridico. In questoperiodo il convenzionale rapportotra centro e periferia appare netta-mente trasformato, grazie agli arti-sti che dall’Abruzzo si trasferironoa Napoli e a Roma, immettendonelle due capitali – del Regno e delPapato – riconoscibili componenti

abruzzesi. Altrettanto intenso sem-bra il rapporto inverso, poiché nume-rosi sono gli artisti che, operando inAbruzzo, dimostrano di avere avutoun fitto scambio con la capitaleangioina. Il XIV secolo appare dun-que come il periodo d’oro dellaminiatura abruzzese, con un grannumero di codici di notevole qualitàe diversi esempi di miniatori chelasciano le loro firme, spesso scrittein splendide lettere dorate all’iniziodei codici che, appunto, “hanno illu-minato l’Abruzzo”.I codici realizzati nella zona diChieti o tra Atri e Teramo nellaprima metà del Quattrocento mani-festano ancora caratteri tardogotici,segnalando la lenta affermazionedell’arte rinascimentale in questaarea. È solo con la seconda metà delsecolo che si può rilevare una pro-duzione pienamente rinascimentale,legata ai libri liturgici fatti perL’Aquila, Chieti e Teramo. E codicirealizzati in questo periodo mostra-no legami particolarmente stretticon la pittura monumentale; diversiartisti, spesso inseriti in botteghe,lavoravano infatti sia come pittori supergamena che su tavola e su muro.La mostra si conclude con ilLibellus ad faciendum colores – laseconda copia conosciuta del piùimportante trattato tardo medievalesulla tecnica della miniatura, piùnoto come De arte illuminandi. Èarricchita da un ampio catalogo –curato da Ales sandro Tomei,Gaetano Curzi, Francesca Manzari eFrancesco Tentarelli – che oltre alleschede e alle fotografie delle operepropone interessanti saggi sullascrittura e la miniatura abruzzesi traXII e XV secolo.In foto, dall’alto e da sinistra: Messaleper Offida, riquadro miniato con ilGiudizio Universale; Antifonario diSan Benedetto a Gabiano, Martirio diSan Sebastiano; Messale, Croci fis sio -ne; Salterio Innario, iniziale istoriatacon Davide immerso nei flutti

in mostra

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ILLUMINARE L’ABRUZZOA Chieti, codici miniati tra Medioevo e Rinascimento

Esposto in esclusivail patrimonio librario

medievale abruzzese, opera difinissimi miniatori cresciuti

nelle botteghe locali

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cultura

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Il rapporto tra Fondazioni di originebancaria e fotografia sembra farsisempre più stretto. Sono ormai tan-tissimi gli spazi, le mostre e le ini-ziative di formazione dedicati aimaestri dello scatto promosse osostenute dalle Fondazioni. Ve -diamo con ordine.Ha tradizionalmente legato il suoimpegno alla diffusione della foto-grafia la Fondazione Cassa diRisparmio di Modena, che nel 2007ha lanciato il progetto “FondazioneFotografia”. Questo dallo scorsoautunno si è trasformato in una verae propria Fondazione, partecipataanche dal Comune di Modena. Oggisi chiama “Fondazione FotografiaModena” e promuove mostre edeventi di formazione (anche online,i cosiddetti “iworkshop”). Ha unagestione improntata all’auto-soste-nibilità: ovvero oltre al sostegno del

suo socio principale, la FondazioneCassa di Risparmio di Modena, laFondazione Fotografia si autofinan-zia attraverso i ricavi derivanti dallesue molteplici attività: innanzituttole mostre, ma anche il fornitissimobookshop e le tanteattività educative co -me il Master di altaformazione sull’im-magine contempora-nea o il nuovo corsocompact rivolto a chivuole specializzarsinella cura di mostre fo - tografiche, che pren - derà il via a gennaio2014. La Fondazione Fo tografiaModena ha inoltre costituito neltempo una nutrita collezione di circamille opere di autori sia italiani chestranieri.Grande attenzione ai maestri della pel-

licola riserva anche la FondazioneCassa di Risparmio di Biella, che dal2009 porta avanti un grande progettodi valorizzazione degli archivi foto-grafici. Il clou dell’iniziativa è“Memorandum”, il primo festival

interamente dedicatoalla fotografia storica,che si propone di valo-rizzare la fotografiacome patrimonio ememoria storica collet-tiva e di far conoscereal grande pubblico lecollezioni degli archivistorici fotografici ita-liani e internazionali,

rendendoli “visibili” a un’ampia pla-tea (cfr. Fondazioni, gennaio - febbra-io 2012). L’iniziativa è realizzata conl’Iccd del Ministero per i BeniCulturali e l’associazione Stilelibero.Ma l’ente biellese non trascura nem-

meno la fotografia contemporanea.Ogni anno organizza il festival“Selvatica”, all’interno del quale ospi-ta la mostra “Wild life”: animali eambienti incontaminati vengono rac-contati attraverso gli scatti dei miglio-ri fotografi internazionali selezionatidal Museo di Storia Naturale diLondra, che ogni anno dal 1964 indi-ce un premio per fotografi naturalisti-ci a cui partecipano oltre 43mila per-sone, provenienti da 94 paesi.Un’altra città che sta sviluppandola sua vocazione fotografica èLucca. Nella cittadina toscana sitiene un evento biennale che richia-ma gli appassionati da tutta Italia:“Photolux - festival internazionaledi fotografia”. L’ini ziativa è pro-mossa da: Comune, Provincia eFondazioni Banca del Monte eCassa di Risparmio di Lucca.Photolux si tiene in diverse sugge-stive location del centro storicoche, tra novembre e dicembre diquest’anno, ospiteranno mostre,workshop e dibattiti. Il festival saràun prezioso momento di incontro,un crocevia di grandi maestri,esperti del settore e appassionati,aprendo uno spiraglio da cui osser-vare anche i nuovi talenti e i lin-guaggi più all’avanguardia.Un altro festival di fotografia con-temporanea è quello che si tiene finoall’11 agosto presso la Casa deiCarraresi a Treviso, grazie allaFondazione Cassamarca e allaFondazione Francesco Fabbri. Sichiama “F4. Un’idea di fotografia”e propone mostre, incontri con auto-ri e workshop. Due le esposizioniprincipali. La prima presenta la col-lezione privata di Dionisio Ga -vagnin, che attraverso oltre duecen-to capolavori “racconta” la storiadella fotografia da Nadar a RobertCapa, da Henri Cartier-Bresson aSebastiao Sal gado. La seconda pre-senta in anteprima il nuovo ciclofotografico che Francesco Jodice hadedicato a Venezia. La città laguna-re non è vista secondo un occhiocelebrativo e contemplativo, bensìattraverso un’indagine critica esociopolitica volta a indagarne variaspetti legati all’attualità.

CRESCE LA PASSIONE PER LA FOTOGRAFIATanti gli spazi dedicati ai maestri dello scatto

Tre immagini fotografiche presentate a “Selvatica”, il festival naturalistico promosso ogni anno dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella

A volte per vedere oltre le apparenze non bastano due occhi. Saràforse per questo che dovendo individuare una sede per uno spazioespositivo da dedicare alla fotografia la Fondazione di Venezia hascelto la celebre “Casa dei Tre Oci”. Si tratta di una splendida testi-monianza dell’architettura veneziana di inizio Novecento, disegnatadall’artista Mario De Maria (detto MariusPictor). Costruita nel 1913 sull’isola dellaGiudecca, al centro del bacino di SanMarco, di fronte alla Piazza e a PalazzoDucale, per diversi decenni ospitò artisti eintellettuali, italiani e internazionali, tanto dadiventare, a cavallo tra gli anni Settanta eOttanta, una vera e propria casa della cultu-ra, luogo di produzione artistica e cenacolodi incontri e dibattiti. Acquistata dallaFondazione di Venezia nel 2000, la “Casadei Tre Oci” è stata restituita alla città nel2012, dopo un accurato restauro. Al suointerno vengono ospitate grandi mostre foto-grafiche internazionali e piccole mostre dos-sier dedicate a giovani fotografi emergenti.Ogni mese vengono organizzati workshop,seminari e corsi di fotografia per appassionati o semplici curiosi. Maciò che fa della Casa una vera perla per gli amanti della fotografia èla sua ricca dotazione di fondi fotografici. Qui, infatti, sono custodi-ti gli scatti dei fondi di proprietà della Fon dazione di Venezia: ilFondo De Maria e l’Archivio Italo Zannier. Sono tutti consultabili

liberamente, previo appuntamento. Il Fondo De Maria, acquistatodalla Fondazione nel 2000, si compone di 105mila immagini: fotoin bianco e nero e a colori, negativi in bianco e nero, diapositive acolori e provini realizzati dai vari componenti della famiglia DeMaria. Si tratta di scatti dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni

nostri, che propongono i ritratti di personag-gi famosi della cultura internazionale emomenti e volti della Biennale di Venezia;album di famiglia; album di viaggio e docu-menti fotografici scattati durante i seminaridi architettura e ambiente organizzati ai TreOci nei primi anni Ottanta. Il Fondo è statodigitalizzato per il 50%. L’Archivio ItaloZannier, acquistato dalla Fondazione diVenezia nel 2007, costituisce un importantepunto di riferimento per comprendere econoscere la storia della fotografia italiana.Include una biblioteca tematica composta dalibri, opuscoli, riviste che spaziano dall’in-venzione della fotografia (1839) fino ainostri giorni, ma anche da preziose testimo-nianze anteriori alla scoperta ufficiale della

fotografia e un archivio di lavoro di oltre 1.750 fotografie di grandimaestri italiani e stranieri. Il fondo fotografico è integralmente digi-talizzato e consultabile. C’è infine un terzo fondo, di oltre 200 foto-grafie, che raccoglie le nuove acquisizioni della Fondazione diVenezia, tuttora in corso di digitalizzazione.

A Venezia, una “casa” per i fondi

Le Fondazioniorganizzano

mostre e workshopa Modena, Biella,Lucca e Treviso

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cultura

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FESTIVAL CULTURALI: AGLI ADOLESCENTIPIACCIONO DI PIÙ, SE PARTECIPANO

30 agosto - 1° settembreSarzana (Sp)Decima edizione del Festival dellaMente, promosso dalla FondazioneCarispe. Tre giorni di appuntamenti perparlare di creatività e processi creativi.www.festivaldellamente.it

6-8 settembre - Carrara“America Latina. Dal Messico allaTerra del Fuoco” è il titolo dell’otta-va edizione del Festival Con-viverepromosso dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Carra ra. Otre cinquantagli appuntamenti in programma traconferenze e tavole rotonde, spetta-coli di musica e ballo, mostre, labo-ratori per bambini e tanto altro. www.con-vivere.it

30 settembre - 31 ottobreParmaNell’anno del bicentenario della nasci-ta del compositore, si tiene il FestivalVerdi. L’ap punta -mento prevede con-certi, lezioni edeventi dedicati aibambini per avvici-narli al mondo dellalirica. È sostenutoda FondazioneCariparma eFondazione Montedi Parma.www.festivalverdiparma.it

23 ottobre - 3 novembreGenovaGiunge all’undicesima edizione ilFestival della Scienza di Genova. Iltema del 2013 è “Bellezza”. Vienerealizzato grazie al sostegno di Com -pagnia San Paolo e Fondazione Carige.www.festivalscienza.it

Fino al 6 dicembre - Padova“Vedere la musica”: è questo ilmotto di Musikè, la rassegna dimusica e danza promossa dallaFondazione Cariparo. Giunta allaseconda edizione, coniuga musicacontemporanea e disegni animati,teatro d’opera e teatro d’ombre,danza e installazioni multimediali.www.rassegnamusike.it

23 novembre - 15 dicembreLuccaSi tiene Photolux: tre settimane dimostre, workshop e dibattiti sultema della fotografia contempora-nea. L’evento è promosso dalleFondazioni Banca del Monte eCassa di Risparmio di Luccawww.photoluxfestival.it

calendario

Quali sono le ricadute di un festival? In particolare glieffetti sul territorio in cui si svolge? La FondazioneCassa di Risparmio della Spezia dal 2004 promuove ilFestival della Mente di Sarzana, un crocevia tra sapereumanistico, sapere scientifico e riflessioni intellettuali sultema dei processi creativi, in cui per tre giorni importan-ti pensatori italiani e stranieri instaurano una relazionestretta e diretta con il pubblico attraverso workshop, lec-tio, dialoghi e lezioni-laboratorio. Dopo aver volutoindagare le valenze economiche di questa tipologia diiniziative con la ricerca “Effettofestival. L’impatto eco-nomico dei festival di approfondimento culturale”, cura-ta da Guido Guerzoni e giunta nel 2012 alla sua quintaedizione, La Fondazione ha affidato a Matteo Lancini edElena Buday dell’Istituto Minotauro, diretto da GustavoPietropolli Charmet, il compito di condurre un’analisidell’impatto socio-culturale dei festival, partendo propriodall’esperienza del “Festival della Mente”, la cui prossi-ma edizione – la decima – si svolgerà dal 30 agosto al 1°settembre 2013 (www.festivaldellamente.it).In quasi tutti i festival di approfondimento culturale lafigura del volontario è una componente ricorrente e fon-damentale, considerata una risorsa preziosa sia dagliorganizzatori sia dal pubblico, in quanto parte integrantedella macchina organizzativa dell’evento; così a questoaspetto specifico la ricerca voluta dalla Fondazione hadedicato un’attenzione particolare. Ne è nato il volume

“Effettofestival. Adolescenti”, che offre strumenti di com-prensione utili anche per altri organizzatori di festival ita-liani e operatori del settore, ma soprattutto mostra che sesi avvicinano i giovani, anche i più giovani, alla culturarendendoli partecipanti attivi dell’iniziativa si riesce afidelizzarli anche per il futuro. L’elemento più importan-te che emerge dall’indagine è, infatti, la crescita della par-tecipazione da parte di giovani e adolescenti che essendo-si avvicinati al “Festival della Mente” come volontariadesso sentono il bisogno di continuare a parteciparvicome fruitori paganti: dal 2007 al 2009 la fascia 14-17anni è passata dallo 0,8% al 3% e la fascia di pubblico 18-24 anni dal 5,8% al 12%. Ma perché è aumentata inmaniera così significativa la partecipazione di adolescen-ti e di giovani? Charmet spiega che coloro che ora parte-cipano sempre più numerosi al Festival sono spesso pro-prio gli ex-volontari: cresciuti e memori di un’esperienzafelice, ora acquistano i biglietti come pubblico normale.Giulia Cogoli, ideatrice e organizzatrice del Festival, sindal primo anno ha voluto che fossero coinvolti gli adole-scenti per realizzare, coordinati da adulti, molte piccolema importanti attività organizzative; e oggi è evidentel’estrema positività dell’esperienza: da 100 volontari nel2004 si è arrivati allo standard di 600, con un coinvolgi-mento complessivo in dieci anni di circa 4mila ragazziche, man mano, sono poi diventati partecipanti effettiviall’iniziativa. È evidente che questi ragazzi da volontari

non solo lavoravano alacremente, ma nel frattempo tene-vano le orecchie aperte e i cervelli attenti, ascoltavano,imparavano e, soprattutto, assimilavano l’esempio dimigliaia di persone che in un week-end estivo si metto-no in coda per sentire un matematico o un filosofo.Divenuti più grandi e autonomi, i giovani ripercorronoquell’esempio andando a sentire matematici e filosofi,ma questa volta comprando il biglietto. «L’esempio erastato dunque trasmesso – afferma la Cogoli – e la curio-sità si era trasformata in necessità».I giovani che partecipano come volontari al Festival dellaMente provengono in gran parte dalle scuole superioridella provincia della Spezia e delle province limitrofe,ma non mancano studenti universitari dell’intero territo-rio nazionale. Fin dalle prime edizioni il loro ruolo è statocertamente quello di contribuire all’organizzazione dellamanifestazione: ma in maniera proattiva, partecipandoda protagonisti a tutte le fasi dell’evento e sperimentan-do occasioni importanti di crescita personale, di socializ-zazione e di approfondimento dei vari temi trattati. Irisultati della ricerca “Effettofestival. Adolescenti” testi-moniano, con dati non solo quantitativi ma qualitativi, lerelazioni e i valori che questa esperienza genera nei gio-vani volontari. Grazie al coinvolgimento attivo nel-l’evento, essi percepiscono stimoli maggiori e diversirispetto ai semplici spettatori, si sentono gratificati e siappassionano ai contenuti culturali degli incontri.

«È compito di enti e istituzioni culturali, incluse leFondazioni di origine bancaria, che numerose sostengo-no festival di approfondimento culturale, far sì che talistimoli non vadano dispersi, ma valorizzati come ilmiglior frutto dell’investimento culturale» affermaMatteo Melley, presidente della Fondazione Carispe.«Iniziative come il Festival della Mente costituiscono unimportante contributo alla valorizzazione delle varieforme di espressione culturale del nostro Paese e segna-no il definitivo abbandono da parte delle Fondazioni diorigine bancaria del tradizionale ruolo di sponsor perassumere quello più attuale di vero e proprio investitoreculturale – continua Melley –. Tale processo di trasfor-mazione ha trovato diffusi esempi proprio nel settore deifestival, ove si tende sempre più ad accompagnare l’ero-gazione di contributi economici all’assunzione di diretteresponsabilità organizzative, adottando modelli di pro-grammazione e analisi simili a quelli che caratterizzanoun investimento di tipo economico. Per la nostraFondazione tale mutamento si è compiutamente realizza-to con il Festival della Mente, la cui ideazione da parte diGiulia Cogoli è stata preceduta nel 2003 da un’analisi dimercato volta alla mappatura dei festival all’epoca esi-stenti e allo studio delle varie espressioni della domandadi eventi culturali, in modo da individuare temi non anco-ra esplorati e modelli organizzativi e gestionali in gradodi garantire all’iniziativa sostenibilità a lungo termine».

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A Parma quattroazioni anti-crisi

«Frutto della carità cristiana e della solidarietàcivile». Sono state queste le parole che il cardinaleAngelo Bagnasco, presidente della Cei, ha pronun-ciato per definire la nuova Casa dell’Accoglienzadi Pescara in occasione della sua inaugurazione il20 giugno scorso. Si tratta di un complesso checomprende una mensa per 180 persone e uno spa-zio per ospitare fino a 60 senzatetto. È stata realiz-zata dalla Caritas diocesana di Pescara-Penne, coni fondi dell’otto per mille, in uno spazio messo adisposizione dalla Fondazione PescarAbruzzo. Lestanze (40 per gli uomini e 20 per le donne) sonotutte climatizzate e dotate di armadi, comodini eservizi igienici personali. Lungo i corridoi ci sonotelecamere per controllare il corretto utilizzo deglispazi. Sono state realizzate anche alcune camereper ospiti disabili, con spazi e toilette facilmenteaccessibili. «La città di Pescara e la nostra regio-ne – ha dichiarato Nicola Mattoscio, presidentedella Fondazione Pescarabruzzo – hanno final-mente un luogo funzionale in cui sarà possibileaiutare a far riconquistare dignità e sicurezza aitanti che le vicende esistenziali e sociali costringo-no ai margini della vita comune». Pienamente insintonia le parole del cardinal Bagnasco, che haillustrato il senso dell’iniziativa: «Voglio ricordar-vi che l’Italia buona esiste; e lo dico perché certerappresentazioni di maniera vorrebbero farci cre-dere a uno sfascio generale, alla chiusura di ognu-

no nel proprio recinto individuale, per la serie “sisalvi chi può”. Ma quando si vive in una societàcome la nostra non vale il “si salvi chi può”, ma siconcepisce come una famiglia: o insieme o tuttiaffondiamo... Negli altri paesi la carità è intesacome rispondere a dei bisogni che esistono, comela fame, le malattie; in Italia è concepita comerisposta a delle persone che hanno dei bisogni e il

primo bisogno è il non sentirsi soli: è la solitudineche uccide più della fame. Mi auguro che laCittadella dell’Accoglienza diventi sempre più“casa”, “famiglia”: la famiglia è il luogo dellerelazioni buone che ci permettono di avere fiducia,di non sentirci soli. La Cittadella allo stesso mododovrà essere la “rete” che mi pensa con benevo-lenza e mi accompagna nella vita».

L’ITALIA BUONA ESISTE!

La Fondazione Cassa di Rispar miodi Imola, attraverso il suo ente stru-mentale Centro per lo SviluppoEconomico del territorio imolese,ha donato 25 defibrillatori semiau-tomatici ad altrettante strutturesportive del proprio territorio. Il 14settembre 2012 è entrata, infatti, invigore la Legge Balduzzi che, nellavolontà di innalzare la sicurezza perla salute, ha introdotto una serie dimisure preventive obbligatorierivolte ai centri sportivi multidisci-plinari: per tutte le società sportive èprevisto l’obbligo di dotarsi di defi-brillatori semiautomatici e di altridispositivi salvavita. A circa unanno dall’entrata in vigore dellalegge sono ancora poche le societàsportive munite di queste apparec-chiature. Sono principalmente le

ragioni economiche (un defibrilla-tore ha un costo medio di 900/1.000euro) a far sì che palestre, palazzet-ti dello sport e campi di calcio nonabbiano ancora in dotazione leattrezzature richieste. Dunque que-sta iniziativa della Fondazione CrImola è particolarmente importan-te. È necessario estendere semprepiù in Italia l’educazione al soccor-so cardio-rianimatorio, diffondendol’utilizzo di defibrillatori semiauto-matici esterni. Applicare subito ildefibrillatore significa sapereimmediatamente se ci si trova difronte a un arresto cardiaco dafibrillazione ventricolare e que-st’immediatezza consente di salva-re la persona. La scossa salvavita dàil massimo successo se erogataentro i primi cinque minuti. Ogni

anno in Italia circa 60mila personemuoiono per una crisi cardiacaimprovvisa. Molte di loro potrebbe-ro essere salvate con i Dae, apparec-chi che per essere utilizzati richiedo-no soltanto un corso di addestra-mento della durata di poche ore. LaFondazione Cassa di Risparmio diImola è così voluta intervenire subi-to e in maniera efficace su questoproblema, venendo in aiuto dellesocietà e associazioni sportivefacenti parte del territorio imolese.Da parte delle società vi è l’impe-gno a formare il personale per l’uti-lizzo delle strumentazioni. In questosaranno assistite dal l’Ausl imolese,che ha dato la propria disponibilità agestire la distribuzione dei defibril-latori e a formare gratuitamente ilpersonale che dovrà utilizzarli.

Un Paese in difficoltà, sul quale l’ombra dellacrisi si allarga sempre più: è questa la recentefotografia che l’Istat ha dato dell’Italia, confasce sempre più ampie della popolazione alladeriva verso preoccupanti condizioni economi-co-sociali. Anche Parma e la sua provinciavivono le medesime difficoltà: dati certi parlanodi oltre 2.500 famiglie (8.500 persone) fino aieri abituate a una vita dignitosa che oggi, aseguito delle pesanti ripercussioni della crisi,sono precipitate in condizioni di grave difficol-tà economica, precarietà e disagio.Una situazione straordinaria che impone a istitu-zioni, enti e terzo settore di ottimizzare le risorsee adottare strategie comuni: per questo la Fon -dazione Cariparma ha posto le basi per la firma diun accordo d’intesa volto a una progettualità con-divisa e partecipata in tema di sviluppo dellacomunità, di contrasto alla povertà e di politichein favore dell’inclusione sociale. Firmatari del-l’accordo sono: Comune di Parma, Provincia diParma, Fondazione Caritas “S. Ilario”, ForumSolidarietà, Consorzio Solidarietà Sociale, ForumProvinciale del Terzo Settore di Parma eFondazione Cariparma. L’intesa di articola inquattro macroazioni. Innanzitutto predisporre erealizzare un database comune per sostenere lacostruzione e il rafforzamento della rete di comu-nità. Il database consentirà la condivisione deidati anagrafici, delle informazioni relative allesituazioni famigliari, dei bisogni di sussistenza inemergenza, degli interventi già attivati (il tuttonel rispetto delle norme sulla privacy e delle esi-genze dei soggetti coinvolti). In secondo luogocreare una piattaforma alimentare che raccolga eredistribuisca prodotti sul territorio, attraverso unsoggetto locale qualificato; non un’alternativa aquelle realtà che già oggi svolgono il ruolo diintermediari tra produttori, grande distribuzione eorganizzazioni benefiche, bensì un unico sogget-to garante e gestore di un dialogo con le aziende,per realizzare uno sforzo straordinario e auspica-bilmente temporaneo. Alla piattaforma hannodato adesione e sostegno: Unione ParmenseIndustriali, Ascom, Confesercenti, Apla, Grup poImprese Artigiane, Coldiretti, Confco operative,Lega coop. La terza macroazione vede l’impegnodei firmatari dell’accordo a lavorare in sinergiaper mettere in campo azioni che creino nuoveopportunità occupazionali per coloro che attual-mente sono in carico ai servizi sociali o assistitida enti non profit: insomma, il lavoro al centro,non solo come diritto ma come opportunità perricollocarsi in modo attivo nella società, ritrovan-do la propria autonomia. L’ultima macroazione èquella di sviluppare percorsi che favoriscanol’inclusione sociale e il consolidamento delle retid’aiuto. La scommessa è generare benessere,attraverso progetti che si autoalimentino, fondatisulle relazioni, cosicché la comunità cittadinasappia intercettare e accogliere i bisogni di chi èpiù in difficoltà. Partecipazione, sviluppo comu-nitario, coesione sono alcune parole chiave diquesto lavoro sociale.

PER SALVARE UNA VITABASTA UN DEFIBRILLATORE

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welfare

FONDAZIONI Luglio - Agosto 2013

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FONDAZIONIComitato EditorialeMarco Cammelli, Giuseppe Ghisolfi,Antonio Miglio

DirettoreGiorgio Righetti

Direttore ResponsabileLinda Di Bartolomeo

RedazioneArea Comunicazione Acri - Associazione diFondazioni e di Casse di Risparmio SpaVia del Corso, 262/267 - 00186 RomaTel. 06 68184.236 - [email protected]

Autorizzazione Tribunale di Roman° 135 del 24/3/2000

SpedizioneTariffa regime libero 20/D - Poste Italiane SpaSpedizione in Abb. Postale - 70% - DCB Roma

StampaIag Mengarelli - Via Cicerone, 28 - 00193 RomaTel. 06 32111054 - Fax 06 32111059

CODICE ISSN 1720-2531

Un contributo innovativo alla lettura delle vicen-de del Mezzogiorno è arrivato in questi giorni daCarlo Borgomeo: un uomo che è nato al Sud, cheama il Sud, ma che è capace di coglierne lucida-mente le contraddizioni. Nel volume“L’equivoco del Sud”, appena uscito per i carat-teri di Laterza (12 euro), senza voler rappresen-tare organicamente il tema l’autore prova a illu-minarlo con una luce nuova, che trova nella chia-ve socio-politica la sua declinazione principale.Il costrutto di fondo è che la coesione sociale èuna premessa e non l’effetto dello sviluppo. Unassunto frutto dell’esperienza diretta diBorgomeo più ancora di quanto non lo sia la suapur chiara adesione ad ormai riconosciute basiteoriche. È, infatti, profondo conoscitore dellarealtà economica e sociale meridionale, avendo gestito per quattordici annigli interventi di promozione dell’imprenditorialità giovanile (legge 44) e diautoimpiego (prestito d’onore) nonché svariati progetti come amministrato-re delegato di Sviluppo Italia ma, soprattutto, per il sostegno che dà in qua-lità di presidente della Fondazione con il Sud, da circa quattro anni, a nume-rose iniziative di infrastrutturazione sociale nel Mezzogiorno.Il divario principale tra il Nord e il Sud del Paese, sostiene Borgomeo, èsenz’altro nella ricchezza, ma il divario maggiore è nei diritti di cittadi-nanza, nella scuola, nei servizi sociali, nella cultura della legalità.Problemi sui quali si interviene in un’ottica risarcitoria, redistributiva, dicorrezione degli effetti perversi della crescita. Sicché il rafforzamento ela qualificazione dello spirito e della prassi comunitaria, la valorizzazio-ne del capitale sociale, sembrano correre su una linea parallela rispettoalle politiche che vengono adottate per lo sviluppo. La coesione socialeè, invece, fattore essenziale di sviluppo auto-propulsivo, come l’autorestesso ha potuto sperimentare da presidente della Fondazione con il Suda fianco delle organizzazioni del terzo settore del Mezzogiorno. Dunqueè da qui che bisogna ripartire. Bisogna, però, che il terzo settore riesca aporsi come interlocutore non marginale, non episodicamente “associato”alle scelte più complessive per lo sviluppo. Bisogna che assuma unamaggiore consapevolezza del suo ruolo politico. E il libro di Borgomeoè senz’altro un aiuto in questo senso, uno stimolo ad acquisire una mag-gior consapevolezza di sé anche come classe dirigente.

LO SVILUPPO PARTEDALLA COESIONE SOCIALE

Dalle piae causae del diritto romanoalle moderne organizzazioni filantro-piche, dalle fondazioni civili a quelledi origine bancaria, di impresa e dicomunità, nel volume “Le Fonda -zioni. Il motore finanziario del terzosettore” (Il Mulino; 9,80 euro) GianPaolo Bar betta racconta come nasco-no e che cosa sono le fondazioni, for-nendone un quadro organico ed esau-stivo. È subito chiaro che esse si con-figurano come istituzioni antiche emoderne allo stessotempo: antiche non soloper le origini romane,ma perché alcune di essevantano de cenni e avolte secoli di vita; mo -derne perché sono istitu-zioni capaci di affrontarei problemi sociali di oggiattraverso iniziative fi -lantropiche finalizzate albene co mune, ancor piùessenziali là dove il wel-fare pubblico non è piùin grado di dare da solorisposte a bisogni vecchie nuovi. Le fondazioni, dunque,soprattutto dagli anni Novanta in poi,sono state “riscoperte”, proprio perchéadatte ad affrontare i problemi dellasocietà contemporanea, dimostrando-si capaci di sperimentare nuovimodelli che favoriscono la collabora-zione tra attori diversi del territorio.Alle Fondazioni di origine bancariaBarbetta dedica un intero capitolo, deli-neandone l’origine “da banche a fonda-

zioni”, le trasformazioni “dalla nascitaper caso al mestiere della fondazione”fino a individuare quali “ruoli possibi-li”. Secondo l’autore esse dovrebberoavere il compito di sperimentare esostenere l’innovazione sociale: unruolo che né le amministrazioni pub-bliche né il mercato possono assolvereagevolmente. «La conoscenza prodot-ta viene poi condivisa con i policymakers (pubblici o privati) – affermal’autore – cui spetta la diffusione su

scala universale delleinnovazioni che hannomostrato la propriaefficacia». Ecco cheallora la sussidiarietà,che rappresenta il nodofondamentale nel siste-ma di welfare moder-no, non si traduce solonel sostegno economi-co da parte delle Fon -da zioni alle ammini-strazioni pubbliche o alterzo settore, ma asse-gna ad esse un ruolocruciale per la produ-

zione delle “policy”. «Se le Fondazionidi origine bancaria si eserciterannosempre più in questo ruolo – sostieneBarbetta – e se a questo le sollecite-ranno le amministrazioni pubbliche edel terzo settore (anziché limitarsi achiedere loro di tappare qualche fallanei finanziamenti), il sistema di welfa-re italiano potrà agevolmente aumen-tare il proprio tasso di pragmatismoe, di conseguenza, di efficacia».

Quattro milioni di euro destinati a 59 progetti, dicui 46 provenienti dalla provincia di Padova e 13dalla provincia di Rovigo. È questo l’esito dellaselezione delle 127 richieste pervenute comples-sivamente al “Progetto Sociale”, bando promossodalla Fondazione Cariparo con l’obiettivo disostenere interventi sui temi dell’integrazione,della disabilità e della socializzazione. La parteci-pazione era riservata ad enti e istituzioni non pro-fit delle province di Padova e di Rovigo, compre-si enti religiosi, associazioni e fondazioni, chesiano proprietari o gestiscano, senza finalità dilucro, strutture o servizi inerenti i temi del bandovolto a favorire: l’integrazione e l’inserimentolavorativo di persone in condizioni di disagio; ilmiglioramento dell’assistenza a persone con disa-bilità e il loro inserimento sociale; la socializza-zione tra persone di diverse generazioni. Sul fron-te dell’integrazione si è scelto di privilegiare pro-getti che, attraverso la realizzazione di strutture o

l’acquisto di beni, migliorassero i servizi di assi-stenza a persone in condizioni di disagio o arischio emarginazione e che ne promuovesserol’inserimento lavorativo. Sul fronte della disabili-tà lo scopo è stato quello di supportare iniziativeche, sempre attraverso la realizzazione di struttu-

re o l’acquisto di beni, potenziassero i servizi diassistenza, accoglienza e inserimento socio-lavo-rativo di persone con disabilità fisica, psichica osensoriale. Sul fronte della socializzazione, infi-ne, sono stati selezionati progetti che prevedesse-ro la realizzazione o il recupero di strutture aggre-gative per giovani e anziani: un modo per favori-re l’incontro tra coetanei e tra persone apparte-nenti a generazioni diverse, attraverso il lorocoinvolgimento in attività collettive.«L’alto numero delle richieste pervenute – hasottolineato Antonio Finotti, presidente dellaFondazione Cariparo – ci testimonia come ibisogni ai quali questa iniziativa si propone didare risposta siano particolarmente diffusi. Unfenomeno che, insieme all’elevata qualità deiprogetti esaminati, ci ha indotto ad aumentaredi un milione di euro il plafond destinato ini-zialmente al bando. Il sociale rimane il settoreprioritario d’intervento».

4 MILIONI DI EURO PER L’INCLUSIONEDI GIOVANI, ANZIANI E DISABILI

Le Fondazioni. Il motorefinanziario del terzo settore

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