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E se parlassimo tutti Celtico?

Intercultura, Lingue e CLIL

 Lucia CucciarelliCopyright IRRE ER 2006

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passato presente e futuro I Celti: i primi Europei

(tradizioni religione lingua)I Romani e il Latino Creazione e conio di neologismi dal latinoUn’Europa da sempre multilinguePolitiche dell’Unione Europea e del COE per il multilinguismo e la difesa della diversità delle lingueProtezione lingue minoritarie come fattore di identità e di ricchezza culturaleStrategie di apprendimento multilingue: suggerimenti dalla Commissione EuropeaIl CLIL come veicolo e metodo di multilinguismo inclusivo

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Gli storici Greci consideravano le terre dell’Europa settentrionale come il paese degli Iperborei

L’Europa Celtica estesa al suo apogeo dalle isole dell’oceano Atlantico ai Carpazi, dalle grandi pianure del Nord alla Turchia (la Galazia Turca, la Galizia in Spagna, il Galles, la Gallura in Sardegna, Senigallia nelle Marche, Tresigallo vicino a Ferrara derivano dalla stessa origine) è la prima Europa della nostra storiaTracce dei dialetti gallo italici nell’Italiano: tradizioni culturali, folklore, miti, usi e danze a tutt’oggi esistentiIl nome dei Celti appare nei testi del IV secolo A.C. epoca a cui risalgono anche le prime testimonianze in lingua celtica e sarà esteso nel secolo seguente alla quasi totalità delle popolazioni transalpine che svilupparono contatti con le colonie greche del Mediterraneo e con gli empori greco-etruschi della Pianura Padana.I Celti transalpini invadono l’Italia all’inizio del IV secolo a.C. e diventano i principali interlocutori dei greci, dei cataginiesi e degli etrusco-italici, fornendo contingenti di mercenari a tutti i conflitti. Furono infatti sempre esperti nell’arte della guerra, guerrieri temibili, conquistatori e talvolta anche predoni.

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Dionigi di Alicarnasso nella sua opera, posteriore di circa mezzo secolo alla conquista della Gallia da parte di Cesare, scrive che la Celtica confinava con gli Sciti (Ucraina) e con i Traci (Bulgaria), che era divisa dal Reno in due parti uguali e che la Germania era una porzione della parte orientale. I Romani inoltre chiamavano Gallia tutto il nord e l’est dell’Italia Transpadana e Cispadana.

I Cenomanni che fondarono Verona, i Veneti, i Tridentini che abitarono a Trento, i Mediolani di Mediolanum, senza parlare dei Senoni, che avevano colonie da Bordeaux all’Artois e dal Meno alla Mosa o dei Boi che diedero il loro nome alla Boemia, si ramificarono in Borgogna, ma anche nella valle del Po (Bologna, Modena, Piacenza) e nei dintorni di Ankara, senza dimenticare le varie tribù sparse nella pianura padana che hanno abitato Tresigallo o Voghera sono sicura che riuscirebbero a trovare ampi margini di interlingua comune oltre la condivisione di riti druidici e comuni pratiche religiose.

Tra i circa sessanta popoli vigeva un ordine gerarchico, ma con frequenti fusioni e il mantenimento di relazioni molto complesse che ricordano la mutevole geografia dei partiti europei. La gerarchia che esisteva fra Volchi Tectosagi e Volchi Arecomici, fra Aulerchi Eburovici e Cenomanni, fra Velavi, Gabali clienti e subordinati degli Averni e alleati dei Veneti era una caratteristica dell’organizzazione politica dei Celti che fu fonte di disastrose conseguenze.

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La Lingua Celtica La lingua dei Celti, o Galli, o Galati è stata indubbiamente

la più importante e la più diffusa dell'antica Europa. Il ceppo linguistico Celtico dal 6° al 3° secolo a.c. era riscontrabile nei territori dell'attuale Boemia, Ungheria, Germania meridionale, Austria, Francia, Regno Unito, Irlanda, Belgio, Spagna settentrionale, Italia settentrionale ed Olanda.

In effetti le varie tribù avevano differenti dialetti, ma tutti riconducibili ad un unico ceppo linguistico: il Celtico Classico, come è possibile riscontrare dai nomi di paesi e località,  dai vocaboli riportati sulle iscrizioni o da riferimenti di scrittori Greci o Latini. La lingua celtica era compresa dai popoli italici, tanto che Giulio Cesare, nei messaggi inviati ai suoi legati, era costretto ad usare il greco per evitare che, ove fossero caduti nelle mani dei Galli, questi messaggi venissero capiti da loro senza grandi difficoltà.

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Dall'Indoeuropeo derivarono due ceppi linguistici, il Celtico Continentale, cui appartiene il linguaggio dei Galli cisalpini, i nostri antenati, e il Celtico Insulare da cui ha avuto origine il Gaelico Scozzese.  I due ceppi linguistici si differenziano per come si è trasformato il blocco KW indoeuropeo, che è diventato una P (celtico insulare) o una Q e poi una C (celtico continentale). La lingua popolare latina acquisì facilmente quindi vocaboli celtici, che entrarono a far parte del dizionario dei popoli che poi divennero Italiani, Francesi e Spagnoli, nelle cui lingue si trova ancora un certo numero di parole con quella provenienza. Di origine incerta è la scrittura ogamica usata dai Celti insulari. Creata per essere incisa su legno, essa e' formata da linee e da punti posti in rapporto ad una linea orizzontale, e da cinque simboli particolari per indicare i dittonghi. Le principali iscrizioni redatte con questo sistema sono databili al IV-VI sec. d.C. e testimoniano d'una fase della lingua ancora molto arcaica.

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lingue celtiche

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I CELTI IN ITALIA: RADICI ROMANE E ETRUSCHE

Le popolazioni celtiche che non si assoggettarono ai Romani, spinte dalla pressione dei grandi eserciti di Giulio Cesare, si spostarono sempre più a nord della Francia, quindi migrarono in Gran Bretagna e in Irlanda.

I Romani non riuscirono mai a insediarsi in Irlanda, mentre giunsero in Gran Bretagna spingendo le popolazioni celtiche a nord nelle zone più impervie ed estreme.

Qui i Celti trovarono condizioni di vita dure e difficili, tuttavia si adattarono e riuscirono ad organizzarsi per respingere l'invasione romana che non riuscì mai a passare il confine dei quelle terre.

Ancora oggi questo confine, il "Vallo di Adriano", delimita la Scozia che, insieme all'Irlanda, rimane l'ultima terra degli antichi celti.

La lotta per l'indipendenza degli scozzesi e degli irlandesi non finì con i romani, ma si ripresentò periodicamente nella storia. Ancora oggi questi popoli affrontano problematiche legate alla loro identità culturale e alla loro indipendenza.

Alcune popolazioni celtiche della Gran Bretagna e dell'Irlanda, con la caduta dell'impero romano, migrarono in terre vicine, estendendo così le regioni dove si è conservata la cultura celtica.

Ecco che in Bretagna (Francia) o in Galizia (Spagna), possiamo trovare forti elementi culturali comuni a questi popoli. Elemento di spicco e di unione è senza dubbio la musica.

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Dove sono finiti i Celti in Italia?

Dove sono finiti i Celti in Italia? Perchè ci è sempre stato insegnato che le nostre radici sono solo romane o Etrusche? Nel periodo immediatamente post-risorgimentale, quando, per intenderci, "fatta l'Italia bisognava fare gli Italiani", e fino alla seconda guerra mondiale, i nostri storici si impegnarono a portare alla luce "le sottostanti radici etno-culturali, comuni e omogenee, dello Stato italiano, dedicandosi allo studio delle antiche popolazioni parlanti le lingue italiche, e delle genti che erano migrate nella penisola italiana dalla Grecia". (A. Calvetti, "I Celti in Romagna, Ravenna 1991, pag. 86).I Celti, in un certo senso, vennero accantonati. Una prova di ciò l'abbiamo nelle carte topografiche, che fino al 1850 circa riportano, come antiche genti che abitavano la Pianura Padana, proprio i Celti o Galli, come li chiamavano i Romani. È solo in tempi recenti, dall' Europa unita in poi, che la questione dei Celti nel nord Italia è stata riesaminata da un punto di vista storico.

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IL DIALETTO, LA LINGUA

Il dialetto emiliano romagnolo viene definito, dagli esperti linguisti, come "gallo-italico", cioè contenente un cosiddetto "sostrato celtico". Le varie popolazioni celtiche che abitavano vastissime porzioni di territori dell'alta Italia non hanno lasciato molta testimonianza del loro passaggio storico su queste terre: la loro maggiore eredità sta principalmente nel linguaggio, nella parlata di queste zone.

Il dialetto romagnolo, in questo senso, trabocca di assonanze, somiglianze e cadenze del tutto simili al francese, la lingua della Gallia Transalpina. Questa parlata, introdotta nelle nostre terre dai Celti tra la fine del V e l'inizio del IV secolo a.C., continuò ad essere usata, specie nei piccoli villaggi e nelle campagne, ancora per molto tempo dopo la conquista, da parte dei Romani, della valle Padana e la conseguente sconfitta militare delle popolazioni celtiche che l'avevano abitata per diversi secoli.

Al pari di altre colonie romane, in Romagna la lingua ufficiale, cioè quella imposta dai conquistatori, era il Latino: questo idioma, oggi scomparso, in queste terre si parlava nei tribunali, si scriveva nei documenti ufficiali, nei resoconti da inviare a Roma, e così via. Ma il popolo continuò a parlare ancora il dialetto celtico, che costituirà di fatto il "sostrato" sopra il quale si creerà il dialetto romagnolo.

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L'arrivo del Cristianesimo

L'arrivo del Cristianesimo e il rifiuto, da parte della Chiesa di effettuare una traduzione della Bibbia in Celtico diedero il colpo di grazia ad una lingua che rimane a noi solo tramite gli sviluppi insulari, Irlandese e Scozzese. La comunità cristiana occidentale, decisamente latinocentrica, fu la componente decisiva nella latinizzazione dei Celti continentali occidentali che necessitavano della conoscenza del Latino per accedere alle sacre scritture: la grande somiglianza tra il Celtico ed il Latino diede ovviamente loro un grande aiuto. Il Latino parlato dai Galli non era certo quello classico, ma piuttosto una forma volgare contaminata da forme celtiche. Una caratteristica della lingua Celtica era, come il Latino ed il Greco, il fatto che ci fossero le declinazioni (i vocaboli cambiano desinenza a seconda del caso: Nominativo, Genitivo, Dativo, Accusativo, Vocativo, Locativo o Ablativo), ma già con la presenza dell'articolo, come in Greco.

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il sapere dei DruidiGrande fu la sensibilità artistica dei Celti che realizzò propri modelli espressivi profondamente diversi da quelli classici: sensibilità che non fu mai separata dalla sfera religiosa e spirituale. Essenziale il rapporto con il bosco e con le forme che lo animano, personale il rapporto fra l’uomo e l’aldilàQuante forme artistiche abbiamo ereditato? Tutta la mitologia e le fiabe dei boschi, degli elfi, delle fate, della metamorfosi fra creature umane e vegetali, fra la luce della luna e i vapori del mattino, fra la luce della terra e le tenebre del mondo soterraneo (Il signore degli anelli, Henry Potter, Halloween e Le cronache di Narnia)Il vischio, pianta sacra per eccellenza, alla quale erano legati molti aspetti del culto druidico, mentre la palmetta, imprestito dall’iconografia mediorientale, diventò il simbolo dell’albero della vita

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I druidi I druidi di estrazione nobile, rappresentavano la casta sacerdotale, potentissima per l’importanza quasi ossessiva della religione, con interessi estesi a tutti gli aspetti della vita pubblica e privata erano i custodi della tradizione orale dei testi religiosi, dei miti e in generale del sapere.Uno degli aspetti della loro conoscenza era quello del tempo e del calendario, di cui abbiamo un insigne testimonianza nella tavola bronzea di Coligny che fa conoscere il complesso modello matematico elaborato dai Druidi, con secolari osservazioni, per il computo del tempo, basato sulla correzione ciclica di un anno lunare di 355 giorni.L’espressione in a fortnight ricorda che contavano le notti e non i giorni

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Il Latino Le varie lingue europee, man mano che si è venuto allargando il loro orizzonte spirituale, hanno attinto largamente nuovi termini al latino e anche al greco trascritto in modo latino. Non solo si ricorre al latino classico, a quello ecclesiastico, a quello scolastico, a quello scientifico fin quando dura l’uso del latino come lingua scientifica internazionale, ma anche quando questo uso viene meno si continuano a forgiare termini nuovi con elementi latini o secondo moduli greco-latini.Reale, virtuale, attuale, potenziale sono stati messi in circolazione dagli scolatici; propaganda proviene dalla congregazione romana De propaganda fide; azione in senso commerciale nasce in Olanda e sostituisce l’antico carato, termini come costituzione e opposizione hanno origine in Inghilterra.Si moltiplichino questi esempi per mille e si avrà un’idea dell’inesauribile vitalità del lessico latino, sempre pronto ad essere riplasmato e a servire ad esprimere nozioni ignote agli antichi e si avrà un’idea del contributo che i popoli di cultura europea hanno dato alla creazione di un lessico europeo relativamente uniforme.Insomma una nuova nozione che venga espressa con un termine latino o greco-latino in Italia, Francia Germania, Svezia o America ha molte probabilità di mantenere ovunque lo stesso nome. Se invece viene chiamata con un nome locale senz’appigli al vocabolario classico difficilmente il termine potrà passare le frontiere. Il coefficiente dell’europeismo resta pur sempre la latinità.

(Bruno Migliorini 1940)

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Il futuro dell’Europa

dipenderà dal successo del dialogo interculturale e dalla riuscita delle politiche di cooperazione economica, ma soprattutto dallo scambio e dal comune sviluppo culturale fra popoli e culture della vecchia Europa, del Mediterraneo e dei paesi dell’Est.

Il crescente fenomeno dell'immigrazione nella Regione Emilia Romagna la rende sempre più etnicamente variegata, e perciò sempre più complessa sotto il profilo dell’identità culturale. Un fenomeno che implica una profonda trasformazione sul piano sociale e richiede alle istituzioni educative concrete strategie innovative.

La scuola deve dotarsi di nuove proposte culturali diverse da quelle che sono state modellate in un contesto rimasto monoculturale fino a un

decennio fa.

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Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo

Nel dicembre 2005 la comunicazione della Commissione Europea indirizzata al Consiglio precisa chiare responsabilità in merito alle politiche che promuovono il multilinguismo, riaffermando il ruolo della Commissione nei confronti del ruolo di coesione sociale ed economica che le lingue rivestono; il documento propone inoltre una serie di specifiche azioni.

Il documento sostiene che l’UE è fondata sulla diversità di lingue, credenze, abitudini e culture (art 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE). Oltre alle 20 lingue ufficiali, dal 2007 21 con l’irlandese e 23 se includiamo il Bulgaro e i Rumeno, ci sono circa altre 60 lingue indigene

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Euromosaic

La lingua è l’espressione più diretta di una cultura ed è il fattore che contribuisce maggiormente a dare un senso d’identità e l’articolo 21 proibisce la discriminazione basata su motivi anche di tipo linguistico.

http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/languages(langmin/euromosaic/index_html

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…….Commissione Europea

        The rationale of Holistic language policies

One of the three key policy objectives identified by the Action Plan for language teaching and linguistic diversity is “better language teaching”. This does not affect only language teachers; on the contrary; evidence shows that a quality language teaching is often the result of a global school policy promoting languages: “the language-friendly school”, thus the idea of “holistic language policies”.

by Patrizia Baralli DG EAC [email protected] e Luca Tomasi

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The rationale of Holistic language policies (2)

It is known, for example, that learning a foreign language can help one understand and appreciate one’s mother tongue better, and vice versa, yet often these ‘subjects’ are treated quite differently; often there is no communication between teachers of the national language and teachers of foreign languages within the same school; often there are no connections between the content of syllabuses or the methodologies used for teaching them. It may be useful to set the teaching of ‘languages’ in the framework of a coherent approach to teaching about ‘language’.

by Patrizia Baralli DG EAC [email protected]

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l’OccitanoBen oltre il Piemonte si allarga l’Occitania

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Holistic language policies (3)

Holistic language policies are methods and approaches that a school can take to gear its general didactic provisions to increase the quality of language learning. This might not imply an increase in budget, but finding creative ways and playing in team to make the most of the resources available.

by Patrizia Baralli DG EAC [email protected]

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Holistic language policies (4)1. making appropriate connections between the syllabuses and curricula used

for the teaching of mother tongue, foreign languages and the language of instruction when different;

2. using pupils with a different mother tongue as a resource to raise awareness of other languages and cultures;

3. opening up to parents and the local community to raise awareness of other languages and cultures;

4. organising activities to make language learning attractive and accessible to all pupils, also the ones less interested or with special needs;

5. introducing a wider range of languages onto the curriculum also through CLIL, multilingual comprehension (see annex 3), or in extra-curricular activities(language clubs, plays, exchanges);

6. providing short, ‘taster’ or ‘survival’ courses in languages not normally available;

7. implementing content and language integrated learning CLIL

8. implementing early language learning. by Patrizia Baralli DG EAC [email protected]

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          Concrete examples of projects

Holistic language policies depend very much on local needs and resources and they can involve an amazing variety of activities. To get an idea of innovative practices to promote languages at school and local level, you may have a look to the database of the European Label for innovative projects in language teaching and learning: http://europa.eu.int/comm/education/language/label/index.cfm , where you can search by country, education theme or target language. Where applicable, hosting language assistants and taking part in Comenius school and language projects could be a valid support to implement a school holistic language policy

by Patrizia Baralli DG EAC [email protected]

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Multilingual Comprehension: definition and objectives

Multilingual comprehension is learning to understand other languages by taking advantage of the learner’s existing knowledge of languages in the same family (e.g. Romance, Germanic or Slavic languages). The aim is to understand the language without necessarily learning to speak or write it (development of partial linguistic skills). For instance, it is possible for someone to learn to read Portuguese if they already have a knowledge of Italian, or to understand Swedish by knowing German.

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multilingual comprehension

is an innovative starting point for the acquisition of “full” skills. It allows users to speak their own language and understand the language of the others. What is important is to find good methods for “learning to learn”, to open the mind to passive understanding of many other languages where there are clear resemblances.

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Sources of background information on multilingual comprehension

A good starting point to find out more about the pedagogical background of multilingual comprehension and its implementation in Member States, is the works of the International Congress “Multilingual Europe through intercomprehension within language families” organised, with the support of the European Commission, by the Fernuniversität Hagen during the European Year of Languages 2001 (http://www.fernuni-hagen.de/sprachen/kongress/).

This Congress brought together a large number of experts active in the field and gave a good overview of what has already been achieved in this area

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Concrete examples of projects and networks

Several Lingua projects have worked to develop didactic tools for multilingual comprehension. Teachers and trainers may find didactic

resources on these project websites: Germanic languagesSigurd project: http://www.statvoks.no/sigurd/ . The website provides didactic material to compare Germanic languages. Fairy tales are used for the comparison and there are

references to fairy tales texts of several Germanic countries. Iglo project: http://tea.fernuni-hagen.de/Iglo/Install/kurs/Ressourcen/start.htm.

It provides on-line material for autonomous learning, mainly for adult learners.

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Romance languages

Galatea project: http://www.galanet.be/ The website enables to hold virtual sessions between learners and classrooms of different countries working on common topics. It lists also training courses on multilingual comprehension for Romance languages.

EU & I project: http://www.sprachenzentrum.com/eui/ . The website enables you to make exercises on intercomprehension between French, English, Spanish and Portuguese

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Slavic languages

Slavic Networking project (the project is not finished yet): http://slavic-net.upol.cz/ . The prime objective of the project is to promote multilingual learning of Slavic languages among native speakers of these languages and among people whose mother tongue is not a Slavic language but who are interested in Slavic countries and would like just to taste their languages.

Patrizia BARALLI, [email protected]

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Il Mosaico Linguistico dell’Unione Europea

Quaranta lingue autoctone parlate da 450 milioni di cittadini europei: questo è ciò a cui ci si riferisce quando si utilizza l’espressione "mosaico linguistico" nell’ambito dell’Unione europea. Solo 22 delle 40 lingue godono dello status di lingua ufficiale: il ceco, il lettone, l’estone, il lituano, l’ungherese, il polacco, lo slovacco, il maltese, lo sloveno, il danese, il finlandese, il francese, il greco, l’inglese, l’italiano, l’olandese, il fiammingo, il portoghese, lo spagnolo, lo svedese, il tedesco e l’irlandese (solo per la redazione dei trattati). Le restanti lingue vengono definite "regionali", "minoritarie" o "meno diffuse" (in inglese Lesser Used Languages o LULs).

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La realtà eterogenea delle lingue meno diffuse

La terminologia usata non deve trarre in inganno riguardo la vastità del fenomeno: circa cinquanta milioni di cittadini europei, quasi un cittadino su sette, appartiene a gruppi linguistici minoritari. Una lingua, per esempio, può essere minoritaria in uno Stato membro ma maggioritaria in un certo numero di regioni dello stesso Stato.Un altro aspetto da valutare è che, per esempio, il catalano è una lingua minoritaria in Francia, Spagna e Italia, ma è parlato da più persone rispetto al danese o al finlandese, lingue ufficiali dell’Unione.

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lingue regionali o minoritarie

"lingue regionali o minoritarie" definisce le lingue        tradizionalmente parlate nell’ambito di un territorio di uno Stato da cittadini di quello Stato che costituiscono un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato e         diverse dalla/e lingua/e ufficiale/i di quello Stato.

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l’Unione europea individua e riconosce cinque grandi categorie di lingue minoritarie

Le lingue nazionali di due Stati membri dell’Unione europea che non sono lingue ufficiali di lavoro dell’Unione: l’irlandese e il lussemburghese, Le lingue di comunità situate in un solo Stato membro - come il bretone in Francia o il gallese nel Regno Unito, o come il sardo o il ladino in ItaliaLe lingue di comunità situate in due o più Stati - come il basco, il catalano in Francia e Spagna o il lappone in Finlandia e Svezia, Le lingue che sono minoritarie in uno Stato ma maggioritarie in un altro - come il danese in Germania o lo sloveno in Austria e Italia,

Le lingue non territoriali (o lingue sprovviste di territorio) presenti in diversi Stati dell‘Unione ma non situabili in un’area particolare -

come le lingue "giudaiche" e le lingue delle comunità Rom.

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l’OccitanoBen oltre il Piemonte si allarga l’Occitania: al di là delle 15 valli che si spingono a ovest dalle province di Cuneo e Torino, essa si estende dall’alta Provenza ai Paesi Baschi.L’Occitania infatti, non un o stato vero e proprio ma un’area identificata da criteri socio-linguistici, è forte di una popolazione di 12 milioni di persone.I confini compredono oltre alle zone piemontesi, sette regioni francesi: Delfinat, Prouvenso, Auvernho, Guaiano, Lemousin, Gascogho e Lengadoc e la catalana Val d’Aran nei Pirenei

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Le lingue meno diffuse e l’Unione europea

Nonostante le oggettive difficoltà nel promuovere le lingue regionali, l’Unione europea ha adottato una serie di provvedimenti a loro favore.Le prime attività del Parlamento europeo in materia risalgono al 1981. Tra le principali si possono citare:

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Provvedimenti UELa risoluzione Arfè (1981), prima tappa per la

definizione di una politica linguistica a livello europeo, cui fece seguito, nel 1983, il primo finanziamento allo sviluppo di una politica comunitaria in materia di lingue regionali, La risoluzione Kuijpers (1987), che sottolineava la possibilità per i Governi degli Stati membri della CE di proporre delle direttive concrete per il mantenimento e la promozione delle lingue e delle culture regionali

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Provvedimenti UE

La risoluzione Killilea (1994), una ulteriore tappa nel riconoscimento dei diritti linguistici in Europa,

La risoluzione Morgan (2001): richiesta del Parlamento europeo alla Commissione di presentare un programma pluriennale sulle lingue, prevedendo fondi destinati espressamente alle lingue meno usate.

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Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo

Nel dicembre 2005 la comunicazione della Commissione Europea indirizzata al Consiglio precisa chiare responsabilità in merito alle politiche che promuovono il multilinguismo, riaffermando il ruolo della Commissione nei confronti del ruolo di coesione sociale ed economica che le lingue rivestono; Il documento sostiene che l’UE è fondata sulla diversità di lingue, credenze, abitudini e culture (art 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE). il documento propone inoltre una serie di specifiche azioni.

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Unione Europea

La lingua è l’espressione più diretta di una cultura ed è il fattore che contribuisce maggiormente a dare un senso d’identità

l’articolo 21 proibisce la discriminazione basata su motivi anche di tipo linguistico.

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Il significato di multilinguismo

Questo termine si riferisce si all’abilità di una persona di utilizzare varie lingue e la coesistenza di differenti comunità linguistiche nella stessa area geografica, ma il nuovo senso attribuito a questo termine dalla Commissione è un’area che promuova la piena espressione e convivenza di una varietà di lingue.

Gli obiettivi della politica del multilinguismo sono tre:

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promuovere le diversità linguistiche

1. incoraggiare l’apprendimento della lingua e promuovere la diversità linguistica

2. promuovere una sana economia multilingue

3. dare ai cittadini la possibilità di accesso alla legislazione, procedure e informazioni nella loro lingua

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Una società multilingue

 E’ stato il proclama nel marzo 2002 del Consiglio di Barcellona con l’insegnamento di almeno due lingue partire dalla giovanissima età, ma l’Eurobarometro ha segnalato la confortante abilità in almeno metà dei cittadini europei di conversare anche in una seconda lingua straniera, là dove gli abitanti di Lussemburgo, Malta e Lettonia sono bilingui e gli italiani e gli spagnoli all’altro vertice della statistica. Un’altra importante tendenza è quella di non considerare solo l’inglese come lingua straniera.

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La Commissione Europea e azioni di promozione della diversità linguistica

Dal 2003 la Commissione ha intrapreso 45 nuove azioni per sostenere gli enti locali, nazionali e regionali nella promozione della diversità linguistica. Queste azioni complimentano altri progetti quali per esempio il programma LINGUA che ebbe inizio nel 1990.Sono stati investiti più di 30 milioni di euro all’anno attraverso Socrates e Leonardo da Vinci per la formazione dei docenti all’estero, la mobilità di assistenti linguistici nelle scuole, il finanziamento di scambi classe per motivare gli alunni all’apprendimento di una lingua, studi strategici e azioni a distanza.

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http://www.coe.int

Tra le attività più importanti del Consiglio d’Europa bisogna citare l’approvazione della Carta per le Lingue Regionali o Minoritarie, sotto forma di convenzione, obbligando giuridicamente gli Stati membri che l’hanno ratificato.

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Gli obiettivi della Carta sonoFinalizzare la protezione e la promozione delle lingue minoritarie perché elementi del patrimonio culturale europeo in pericolo,

Garantire, dove ragionevolmente possibile, l’uso delle lingue regionali nell’insegnamento, nei mass media, nell’amministrazione, nel settore giudiziario, nella vita economica, sociale ed economica.

La Carta rispetta i principi di sovranità nazionale e integrità territoriale dello Stato. La relazione tra lingue ufficiali e quelle minoritarie non deve essere interpretata come un antagonismo, dato che la promozione delle ultime non deve ostacolare la conoscenza delle prime.

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CLIL major contribution

CLIL has a major contribution to make to the Union’s language learning goals. It can provide effective opportunities for pupils to use their new language skills now, rather than learn them now for use later. It opens doors on languages for a broader range of learners, nurturing self-confidence in young learners and those who have not responded well to formal language instruction in general education. It provides exposure to the language without requiring extra time in the curriculum.

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  Sources of background information on CLIL

1.    A good starting point to know more about the pedagogical background of CLIL and its implementation in Member States is the works of the Symposium “The Changing European Classroom - the Potential of Plurilingual Education” (Luxembourg, 9th to 11th March 2005). This conference, organised by the Luxemburg presidency with the support of the European Commission, gathered CLIL experts from Member States and policy makers to exchange experiences on how the CLIL approach could be introduced or more widely used in the different school systems. The conference works are available at: http://www.men.lu/edu/fre/presidence/CLIL/

(See in particular the Working document: http://www.men.lu/edu/fre/presidence/CLIL/WorkingDocument.pdf, which is a provisional synthesis of the conference).

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CLIL practices in EuropeThe European Commission has also financed a study: CLIL/EMILE: The European dimension. Actions, Trends and Foresight Potential by David Marsh et al., Jyväskylä University, Finland 2002, available at: http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/doc/david_marsh-report.pdf . Download the brochure with a selection on European projects supporting CLIL: European language policy and CLIL - A selection of EU–funded projects. Brussels 2005. Available in EN, FR, DE at: http://europa.eu.int/comm/education/policies/lang/teach/clil_en.html

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Clil Websites

A useful reference for CLIL practitioners is the website of a network originated by a Lingua project, called EUROCLIC (the European Network for Content and Language Integrated Classrooms): http://www.euroclic.net/. It shows country files listing CLIL projects, links to CLIL institutions and a forum for teachers. A section devoted to “professional development” lists courses available on CLIL in Europe and may be also useful for applicants of Comenius 2. http://www.euroclic.net/index.php?inhoud=inhoud/ttraining/main.inc

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vocational and technical education CLILFor teachers and trainers working with CLIL in vocational and technical education, a useful reference is another network build by a Leonardo Language project called VOCTALK

http://www.cec.jyu.fi/voctalk/over.htm

Its website provides a useful handbook to start CLIL in vocational education, a help line, a forum and a lot of useful tips for CLIL teachers and trainers. Both Euroclic and Voctalk include an extensive list of links to CLIL research institutions, projects and courses.

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………. E per concludereSul nostro pianeta si parlano circa 6.800 lingue. Ogni quindici giorni ne spariscono due e con esse muoiono antiche culture, usi, costumi, tradizioni, leggende, riti, medicine naturali. Entro il 2100, il 90 per cento di tutti gli idiomi umani, sparirà per sempre. Le previsioni più ottimistiche dicono che soltanto la metà, sarà estinta. Quelle ormai irrimediabilmente perdute, secondo i calcoli dei linguisti, potrebbero essere tra quattro e nove mila.

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le lingue più parlateIl 96% della popolazione mondiale utilizza soprattutto quattro lingue: il cinese mandarino o putonghua, parlato da un miliardo di persone, come l'inglese, l'Hindi/Urdu (900 milioni) e lo spagnolo (450), seguito da russo, arabo, bengali, portoghese, giapponese, francese, tedesco, italiano. Il restante quattro per cento parla tutte le altre. I ricercatori escludono dal rischio d'estinzione soltanto 600 lingue nel mondo, perché sono ancora insegnate ai bambini. In Canada e Stati Uniti, il 90% delle lingue native, non è appreso dalle nuove generazioni. Su 300 lingue parlate sul territorio americano in età colombiana, soltanto dieci sono ancora utilizzate da gruppi superiori ai diecimila individui.

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Nel continente sudamericano resistono ancora 640 lingue, il 27% delle quali è a rischio. I quattro quinti degli idomi sono usati da gruppi inferiori ai diecimila individui. Nell'area amazzonica peruviana soltanto cinque persone parlano ancora il Chamicuro. Gli scienziati stimano che, in Africa su un patrimonio di 1.400 lingue 54 sono ormai estinte, 116 sono vicine all'estinzione, 250 sono minacciate e 600 in forte declino.

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UNESCO

Il presidente dell’Unesco Koichiro Matsuura dice che quando una lingua muore, è una visione del mondo che sparisceLucia Cucciarelli [email protected]

http://www.europa. iav.it

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