Economia, appunti per una introduzione Sisto Bertolino · interessa a qualcuno che è disposto a...
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Economia, appunti per una introduzione
Sisto Bertolino
Indice
Capitolo 1. ECONOMIA E CAPITALISMO 4
Capitolo 2. L'impresa trasforma risorse in beni. 8
2.1. La tecnologia produttiva 8
2.2. Il dimenionamento dell'impresa 9
2.3. Le decisioni di produzione 12
2.4. La domanda di lavoro 14
2.5. la domanda di investimenti 14
2.6. la frontiera produttiva 15
2.7. Impresa e Imprese: esternalità e distretti 15
Capitolo 3. Le famiglie lavorano e consumano 18
3.1. Bisogni e preferenze 18
3.2. Individuo e tasse 20
3.3. lavoro e risparmio 21
3.4. l'individuo e gli altri: Ottimo Paretiano 23
Capitolo 4. Il Mercato 24
4.1. Concorrenza 26
4.2. Monopolio 26
4.3. Oligopolio 27
4.4. Concorrenza monopolistica 28
4.5. Il mercato del lavoro 29
4.6. Il mercato dei capitali 32
Capitolo 5. I beni pubblici 34
Capitolo 6. Lo Stato 37
6.1. Allocazione:Tassazione ottima. 37
6.2. Redistribuzione: economia del benessere. 41
6.3. Stabilizzazione: il ruolo macroeconomico. 46
3
CAPITOLO 1
ECONOMIA E CAPITALISMO
l' economia studia il modo in cui una società soddisfa i bisogni materiali dei
suoi membri.
Bisogni materiali sono quelli che si soddisfano con prodotti e servizi: i beni.
I beni, in economia, rappresentano tutto ciò che soddisfa un bisogno, quindi
interessa a qualcuno che è disposto a dare qualcosa in cambio.
Così come il cibo non arriva da solo alla bocca ma deve essere preparato, in
generale i beni non sono immediatamente disponibili in natura, per essere usati
devono essere prodotti.
Produrre signi�ca trasformare (dove trasformare signi�ca anche solo trasporta-
re) uno più materie prime in un prodotto �nito con il lavoro e attrezzi più o meno
complicati: impianti e macchinari che costituiscono il capitale.
Le materie prime, che si indicano in generale con il termine terra, i macchinari,
che costituiscono il capitale ed il lavoro sono le Risorse.
La nozione di capitale è tra le più critiche ed ambigue e da esso deriva il termine
che denota il nostro sistema economico: capitalismo.
Si ha capitalismo quando la maggior parte dei bisogni umani è soddisfatto
dalla produzione di imprese che e�ettuano il calcolo del capitale per mezzo della
moderna contabilità (Max Weber).
L'impresa è, quindi, l'unità fondamentale del nostro sistema economico ed una
intera branca dell'economia, quella aziendale, la studia.
L'impresa è presente nella storia da tempo immemore, spesso dedita a fabbi-
sogni militari, ma l'intera società poteva vivere senza di essa. Oggi no, anche i
prodotti più semplici, quale il pane, non sono più autoprodotti ma poche imprese
lo producono per tutti.
Non tutti i beni, però, possono essere forniti dalle imprese perché alcuni tipi di
bene o sono disponibili per tutti o per nessuno: sono i beni pubblici, per esempio le
strade, l'aria pulita, la difesa, l'ordine pubblico, la giustizia.
Un bene pubblico è tale se il consumo da parte di uno non preclude il consumo
ad altri (non rivalità), anzi se si vuole limitare il consumo bisogna sostenere dei
costi aggiuntivi (non escludibilità).
Ogni comunità deve a�rontare il problema dei beni pubblici oltre a quello dei
beni privati e questo compito è demandato allo Stato che li �nanzia con le Tas-
se (giusti�cazione economica dello Stato). La fantasia dei governi sulle tasse è
smisurata ma, fondamentalmente si pagano tasse sul reddito, tasse sul consumo
4
1. ECONOMIA E CAPITALISMO 5
(commercio) e tasse sul patrimonio.
La classi�cazione dei beni in pubblici e privati determina un con�ne chiaro
tra stato e mercato, con�ne che è stato reso variabile con l'introduzione dei beni
meritori: bene meritorio (o di merito) è un bene meritevole di tutela pubblica in-
dipendentemente dalla richiesta che ne fanno i potenziali utenti (a dispetto delle
preferenze dei consumatori,dice qualcuno). Il concetto è stato introdotto nella let-
teratura economica da R. Musgrave nel 1959, nell'ambito della classi�cazione dei
compiti del bilancio pubblico.
Il bene meritorio è un bene che soddisfa bisogni importanti per la collettività
(per es. l'istruzione, il servizio sanitario, i consumi necessari al minimo vitale, la
sicurezza per gli automobilisti fornita dalle apposite cinture ecc.) e nei riguardi
del quale il bilancio pubblico ha il compito di garantire una produzione ottimale,
rispetto a quella che si determinerebbe laddove il suo livello fosse rimesso alla sola
dinamica del mercato (produzione subottimale) imponendoli.
Possiamo, quindi de�nire il capitalismo come il sistema in cui c'è prevalenza
del mercato sullo stato (il suo opposto è il socialismo).
Il capitalismo ha potuto di�ondersi quando sono stati soddisfatti i presupposti
per la nascita e la proliferazione delle imprese:
- Libertà di acquisizione di merci e lavoro
- Tecnica razionale
- Diritto razionale
- Finanziarizzazione dell'economia
Libertà di acquisizione di merci e lavoro signi�ca diritti di proprietà de�niti e
tutelati, libertà di contrattare e possibilità di far valere i contratti quando non sono
rispettati (enforcement) ricorrendo ad una autorità costituita.
Tecnica razionale signi�ca poter calcolare con precisione i risultati di un pro-
cesso produttivo. Cioè sapere, per esempio, quanto farina, acqua e lievito energia
e lavoro servono per ogni chilo di pane.
Diritto razionale signi�ca leggi codi�cate con possibilità di prevedere l'esito di
una controversia.
Finanziarizzazione dell'economia signi�ca che la ricchezza è rappresentata da
titoli negoziabili. Il titolo più di�uso è la moneta che si scambia al valore nomi-
nale ed è mezzo di scambio, altri titoli sono azioni, che rappresentano la proprietà
delle imprese, ed obbligazioni che rappresentano impegno a versare la somma in
futuro. I titoli possono di�ondersi solo se sono garantiti da apposite istituzioni;
la Banca Centrale e la Borsa Valori sono presenti in tutti i Paesi sviluppati. La
banca centrale ha anche il compito di controllare quelle particolari imprese che sono
le banche: imprese che raccolgono risparmio e lo prestano contro il pagamento di
interessi. Benchè questo tipo di impresa si sia evoluto col capitalismo maturo essa
è preesistente all'impresa industriale. Le prime banche moderne risalgono infatti al
medioevo, quando la moneta era costituita da oro.
1. ECONOMIA E CAPITALISMO 6
Gli ore�ci iniziarono a custodire oro per conto dei commercianti a cui rilascia-
vano certi�cati di deposito. Quando ore�ci in città diverse iniziarono a riconoscere
i rispettivi titoli, fu possibile per i commercianti, non portare con sè l'oro ma so-
lo il titolo che non attraeva le bande di briganti imperanti in tutta Europa. A
destinazione cambiavano il titolo con oro e procedevano ai pagamenti.
Ben presto cominciarono a pagare direttamente coi titoli attraverso la �girata�
e successe che l'oro non lo ritiravano quasi mai così gli ore�ci avevano disponibilità
enormi che cominciarono a prestare. A quei tempi solo i re chiedevano prestiti
per fronteggiare le loro pazze spese e le loro guerre e gli ore�ci-banchieri divennero
molto potenti potendo in�uenzare i re.
Banche e Borsa con quei particolari istituti che sono le Assicurazioni costitui-
scono il sistema �nanziario.
Il sistema �nanziario consente di raccogliere i Capitali necessari alla costituzione
di grandi imprese e chi impiega capitale per comprare titoli viene compensato con
gli interessi ( Il tasso di interesse è il rapporto tra gli interessi percepiti e le somme
impiegate, espresso in percentuale) .
L'impresa, infatti, si costituisce conferendo un capitale iniziale, necessario per
acquisire impianti, materiali e lavoro, con la speranza di vederlo aumentare nel
tempo. Questo è possibile se l'impresa ha degli utili (di�erenza tra ricavi e costi)
necessari a ripagare i soci e farli guadagnare almeno da un un certo punto in poi.
Il calcolo dell'utile è possibile grazie all'esistenza della moneta che permette di
esprimere tutto in quantità monetarie e grazie alla moderna contabilità: la tecnica
di raccolta dei documenti, classi�cazione in conti e riepilogo nel Bilancio.
In pratica il bilancio si presenta sotto forma di due prospetti: Stato Patrimo-
niale e Conto Economico:STATO PATRIMONIALE 31/12/2013 31/12/2014ATTIVITA' 100Attività non correnti 60- immobili, impianti e macchinari 50- Attivita immateriali 10- Partecipazioni 0Attività Correnti 40- Rimanenze 10-Crediti Commerciali 20- Disponibilità Liquide 10PATRIMONIO NETTO e PASSIVITÀ 100Patrimonio netto dell'impresa 50- Capitale sociale 40- Riserve 5- Utili non distribuiti 5Passività non correnti 30- Debiti a lungo Termine 30Passività Correnti 20- Debiti Commerciali 15- Finanziamenti a Breve 0- Imposte e Tasse 5CONTO ECONOMICO 31/12/2013 31/12/2014Ricavi 200Altri Proventi 0Costo Materiali e servizi 100Lavoro 70Altri Costi 18Ammortamenti 12Oneri �nanziari 0Utile Prima delle imposte 30imposte 10Utile netto 20-
1. ECONOMIA E CAPITALISMO 7
-
Lo studio dell'economia richiede una certa familiarità coi bilanci che servono
a capire lo stato di salute di aziende ed enti. Il Bilancio fotografa l'azienda e
consente valutazioni sia interne che dall'esterno, per chi deve decidere di investire,
e può essere espresso in due equazioni:
Utile=Ricavi-Costi
Attività = Capitale Iniziale+Utile + Passività
Le attività sono tutto ciò che l'azienda possiede, il capitale è quello versato dai
soci eventualmente aumentato con gli utili passati e le passività sono le fonti di
�nanziamento ( fondamentalmente debiti).
L'equazione dice che tutto ciò che l'impresa possiede o lo ha pagato con i
suoi soldi o lo deve ancora pagare (debiti). I debiti possono essere normali debiti
commerciali (mi arriva prima la merce poi la pago) ma anche prestiti pluriennali,
tasse da versare etc. Il calcolo del patrimonio avviene di norma una volta l'anno.
Le voci evidenziate costituiscono i cinque blocchi usati nel calcolo degli indici
di bilancio, uno dei più importanti è il ROI= Utile/Capitale. Dal Bilancio si ha
ROI = UtileNettoAttivita
Il ROI è un indicatore della performance ma è anche il criterio guida degli
investimenti se valutato a priori, cioè a livello di previsione. Ogni investimento,
infatti ha senso se il sui ROI e maggiore del tasso di interesse del mercato, cioè
gli utili sono necessari , ma sono su�cienti solo se sono superiori a quelli che si
avrebbero semplicemente prestando i capitali ad altri.
Per stimare il ROI bisogna stimare gli utili futuri, quindi la di�erenza tra ricavi
e costi. I ricavi provengono dalle vendite e sono dati dalle quantità vendute per i
rispettivi prezzi ( R=Q*P) i costi sono dati dai materiali (anche qui quantità per
prezzo), il lavoro, che viene compensato col salario, ed il costo del capitale cioè am-
mortamento, che misura l'usura, e gli interessi per compensare chi ha prestato soldi
per l'acquisto del capitale, esso si esprime come r, tasso di �tto del capitale sicché
il costo è k*r . Altri costi e altri ricavi riguardano la gestione non caratteristica,
cioè non tipica dell'azienda.
Per sapere quanto capitale, quanto lavoro e quanti materiali occorrono nella
produzione è necessario conoscere la tecnologia.
CAPITOLO 2
L'impresa trasforma risorse in beni.
2.1. La tecnologia produttiva
All' economia non interessa come avviene la trasformazione di risorse in beni,
quello è il dominio della tecnica, ma interessa il quanto, ovvero quanto si può
produrre usando una data quantità di risorse, perché compito dell' economia e
ottimizzare l' impiego delle risorse per soddisfare i molteplici bisogni umani.
La tecnologia determina le combinazioni possili di risorse ed il prodotto rica-
vato, per esempio nella produzione del pane 100 kg di pane si fanno con un forno
e due lavoratori, farina lievito, acqua e legna. Per non entrare troppo nella tec-
nica l'economia generalizza le combinazioni possibili col concetto di funzione di
produzione.
La produzione dipende da quante risorse si usano, cioè la produzione è funzione
delle risorse q = f(k, l,m) In generale possiamo dire che sia il lavoro sia il capi-
tale sono necessari alla produzione e questi sono combinati in proporzioni dettate
dal processo tecnico che determina la forma della funzione di produzione ovvero
le quantità producibili, il meriale utilizzato sarà direttamente proporzionale alla
quantità prodotta m = γq. Ogni impresa ha la sua funzione di produzione ma per
tutte possiamo ipotizzare che aumentando un pò uno dei fattori, x, la produzione
aumenterà ∂q∂x > 0, l'aumento della produzione corrispondende ad un aumento uni-
tario della risorsa è detto produttività marginale ed è positiva, l'aumento però
tende a decrescere (aumenta sempre di meno) cioè e ∂2q∂x2 < 0 produttività marginale
decrescente.
Gli economisti, più che di rapporti tra grandezze, parlano di rapporti tra
percentuali che chiamano elasticità η = dqq /
dxx = dq
dxxq = q
′
q x .
La curva ad elesticità costante (un solo fattore) si ottiene integrando l'equazione
a variabili separabili dqq = η dxx che dà lnq = c+lnxηesprimendo la costante arbitraria
c come ln(a) si ha q = axη .
Se tutti i fattori hanno elasticità costante la funzione di produzione diventa la
più famosa funzione di produzione, la Cobb-Douglas
q = Akαlβ
con α < 1e β < 1 per questa funzione le produttività sono: ∂q∂k = Aαkα−1lβ = αq
k
analogamente ∂q∂l = βq
l e sono proporzionali alle produttività medie.
Per caratterizzare l'industria è importante la sostituibilità tra i fattori che viene
misurata dal Saggio Marginale di Sostituzione Tecnica (SMST) ovvero −dkdl = ∂q/∂l∂q/∂k
8
2.2. IL DIMENIONAMENTO DELL'IMPRESA 9
Tabella 1. alcune elasticità produttive
settore a b
ferrovie 0.12 0.89alimentari 0.35 0.72meccanica 0.26 0.71elettricità 0.67 0.20chimica 0.37 0.80
che misura l'aumento di k per una riduzione unitaria del lavoro. Per la Cobb-douglas
è δlδk = αl
βk che si ottiene dividendo membro a menbro le produttività.
La Cobb-Douglas è molto utilizzata perchè soddisfa i requisiti generali di pro-
duttività marginale decrescente ed in più è omogenea di grado a+b cioè moltipli-
cando i fattori per la stessa costante k la produzione viene moltiplicata perk(α+β)
per cui α+β rappresenta i rendimenti di scala che possono essere costanti, crescenti
o decrescenti. La Cobb-Douglas è stata generalizzata nella CES (constant elasticity
of substitution):
Y = b[αK−ρ + (1− α)L−ρ]−1/ρ
Che non useremo molto.
Queste considerazioni valgono per una singola impresa ma anche per interi
settori economici (l'auto, le costruzioni, l'agricoltura etc) ed anche per una intera
economia di un paese.
E' proprio dallo studio dell'economia degli stati uniti che è stata elaborata
la Cobb-Douglas che ha le proprità ipotizzate per la funzione tipica e può essere
facilmente stimata dai bilanci infatti prendendo i logaritmi dei due membri si ha:
ln q = α ln k + β ln l nei bilanci sono disponibili i dati sul lavoro e sugli impianti e
materiali che consentono di stimare i coe�cienti produttivi.
Il capitale, per de�nizione non varia con continuità e richiede tempo per essere
prodotto, oltre ad essere usato per più cicli produttivi, questo consente di de�nire
il breve periodo, con capitale �sso ed il lungo periodo, con capitale variabile.
Nel breve periodo la funzione di produzione diventa ad un solo fattore, il lavoro
e, nel caso della Cobb Douglas q = alβrappresentata nella �gura seguente insieme
alla produttività. Lontano dallla saturazione, questa può essere approssimata con
una funzione lineare q = al.
2.2. Il dimenionamento dell'impresa
Conoscendo la tecnologia produttiva l'imprenditore e�ettuerà una previsione
delle vendite, ovvero le combinazioni possibili tra quantità e prezzo che rappresen-
tiamo con la funzione delle vendite: q(p). Nota la funzione delle vendite l'impre-
sa sceglierà il livello di produzione che ottimizzerà il pro�tto: P (q) = R(q)− C(q)
dove R(q) è il ricavo e C(q) è la funzione di costo dell'impresa in funzione delle
2.2. IL DIMENIONAMENTO DELL'IMPRESA 10
Figura 2.1.1. funzione di produzione e produttività
quantità da produrre . La condizione necessaria per un massimo è l'annullamento
delle derivate prime che comporta dRdq = dC
dq Ricavo marginale = costo marginale.
Questa non è una legge ma una banalità, serve solo ad introdurre il linguaggio.
Dice che �nchè un euro speso in risorse rende più di un euro conviene continuare a
spendere. dopo l'uguaglianza un euro speso rende di meno e non conviene.
Per dare senso a questa formula, condiderato che il ricavo è prezzo*quantità,
occorre dare senso alla funzione di costo.
I costi che l'impresa sostiene sono i materiali il lavoro, ammortamento e interessi
passivi, che sono una percentuale del capitale impiegato, cioè
C = kr +mv + lw
Trascurando i costi dei materiali che si ricavano a posteriori, k ed l non sono
liberi ma legati dalla funzione di produzione, il problema consiste quindi nel trovare
il minimo costo sotto il vincolo della funzione di produzione ovvero:
min C = kr+lw vincolata a q = q(k, l). Lagrange ha dimostrato che il problema
si risolve trovando il minimo di una sola funzione, la Lagrangiana:
L = kr + lw − λq(k, l)dove λ è una nuova variabile detta moltiplicatore di Lagrange. le condizioni
del primo ordine sono r = λ ∂q∂k ;w = λ∂q∂l dividendo le ultime due troviamo la
condizione di ottimo dkdl = w
r che va risolta insieme alla funzione del vincolo che è
anche la derivata rispetto a λ.
La condizione di ottimo ci dice che l'impresa varierà l'impiego di capitale e
lavoro aumentando il fattore di cui il prezzo diminuisce.
Per la CD abbiamo r = λαqk ;w = λβql λ = lwβq k = lwαq
βqr , ovvero q =
a(αwβr )αlα+β e, quindi:
2.2. IL DIMENIONAMENTO DELL'IMPRESA 11
l = (βr
αw)
αα+β q
1α+β
che rappresenta la domanda di lavoro condizionata dal tasso di interesse. analo-
gamente
k = (αw
βr)
βα+β q
1α+β
rappresenta la domanda di capitale.
La funzione di costo, ovvero il costo in funzione della quantità si ottiene sosti-
tuendo queste formule nella de�nizione di costo, ponendo a=1:
C(q) = cq1
α+β
Dove è un valore che dipende dai coe�cienti di produzione, dal salario e dal
tasso di interesse c = (βα
αα+β + β
α
− βα+β )w
βα+β r
αα+β che possiamo scrivere come c =
c0V con
V = wβ
α+β rα
α+β è un indice dei prezzi dei fattori per l'impresa.
Il caso più semplice è α+β =1 in cui il costo viene ad essere una retta ed il costo
marginale una costante uguale al costo medio o unitario. In questo caso partendo
dalle previsioni di vendita p(q) avremo che il ricavo marginale sarà ddq (p(q)q) =
p′q + p = p(p
′
p q + 1) = p(−1η + 1) dove ηè l'elasticità delle vendite al prezzo cioè la
variazione di quantità corrispondente ad una variazione del prezzo in percentuale.
Il segno meno è inserito perchè questa elasticità è , di norma, negativa perchè la
quantità amumenta quando il prezzo scende e viceversa.
La condizione di ottimo sarà
p(1− 1/η) = c
p =η
η − 1c
Ovvero il prezzo è �ssato come un mark-p del costo ed il fattore moltiplicativo
dipende dall'elesticità delle vendite. Per ηmolto alto il prezzo viene a coincidere
col costo margimale. Fissato il prezzo dalla funzione delle vendite si ricava la
quantità ottimale che determina il capitale necessario (investimento) ed il numero
di lavoratori impiegati.
Risultati simili si hanno con l'approccio della massimizzazione del pro�tto in-
teso come massimo di pf(k, l) − kr − lw le cui condizioni del primo ordine sono
p∂f(k,l)∂k = r ep∂f(k,l)
∂l = w la derivate rispetto a k (l) rappresenta l'aumento di
produzione con un aumento unitario di capitale (lavoro) ed è detta produttività
marginale del capitale (lavoro) e le equazioni di cui sopra dicono che il salario è de-
terminato dalla produttività del lavoro e l'interesse è determinato dalla produttività
del capitale.
Dividendo membro a membro le equazioni sopra ci dicono che ∆l/4k = r/w
Cioè il rapporto tra tasso di interesse e salario è determinato dal saggio marginale
2.3. LE DECISIONI DI PRODUZIONE 12
si sostituzione tecnica SMST tra lavoro e capitale che è un dato tecnico del settore.
Per una impresa rappresentata da una Cobb-douglas q = Akαlβ avremo ∂q∂k =
Aαkα−1lβ = αqk = r
pquindi
k =αqp
r
e ∂q∂l = βq
l = wp cioè
l =βpq
w
. In questo caso rkwl = α
β le costanti tecniche determinano il rapporto in valore tra
capitale e lavoro impiegato.
La domanda di un fattore è inversamente proporzionale al suo prezzo e di-
rettamente proporzionale al valore del bene venduto, cioè la domanda dei fattori
aumenta col l'aumento del prezzo del prodotto. in generale ∂l∂p > 0, ∂l
∂w < 0.
Per quanto riguarda la relazione tra quantità prodotta e prezzo, ovvero l'o�erta
dell'impresa, sostituendo le espressioni di l e k nella funzione di produzione si ha
la funzione di o�erta : q(p) = q(k(p), l(p))quindi dqdp = ∂q
∂ldldp + ∂q
∂kdkdp > 0 la
quantità prodotta cresce col crescere nel prezzo q(p) rappresenta la curva di o�erta
dell'impresa. e, dato che la somma di funzioni crescenti è crescente abbiamo anche
che la curva di o�erta di settore è crescente, più aumenta il prezzo più è conveniente
produrre.
2.3. Le decisioni di produzione
Nel breve periodo k è costante, l può essere ricavato dalla funzione di produ-
zione
l = (q
a)
1β
che rappresenta la domanda di lavoro per per un dato livello produttivo, m è
proporzionale a q per cui
C(q) = kr + γqv + (q
a)
1βw
che è una forma generale di breve periodo. β < 1, se lo supponiamo 1/2 abbiamo
una forma semplice C(q) = kr + γvq + w( qa )2 che rappresenta una parabola in q.
Il costo Marginale è, quindi
dC
dq= γv +
1
βw(q
a)
1−ββ
che nel caso di β = 2diventa una retta crescente dcdq = γv + 2wqa .
Se ipotizziamo il prezzo dipendente dalla quantità p(q) avremo che il ricavo
marginale sarà ddq (p(q)q) = p
′q+p = p(p
′
p q+1) = p(−1η +1) dove ηè l'elasticità delle
vendite al prezzo cioè la variazione di quantità corrispondente ad una variazione
del prezzo in percentuale. Il segno meno è inserito perchè questa elasticità è , di
norma, negativa perchè la quantità amumenta quando il prezzo scende e viceversa.
La condizione di ottimo sarà
2.3. LE DECISIONI DI PRODUZIONE 13
Figura 2.3.1. funzione dei costi
p(1− 1/η) = γv +w
β(q
a)
1−ββ
che rappresenta la funzione di o�erta inversa dell'impresa, cioè il prezzo in funzione
della quantità. Questa, in verità è la forma più utilizzata per le funzioni di o�erta
e di domanda perchè si possono confrontare coi costi. Sempre per β = 12 si avrà
p(1− 1/η) = γv + 2wa q ovvero la quantità ottimale sarà
q =(p(1− 1/η)− γv)a
2w
La quantità ottimale dipende quindi oltre che dalla tecnologia, rappresenta da
γ, β, a dal prezzo del prodotto, e dai prezzi dei fattori, v e w, e dalla elasticità delle
vendite.
All'impresa, in�ne, interessa il costo per unità prodotta (costo medio o unitario)
che è quello che confronta col prezzo.
Il costo medio (o costo unitario) sarà
C(q)
q=kr
q+ γv +
w
aq
che rappresenta la somma di una retta ed una iperbole equilatera ed assume la
caratteristica forma ad u riportata in tutti i testi di microeconomia.
Il minimo di questa curva, cioè il minimo costo unitario si ha quando la derivata
prima è nulla: dCM (q)dq = −krq2 + w
a = 0 ovvero q =√
awkr
Il costo marginale è una retta crescente che incontra la curva del costo unitario
o medio nel suo minimo, infatti il punto di incrocio è krq + γv + w
a q = γv + 2wqa da
cui kr + wa q
2 = 2wa q
2 kr = wa q
2 q =√
awkr
In generale il minimo del costo medio richiede (d(C/q))/dq = 0 ovvero 1q (dCdq −
Cq ) = 0 ovvero CMe=Cma.
Una sempli�cazione utile per lo studio dei mercati è quando β = 1ovvero q = al
funzione di produzione lineare. In questo caso costo medio tende al costo marginale
al crescere della quantità
2.5. LA DOMANDA DI INVESTIMENTI 14
C(q) = kr + γvq + wa q = kr + (γv + w
a )q
CMA = (γv + wa ) costo dei materiali per la loro incidenza e costo del lavoro
diviso la produttività.
CM = (γv + wa ) + kr
q
la quantità prodotta si ricava da γv + 2wqa = p(1− 1/η) cioè
q = (p(1− 1η )− γv) a
2w .
Funzione di o�erta dell'impresa, crescente al prezzo,
2.4. La domanda di lavoro
Dall'o�erta dell'impresa. q(p), sostituendo nella funzione di produzione otte-
niamo la domanda di lavoro:
l = (q/a)2 = (p(1−1/η)−γv2w )2
la domanda di lavoro è decrescente al suo prezzo, il salario.
Una sempli�cazione utile per lo studio dei mercati è quando β = 1ovvero q = al
funzione di produzione lineare. In questo caso costo medio tende al costo marginale
al crescere della quantità e la domanda di lavoro diventa
l = 1aq = (p(1− 1
η )− γv) 12w
ancora decrescente al salario.
2.5. la domanda di investimenti
Il capitale non si adegua istantaneamente, anzi esso varia per e�etto degli inve-
stimenti Ite la teoria della produttività marginale non spiega l'investimento. tranne
quello iniziale. Dato che la produzione e installazione di nuovo capitale richiede
tempo ed altrettanto complicato è dismetterlo, la sua legge di variazione è
Kt+1 = Kt(1− δ) + It
Una impresa investe sia per ammodernare il capitale, sia per adattare il rappor-
to capitale/lavoro al rapporto tra salario e lavoro, sia e principalmente, per aumen-
tare le vendite, produrre nuove varietà ed entrare in nuovi mercati. L'innovazione
di prodotto e di processo sono le basi dello sviluppo economico. L'nvestimento si
fa se si ripaga in un tempo ragionevole ovvero se l'aumento di utile, scontato ad un
tasso soggettivo uguaglia l'investimento It = Ut+1−Ut1+ρ da cui ρ = 4U−It
Itdetto ROI
(Return On Investments).
Naturalmente l'nvestimento ha senso se ρ >= r tasso di interesse di mercato.
Ogni direttore d'impresa sa che per e�ettuare un investimento deve riempire la
scheda dell'nvestimento valutendo la riduzione di costo e, quindi, l'investimento.
in sintesi l'investimento è funzione delle aspettative di vendita ed inversamente
del tasso di interesse. Se esprimiamo l'utile come percentuale del fatturato abbiamo:
It =ν
1 + r(Yt+1 − Yt)
Dove Y è il fatturato.
2.7. IMPRESA E IMPRESE: ESTERNALITÀ E DISTRETTI 15
In un contesto dinamico le elasticità produttive dei fattori di settore tendono
ad essere stabili mentre varia la produttività totale dei fattori, per cui sul lungo
periodo l'impresa è rappresentata da due equazioni
Kt+1 = Kt(1− δ) + It
Yt = AtKαt L
βt
con queste equazioni è possibile, per esempio, studiare l'andamento del capitale e
del fatturato per una impresa che investe una percentuale �ssa del fatturato It = sYt
lo ha fatto Solow nel suo celebre modello in un contesto continuo.
2.6. la frontiera produttiva
Se l'impresa produce più beni invece della funzione di produzione si ricorre alla
funzione di trasformazione che viene espressa in forma implicita f(qi,, k, l) = 0.
Per un dato valore di k ed l questa funzione rappresenta la capacità produttiva
dell'impresa y = y(q1, qn), o frontiera di produzione corrispondente a tutte
le combinazioni e�cienti tra i prodotti. Su questa funzione possiamo dire che per
aumentare la produzione di un bene bisogna ridurre quella degli altri quindi dqidqj< 0e
questa diminuzione aumenta sempre di più, cioè d2qidq2j
> 0 otre un certo punto, per
aumentare di poco la produzione di qi bisogna ridurre molto qj il rapporto tra le
variazioni di quantità è detto saggio marginale di sostituzione dei prodotti
SMP. Per scegliere la combinazione produttiva ottimale l'impresa deve passimizzare
il pro�tto, e se i fattori sono dati deve massimizzare i ricavi R =∑qipi nel caso
di due prodotti, esplicitando la relazione tra q1 e q2 abbiamo che l'impresa deve
massimizzare R = q1(q2)p1+q2p2che è funzione solo di q2 quindi dRdq2 = p1dq1dq2
+p2 =
0 da cui dq1dq2
= −p2p1 cioè il SaggioMarginale di sostituzione deve essere uguale al
rapporto inverso dei prezzi.
2.7. Impresa e Imprese: esternalità e distretti
L'impresa teorica si riduce ad una funzione di produzione. Nella realtà le impre-
se esistono in luoghi �sici ed interagiscono tra di loro sia attraverso il meccanismo
del mercato sia anche attraverso conseguenze non volute della loro produzione: le
esternalità, positive o negative.
Le interazioni di mercato si realizzano sia nell'arena competitiva, sia nel mercato
business to business ovvero il mercato dei semilavorati; i cicli produttivi sono ormai
gestiti da più imprese che producono parti poi assemblate nel prodotto �nale.
Le interazioni di mercato dipendo dal contesto competitivo. Se l'impresa è la
solo produttrice si dice che agisce in monopolio ed e�ettua le scelte da sola, se
produce insieme ad altre deve tenere conto della loro esistenza che si manifesta
nella funzione delle vendite.
2.7. IMPRESA E IMPRESE: ESTERNALITÀ E DISTRETTI 16
Le interazioni non di mercato sono dette esternalità. La più nota è sicuramente
l'inquinamento che produce costi sociali ma può in�uire direttamente su altre im-
prese, per esempio inquina un lago dove si allevano pesci e/o si esercitano attività
turistiche.
Naturalmente esistono anche esternalità positive, per esempio la conoscenza
che si scambia tra i produttori riguardo alle tecniche, ai materiali etc.
Le esternalità sono modellate come una in�uenza sulla funzione dei costi, quindi
date due imprese di cui la prima produce esternalità avremo:
c1 = c1(q1)
c2 = c2(q2,q1)
La massimizzazione del pro�tto totale comporterà la ricerca del massimo di
p1q1 + p2q2 − c1(q1)− c2(q1, q2)
le condizioni del primo ordine sono:
p1 = dc1dq1
+ dc2dq1
p2 = dc2dq2
la prima impresa (che produce esternalità) vede aumentare il suo costo margi-
nale di un valore pare alla esternalità, se negativa o diminuire il costo se positiva.
Questa impostazione consente anche una prima gestione delle esternalità nega-
tive: internalizzare il costo aggiuntivo all'impresa che le produce.
Il caso più noto di economie esterne positive è quello dei distretti industriali.
La tradizione distrettualista, sin dal contributo pionieristico di Alfred Mar-
shall, ha identi�cato nell'esistenza delle economie esterne all'impresa ma interne
al distretto le fondamenta della competitività di questi sistemi produttivi locali .
Esse consistono essenzialmente nel fatto che la pluralità degli attori presenti nel
distretto, operando in un contesto concorrenziale mitigato dalla presenza di una
subcultura condivisa e radicata, conseguono a livello sistemico, peculiari vantaggi
competitivi che, altrimenti, singolarmente, non sarebbero in grado di ottenere. In
altri termini, l'aggregazione spaziale di numerose imprese - ciascuna di esse ope-
rante in condizioni di e�cienza tecnica e organizzativa e compenetrate tra di loro
sul piano dei processi manifatturieri e commerciali - determina una particolare
condizione di e�cienza a livello di sistema produttivo complessivo. La natura dei
vantaggi economici, che discendono da queste economie esterne, possono rivelarsi
sotto tre diversi pro�li: riduzione dei costi di produzione, dei costi di transazione e
attivazione di dinamiche innovative di tipo incrementale. Infatti, la localizzazione
comune di molteplici imprese compenetrate produttivamente tra di loro determina,
per l'operare di diversi fattori, una riduzione dei costi di produzione (complessi-
vamente e genericamente intesi) di ciascuna di esse. D'altro canto, i meccanismi
di relazionamento delle imprese, unitamente alle caratteristiche di funzionamento
2.7. IMPRESA E IMPRESE: ESTERNALITÀ E DISTRETTI 17
del mercato comunitario - quali la trasparenza delle informazioni, la marginalizza-
zione e penalizzazione di comportamenti opportunistici, l'assenza di investimenti
transaction-speci�c, la frequenza delle transazioni ecc. - può assecondare una ri-
duzione dei costi transazionali . Resta, inoltre, da sottolineare che la circolazione
rapida delle idee e delle informazioni a livello orizzontale e l'interazione attiva tra gli
attori verticalmente o lateralmente compenetrati può condurre all'implementazione
di soluzioni innovative incrementali di prodotto o di processo.
Ma dove nascono le imprese/distretti? la geogra�a economica ha individuato
una serie di criteri. Il primo è quello dei costi di trasporto: le imprese nascono
in prossimità delle risorse se è più conveniente trasportare il prodotto �nito, si
localizzano in prossimità del mercato di sbocco se è più conveniente trasportare le
materie prime.
CAPITOLO 3
Le famiglie lavorano e consumano
3.1. Bisogni e preferenze
Benché esistano consolidate teorie sui bisogni umani, quale quella di Maslow
che, in �Motivazione e personalità� elenca cinque categorie: 1. Bisogni materiali
di sussistenza 2. Sicurezza 3. Socialità 4. Stima 5. Autorealizzazione, l'economia
non ha bisogno di una teoria dei bisogni, perché questi si manifestano attraverso le
preferenze. Indipendentemente dalla livello occupato sulla scala di Maslow l'indivi-
duo sceglie liberamente tra le alternative, vincolato solo dal suo vincolo di bilancio:
l'insieme dei beni scelti non può superare il reddito disponibile.
Ogni individuo ha a disposizione delle risorse, almeno la capacità di lavorare ,
da cui ricava un reddito I = kr + lw dove k rappresenta i beni capitali in possesso
del singolo, r il loro tasso di rendimento, l le ore(settimane, mesi) lavorate e w il
salario relativo. Il reddito (o una parte di questo) viene impiegato nell'acquisto
di un paniere di beni liberamente scelto. Il vincolo di bilancio si esprime con una
equazione:∑piqi = I Dove qi sono le quantità di beni disponibili e pi relativi
prezzi .
Naturalmente esistono in�nite combinazioni di quantità, dati i prezzi, che l'indi-
viduo ordina in base alle sue preferenze. Ipotizziamo che ognuno associa un numero
più alto ad una combinazione più gradita ottenendo così una funzione di preferenza
(detta per tradizione funzione di utilità) u = f(q1, q2..., qn), che, essendo ordinale
non cambia se si moltiplica per una costante, per cui il problema è trovare il mas-
sino dell'utilità vincolato dal bilancio. Lagrange ha dimostrato che il problema si
risolve trovando il massimo di una sola funzione, la Lagrangiana:
f(q1..., qn)− λ(∑piqi − I)
le condizioni del primo ordine consistono nel porre uguale a zero le derivare
rispetto a tutti i qi e rispetto a λ∂f∂qi
= λpi∂u∂λ =
∑piqi − I = 0
la derivata dell'utilità rispetto ad una quantità si chiama utilità marginale
e possiamo supporre che sia positiva, cioè, dato un paniere se aumento la quantità
di un bene lasciando inalterati gli altri avrò un paniere preferito, ma più aumento
meno desiderio ne avrò, cioè l'aumento tende ad essere sempre minore ∂2u∂q2 < 0
utilità marginale decrescente. Proprietà simili a quelle della funzione di produzione
per cui una funzione cobb-douglas rappresenta bene anche le preferenze, ma, la
cobb-douglas è nulla se uno dei fattori è nullo per cui avrei una utilità zero se solo
togliessi un bene dal paniere e questo è vero solo per alcuni beni (es zucchero e ca�è)
18
3.1. BISOGNI E PREFERENZE 19
Figura 3.1.1. utilità e utilità marginale
ma non in generale per cui si preferiscono altre forme per la funzione di utilità. Una
molto di�usa è la somma di CRRA elasticità costante per ogni bene e indipendenza
dei beni.
U(q1,qn) =∑ q1−σi
1− σiche , in presenza di un bene e di un male (quantità che preferisco diminuire,
come il lavoro) diventa
U(B,M) =B1−σ
1− σ− M1+η
1 + η
La condizione di ottimo mi dice che il prezzo giusto per una persona è propor-
zionale alla sua utilità marginale che, a sua volta dipende dalla quantità. Quando
ho poco cibo la sua utilità marginale è alta, quando ne ho tanto aumentarlo un pò
non mi serve tanto .
Questa è stata una rivoluzione nella teoria del valore. e' l'ultimo pezzo che sono
disposto a comprare a determinare il suo valore per me.
Un esempio: se ho fame una pizza la pagherò al prezzo che trovo, ma appena
calmata la fame un'altra la compro solo se ritengo giusto il prezzo se la compro
signi�ca che l'utilità che ne ricavo per me è superiore o uguale al prezzo.
Se consideriamo due beni i,j abbiano 4qi4qj =pjpi
= SMS saggio marginale di
sostituzione, per ogni individuo, date le sue preferenze le quantità di beni scelti
3.2. INDIVIDUO E TASSE 20
variano in modo inversamente proporzionale ai loro prezzi
per la CRRA ∂U∂qi
= q−σi che rappresenta una iperbole equilatera con assi coin-
cidenti con gli assi cartesiani. −σrappresenta l'elasticità dell'utilità al bene e la
condizione di ottimo diventa
pi = q−σi
che rappresenta una relazione tra prezzo e quantità detta domanda indivi-
duale.
Per preferenze cobb douglas abbiamo U = qα11 qα2
2∂U∂qi
= αiUq1
= pi cioè la
domanda di un bene dipende anche da tutti gli altri beni. 4qi4qj =pjpi
= SMS =αjαi
qjqi
questa equazione, unita al vincolo di bilancio ci dà un sistema di due equazioni per
trovare le quantità domandate; nel caso di due soli beni:α1q1α2q2
= p2p1
p1q1 + p2q2 = I
dove I è il totale destinato al consumo. la soluzione dà le quantità domandate
qi = αiα1+α2
Ipi
Le quantità domandate dipendono positivamente dal reddito e sono inversa-
mente proporzionali al prezzo. le preferenze ( α) determinano l'in�uenza di un
prodotto sull'altro.
Spesso si usa anche la domanda lineare qi = q0−q1p ;q0 rappresenta la quantità
massima richiesta dall'individuo al prezzo zero p1 la pendenza della curva è legata
alla elasticità e = − q′pq = p1p
q0−q1pE opportuno dire che le preferenze sono molto meno stimabili per un singolo
individuo per mancanza di dati e per l'elevata variabilità, anche se con le carte di
credito, gli acquisti in rete o le carte fedeltà, ogni impresa tenta di pro�lare i propri
clienti, ma questa non è una di�coltà teorica perchè servono molto di più le stime
di mercato che possono o no veri�care le ipotesi.
3.2. Individuo e tasse
La prima cosa che bisogna notare che non tutto il reddito dell'individuo è
disponibile per il consumo, una parte se ne va per le tasse sul reddito. inoltre i
prezzi dei beni del consumatore non sono gli stessi del produttore perchè lo stato
impone tasse sul consumo, anzi le principali tasse che uno stato esige derivano da
tasse sul consumo e tasse sul reddito.
Una tassa sul reddito riduce il potere di acquisto e varia le quantità domandate
infatti nel caso CD dqi = αiα1+α2
dIpi
quindi una variazione di reddito si riparte sulle
quantità in proporzione delle rispettive elasticità. Notare che l'elasticità al reddito
è 1. Se la tassa è in percentuale il nuovo reddito sarà I(1 − t)ovvero dI = tI che
comporta un abbassamento di tutte le quantità domandate in proporzione delle
loro elasticità soggettive.
Le tasse sul consumo sono di due tipi, le accise che sono una somma �ssa sulle
quantità per cui il prezzo pagato in realtà è p+t ed esistono solo su alcuni tipi di
prodotti (per es la benzina) mentre quella universale, l'IVA (VAT in inglese) è in
3.3. LAVORO E RISPARMIO 21
percentuale, cioè il prezzo pagato è p = p(1 + i). Se i è lo stesso per ogni bene, cosa
non vera in Italia, dove i beni di base come pane e latte sono tassati meno degli
altri, il vincolo di bilancio diventa∑qipi(1 + ν) = I(1− ρ)
ovvero ∑qipi =
I(1− ρ)
(1 + ν)
ovvero le tasse sul consumo equivalgo a tasse sul reddito dato che per ν piccolo
(1 + ν)−1 w 1− νUna curva di domanda lineare viene alterata nel primo caso q = q0− q1(p− tq)
ovvero q(1 − t) = q0 − q1p nel secondo q = q0 − q1p(1 + t) la pendenza aumenta
diventando q1(1+i) il che varia la composizione del paniere facendo scattare l'e�etto
sostituzione a meno che la tassa non sia applicata in modo uguale a tutti i beni
avendo l'e�etto di una riduzione di reddito.
qi = αiI
p(1+i) è la stessa cosa che ridurre il reddito di−iI (perchè (1+i)−1 ' 1−i
3.3. lavoro e risparmio
la teoria presentata è molto semplice e da per data la somma da destinare al
consumo. In verità gli individui si preoccupano del futuro quindi tendono a rispar-
miare per future esigenze, anzi, il capitale a disposizione è il risultato di risparmi
precedendi (o di eredità). La prima, ovvia scelta che deve e�ettuare è tra lavoro e
consumo e questa scelta è condizionata dalla ricchezza posseduta che consideriamo
rappresentata di titoli B (bond) che rendono un tasso i. inoltre l'individuo vive
nel tempo e la sua ottimizzazione riguardera più periodi (anni) rappresentati da un
pedice t.
Ogni anno il vincolo di bilancio si può esprimere come:
Ct +Mt −Mt−1 +Bt −Bt−1 = wtlt + it−1Bt−1
Dove C è il consumo, B sono i titoli posseduti(bond), che rendono un interesse
i, ed M è la moneta, titolo infruttifero che ha il pregio di servire per la transazioni
e fa anche da riserva di valore.
Questa equazione dice che il consumo più la variazione di patrimonio (posi-
ta o negativa) eguaglia il reddito da lavoro e gli interessi ricavati dal patrimonio
precedentemente investito. L'individuo avrà risparmiato se la ricchezza aumenta.
Considerando le preferenze espresse dalle relative elasticità il problema inter-
temporale si riduce a massimizzare
Ut = C1−σ
1−σ + M1−b
1−b −l1+η
1+η sotto il vincolo di bilancio.
Noi useremo la forma semplice con elasticità pari a uno Ut = lnC+ lnM − l1+η
1+η
e solo due periodi. Nel periodo futuro t+1 l'utilità sarà simile ma valutata ad
oggi sarà scontata ad un saggio ρ soggettivo e posto β = 11+ρ l'utilità totale sarà
Ut = lnC + lnM − l1+η
1+η +β(lnC1 + lnM1− l1+η
1+η ) che va ottimizzato sotto il vincolo
di bilancio dei due periodi
La lagrangiana è
3.3. LAVORO E RISPARMIO 22
L = βt(lnCt+ lnMt− l1+η
1+η )+βt+1(lnCt+1 + lnMt+1−l1+ηt+1
1+η )−λt(Ct+Mt+Bt−WtNt−Mt−1−(1+it−1)Bt−1)−λt+1(Ct+1 +Mt+1 +Bt+1−Mt−WtNt−(1+it)Bt)
Condizioni del primo ordine sonoβt
Ct= λ ; 1
Mt= λt − λt+1; l
ηt = λw ;λ = (1 + it)λt+1 ;
ovvero
Ct+1 = (1 + i)βCt
lηt = w/Ct
Mt =Ct+1
βi
I passaggi per questa ultima relazione sono 1M = 1
Ct− β
Ct+1= 1
Ct− 1
Ct(1+i) =1Ct
i1+i = βi
Ct+1.
Il tasso di interesse, quindi la ricchezza consente di spalmare nel tempo il
consumo. L'o�erta di lavoro dipende positivamente dal salario.
Il lavoro in ogni periodo serve a coprire il consumo del periodo ed il Consumo
futuro dipende dal tasso personale di sconto sul futuro. Se β è piccolo il futuro è
poco importante.
La domanda di moneta o preferenza per la liquidità è inversamente propor-
zionale al tasso di interesse. Più è alto più si investe in titoli, quindi l'o�era di
fondi è direttamente proporzionale al tasso di interesse.Questo non è sicuramente
su�ciente per uno studio del mercato dei capitali, che coinvolge le banche ed altri
operatori �nanziari, ma serve a mettere in luce che non tutto il reddito è speso ed
il tasso di interesse, che esiste �nchè c'è un prestito di capitale, fa da ponte tra i
diversi periodi.
La relazione della preferenza per la liquidità dice che a tasso zero la domanda di
moneta è in�nita, ma dato che c'e un massimo, pari alla ricchezza posseduta, essa va
anticipata di un valore i tale cheM = Cβ(i+i)
sia uguale alla ricchezza per i=0 ovvero
W = Cβi
da cui i = CβW = 1/w l'inverso della ricchezza misurata in annualità di
consumo, che è una di�usa misura della ricchezza. La domanda di moneta diventa
M = W1+i/i
se riteniamo w pari ad poche annualità, infatti la famiglia media oltre
una certa soglia investe in immobili , possiamo ancora ritenere wi << 1 e sviluppare
in serie al primo ordine ottenendo la di�usa relazioneM = W/(1+wi) 'W (1−wi)quindi B = Wwi il tasso di interesse fa da spartiacque ta liquidità e titoli.
Un esempio: Generazioni sovrapposte. Da giovani si lavora da vecchi si consu-
ma solo. t e t+1 indicano gioventù e vecchiaia. In questo contesto non ha senso
considerare la moneta la cui domanda è solo temporanea, Bt−1 è 0 e Bt = Stè il ri-
sparmio da giovane . I vincoli di bilancio, indicando con W=lw il totale guadagnato
col lavoro diventano
Ct + St = Wt; Ct+1 = St(1 + r)
sostituendo la prima nella seconda il vincolo diventa uno solo
3.4. L'INDIVIDUO E GLI ALTRI: OTTIMO PARETIANO 23
Ct+1 = (Ct −Wt)(1 + r)
la Lagrangiana del consumatore è dunque:
L = lnCt + βE(lnCt+1)− λ [Ct+1 − (1 + rt)Ct − (1 + rt)Wt]
e le condizioni del primo ordine sono:
∂L
∂Ct=
1
Ct+ λ(1 + rt) = 0
∂L
∂Ct+1= β
1
Ct+1+ λ = 0
da cui otteniamo l'equazione di Eulero del consumo:
1
Ct− β(1 + rt)
1
Ct+1= 0
ovvero
(Ct −Wt)(1 + r) = β(1 + r)Ct
St = βCt da cui si ottiene un signi�cato pratico per betaβ = S/C rapporto tra
risparmio e consumo e
S = β1+βW il risparmio è una quota costante del reddito.
Il vincolo di bilancio può essere espresso nella semplice formula
Bt = Bt−1(1 + it) + St
dove St = Wt−Ct se l'individuo risparmia una quota costante del reddito da lavoro
St = S questa formula ci da l'evoluzione della ricchezza nel tempo.
3.4. l'individuo e gli altri: Ottimo Paretiano
Un ottimo paretiano si ha quando un consumatore massimizza la propria utilità
senza diminuire l'utilità di altri qualsiasi sia il suo livello. così se un consumatore
ha utilità f(x,y) e un secondo g(x,y) un ottimo paretiano consiste nel massimizzare
f sotto il vincolo di g(x,y)-k per ogni k .
Come ogni problema di massimo vincolato ricorriamo alla lagrangiana
L = f(x, y) + λ(g(x, y)− k)
e le condizione del primo ordine sono∂f∂x = −λ ∂g∂x e ∂f
∂y = −λ∂g∂yovvero, dividendo menbro a membro SMS1 = SMS2
CAPITOLO 4
Il Mercato
Secondo gli economisti classici l'ottimizzazione è garantita da una istituzione: il
libero scambio. Se gli uomini sono liberi di scambiare scambiano cose meno utili con
cose più utili, aumentando la soddisfazione reciproca, inoltre, potendo scambiare
ognuno può produrre quello che sa fare meglio e procurarsi il resto con lo scambio.
Nessuno produrrà cose non utili perché non potrà scambiarle e quindi non ci sarà
spreco di risorse in cose inutili. Questa magica formula ha preso il nome di �Mano
Invisibile�: ognuno persegue il proprio interesse e, magicamente, il mercato crea
l'ottimo. Il meccanismo che rende possibile ciò è la dinamica dei prezzi. Quando la
produzione eccede la richiesta il prezzo diminuisce facendo scattare l'e�etto sosti-
tuzione ed aumentando le vendite. Viceversa quando la richiesta eccede l'o�erta, il
prezzo aumenta e la domanda diminuisce.
La domanda del mecato del bene è la somma delle domande dei singoli e, dato
che la derivata di una somma è la somma delle derivate possiamo asserire che la
domanda del mercato è decrescente al prezzo. Analogamente l'o�erta è la somma
delle o�erte per cui è crescente al prezzo, il mercato adeguerà il prezzo �nchè le
quantità prodotte saranno uguali a quelle consumate, ovvero, considerato che il
prezzo pagato dal consumatore è diverso dal prezzo incassato dal produttore
qd(p(1 + ν)) = qs(p)
Il prezzo è quindi la variabile indipendente del gioco del mercato, il suo valore
farà in modo di sposare sempre le esigenze di produttori e consumatori.
A cavallo tra l'800 ed il 900 una generazione di illustri economisti ha creato
un modello matematico della mano invisibile ed ha dimostrato che con l'uso della
matematica l'economia diventa più chiara e può ambire a creare leggi generali come
quelle delle scienze �siche.
Il primo problema, pratico e teorico è la stima delle funzioni di domanda e di
o�erta. In generale la curva di domanda è di�cilissima da conoscere tutta e data
la variabilità nel tempo anche poco utilizzabile. Quello si stima più facilmente è
l'elasticità in un punto di equilibrio, comprese le elasticità di sostituzione.
Nel prosieguo useremo una curva di domanda lineare del tipo q = p0 − p in
modo che p0 sia il prezzo massimo raggiunto il quale non si vende più niente ed, in
questa formulazione è anche la quantità massima assorbita dal mercato. l'elasticità
di questa curva non è costante ma varia da zero a in�nito, infatti
24
4. IL MERCATO 25
Tabella 1. Alcune elasticita
mercato elasticità
Carne 0.92Abbigliamento 3,00
benzina 0,52zucchero 0,31
Tabella 1. Qualche elasticità
Figura 4.0.1. elasticità della domanda lineare
η = −q′p
p=
p
p0 − pl'elasticità è alta solo quando ci si avvicina al prezzo massimo altrimenti è bassa.
Il meccanismo dei prezzi è il sistema che fa in modo che si equilibrano le esigenze
dei consumatore e dei produttori evitando sprechi di risorse. e visto che il prezzo è
diverso tra i due la prima domanda da porsi è: chi paga realmente le tasse, cioè su
chi gravano.
Una tassa sul consumo equivale ad un aumento del presso pari all'accisa o
pari a νp . Per la de�nizione di elasticità una variazione di prezzo si ri�ette sulle
quantità posto dp = dps + dpd avremo dqdqe
= −ηd dpdpe analogamente dqsqe
= ηsdpspe
dove peerail prezzo di equilibrio. Dovendosi compensare le quantità sarà dpd =ηsηddps = dp− dpsda cui dps = ηd
ηd+ηsdp e similmente dpd = ηs
ηd+ηsdp
Cioè il peso della tassa grava di più sulla parte con elasticità più bassa. In
mercati molto elastici, quale l'abbigliamento il peso grava più sui produttori, in
mercati rigidi, come la benzina, la tassa grava più sui consumatori.
Lo studio del mercato ha portato a dividerlo in più tipi: concorrenza, oligopolio
e monopolio e concorrenza monopolistica, che studieremo singolarmente.
4.2. MONOPOLIO 26
4.1. Concorrenza
Si ha concorrenza perfetta quando un numero elevato di imprese concorre in
quantità piccole rispetto al fabbisogno alla produzione ed i consumatori sono tanti.
In questo caso l'impresa non può variare il suo prezzo perché i consumatori
andrebbero altrove e neanche i consumatori possono in�uire singolarmente Perche
il singolo consumo è in�nitesimo.
Questo modello ben si addice, per esempio, ai beni agricoli.
La singola impresa quindi ad un presso �sso produrrà �nché il ricavo marginale
(il prezzo) sarà uguale al costo marginale. Per e�ettuare un confronto tra i mercati
supporremo che il costo marginale sia costante cioè funzione di produzione lineare
q = al ovveroβ = 1 in tal caso chi ha un costo superiore al prezzo esce dal mercato
quindi tutte le imprese si adegueranno ed il prezzo di mercato e sarà
p = c che è anche la domanda sulla singola impresa (η =∞) elasticità in�nita,
cioè variazioni nulle di prezzo consentono variazioni di quantità.
La quantità prodotta sarà quella richiesta da tutti i consumatori che suppor-
remo molto semplice q = po − p cioè lineare decrescente con pendenza unitaria.
p0rappresenta il prezzo limite, dal quale in poi non si vende più. si comincia a
vendere quando si scende da questo prezzo. L'approssimazione lineare, come ha
insegnato Taylor è applicabile a piccoli tratti di ogni curva regolare, d'altronde le
curve di domanda sono quasi impossibili da stimare, quello che si stima è l'elasticità
nel punto di equilibrio.
Con queste ipotesi, dunque:
p = c e qC = p0 − cPer la domanda lineare l'elasticità della quantità al prezzo è η = − q
′
q p = pp0−p
e nel punto di equilibrio η = cp0−cche ci consente anche di esprimere p0 in funzione
dell'elasticità p0 = c(1 + 1η ) con tali simboli
qc = c/η
Considerando le tasse sul consumo, il prezzo dell'impresa è p/(1 + v) quindi
p = c(1 + v) e qc = c(1 + v)/η dove η non dipende dalla tassa infatti è un rapporto
tra prezzi e la tassa diventa un vero e proprio aumento del costo marginale, a
testimonianza che in questo caso la tassa grava interamente sull'impresa che ha
elesticità in�nita.
Un modo alternativo di vedere la cosa è quello di applicare le considerazioni
fatte per il consumatore al mercato nel suo complesso. In tal caso l'equilibrio
signi�ca Utilità marginale del mercato uguale al costo marginale dell'impresa infattidUdq = p = dC
dq la concorrenza farà si che solo le imprese con costi marginali uguali
o inferiori all'utilità marginale dei consumatori possono stare sul mercato.
4.2. Monopolio
Il Monopolio si ha quando c'è un solo produttore e tanti consumatori. Le
cause fondamentali del monopolio sono le barriere all'entrata sul mercato di altre
imprese riconducibili essenzialmente a tre fattori: 1) monopolio delle risorse � cioè
4.3. OLIGOPOLIO 27
una risorsa chiave è detenuta da una unica impresa. Ovviamente il monopolista ha
un potere di mercato più grande di quello di ogni singola azienda in un mercato
concorrenziale e, in questo caso, potrà far pagare un prezzo abbastanza elevato
anche a fronte di un costo marginale irrisorio. I casi di monopolio riconducibili a
questa causa sono comunque pochi. 2) monopoli di Stato � in questo caso, è lo
Stato che o�re a un solo operatore il diritto esclusivo di vendere un determinato
bene o servizio al �ne di garantire il pubblico interesse. Infatti, garantendo il
monopolio (con prezzi e pro�tti più elevati) a questi produttori, si vuole incoraggiare
comportamenti virtuosi. Alle case farmaceutiche, ad esempio, viene garantito il
monopolio sulle proprie scoperte in modo da incentivare la ricerca farmacologica.
3) Monopolio naturale � si ha quando una singola impresa può fornire il bene o il
servizio all'intero mercato a costi inferiori rispetto a quelli di una molteplicità di
imprese. Il monopolio naturale generalmente si crea quando si registrano economie
di scala rilevanti per uno spettro esteso di produzione. Infatti, la curva di costo
medio totale di un'impresa con economie di scala, è decrescente in maniera continua:
se la produzione venisse divisa tra più imprese, ognuna potrebbe produrre meno e
dovrebbe a�rontare costi medi totali più elevati.
nel monopolio l'elasticità delle vendite è uguale alla elasticità del mercato e la
condizione di ottimo è
p(1 − 1η ) = c ; ovvero p = c
(1− 1η )
il prezzo di mercato è costo moltiplicato un
mark-up µ = 1(1− 1
η )= η
η−1 . Se
q = p0 − p
η =p
p0 − p
µ = 1− 1/η =p0 − 2p
p
quindi
(p(p0−2pp ) = c da cui pM = p0+c
2 = c(1 + 12η ) il prezzo è maggiore del prezzo in
concorrenza e la quantità prodotta q = p0 − 12p0 − 1
2c = 12 (p0 − c) = 1
2cη è la metà
di quella in concorrenza.
I monopoli, a di�erenza dai mercati in concorrenza perfetta, quindi, non riesco-
no ad allocare le risorse in maniera e�ciente: essi producono quantità di bene infe-
riori a quelle socialmente desiderabili e, in conseguenza, praticano prezzi superiori
al costo marginale.
Considerando le tasse sia l'èlasticità che il mark-up non dipendono dalla tassa
sul consumo quindi p = µc(1+v)ovvero anche qui si comporta come un aumento del
costo marginale e viene moltiplicato per il markup, quindi si riversa sui consumatori.
4.3. Oligopolio
L'oligopolio è la condizione per cui pochi produttori dello stesso bene agiscono
per soddisfare una molteplicità di consumatori, per esempio il mercato del petrolio.
4.4. CONCORRENZA MONOPOLISTICA 28
Il primo modello sviluppato è quello di cournot del duopolio in cui le due impre-
se non variano il prezzo per evitare la perdita di produzione e competono sulle
quantità.
La quantità totale sarà q = q1 + q2 il ricavo dell'impresa 1 sarà R = q1(p0 −q1− q2) = p0q1− q2
1 − q1q2 il ricavo marginale quindi Rm = p0−2q1− q2 = c quindi
q1 = p0−c−q22 analogamente q2 = p0−c−q1
2 che risolte danno q1 = q2 = p0−c3 =
13cη
La quantità prodotta sarà quindi q = 23 (p0−c) = 2
3cη intermedia tra il monopolio
e la concorrenza. Il prezzo di equilibrio sarà p = p0 − 23cη = c(1 + 1
η ) − 23cη =
c(1 + 23η )>c
Modi�cando le regole del gioco di duopolio, emerge uno scenario completa-
mente diverso. Veri�chiamo le proprietà di un gioco di determinazione del prezzo
in base al quale ciascuna impresa decide la propria strategia di prezzo simultanea-
mente e indipendentemente dalla scelta dell'altra. Se assumiamo che le due imprese
producono un bene omogeneo e che (questa è l'ipotesi chiave) ciascuna di esse può
assorbire per intero la domanda potenziale di mercato, allora la produzione del-
l'industria si concentrerà nell'impresa capace di praticare il prezzo più basso. Ne
consegue che le funzioni di reazione delle due imprese sono molto semplici da de-
rivare. Il prezzo ottimo di un'impresa, infatti, deve essere leggermente inferiore a
quello praticato dall'altra, sempre che tale prezzo non sia minore del costo margi-
nale (medio). Entrambe le imprese, quindi, tendono ad abbassare progressivamente
il prezzo �no a raggiungere il punto di uguaglianza con il costo marginale, ovvero,
�no a raggiungere l'unico Equilibrio di Nash del gioco. L'interesse del modello di
Bertrand è la sua capacità di produrre il risultato di concorrenza perfetta: il prezzo
di equilibrio è uguale al costo marginale. Se tale risultato si avvera nella pratica,
diventa super�ua ogni attività di regolamentazione del prezzo da parte di istituzioni
terze rispetto alle imprese di oligopolio o duopolio.
Nel modello Stackelberg si chiede di massimizzare i pro�tti dell'impresa 1 (lea-
der) tenendo conto della massimizzazione dell'impresa 2che come in Cournot ha
q2 = p0−q1−c2 . Ciò si e�ettua inserendo la q2 sopracitato all'interno dell'equazione
di pro�tto q1:
Π1(q1,p0−q1−c
2 ) = q1
[(p0 −
(a−q1−c
2
)− q1
)− c]
= p0q1−q1
(p0−q1−c
2
)−(q1)2−
cq1
∂Π1
∂q1= 0⇒ q1 = p0−c
2
q2 =p0−(
p0−c2 )−c
2 = p0−c4
q = 34 (p0 − c) = 3c
4η
sempre inferiore alla produzione di concorrenza.
4.4. Concorrenza monopolistica
Il primo a ritenere insoddisfacenti i modelli classici è stato Piero Sra�a che
nel 1926 pose il problema della reale competizione nel mercato, a�ermando che il
monopolio e la concorrenza sono casi limite in mezzo ai quali c'è la realtà. Ma il
4.5. IL MERCATO DEL LAVORO 29
primo a porre al centro la di�erenziazione del prodotto è stato Chamberlain nel
1933. Il modello completo è stato sviluppato da Dixit e Stiglitz nel 1977 e questa
è una versione ulta sempli�cata.
Si parla di concorrenza monopolistica quando i prodotti sono di�erenziati per
esempio le auto ed i cellulari ma ormai anche la pasta ed il dentifricio etc.
I consumatori sono sensibili alle varietà e l'utilità è separabile , rappresentata
da
U =∑
2q1/2i il 2 è solo per comodità in quanto moltiplicando per una costan-
te non cambia le preferenze, in questo modo l'utilità marginale è ui = q− 1
2i e la
condizione di ottimo è pi = q−1/2i che è una domanda ad elasticità costante pari a
1/2.
dato che la varietà qi è prodotta solo da una impresa che si comporta da mo-
nopolista, questa è anche la domanda dell'impresa che applica il markup sul prezzo
p(1− 1η ) = c da cui pi = 2c e la quantità prodotta può essere ricavata dalla domanda
qi = p− 1
2i = 1
4c2i
In queste condizione ogni impresa ha un pro�tto
piqi − (kir + ciqi) = (pi − ci)qi − kir = ci4c2i− kir = 1
4ci− kir
L'ingresso nel settore si ferma quando il pro�tto è nullo quindi quando 12c = 2f
che signi�ca costi unitari molto bassi ovvero economia di scala. In questa situazione
si può anche scrivere qi = kir/c. che è lo stesso che ricavare la quantità imponendo
il pro�tto nullo piqi − (kir + cqi)da cui qi = kir/c.
L'aspetto interessante di questo mercato è che c'è un limite alle varietà esistenti.
Detto V il valore del mercato pari alla somma dei ricavi essa sarà uguale alla somma
dei costi totali. Infatti la somma dei pro�tti è nulla quando
V =∑
(fi + 14ci
) = N2c = N2f da cui N = V 2c = V/2f
inversamente proporzionale ai costi �ssi medi. Cioè alti costi �ssi e bassi costi
unitari poche varietà. E' questo il caso, per esempio, delle auto e dell'elettronica di
consumo.
4.5. Il mercato del lavoro
Le imprese domandano lavoro in ragione inversa del salario e diretta delle quan-
tità prodotte, le persone o�rono lavoro in ragione diretta del salario, quindi sem-
brerebbe che si può trattare come un qualsiasi mercato. Ciò non è però possibile
perchè il potere del lavoratore è scarso rispetto a quello dell'impresa ed in tutti i
paesi esiste una regolamentazione del lavoro tanto più articolata quanto più sono
forti i sindacati. Ai soli �ni teorici, se il salario fosse libero di oscillare e tutta l'e-
conomia nel breve periodo fosse una funzione lineare, cioà tutta la produzione fosse
rappresentata da Y=A^L^ la domanda di lavoro totale si otterrebbe uguaglian-
do produttività marginale al salario ovvero w=A e la domanda di lavoro diventa
perfattamente elastica. tutti quelli che vogliono lavorare a questo salario lavorano
ed il loro reddito sarà Lw=LA=Y in grado di acquistare tutta la produzione per
qualsiasi valore di L anche se L=N, numero di lavoratori disponibile, ovvero �no
4.5. IL MERCATO DEL LAVORO 30
al pieno impiego. Se misuriamo L in percentuale di N allora A viene ad assumere
il signi�cato di reddito si pieno impiego ed Y una sua percentuale. Grazie alla
tecnologia A, la produttività, tende ad aumentare per cui anche i salari tenderanno
ad aumentare con grande pace di tutti. In un contesto simile la disoccupazione
esiste solo per colpa dei sindacati, se pretendono un salario più alto della produt-
tività, o per scelta dei lavoratori che preferiscono non lavorare. l'o�erta di lavoro,
infatti è Lη = w/C ed al salario A, il numero di lavoratori (l'occupazione) sarà
L = (A/C)(1/η) cioè l'occupazione reale sarà determinata dalle scelte di consumo,
se C=A allora L=1 altrimenti ci sarà sempre disoccupazione volontaria.
L'assunzione implicita in questo modello è che ogni impresa vende sempre la
produzione �no ad esaurire la sua capacità, a�ermazione detta Legge di Say. In
verità le imprese prima stimano le vendite e poi producono perchè nel mondo reale
il mercato predominante è quello della concorrenza monopolistica, con imprese che
�ssano il prezzo col criterio del markup e a quel prezzo stimano la domanda. pur-
troppo c'è spesso disaccoppiamento tra varietà di beni e bisogni, spesso un bene
o una varietà non viene accettata dal mercato e le imprese falliscono, altri beni o
varietà diventano obsoleti etc, quindi come ogni impresa prima stima la sua do-
manda e poi produce usando il prezzo per gli aggiustamenti così anche un settore o
una economia nel suo complesso produce la propria domanda e poi impiega i lavo-
ratori necessari, ovvero la funzione di produzione serve al contrario.l = (qd/a)(1/β)
indipendentemente dal salario che è dato dalla contrattazione sindacale ed è �sso e
serve a determinare il costo unitario e, quindi le decisioni di produzione.
Usare un modello con imprese che �ssano il prezzo comporta una occupazione
sempre inferiore infatti se tutto il mercato è interpretato come monopolista l'ottimo
per le imprese nella loro globalità è dato da max Π = P (Y )Y −WL(Y ) dove P (Y )
è la domanda aggregata inversa quindi la condizione necessaria per l'ottimo è
dΠ
dY= P
′Y + P −WL
′= 0
WL′
= P (P ′Y
P+ 1) = P (1− 1
η)
dL
dY=
P
W(1− 1
η)
dY
dL
1
(1− 1η )
=W
P
questa relazione è rappresentata gra�camente da una curva decrescente chia-
mata PRW (price determinated real wage) ovvero salario reale determinato dal
prezzo; essa ci dice che per ogni livello di occupazione, il salario reale risulta sem-
pre inferiore alla produttività marginale del lavoro ovvero dYdN che rappresenta la
domanda di concorrenza perfetta LDCP . I lavoratori, per ottenere più forza in sede
di contrattazione per la �ssazione dei salari monetari devono organizzarsi in sinda-
cati, e grazie a questa organizzazione possono contrattare, date le aspettative sui
4.5. IL MERCATO DEL LAVORO 31
prezzi, un salario monetario superiore a quello che avrebbero ottenuto contrattan-
do singolarmente; possono dunque ottenere un salario monetario maggiore di quello
che otterrebbero in ipotesi di concorrenza perfetta. La curva BRW (bargained real
wage) rappresenta il salario reale contrattato, ossia il salario reale contrattato ed
ottenuto dai sindacati per ogni livello di occupazione; giace sempre sopra la curva
LSCP di o�erta di lavoro concorrenziale.
Mettendo sullo stesso gra�co al contempo sia la curva PRW che la curva BRW
otteniamo il punto CCE (competing claims equilibrium) de�nito equilibrio degli
obiettivi contrapposti di imprese e sindacati circa la distribuzione del reddito . Nel
punto CCE corrisponde l'occupazione L∗; al livello di occupazione L∗ il salario
reale che i sindacati cercano di raggiungere tramite contrattazione coincide col sa-
lario reale che emerge dalla politica di prezzo che le imprese attuano sui mercati
di vendita al �ne di massimizzare il pro�tto; il tasso di disoccupazione al livel-
lo di occupazione d'equlibrio L∗ è il NAIRU (non accelariting in�ation rate of
unemployment) ossia tasso di disoccupazione di non accelerazione in�azionistica.
Per un livello di occupazione maggiore di L∗, la BRW sta sopra la PRW e si alza
inevitabilmente l'in�azione perchè i sindacati chiederanno sempre maggiori salari e
le imprese risponderanno adeguanto in aumento i prezzi. Di contro per un livello
di occupazione inferiore a L∗ è la PRW a stare sopra la BRW cosicchè i sindacati
tuteleranno l'occuazpione dei lavoratorti, accettando al momento di rinnovo dei
contratti una riduzione di salario reale; per questo anche le imprese chiederanno
un minor aumento dei prezzi a parità di riduzione salariale e ciò comporterà ad
un fenomeno di disin�azione. Solo ad un livello d'occupazione pari a L∗ il tasso
d'in�azione resta costante. In corrispondenza del NAIRU si ha disoccupazione
involontaria perchè il punto CCE giace sopra la curva d'o�erta di lavoro, ossia
l'o�erta di lavoro è maggiore dell'e�ettiva occupazione. Da notare che per e�etto
della variazione delle due curve il salario di equilibrio viene ad essere all'incirca
uguale a quello della concorrenza perfetta.
4.6. IL MERCATO DEI CAPITALI 32
4.6. Il mercato dei capitali
Il mercato dei capitali riguarda lo scambio di mezzi monetari = è il punto di
incontro fra la domanda (soggetti in disavanzo) e l'o�erta (soggetti in avanzo) di
risorse �nanziarie.
Secondo i classici il tasso di interesse è determinato dall'equilibrio sul merca-
to dei fondi mutuabili , cioè dei fodi messi a disposizione delle famiglie per gli
investimenti produttivi.
B(r) = I(r)
Se B(r) = Wr e I(r) = I0/(1 + r) ' Io(1− r)
r =I0
W + I0Se famiglie e imprese agissero direttamente il tasso di interesse avrebbe un signi-
�cato molto concreto: rapporto tra l'investimento potenziale (massimo piani�cato)
dalle imprese e la ricchezza potenziale.
Raramente,però, per evidenti di�coltà pratiche, il contatto fra i soggetti in
avanzo e i soggetti in disavanzo avviene direttamente (circuito diretto), in genere
questo contatto viene favorito dagli intermediari �nanziari, soggetti che collegano
le unità in avanzo con le unità in disavanzo senza che esse entrino in contatto fra di
loro. I principale intermediari sono le BANCHE la cui funzione consiste proprio nel
raccogliere presso il pubblico somme di denaro risparmiate e nel concedere credito
(=�nanziamenti) a chi necessita di fondi. Esse inoltre sono intermediari per la
compravendita di titoli attraverso la BORSA VALORI.
Gli altri intermediari non bancari sono le SIM (Società di Intermediazione Mo-
biliare) la cui funzione consiste nella negoziazione di valori mobiliari (= azioni,
obbligazioni, titoli di Stato, . . . ) , Le compagnie di assicurazione che spesso inve-
stono in valori mobiliari parte dei premi e dei contribuiti riscossi dai loro clienti
assicurati, Le Società di Gestione del Risparmio (SGR) che raccolgono capitali
presso i risparmiatori e li investono in titoli di vario genere, Le Merchant Banks o
Banche di A�ari che si occupano in particolare di operazioni di �nanziamento di
importo molto rilevante destinati alle imprese, Le società di Leasing che forniscono
particolari �nanziamenti alle imprese o ai privati per l'ottenimento di beni strumen-
tali, Le società di Factoring che concedono �nanziamenti alle imprese scontando i
loro crediti commerciali (=fatture), Le Poste Italiane SpA che operano anche nella
raccolta del risparmio presso le famiglie distribuendo vari prodotti �nanziari.
La moneta delle famiglia, in pratica, viene detenuta in Banca che ne conservano
sono una piccola parte (riserva) prestandone il resto che, in parte ritorna a deposito
ripetendo il giro e dando origine al Moltiplicatore dei depositi.
Se una banca raccoglie moneta per un valore D (depositi) li può prestare con-
servandone solo una percentuale d (depositi obbligatori) darà in prestito D(1-d), al
secondo passaggio darà ancora in prestino (1-d)D(1-d) ed all'n.esimo D(1− d)n. Il
valore dei depositi sarà D∑
(1− d)i = D/d
4.6. IL MERCATO DEI CAPITALI 33
Figura 4.6.1. Razionamento del credito
. 1/d è detto moltiplicatore dei depositi. I depositi, moltiplicati, alimentano
l'o�erta di credito delle banche C=D/d. e l'o�erta di fondi bancari diventa W (1−r)r/d.
Anche la moneta, dunque, incide sull' equilibrio del mercato e, quindi, sul tasso
di interesse anzi, in una economia �nanziarizzata, dove la misura dei valori è data
dalla moneta la ricchezza ha un valore relativo, non assoluto perchè la moneta non
è un bene concreto ma un bene virtuale gestito dalle banche centrali e come ogni
bene ha una sua domada ed una sua o�erta.
La domanda di moneta è data dalla somma dei bisogni di transazione T=Y/V
dove Y è il reddito prodotto e V la velocità di circolazione, e dai bisogni delle
famiglie, ovvero Md = T + W1+r , La sua o�erta, determinata dalla Banca centrale è
�ssa e pari ad Ms quindi
1 + r = W/(Ms − T )
Viene a determinare il tasso di interesse che sembra determinabile in due mer-
cati diversi. La contraddizione esiste solo se si considera un unico tasso, in verità
bisogna parlare di struttura dei tassi, il tasso primario o tasso di sconto è formato
sul mercato della moneta ed è il tasso sicuro, poi esistono tassi interbancari, tassi
sui mutui e tassi alle imprese che si formano nei vari mercati. Il tasso base vie-
ne �ssato direttamente dalle Banche Centrali che a tale tasso forniscono tutta la
moneta richiesta, ovvero è r che determina Ms e non viceversa.
Esiste quindi una struttura di tassi di interesse che a partire dal tasso base
determina il tasso nei vari settori, tasso che è sempre legato al rischio. Più l'inve-
stimento è rischioso più si deve pagare. La Banca d'Italia pubblica regolarmente
l'andamento dei tassi.
Il rischio e la sua valutazione sono i cardini del mercato del credito e possono
dare luogo al fenomeno del razionamento del credito
oltre un certo tasso solo le imprese più rischiose chiedono credito e le banche
possono non fornire credito optando per imprese più sicure e tassi più bassi.
CAPITOLO 5
I beni pubblici
I beni pubblici sono dotati di caratteristiche di consumo tali da rendere disponi-
bili a tutti la quantità presente (caratteristica della non rivalità nel consumo) senza
possibilità di escludere qualcuno dal consumo (caratteristica della non escludibilità
dal consumo). In queste condizioni non è possibile l'esistenza di un mercato per il
bene pubblico in quanto chiunque lo fornisca non è in grado di escludere gli altri
agenti economici dal godimento e quindi di farsi pagare un prezzo per il consumo.
A tale scopo sono presentati alcuni modelli che descrivono come si modi�cano le
scelte economiche individuali e sociali in presenza di beni pubblici. Il �lo conduttore
di questi modelli è l'accento posto sulla volontà degli individui a collaborare al �ne
di trovare comportamenti compatibili in presenza degli e�etti esterni causati dai
beni pubblici.
I contesti istituzionali diversi in cui gli individui sono posti nei vari modelli
determinano soluzioni diverse. Se immaginiamo che gli individui di una collettivit
dichiarino volontariamente e onestamente le loro preferenze sia riguardo i beni pri-
vati che i beni pubblici, otteniamo una versione modi�cata di equilibrio economico
generale in cui gli individui si tassano per acquistare congiuntamente la quantità
ottimale di bene pubblico (modello di Lindhal). In questo modo ciascuno viene
tassato proporzionalmente al bene�cio che dichiara di ricevere dal bene pubblico.
La soluzione che si ottiene con questo modello è detta cooperativa e porta ad un
ottimo paretiano.
Tale contesto è stato ritenuto non aderente alla realtà proprio per la possibilità
di sfruttare la quantità di bene pubblico acquistata dagli altri, che induce ciascun
individuo a non dichiarare onestamente il bene�cio ricevuto dal bene pubblico (com-
portamento da free rider). Se ipotizziamo, allora, che ciascuno tenti di sfruttare al
massimo la disponibilità a pagare degli altri e, corrispondentemente, voglia evitare
di pagare da solo per tutti, ci troviamo nella situazione in cui il bene pubblico
non sarà fornito in quanto nessuno dichiara di riceverne un bene�cio (dilemma del
prigioniero).
In realtà, però, i beni pubblici esistono, per cui il risultato del completo free ri-
ding appare troppo drastico. Il superamento di questo risultato teorico implica che,
nonostante le caratteristiche dei beni pubblici, gli individui siano disposti a pagare
qualcosa per la loro fornitura. Un modo per ottenere forniture non nulle di bene
pubblico è ipotizzare che gli individui contribuiscano all'acquisto del bene pubbli-
co pensando che gli altri non reagiscano alla loro azione. In altre parole ciascuno
34
5. I BENI PUBBLICI 35
prende per dato il comportamento degli altri e agisce di conseguenza (modello di
Cournot- Nash). Tale comportamento non cooperativo degli agenti economici porta
a soluzioni in cui la quantità di bene pubblico è non nulla, ma inferiore a quella
ottenuta con la soluzione cooperativa. Tali soluzioni sono caratterizzate, quindi, da
un certo grado di ine�cienza allocativa.
La scelta sociale ottimale è descritta, invece, dal modello di Samuelson che
ipotizza l'esistenza di uno stato piani�catore in grado di massimizzare il benessere
sociale in presenza di beni pubblici. Come nel caso di scelte pubbliche ottime in una
economia di scambio, è necessario che lo stato conosca perfettamente le preferenze
dei cittadini. La soluzione che si ottiene è un ottimo paretiano che implica la
determinazione simultanea delle quantità ottimali di beni privati e di beni pubblici
e l'ottima redistribuzione delle dotazioni iniziali dei beni.
Assumiamo che ogni individuo abbia una sua funzione di utilità Uh(xh, G) ,
in cui xh è la quantità di bene privato x consumata dall'individuo h, mentre G
la quantità totale di bene pubblico esistente. G entra per intero nella funzione di
utilità di ogni singolo individuo a causa delle caratteristiche di non rivalità e di non
escludibilità del bene, per cui Gh = G.
Il vincolo di bilancio dell'individuo h, posto 1 il prezzo del bene privato e p
quello pubblico, ovvero la quota di G pagata dall'individuo h, cioè il prezzo relativo,
è dato da:
Mh = xh + phG
Il problema dell'individuo h si risolve nel massimizzare il livello di utilità dato
il vincolo di bilancio:
max L = Uh(xh, G) + λ(Mh − xh − phG)
Le condizioni di ottimo sono, come al solito:∂Uh∂xh− λ = 0∂Uh∂G = λph
da cui si ottiene la condizione di ottimo:∂Uh/∂G∂Uh/∂xh
= ph = −SMSx,G
La condizione di ottimo individuale è la stessa che interviene tra beni privati:
uguaglianza del saggio marginale di sostituzione tra G e x e il prezzo relativo del
bene pubblico rispetto al bene privato che viene a rappresentare la volontà mar-
ginale a pagare per ogni unità di bene. La di�erenza c'è quando si considerano n
individui che godono del bene, se ogni individuo fosse disposto a pagare in base alla
proria utilità marginale si avrebbe∑phG = G = −
∑h SMShx,G
ovvero phsarebbe la percentuale di bene a carico del singolo e questo sarebbe
un prezzo giusto per il bene pubblico.
Sembra un risultato banale ma se consideriamo che entrambi i beni servono
una funzione di utilità realistica è la Cobb-Douglas U = xαGβ
il saggio marginale di sostituzione è
ph = −SMSx,G =β
α
x
G
5. I BENI PUBBLICI 36
Prezzo proporzionale al consumo privato rapportato al bene pubblico. Risultato
simile per la funzione più utilizzata in caso si possa fare a meno di uno dei due
beni, pubblico o privato: U = x1−α
1−α + G1−β
1−β
−SMSc, y =G−β
x−α=xα
Gβ= ph.
Se tutti gli individui dichiarassero la propria utilità (perfetta cooperazione) ogni
bene sarebbe fornito nella giusta quantità, ma, visto che c'è da pagare qualcuno
non dichiarerà la propria utilità (free rider) ed anche il dubbio che altri possono non
cooperare indebolisce la volontà per cui scatta la tesi di Hobbes: lo stato imporrà
il prezzo del bene sotto forma di tasse.
Lo stato incassa tasse, coattivamente e fornisce beni pubblici (e meritori) sotto
forma di spesa pubblica.
Se G è tutta la spesa pubblica e supponiamo che lo stato non si indebiti e non
ci guadagni dalle tasse, allora l'equazione del bilancio in pareggio è G = T = tY
e p diventa la quota di tasse a carico del singolo. Questo semplice modello ci da
la formula ottima per la tassa: il rapporto tra consumo privato e spesa pubblica,
cioè una tassa sui consumi privati è il modo giusto per �nanziare i beni pubblici e,
visto che una tassa uniforme sui consumi equivale ad una tassa sul reddito, anche
la tassazione sul reddito è un modo che funziona, anzi si tassa pure ciò che non si
spende ma si risparmia.
In pratica in tutti gli stati si usano entrambe le tassazioni.
CAPITOLO 6
Lo Stato
Il ruolo dello stato in economia. Tassazione ottima, Dimensione ottima dello
stato, Economia del Benessere. Macroeconomia.
I beni pubblici costituiscono la giusti�cazione economica delle tasse e, quindi,
dello stato. Ma quali sono i beni pubblici che lo stato deve fornire? esiste un ottimo
per la tassazione e per la dimensione dello stato?
Secondo i classici lo stato deve fornire la difesa, l'ordine pubblico, la giustizia
e le infrastrutture. Stato minimo, quindi. Nella realtà odierna lo stato è diventato
molto pervasivo e la contabilità pubblica altrettanto, tanto che per confrontare i vari
stati in europa si è adottato la codi�ca COFOG (common function of government)
costituita da livelli e sottolivelli. Al primo livello ci sono le Missioni, al secondo i
Programmi. Dal Bilancio in breve 2014 Italia una sintesi delle missioni:
La complessità delle funzioni ha portato Musgrave (1959) a raggruppare le
funzioni in tre gruppi: Allocazione, Redistribuzione, Stabilizzazione.
Allocazione signi�ca intervento sul mercato. lo stato interviene, necessariamen-
te, per produrre beni pubblici e per questo tassa, inducendo distorsioni nel sistema
dei prezzi, distorsioni che comportano di�erenti allocazioni delle risorse che vanno,
pertanto ottimizzate.
Redistribuzione signi�ca introdurre nell'organizzazione sociale l'equità. Il siste-
ma dei prezzi distribuisce il reddito secondo la produttività, per cui un attore o un
calciatore, che in poco tempo producono tantissimo, guadagnano cifre enormi ri-
spetto ad altri lavoratori. Situazione aggravata dal fatto che il capitale accumulato
continua a produrre reddito, secondo la produttività del capitale, aumentando anco-
ra di più le disuguaglianza. La disuguaglianza può essere corretta con la tassazione
ed i conseguenti trasferimenti che, nel complesso, costituiscono lo stato sociale.
Stabilizzazione signi�ca e�ettuare una serie di interventi per prevenire o curare
crisi economiche, tenere cioè stabili produzione occupazione e prezzi.
6.1. Allocazione:Tassazione ottima.
La tassazione sui consumi fa si che il prezzo pagato dal consumatore e quello
incassato dal produttore di�eriscono, col peso della tassa distribuito in base alle
elasticità di domanda e o�erta.
La curva di domanda rappresenta la disponibilità a pagare degli individui,
quindi alcuni pagano un preszzo inferiore a quello che per loro sarebbe giusto,
avendo così un surplus, analogamente la curva di o�erta rappresenta la disponibilità
37
6.1. ALLOCAZIONE:TASSAZIONE OTTIMA. 38
Figura 6.0.1. funzioni dello stato
a produrre delle imprese, quindi quelle disposte a produrre ad un prezzo inferiore
hanno un surplus del produttore.
La somma dei surplus rappresenta una misura di e�cienza del mercato.
La tassa riduce il surplus del mercato che solo in parte va allo stato, una piccola
parte si perde, riducendo l'e�cienza. La perdita (Loss) si può quantizzare in nei
triangoli B e D della �gura, ovvero circa L = − 12∆P∆Q = − 1
2∆P∆Q∆PP 2
P P∆P
L = 12
(∆PP
)2 (−∆QQ
P∆P
)PQ
ovvero
L = 12τ
2ηV dove V è il valore del mercato e, considerato che le entrare dello
stato generate dalla tassa sono τV il problema dello stato e la minimizzazione delle
perdite sotto il vincolo di bilancio G =∑τiVi ovvero minimizzare la lagrangiana
6.1. ALLOCAZIONE:TASSAZIONE OTTIMA. 39
Figura 6.1.1. perdita secca
L =∑
12τ
2i ηiVi − λ (G−
∑τiVi)
quindi, al primo ordine
τiηiVi = λVi da cui λ = τiηi = 2L/E ovvero
τi = ληi
Regola di Ramsey. la tassa sul consumo deve essere inversamente proporzionale
alla elasticità del mercato.
Il problema pratico è che le elasticità più basse sono tipiche dei beni essenziali
che rischiano di essere tassati più dei beni di lusso per cui la tassazione sui consumi
non è eticamente accettabile e si deve integrare con la tassazione sul reddito.
L'ottimo sulla tassazione sul reddito è un aspetto puramente teorico studiato
per primo da Mirrlees (1971) il quale sostenne che le persone che guadagnano di
più sono quelle con maggiori abilità e tassarle troppo signi�ca demotivarle a danno
di tutta la società, ma questo è solo un aspetto che non tiene conto dei redditi da
capitale che hanno i veri ricchi, tema recentemente portato alla ribalta da Piketty
che, con una analisi statistica ampia ha dimostrato le sue due leggi fondamentali
del capitalismo: de�niamo β = K/Y rapporto capitale-prodotto dove K è lo stock
del capitale �tutto compreso� (a meno del solo �capitale umano�) ed Y il �usso della
produzione annua �al netto� degli ammortamenti per il capitale impiegato che non
6.1. ALLOCAZIONE:TASSAZIONE OTTIMA. 40
si possono distribuire alle parti sociali per non intaccare la �riproducibilità� del
sistema, almeno nelle condizioni esistenti. Dopo di che, nel caso di una funzione
lineare di produzione a capitale e lavoro, risulta
Y = rK +W
dove r è il tasso di rendimento capitalistico �tutto compreso� (�rendite, divi-
dendi, interessi, royalties, pro�tti, capital gains, ecc.�)e W è l'ammontare delle
remunerazioni che spettano ai lavoratori.
La quota percentuale di reddito che va al capitale è:
α = rK/Y = rβ
È questa la �prima legge fondamentale del capitalismo� che mostra come
la percentuale di reddito percepita dal capitale sia in funzione diretta del rapporto
capitale/reddito così che, se questo aumenta senza un'adeguata diminuzione di r,
aumenterà la diseguaglianza di reddito tra le classi. E Piketty documenta come per
il mondo nel suo complesso (l'esagerazione è tutta sua) il rapporto capitale/reddito,
diminuito da un valore compreso tra 4 e 5 del periodo 1870-1910 ad un valore di
2,5/3,5 tra 1920 e 1980, sia poi risalito a 4,5 nel 2010 con la possibilità, secondo le
sue proiezioni, di arrivare a 6,5 per la �ne del XXI secolo.
Ma perché tanto peggioramento del rapporto capitale/reddito? La ragione sta
nella �seconda legge fondamentale del capitalismo�:
β = s/g
dove s = percentuale di reddito risparmiata (al netto dell'ammortamento del
capitale impiegato) e g = ∆YY è saggio di crescita del reddito. Infatti se tutto il
risparmio viene investito avremo ∆K = I = sY = β∆Y ovvero s = βg.
Ora si raccolga il tutto nella formula sintetica:
α = r.s/g
dove ben si vede come la percentuale di reddito che va al capitale aumenta se
cresce il tasso di rendimento e/o la propensione al risparmio, mentre diminuisce
se aumenta il saggio di crescita del reddito. È questa la formula che giusti�ca la
conclusione teorica da cui si erano prese le mosse, essendo evidente che, a meno di
una diminuzione di s, α cresce se r > g.
La soluzione? Tasse sui capitali e sull'eredità.
6.1.1. Lo stato ottimale. A questo punto il problema diventa: esiste un
ottimo per la dimensione totale delle tasse (e, quindi, della spesa pubblica)? Una
risposta semplice l'ha data La�er nella sua famosa curva.
Le entrate dello stato sono
R(τ) = τY (1− τ)
cioè l'aliquota generale per il reddito che è funzione della disponibilità.
Quindi R(0) = 0e R(1) = 0 aliquota con�scatrice. Signi�ca che ci deve essere
un massimo (�g3) che possiamo trovare eguagliando la derivata a zero
R′(τ) = Y − t dY
d(1−t) = Y 1−tY − t
dYd(1−t)
1−tY = 1− t− tε = 0
da cui
t = 11+ε
6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 41
Figura 6.1.2. Curva di La�er
dove ε è l'elasticità del reddito alle tasse.
Un altro approccio lo ha adottato Scully il quale Considera la spesa pubblica
come risorsa, quindi una funzione di produzione
Y = aGb[(1− t)Yt−1]c
che va massimizzata sotto il vincolo di bilancio G = tY ovvero massimizzare
Y = a(tY )b[(1− t)Yt−1]c
deivando rispetto a t ed ponendo uguale a zero si ottine t = bb+c
Le analisi statistiche portano ad una stima di t tra il 17% ed il 40%
Un ottimo politico si ottiene considerando le preferenze dei cittadini-contribuenti.
Se questi hanno una utilità u(y, g) = (1 − t)y + tg dove t è la pressione �scale, y
il reggito e g la spesa procapite e lo stato è in pareggio tNy = G ovvero t = g/y
avremo un massimo delle utilità in u′ = yy + 2g
y = 0 ovvero g = y/2 se si scegli il
reddito mediano si scontentano la metà degli elettori ed altrettanti si accontenano
per cui c'è neutralità politica si avrà la spesa ottima G = ymN/2 . in Italia il red-
dito mediano è circa 15000 EUR e la popolazione circa 60.000.000 quindi la spesa
pubblica ottima sarebbe di circa 450 MLD che è circa la spesa pubblica dello stato
centrale. l'Italia è dimensionata su un ottimo politico più che economico.
6.2. Redistribuzione: economia del benessere.
Il mercato, e�cace ed e�ciente nella produzione, crea molte disparità. La
necessità di redistribuire nasce da una esigenza sociale più che economica. Ma
6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 42
l'esigenza sociale non può comprendere il togliere ad uno per dare ad altri perchè
nascerebbero problemi altrettanto seri: chi decide quanto togliere ed a chi, per cui
l'unico criterio è quello dell'ottimo paretiano ovvero delle uguaglianze degli SMS.
Dati due individui a e b, con le rispettive preferenze A , ed B su due beni
x, y l' uguaglianza degli SMS de�nisce una frontiera delle possibilità F (A,B) che
è convessa, cioè l'utilità di uno può aumentare solo diminuendo quella dell'altro,
la scelta redistributiva implica scegliere un punto su questa frontiera cosa fattibile
solo adottando un criterio etico, criterio che de�nisce una funzione del benessere
sociale da massimizzare.
In pratica, l'uguaglianza degli SMS signi�ca:
−∂A∂x∂y∂A = −∂B∂x
∂y∂B = k
∂A∂B
∂y∂y = ∂x
∂x∂A∂B = −k
ovvero∂A∂B = −k da cui A = −kB + c
Se si introducono le dotazioni iniziali la relazione tra A e B può essse più
complessa, ma le sue proprietà generali rimangono invariate: Funzione decrescente
e e derivata seconda maggiore di zero, cioè un gra�co del tipo:
Figura 6.2.1. frontiera utilità
Per scegliere il punto ottimale usiamo un criterio etico per W(A,B).
L'etica utilitaristica ammette che solo la somma delle utilità può essere mas-
simizzata, senza alcuna distorsione perchè non è confrontabile il danno che si reca
ad uno col bene�cio all'altro.
6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 43
L'etica egualitaria ritiene che dovrebbe essere uguale il livello di soddisfazione
per essere veramente equa la distribuzione di beni, nonostante le di�coltà di misura.
L'utilità oggi è concepita come preferenza ed è solo ordinale, quindi queste
sembrano poco fondate anche se hanno risvolti pratici.
l'etica di Rawls, giustizia come equità, è un potente tentativo di contrapporre
una nuova teoria della giustizia all'utilitarismo, incentrando tutto sul principio di
di�erenza: le di�erenze sono ammesse se avvantaggiono i più svantaggiati della
società, dove il vantaggio è misurato in termini di beni primari.
Le funzioni derivanti da questi approcci sono:
Utilitaristico: W=A+B
Egualitario : W=A=B
Rawlsiano : W=min[A,B]
Intermedio : qualsiasi funzione con le proprietà della funzione di utilità per es
W = AaBb a,b<1
il problema della scelta consisterà nel massimizzare la funzione del welfare sotto
il vincolo della frontiera delle utilità e, se si considera la produzione, sotto il vincolo
della frontiera produttiva.
Un esempio concreto con beni privati e pubblici è costituito dal modello di
Samuelson.
Il modello di Samuelson: economia di scambio
Ipotizziamo una collettività composta dai due individui A e B dotati di fun-
zioni di utilità Uh(xh,G) e di redditi Mh . Ipotizziamo, inoltre, la possibilità di
redistribuire senza costi le risorse iniziali mediante tasse e sussidi. Il bene pubbli-
co viene �nanziato mediante imposte personali Th , per cui il vincolo di bilancio
dell'individuo h prende la forma:
Mh = xh + Th
in cui il prezzo del bene privato è pari all'unità.
Lo stato si incarica di massimizzare il benessere sociale rappresentato dalla
funzione del benessere sociale:
W (UA, UB)
sotto il vincolo delle risorse disponibili:
MA +MB = xA + xB + TA + TB
e del bilancio pubblico in pareggio:
G = TA + TB
Riassumendo, il compito dello stato si riassume nella massimizzazione della
lagrangiana:
L = W (UA, UB) + λ(MA +MB − xA − xB −G)
Le condizioni del primo ordine per un massimo sono:
WAUAx − λ = 0
WBUBx − λ = 0
WAUAG +WBUBG − λ = 0
in cui Wh = ∂W/∂Uh , Uhx = ∂Uh/∂xh e UhG = ∂Uh/∂G .
6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 44
Dal rapporto tra la prima e la seconda condizione otteniamo la condizione di
equità interpersonale:
WAUAx = WBUBx
Dividendo, poi, la terza condizione di ottimo per la prima e tenendo presente
la condizione di equità interpersonale si ottiene:WAUAGWAUAx
+ WBUBGWBUBx
= λλ
da cui, sempli�cando e, ricordando che SMSx,G = − dxdG = −UhG/Uhx :
SMSxA,G + SMSxB ,G = −1
La condizione ottenuta viene detta condizione di Samuelson per l'ottima forni-
tura di beni pubblici e indica che la somma dei saggi marginali di sostituzione tra
bene pubblico e privato deve essere pari ad uno, cioè al prezzo relativo dei due beni
che per ipotesi abbiamo posto pari all'unità. Alternativamente, la condizione signi-
�ca che ogni euro di costo di bene pubblico deve essere ripartito tra gli individui a
seconda della loro volontà marginale a pagare.
La soluzione del modello di Samuelson è un punto ottimo secondo Pareto, per-
chè massimizza le utilità di entrambi gli individui. La presenza, inoltre, della con-
dizione di equità interpersonale indica che una parte delle imposte viene utilizzata
per redistribuire le risorse iniziali, come avviene nel modello di sola redistribuzione
dei redditi.
Es Uh = xαhGβh
SMSxh,G = − βhαh
xhG
Condizione di samuelson∑ βh
αhxh = G
il rapporto βh/αh rappresenta la percentuale di tassa sui consumi di ogni singo-
lo. In pratica si applica una percentuale unica e la di�erenza nei consumi determina
la di�erenza nella contribuzione.
Il modello di Samuelson: economia di produzione e scambio
Il modello di Samuelson può essere esteso ad una economia con produzione e
scambio. Consideriamo ancora una collettività composta dai due individui A e B
dotati di funzioni di utilità
Uh(xh1 , xh2 , Y ) de�nita sulle quantità di due beni privati, x1h e x2h , e di un
bene pubblico Y. I beni privati e il bene pubblico possono essere prodotti secondo
una tecnologia rappresentata dalla frontiera di trasformazione:
T (x1, x2, Y ) = 0
in cui sono date le dotazioni iniziali di lavoro, e:
x1 = xA1 + xB1
x2 = xA2 + xB2
Lo stato si trova quindi a massimizzare la funzione del benessere socialeW (UA, UB)
sotto il vincolo della producibilità dei beni:
max L = W (UA, UB) + λT (x1, x2, Y )
Le condizioni del primo ordine per un massimo sono:
WAUA1 − λT1 = 0
6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 45
WAUA2 − λT2 = 0
WBUB1 − λT1 = 0
WBUB2 − λT2 = 0
WAUAY +WBUBY − λTY = 0
in cui Ti = ∂T/∂xi e TY = ∂T/∂Y .
Come nel caso di scelte sociali ottime in una economia con produzione e scambio
in assenza di beni pubblici, dalle prime quattro condizioni otteniamo l'eguaglianza
tra i saggi marginali di sostituzione e di trasformazione:
SMSA1,2 = SMSB1,2 = SMT1,2
e la condizione di equità interpersonale espressa in termini dei due beni privati:
WAUA1 = WBUB1
WAUA2 = WBUB2
Dividendo, poi, la quinta condizione di ottimo per la prima e tenendo presente
lacondizione di equità interpersonale otteniamo:WAUAYWAUA1
+ WBUBYWBUB1
= λTYT1
da cui, sempli�cando e ricordando che SMT1,Y = TY /T1 :
SMSA1,Y + SMSB1,Y = SMT1,Y
Dividendo, invece, la quinta condizione per la seconda si ottiene la stessa
condizione espressa in termini del secondo bene privato:
SMSA2,Y + SMSB2,Y = SMT2,Y
Ciascuna di queste ultime due espressioni rappresenta la condizione di Samuel-
son in presenza di produzione e scambio. Dall'analisi precedente sappiamo che l'e-
guaglianza dei saggi marginali di sostituzione ai saggi marginali di trasformazione è
la condizione che rende ottima secondo Pareto la soluzione trovata. La condizione
di equità interpersonale ci informa che è in atto una redistribuzione delle risorse
iniziali tra gli individui. L'ultima condizione di ottimalità di Samuelson indica che
la somma dei saggi marginali di sostituzione tra un bene privato e il bene pubblico
deve essere pari al saggio marginale di trasformazione ed in presenza di produzione
dei beni.
Tutte queste indicazioni in pratica sono di di�cile uso perchè non si conoscono
le utilità dei singoli e anche se si conoscessero non sarebbero confrontabili perciò la
teoria del welfare è stata spostata sui redditi ad opera del prof Pigou, famoso per
la sua teoria del welfare e per essere stato esplicitamente attaccato da Keynes. Le
condizione di equità interpersonale signi�cano redistribuire reddito ed è questa la
vera giusti�cazione delle tasse sul reddito.
6.3. STABILIZZAZIONE: IL RUOLO MACROECONOMICO. 46
6.3. Stabilizzazione: il ruolo macroeconomico.
Stabilizzare l'economia è stato in voga negli anni in cui Musgrave scriveva,
cioè in piena teoria keynesiana. Partendo dal fatto che si produce solo quello
che è richiesto e che spesso le imprese non saturano la loro capacità produttiva,
specialmente in un mondo di prodotti di�erenziati, Keynes introdusse il principio
della domanda e�ettiva: il reddito prodotto eguaglia la domanda di consumi ed
investimenti e, dato che gli investimenti dipendono dalle aspettative future, sono
soggetti a variazioni anche ampie, causando periodi di crisi e di boom.
lo stato può stabilizzare l'economia sia aumentando la spesa pubblica nei periodi
di crisi e riducendola nei periodi di boom, sia aumentando l'o�erta di moneta
(ovvero riducendo il tasso di interesse) nei periodi di crisi e viceversa.
Questa visione è stata però criticata e quasi annientata teoricamente da due
considerazioni profonde: le aspettative razionali e l'incoerenza temporale.
Le aspettative razionali degli operatori li fanno adeguare ad ogni mossa dello
stato prevista, riducendone o annullandone l'e�etto. l'incoerenza temporale consiste
nel fatto che le misure previste in un periodo hanno e�etto solo in periodi successivi
quando le condizioni sono cambiate e gli e�etti possono essere del tutto diversi dal
previsto.
La base di questi ragionamenti è la descrizione dell'economia con la metafora
dell'unica azienda, secondo la quale il prodotto è la somma dei prodotti di tutte le
imprese e dei servizi, compresi quelli della pubblica amministarzione. Per poterli
sommare, in pratica si sommano i valori monetari, escludendo i beni intermedi (cioè
il pane ma non la farina ed il lievito) quindi
Yt =∑
piqi
Questa quantità risente dei prezzi ed è detto reddito monetario. Per separate
l'aumento dei prezzi da quello delle quantità si ricorre all'indice dei prezzi.
I primi due indici complessi individuati si di�erenziano per il sistema di pesi
utilizzato: il primo (Laspeyres), utilizza come sistema di pesi le quantità dei beni
(e/o dei servizi) scambiati all'anno base; il secondo (Paasche), propone, invece,
di utilizzare come sistema di pesi le quantità scambiate all'anno più recente. Se
consideriamo la variazione di un gruppo di beni e/o servizi tra l'anno 0 e l'anno 1,
le due formule considerate saranno, pertanto:
Numero indice dei prezzi di Laspeyres:
Lq =∑i pi0qit∑i pi0qi0
× 100
Numero indice dei prezzi di Paasche:
Pq =∑i pitqit∑i pitqi0
× 100
Come è possibile notare, in entrambi i casi le quantità scambiate sono le stesse
sia a numeratore che a denominatore (sono entrambe al tempo zero, per quanto
riguarda il numero indice di Laspeyres, ed entrambe al tempo uno per quanto ri-
guarda il numero indice di Paasche); questo signi�ca che ogni variazione riscontrata
6.3. STABILIZZAZIONE: IL RUOLO MACROECONOMICO. 47
sarà dovuta esclusivamente a variazioni nei prezzi dei beni e/o dei servizi considera-
ti, e non delle quantità. La formula proposta da Fisher, invece (detta anche formula
ideale, dal momento che gode di alcune particolari proprietà, sulle quali, tuttavia,
non ci so�ermiamo) è data dalla media geometrica dei due valori precedenti:
Fq =√Lq × Pq
I numeri indici calcolati con il criterio di Laspeyres, quando i prezzi aumentano
(come nel nostro caso) tendono a fornire un risultato leggermente superiore a quelli
calcolati con il metodo di Paasche. Per tale motivo si dice che i numeri indici di
Laspeyres hanno una tendenziosità positiva.
De�nito l'indice dei prezzi il reddito reale sarà
Y = YM/P
L'indice dei prezzi viene ad essere il prezzo dell'unica merce aggregata.
Il reddito reale ha un limite nella capacità massima di tutte le imprese, detta
reddito potenziale che dipende dal totale delle risorse disponibili ovvero, come
una singola impresa, un intero paese può essere rappresentato da una funzione di
produzione
Y = f(K,L)
Dove K è il capitale totale di un paese ed L il numero dei lavoratori occupati.
La disoccupazione è la forza lavoro restante (in Percentuale) ed è de�nita come
u = (FL− L)/FL dove FL è la forza lavoro ed L il numero di occupati.
In modo analogo si può parlare di domanda aggregata, come la somma di tutte
le domande di tutti i beni valutati a prezzi correnti o a prezzi dell'anno base.
La domanda aggregata è fatta da tre grandi aggregati: Il Consumo, gli investi-
menti e la spesa pubblica:
D = C + I +G
l'equlibrio si veri�cherà nel punto i incontro:
PY = PC + PI + PG
Formula che de�nisce il principio della domanda e�ettiva. Questa formula
de�nisce un equilibrio tra quantità in quanto i prezzi sono sia al primo che al
secondo membro, ma evidenzia come una domanda che si avvicini o ecceda il reddito
potenziale si ri�ette sui prezzi la cui variazione è detta in�azione, de�nita come
π = Pt−Pt−1
Pt−1= P
P = ddt lnP
L'infazione ha importanti e�etti redistributivi perchè riduce il potere di acquisto
dei redditi �ssi ed ha e�etti importanti sul credito, infatti riduce il valore della
moneta e dei debiti, quindi dei tassi di interesse. Infatti si parla di interesse reale
r = i− π
6.3. STABILIZZAZIONE: IL RUOLO MACROECONOMICO. 48
Oltre al reddito, è importante la sua variazione: la crescita g = Yt−Yt−1
Yt−1che è
sempre riferita al reddito reale.
Il reddito prodotto viene distribuito interamente ai fattori della produzione,
quindi, ex-post,
Y = Kr + Lw + T
ovvero l'equilibrio è dato da,
Kr + Lw + T = C + I +G
Se ricordiamo che gli investimenti dipendono dal tasso di interesse che dipende,
a sua volta, dalla base monetaria, abbiamo individuato le �armi� dell'intervento
pubblico in economia: Spesa Pubblica, Tasse, O�erta di moneta.
La possibilità concreta di controllare reddito (crescita) in�azione e disoccupa-
zione con queste armi dipende, innanzitutto dall'esistenza di una relazione tra esse
e tra le �variabili di controllo�.
Queste relazione e le relative variabili costituiscono il tema della macroecono-
mia, che è passata da una visione di completo controllo ad una di impossibilità di
controllo per ritornare ad una moderata possibilità legata alle politiche monetarie.
Il dibattito sul ruolo dello stato in economia è aperto e molto caldo, specie in
periodo di crisi, ed è oggetto di una disciplina molto seguita in Italia: la politica
economica. Nel resto del mondo essa è incorporata nella macroeconomia di cui una
sintesi è disponibile nei nostri �appunti di macroeconomia analitica�.