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Anno 118 10 GENNAIO 2016 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 1 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it LA STELLA DEI MAGI Il racconto di Matteo si deve leggere anzitutto in chiave simbolica, anche se alcuni particolari possono avere un valore storico: la stella è il simbolo della grazia che invita tutti gli uomini alla salvezza PAGINA 2 APERTA L’ULTIMA PORTA SANTA DI ROMA Con lo sguardo fisso su Maria, modello di perdono e di misericordia e di tutte le virtù di cui ha parlato suo Figlio PAGINA 4 UNA FOTO STORICA L’apertura della porta santa della Cattedrale di Bangui, segno di testimonianza della povertà e della semplicità della Chiesa PAGINA 5 L’OMELIA DEL VESCOVO ALL’INIZIO DELL’ANNO L’esempio di Maria per il cristiano e la comunità cristiana e l’impegno per la pace PAGINA 7 LA PRIMA VOLTA DI MATTARELLA Un discorso semplice, alla portata di tutti che, per la sua sincerità e profondità, anche controcorrente, ha incontrato il favore di quasi tutti gli italiani PAGINA 13 LA FATICA DI RENZI L’approvazione delle riforme costituzionali e la supremazia politico-economico della Germania costituiscono i punti chiavi del difficile passaggio all’inizio dell’anno nuovo PAGINA 13 magi sono da tempo ritor- nati al loro paese, ma hanno acceso la fantasia di tutti coloro che ne hanno sentito parlare e continuano ancora fare domande a cui nessuno è capace di dare una risposta sicura e definitiva: quanti erano, di dove provenivano, come si chiamavano, che professione facevano, quanto tempo è durato il loro cammino, quali regioni hanno percorso, hanno incontrato il Bambino nella grotta di Betlemme o nella casa di Nazaret? E quale stella particolare li ha avvisati dal cielo che il fatto più straordina- rio della storia era avvenuto e suc- cessivamente li ha accompagnati e guidati nel loro lungo e sconosciuto sentiero? In più, può un astro straor- dinario quanto si vuole attenderli in sosta sopra le mura della Città santa e poi riprendere con loro il proprio cammino dopo l’ingenuo e pericolo- so incontro col sospettoso e feroce tetrarca Erode, allora legittimo re e governatore della Palestina? Le domande si sono accavallate nel corso dei secoli e hanno calami- tato l’attenzione del mondo intero. Forse nessun autore, immaginifico quanto si vuole, disdegnerebbe di firmare una pagina così densa di mi- stero. Un segreto che sfida i secoli e propone a tutti le stesse domande. È vero di risposte ne sono state date tante con l’andare del tempo, ma è il loro moltiplicarsi e smentirsi a vi- cenda che fa capire quanto gli sforzi siano stati inutili. Eppure in questa ricerca si sono cimentati un po’ tutte le categorie interessate e capaci di portare il loro contributo per la de- cifrazione del mistero: biblisti, teo- logi, storici, scienziati di ogni genere e grado, ricercatori di tutte le specie, scrittori, romanzieri, perfino poeti. Inutilmente. Forse sarebbe ormai il tempo di cessare le ricerche e capire che si tratta di una narrazione aper- ta, che ognuno può riempire come vuole, purché riesca a sintonizzarsi con lo spirito dell’autore e con la lunga tradizione che lo ha preceduto. A questi livelli, la storia si sfuma e lascia il posto ad altre forme espres- sive dell’uomo, anche se rimane difficile, quasi impossibile, dar loro un nome preciso. Non si tratta cer- tamente di leggenda, se con questa parola intendiamo un racconto senza fondamento nella realtà; non si trat- ta di una favola, anche se ne con- serva alcuni connotati, a cominciare dall’incantesimo che essa ha pro- dotto sui bambini di tutto il mon- do; non si tratta nemmeno di una creazione poetica, se con questa si intende qualcosa che nasce dal solo sentimento. È un genere letterario diverso, che trascende tutte le forme espressive segnalate sui nostri cata- loghi scientifici per una sua caratte- ristica singolare: quella di attendere dai lettori la loro partecipazione personale e comunitaria, in modo che le parti e l’insieme trovino in lui I e nel suo mondo di appartenenza la completezza e la precisione rimaste per questo nella penna del loro au- tore. Un racconto che nei suoi lettori intende trovare i suoi veri e propri protagonisti. Ripercorrere la storia è allora quasi inutile, se il racconto intende parlare agli uomini di ogni tempo, se il suo simbolismo è peren- nemente in cerca dei suoi veri interlo- cutori. Alla resa dei conti, il racconto è semplicemente autobiografico. È così che il paese dei magi può essere individuato in tutte le regioni del mondo; la stella si è accesa in cie- lo per tutti; la chiamata all’incontro col Dio che si è fatto bambino è di natura sua universale. E non importa conoscere le strade percorse per ar- rivare alla meta: è sufficiente sapere che esse sono state lunghe e difficili, che i Magi hanno dovuto attraversare steppe e deserti, che non si sono mai scoraggiati per le difficoltà incon- trate, che la speranza li ha sorretti negli immancabili momenti di scorag- giamento, che il passo dei cammelli con i quali procedevano è sicuro ma lento e difficoltoso: tutto questo per dirci che non esiste la grazia a buon mercato, che la salvezza, dono di Dio, esige anche tutto il nostro impegno e il nostro sacrificio. Poi la conclusione: trovato il Bam- bino e adoratolo con l’offerta dei loro doni, i magi ritornarono al loro paese, inseguiti dalla leggenda, ma in realtà tornati nel nulla dal quale provenivano. Tornarono a casa: vera- mente lo stile inaugurato da Abramo era quello di proseguire oltre e non tornare mai indietro. Ma il racconto precisa che essi tornarono per un’“al- tra strada”. La sostanza è la stessa. L’incontro con la salvezza si paga con la conversione. E certo da allora, nel- le notti d’Oriente, le stelle brillavano per loro di luce diversa e più scintil- lante. Giordano Frosini Il cammino dei Magi

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Anno 118

10 GENNAIO 2016

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

1VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

La Vita è on lineclicca su

www.settimanalelavita.it

LA STELLA DEI MAGIIl racconto di Matteo si develeggere anzitutto in chiavesimbolica, anche se alcuni particolari possono avere un valore storico: la stella è il simbolo della grazia che invita tutti gli uomini alla salvezza

PAGINA 2

APERTA L’ULTIMA PORTA SANTADI ROMACon lo sguardo fisso su Maria, modello di perdono e di misericordia e di tutte le virtù di cui ha parlato suo Figlio

PAGINA 4

UNA FOTO STORICAL’apertura della porta santa della Cattedrale di Bangui, segno di testimonianza della povertà e della semplicità della Chiesa

PAGINA 5

L’OMELIA DEL VESCOVO ALL’INIZIO DELL’ANNOL’esempio di Maria per il cristiano e la comunità cristiana e l’impegno per la pace

PAGINA 7

LA PRIMA VOLTADI MATTARELLAUn discorso semplice, allaportata di tutti che, per la sua sincerità e profondità, anche controcorrente, ha incontrato il favore di quasi tutti gli italiani

PAGINA 13

LA FATICA DI RENZIL’approvazione delle riforme costituzionali e la supremazia politico-economico della Germania costituiscono i punti chiavi del difficile passaggioall’inizio dell’anno nuovo

PAGINA 13

magi sono da tempo ritor-nati al loro paese, ma hanno acceso la fantasia di tutti coloro che ne hanno sentito parlare e continuano ancora fare domande a cui nessuno

è capace di dare una risposta sicura e definitiva: quanti erano, di dove provenivano, come si chiamavano, che professione facevano, quanto tempo è durato il loro cammino, quali regioni hanno percorso, hanno incontrato il Bambino nella grotta di Betlemme o nella casa di Nazaret? E quale stella particolare li ha avvisati dal cielo che il fatto più straordina-rio della storia era avvenuto e suc-cessivamente li ha accompagnati e guidati nel loro lungo e sconosciuto sentiero? In più, può un astro straor-dinario quanto si vuole attenderli in sosta sopra le mura della Città santa e poi riprendere con loro il proprio cammino dopo l’ingenuo e pericolo-so incontro col sospettoso e feroce tetrarca Erode, allora legittimo re e governatore della Palestina?

Le domande si sono accavallate nel corso dei secoli e hanno calami-tato l’attenzione del mondo intero. Forse nessun autore, immaginifico quanto si vuole, disdegnerebbe di firmare una pagina così densa di mi-stero. Un segreto che sfida i secoli e propone a tutti le stesse domande. È vero di risposte ne sono state date tante con l’andare del tempo, ma è il loro moltiplicarsi e smentirsi a vi-cenda che fa capire quanto gli sforzi siano stati inutili. Eppure in questa ricerca si sono cimentati un po’ tutte le categorie interessate e capaci di portare il loro contributo per la de-cifrazione del mistero: biblisti, teo-logi, storici, scienziati di ogni genere e grado, ricercatori di tutte le specie, scrittori, romanzieri, perfino poeti. Inutilmente. Forse sarebbe ormai il tempo di cessare le ricerche e capire che si tratta di una narrazione aper-ta, che ognuno può riempire come vuole, purché riesca a sintonizzarsi con lo spirito dell’autore e con la lunga tradizione che lo ha preceduto.

A questi livelli, la storia si sfuma e lascia il posto ad altre forme espres-sive dell’uomo, anche se rimane difficile, quasi impossibile, dar loro un nome preciso. Non si tratta cer-tamente di leggenda, se con questa parola intendiamo un racconto senza fondamento nella realtà; non si trat-ta di una favola, anche se ne con-serva alcuni connotati, a cominciare dall’incantesimo che essa ha pro-dotto sui bambini di tutto il mon-do; non si tratta nemmeno di una creazione poetica, se con questa si intende qualcosa che nasce dal solo sentimento. È un genere letterario diverso, che trascende tutte le forme espressive segnalate sui nostri cata-loghi scientifici per una sua caratte-ristica singolare: quella di attendere dai lettori la loro partecipazione personale e comunitaria, in modo che le parti e l’insieme trovino in lui

I

e nel suo mondo di appartenenza la completezza e la precisione rimaste per questo nella penna del loro au-tore. Un racconto che nei suoi lettori intende trovare i suoi veri e propri protagonisti. Ripercorrere la storia è allora quasi inutile, se il racconto intende parlare agli uomini di ogni tempo, se il suo simbolismo è peren-nemente in cerca dei suoi veri interlo-cutori. Alla resa dei conti, il racconto è semplicemente autobiografico.

È così che il paese dei magi può essere individuato in tutte le regioni del mondo; la stella si è accesa in cie-lo per tutti; la chiamata all’incontro col Dio che si è fatto bambino è di

natura sua universale. E non importa conoscere le strade percorse per ar-rivare alla meta: è sufficiente sapere che esse sono state lunghe e difficili, che i Magi hanno dovuto attraversare steppe e deserti, che non si sono mai scoraggiati per le difficoltà incon-trate, che la speranza li ha sorretti negli immancabili momenti di scorag-giamento, che il passo dei cammelli con i quali procedevano è sicuro ma lento e difficoltoso: tutto questo per dirci che non esiste la grazia a buon mercato, che la salvezza, dono di Dio, esige anche tutto il nostro impegno e il nostro sacrificio.

Poi la conclusione: trovato il Bam-

bino e adoratolo con l’offerta dei loro doni, i magi ritornarono al loro paese, inseguiti dalla leggenda, ma in realtà tornati nel nulla dal quale provenivano. Tornarono a casa: vera-mente lo stile inaugurato da Abramo era quello di proseguire oltre e non tornare mai indietro. Ma il racconto precisa che essi tornarono per un’“al-tra strada”. La sostanza è la stessa. L’incontro con la salvezza si paga con la conversione. E certo da allora, nel-le notti d’Oriente, le stelle brillavano per loro di luce diversa e più scintil-lante.

Giordano Frosini

Il cammino dei Magi

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2 n. 1 10 gennaio 2016 LaVitaprimo piano

l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

palpitano le stelle, ma uno spazio infinito, trapunto di astri; essi si librano sullo sfondo cupo, senza tremolii, simili a sereni occhi lu-centi, così numerosi che a malape-na si riescono a distinguere tra di essi le stelle del nostro cielo.

La via lattea, per noi un pallido sentiero sull’azzurro, è laggiù una bianca nube scintillante.

Ogni notte si può ammirare questo firmamento raramente co-perto; così l’uomo può osservare l’apparire e lo sparire, la salita e la caduta di determinati gruppi di stelle.

La fantasia lirica creò in questi paesi quei nomi per le costellazio-ni che ancor oggi noi adoperiamo.

Ci furono in ogni tempo savi che osservavano con speciale interesse i cambiamenti del firma-mento.

A un certo punto alcuni uo-mini lessero nello splendore di un astro un grande avvenimento. E si misero in viaggio.

Natura della stella

Ci si trova dinanzi a un’appari-zione straordinaria con il parados-sale fascino di suscitare continui interrogativi.

I Padri della Chiesa, come noi moderni, avrebbero preteso cer-tamente meno laconicità da parte di Matteo e hanno cercato di supplire con l’aggiunta di altri fatti astronomici o visti da loro o di cui avevano avuto sentore.

Tuttavia anche questa spiega-zione non ha mai lasciato soddi-sfatti, in quanto ognuno si accor-geva che il comportamento della stella dei Magi era troppo diverso

I dalle normali comete e meteore che di tanto in tanto solcavano il cielo.

Allora i Padri ricorsero a un’altra spiegazione che godette particolare favore: essi pensarono che la Stella dei Magi fosse stata un corpo celeste, ma diverso da tutti gli altri.

Benché vari Padri ritengano sufficiente parlare di una nuova Stella, altri si convincono sempre di più che ogni spiegazione astro-nomica lascia aperti troppi inter-rogativi, non offre un chiarimento per quanto riguarda il versetto di Matteo, cioè per il fermarsi di quella stella sopra una singola abi-tazione.

Si fa così strada l’idea che ad apparire ai Magi non sia stata né una cometa, né una meteora, né nessuna altra stella, sia pure creata da Dio appositamente in quella circostanza, ma invece sia stata una potenza, una forza divina, che assunse l’apparenza esterna di una stella, per annunciare ai Magi, in linguaggio ad essi comprensibile, la nascita del Re dei Giudei.

Alcuni ritengono che la Stella fu in realtà un angelo; spesse volte infatti nel Vecchio Testamento, questi messaggeri di Dio si rive-stivano di un corpo umano per rendersi visibili; altri si richiamano a un fatto avvenuto nel Vecchio Testamento, noto come la profezia di Balaam.

sigNificato della stella

In realtà, ai Padri più che i ri-svolti astronomici interessavano le considerazioni spirituali, che pote-vano scaturire dal significato della Stella. Per essi è fuori discussione l’esistenza di uno stretto rapporto fra la profezia di Balaam e il rac-conto dei Magi; il motivo sta nel

fatto che Balaam con la stella di Giacobbe si riferì a Cristo e alla sua incarnazione.

Già partendo da Giustino, essi interpretano in senso messianico le parole «sorgerà un astro da Giacobbe e un uomo si alzerà da Israele» e poi ripeteranno sem-pre che la Stella dei Magi è quella predetta da Balaam; così Giustino ed Origene soprattutto fino al IV sec.: le parole di Balaam sono sempre interpretate in senso mes-sianico.

I Padri ancora sono d’accordo nel dire che tra Balaam e i Magi c’è una continuità, perché avevano la stessa professione.

I Padri mettono in luce un altro rapporto esistente tra Bala-am e i Magi: sia l’uno che gli altri appartenevano ai pagani, eppure tanto Balaam che i Magi, per divina disposizione, furono destinati a conoscere i misteri di Cristo, a farsene messaggeri e a diventare in tal modo le primizie di coloro che dal paganesimo sono passati alla luce della fede.

Alcuni Padri tuttavia, pur am-mettendo che i Magi conoscevano la profezia di Balaam, ritengono che questo non sia stato sufficien-te per comprendere il significato di quella Stella e perciò affermano che essi furono colpiti esterna-mente dal fenomeno straordinario, ma riuscirono a interpretarlo e a collegarlo con le parole di Balaam solo perché internamente furono aiutati da un’ispirazione divina.

Le opinioni circa la natura del-la Stella, se furono sempre varie all’epoca della patristica, continue-ranno ad essere molteplici sia nel Medioevo che ai giorni nostri.

Ci si sforzò di trovare nuove prove astronomiche o linguistiche per conoscere se la Stella fosse una meteora, un astro inedito, una

cometa, una forza divina.

la stella dei Magi e la coNgiuNzioNe dell’aNNo 7 a.c.

Per questo diversi commenta-tori andarono a rispolverare la te-oria proposta da Keplero secondo il quale la Stella dei Magi corrispon-derebbe alla congiunzione di Giove con Saturno avvenuta nel 7 a.C.

Keplero si accorse con i suoi calcoli astronomici che negli anni 7-6 a.C. era avvenuta la congiun-zione di Saturno con Giove e poi con Marte; i Magi, abili astronomi, non potevano non aver osservato quel fatto straordinario. La teoria di Keplero rimase pressoché scono-sciuta fino ai primi anni dell’800, ma quando se ne riparlò, in tempi più recenti, le difficoltà non mancarono.

Come poteva la congiunzione dei due pianeti muoversi da Geru-salemme a Betlemme e fermarsi sopra una singola abitazione?

Molto problematico resta anco-ra il modo con cui i Magi riuscirono a comprendere il significato della congiunzione.

Per queste difficoltà, dopo il favore riscosso, sostenitori di tali ipotesi si fecero più rari e più cauti e si ritornò all’ipotesi della stella di Balaam.

la stella dei Magi e la stellaprofetizzata da BalaaM

Ma chi era questo Balaam? Balaam era un mago figlio di Beor, nato nella città di Pethor sulla riva destra dell’Eufrate in Mesopotamia e responsabile di un episodio fuori del comune.

Gli Ebrei provenienti dal deser-to si erano accampati nella pianura di Moab, dopo aver sconfitto i re locali. Balac, padrone di quei luoghi,

cosciente di essere militarmente inferiore, invitò Balaam affinché im-piegasse le sue arti magiche contro gli invasori.

L’indovino, dopo un primo ri-fiuto e superata quella difficoltà, si presentò a Balac con il quale poté osservare dall’alto gli accampamen-ti d’Israele.

Balaam, invece di maledire, be-nedisse gli Israeliti, una volta entrati in comunicazione con Jahvè, e alla quarta volta profetizzò: «Io lo vedo ma non adesso; io lo contemplo, ma non da vicino: da Giacobbe spunta una stella, da Israele uno scettro si erge che i fianchi di Moab percuote e i figli di Set per intiero abbatte».

Questo vaticinio è stato inter-pretato in senso messianico dalla tradizione rabbinica, dai Padri della Chiesa, dagli esegeti cattolici di ogni tempo.

Una conclusione che fa capire molto bene che il racconto dei Magi non va letto con un occhio scientifico ma con uno spirito re-ligioso.

Alla resa dei conti la stella, che potrebbe anche consistere nella congiunzione astrale di Keplero, dato che l’anno in questione, il 7 a.C., è una delle date più probabili della nascita del Salvatore, dovreb-be essere stata interpretata come la chiamata dei Magi alla fede: una grazia concessa a loro come a tutti gli uomini della terra. I Magi sono allora il simbolo dei veri credenti che, sorretti dalla grazia di Dio, hanno cercato e hanno trovato. Nella fattispecie i primi pagani che si inchinarono alla divinità del Bam-bino nato a Betlemme. Per questo l’Epifania dalla liturgia della chiesa è considerata anche il ricordo della chiamata di tutte le genti alla fede cristiana.

Festa, dunque, missionaria per eccellenza.

Senso letteralee simbolico della stella

Articolo di Santino Spartà adattato da Giordano Frosini

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310 gennaio 2016 n. 1VitaLa

oncerto e altre prose sull’infanzia, di Else La-sker-Schuler, (Elberfeld, 11 febbraio 1869 - Ge-

rusalemme, 22 gennaio 1945).Questo il titolo del volumetto nu-mero 62 (pagg. 36, euro 4), della collana quadrimestrale “Ocra gial-la”, curata da Fabrizio Zollo per le Edizioni Via del Vento di Pistoia, che da alcuni anni propone, agli appassionati bibliofili, testi inediti e rari del Novecento.Duemila gli esemplari numerati, impressi su carta avorio, per i tipi della Stamperia Elle Emme di Pie-ve a Nievole (Pistoia).A pagina 2 una bella foto di Else, in bianco e nero, mentre in coper-tina è riprodotto Il principe Jussuf (autoritratto ideale), 1913, una xilografia opera di Else, cm. 46x32.Le prose qui raccolte, coprono all’incirca un ventennio della pro-duzione schuleriana, dagli anni Dieci del Novecento ai primi anni Trenta. Si tratta di brevi composi-zioni che videro la luce su quotidia-ni e riviste, ma non è sempre facile risalire per ciascuno alla prima edizione a stampa.“Le prose autobiografiche riunite nel presente volumetto – evidenzia Claudia Ciardi nella nota al testo –,

OCRA GIALLA

Concerto e altre prosesull’infanzia

di Else Lasker-Schulerdi Franco Benesperi

C

2016 L’annodel risveglio(l’anno santodel Giubileo)

E le stelle stanno a guardarel’anno che scoloravestito di neve e di agrifoglio.

La storia cambierà il suo corsose nel Nuovo Anno del Giubileonascerà la Stella della pacea risvegliare la Terra addormentatanel potere, nell’odioe in una guerra senza finefra lampi di fuocoe grappoli di bombe.

Volerà la colombae aprirà la porta di ogni cuore,pioverà luce e coloresui muri bianchi di speranzafra tristi ricordi e silenzi di doloreappesi alle paroledisperse su tetti di pensieri.

Un filo di cielo risveglierà l’amore,l’unione fra giovani e anziani, donne e uomini, ricchi e poveridi culture diverse, in terre lontanesenza più corruzione e violenzaper un sogno di pace,di valore,di dignità,nella luce e nel pensierodi Papa Francesco

Lalla Calderoni

PoetiContemporanei

cultura

be obbligata all’esilio, queste narrazioni sorprendono il lettore per la disarmante semplicità e insieme per la ricchezza dei riferimenti a un indefinito cosmo visionario e religioso”.“La casa, il giardino curato con rituale devozione dal padre, il paesaggio sulla Wupper, i giochi, il rapporto con la madre, che ne coglie e interpreta fin dai primi anni l’acuta sensibilità, - prosegue Ciardi - sono un fulcro imprescin-dibile nella poetica schuleriana, che attorno a questo nodo di memorie si aggirerà lungo l’intero arco della vita. Ma vi si insinua anche un senso di nostalgia, tanto più problematico perché non indirizzato ad alcun oggetto preciso, non di una sola sostanza né di un unico colore culturale. La precoce consapevolezza di essere straniera in Germania, che ben si riverbera tra le pieghe dei suoi testi memoriali, nutre il suo man-dato letterario, teso a conciliare le diversità. Al centro di un mondo in costante e vertiginoso sviluppo, la Berlino d’inizio Novecento, e di estese comunità d’arte, sorprende forse un po’ che l’opera di Else Lasker-Schuler, pur essendovi inserita attivamente, resti per così dire defilata, fuggendo più o meno tutti i clichés coniati per la sua epoca”.La collana quadrimestrale di pro-sa “Ocra gialla” viene distribuita nelle migliori librerie e si può ricevere anche in abbonamento annuale mentre, per maggiori informazioni e curiosità sulla pic-cola ma qualificata casa editrice pistoiese, è attivo il sito internet all’indirizzo www.viadelvento.it.

ISTITUTO STORICO RESISTENZA DI PISTOIA

Le “storie vissute” di Sirio Balleri

(…) Sirio si è fatto da sé ha frequentato poco la scuola, la sua scuola è stata una scuola di vita. Dalla vita anche quella vissuta nella fatica e nella possibile emargina-zione è scaturito un pensiero, un ricordo e la necessità ineludibile di trasmettere attraverso il ricordo una testimonianza. Innamorato giustamente della sua storia si è appassionato alla storia degli altri e questa passione l’ha indotto a scrivere anche della storia degli altri nel piccolo capanno del suo piccolo podere.

Nel libro si intrecciano due scenari, due scenari che si alter-nano nel ritmo del racconto. Uno scenario è interiore, esistenziale e affiora dal cuore e dalla mente; l’altro scenario è esterno, allarga-to nel tempo e nello spazio ed è composto da frammenti di storia sociale o militare.

Se si considera la parte del libro dedicata alle vicende della guerra, del fascismo, della Resisten-za, del dopo la Liberazione appare evidente un intreccio tra la descri-zione dell’evento e le stimmate lasciate dalla descrizione del fatto storico nella mente e nel cuore di un fanciullo, di un ragazzo, di un giovane, di un lavoratore. Il fasci-smo è ricordato per la prepotenza dell’uomo potente sulla povera gente. La guerra è ricordata per la paura, la fame, il freddo. La linea Gotica è descritta non tanto come area di guerra, e come una “terra ferita” ma per il tributo di sangue di quei giovani che «si sarebbero rammaricati dai loro cimiteri di

montagna perché nell’aula dove è stata giurata la Costituzione, aula murata anche con il loro sangue stavano tornando da oscure caligini i fantasmi della vergona».

Della tragica vicenda di Ugo Schiano colpiscono più delle scari-che della fucileria le grida disperate delle donne che erano scese con i loro uomini dai monti per la marcia della fame. Il culmine della com-mozione Sirio l’ha raggiunto quan-do parlò con Enrico Berlinguer. Quell’incontro era appunto l’incon-tro tra chi, come Sirio, conosceva la nobile storia delle Brigate partigia-ne Garibaldi e della dura lotta per il pane e per la pace, tra chi vendeva “L’Unità” tutte le domeniche (...).

Tra ricordi dell’infanzia di Bal-leri emerge ricca di pathos e di nostalgia l’amicizia per il giovane figlio di Giuseppe Scripilliti e la sua famiglia.

Giuseppe Scripilliti fu ucciso in un agguato pochi giorni prima della Liberazione di Pistoia. La storia di quell’agguato è tuttora avvinta nel mistero e ormai è impossibile farla

emergere dalla palude dell’oblio. Unico dato certo è l’intervento fatto nell’aula di Montecitorio dall’onorevole Angelini Piero du-rante il dibattito sul rapporto della commissione Anselmi sulla loggia P2.

L’intervento è riportato nel libro ed è un documento ufficiale, accessibile a tutti e che tutti posso-no leggere. L’’’oscura vicenda” resta oscura come tante altre ai margini o nel cuore della Resistenza. Due eroici comandanti partigiani Man-rico Ducceschi e Silvano Fedi sono morti in modi diversi ma avvolti an-cora in molti interrogativi. Modi di-versi ma che devono essere ricor-dati con dolore e partecipazione.

L’ultima parte della mia prefa-zione ho pensato di dedicarla non alle vicende di guerra partigiana ben descritte da Balleri non alla commovente vicenda della Sig.ra scampata ad Auschwitz e testimone di una barbarie imperdonabile, non a storie interessanti di fascisti e antifascisti. (…) Voglio concludere la prefazione parlando di storie che

possono sembrare meno impor-tanti e più marginali. Di fronte a vicende tragiche sicuramente quel-lo che sto per dire può sembrare marginale o non importante. Invece credo che marginale è sempre stato considerato, purtroppo, ma che invece è indiscutibile lasciare ai giovani la testimonianza diretta della sofferenza, della fatica, dell’at-tentato alla dignità del lavoro del mondo contadino. I ragazzi che fin dalle elementari andavano a scuola portandosi dietro l’inchio-stro con una cartellina di cartone con le scarpe rotte d’inverno e gli zoccoli d’estate. I ragazzi che a scuola rischiavano tra l’altro l’olio di fegato di merluzzo o i pidocchi ma che, usciti da scuola andavano a lavorare nei campi fino al tramonto. Per loro la neve non era come per noi ragazzi di città occasione di divertimento ma una sofferenza in più per il freddo che rischiava di rendere invivibile non solo il lavoro dei campi ma anche il riposo not-turno. C’era da portare il dovuto al padrone e il padrone di rado ringraziava, spesso si lamentava per la scarsità del raccolto o per il cap-pone natalizio non sufficientemen-te nutrito. Conoscere la storia del

Dalla prefazione del presidenteRoberto Barontini

inedite in Italia, oltre a offrirci uno spaccato della quotidianità in cui l’autrice era immersa durante gli anni vissuti nella città natale, sono rappresentative di un singolare modo di raccontarsi che trascende

l’universo individuale, per divenire allegoria dello spazio e del tempo. Composte in periodi diversi della propria esistenza e rielaborate in quel turbolento affacciarsi degli anni Trenta che di lì a poco l’avreb-

mondo contadino farla conoscere ai ragazzi nelle scuole abituati da noi a vedere solo vivai meravigliosi e fioriti rappresenta una necessità e un dovere sia per chi queste sto-rie le ha vissute sia per chi queste storie le vuol far conoscere.

Vorrei concludere con uno scritto di Piero Calamandrei anche perché evoca immagini riportate nel libro: «Da ogni paese, da ogni casa, da ogni finestra: dove prima c’era un orto o uno scaffale di libri, dove prima brillava nella notte un lumicino che segnava una famiglia riunita al suo desco, da ogni porta qualcuno è partito per prendere parte alla grande adunata dei 55mi-lioni di ombre […]. Se una sola crocifissione fu destinata a ricom-prare tutto il male della terra per quale riscatto sono stati innalzati queste 55 milioni di croci che si profilano come una immensa selva, su tutti gli orizzonti del mondo?»

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4 n. 1 10 gennaio 2016 LaVitaattualità ecclesiale

na lampada illumina giorno e notte, per volere di san Giovanni Paolo II, l’icona della Salus populi romani,

la Madonna con il bambino Gesù, dipinta, secondo la tradizione, da san Luca. Nella basilica di Santa Maria Maggiore, le note dell’antico inno mariano che definisce Maria madre di misericordia, del perdono, della speranza, della grazia, madre piena di santa letizia. È lei che, insieme a noi, si fa pellegrina per non lasciarci soli nel cammino della nostra vita, anche nei momenti di incertezza e di dolore, dice il Papa, nell’omelia alla Messa di apertura della Porta santa, la quinta aperta da Francesco.

E c’è un fil rouge che unisce queste diverse porte che il vescovo di Roma ha voluto aprire.

La prima è stata a Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana, una porta che possiamo chiamare della pace. Da Papa Francesco messaggio al continente, ferito da guerre e violenze, corruzione e povertà; una porta semplice per un messaggio di profondo cambiamento in un Paese che da anni non conosce vera pace. È il tempo del grande perdono, per il Papa. Ed ecco la porta di San Pietro, la Porta Santa per definizione in questo Giubileo straordinario della misericordia. E il Papa lo sottolinea ri-cordando che dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia, che chiede di abbandonare ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato. San Giovanni è la cattedrale di Roma e Papa Francesco ricorda che attraversare la Porta significa agire con giustizia, guardare alle necessità di quanti sono nel bisogno, essere strumenti di misericordia. Ed ecco la porta dell’ostello della Caritas, alla Stazione Termini di Roma: è la Porta della carità, invito concreto a guarda-re agli scartati della società, a coloro che sono meno fortunati.

E siamo così arrivati alla basilica liberiana, a quella Porta – Porta del perdono – che si apre verso la madre del Signore, colei che per “benignità”, scrive Dante nel trentatreesimo canto del Paradiso della Divina Com-media, non solo soccorre chi chiede aiuto, e qui si manifesta la sua miseri-cordia, ma interviene “liberamente” ancora prima della richiesta, e qui si manifesta la sua pietà.

È dunque a Maria che Francesco rivolge il suo sguardo in questo tem-po difficile, in cui si combatte una terza guerra mondiale a pezzi, e dove le minacce del terrorismo, le violenze e le sofferenze dei più poveri sono, si può dire, all’ordine del giorno.

Passare la Porta Santa della basili-

TAIZé: A VALENCIA L’INCONTRO EUROPEO DEI GIOVANI

“Il coraggio di viverela Misericordia”

Sono 30mila i giovani che hanno deciso di trascorrere la fine dell’anno in preghieracon la comunità ecumenica di Taizé. Papa Francesco: diventare “oasi di misericordia”,

soprattutto per “i numerosi migranti” che bussano alle porte dell’Europadi M. Chiara Biagioni

iventare “oasi di miseri-cordia”, soprattutto per “i numerosi migranti” che bussano alle porte dell’Europa e che “hanno

così bisogno di essere accolti”. Lo scrive papa Francesco in un messag-gio inviato ai giovani riuniti a Valencia per il 38° Incontro europeo animato dalla Comunità ecumenica di Taizé. L’incontro inizierà nella città spagno-la il 28 dicembre e si concluderà il 1° gennaio. Sono 30mila i giovani che hanno deciso di trascorrere la fine dell’anno in preghiera. 15mila sono ospiti nelle famiglie. Il gruppo più numeroso proviene dalla Polonia con 3mila giovani. Seguono Ucraina (2.000), Germania (1.500), Francia (1.500) e Italia (1.000).“Essere vicini a coloro che sono nelle difficoltà”. È questa la consegna che il Papa fa ai giovani. E aggiunge:“Voi sapete che la Chiesa è qui pre-sente per tutta l’umanità e laddove sono i cristiani, ciascuno dovrebbe poter trovare un’oasi di Misericordia. Questo è ciò che le vostre comunità possono diventare”.Ai giovani di Taizé sono arrivati mes-saggi da tutti i leader delle Chiese cristiane. Il Patriarca ecumenico di

Costantinopoli, Bartolomeo I, ricorda che “l’anno appena concluso è stato caratterizzato dall’impronta purtrop-po rinnovata dell’odio. Gli attentati e gli attacchi terroristici non hanno ces-sato di minacciare la pace sul nostro pianeta. Di fronte a tanta incertezza e tanta paura, dobbiamo portare i nostri cuori sopra le acque fangose della malvagità”. E aggiunge:“La grandezza dell’umanità è rispon-dere alla paura con l’amore”.L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, leader spirituale della Comu-nione anglicana, augura all’Incontro europeo dei giovani di essere “segno di speranza” per l’umanità e “vincere lo stato d’animo di disperazione che pervade il mondo a causa di tanti conflitti e ingiustizie che gli esseri umani infliggono ad altri esseri uma-ni”. Il rev. Olav Fykse-Tveit, segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), sottolinea come i giovani sono al cuore delle sfide del mondo ma sono anche la risorsa fon-damentale per cambiarlo. “Possiamo rafforzare la volontà di cambiare il mondo, dimostrando che il cambia-mento è possibile”.Fr. Alois, priore della Comunità fonda-ta da fr. Roger, è appena tornato da

un viaggio in Medio Oriente. Da set-tembre, due fratelli di Taizé sono in quella regione. Ad Amman, in Giorda-nia, hanno visitato l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati dove hanno incon-trato i profughi. La maggior parte è originaria della Siria.In Giordania, ci sono attualmente 630mila rifugiati registrati provenien-ti dalla Siria.A questi si aggiungono 60mila rifu-giati iracheni, 7mila sudanesi, somali e provenienti da altri Paesi. Frère Alois si è unito ai due fratelli in Liba-no e insieme hanno partecipato a una preghiera della sera venerdì 18 dicembre a Beirut. Poi è partito per la Siria dove, dopo una prima tappa a Lattaquie, ha trascorso la notte di Natale con i cristiani di Homs, ospite del vescovo melkita.“In tutto il Mondo – spiega Alois in una riflessione che verrà consegnata ai giovani a Valencia -, nuove difficoltà, legate alle migrazioni, ecologiche, sociali, sono una sfida per credenti di differenti religioni ed anche per non credenti.La violenza armata provoca terribili devastazioni in nome di ideologie disumane.Senza perdere di lucidità, ma resi-

stendo alla paura creata dall’insicu-rezza, il nostro ‘pellegrinaggio di fi-ducia’ continua. Quelli che aspettano e vivono una mondializzazione della solidarietà hanno ancor più bisogno di sostenersi reciprocamente”.Cinque sono le proposte che la co-munità di Taizé offre ai giovani per vivere “il coraggio della Misericordia”. La prima è “affidarci a Dio che è Misericordia”. La seconda è “per-donare sempre e ancora”. La terza: avvicinarsi “da soli o insieme ad altri, a una situazione di difficoltà”. C’è poi la richiesta di “espandere la miseri-cordia alle sue dimensioni sociali”, in particolare a coloro, “donne, uomini e bambini che sono costretti ad abban-donare la loro terra”. “Prendiamo co-scienza che, se l’afflusso dei rifugiati e dei migranti crea delle difficoltà, può anche creare delle possibilità”. E ancora: “Andiamo oltre la paura dello straniero, delle differenze di cultura”.“Non è isolandoci dietro a dei muri che faremo diminuire la paura, bensì andando incontro a coloro che anco-ra non conosciamo”.L’ultima proposta è vivere la “Miseri-cordia per tutta la creazione” perché “la terra è la nostra casa comune e oggi essa soffre”.

U

D

Papa Francescoha aperto la Porta Santa della basilica liberiana. Quella Porta - Porta del

perdono - che si apreverso la madre

del Signore, colei cheper “benignità” (scrive

Dante nella DivinaCommedia) non solo

soccorre chi chiede aiuto, ma interviene

“liberamente” ancoraprima della richiestadi Fabio Zavattaro

SANTA MARIA MAGGIORE

Con lo sguardo fissosu Maria che ha perdonato

ai piedi della croce

ca liberiana è, dunque, messaggio che guarda a Maria, ma è anche sintesi di tutte le altre Porte aperte da France-sco. Perché il messaggio di fondo, che unisce tutti i temi affrontati dal Papa è proprio il perdono: “Spalanchiamo il nostro cuore alla gioia del perdono”, dice il vescovo di Roma, che ricorda: “La forza del perdono è il vero antido-

to alla tristezza provocata dal rancore e dalla vendetta”, e alla mente torna il viaggio nella Repubblica Centroafri-cana. “Il perdono apre alla gioia e alla serenità” e libera il cuore “dai pensieri di morte”. Il perdono “rinnova la vita” e consente di “compiere di nuovo la volontà di Dio”.

Un perdono, ci dice Maria, che non

conosce limiti, lei che ha perdonato ai piedi della croce: “Non può fermarlo la legge con i suoi cavilli, né la sapienza di questo mondo con le sue distinzioni”. Parola incompresa il perdono, afferma il Papa; ma è il frutto originale della fede cristiana, perché “solo chi ama veramente è in grado di giungere fino al perdono, dimenticando l’offesa

ricevuta”. Passare sotto la Porta Santa diventa allora impegno a costruire un vero cambiamento, nel perdono, nella pace, nella riconciliazione, nell’atten-zione all’altro, al povero, allo scartato. In quell’amare il prossimo che è il comandamento fondamentale del credente, guidati da Maria, madre di misericordia, di perdono, di speranza.

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uca, dopo che Giovanni ha pre-parato un popolo ben disposto, ci rappresenta ora il Signore che viene. Dio ha pensato per tutta

l’eternità come presentarsi all’uomo. Poi ha atteso trent’anni in disparte. E alla fine si è messo in fila coi peccatori per farsi bat-tezzare e andare a fondo, e non solo come simbolo, perché in croce ci finirà davvero. Luca ci presenta Dio come “simpatia asso-luta” per l’uomo, un Dio che, in fila, riceve il battesimo coi peccatori. Questa scena anticipa la crocifissione dove ritroveremo Gesù tra i malfattori. Luca presenta Gesù già battezzato, come lo erano quelli cui Luca si rivolgeva, e mostra come lui vive il battesimo: in preghiera. Questo battesimo e questa preghiera stan-no come il fondamento di tutto quanto av-verrà nei capitoli successivi. Gesù è solidale con tutta l’umanità peccatrice. Trasforma il limite e anche la nostra non-accettazione di tale limite nel luogo della sua vicinanza con noi. Dio non è la nostra bravura religiosa ma la nostra realtà di limite, di ribellione al limite, di male, di non accettazione della nostra condizione umana. Dio ci incontra nella nostra verità ma vive questa realtà di limite come figlio e fratello, come luogo di condivisione, dono, per-dono e amore.

Dio è servo di tutti. Per questo è Signore: non perché schiavizza ma perché libera. Per questo è il Cristo: perché è il Salvatore. Contemplare questa scena ci cambia l’im-maginario su Dio, ci guarisce dal peccato del Serpente, da quella falsa immagine di Dio comune a tutte le religioni, immagine che ce lo rappresenta come colui davanti a cui tutti tremano e che tutti vorrebbero poter eguagliare (Genesi 3,5). Dio è invece colui che vive la nostra realtà pienamente, quella realtà che noi non accettiamo: il limite, il peccato, il fallimento. Questa è la scelta che Gesù porterà avanti fino alla fine. Nessu-na religione presenta un Dio così: nei casi migliori Dio è impassibile, magari buono. Ma in nessun altro caso è così solidale con l’umanità. È molto difficile credere che esista un Dio così: i discepoli non capiranno, occorrerà una Pentecoste.La preghiera ci differenzia dagli animali. Il termine pregare ha la stessa radice di pre-cario: l’uomo è colui che ha la coscienza del limite. La preghiera ci fa figli e ci fa rivolgere

ai fratelli. Il Padre è dove c’è un Figlio che si fa fratello. Noi tutti siamo figli: ma, fino a che non ci facciamo fratelli, non ci consi-deriamo figli e dunque non consideriamo Dio come Padre. Gesù è il primo che si fa fratello di tutti senza escludere nessuno. Se escludesse qualcuno non sarebbe Figlio di Dio, perché anche quell’escluso è figlio di Dio. E vale anche per noi: quando escludia-mo qualcuno non siamo figli di Dio.Sul Messia scende lo Spirito (Isaia 11,2), la vita di Dio, quella vita di Dio che è l’Amore. Scende in forma corporea: lo Spirito non è qualcosa di evanescente, vago e impalpabile: dà forma e vita, è motore della nostra vita corporea, noi agiamo secondo lo spirito che abbiamo.L’espressione “in forma di colomba” richia-ma la creazione quando lo spirito di Dio aleggiava sul caos (Genesi 1,1). La colomba è il simbolo del popolo d’Isra-ele: nel Cantico dei Cantici è il nome della sposa che risponde con amore all’amore dello sposo.

Questo quadro ci dà la rappresentazione della Trinità, in cui il Padre conferma la scelta del Figlio donandogli il suo Spirito. Per questo il Padre e il Figlio sono una cosa sola: fanno la stessa scelta di comunione con l’umanità. Il figlio “amato” richiama Ge-nesi 22,1 dove così è chiamato Isacco: Gesù è Figlio in quanto darà la vita per i fratelli. “In te mi sono compiaciuto” ci ricollega al servo di Jahvé in Isaia 42,1. Dio Padre parla solo qui e durante la Trasfigurazione dove ripete lo stesso concetto e ci consegna un comando: “ascoltatelo”.Non andiamo dunque in cerca di rivelazioni supplementari: abbiamo già chi ascoltare. Col battesimo Gesù dà principio, fondamen-to, alla sua missione. Se non si tiene conto di questo principio fondativo Gesù diventa per noi qualsiasi altra cosa (il taumaturgo, il rivoluzionario, il legislatore), ma tradiamo il Gesù reale. Gesù conduce trent’anni di vita “normale”, una vita intera. In altre parole non piove dal cielo e risolve tutto in un breve ministero pubblico. In quei trent’anni dà valore all’esistenza quotidiana della stra-grande maggioranza dell’umanità, quella che noi giudichiamo banale e inutile.

Don Timoteo Bushishi

La Parola e le paroleBattesimo del signore - anno C

Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-16.21-22

attualità ecclesiale

L

Bangui diviene la capitale spirituale del mondo”. Il 29 novembre 2015 rimarrà una data storica nella vita della Chiesa. La prima volta che una

Porta santa del Giubileo viene aperta lontano da Roma, la prima volta che viene aperta in Africa, la prima volta che viene aperta addirit-tura in anticipo rispetto alla data ufficiale del Giubileo che è stato annunciato.

L’impegno di Papa Francesco di riportare “al centro” quelle periferie che sono dimenti-cate dal mondo, in questo grande gesto ha un richiamo particolarmente forte e alto. Il Papa ha ben capito che nel mondo di oggi un gesto, che viene visto nelle televisioni, nelle fotografie dei giornali di tutto il mondo, sui computer collegati a internet, sui cellulari, vale più di mille

prediche e di mille parole. Francesco è anche ben conscio che il nostro mondo mediatico (e di conseguenza l’attenzione e la sensibilità di centinaia di milioni di persone) soffre di un grande strabismo. Quello che avviene nei Paesi dove c’è attenzione dei media (l’Ame-rica, la Francia, l’Europa in generale) sembra sempre ingigantito rispetto a quelle tragedie che avvengono lontano dalle telecamere e dai computer dei giornalisti, e quindi sono invisibili agli occhi di chi guida il mondo e all’opinione pubblica dei Paesi occidentali.

Ma Francesco sa anche che dove va il Papa si accende l’attenzione del mondo.

Da qui la scelta delle sue visite pastorali, che hanno incluso molte città e territori lontani dai grandi centri di potere, lontani dai

riflettori dei media, da Lampedusa a Cassano allo Ionio, dall’Albania all’Ecuador, dalla Bolivia alle Filippine. “Bangui diviene la capitale spi-rituale del mondo”, ha voluto dire più volte, di fronte alla folla che partecipava all’evento, ma dicendolo con gioia, in modo fiero, come a voler trasmettere un senso di dignità a chi ha un grande valore e deve capirlo, deve rendersene conto. Come se fosse necessario superare delle resistenze interiori per convin-cere anche loro.

Cinquant’anni prima, nel settembre 1965, Paolo VI, a cui Francesco è molto legato, aveva detto qualcosa di simile in una visita al campo nomadi di Pomezia, nella periferia Sud di Roma, persone “senza casa propria, senza dimora fis-sa, senza patria amica, senza società pubblica”.

FOTO DELL’APERTURA DELLA PORTA DI BANGUI

Espressione di povertà e di semplicità

della Chiesa africana

Il Papa ha ben capito che nel mondo di oggi un gesto, che

viene visto nelle televisioni, nelle fotografie dei giornali di tutto il mondo, sui computer collegati a

internet, sui cellulari, vale più di mille prediche e di mille parole

di Armando Fumagalli

Ma, aveva detto loro il Pap, “voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete nel centro, voi siete nel cuore”.

Esaminiamo questa foto: la porta della cattedrale di Bangui è espressione della po-vertà e della semplicità della Chiesa africana: una porta di legno, senza decorazioni, senza abbellimenti. Il Papa la apre facendo forza, spalancando la Porta della salvezza, quella porta che è Gesù stesso, come Lui ha detto di Sé nel Vangelo.

I colori dei paramenti del Papa sono viola: è il viola della prima domenica di Avvento, ma è anche il viola a cui richiama lo spirito di penitenza giubilare. “Attraversare la Porta Santa è segno di una vera conversione del nostro cuore. Quando attraversiamo quella Porta è bene ricordare che dobbiamo tenere spalancata anche la porta del nostro cuore. Io sto davanti alla Porta Santa e chiedo: “Signore, aiutami a spalancare la porta del mio cuore!”. Non avrebbe molta efficacia l’Anno Santo se la porta del nostro cuore non lasciasse passare Cristo che ci spinge ad andare verso gli altri, per portare Lui e il suo amore”. Così France-sco ha ricordato l’apertura della Porta santa, avvenuta poi anche a San Pietro e a San Gio-vanni in Laterano, nell’udienza di mercoledì 16 dicembre. Due giorni dopo l’avrebbe aperta all’Ostello della Caritas intitolato a don Luigi di Liegro, a pochi passi dalla Stazione Termini. Un’altra porta santa più che inusuale…

E nell’udienza appena citata il Papa ha raccomandato due azioni molto concrete: il Sacramento della Confessione (“È trovare il Padre che perdona. Dio perdona tutto. Dio ci comprende anche nei nostri limiti, ci com-prende anche nelle nostre contraddizioni”); e poi perdonare gli altri – “il vicino, il compagno di lavoro, la vicina, la suocera, la cognata”-, perché le due cose sono molto collegate. Perdonare è difficile: “Se però ci apriamo ad accogliere la misericordia di Dio per noi, a nostra volta diventiamo capaci di perdono” (udienza del 16 dicembre 2015). Ecco un programma semplice, davvero per tutti, per l’Anno giubilare 2015-2016.

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6 n. 1 10 gennaio 2016 LaVita

ual è il ritratto dell’Italia dopo otto anni di crisi? Come si sono trasfor-mate le abitudini di vita degli italiani? Che ruolo

gioca la Chiesa in una società che si confronta con le sfide dei tempi? Nando Pagnoncelli è tra i sondaggisti più apprezzati e tra gli osservatori più acuti dei cambiamenti sociali. Presidente dell’Istituto di ricerche di mercato e sondaggi d’opinione “Ipsos” e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha recentemente dato alle stampe un volume su “Le mutazioni del Signor Rossi” (Edb) nel quale, a partire dall’esperienza maturata in tanti anni di lavoro, offre una chiave di lettura ori-ginale per la comprensione degli italiani.

faMigliaDal 2008, anno che sancisce l’inizio

conclamato della crisi, la famiglia ha continuato a essere l’elemento cen-trale per l’equilibrio sociale del Paese, sebbene abbia seguito un percorso di crescente chiusura in se stessa: “È evidente un atteggiamento di ripiega-mento difensivo. Questo –spiega Pa-gnoncelli– riguarda la famiglia in quanto tale, che ha subito i contraccolpi della crisi economica ed è stata obbligata a ridefinire i paradigmi di consumo, ma anche i giovani. Non dimentichiamo che la percentuale di persone tra i 18 e i 35 che vive nella famiglia di origine è aumentata di 5 punti (66%) dall’inizio della crisi a oggi”.

La famiglia, dunque, rappresenta un riferimento essenziale per i giovani: “Per quelli che non hanno occupazione o percepiscono redditi bassi, ma anche per coloro che sono usciti e possono be-neficiare di un’integrazione reddituale da parte della famiglia di origine”.

paesaggio socialeCittà degradate, periferie trascurate,

negozi abbandonati. Anche il paesaggio sociale si è modificato in questi anni. Il cambiamento, precisa Pagnoncelli, non è tuttavia “omogeneo e uniforme”: “Da un lato ha influito la diminuzione di risorse economiche a disposizione delle ammi-nistrazioni locali, che hanno privilegiato dunque i servizi alla persona. Dall’altro, si è andata affermando sul territorio la fioritura di organizzazioni di volontaria-to e di iniziative autonome da parte dei cittadini. Azioni che, partendo da istanze individuali, trovano uno sbocco pubblico. Pensiamo alla reazione dei milanesi

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Etruria: caso isolatoo punta di iceberg?

A chi toccherà il “gobbo”?di Piero Bargellini

opo il caso delle quattro banche fallite, governo e Banca d’Italia ci dicono che il sistema bancario è

solido lasciando intendere che cose del genere non potranno più succede. Ormai le vicissitudini della Banca dell’Etruria e del Lazio sono note a tutti: la banca è fallita, azionisti e obbligazionisti subordinati hanno perso il loro capitale a meno che non dimostrino di essere stati truffati. Il problema di fondo è però se questo caso si può ripetere da altre parti e su scala più grossa, allora sarebbero guai seri. Immaginiamo per un atti-mo che cosa succederebbe se BNP Paribas , capitalizzata per 71 miliardi, dichiarasse fallimento e assieme a lei altre 2 o 3 dello stesso calibro in zona euro: la catastrofe. Non ci sarebbe isti-tuzione mondiale in grado di ripianare le perdite e salvare il salvabile, se non solo la BCE di Mario Draghi facendo lavorare la zecca giorno e notte per un mese di fila. È uno scenario impossibile? Mica tanto; proviamo a vedere perché. I risparmiatori ormai sanno che i soldi in banca non rendono più nulla, anzi diminuiscono; i titoli di Stato sono negativi; il mattone è caricato di tasse e non c’è più una reale domanda di abitazioni perché ce ne sono anche troppe; chi ha investito in oro ha avuto una perdita del 12% negli ultimi due anni; il monopolio della De Beers si sta sgretolando così che il prezzo dei diamanti cala e calerà sensibilmente. Rimane soltanto la Borsa valori per investire in titoli azionari per due motivi: scommettere su di una fase

di crescita economica e agganciare i risparmi alla economia reale; la borsa valori di Milano nel 2015 è cresciuta del 17,6%. Così, annusato l’affare, ci sono buone probabilità che i risparmiatori si butte-ranno in borsa, dapprima con cautela, poi sempre più alla rinfusa pur di far aumentare il prezzo delle azioni. Il sistema bancario finanzierà, come ha sempre fatto, questa nuova euforia collettiva, con l’emissione di prestiti garantiti dalle azioni in portafoglio, ma all’aumentare del valore mone-tario delle azioni si aprono sempre nuovi margini di finanziamento (leggi di indebitamento) e il meccanismo si autoalimenta, esattamente come è successo per la bolla immobiliare del 2008; il valore delle azioni cresce e si fanno nuovi debiti per comprarne altre che “sicuramente “ cresceranno. Ma rispetto alla bolla speculativa del 1987 il mercato azionario ha un aggravante: ci sono in giro consistenti pacchetti azionari che le aziende hanno dato ai propri dipendenti come premio di risultato ma che non posso-no essere venduti per qualche anno; insomma hanno pagato i loro dirigenti

e funzionari con della carta stampa-ta, soprattutto nel settore bancario, guarda caso. La bolla speculativa azionaria salirà fino al punto in cui questi “vecchi diri-genti”, maestri del gioco in borsa, non decideranno di passare all’incasso delle proprie azioni. IN quel momento si po-trebbe verificare il punto critico possibi-le: il mercato subirà un crollo improvviso come ce ne sono stati tanti in passato, ma la novità sarà che i titoli delle banche, saliti vertiginosamente fino a quel momento perché i bilanci cartacei erano solidi, precipiteranno travolgendo tutto e tutti. Non ci dimentichiamo che al momento del fallimento, la banca Lehman Brothers aveva la tripla A da parte di tutte le agenzie di rating (mi scappa da ridere sull’affidabilità degli istituti di valutazione). La frittata è servita: borse a picco, specie i titoli bancari, risparmi in fumo, debiti in sofferenza per gli istituti di credito, drastico taglio della liquidità, economia reale in forte recessione. La differenza rispetto ad ora sarà che non saranno più quattro banche di provincia che chiuderanno i battenti, ma entrerà in crisi l’intera Europa con

conseguenze politiche difficilmente valutabili. In sostanza nonostante i controlli, le società di rating, la vigilanza delle Banche Centrali e della stessa BCE, si produrranno effetti catastrofici perché il fulcro dell’economia è e rimane la finanza e questa non vuole sentire parlare di vincoli o di sovranità, ma vuole semplicemente continuare a fare soldi barattando carta con altra carta. Nessuno è capace, o non ha la forza, di disinnescare la bomba di una finanza senza controllo. È uno scenario molto pessimista e spe-ro che non si presenti, ma gli elementi ci sono tutti per arrivare alla catastrofe. Ci auguriamo che tutta la nostra classe dirigente sappia guidare il Paese e le aziende nel modo migliore. Chiudo con un aneddoto: un paio di mesi fa parlavo con un finanziere a proposito del giro vorticoso di soldi e carta a livello mondiale e questi mi disse in un orecchio: “speriamo bene, ma a qualcuno il “gobbo” dovrà pure toccare”. In Toscana il “gobbo” è il fante di picche e quando si gioca all’Omo nero, a qualcuno tocca e ovviamente perde.

Q leggere i tempi e individuare soluzio-ni possibili. In un momento in cui le grandi narrazioni e le appartenenze si sono fortemente indebolite, aggiunge il sondaggista, “talora si avverte un forte disorientamento dei cittadini di fronte alle grandi questioni”: “La Chiesa, con uno stile assai diverso da quello di qualche anno fa, privilegia l’empatia, il dialogo e la comprensione. Questo non significa che i non credenti si convertono ma che la Chiesa, nel vuoto del dibattito pubblico italiano, marca una posizione importante”. I rischi, però, sono dietro l’angolo: “Il ruolo nuovo della Chiesa e, in particolare, di Papa Francesco possono suscitare grande consenso esteriore

senza modificare le coscienze.La religione ‘fai-da-te’ è figlia della

multi-appartenenza delle persone: la fede è una parte dell’identità ma non è quella che conforma i comportamenti.

Anzi, pemane la tendenza ad accet-tare del messaggio evangelico quello che è in sintonia con il proprio stile di vita. I più favorevoli ai respingimenti degli immigrati, ad esempio, sono i credenti. E questo non perché siano più cattivi ma perché sono più impauriti. Dunque, l’invito all’accoglienza fa breccia a livello teorico, suscita entusiasmo vedere un Papa andare a Lampedusa, ma nella vita quotidiana si teme che gli immigrati arrivino in casa nostra”.

D

“Il ruolo nuovo della Chiesae, in particolare, di Papa

Francesco possonosuscitare grande consenso esteriore senza modificare le coscienze. La religione

‘fai-da-te’ è figlia della multi-appartenenza delle persone”. È uno dei temi affrontati nel dialogo con

Nando Pagnoncelli, presidente dell’Istituto di ricerche di mercato e

sondaggi d’opinione “Ipsos” e docente all’Università

Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che, a partire dall’esperienza offre una

chiave di lettura originale per la comprensione

degli italianidi Riccardo Benotti

L’ITALIA AL TEMPO DELLA CRISI

Nando Pagnoncelli Parla di famiglia, consumi,

stereotipi e Chiesaall’indomani dell’attacco dei black bloc o alla mobilitazione per pulire i muri imbrattati di Venezia”. Per l’esperto, si tratta di “situazioni non sporadiche e poco prevedibili che fanno riferimento a un senso civico ‘fai-da-te’ presente in Italia, che non è indice di fiducia nelle istituzioni o di coesione sociale ma esito di un impulso positivo che i cittadini esprimono spontaneamente”.

stereotipiTanti i luoghi comuni diffusi tra gli

italiani che, seguendo prevalentemente la dieta mediatica proposta dalla televi-sione, tendono ad avere una percezione distorta della realtà. “C’è stata una stagione in cui sembrava che fossimo accerchiati da violenti e che la nostra sicurezza fosse messa a repentaglio. In realtà -rivela Pagnoncelli-, studiando l’andamento dei reati si coglieva che l’unica relazione esistente era quella tra il senso di insicurezza e le notizie degli omicidi eccellenti, come l’assassinio della giovane studentessa Meredith Kercher. L’insistenza con cui i media trattavano questi temi produceva la convinzione nei cittadini che fossimo in presenza di un incremento significativo dei fatti di sangue. Dall’esame dei dati, però, gli omicidi in quel periodo erano un terzo di quelli commessi negli anni Novanta”.

Discorso analogo vale per la presenza degli stranieri in Italia che, se in base alle rilevazioni sono circa il 7% della popola-zione, salgono al 30% nella percezione degli italiani. “Queste distorsioni -osserva Pagnoncelli- guidano le nostre opinioni e i nostri comportamenti”.

fiduciaSul fronte della crisi economica, il

clima sociale sembra invece migliorato. La fiducia dei consumatori, secondo i dati Istat, è ai massimi degli ultimi anni: “Probabilmente gli italiani credono che stiamo uscendo dalla crisi, o almeno lo desiderano. Le difficoltà economiche, però, hanno contribuito a ridefinire i paradigmi di consumo. Gli italiani oggi sono selettivi, razionali e attenti. Prima gli intervistatori ci dicevano di avere il fri-gorifero pieno di prodotti che buttavano. Era un acquisto più leggero ed emotivo”.

Una citazione a parte la merita la propensione al risparmio, che è cresciuta in questi anni: “Avere più fiducia nel futuro personale e del Paese -sottolinea Pagnoncelli- non si traduce automatica-mente in un incremento significativo dei consumi, che ci possa portare ai valori antecedenti alla crisi”.

religioNeAlla Chiesa spetta il compito di

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PistoiaSetteN. 1 10 gennaio 2016

l primo nostro pensiero va oggi, primo dell’anno, alla tutta santa, all’immacolata Vergine Maria, che la Chiesa onora col nome

altissimo di Madre di Dio, in quanto da lei, nella pienezza del tempo, è nato per noi il Salvatore, figlio di Maria nella carne, ma figlio unigenito di Dio Padre nella sua natura divina.

Il secondo pensiero invece va alla 49° giornata mondiale della pace che si celebra ogni primo dell’anno, accompa-gnata da un messaggio del santo Padre che quest’anno dice: “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”.

Le due cose non sono staccate, sono invece intimamente congiunte. La divina maternità di Maria infatti offre al mondo Colui che è il principe della Pace. Colui che porta la pace al mondo, anzi Egli è la pace, perché in Lui l’uomo peccatore viene riconciliato con Dio e coi fratelli.

Inoltre, la divina maternità di Maria ci fa anche capire che l’’umanità può rispondere all’appello, alla proposta di Dio. Con l’aiuto di Dio, per l’intervento suo, collaborando e accogliendo con disponibilità l’amore di Dio, ogni uomo può collaborare all’avvento della pace, può generare la pace. Esattamente come ha fatto Maria Santissima. Una creatura come noi che però ha saputo dire di si a Dio e ha generato il Salvatore. E come c’è bisogno di sapere che Dio non si stanca di noi e che, da dentro la storia, dal momento in cui Egli è nato fra di noi, Egli vi rimane col suo amore, così c’è assoluto bisogno di sapere che, se lo vogliamo, noi uomini ce la possiamo fare a generare un mondo nuovo nella pace, nonostante tutte le difficoltà e i

OMELIA DEL PRIMO DELL’ANNO

Superare l’indifferenza,costruire la pace

I

gesti concreti, ad atti di coraggio nei confronti delle persone più fragili delle loro società, come i prigionieri, i migranti, i disoccupati e i malati. Particolare atten-zione il Santo Padre invita ad averla nei confronti di tali persone, anche da parte degli stati. Ai responsabili degli Stati egli chiede in particolare anche di astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre; di adoperarsi per la cancella-zione o la gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; di adottare politiche di cooperazione che

non siano strumento di vere e proprie dittatura ideologiche, ma siano invece rispettose dei valori delle popolazioni locali e della vita umana.

Carissimi fratelli ed amici, nella memoria festosa di Maria SS. Madre di Dio e nella meditazione attenta del messaggio del santo Padre per la giornata della pace, auguro a tutti voi un 2016 davvero ricco di pace e per questo invoco su di voi la benedizione del Signore.

† Fausto Tardelli

fallimenti sperimentati.Ed eccoci così al messaggio di Papa

Francesco per questa giornata della pace. In esso si ribadiscono proprio i due concetti che ho appena espresso: Dio, incarnandosi, ci mostra il suo amore fedele. E, secondo, ci offre la possibilità di superare l’indifferenza che ci impedisce di costruire la pace.

La prima cosa che il santo Padre ci ricorda è dunque proprio che Dio non è indifferente a noi! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona! Nel suo Figlio Gesù, Dio è sceso fra gli uomini, si è incarnato e si è mostrato solidale con l’umanità, in ogni cosa, eccetto il peccato.

Qui il Santo Padre Francesco non può fare certo a meno di constatare che, a fronte di un Dio misericordioso non indifferente nei confronti delle sorti dell’uomo, i nostri atteggiamenti sono invece spesso dominati dall’indifferenza. “L’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui, caratterizza una tipolo-gia umana piuttosto diffusa e presente in ogni epoca della storia.” E questo atteggiamento d’indifferenza, “ai nostri giorni ha superato decisamente l’ambito individuale per assumere una dimensio-ne globale e produrre il fenomeno della “globalizzazione dell’indifferenza”.

Continua poi il Papa: “La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. È questo uno dei gravi effetti di un umanesimo falso e del materialismo pratico, combinati con un pensiero relativistico e nichilistico.

A questa fondamentale forma di indifferenza, se ne accompagnano altre, come quella di chi è ben informato di ciò che accade nel mondo, ma lo fa “in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione” e quindi non si sente coinvolto, non vive la compassione, tiene piuttosto lo sguardo, il pensiero e l’azio-ne rivolti a sé stesso.

Oppure ancora, c’è l’indifferenza di chi proprio non fa attenzione verso la realtà circostante, specialmente quella più lontana, per cui non cerca, non si informa e vive spensierato nel proprio benessere e comodità sordo al grido di dolore dell’umanità sofferente.

L’indifferenza inoltre tragicamente supera la sfera intima e spirituale della singola persona ed investe la sfera pubblica e sociale. A livello individuale e comunitario l’indifferenza verso Dio

induce l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e a pren-dere come norma soltanto sé stesso, mentre l’indifferenza verso il prossimo, figlia di quella verso Dio, alimenta il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale, le quali, a loro volta, possono condurre a conflitti o, in ogni caso, generare un clima di insoddisfazione che rischia di sfociare, presto o tardi, in violenze e insicurezza. Quando poi investe il livello istituzionale, l’indifferenza nei confronti dell’altro, della sua dignità, dei suoi diritti fonda-mentali e della sua libertà, come pure della salvaguardia dell’intero creato e di uno sviluppo veramente sostenibile, unita a una cultura improntata al pro-fitto e all’edonismo, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace. Questa dunque appare veramente minacciata dall’indifferenza globalizzata.

Ma dall’indifferenza si può uscire. Ci si può aprire alla misericordia! Ecco il secondo pensiero forte del messaggio di Papa Francesco. Dio è all’opera e può compiere il miracolo, se trova cuori disponibili.

Il Santo Padre ci invita perciò a non perdere la speranza nella capa-cità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza. Ci invita a riconoscere anche segni di speranza già presenti nel mondo, sia in alcuni avvenimenti internazionali, sia soprattutto nei tanti sentieri di solidarie-tà concreta che attraversano le nostre città e paesi. Tutto ciò rappresenta la capacità dell’umanità di operare nella solidarietà, al di là degli interessi indivi-dualistici, dell’apatia e dell’indifferenza rispetto alle situazioni critiche.

Se lo vogliamo dunque, confidando nell’amore di Dio e convertendoci a Lui, possiamo imparare a fermarsi davanti alle sofferenze di questo mondo per al-leviarle, alle ferite degli altri per curarle, con i mezzi di cui disponiamo, a partire dal nostro tempo, malgrado le tante occupazioni. Possiamo fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento nelle nostre relazioni gli uni con gli altri.

Nello spirito del Giubileo della Misericordia, ciascuno è chiamato a riconoscere come l’indifferenza si ma-nifesta nella propria vita e ad adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive, a partire dalla propria famiglia, dal vicinato o dall’ambiente di lavoro.

Anche gli Stati sono chiamati a

Settimana di preghieraper l’unità dei cristiani

18-25 gennaio 2015Lundì 18 gennaio Chiesa Cattedrale ore 18,00: Celebrazione Eucaristica per l’apertura della Settimana presieduta da monsignor Fausto Tardelli, vescovo di PistoiaMartedì 19 gennaio Parrocchia di S. Maria Maggiore a Vicofaro ore 21:Celebrazione Ecumenica della Parola di Dio con la partecipazione del Pastore Mario Affuso della Chiesa Apostolica ItalianaGiovedì 21 gennaio Chiesa Cristiana Evangelica Battista(v. S. Marco, 9) ore 21: Incontro di preghieraVenerdì 22 gennaio Parrocchia dell’Immacolata - Pistoia ore 21: Incontro di preghiera con la partecipazione della pastora valdese Letizia Tomassone della Chiesa valdese di FirenzeDomenica 24 gennaio Chiesa di Santa Liberata ore 16,30:Vespri Ortodossi

CATTEDRALE

Consegna degliorientamentipastoraliDomenica 10 gennaio alle 17,30, in Cattedfrale, ci sarò una cele-brazione eucaristica presieduta dal vescovo e la consegna degli orientamenti pastorali

Page 8: e dal 1897 e · 2017-11-21 · 2 primo piano n. 1 10 gennaio 2016 LaVita l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

8 n. 1 10 gennaio 2016 LaVitacomunità ecclesialeL’incontro con padreGiulio Albanese si è

tenuto il 16 dicembrenei locali del seminario

vescovilearole potenti, rigorosamen-te documentate e dense di evangelica parresia hanno catturato l’attenzione dei

numerosi intervenuti all’incontro con Padre Giulio Albanese, il 16 dicembre scorso, sul tema La sfida delle migra-zioni. “La sfida ha innanzitutto e soprat-tutto una valenza fortemente culturale ed educativa, prim’ancora che essere legata a questioni sociali, politiche o economiche. D’altronde la nostra fede ci interpella, non fosse altro perché siamo insieme un ‘popolo in cammino’, verso la ‘Terra Promessa’; ...è necessario, oggi più che mai, interrogarsi sui segni dei tempi nelle periferie geografiche ed esisten-ziali del nostro tempo… Lungi da ogni retorica, vi è un bisogno impellente di promuovere questa ‘scrutatio’, pregando, mettendosi in discussione, stando in periferia, lungo la frontiera, perché Gesù Cristo, duemila anni fa, non è venuto per chiamare i giusti, ‘ma i peccatori perché si convertano e vivano” (Lc.S,32).

Con la forza e il coraggio di chi conosce e condivide concretamente la vita delle periferie del mondo, in cui porta la sua testimonianza di missio-nario comboniano, padre Albanese ha sottolineato che la migrazione è tema molto complesso perché connesso a tanti problemi e fattori in interazio-ne tra loro: fame, guerre, questione ambientale, ingiustizia sociale, inegua-glianze, regimi dittatoriali…Il migrare,

CENTRO CULTURALE J. MARITAIN

La sfida delle migrazionioggi e domaniP

fenomeno fisiologico proprio dell’uomo fin dall’età dell’homo sapiens sapiens, è stato generato da molte cause storiche. Oggi, nel tempo della globalizzazione, è sempre più legato e dipendente dalla soluzione dei problemi che riguardano le relazioni tra Nord e Sud del mondo e le dipendenze dei paesi impoveriti dai paesi ricchi del pianeta.

L’ineguaglianza e la crescente divaricazione tra le nazioni, già ben denunciata da Papa Paolo VI nel 1971, sono oggi aggravate dagli effetti per-versi della globalizzazione e provocano

igranti e rifugiati ci in-terpellano. La risposta del Vangelo della mi-sericordia: con questo

titolo Papa Francesco ha sintetizzato il messaggio essenziale della prossima Giornata mondiale dei migranti, in data 17 gennaio 2016.

Con la prima parte del tema (Migranti e rifugiati ci interpellano), il Papa vuole ricordare a tutti i fedeli la drammatica situazione di tanti uomini e donne, costretti ad abbandonare le proprie terre. È ben necessario risve-gliare la nostra distratta attenzione, perché il Papa intravede il rischio che ben presto si possano dimenticare le quotidiane sofferenze di tante persone e, per esempio, le tragedie del mare che hanno per vittime i migranti. Di fronte alla superficialità diffusa e alla indifferenza colpevole, il Santo Padre presenta il dramma dei migranti e rifugiati come una realtà che ci deve interpellare. Così infatti si esprime Papa Francesco nella Miseri-cordiae vultus: “Non cadiamo nell’indif-ferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto”.

Perché i cristiani non si renda-no complici dell’indifferenza e del silenzio che spesso portano le no-

DOMENICA 17 GENNAIO

Giornata mondiale del migrantee del rifugiato

stre società a chiudersi e a rifiutare l’altro-il migrante, vittima di violenze e povertà, è necessaria “la risposta del Vangelo della misericordia” che collega in modo esplicito il fenomeno della migrazione con la risposta del mondo e, in particolare, della chiesa. “In questo contesto, il Santo Padre invita il popolo cristiano a riflettere durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale, tra cui si trova quella di accogliere i forestieri. E questo senza dimenticare che Cristo stesso è presente tra i “più piccoli”, e che alla fine della vita sa-remmo giudicati dalla nostra risposta d’amore (cfr. Mt 25,31-45)”.

Se vogliamo sforzarci di essere cristiani credibili, dunque, il signifi-cato concreto e stringente del “ci interpellano” si comprende soltanto a partire dalla “risposta del Vangelo della Misericordia”. Dobbiamo rinno-vare la disponibilità a curare le ferite di chi è in fuga con l’attenzione e con la solidarietà, riscoprendo la forza liberante delle opere di misericordia corporale e spirituale.

Dalle imperanti leggi dell’indi-vidualismo e del rifiuto/scarto (che subdolamente dominano anche il pensiero e le giustificazioni di molti cristiani) ci si redime soltanto recu-perando quotidianamente la dimen-sione della piena fraternità, della co-mune condizione di figli/fratelli, che, di fatto, rende tutti gli uomini l’unica famiglia di Dio Padre. Per costruire

contesti di migliore accoglienza, per vincere la paura e i pregiudizi che serpeggiano anche tra noi, è sicura-mente necessario un supplemento di umanità. Come è stato affermato dal Vademecum redatto dalla Cei per facilitare l’accoglienza dei migranti presso le Diocesi, le parrocchie e le singole famiglie, c’è bisogno di attua-re percorsi di “formazione, volta a preparare chi accoglie (parrocchie, associazioni, famiglie) con strumenti adeguati (lettera, incontro comuni-tario, coinvolgimento delle realtà del territorio…); costruire una piccola équipe di operatori a livello diocesa-no e di volontari a livello parrocchiale e provvedere alla loro preparazione non solo sul piano sociale, legale e amministrativo, ma anche culturale e pastorale, con attenzione anche alle cause dell’immigrazione forzata. A tale proposito Caritas e Migrantes a livello regionale e diocesano sono in-vitate a curare percorsi di formazione per operatori ed educatori delle équipe diocesane e parrocchiali” (Vademecum Cei).

Anche nella nostra diocesi, grazie al coordinamento della Caritas dio-cesana, è iniziato tale percorso che sta preparando importanti frutti di accoglienza e solidarietà.

Su questi temi rifletteremo insie-me nella celebrazione diocesana del 17 gennaio 2016.

La Giornata mondiale avrà ini-zio con la celebrazione eucaristica,

presieduta da monsignor vescovo di Pistoia (Chiesa di Santa Chiara, via Puccini 36, ore 15.30).

Nell’incontro successivo (aula magna del seminario, ore 16.30), cercheremo di conoscere meglio le comunità religiose a cui appartengo-no i migranti presenti a Pistoia. Ini-zieremo un percorso di conoscenza reciproca che potrà aprirci ad un più effettivo dialogo interreligioso, grazie alla collaborazione del pastore Evan-gelico Jaime, a padre Gabriel della chiesa Rumena e padre Andrea della chiesa Russa.

La conoscenza delle varie reli-gioni presenti a Pistoia sarà, inoltre, arricchita dal contributo della signora Sanaa Ahmed, esperta di Islam, re-sponsabile culturale della Moschea di Firenze e vicepresidente della Biblioteca pace e cittadinanza. Alla celebrazione e all’incontro sarà presente il Gruppo Gospel, diretto dal maestro Gimi Israel, che animerà i canti liturgici, facendoci conoscere un’altra esperienza religiosa partico-larmente significativa…Seguiranno interventi di alcuni profu-ghi e di altri migranti presenti tra noi.Vista l’importanza della Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati, invitiamo ogni cristiano che è in diocesi di Pistoia a partecipare, come segno di fratellanza e di misericordia verso tanti fratelli in cammino verso una vita più degna.

P.B.

M

dobbiamo riflettere su nuove soluzio-ni…e legare la questione dell’immi-grazione e dell’interculturalità ai valori fondanti della cittadinanza europea”.

Per accogliere, positivamente, la valenza culturale ed educativa offerta dalla sfida delle migrazioni, si rende sempre più necessario un impegno di tutti i sacerdoti e i laici che siano ca-paci di animare il popolo di Dio verso una cultura inclusiva e solidale, capace di comprendere cosa sta avvenendo realmente nei cinque continenti.. Per raggiungere tale obiettivo p. Albanese indica tre proposte: “tanta, ma tanta in-formazione”, che dia ordine alle notizie, eliminando il disordine e ricercando la verità, attraverso un sano discernimento delle fonti. Solo così si potrà evitare che il cervello della gente sia narcotizzato o reso sempre più stupido!

“All’informazione deve essere associata la conoscenza della Dottrina sociale della chiesa…” con le centrali questioni della solidarietà, sussidiarietà e la comprensione della Res publica, “il Bene comune che, in fondo, è la Terra promessa”; per realizzare il bene comune/ Terra promessa “si punta sulla realizzazione di quel tutto che è la realizzazione integrale della persona umana, per quanto essa dipende dalla collettività”. Per molti fedeli, dominati da vari pregiudizi nei confronti dell’alterità e lontani dai dettami della Dottrina sociale, la posta in gioco è molto alta; si tratta di una conversione di mentalità che faccia loro riconoscere che il model-lo di sviluppo fin qui inseguito dai paesi ricchi mostra tutta la sua inadegua-tezza perché ha creato dipendenze e sfruttamento nei paesi impoveriti e nelle aree ricche del pianeta ha alimentato illusioni di benessere vuoto di valori e forme di materialismo pratico, molto lontane da “una cultura rispettosa della dignità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio”.

“La terza priorità è quella della cooperazione, dello scambio, che va oltre l’accoglienza emergenziale e attua strategie che possano affermare la cir-colarità dello scambio non solo materia-le ma anche spirituale”. È un impegno che riguarda ogni cristiano, aperto alla vocazione all’universalità e consapevole che “nella fede siamo tutti cittadini del mondo”. Come ha ribadito Pp Albanese, serve creatività e immaginazione che permettano di “investire risorse umane nel sostegno alla globalizzazione dei diritti, nell’educazione alla mondialità, all’interculturalità, alla definizione di scambi.... A livello ecclesiale, ad esempio, p. Albanese sogna una conferenza epi-scopale del mediterraneo che superi gli schemi nazionalistici e aiuti al reciproco ascolto e dialogo”.

Sul finire del suo intervento, p. Giulio ha accennato ad un illuminante con-cetto filosofico della tradizione bantu: ‘Ubuntu’. “Se provassimo a tradurlo in lingua italiana potremmo dire ‘ io sono perché tu sei’, cioè ‘una persona diventa umana a causa di altre perso-ne’; l’espressione afferma la centralità della relazione umana dal punto di vista ontologico….e significa anche porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”.

Segni di cultura diversa dalla nostra, “di una saggezza ancestrale che tutto comprende, dalla forte valenza evange-lica, a cui il mondo globalizzato, quello degli affari e dello spread, dovrebbe guardare maggiormente con rispetto”.

Per i tanti e profondi contenuti che p. Giulio Albanese ci ha offerto un particolare ringraziamento.

Paola Bellandi

la migrazione di tante persone che, da diverse provenienze, “seguendo diverse direttrici, si riversano in Europa, l’unico continente relativamente vicino in cui pace e stabilità si coniugano con indici di ricchezza, sviluppo e qualità della vita ancora invidiabili (nonostante la crisi dei mercati) per il resto del mondo”.

Dalla Siria, dalla Libia, dalla Somalia, dall’Eritrea giungono sulle coste europee migranti- rifugiati vittime di guerre e di crisi politiche irrisolte e ormai croniciz-zate; “la mobilità umana da paesi come Bangladesh, India, Sri Lanka, Ghana, Costa d’Avorio, Guinea, Marocco… (in-vece) non ha origine in una contingenza legata alla guerra, ma in una condizio-ne strutturale di diseguaglianza nel mondo… effetti di lungo termine della globalizzazione – i cosiddetti ‘ migranti economici’…”.

Molti profughi giungono da quelle Afriche (Eritrea, Somalia, Ghana , Centro Africa…), che grazie alle loro materie prime (oro, petrolio, diamanti, uranio, legname…) potrebbero essere nazioni ricchissime; in realtà, a causa dei regimi dittatoriali che le governano e ai pesanti interessi sul debito estero, le popolazioni locali sono poverissime e deprivate dei fondamentali diritti umani. Le classi dirigenti di tali paesi, spesso scelte e sostenute dai poteri europei, per pagare gli interessi sul debito, speculando in

borsa, fanno crescere i prezzi dei pro-dotti alimentari locali e svendono così le ricchezze dei loro paesi, impoverendo sempre più i ceti popolari che vedono nella migrazione l’unica speranza di salvezza.

Di fronte a scenari così drammatici, in Italia e in Europa, il fenomeno strut-turale delle migrazioni viene affrontato con risposte inadeguate, spesso inficiate da quel pensiero debole che banalizza il tema e, pur di fare notizia, lo riduce a semplificazioni di cronaca immediata, senza spiegare le vere ragioni dell’ at-tuale mobilità umana.

In Europa, infatti, “si intende rispon-dere all’immigrazione di massa come ad un’ emergenza umanitaria, affrontando così -e solo parzialmente- il flusso mi-gratorio prodotto dal collasso di Stati e dalle guerre, trascurando del tutto quello generato dalla ‘questione sociale’ delle migrazioni, come inevitabile corollario della globalizzazione” affermatasi in paesi che godono di minor grado di democrazia.

Inoltre, “l’Europa ha scelto delibe-ratamente di ignorare il fatto che molti immigrati ritengano di avere il diritto di immigrare in Europa…”, convinzione che si origina nell’ onda lunga del colo-nialismo, di cui l’Unione Europea non si considera erede….

“All’interno dell’Unione europea

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910 gennaio 2016 n. 1VitaLa comunità ecclesiale

nizia la parte finale del docu-mento finale del recente Sinodo dei vescovi, la parte più pastorale che parla della missione della

famiglia. Il capitolo ha per titolo “La formazione della famiglia”. “La missione della famiglia si estende sempre al di fuori nel servizio ai nostri fratelli e sorelle. È la missione della Chiesa alla quale ciascuna famiglia è chiamata a partecipare in modo unico e privilegiato”, ma per ottenere questo occorre “una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. La conversione poi tocca profondamente lo stile e il linguaggio. (…). L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizza-zione piena nella reciprocità, nella co-munione e nella fecondità. Non si tratta soltanto di presentare una normativa, ma di annunciare la grazia che dona la capacità di vivere i beni della famiglia”. Le novità, innanzitutto, devono partire dalla preparazione al matrimonio, per-ché “il matrimonio cristiano non può ridursi ad una tradizione culturale o a una semplice convenzione giuridica: è una vera chiamata di Dio che esige at-tento discernimento, preghiera costante e maturazione adeguata. Per questo occorrono percorsi formativi che accom-pagnino la persona e la coppia in modo che alla comunicazione dei contenuti della fede si unisca l’esperienza di vita of-ferta dall’intera comunità ecclesiale”. Per questo vanno tenute ben presenti le tre tappe indicate da Familiaris Consortio: “la preparazione remota, che passa at-traverso la trasmissione della fede e dei valori cristiani all’interno della propria famiglia; la preparazione prossima, che coincide con gli itinerari di catechesi e le esperienze formative vissute all’interno della comunità ecclesiale; la preparazio-ne immediata al matrimonio, parte di un cammino più ampio qualificato dalla dimensione vocazionale”.

Occorre, inoltre, leggere il mondo con-temporaneo, dove “la sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore au-tentico” e, quindi, necessita “strutturare veri e propri percorsi pastorali di sup-porto, rivolti sia ai singoli sia alle coppie, con una particolare attenzione all’età della pubertà e dell’adolescenza, nei quali aiutare a scoprire la bellezza della sessualità nell’amore”. Un fondamento di attualità da cui non si può prescindere è che “secondo il principio cristiano, anima e corpo, come anche sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare”.Sul piano della pratica pastorale “i percorsi di preparazione al matrimonio siano proposti anche da coppie sposate in grado di accompagnare i nubendi prima delle nozze e nei primi anni di vita matrimoniale, valorizzando così la ministerialità coniugale”. Passando poi alla celebrazione nuziale essa “è occasione propizia di invitare molti alla celebrazione dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. La comunità cristiana, attraverso una partecipazione cordiale e gioiosa, acco-glierà nel suo grembo la nuova famiglia affinché, come Chiesa domestica, si senta parte della più grande famiglia ecclesiale”. Il celebrante deve sempre tenere presente che “si tratta di una preziosa occasione di annuncio del Vangelo di Cristo, che può suscitare, nelle famiglie presenti, la riscoperta della fede e dell’amore che vengono da Dio”.Purtroppo l’interesse della comunità cri-stiana verso gli sposi si esaurisce con la celebrazione del sacramento, ma “i primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato. (…) Di qui l’esigenza di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del sa-cramento. La parrocchia è il luogo dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani, con l’eventuale concorso di associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità”.

Per questo “va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare, della preghie-ra e della partecipazione all’Eucaristia domenicale, (…) l’incontro personale con Cristo attraverso la lettura della Parola di Dio, nella comunità e nelle case, specialmente nella forma della ‘lectio di-vina’, costituisce una fonte di ispirazione per l’agire quotidiano”. “I movimenti e i gruppi ecclesiali spesso garantiscono tali momenti di crescita e di formazione. La Chiesa locale, integrando tali apporti, assuma l’iniziativa di coordinare la cura pastorale delle giovani famiglie”. Quanto detto raffigura un quadro pastorale nel quale “è necessario un rinnovamento della pastorale alla luce del Vangelo della famiglia e dell’inse-gnamento del Magistero. Per questo, occorre provvedere ad una più adeguata formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, dei catechisti e degli altri operatori pastorali, che devono promuovere l’integrazione delle famiglie nella comunità parrocchiale, soprattutto in occasione dei cammini di formazione alla vita cristiana in vista dei sacramenti”. In particolare “i seminari, nei loro itinerari di formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, devo-no preparare i futuri presbiteri a divenire apostoli della famiglia” e “itinerari e corsi di formazione destinati specificamente agli operatori pastorali potranno renderli idonei ad inserire lo stesso cammino di preparazione al matrimonio nella più ampia dinamica della vita ecclesiale”. “La dedizione di questo prezioso ministe-ro potrà ricevere vitalità e concretezza da una rinnovata alleanza tra le due principali forme di vocazione all’amore: quella del matrimonio, che sboccia nella famiglia cristiana, basata sull’amore di elezione, e quella della vita consacrata, immagine della comunione del Regno, che parte dall’accoglienza incondizio-nata dell’altro come dono di Dio. Nella comunione delle vocazioni si attua uno scambio fecondo di doni, che ravviva e arricchisce la comunità ecclesiale”.

ANGOLO DELLA FAMIGLIA

La formazione della famiglia

I

ErratacorrigeSul n. 46 de la Vita è comparso un articolo intitolato “Anniversario di fondazione dell’asilo a Ferruccia”, nel quale veniva erroneamente segnalato un contributo economico per l’Asilo nido “Arcobalocco” da parte del “Pro-getto Policoro” (progetto della diocesi di Pistoia).In realtà il contributo è stato un soste-gno organizzativo ma non finanziario.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Memoria di suor Vittoria che educava alla luce

del VangeloRicorre in questi giorni il ventennale della morte di suor Maria Vittoria Cecchi

-scomparsa il 28 dicembre 1995- delle suore minime del Sacro Cuore, una religiosa, che ha lasciato in molti luoghi un segno profondo del suo insegnamento e della sua testimonianza. Personalmente l’ho conosciuta circa 60 anni fa e mai dimenticherò quel primo incontro: il volto ampio avvolto strettamente nel velo, secondo la regola, gli occhi insieme dolci e penetranti, mentre dalla bocca fluiva una parlata, di chiara inflessione fiorentina, sempre precisa nei termini e pacata, che colpiva per la verità e la concretezza delle affermazioni mai retoriche, ma sempre aderenti alla verità. La fierezza dello sguardo rendeva la figura imponente, quasi a supplire alla bassa statura. Sapeva essere allo stesso tempo autorevole e dolce nella sua costante tensione educativa verso i bambini e gli adolescenti. Non risparmiava affatto severi rimproveri e critiche sia sul piano strettamente scolastico sia su quello globale del comportamento. Infatti non esitava a essere ferma e categorica, come allo stesso tempo valorizzava e metteva in luce le capacità migliori di ciascuno, sostenendolo quando era in difficoltà. Colpiva nella sua figura di maestra, che insegnasse nella scuola o nel catechismo, la forte testimonianza etica in una coerenza quasi naturale al Vangelo e alla sua scelta vocazionale. Dimostrò veramente con la sua vita, piena adesione agli insegnamenti della fondatrice dell’ordine suor Margherita Caiani secondo la quale le suore non dovevano isolarsi dal popolo, ma ribadiva che il loro posto era in mezzo alla gente tra i più piccoli, tra gli umili, tra coloro che avevano bisogno, impegnandosi in particolare nell’assistenza e nell’insegnamento. Da vera maestra sentiva come dovere inderogabile, quello di dare sempre il massimo di se stessa ad ogni allievo a lei affidato. Non è un caso che molti di questi, a distanza di anni, siano andati costantemente a visitarla, sentendo l’obbligo di ringraziarla di quanto aveva fatto per la costruzione della loro personalità. Anche nel periodo doloroso della sua malattia finale, a coloro che andavano a visitarla e che talvolta le raccontavano le proprie angosce, sapeva rivolgere consigli e calde parole di conforto, come se la sua missione, sempre rivolta all’amore e all’impegno per il prossimo, non terminasse neppure nei momenti estremi. Anzi esprimeva spesso gratitudine verso tutti quelli che l’assistevano, quando per una vita intera si era sempre prodigata generosamente verso gli altri, senza mai nulla chiedere. Aveva la capacità di lasciare sempre un’impronta profonda e positiva in chi le si rivolgeva. Le persone apparentemente senza potere come lei ci rinviano continuamente al cuore vivente dei rapporti umani, alla capacità che ciascuno di noi ha di diventare segno di prossimità per l’altro, perché qualcuno ci ha detto che siamo importanti per lui. È giusto che la memoria strappi per sempre all’oblio persone come questa piccola grande donna e tenace religiosa, che sarà ricordata e resa viva da chi l’ha conosciuta per la sua intelligenza penetrante, per l’attività instancabile nell’educazione, per la costante atten-zione all’umano, per l’estrema coerenza con la regola e con il Vangelo. Lunedì 28 dicembre la religiosa è stata ricordata nella chiesa di Sant’Angelo di Bottegone, parrocchia dove per molti anni svolse la sua attività di apostolato e di insegna-mento. La serata si è svolta in modo toccante e partecipe per le persone intervenute, che hanno voluto ricordare la sua opera al servizio della comunità.

Mauro Matteucci

ella diocesi di Pistoia Il Giubileo staordinario del-la Misericordia propone due luoghi di grazia spe-

ciale: la Cattedrale di San Zeno, dove il vescovo ha aperto la Porta Santa sa-bato 12 dicembre, e il Santuario della Madonna delle Grazie di Valdibrana.

Qui la porta della Misericordia è stata aperta il 20 dicembre e resterà aperta tutto l’anno giubilare.

“È un grande evento nella storia di Valdibrana - ha sottolineato don Cesare - e ringrazio il vescovo per averlo scelto come luogo giubilare e anche Papa Francesco per aver pensato a questa apertura verso le periferie”.

“Per volere del Vescovo – aggiun-ge don Cesare - Valdibrana sarà un punto di partenza per i pellegrinaggi verso la cattedrale; ci stiamo predi-sponendo come parrocchia e Unitalsi anche per questo. Mi preme in questa circostanza richiamare l’attenzione sull’importanza di percorrere un cammino di conversione per la nostra chiesa affinché il messaggio di Papa Francesco di misericordia, riconciliazione e perdono possa

essere realizzato per ogni cristiano e in ogni chiesa mettendoci con tutta la buona volontà e impegno affinché la parola giubileo non sia solo una parola, ma sia per ciascuno di noi un vero e proprio rinnovamento”.

La scelta del Santuario di Valdi-brana come ulteriore porta della Misericordia offre un’occasione per vivere questo importante momento del Giubileo entrando anche nel Santuario per partecipare agli eventi che lì saranno celebrati.

A Valdibrana, in occasione dell’Anno Santo della Misericordia si segnalano i seguenti appuntamenti,

come occasioni particolari legate al Santuario:

- la recita del Rosario il giorno 15 di ogni mese, a partire da gennaio 2016, sempre alle ore 21, ma con modalità diverse (cantato, meditato..)

- la prima domenica di ogni mese, alle ore 9.45, con la stessa formula dell’apertura della Porta della Mise-ricordia: piccolo pellegrinaggio con partenza da San Romano e celebra-zione eucaristica al Santuario

Per quanto riguarda le confessio-ni, il confessore sarà a disposizione nella Cappella delle Confessioni presso il Santuario, nei seguenti orari:

A VALDIBRANA

Come vivere il Giubileo

N

- Lunedì: ore 11-12.30; 15-16.30- Martedì: ore 8-10; 17.30-19- Venerdì: ore 11-12,30; 15-16,30- Sabato: ore 8,30-12L’orario suddetto resterà in vi-

gore fino all’inizio della Benedizione alle famiglie.

Si ricorda che per ottenere l’in-dulgenza plenaria per sé o per un defunto, il Giubileo propone alcune pratiche da svolgere per vivere un anno ad “alta tensione” spirituale.

1. Un pellegrinaggio. Anche bre-ve, per ricordarsi un cammino di conversione che ogni cristiano deve compiere.

2. La Confessione. Il Sacramento in cui si sperimenta il massimo della Misericordia di Dio

3. La Messa, altro appuntamento con l’amore di Dio in comunione con Cristo e la sua comunità.

4. La preghiera, per e con il Papa (Pater, Ave, Gloria, Credo o altre preghiere)

5. Un’opera di misericordia corporale o spirituale, che esprima la solidarietà con gli “ultimi”, i più vicini a Dio, ma spesso lontani dal nostro cuore.

Daniela Raspollini

FRATERNITA’ APOSTOLICA DI GERUSALEMME

“Cristiani nel Medio Oriente oggi: l’eredità di San Basilio”Sabato 16 gennaio alle 16,30, presso la sala sinodale dell’antico palazzo dei ve-scovi- p.zza Duomo Pistoia, la fraternità apostolica di Gerusalemme organizza una tavola rotonda sul tema: “Cristiani nel Medio Oriente oggi: l’eredità di San Basilio”. Interverranno: monsignor Fausto Tardelli vescovo di Pistoia, monsignor Cyril Vasil’, arcivescovo di Tolemaide e segre-tario della congregazione per le chiese orientali della Santa Sede, professor Tom-maso Braccini, docente presso l’università di Torino, dottor Nicola Gori, giornalista dell’osservatore romano. Nell’occasione sarà presentato il libro “Nulla anteporre a Cristo: biografia di San Basilio Magno”. I proventi della vendita saranno intera-mente devoluti ai cristiani di Siria.INFO: Fraternità apostolica di Gerusa-lemme [email protected].

Page 10: e dal 1897 e · 2017-11-21 · 2 primo piano n. 1 10 gennaio 2016 LaVita l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

10 n. 1 10 gennaio 2016 LaVita

igliorare la qualità della vita del bam-bino affetto da gravi patologie: è questo

l’obiettivo della convenzione siglata dal direttore delle Società della salu-te pistoiese (Sds), Daniele Mannelli, e dalla presidente dell’associazione «We Love Anastasia» Emanuela Manetti.

Grazie alla convenzione, i piccoli malati cronici pistoiesi potranno go-dere di un’assistenza gratuita a domi-cilio, che sarà garantita dal personale dell’associazione We love Anastasia, in stretta collaborazione con la Sds e secondo le modalità organizzative della Società della salute stessa, nonché gli standard minimi di qualità ed i sistemi di controllo qualitativi previsti. Nello specifico, il percorso assistenziale prevede l’intervento domiciliare di personale sanitario di tipo infermieristico e psicologico, qualificato in ambito assistenziale. L’associazione We Love Anastasia, infatti, ha recentemente promos-

ttimizzazione delle risorse economiche eliminando la duplica-zione di apparati buro-

cratici ed amministrativi, omogeneità nell’erogazione delle prestazioni, uniformità di tutti i sistemi e i per-corsi sanitari fino all’unificazione dei processi informatici e di acquisto ma, soprattutto, dare ad ogni cittadino una sanità di livello ottimale e non solo essenziale.

È ciò che si attendono dal pro-cesso di riforma sanitario regionale un milione e mezzo di abitanti e 14.700 dipendenti, di cui oltre 2.700 tra medici, veterinari e dirigenti sanitari e oltre 7.000 tra infermieri, operatori sanitari e tecnici, che dal 1 gennaio sono confluiti nell’Area Va-sta Centro: la nuova azienda sanitaria che nasce dall’accorpamento delle Asl di Empoli, Firenze, Pistoia e Prato.

Complessivamente le 4 Aziende sanitarie portano in dote alla nuova Asl oltre 220 presidi territoriali e 13 ospedali, a cui vanno sommate le 16 case di cura convenzionate, oltre ad un patrimonio professionale, struttu-rale, tecnologico e formativo che ora sarà pienamente condiviso: esperien-ze chirurgiche, percorsi assistenziali, di cura e riabilitazione, procedure diagnostiche, studi e ricerche saran-no contemporaneamente disponibili su tutto il territorio dell’area vasta che ha un’estensione di 5.000 chilo-metri quadrati.

La mobilità delle equipé mediche e l’applicazione del criterio della prossimità delle cure dovrà assicu-rare a tutti i cittadini le medesime opportunità, indipendentemente dal territorio di residenza.

Con la fusione delle Asl, pre-vista dalla riforma regionale, che

ha comportato il passaggio da 12 aziende sanitarie locali a 3, non è prevista – si spiega - nessuna chiu-sura né depotenziamento, ma solo una riorganizzazione che renderà più moderna e più adeguata la risposta ai cittadini, sia a livello territoriale che ospedaliero.

La realizzazione delle centrali operative 118 Empoli-Pistoia e Prato-Firenze, ricomprese nell’area vasta centro, sono due importanti esperienze a cui è stato fatto riferi-mento: protocolli operativi, percorsi diagnostici e terapeutici e modelli organizzativi sono stati condivisi per uniformare la risposta dell’emergen-za e urgenza.

Il percorso – si puntualizza - non è concluso e proseguirà fino all’assetto definitivo della gran parte dei percorsi sanitari e dei processi amministrativi.

SANITà

Debutta una nuova Aslper ottimizzare le risorse

Nasce dall’accorpamento delle aziende sanitarie di Empoli, Firenze, Pistoia e Prato

O

comunità e territorio

POLITICHE SOCIALI

Inserimentolavorativo

dei detenutiIl Comune di Pistoia rinnova la convenzione con la

Casa circondariale. Previsto l’impiego di alcuni soggetti nei cantieri comunali

nche per il 2016-2017 l’amministrazione comunale di Pistoia ha deciso di proseguire con i progetti di inserimento lavorativo rivolti ai detenuti del carcere di Pistoia, che tornerà ad ospitare un numero adeguato di detenuti dopo il previsto intervento di recupero per

i danni provocati dal vento dello scorso marzo. Nel biennio 2014-2015 sono stati sette i detenuti che hanno svolto attività di pubblica utilità attraverso il loro inserimento nel gruppo dei dipendenti del cantiere comunale adattandosi alle stesse modalità organizzative. L’attività è consistita nella manutenzione ordinaria o straordinaria degli spazi o edifici di competenza comunale, lavori di risanamento, messa in sicurezza di situazioni pericolose, assistenza tecnica in occasione di ele-zioni, lavori di montaggio per manifestazioni di vario genere (artistiche, ricreative, sportive), operazioni di soccorso in caso di calamità naturali da svolgere secondo le indicazioni impartite dai referenti del servizio. I progetti che partiranno nel 2016-2017 sono due, entrambi per attività da svolgere in prima battuta presso il cantiere comunale: il primo è quello relativo alla prosecuzione del progetto “Inserimento lavorativo per detenuti”, che prevede indicativamente l’inclusione di 6 soggetti. Il secondo, un nuovo progetto sperimentale, ha la caratteristica di essere finalizzato ad attività di volontariato, ovvero senza retribuzione. «Attivare interventi di trattamento rieducativo per i detenuti tramite lo svolgimento di lavori di pubblica utilità significa - afferma l’assessore alle politiche sociali Tina Nuti - ridurre le ricadute nel reato quindi, oltre a permettere ai detenuti di recuperare una propria autonomia uscendo da forme di assistenzialismo, determinerà pro-gressivamente la condizione di maggiore sicurezza per la città e per i cittadini».

A

M

SANITà

Assistenza domiciliare per i bambini con gravi

malattieLa Società dellasalute pistoiesesottoscrive unaconvenzione con

l’associazione «We Love Anastasia»

di Patrizio Ceccarelli

DAL 2016

Nuovi serviziCroce Verde Pistoia

resentati i nuovi servizi offerti alla cittadinanza dall’associazione volonta-ria di pubblica assistenza Croce Verde Pistoia, attivati nel corso del 2016, in occasione di una conferenza stampa tenutasi nella sala Corsi della sede centrale del sodalizio – via dei Macelli 1 Pistoia alla presenza di volontari

e dirigenti come Siro Romagnani e Cristina Cavallina componenti del Consiglio direttivo, le nuove attività sono state presentate dal presidente provinciale Salvatore Scarola. Torna il servizio Tartaruga per il primo soccorso agli animali, già allestita un’apposita ambulanza ed è in partenza questo mese il relativo corso dedicato a volontari, numerose le richieste d’iscrizione pervenute al riguardo. Oral Pre, rappresentato in conferenza stampa dal dottor Massimo Galli, sarà il primo Centro toscano che si occuperà di prevenzione e diagnosi precoce delle malattie del cavo orale, grazie all’istituzione di un’associazione Onlus tra Croce Verde e Fondazione Castagnola con ambulatorio situato in via Luca Signorelli – Pistoia la cui apertura è prevista nei primi mesi 2016, già cinque i medici che hanno dato la loro disponibilità. Un Centro di Primo soccorso per i casi classificati Codici bianchi nascerà invece in locali di circa quattrocento metri quadrati situati nell’area Pallavicini zona Centro commerciale Panorama Pistoia, provvisti di sala d’attesa, ambulatori e di quant’altro necessario secondo la normativa, dotati di personale medico ed infermieristico oltre che di automezzi sociali ed ambulanze in programma d’apertura entro la metà del nuovo anno, in merito sono allo studio convenzioni con laboratori di analisi e centri di diagnostica in caso di necessità di esami. Uno specifico ambulatorio con prestazioni sanitarie e socio-sanitarie gratuite sarà dedicato a persone senza fissa dimora in am-bienti interni alla sede provinciale, allo studio in questo caso uno schema di convenzione con l’associazione Arci per corsi di inserimento sociale di migranti prevedendo anche lo svolgimento di attività di volontariato da parte di alcuni in Croce Verde. Attraverso un protocollo d’intesa sottoscritto da Croce Verde e dal Comitato Piana Pistoiese della Croce Rossa Italiana, verranno aperte Cappelle del commiato a Quarrata gestite in collaborazione dai due sodalizi e le reciproche unità infermieristiche potranno intera-gire tra loro secondo le necessità. La Croce Verde pensa però anche al dopo vita degli animali domestici a quattro zampe, prevedendo la possibilità della loro cremazione presso le Onoranze funebri e la consegna di un’apposita urna ai proprietari. Bilancio comunque foriero di nuove attività anche nell’ultimo scorcio del 2015 per l’associazione, fra i servizi già istituiti vi è ApertaMente uno sportello gratuito di ascolto ed orientamento psicologico a cura delle dottoresse Giulia Di Runi ed Alessia Gatti, aperto il primo e terzo Mercoledì di ogni mese nella sede centrale – via dei Macelli 1 Pistoia, il secondo e quarto Mercoledì del mese invece nella sede Croce Verde di Bonelle - Pistoia, sempre dalle ore 14 alle 17 e disponibile anche per i volontari stessi, per appuntamenti ed informazioni tel. 0573/34345 ore 7-20, e-mail: [email protected]; Fino in prossimità delle trascorse festività natalizie, inoltre, l’associazione è stata presente con un proprio banchino al mercato cittadino di Pistoia – via Cavour ogni Sabato mattina, presso cui volontari hanno fornito informazioni sui servizi offerti e su come poter fare volontariato all’interno del sodalizio. Per informazioni, A.V.P.A. Croce Verde Pistoia via dei Macelli, 1 – 51100 Pistoia (PT) tel. 0573/34.34.5 www.croceverde.pistoia.it.

P

so molte iniziative per favorire lo sviluppo dell’assistenza domiciliare ai bambini affetti da gravi patologie croniche presenti sul territorio, ed in particolare per i piccoli malati che necessitano di continui controlli a casa e di assistenza infermieristica domiciliare qualificata con specifiche attitudini di presa in carico del bam-bino e dei suoi affetti.

L’attivazione del percorso, d’ac-cordo con il pediatra di riferimento della bambina o del bambino, potrà essere chiesta dal medico specialista o anche dal responsabile del settore assistenza sanitaria della Sds pistoiese, il quale sarà anche il referente del per-

corso dal punto di vista professionale. La Sds – è stato spiegato nel corso

di una conferenza stampa in Palazzo comunale - ha deciso di avvalersi, in ambito domiciliare, della collaborazio-ne dell’associazione, in coordinamen-to con le proprie attività sanitarie e socio-sanitarie già attive, convinta che la collaborazione tra vari enti e realtà, con il fine comune di integrare, con-solidare e potenziare i servizi esistenti sul territorio, consenta di dare vita a nuovi, importanti progetti in grado di cambiare significativamente, ed in me-glio, la vita delle persone – in questo caso bambini e adolescenti - affette da patologie gravi.

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1110 gennaio 2016 n. 1VitaLa comunità e territorio

orna dal 6 all’8 febbraio a Firenze, in Fortezza Da Basso, la nona edizione di Immagine Italia &Co, orga-

nizzata dalla Camera di commercio di Pistoia.

Sabato, domenica e lunedì an-ziché venerdì, sabato e domenica come nelle precedenti edizioni.

È questa la nuova formula che propongono gli organizzatori in perfetta sintonia con la richiesta degli espositori per andare incontro ai negozianti italiani che del “lunedì” hanno fatto prevalentemente il loro giorno di chiusura.

Resta sempre alta l’attenzione per il mercato internazionale che

ancora una volta viene coinvolto dalla Camera di Commercio di Pistoia, storico e unico ente orga-nizzatore della fiera, attraverso stra-tegie e progetti di internazionalizza-zione strutturati che porteranno ad incrementare la partecipazione di buyer stranieri.

Immagine Italia &Co., ricono-sciuta come la fiera di riferimento del Made in Italy per la moda un-derwear femminile e maschile in Ita-lia, e non solo, conta per l’edizione 2016 la partecipazione di oltre 230 brand fra i più prestigiosi nel pano-rama nazionale ed internazionale.

Sono sempre di più, spiegano gli organizzatori, le realtà imprendito-

riali che scelgono Immagine Italia &Co. come piattaforma ideale per lanciare nuovi progetti e affermare la propria identità nel mercato glo-bale generando business.

Protagonista, come sempre, l’ap-puntamento “fashion” quotidiano con le sfilate moda collettive. Sulle passerelle sfilano capi ed accessori intimo-lingerie in linea con le ten-denze moda più recenti: dai variega-ti stili del underwear di domani alle nuove correnti luxury. La tipologia dei prodotti esposti è di fascia alta, medio-alta.

P.C.

MODA

Torna Immagine Italia &CoOrganizzata dalla Camera di commercio di Pistoia la manifestazione si svolgerà

alla Fortezza da Basso di Firenze dal 6 all’8 febbraio

T

Istituto Agrario e Istituto Pacinotti:

accorpamentoin vista?

ccorpamento in vista per l’istituto Agrario De Franceschi e l’altrettanto pistoiese Ipsia Pacinotti? Sembrerebbe di si alme-no stando all’interrogazione rivolta da parte del Capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale Stefano Mugnai alla giunta

toscana.Nella sua interrogazione il consigliere Mugnai rielabora in modo detta-gliato la tempistica di tutta la vicenda ricordando fra l’altro che in un pri-mo momento e cioè nel 2014 la proposta relativa all’accorpamento degli Istituti era quella di salvaguardare la propria autonomia anche in funzione delle loro specificità ed atipicità didattiche sia funzionali che organizza-tive salvo poi cambiare rotta nel novembre 2015 con una proposta di accorpamento dell’Istituto De Franceschi con l’istituto per l’industria e artigianato Pacinotti.“Nella delibera del 27/11/2015 – si legge nell’interrogazione – si afferma di aver consultato gli organismi interessati ma non si farebbe cenno al parere negativo ottenuto da parte dell’IPSAA de Franceschi e neppure minimamente si accennerebbe alla improbabile fattibilità della proposta presentata. “Considerando che l’istituto De Franceschi sta anche attraversando un momento di crescita importante e cioè dai 300 studenti scarsi dell’anno scolastico 2011/2012 che oggi arrivano a quota 457 con un numero di convittori quasi raddoppiato tanto da creare una vera e propria lista di attesa.Anche per questo motivo “gli istituti professionali e tecnici agrari – ri-corda nuovamente il capogruppo Mugnai nella sua interrogazione – do-vrebbero essere riconosciuti autonomi a prescindere dal numero di stu-denti iscritti per la complessità organizzativa che comporta la gestione dei laboratori didattici e dei macchinari oltre che per il forte intreccio di relazioni con il mondo produttivo e le Associazioni di categoria.”A conferma di questo c’è anche un parere del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati datato 15/12/2015 indirizzato fra l’altro anche all’Assessore regionale alla istruzione e formazione, dove si chiede di riconoscere l’autonomia dell’Istituto De Franceschi in deroga al DPR 233/1998 ed al DPR 104/2013, in considerazione dell’indirizzo di studio e della complessa gestione della scuola. Tale lettera ipotizza tuttavia anche una possibile creazione di un “polo agrario” ossia di un’ag-gregazione verticale e per settore fra l’IPSAA de Franceschi e l’Istituto Tecnico Agrario “Anzillotti” di Pescia.

Edoardo Baroncelli

A

l via i lavori al nido d’infanzia il Glicine a San Piero di Agliana. A fine dicembre, infatti, a

seguito di un bando di gara, l’Am-ministrazione comunale di Agliana ha affidato alla ditta Campania Sonda S.r.l. i lavori di adeguamento sismico del Nido. L’intervento sulla struttura terminerà nel giugno del 2016 e l’asilo sarà dunque pronto ad accogliere i bambini per il nuovo anno educativo.

Buone notizie quindi per i genitori dei piccoli ospiti del Nido d’infanzia comunale che potranno tornare nell’edificio di via Curiel dove tutto è pensato per accogliere bimbi da 0 a 3 anni.Il Nido accoglierà di nuovo la se-zione lattanti (0–12 mesi) che non era presente nella sede provvisoria di Piazza Giovanni XXIII e sarà di nuovo attiva anche la moderna ed accessoriata cucina pensata appo-sitamente per preparare il cibo dei

bambini.Con i lavori appena iniziati, la struttura verrà resa non solo resi-stente agli eventi sismici, ma verrà migliorata di molto la possibilità di evacuazione rendendola perciò più sicura anche in caso di altri tipi di calamità.Soddisfazione per l’avvio dei lavori è stata espressa dalla giunta comu-nale con in testa il sindaco Giaco-mo Mangoni.

M. B.

A

na collezione composta da circa 270 pezzi fra strumenti completi e loro accessori, databili tra il

Settecento e i primi decenni del Novecento. È la raccolta dei ferri chirurgici appartenuti all’antica Scuola chiurgica dell’ex ospedale del Ceppo di Pistoia, da alcuni gior-ni riuniti nel «Museo della Sanità Pistoiese. Ferri per curare», allesti-to nell’ex corsia San Jacopo, cuore dell’antico ospedale cittadino.Nella parte storico-monumentale dell’antico complesso ospedaliero si sono infatti da poco concluse le opere di restauro e riorganizzazio-ne degli spazi museali, secondo il progetto presentato dall’Azienda Usl 3 e finanziato attraverso i con-tributi Por Creo Fers 2007-2013 legati ai Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile (Piuss) promos-si dalla Regione Toscana, per i quali l’amministrazione comunale ha rivestito il ruolo di capofila dell’in-tervento.

Il progetto si è articolato in numerosi interventi. Sono state restaurate le facciate esterne e i tetti delle corsie di San Jacopo e

Sant’Atto; è stato recuperato il loggiato monumentale e delle parti ceramiche del «Fregio robbiano» (capolavoro della scultura rinasci-mentale, fra le opere più note ed emblematiche della città e sicuro punto di riferimento del turismo culturale internazionale). Inoltre sono stati realizzati i lavori di re-stauro e riallestimento dell’antica corsia ospedaliera di San Jacopo, già sede dell’Anticamera e dell’Ac-

cademia Medica Filippo Pacini, che dopo un’integrale catalogazione scientifica ha recuperato la ricca collezione storica dei ferri chirur-gici appartenuti alla Scuola medica pistoiese, la cui istituzione si data al 1666 anche se, presumibilmente, già attiva da anni. Dopo il primo di tre «Open-day-al-Ceppo», con visi-te guidate gratuite, che si è svolto pochi giorni fa, altri due sono in programma: il primo questo sabato

Ex OSPEDALE DEL CEPPO

Nasce il Museodella sanità pistoieseCostituisce il primo avamposto del nuovo polo museale e culturale previsto

nell’antico presidio ospedaliero

U

SAN PIERO AGLIANA

Al via i lavori al nidod’infanzia il Glicine

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

9 gennaio e l’altro sabato 23 gen-naio. Il Museo della Sanità Pistoiese. Ferri per curare – è stato spiegato - costituisce il primo avamposto del nuovo polo museale e culturale previsto all’interno dell’edificio

storico del Ceppo che, integran-dosi con la rete museale civica, racconterà la storia della medicina, del Ceppo e, dunque, della città di Pistoia.

Patrizio Ceccarelli

Page 12: e dal 1897 e · 2017-11-21 · 2 primo piano n. 1 10 gennaio 2016 LaVita l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

12 n. 1 10 gennaio 2016 LaVitacomunità e territorio

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

l Pistoia Basket ha chiuso il girone d’an-data al quarto posto in classifica con 20 punti e con la qualificazione alle Final Eight di coppa Italia. Un risultato straor-

dinario, ove si pensi che la squadra quasi tutta nuova e col coach nuovo aveva iniziato la sta-gione come una vera incognita del campionato. Alla prova del campo sono stati spazzati via ogni incertezza, ogni dubbio, ogni timore: la squadra si è rivelata la vera rivelazione del campionato, con risultati eccezionali che l’hanno proiettata in pianta stabile nei primissimi posti della classifica, addirittura per qualche tempo al primo posto. Roba da stropicciarsi gli occhi, da chiedersi se si trattasse di un sogno o di una splendida realtà. La cenerentola d’inizio stagione si è tra-sformata, partita dopo partita, in una leggiadra principessa, facendo infiammare di entusiasmo i suoi fans. A metà campionato, possiamo dire con certezza che la squadra biancorossa è una grande, rispettata e ammirata dagli avversari. Onore a tutti i giocatori e onore a Esposito che ha saputo ricavare da ciascuno il meglio delle proprie qualità e onore ai dirigenti che hanno saputo scegliere quei giocatori e quel coach. La partita che ha chiuso l’andata (timbrata da un punteggio stratosferico, 103-75) è stata anche quella che ha inaugurato il 2016, il che testimo-nia la straordinaria continuità di risultati. Sarà interessante vedere che cosa farà la squadra biancorossa in coppa Italia e soprattutto ai playoff per la conquista dello scudetto. Dopo

quanto ha fatto vedere, c’è da aspettarsi di tutto.

La Pistoiese riprende a giocare oggi, a Pisa, l’ultima partita del girone d’andata. Il campio-nato è andato in vacanza per una ventina di giorni, un periodo troppo lungo che a nostro avviso si farà sentire sulla condizione generale di ogni giocatore. È vero che le squadre, dopo una settimana di riposo, si sono allenate, ma un conto sono gli allenamenti con brevi partite in famiglia e un conto è la gara di campionato, che richiede il massimo sforzo sia fisico che psicologico. Speriamo che a Pisa, contro un avversario forte e che lotta per la promozione in B, la squadra arancione possa offrire un rendimento adeguato all’importanza della gara e alla forza dell’avversario. La Pistoiese si presenta con due giocatori nuovi, l’attaccante Colombo (che proprio nuovo non è, essendo la terza volta che indossa la maglia arancione) e il centrocampista Gargiulo. Colombo ha 36 anni ma è sempre fisicamente integro come ha dimostrato durante gli anni in cui ha giocato nel Tuttocuoio; Gargiulo ha vent’anni e calcisti-camente è nato nell’Empoli, una scuola che sa ‘costruire’ calciatori. I due li ha fortemente voluti mister Alvini, avendoli avuti nel Tuttocuoio. In questo mese di gennaio si svolge il cosiddetto mercato di riparazione: la Pistoiese conta, tra acquisti e cessioni, di ritoccare profondamente la rosa: oltre a Colombo e Gargiulo, prenderà almeno altri due giocatori.

ome ogni anno il Panathlon Club Pistoia Montecatini ha insignito alcuni sportivi nostra-ni distintisi nel 2015, l’anno

che ci siamo appena lasciati alle spalle. La cerimonia di premiazione si è svolta durante la consueta “Festa degli Auguri” al Lidò Le Panteraie di Montecatini Terme. La presidente uscente Silvana Innocenti Giovannini (che questo mese lascerà il prestigioso incarico probabilmente al sin qui unico candidato alla presidenza, l’at-tuale suo vice il montecatinese Giuseppe Tommei) e il governatore dell’Area 6 della Toscana Rinaldo Giovannini (anch’egli in scadenza di mandato nonché marito della signora Innocenti) hanno consegnato il massimo riconoscimento, il Premio Panathlon Sport 2015, ai componenti della squadra under 17 del Pistoia Basket 2000, laure-atasi campione d’Italia di categoria al termine della scorsa stagione agonistica. Il coach della suddet-ta formazione, Cristiano Biagini, si è assicurato con merito anche il Memorial Piero Sala. Il Memorial Giampiero Mariani, per il miglior atleta, è stato vinto da Massimo Mei, campione mondiale di corsa in salita. Il premio quale miglior allenatore, alias Memorial Giovanni Magnani, è stato attribuito a Manuela Bonamici, maestra pesciatina di karate. Il Memorial Adriano Bandini, per il dirigente di società, è stato conferito tra gli applausi al figlio Alberto, presidente dello Sporting Club Tennis Mon-tecatini. Il Memorial Corrado Messeri, per le più interessanti e talentuose promesse, a Niko Nassi della Bocciofila Avis Montecatini, 15enne ormai nel giro azzurro. Per la categoria “dirigenti federali” Memorial Giovanni Giandonati, ecco il premio a Stefano Riccomi (nella foto il secondo da sinistra), delegato regionale toscano della Federazione italiana gioco calcio. Il Memorial Ludovico Di Gioia per gli arbitri è stato dato ad Aldo Calugi. Il Premio Fair Play alla carriera, infine, ha visto protagonista Eugenio Capone, per l’innata serietà professionale dimostrata nel corso della propria lunga trafila e la conquista dei recenti titoli iridati master.

Gianluca Barni

PREMI

Il Panathlon e gli sportivipistoiesi doc del 2015

C I

spor t pistoiese

is.Attiva è una pa-rola composta dal segno di un punto a fine di una ab-

breviazione che diventa al tempo stesso un anello di congiunzione tra due parole disabilità e attiva. Veramente una bella idea per dare un nome ad una associazione. La filosofia del gruppo di soci che la compongono, ma soprattutto l’obiettivo che si sono posti, è quello di suppor-tare la persona disabile nella conoscenza dei propri diritti senza focalizzare la propria attenzione sulla patologia, ma su ciò che deve essere riconosciuto come elemento fondamentale per la persona disabile e farla diventare cittadino a tutti gli effetti. Molti di coloro che hanno una disabilità non sanno che ci sono degli sgravi fiscali sull’acquisto di un’autovettura, sul bollo dell’auto, che sono previsti aiuti economici per le spese di eliminazione delle barriere architettoniche, per assistenza personale e tante altre agevolazioni. A volte il disabile, proprio in virtù della non conoscenza, mantiene un atteggiamento arrendevole, questa associazione nata ap-

pena un anno fa e che conta un gruppo di lavoro di una de-cina di persone (per ora i soci sono una quindicina), vuole essere un punto di riferimento importante sul territorio per tutti coloro che non vogliono essere discriminati rispetto alla propria diversità. E tutto questo in una società che spesso penalizza il diverso. L’associazione spesso si con-fronta con le Istituzioni, altre associazioni e con chiunque sia necessario avere un dialo-go costruttivo a favore di co-loro che hanno una disabilità. Di fronte a me c’è Emanuela Teresa Mastrandrea presi-dente dell’associazione con la sua vice Liliana Tolu (che tutti chiamano Lilly), il consigliere Roberto Capobianco e due socie Piera Nicosia e Baria Le-tizia. Mentre parlano si vede che credono molto in quello che fanno, sono determinati nel portare avanti le loro “bat-taglie”, i loro progetti. “Prima di iniziare a pensare ai progetti abbiamo studiato molto, ab-biamo passato diversi mesi ad approfondire le varie leggi. Per far valere i propri diritti dob-biamo conoscerli e questo non è per niente facile” afferma Lilly. “Dopo lo studio qualche

progetto lo stiamo già speri-mentando -continua- stiamo promuovendo e organizzando vere e proprie iniziative spor-tive, io per esempio pratico la scherma e fra noi c’è chi, pur essendo non vedente, gioca al calcetto o chi, nonostante si aiuti col deambulatore, ha partecipato alla Pistoia-Abe-tone” Poi mi guarda e seria dice “Ci si può muovere anche stando fermi”. La presidente Mastrandrea e il consigliere Capobianco mi spiegano che uno dei nodi da sciogliere è quello di farsi conoscere, della cosiddetta visibilità “Abbiamo poca visibilità, una carenza che potremmo sanare con un nostro sito web. Per costruirlo ci vogliono tempo e risorse, ma siamo sicuri che riusci-remo anche in questo” Lo dicono seriamente ma dai loro occhi traspare un sorriso, non c’è alcun dubbio che, coloro che hanno fondato Dis.Attiva, riusciranno anche in questo.

Chi fosse interessato a diventare socio o a sostenere finanziariamente l’associazio-ne può prendere contatti con: associazione Dis. Attiva - via dei Cancellieri 30 - Pistoia

e-mail: [email protected] cell.: 3297638607

D

ASSOCIAZIONE DIS.ATTIVA - DISABILITA’ ATTIVA

Essere cittadinia tutti gli effetti

di Alessandro Orlando

PRUNETTA

Concertodi musica classica

L’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, nella chiesa di San Basilio, si è svolto un concerto di musica classica. Si sono esibiti Eleonora Ducceschi e Matteo Ducci suonando il clarinetto. Riccardo Benelli, direttore delle musiche, ha suonato pianoforte e clarinetto. Sono state eseguite musiche di: W.A. Mozart, C.Franch, M. Mascagni. Riccardo Benelli si è esibito in tante parti del mondo, alla presenza di personaggi della politica, arte, cultura.

La chiesa di Prunetta, deditaca a San Basilio Magno, si è pre-sentata agli intervenuti allo spettacolo in tutto il suo splendore. Una caratteristica di questo luogo del culto, sono le 14 formelle (Via Crucis),che in ogni stazione portano l’effige di personaggi del paese. La Passione e la morte di Gesù furono affrescate dal pittore Leonetto Tintori di Figline di Prato nel 1939.

Giorgio Ducceschi

All’inizio dell’anno pare significativo poter riflettere appieno anche su tre notizie recentemente emerse in pubblici contesti, promossi nel mondo del verde (e non solo):

1) un gruppo autorevole, sempre in crescita, di operatori economici e sociali, unitamente a rappresentanti di enti locali; candida “capofila” il settore del vivaismo ornamentale (parte di questo) a coordinare iniziative promozionali tese ad elevare l’attenzione internazionale sulle potenziali risorse territoriali pistoiesi e zone limitrofe; in termini di beni culturali, arti-stici, paesaggistici (il verde è vita!), turistici, termali, realtà splendide di colline e montagne che circoscrivano le fertilissime vallate dell’Ombrone e della Nievole, etc.

2) un’altra buona notizia alla fine del difficile 2015 è quella venuta alla ribalta dalla recente assemblea dell’Asso-ciazione vivaisti pistoiesi, i cui soci unanimamente hanno de-liberato la trasformazione della ragione sociale; sostituendo la parola “pistoiesi” con quella di “italiani”, adeguandosi così a richieste di vari qualificati vivaisti di piante ornamentali da esterno, di cui nel Distretto rurale vivaistico pistoiese se ne producono addirittura 1/3 di quelle nazionali e di eccellente qualità. Evitando così eventuali strategie conflittuali con i pro-

duttori di fiori recisi o piante da interno; tipologie florovivaistiche completamente diverse a quelle tipiche di Pistoia, dove dovrebbe rimanere la testa del settore; senza sprechi di risorse umane e finanziarie.

3) L’ultima notizia “verde” viene dall’Associazione inter-nazionale produttori del verde “Moreno Vannucci” già Centro cooperativo pistoiese, sodalizio antisignano del movimento as-sociativo non-profit; dove i tempi sono ritenuti ideali per cambiare la tipologia dell’attività dell’Asso-ciazione “Moreno Vannucci”, con quella di un Comitato (perma-nente) internazionale produttori del verde “Moreno Vannucci”, co-stituito da 15 saggi, fra operatori

ed eminenti ricercatori, toscani e di vari paesi Ue.

Renzo Benesperi

L’Abete Bianco dell’Appennino Pistoiese, issato a cura di Vannino Vannucci nel piazzale della Far-nesina al Ministero degli Esteri, in segno di pace nel mondo

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Notizie verdi

Page 13: e dal 1897 e · 2017-11-21 · 2 primo piano n. 1 10 gennaio 2016 LaVita l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

1310 gennaio 2016 n. 1VitaLa dall’ItaliaSANA LAICITà

Gli italiani a fiancodi Mattarella nella cura

della Repubblica

entre il presidente della Repubblica Ser-gio Mattarella parlava per la prima volta

agli italiani dagli schermi televisivi, ci incalzavano le parole del Papa pronunciate poche ore prima nella Basilica di San Pietro: “Il bene vince sempre, anche se in qualche mo-mento può apparire più debole e nascosto”. Francesco ha confessato la sua certezza che affonda le radici nella fede cristiana, ma che nella storia dell’umanità ha trovato pun-tualmente conferma, pur pagando talvolta prezzi altissimi sull’altare del-la violenza, degli egoismi e della follia del potere. Se il corso della storia dell’uomo, pur fra mille cadute e cur-ve pericolose, non fosse stato questo, oggi non saremmo qui a parlarne e a scriverne. Il male avrebbe fatto il suo sporco lavoro e oggi non potremmo continuare a sperare di costruire un mondo più giusto per tutti.

Ecco… ecco perché le parole del Presidente ci rimandavano a quelle di Francesco.

Sì, nelle parole di Mattarella, vo-lutamente semplici perché potessero raggiungere dalla Casa degli italiani (il

M

Il Capo dello Stato nel suo primo messaggio di fine anno agli italiani ha deciso di non parlare in politichese,

di non occuparsi del Palazzo e delle sue logiche di potere,di non lanciare messaggi palesi o sibillini alle forze

politiche o alle altre cariche dello Stato.Piuttosto, per il suo discorso ha scelto un taglio sociale.

Meglio, antropologicodi Domenico Delle Foglie

ta cambiando qualcosa, tra l’Italia e la prima della clas-se in Europa, la Germania. Ci sono varie ragioni – molte

delle quali economiche – che stanno spingendo la politica italiana (e in particolare il presidente del Consiglio Matteo Renzi) a usare toni diversi con i cugini teutonici, e in particolare con la cancelliera Merkel. Toni più arrabbiati, più recriminatori, più pe-rentori. Diciamo che la crisi di alcuni istituti bancari italiani è la goccia che rischia di far traboccare il vaso. Da Nord non ci è consentito un sal-vataggio pilotato dallo Stato italiano, mentre i tedeschi hanno salvato decine di loro istituti bancari senza che nessuno movesse un rilievo. O che questo rilievo fosse ascoltato. Così qui si sono applicate regole draconiane, evitate ai risparmiatori tedeschi (ma non a quelli ciprioti o greci…). Non è solo un braccio di ferro vinto dai più forti. I tedeschi credono che le proprie banche siano state salvate con i loro soldi, mentre quelli dei Paesi-canaglia verrebbero salvate sempre dai… loro soldi. Per loro, l’Italia indebitatissima non ha margini di manovra se non accen-dendo altri debiti. E non credono

S ECONOMIA

Il duello Renzi-MerkelDietro le proteste (ad alta voce) del premier italiano contro la Germania

di Nicola Salvagnin

molto agli sforzi risanatori dei nostri governi. Se Merkel finge di darci fiducia, chi comanda veramente – il ministro delle finanze Schauble e la Bundesbank – è su posizioni forte-mente e chiaramente scettiche. E a Berlino la “misura anti-terrorismo” del bonus renziano di 500 euro per mandare i diciottenni a teatro, è parsa tutto meno che una misura anti-terrorismo. La questione è che, per salvare i vari Paesi europei negli anni scorsi dal default, l’Italia ha speso quasi 60 miliardi di euro, che certo non hanno alleggerito il debito pubblico. E sappiamo tutti che quelle misure pro-Grecia, Portogallo, Irlanda hanno aiutato moltissimo il sistema bancario tedesco, fortemente espo-sto in quei Paesi. E il tentativo di creare anche qui quella bad bank nella quale far confluire i crediti deteriorati delle banche italiane,

così come hanno già fatto altri Paesi europei, è stato bloccato proprio dal mondo teutonico. E un altro fronte s’è aperto con clamorose e chiarissi-me parole del premier Renzi: mentre l’Europa eteroguidata da Berlino sta alla chetichella promuovendo il rad-doppio del gasdotto che dalla Russia raggiunge la Germania via Baltico, la stessa Europa sta mettendo una pietra tombale sopra il progetto SouthStream che porterebbe sempre il metano russo in Europa, ma via Balcani e Italia. Insomma il discorso è semplice, chiarissimo: cara Berlino, ha detto Renzi, non stai facendo gli interessi dell’Europa intera, ma solo i tuoi alle spalle dell’Europa intera. E un po’ di verità, se non molta, c’è in queste parole. Almeno si sta dissolvendo la finzione del “volemo-se bene” tutti, per far emergere la verità di sempre: ognuno tende a

tirare l’acqua al suo mulino. Allora in un simile scenario la Germania rimane forte se ha a che fare con tanti singoli Stati deboli e disuniti; diventa meno imperiosa se si ritrova ad essere notevolmente isolata come sta accadendo in questi ultimi mesi, con Paesi scontenti per la politica economica imposta da Berlino, e altri (quelli dell’Europa dell’Est, Polonia in primis) insoddisfatti per le inesistenti politiche migratorie e per l’atteggia-mento ambiguo che i tedeschi tengo-no con la temutissima Russia. Unico, reale problema: la politica tedesca sta reagendo con un arrocco ancora maggiore. Dentro la Cdu governativa (e all’alleato socialdemocratico) sono in molti a volere il falco Schauble al cancellierato, al posto della troppo duttile Merkel. Attenzione, il 2016 non sarà un anno qualsiasi, per l’Eu-ropa unita.

ed educhiamo i nostri figli, noi che il lavoro non ce l’abbiamo ma siamo pronti a rimboccarci le maniche, noi che viviamo al Sud e soffriamo per-ché non abbiamo le stesse condizioni di vita dei nostri cugini del Nord, noi che siamo giovani e un lavoro ce lo sogniamo, noi che siamo donne e dobbiamo sopportarne tante-troppe nel lavoro e in famiglia, noi che abbiamo un handicap e dobbiamo strappare la vita a morsi… Ecco, noi tutti abbiamo la certezza di avere un amico che vive nella Casa degli italiani. Un uomo di Stato che per l’ul-timo dell’anno decide di non parlare in politichese, di non occuparsi del Palazzo e delle sue logiche di potere, di non lanciare messaggi palesi o si-billini alle forze politiche o alle altre cariche dello Stato. Piuttosto, sceglie per il suo discorso un taglio sociale. Meglio, antropologico.

Un ragionamento, quello del Capo dello Stato, che non tradisce la laicità, ma sa cogliere nel magistero di Francesco quello che serve al Paese.

Il suo, dice in riferimento al Giubileo della misericordia, “è un messaggio forte che invita alla convivenza paci-fica e alla difesa della dignità di ogni persona. Con una espressione laica potremmo tradurre quel messaggio in comprensione reciproca, un at-teggiamento che spero si diffonda molto nel nostro vivere insieme”. Ecco una piccola lezione di sana laicità che sa cogliere nella volontà dell’uomo di fede una predisposizio-ne che se venisse condivisa da tutti i cittadini, porrebbe le premesse ad una convivenza non solo pacifica, ma costruttiva.

Poi, non so a voi, ma a noi sta proprio simpatico un Presidente della Repubblica che prima di ac-comiatarsi fa “un augurio speciale a tutti i bambini nati nel 2015: hanno portato gioia nelle loro famiglie e recano speranza per il futuro della nostra Italia”.

Ben detto, signor Presidente. Le assicuriamo che saremo al suo fianco nel prenderci cura della Repubblica.

Quirinale) tutte le case degli italiani, c’era un filo rosso ben riconoscibile: la speranza.

E la speranza è la virtù di chi crede che il male non può vincere la partita della vita. Una partita che l’Italia e gli italiani possono ancora vincere perché hanno tutte le car-te in regole. Purché si marci tutti insieme nella stessa direzione e la si smetta di crogiolarsi nei nostri difetti nazionali (“scarso senso ci-vico, particolarismo, individualismo accentuato”) e si abbia la capacità di confermare con i nostri gesti le virtù che il mondo intero ci rico-nosce (“genio, bellezza, buon gusto, inventiva, creatività”).

Gli italiani per-bene, di sicuro la maggioranza assoluta, giorno dopo giorno, devono fare i conti con gli scandali, le tangenti, la corruzione, l’infedeltà, la mancanza di traspa-renza degli italiani per-male. Nessun gruppo, comunità, società, nazione può sopportare troppo a lungo il peso del male, soprattutto se orga-nizzato. Noi cittadini che ogni giorno ci guadagniamo da vivere, noi che paghiamo le tasse, noi che facciamo il nostro dovere, noi che cresciamo

RIFORME

Passa dal Referendum la TerzaRepubblicaprossima ventura

di Francesco Bonini

Checco Zalone, record ai botteghini con la sua spensierata commedia, canta che “la Prima Repubblica non si scorda mai”. Quest’anno potrebbe però davvero andare in soffitta.In effetti il combinato disposto della riforma elettorale (che entrerà in vigore a luglio) e della riforma costituzionale (con la differenziazione delle Camere), che Renzi ha annunciato andrà a refe-rendum in autunno, sembra compiere il processo iniziato nel 1993 con il referendum elettorale che ha segnato al fine della Repubblica proporzionale e l’introduzione di un sistema pre-sidenziale per i Comuni, le Province (ora abolite) e le Regioni. Mancava, a completare il disegno di una Seconda Repubblica, quello che allora Segni e Occhetto, il primo promotore, il secondo vero gestore politico del processo di riforme, chiamavano il “sindaco d’Italia”, ovvero l’elezione diretta del presidente del consiglio. Questo non avvenne per l’eterogenesi del fini rappresentata dall’irrompere di Berlusconi, e la con-seguente iniziativa dei comitati per la difesa della costituzione di dossettiana ispirazione.Anche oggi la riforma costituzionale non si spinge a modificare in termini espliciti la forma di governo: vi provvede però, più sommessamente, ma non meno efficacemente, la nuova legge elettorale.Renzi, già a fine anno, non ha esitato a intestarsi il referendum, di fatto trasformandolo in un appuntamento di legittimazione personale, in un “plebiscito”, come subito si è detto. Ci sono intere biblioteche sul punto, sulla cosiddetta “democrazia plebiscitaria”, in particolare sull’esperienza del generale de Gaulle e del suo ultimo referendum costituzionale, nel 1969, guarda caso proprio sul Senato e le regioni, che portò il presidente francese, sconfitto, alle dimissioni.Il punto è innanzi tutto politico, cioè la scommessa del presidente del consiglio di avere una diretta legittimazione per-sonale, per arrivare all’appuntamento delle politiche con la proposta di una nuova articolazione del sistema politico italiano, intorno ad un partito predomi-nante, con due opposizioni non legitti-mate a governare, proprio perché “la Prima Repubblica non si scorda mai”.Dirà il dibattito dei prossimi mesi se il riflesso anti-plebiscitario, indirizzato vent’anni fa contro Berlusconi e il ber-lusconismo, prevarrà sulla spinta del nuovo e del fare. Rispetto a vent’anni fa in ogni caso quella che è stata definita, in gergo politologico, l’europeificazione del processo di produzione delle politi-che pubbliche, ha fortemente svalutato il ruolo dei governi nazionali e dei par-lamenti. Così da rendere in ogni caso urgente e non rinviabile un dibattito serio, franco e pacato sulla qualità e le prospettive della democrazia e della partecipazione nell’Italia europea, che finora è mancato. Senza indulgere alle semplificazioni e agli interessi a breve sarà il modo migliore per accompagnare con maturità un passaggio in ogni caso cruciale.

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14 n. 1 10 gennaio 2016 LaVitaal grande carcere ro-mano di Rebibbia – che nelle sue quattro sezioni ospita oltre 2200 dete-

nuti – a penitenziari meno conosciuti come quello di Castrovillari o di Avellino: quasi tutti hanno aperto o apriranno nei prossimi giorni le loro Porte Sante, decorate con fiori, a volte con materiali di scarto rici-clati e dipinti realizzati dai detenuti stessi. Perfino le zampogne sono entrate tra le mura del carcere, come avvenuto a Cassino. Tra i primi a celebrare con grande solennità l’apertura del Giubileo l’8 dicembre proprio il carcere di Rebibbia, che annuncia numerose iniziative pub-bliche con i detenuti, e poi anche con gli operatori, dalla primavera 2016: un pellegrinaggio a San Pietro o al Santuario del Divino amore o all’ostello Caritas; una serata di preghiera del Rosario in piazza San Pietro; celebrazioni con le famiglie. Con una novità mai accaduta prima: dopo Natale i detenuti potranno sostare da soli in preghiera nelle cappelle del carcere. Anche lo sto-rico istituto romano di Regina Coeli, a via della Lungara, ha in programma diversi eventi e catechesi mirate e aprirà la Porta Santa subito dopo le festività natalizie.

Porte Sante sono già state aper-te dai rispettivi vescovi nei peni-tenziari di Modena, Venezia, Milano, Castrovillari, Avellino, Salerno, Velle-tri, Cassino, Rieti, Monza e Padova.

Papa Francesco, nella bolla di indizione del Giubileo della Miseri-cordia, aveva invitato a considerare l’ingresso della propria cella come

dall’italiaMISERICORDIA

Quando la cellaè una Porta Santa

D

Dal grande carcere romano di Rebibbia alla più piccola casa circondariale, in Italia tutti gli istituti penitenziari,

con i loro cappellani, si stanno attrezzando per vivereal meglio l’Anno della Misericordia.

Si moltiplicano catechesi, eventi e iniziative speciali.Il cammino di conversione è appena iniziato

di Patrizia Caiffa

arcere con porte aperteIn un periodo in cui l’incer-tezza, la conflittualità so-ciale e la sfiducia regnano

incontrastate nelle nostre vite, l’Anno santo rappresenta un’occasione di rinnovamento che ci spinge a riflettere su come sia ancora possibile usare parole come misericordia, perdono, amore con riferimento al nostro stile di vita. In particolare, uno degli ambiti rispetto ai quali la risposta a tali inter-rogativi può contribuire ad accrescere la nostra consapevolezza innescando processi di maturazione sul fronte istituzionale, nel segno dell’inclusio-ne, è rappresentato dal tema della giustizia. L’occasione per tale impe-gnativa riflessione pare offerta proprio dall’esortazione che Papa Francesco ha rivolto, nel suo Messaggio per la giornata mondiale della Pace 2016, agli Stati affinché assumano “gesti concreti, atti di coraggio nei confronti delle persone più fragili delle loro società, come i prigionieri, i migranti, i disoccupati e i malati”. In particolare, il Santo Padre ha rivolto un pensiero ai detenuti, dapprima, esortando le istitu-zioni ad adottare misure concrete per il miglioramento delle loro condizioni di vita e a far sì che le sanzioni pe-nali risultino effettivamente ispirate a finalità rieducative e, successivamente, rinnovando l’appello per l’abolizione della pena di morte e a considerare la possibilità di un’amnistia. Quello di Francesco è, invero,l’auspicio a che il perdono non resti confinato solo nella sfera privata ma raggiunga una dimensione isti-tuzionale tale da creare rapporti di convivenza armoniosa.Un appello in piena sintonia con quelli espressi dai suoi predecessori su que-sto tema ma che, in occasione dell’an-

C GIUBILEO & AMNISTIA

Una giustizia più umanarichiede l’apertura

alla cultura del perdonoNel suo Messaggio per la giornata mondiale della Pace, Papa Francesco ha esortato le

istituzioni ad adottare misure concrete per il miglioramento delle loro condizioni di vita e a far sì che le sanzioni penali risultino effettivamente ispirate a finalità

rieducative e ha rinnovato l’appello per l’abolizione della pena di morte e ha consideratola possibilità di un’amnistia. Una spinta alla dimensione istituzionale del perdono

Fabio G. Angelini

no santo dedicato alla Misericordia, assume evidentemente una valenza speciale per ciascuno di noi. L’essere l’uomo a immagine e somiglianza di Dio – principio questo da cui discende la visione integrale della persona e dello sviluppo umano espressa dal magistero sociale della Chiesa e ri-chiamata con forza sia nell’Evangelii Gaudium che nell’enciclica Laudato Si’ – implica, infatti, la necessità di abbandonare qualsiasi visione della giustizia in termini di mera reciprocità, tipica della visione contrattualistica o retribuzionistica, per abbracciare un significato autenticamente umano, aperto al perdono. Nella visione cri-stiana esso “non elimina, né sminuisce l’esigenza della correzione, propria del-la giustizia, e non prescinde neppure dal bisogno di conversione personale” (Francesco, 30 maggio 2014). Contra-riamente alla logica contrattualistica, il perdono permette però di andare oltre, cercando di ristabilire i rapporti e di reintegrare le persone nella società. Secondo l’insegnamento di Giovanni

Paolo II, infatti, “la giustizia non si limita a stabilire ciò che è retto tra le parti in conflitto, ma mira soprattutto a ri-pristinare relazioni autentiche con Dio, con se stessi, con gli altri. Non sussiste, pertanto, alcuna contraddizione fra perdono e giustizia. Il perdono, infatti, […] punta a reintegrare sia le persone e i gruppi nella società, sia gli Stati nella comunità delle Nazioni. Nessuna punizione può mortificare l’inalienabile dignità umana di chi ha compiuto il male. La porta verso il pentimento e la riabilitazione deve restare sempre aperta” (Messaggio per la giornata mondiale della Pace 1997).L’odierno appello di Francesco a valutare la possibilità di concedere un’amnistia nel segno del Giubileo del-la Misericordia, non deve perciò inten-dersi come una resa nei confronti del male, bensì come un segnale di fiducia nell’uomo: una chiara manifestazione di sensibilità tesa a stimolare l’impegno dei detenuti a un personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società.

Si tratta di un altro tassello della grande sfida lanciata da questo pon-tificato, “affinché le misure adottate contro il male non si accontentino di reprimere, dissuadere e isolare quanti lo hanno causato, ma li aiutino anche a riflettere, a percorrere i sentieri del bene, a essere persone autentiche che, lontano dalle proprie miserie, diventino esse stesse misericordiose” (Francesco, cit.). Secondo l’insegnamento della dot-trina sociale della Chiesa, dunque,ssa deve tradursi in sistemi penali ispirati al rispetto della dignità umana, da intendersi sia quale limite all’arbitra-rietà e agli eccessi dei pubblici poteri, sia come criterio di orientamento per il perseguimento e la repressione di quelle condotte che rappresentano attacchi alla dignità e all’integrità della persona umana. È su questo fronte che, per usare l’espressione di Francesco, sta “la differenza tra una società includente e una escludente, che non mette al centro la persona umana e prescinde dagli avanzi che non le servono più” (ult. cit.).

dei simboli su ogni cella e hanno pregato. Si sono svolte processioni e preghiere, celebrazioni dell’Euca-restia”. “C’è stata una bella risposta da parte dei detenuti – osserva -. I continui riferimenti di Papa France-sco al mondo del carcere, compreso l’ultimo accenno all’amnistia nel Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, stanno dando un respiro di speranza a chi vive tra queste mura, facendo capire che Dio non abbandona nessuno”. Dalle lettere che i detenuti hanno inviato al Papa, ad esempio, traspare “grande grati-tudine e la percezione dell’incontro con un Dio che non vuol giudicare ma incontrare”. “Bisogna far lavorare Dio in profondità nel cuore dell’uo-mo – dice -. Penso che alcuni po-tranno fare grandi cambiamenti. Papa Francesco sta facendo riavvicinare molte persone”. Senza dire nomi e cognomi riferisce di molti detenuti che gli confessano la loro intenzione di riavvicinarsi alla fede e cambiare vita: “L’incontro con Dio è qualcosa di molto personale. È normale che si tenga al segreto se il proprio cuore si sta aprendo”.

A Regina Coeli si aprirà nel 2016. A via della Lungara a Roma, la Porta Santa dell’antico carcere di Regina

una Porta Santa, simbolica chiamata alla conversione. Cosa sta accadendo nelle carceri italiane?

ogNi carcere scegliecoMe celeBrareil giuBileo

“Ogni carcere ha scelto propri

segni e modi espressivi per rendere visibile l’evento”, spiega don Virgilio Balducchi, ispettore capo dei cap-pellani penitenziari, che ha aperto la Porta Santa al carcere femminile di San Vittore, a Milano: “Qualcuno considera la porta della cappella come Porta Santa, altri hanno messo

Coeli, che accoglie circa 1000 de-tenuti, sarà aperta ufficialmente nel 2016. Nella grande rotonda saranno posti dei cartelloni per illustrare i temi dell’Anno Santo e i detenuti che decideranno di partecipare saranno preparati con una approfondita catechesi. Intanto l’associazione di volontari Vo.re.co ha inaugurato in questi giorni un piccolo ambulatorio di strada davanti al carcere, che aiu-terà chiunque. In questa sede aprirà anche un “angolo del pellegrino”, con un caffè caldo per chi passa. La scorsa settimana, nella seconda rotonda, si è svolta una piccola cerimonia per benedire una statua della Madonna restaurata dai detenuti. Ogni dome-nica vengono letti i testi del Papa che parlano del carcere. Ogni settore ha sacerdoti volontari che si occupano delle confessioni, per raggiungere più persone possibili. “Stiamo attrez-zando una cappella per il Giubileo e stilando un programma di iniziative con tutti i settori – racconta padre Vittorio Trani, cappellano di Regina Coeli da oltre 35 anni – . Abbiamo due èquipe di catechisti”. Sul tema misericordia e possibili conversioni padre Trani osserva:

“Il percorso della fede è perso-nale e delicato, bisogna prendere le persone per mano e accompagnarle in questo cammino. La figura e la vicinanza del Papa è sicuramente trainante per persone che vivono una esperienza di emarginazione”.

A Rebibbia tante iniziative e novi-tà. Nelle quattro carceri di Rebibbia il Giubileo è stato aperto in giorni diversi, a partire dall’8 dicembre, per permettere a tutti i cappellani di celebrare insieme. “Siamo appena all’inizio ma stiamo cercando di far capire il senso del Giubileo. È ancora presto per verificare se sia sentito o meno, ma siamo partiti alla grande e vogliamo continuare a fare altri gesti significativi”. Così don Sandro Spria-no, cappellano di Rebibbia che svolge il suo servizio in carcere da 25 anni. “Abbiamo addobbato decorosamen-te le porte delle cappelle e coinvolto tutti i detenuti – racconta -. Siamo partiti in processione dai vari reparti per raggiungere tutti insieme la porta della chiesa. Poi abbiamo celebrato l’Eucarestia. C’era un’atmosfera di grande silenzio e raccoglimento”. Il percorso giubilare è già iniziato con le catechesi e con una grande novità: dopo Natale sarà permesso ai detenuti, in alcuni orari e giorni della settimana, di recarsi liberamente in chiesa per una preghiera spontanea o per una adorazione eucaristica. “Di solito si va insieme, vengono stilati degli elenchi. Ovviamente ci saremo anche noi per aiutarli a riflettere”, spiega don Spriano, che ha intenzione di focalizzare molto l’attenzione sulla richiesta di amnistia o di un altro gesto di clemenza, come auspicato da Papa Francesco.

“Il passaggio di uscire dalla porta della cella ed entrare in quella di Cri-sto non è immediato. Però in carcere c’è il tempo per pensarci e la voglia, in molti casi, di riscattarsi”.

Don Spriano incontra spesso alcuni capi mafia, ogni domenica celebrano l’Eucarestia. Con loro il percorso di conversione “deve partire da molto lontano – afferma -. Ricorderò sempre un grande capo mafia che mi disse: ‘don Sandro è la prima volta che mi fa pensare che un omicidio fatto a fin di bene è comunque un male’”.

Page 15: e dal 1897 e · 2017-11-21 · 2 primo piano n. 1 10 gennaio 2016 LaVita l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

1510 gennaio 2016 n. 1VitaLa

NucleareBoliviaNoIl presidente boliviano Evo Mo-rales ha in animo di realizzare il progetto, già annunciato nel 2014, per la costruzione di un centro di ricerca nucleare, il più grande dell’area sudamericana. Il piano di edificazione sarà certamente attuato dalla compagnia russa Rosatom, e la previsione di inve-stimento è quantificata in trecento milioni di dollari in quattro anni. Si tratta di energia atomica a fini civili, materia che gode del soste-gno dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e dell’Onu. Da impiantare in Bolivia, il sito disporrà di un ciclotrone e di una radiofarmacia, e sarà dotato di un impianto multifunzionale di irradiazioni gamma e di un reattore nucleare per la ricerca, elementi che verranno impiegati per potenziare la ricerca sulla salute, per l’agroalimentare e per questioni idriche, oltre che per contrastare l’inquinamento causato dalle attività minerarie.

sud-est asiaticoNel vertice di Kuala Lumpur i componenti l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean, fondata nel 1967) hanno istituito la comunità economica Asean (Aec), entità la cui creazione (31 dicembre 2015) ha lo scopo di competere con Cina e India. È una comunità economica unifi-cata, oltre che un’organizzazione politica e culturale, che raccoglie una regione geografica ben più vasta dell’Unione europea o del Nord-America. L’Aec è già realtà in taluni elementi fondanti, quali la rimozione delle barriere tariffarie e delle restrizioni sui visti, ed ha ancora molto da costruire per divenire un gigante economico. Kuala Lumpur è la capitale della federazione malese, cui fanno capo tre territori federali della Malesia ed una enclave nello stato di Selangor. Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore Thailandia, Brunei, Vietnam, Laos, Birmama e Cambogia formano l’Asean.

carri arMati d’israeleLe Forze di difesa israeliane (Idi) stanno trasformando i carri armati da combattimento Merkava Mk2 in mezzi blindati per il trasporto truppe (Apc). Il prototipo del cin-golato costituisce un modello che aggiorna il parco Apc formato da migliaia di M113 in servizio dagli anni settanta. I nuovo blindati sono mezzi utili al trasporto truppe, adatti al supporto logistico in aree di combattimento ed impiegabili per le operazioni di evacuazione feriti. L’M113 non è più adeguato come mezzo operativo in zone, come la Striscia di Gaza e il Liba-no, dove il rischio è rappresentato da missili perforanti in grado di danneggiare pesantemente la corazza da 35 millimetri dei vecchi blindati statunitensi. La conversione di mezzi bellici in altri che risultino rimodernati risponde a necessità vitale per un paese che da quando è nato, nel 1948, è costretto a vigilare in armi.

Dal mondo

dall’estero

on l’esecuzione, sabato 2 gennaio, del dignitario sciita Sheikh Nimr al-Ni-

mr, la lunga storia dello scon-tro politico e religioso, tra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita, si arricchisce di un nuovo capitolo. Nimr al-Nimr, giustiziato insieme ad altri 46 “terroristi e sediziosi”, era un noto sostenitore della “pri-mavera araba” scoppiata nel 2011 nella regione orientale, a maggioranza sciita, del regno saudita, repressa con la violen-za e con centinaia di arresti. I capi di accusa contestati al dignitario sciita andavano dai “rapporti con gli stranieri”, alla disobbedienza al governo e passando per l’uso di armi contro le forze di sicurezza. Accuse rigettate in toto dai sostenitori di Nimr al-Nimr che hanno sempre visto in lui la voce contro le discrimina-zioni e l’ostracismo politico e religioso della maggioranza sunnita saudita nei confronti della minoranza sciita, il 15%

C

L’esecuzione,decretata dall’Arabia

Saudita, deldignitario sciita

Sheikh Nimral-Nimr, ha riacceso

lo scontro settario tra sciiti e sunniti.

Una frattura religiosacon risvolti politici e

militari che coinvolge tutto il Medio Orientee i Paesi del Golfo e

che mette a rischio gli sforzi diplomatici per

trovare unasoluzione alla guerra

in Siria e Yemendi Daniele Rocchi

nquinamento, targhe alterne, immondizia per le strade, alta pres-sione meteorologica

caratterizzano le nostre prime giornate invernali. L’Italia pas-sa anche un Natale a secco, perché pare proprio che sul bacino del Mediterraneo non voglia piovere. Il cambiamento ambientale c’interroga. L’Istat ha prodotto un report sulle preoccupazioni e sui com-portamenti dei cittadini in campo ambientale. Secondo una stima i cinque problemi principali che catalizzano l’attenzione sono l’inquina-mento dell’aria (50%), la pro-duzione e lo smaltimento dei rifiuti (47,3%), i cambiamenti climatici (41,7%), l’inquina-mento delle acque (37,7%), l’effetto serra (33,3%). L’im-

I Il creato ci interessaServe anche una sensibilità personale per contrastare

un fenomeno globaledi Andrea Casavecchia

patto sull’ambiente e sulla salvaguardia del creato sono un rischio concreto, hanno di-mensioni globali e implicazioni locali. Servono dunque azioni strategiche complesse che coin-volgano sia attori internazionali sia singoli cittadini per rag-giungere l’obiettivo di ridurre i pericoli. Ora qualcosa si muove. Dopo la Conferenza sul Clima di Parigi, Cop21, 195 Stati hanno siglato un accordo per limitare il riscaldamento globa-le. Si tratta di un patto fragile, sostengono molti critici, perché

non è strettamente vincolante e trascura la questione della de-carbonizzazione. Tuttavia, l’accordo è un primo passo importante: perché è stato ammesso da tutti i partecipanti il pericolo del surriscaldamento del pianeta; perché si è parlato di responsabilità differenziata, ad esempio tra i Paesi più o meno sviluppati economica-mente; perché è stato istituito un “fondo verde”, che però, come commenta “Aggiorna-menti sociali” in un suo numero dedicato all’evento, dovrebbe

essere gestito con trasparenza in modo da sostenere le comu-nità deboli e per promuovere sviluppo sociale e ambienta-le. Serve anche una sensibilità personale per contrastare un fenomeno globale, per almeno due ragioni: innanzitutto lo stile di vita e di consumo dei cittadini ha un forte impatto sull’ambiente; poi le decisioni e le sensibilità dei singoli, quando fanno massa critica, hanno influenza sulle politiche e sulle decisioni economiche. L’Istat, al riguardo, evidenzia che i

di una popolazione di più di 27 milioni di persone.

fratelli coltelli

La dottrina wahhabita se-guita dai sauditi sunniti, infatti, vede negli sciiti dei veri e pro-pri eretici, degli apostati, rei di considerare, dopo la morte di Maometto, califfo legittimo il genero del profeta, Ali ibn Abi Talib, piuttosto che Abu Bakr, compagno di Maometto e importante studioso islamico. Dure le reazioni all’uccisione di Al Nimr nel mondo sciita: nella capitale iraniana l’amba-sciata saudita è stata data alle fiamme. Secca la condanna della Guida suprema iraniana Ali Khamenei: “senza dubbio l’illegittimo spargimento di sangue di questo martire inno-cente avrà un effetto rapido e la vendetta divina si abbatterà sui politici sauditi”.

Mentre Riad ha interrot-to i rapporti con Teheran e invitato i diplomatici iraniani ad allontanarsi dal Paese, da

Bahrein e Emirati Arabi Uniti è giunta, invece, l’approvazione per le esecuzioni, giudicate parte della lotta al terrorismo. Una divisione religiosa che non si è mai sanata. Tutt’altro. Con l’ascesa al potere del principe Salman bin Abdu-laziz, il 23 gennaio del 2015, lo scontro confessionale si è trasferito prepotentemente anche sul versante politico, con Riad e Teheran, a farsi paladini dei rispettivi interessi regionali come testimoniano le reti di alleanze allacciate nell’ambito della guerra siro-irachena e della lotta, in questo caso comune, al sedicente Stato Islamico (Daesh). Da una parte l’Iran, alleato del presidente siriano Bashar al Assad, insieme alle milizie sciite libanesi Hezbollah, in stretto contatto con il presi-dente russo Vladimir Putin, e dall’altra l’Arabia saudita che guida, con il plauso del grande alleato Usa, una coalizione di 34 Paesi, tutti a maggioranza sunnita, pronta a intervenire

in quei territori minacciati da gruppi terroristici come Boko Haram, Shabaab, Al Qaeda, Daesh ma anche da movimenti sciiti come Hezbollah libanesi e Houthi in Yemen.

sforzidiploMatici a rischio

L’esecuzione di Al Nimr aumenta le distanze, già enor-mi, tra le due potenze regionali e di fatto rende vani i timidi segnali di apertura che il pre-sidente iraniano, il moderato Hassan Rouhani, forte anche dell’accordo sul nucleare, aveva lanciato all’Arabia Sau-dita per tentare di ridurre le tensioni settarie che stanno avvelenando tutta la regione. Rouhani adesso dovrà fron-teggiare anche l’opposizione interna dei radicali e dei Pasda-ran, i miliziani khomeinisti della rivoluzione islamica del 1979, che puntano a usare le tensio-ni settarie a fini politici e per chiedere una politica estera più aggressiva. Snodo impor-

tante, a riguardo, saranno le elezioni del 26 febbraio per il nuovo Parlamento, ora domi-nato dagli ultraconservatori e che il fronte riformista del presidente Rouhani punterà a riconquistare. Le relazioni tese tra Riad e Teheran avranno, secondo molti analisti, riflessi negativi anche sul processo di pace in Siria. Il 25 gennaio è previsto l’avvio dei colloqui di pace per la Siria sotto l’egida Onu e, sempre in questo mese, il secondo round negoziale tra le fazioni in lotta nello Yemen dove, dal 2 gennaio 2016, non vige più il cessate il fuoco che era entrato in vigore il 15 di-cembre scorso. Ad annunciarlo è stata la coalizione militare araba che sostiene il governo yemenita contro i ribelli sciiti.

iNizio aNNo NoN proMetteNte

Era dal 1980 che l’Arabia Saudita non giustiziava, in un solo giorno, così tanti condan-nati a morte, ben 47.

Secondo organizzazioni umanitarie come Amnesty International e Human Right Watch nel 2015 sono state oltre 150 le esecuzioni, cifra che pone l’Arabia ai vertici della classifica dei cosiddetti “Paesi boia”. È paradossale, allora, che nel 2016 toccherà proprio all’Arabia Saudita vi-gilare e difendere, per conto dell’Onu, i diritti umani nel mondo. Il suo ambasciatore, Faisal bin Hassan Trad, lo scor-so settembre è stato eletto a capo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, organismo istituito per far rispettare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Quella stessa Dichiarazione che l’Arabia Saudita non ha mai firmato.

TENSIONI TRA SCIITI E SUNNITI

Arabia Saudita-Iran,lo scontro rischia di dilagare

cittadini italiani sono attivi nel preservare le risorse naturali: il 71,4% s’impegna a non sprecare energia elettrica, il 67% a non sprecare acqua; c’è invece un impegno minore sul contenimento dei rifiuti o sulla riduzione del traffico: circa il 20% evita i prodotti “usa e getta” e una percentuale simile sceglie mezzi pubblici o mezzi alternativi alle auto o moto per circolare; sono infine poco dif-fusi, segnala l’istituto di ricerca, i comportamenti di confine tra tutela ambientale e tutela della salute personale: solo il 35,5% legge le etichette dei prodotti alimentari; solo il 18% acquista prodotti a km 0 e appena il 9% quelli biologici. Insomma il creato c’interessa, ma sulla coerenza anche noi cittadini abbiamo da lavorare.

Page 16: e dal 1897 e · 2017-11-21 · 2 primo piano n. 1 10 gennaio 2016 LaVita l cielo notturno ha in Oriente una magnificenza indescrivibile: non è più una volta lontana nella quale

16 musica e spettacolo n. 1 10 gennaio 2016 LaVita

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soli 65 anni se n’è andata, per via di complicazioni re-nali in seguito a un

intervento chirurgico, Natalie Cole, la figlia del leggendario Nat. È chiaro che un’ombra così gigantesca non poteva non segnare le sorti della figlia, che aveva intrapreso la carriera musicale a metà anni ‘70, sfornando alcuni dischi r&b interessanti, per cui si aggiudicò anche dei Grammy e proponendosi come valida antagonista della plurideco-rata Aretha Franklin. Ma pro-blemi con la droga la tennero fuori dall’ambiente per tutta la prima metà degli anni ‘80, quando si rifece viva con alcu-ni album che testimoniarono ancora una sicura padronanza dei mezzi vocali. Solo, però, nel 1991 Natalie balzò in vetta alle classifiche di tutto il mondo con un cd, lungamente meditato, dedicato per intero

A

Natalie Cole,nel nome del padre

alle canzoni del padre, con cui -si legge nelle note di coperti-na- era solita cantare, seduta sulle sue ginocchia mentre lui suonava il piano, alle recite di Natale. 14 milioni di copie vendute e 6 Grammy possono dare l’idea del successo arriso all’artista, anche grazie al duet-to virtuale nell’intramontabile

“Unforgettable”, ma non cre-do che lascino intravedere i reali meriti di un lavoro, che è davvero uno dei migliori del settore pop-jazz degli ultimi decenni. Il title-track, manco a dirlo, non è il migliore, sen-za sottolineare che la stessa versione di Nat -secondo chi scrive- perde il confronto con

conda strofa: proprio questo brano le sentìì cantare in un concerto, trasmesso alla radio, in Piazza Anfiteatro a Lucca, credo fosse il 2001. Questo fu il mio primo incontro con una vocalist che mi piacque subito. Due anni dopo, sull’onda del gradimento riscosso da questa operazione vintage, l’Elektra le produsse un lavoro similare: “Take a look”. Un disco, se possibile, migliore di quello precedente, e questo basta a renderci cara questa cantante. Stavolta l’intro è affidata alla versione americana di un gio-iello di Charles Trenet, “I wish you love”; ci s’imbatte poi, alla rinfusa, in uno degli standard più belli anche se meno bat-tuti, “Crazy he calls me”, la julielondoniana “Cry me a ri-ver”, rivista in personalissimo stile; ma riescono bene anche “Don’t explain” e pure “As time goes by”, cantata anche col verse, spesso tralasciato.

Quando, nel 2002, licenziò, per la più opulenta Verve, “Ask a woman who knows”, si por-tò a casa dischi d’oro e altri premi ma gli arrangiamenti da smooth-jazz, buoni per l’ascolto in sala d’attesa dal dentista, resero digeribili solo gli ultimi due titoli: “Calling you”, già cantata fra l’altro dall’altra Cole della canzone jazz, Holly, e il classico di Nina Simone, ma stavolta inferiore di parecchio all’originale, “My baby just cares for me”. Negli ultimi anni la Cole era tornata a buoni esiti con la-vori basati sulla stessa ricetta di sempre, rivestire vecchie canzoni con suoni più aderenti al gusto moderno: “Stardust” e “Still unforgettable” sono buoni esempi in tal senso, e su questo terreno Natalie Cole è stata la rappresentante miglio-re. Nel nome del padre, vero, ma con un’identità tutta sua.

È scomparsa a 65 annidi Francesco Sgarano

quella di Dinah Washington e quella, misconosciuta, live di Peggy Lee. L’apertura, ec-cellente, spetta a “The very thought of you”, ballad inglese di Ray Noble, poi la divertita “It’s only a paper moon”, la jazzata “Route 66”, la strug-gente Oscar-winning “Mona Lisa”, l’intrigante “L-O-V-E”, ripresa di recente anche da Joss Stone e via discorrendo. Natalie, con una voce non bel-lissima ma squillante, capace di vocalizzi virtuosistici nel registro medio-alto, non sfi-gura nemmeno in evergreen di impegno proibitivo: “Smile”, “Lush life”, difficile brano di Billy Strayhorn, “Our love is here to stay”, l’ultima song, dal titolo quasi profetico, scritta dai fratelli Gershwin. Tra le ultime tracce del disco c’è una toccante “Non dimenticar”, canzone d’origine italiana -di cui infatti Natalie ricanta in italiano una parte della se-

Sembrerà che io mi senta male… sem-brerà un po’ che io muoia. È così. Non

venire a vedere, non vale la pena”. Tutto deve finire, a quanto pare. Lo sanno anche le fiabe, lo sanno anche gli aviatori, come Saint-Exupéry, creatore del “Piccolo principe”, che vedono la terra dall’alto, come gli stiliti, vale a dire gli eremiti che sceglievano di vivere su una colonna, ciban-dosi del poco cibo che veniva tirato su con una fune. Come il personaggio del “Barone ram-pante” di Calvino che sceglie di non tornare mai più a calpestare la terra e di vivere sugli alberi.A capodanno è uscito l’ennesimo film dedicato al bambino delle stelle e all’aviatore che cerca inutilmente di non farlo tornare alla sua patria, perché sa che così lo perderà. Il film di Mark Osborne partirà da un altro inizio, un po’ alla Hemingway del “Vecchio e il mare”, che è di circa dieci anni più “giovane” del “Pic-colo principe”: una ragazzina conosce un vecchio aviatore che gli racconterà la storia del suo incontro con lo strano bambino.Un libro così celebre da essere tradotto in 253 lingue e aver venduto 134 milioni di copie non poteva non diventare film (il primo è del 1974), o addirittura una serie in più di cinquanta puntate, come è accaduto nel 1978. Certo, è parte del gioco -e del rischio- della fama, ma quello che rimane da settant’anni è sempre la medesima domanda: che cosa ci voleva dire Saint-Exupéry con questo libricino che lui stesso aveva illustrato, apparentemente per bambini? Domanda ingenua, come sareb-be ingenuo colui che pensasse che davvero questo sia un libro solo per ragazzi. Un libro cam-

bia ad ogni lettura, perché ogni volta che rileggiamo il medesimo testo, ci appare, nelle stesse righe, qualcosa che prima non avevamo colto, un po’ per l’esperienza, un po’ per le nostre modificazioni, un po’ perché un libro, direbbe Umberto Eco, possiede significati illimitati.E una storia letta e riletta miglia-ia di volte può conservare ancora un angolo di verità ulteriore, di mistero? Sì, e il “Piccolo principe” è una di queste.Perché ci dice ancora oggi molte, forse troppe, cose. Ci dice che è possibile guardare all’amicizia adulto-bambino senza la per-versione sessuale, che c’è sempre stata, ma che con la post-moder-nità è diventata pulsione miliar-daria, a causa dell’amplificazione incontrollabile che le ha conferito il net. Che il discorso dell’altrove continua indisturbato anche nella contemporaneità, solo che gli

uomini hanno bisogno di credere che si parli d’altro: togliete Dio, o l’Aldilà, metteteci il ritorno alla stella e il gioco è fatto.Tutto qui? No, questo è il fondo, il motivo primigenio, l’insopprimibi-le necessità del divino, comunque lo si veda, in noi. Ma vi è poi un altro aspetto, non secondario, di come l’uomo senta dentro di sé la nostalgia – e non vuol forse dire questa parola greca “dolore del ritorno?”- di qualcosa che preme per farsi largo nella sua anima: la dimensione del simbolo. Il linguaggio del simbolo è come il pane per l’uomo, non può farne a meno, semplicemente perché il simbolo è la struttura stessa della nostra mente.Noi pensiamo simbolicamente e siamo attirati da alcuni testi proprio perché questi vanno ad attivare dei “fantasmi” che dormivano dentro di noi.E nel “Piccolo principe” questi

DAL LIBRO AL FILM

Le mille veritàdel Piccolo Principe

L’uscita sugli schermi del film dedicato al capolavoro di Saint-Exupéry ripropone l’attualità di un libro che parla agli uomini da

settant’anni. E ci dice ancora oggi molte, forse troppe, cosedi Marco Testi

fantasmi regnano sovrani. La morte, il dolore della dipartita delle persone care che sem-brano dirci nei nostri sogni o nelle loro antiche parole di non preoccuparci, di continuare ad avere fede. La necessità del dolore che non è cancellazione, ma un altro modo di vivere gli affetti, elaborazione necessaria per affrontare con più saggez-za il mondo. L’accettazione della vita come passaggio, non come forziere da sorvegliare arcignamente contro tutto e tutti, e soprattutto la consapevo-lezza che la vita è accoglienza dell’altro, anche quando questo altro, ad esempio con il “rischio” dell’amore, ci pone di fronte alla sofferenza, alla coscienza della inevitabile fine di ogni cosa sulla terra.Antoine de Saint-Exupéry era un uomo d’azione e di pensiero, e andava incontro al desti-no con l’aria apparentemente scanzonata dell’aviatore un po’ guascone e nel contempo silen-ziosamente consapevole. Alcuni hanno scritto che se non fosse morto nel 1944 inabissandosi in mare con il suo aereo sarebbe sparito in un monastero lontano da tutto e da tutti, a tu per tu con Dio. Una “fine” volontaria, che è nello stesso tempo ac-cettazione della necessità del Ritorno. Come il suo piccolo eroe.