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sede di Sestri Levante (GE) con il patrocinio e la collaborazione del Ristorante - Hotel Mira di Sestri Levante

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sede di Sestri Levante (GE)

con il patrocinio

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B&B edizionidi comunicarte srl

via ezio tarantelli, 1622076 mozzate (co)

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prima edizione: settembre 2013

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Indice

5 Prefazione

8 Il grillo

20 A settant’anni suonati

30 Il profumo dell’anima

50 La trasferta del cuore

62 Vuoto a perdere

72 Vicolo Chiesa, numero 4

84 La farfalla

94 Minnie

106 Mariani Elvira

116 Quattro ore

125 Biografie

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Prefazione

Come devo presentare questo libro?Ho sempre odiato le prefazioni: salvo poi rileggerle a fine lettura.Mi sembrano un diaframma tra me e un amico. Ogni autore per il fatto che mi decido a leggerlo, entra immediatamente nella sfera delle cose scelte per amore, pena la impenetrabilità mia di fronte al messaggio; in altre parole è come mangiare di mala voglia, non c’è assimilazione. Comunque il “prefatore” rischia sempre di essere il terzo intruso, uno che la sa lunga; e spesso ha la pretesa di dirti: guarda quella pagina, guarda quell’altra. Invece a te quella pagina non dice niente e meno ancora quell’altra; mentre è una terza e una quarta a sorprenderti e forse commuoverti. Io, ad esempio, non so scegliere quale novella di questo libro sia più bella o importante di un’altra, poiché è l’insieme che mi ha sorpreso. Di sicuro tutte sono “in cerca di Sogni” ( come recita il Titolo) e, in maniera diversa, incuriosiscono o fanno sognare. In effetti, sentendo la Giuria di questa prima edizione del

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Premio Letterario “Mirella Ardy”, queste 10 novelle, qui raccolte e raccontate, classificate come le migliori tra le tante giunte in concorso, avrebbero quasi tutte meritato l’alloro del podio: sebbene poi la scelta sia caduta sulle prime tre presentate in questo libro le quali, in molto o in qualcosa, parevano possedere un respiro o un volo più elevato rispetto alle altre. Ma si rimanda la preferenza anche al lettore perché si sa: i gusti sono personali. Comunque c’è sempre molto da riscoprire, inseguire e recuperare nella lettura di ogni libro, con uno spirito di osservazione e di ascolto che ti fascia di luce e dona qualcosa: ti dona il risveglio di una coscienza, ti apre a percezioni improvvise e insospettate, ti regala a volte una strana e umile gioia perfino nei tuoi riguardi, tale da metterti in grado di accettarti anche così, come sei, ed è un dono non da poco. Bene: tutto ciò accade anche leggendo questo libro, scritto da mani e anime tanto diverse. Infine un plauso, a mio parere meritato, al Premio Letterario “Mirella Ardy” dedicato alla “novella” che, tradizionalmente, è stata per molti anni un punto di forza e di fidelizzazione delle lettrici delle riviste femminili. Insomma la novella, un tempo regina e ora purtroppo relegata al ruolo di ancella presente soltanto in poche pubblicazioni, ritrova in questo concorso il valore e la dignità letteraria che merita. Un concorso non a caso dedicato alla scrittrice e giornalista Mirella Ardy: da decenni una delle più prolifiche e conosciute autrici di narrativa che ha collaborato per lunghissimo tempo a tante note riviste femminili italiane con migliaia di novelle, racconti

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e centinaia di romanzi a puntate. Inoltre con lo pseudonimo di Gaia ha anche firmato per molti anni una brillante rubrica di vita familiare e di sentimenti per la rivista “Alba”, che ancora oggi continua su “Nuova e Nostra”. Numerosissimi i suoi libri, tra cui gli ultimi editi dalla mia casa editrice : mi riferisco a “Un tè allo zenzero” (finalista del Premio Morselli nel 2011), “Il Principe dei Limoni” ( vincitore del Premio Morselli nella sezione “Con brio”, 2012) e “Non baciarmi soltanto la mano” ( 2013).Concludo con l’augurio che la prima edizione del Premio Letterario “Mirella Ardy” sia l’inizio di una lunga serie e che il lettore possa assaporare gusto, emozioni e profumi delle dieci perle contenute nello scrigno di questo libro.

Fiorenzo Ballabio editore

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Il grillo

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Il grillo era appena nato sotto un cespuglio di viole, ai piedi di un grande ulivo, in un colle davanti al mare.

Era stato abbandonato dai genitori, come succede a tutti i grilli, che devono arrangiarsi fi n da piccoli a camminare da soli nella immensità del mondo, senza un papà che li guidi e una mamma che li consoli. Il grillino non aveva paura, ma, piccolo come era, si trovava sperduto nell’inestricabile bosco di erbe che lo circondava da ogni parte e gli impediva il cammino.

Come poteva andare avanti con tutti quegli alti steli che non gli permettevano di vedere al di là del naso? Mentre cercava di capire quali fossero le sue possibilità dentro quel mondo misterioso e grandissimo si accorse di avere due gambe lunghe, così lunghe che stavano ripiegate su se stesse, come se fossero fatte con due parti di una molla. Provò a spingere e, zac!, le gambe lo scagliarono sopra le erbe, così alto e così lontano come non si sarebbe mai sognato.

Provò e riprovò e ogni volta si ritrovava in un posto nuovo, ma non sapeva mai dove sarebbe fi nito, ora per terra. ora sopra un

Novella prima classifi cata

Il grilloCarlo Calsamiglia

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ramo, ora contro un sasso. Quelle gambe lo portavano proprio dove volevano loro, ma al quarto salto, mentre era in aria, nel cielo, sentì che nella schiena gli si aprivano due piccole ali rosse, che gli permettevano di orientare e prolungare il suo volo. Che bellezza, ora era quasi come un uccello e poteva decidere dove andare.

Saltò e volò, felice, per un’ora, che è tanto tempo nella vita di un grillo, fi no a quando si trovò davanti a una piccola casa bianca, con tendine alle fi nestre e un gelsomino che si arrampicava fi no al balcone. In quella casa ci stavano due sorelline: una portava degli occhialetti che le cadevano sul naso e la facevano sembrare una dottoressa, aveva i capelli neri e ricci che le nascondevano il viso e giocava con il computer del suo papà; l’altra era un poco più grande, bionda, aveva un’aria tra seria e capricciosa e si chiudeva in una stanza al piano di sopra, dove c’era il balcone, non si sa a far cosa.

Il grillo aveva già deciso di fermarsi in quel posto perché le bambine erano belle e simpatiche, ma vide un gatto nero che entrava e usciva dal balcone. Si prese una grande paura, perché quello se lo mangiava in un boccone senza pensarci due volte, e decise di andarsene di corsa. Peccato, era così bello quel posto! Si era già rimesso in spalla il fagottino per iniziare il nuovo viaggio quando sentì che dalla fi nestra della camera della bambina più grande, quella bionda, veniva una musica meravigliosa, sembrava nascere da un fi lo sottilissimo, come di una ragnatela sospesa fra due rami, qualche volta fragile come un arcobaleno, qualche volte profonda come un tuono di maggio.

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Il grillo rimase incantato, si dimenticò perfi no del gatto, con un grandissimo sforzo saltò e volò sempre più in alto fi no alla balaustra del balcone e guardò dentro la stanza. La bambina aveva uno strumento, piuttosto lungo da una parte e rotondo dall’altra, che con la mano sinistra teneva appoggiato sulla spalla. Vi chinava sopra il viso come se piangesse e con la mano destra lo accarezzava avanti e indietro con una bacchetta sottile. Era da quello strumento, il violino, che usciva quel suono melodioso. Il grillo pensò che non c’era niente di più bello al mondo, rimase ad ascoltare fi no a quando la bambina chiuse il violino in un astuccio, fece uno strillo di gioia e corse fuori a giocare. Anche il grillo lasciò il balcone e ritornò nel prato con un volo lungo lungo in discesa. Pensava. Tutti sanno che i grilli hanno la testa lunga con la fronte alta e gli occhi ben piazzati davanti per vedere il mondo e la vita; se ne guardate bene uno, proprio di fronte, vi accorgerete che vi guarda anche lui e sta serio, pensa. Il nostro grillino pensava che non c’era cosa più bella di quella musica meravigliosa che aveva appena ascoltato, voleva fare qualcosa di simile anche lui. Ci si provò ma, siccome non aveva le mani, e nemmeno uno strumento miracoloso chiuso in un astuccio, tentò di fare gli stessi movimenti della bambina bionda.

Piegò bene bene la gamba sinistra, la strinse al corpo e vi chinò sopra la testa, come se piangesse; poi sollevò a metà l’altra gamba, la piegò un poco e la fece passare avanti e indietro sopra la prima, proprio come la bambina con l’archetto. In principio il suono era falso, disarmonico e graffi ante, ma poi, a poco a poco, uscì una musica, un cri. Oh, era appena il principio, una musica timida, piccola, una musica da poco, ma era musica vera.

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Il grillo si rintanò in un cantuccio e si mise a suonare, e così passò tutta la giornata. Quando venne notte e non c’era nessuno in giro, andò fi no alla spiaggia del mare, avanzò coraggiosamente fi no all’ultimo limite dove arrivano le onde, salì su un sasso ricoperto di sale e incominciò a suonare. L’onda che arrivava leggera ritornando faceva un sospiro, e il grillo faceva ʻcri!’; un’altra onda arrivava e discendeva con il suo sospiro e il grillo rifaceva il suo cri, e così via, i sospiri delle onde e i cri sempre più lunghi del grillo intrecciarono un interminabile duetto. La gente che passava lì vicino si stupiva di udire quel canto piccolo e solitario nel silenzio di quella fresca notte di primavera.

All’alba il grillo andò a dormire felice, ansioso di ricominciare, e infatti, quando si svegliò, si mise a girare per il mondo suonando la sua piccola musica, suonava sull’orlo degli stagni con le libellule che si fermavano immobili nel cielo sbattendo forte le elitre per fare da sottofondo, suonò con le api che avevano un basso brusio e facevano da violoncello, suonò con le zanzare che avevano un’acutissima tromba e con i pini che fi schiavano nella furia del vento. Ma quando tornò ad ascoltare la bambina bionda nella casina bianca con le tende alle fi nestre rimase profondamente deluso: mamma mia, quella musica era tutta un’altra cosa! Questa volta la bambina suonava con una maestra e tutto quello che il grillo aveva imparato gli parve una cosa da nulla, perché la musica che usciva dalle fi nestre della stanza era come un giorno di primavera, aveva il profumo dei fi ori e il luccicare del mare, il rosso dei tramonti, le carezze della mamma e il galoppo di cavalli liberi in un prato.

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Il grillo era addolorato, si concentrò nel suo lungo cranio e si mise a pensare. Un’orchestra, ecco cosa gli mancava, una orchestra! Tornò sotto il grande ulivo, là dove era nato, fra le viole, cercò tutti i compagni che erano nati con lui, e anche quelli più vecchi e quelli arrivati dopo, andò a chiamare tutti i grilli che c’erano fi no al crinale del colle e insegnò a tutti a suonare, come faceva lui, piegando le gambe una sull’altra come se fossero un archetto e un violino. Poi, poi in una notte argentata di luna, li portò tutti nel prato più grande, sotto il bosco di faggi, diede il via e tutti si misero a suonare. Da quelle migliaia di grilli si alzò nella notte un suono dolcissimo e profondo, non si capiva chi fosse a cantare, se il cielo, o la terra, o la notte, o le nuvole, o il vento, non si capiva da dove venisse, o dove andasse, forse veniva dalle stelle. Passarono le lucciole a far chiaro con le loro lampade sopra i cantori, e il cuculo fece sentire a tempo la sua dolce voce e anche la civetta intervenne a dire: “Tutto mio! tutto mio!” Poi a un tratto l’usignolo rovesciò sopra quella musica il fi ume della sua armonia infi nita e insuperabile, che sale e scende, oscilla, ritorna e si perde e porta dappertutto il sogno e la poesia.

Il grillo era felice in mezzo a quell’orchestra da lui diretta e suonava, suonava, ma a un tratto si accorse che di quella immensa sinfonia non era rimasto nell’alba altro che il suono del suo piccolo strumento, cri, cri. I compagni se ne erano andati, le lucciole avevano spento le luci, l’usignolo si era nascosto nel bosco, la civetta e il cuculo erano fuggiti dentro il carro dell’Orsa Maggiore che si spegneva nel cielo. Il grillo continuava a suonare, ma si fermò per la strada solo una persona, un poeta. Soltanto un poeta si ferma ad ascoltare un

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grillo che canta da solo, o una piccola onda che va avanti e indietro sulla riva, tutti gli altri si fermano solamente se i grilli sono centomila e le onde un milione, allora il canto dei grilli fa sorridere il cuore di tutti gli uomini e la furia del mare li fa tremare.

Il grillo capì allora che quello che faceva la bella bambina bionda con il suo violino era una cosa che non si poteva eguagliare, lei da sola faceva quello che nessun grillo, o nessun essere come lui poteva mai imitare, chinava la testa sul violino come se volesse piangere e invece erano gli altri che piangevano a quel suono. Chi sa come aveva imparato, chi sa da chi aveva avuto quel dono, a lui nessuno aveva insegnato una cosa del genere. Forse quella bimba era una creatura del cielo, forse era fi glia delle nuvole, non era un povero piccolo grillo come lui, senza un violino e senza mani per poterlo stringere tra la spalla e il collo come una parte della sua stessa persona. Aveva soltanto una cosa in comune con la bambina, il cuore, sentiva che nelle sue povere note e in quelle stupende di lei vibrava lo stesso sentimento, di chi ama la bellezza, l’amore, l’arte e la vita.

Fu preso da una tristezza senza fi ne, non c’era vita lontano da quella dolce musica che ti accarezza come fa il mare nel lembo estremo della marina, non godeva più dell’oro del sole e dell’argento dei ruscelli, e il rosso dei papaveri nel grano maturo gli sembrava solo colore di sangue. Era innamorato senza speranza della bambina e della musica, erano un sogno meraviglioso che non si poteva realizzare. Eppure il tempo passava e la sua vita stava per fi nire, perché la vita di un grillo

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è breve e non dura nemmeno quanto un chiaro di luna. Gli altri grilli, i suoi compagni, avevano passato il tempo giocando, saltando, volando, sposandosi e godendo di ogni giorno che passava, mentre lui non aveva fatto altro che pensare alla musica ed era rimasto con il cuore triste.

Pianse per un giorno, poi prese la sua decisione. Si avvicinò alla casa e con un breve volo delle ali rosse si posò sulla balaustra screziata di marmo del balcone. C’era ancora il gatto, doveva stare attento, si nascose. Dopo un poco il gatto lento lento se ne andò e il grillo entrò dalla fi nestra nella stanza della bambina. Abbandonato sul divano, accanto a una bambola spettinata, c’era il violino, sotto le corde tese si vedeva la cassa di risonanza, quella camera buia e segreta da dove le note si alzavano nel loro meraviglioso linguaggio di angeli e di fate. Fece ancora uno sforzo e con un ultimo volo arrivò sull’orlo della camera misteriosa e vi si lasciò cadere dentro rincantucciandosi nella parte più lontana, dove la curva è più larga e sopra si appoggia il mento di chi suona. Era buio dentro e lui era stanco e sapeva che la sua vita di grillo era vicina alla fi ne, ma voleva che fi nisse lì, dove quella bambina con i capelli d’oro giocava con i fi li della musica. Si addormentò. Fu svegliato da un grosso scossone e sbatacchiato di qua e di là, si aggrappò forte perché la bambina aveva preso il violino e ora doveva arrivare la musica, la meraviglia. E arrivò. Era un danzare del tempo, un cadere dolce di foglie, un luccicare di lacrime, un disfarsi nel sole. In mezzo a quella ineffabile dolcezza il grillo si inginocchiò sulle lunghe gambe e fece il suo ultimo cri.

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La bambina gridò:“Maestra, hai sentito che nota, che nota incantata?”“Sei stata molto brava questa volta” disse la maestra.

Non era stata la bambina, era stato il grillo, che, nel paradiso dei grilli, aveva perso le ali e avuto le braccia e le mani per impugnare bene l’archetto del suo violino. Adesso noi sappiamo che nel violino di una bambina che suona c’è sempre la musica di un grillo che muore di felicità.