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Alessandro Mavilio

Due

2019

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Questo è un MICROBOOK.

È disponibile per il download, la le�ura e il regaloin cambio di un minimo supporto economicoche garan�sca all’autore ulteriore crea�vità.

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Quest’opera è prote�a dalla legge sul diri�o d’autore. Prima edizione digitale: 2019 Ul�ma revisione: 31/12/2019 - Versione 1

Immagine di coper�na: Madoka - di Alessandro Mavilio

© 2019 MAVILIO Sapporo Japan

www.mavilio.com

Questo libro può essere le�o a schermo sul Web, stampato su cartaoppure salvato in PDF.

I microbook di Alessandro Mavilio sono una strategia espressiva che sipone a metà strada tra il post del blog e l'ar�colo le�erario. La forma diun breve libro di massimo dieci brevi capitoli è stata pensata per fornireun contenuto più stru�urato e gradevole, per imporre sia la giustaconcisione, durante il processo di scri�ura, che maggior soddisfazione alle�ore durante la le�ura.

Un microbook è comunque un'opera vola�le, aperta a revisioni emigliorie.

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SommarioPrefazione

1. Serapī - Le donne

2. La mia NDE - Alcuni anni dopo

3. When the (ar�s�c) going gets tough

4. Serapī - Fughe

5. Il disturbo della sovrabbondanza

6. Uccellino - Imperatori - Uccellino

7. Il sabato del villaggio (giapponese)

8. Serapī - Sogno infan�le

9. Le E tra pace e guerra

10. L'antagonista protagonismo dell'invisibile

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PrefazioneQuesto secondo volume di questa serie numerataraccoglie i tes� da me prodo� negli ambi� diproge� crea�vi diversi tra loro.

E' una compilazione di tes� generalmente breviche volutamente non pubblico su Internet nellaforma classica del post di un blog o del post suuna pia�aforma sociale ma che preferiscoaccumulare per poterli successivamente accorparein un unico ogge�o, pur sempre virtuale, che è illibro ele�ronico.

I blog passano e si disfano, gli account sullepia�aforme sociali, anche... Spero in questo mododi non perdere, negli anni, la traccia dei mieipensieri e dei miei tes�, di fornirli ai pochiinteressa� in maniera più classica e conveniente e,un giorno, di poterli io stesso più facilmenteritrovare.

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1. Serapī - Le donne- Dunque tornavo a piedi e sulla strada di casa,passando davan� al kombini, è uscita questagiovane donna piccola piccola, sarà stata un metroe quaranta, con un bambino in braccio, un altrobambino per mano, un bicchiere di caffè nell'altramano che toma toma è andata verso unmacchinone alto perfino per me, ci è salita hamesso in moto e con un'abile manovra ha fa�oretromarcia ed è andata via. - E quindi?

- Do�ore, io se devo me�ere in moto unamacchina ho una checklist di cinque minu�! E setengo mia figlia per mano destra il lato sinistro delcorpo si paralizza. - E quindi?

- E quindi vogliamo parlare della assolutasuperiorità delle donne? - Ne vuole parlare? Se le fa bene...

- Non è che mi fa bene ma d'improvviso noncapisco perché questa asimmetria non sia stataculturalizzata! Il do�ore resta silenzioso.

- Cioè, io sono certo che se non ci fosse la morsabiologica, che ci impone di sen�rci a�ra� gli unicon le altre, questo sarebbe un mondo tu�omaschile o tu�o femminile. Il do�ore è sempre silenzioso.

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- Io sono certo che se l'uomo non avesse ilcompito riprodu�vo saremmo totalmente schiavidi ques� esseri. O forse ne saremmo tu�stermina�. Il do�ore non parla e sembra assente.

- O chi sa, se gli uomini fossero in grado dicoalizzare davvero probabilmente ci sarebbe unaguerra totale contro di esse. Ma dubito che ilgenere maschile ne uscirebbe vincitore. Le donnesono così capaci e superiori per questo fa�o diessere naturalmente mul�-tasking che se lovolessero ci annienterebbero con poche sapien�mosse. Il do�ore è muto.

- Do�ore, mi ascolta? - Oh, scusi. Ero distra�o. Mi diceva, vede donnenude dappertu�o? In genere è normale a�orno aiquindici anni... Ora Lei potrebbe essere un po' inritardo... Ma non è grave...

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2. La mia NDE - Alcunianni dopo

Recentemente mi capita di ripensare spesso allaN.D.E. (Near Death Experience) che ho avuto aKyoto, alcuni anni fa. Ne ho parlato con mol�, l’horaccontata per filo e per segno nel mio libro “IlRecinto”.

Per chi non sapesse di cosa sto scrivendo, miriferisco alla assurda esperienza che ho avutoquando, da adulto, ammalatomi improvvisamentedi varicella, nel giro di un pomeriggio mi sonotrovato da solo, a casa, nel mio le�o, senza forze eassistenza, con l’unica opzione di riposare, farmiinnanzitu�o una no�e di sonno e all'indomanipensare al da farsi.

Non è andata proprio come mi aspe�avo.

Non racconterò anche qui troppi par�colari mariassumerò esclusivamente l’esperienza della NDE.Durante la no�e mi sono come ripigliato dalmalore ma ho sen�to, nonostante fossi steso e ariposo, che il corpo stava invece finendo difunzionare. Questo ripigliarmi per poi disfarmisarà stato forse un classico esempio di “miglioriadella morte”?

Oggi descriverei la cosa come una sensazione ditotale disgusto: una metafora valida sarebbequella di vedere che trapezis�, belve feroci e

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pagliacci abbandonano improvvisamente iltendone di un famoso circo a mezzo spe�acolo.

Al mio corpo, e forse mai l’ho sen�to così tanto un“contenitore”, veniva meno la sua generaleorganizzazione.

Poi, come spesso si sente raccontare a chi haavuto tali esperienza, anche io mi sono vistodall'alto, e vorrei precisare che mi osservavo da unpaio di metri di altezza e il punto di vista era allasinistra del mio corpo. Tralascio altri de�agli persaltare al par�colare della croce di luce.

Sul mio pe�o è apparsa una croce di luce, unacroce di forma regolare, che ho sempre descri�ocome un “mirino laser”.

Senza alcuna sorpresa, e senza fare alcun dramma,ho osservato dall'alto il mio corpo e questa crocedi luce scendere molto lentamente fin giù ai piedi,lì indugiare e risalire, sempre len�ssimamente, estavolta fermarsi e scomparire all'altezzadell’ombelico. Dopo lunghi minu�, in cui altro diinspiegabile è accaduto, devo essere rientrato nelmio corpo, perché da quell'istante è ricominciata –parlando cinematograficamente – la “sogge�va”della mia vita.

Ho sen�to di voler raccontare questa esperienzasolo mol� anni dopo che era successa. E daqualche tempo – dicevo, e senza nessunpar�colare mo�vo – mi capita di rivedere la scenadel mio corpo visto dall'alto. “Riviverla” è

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certamente un termine buffo per chiprobabilmente stava morendo o forse è morto perun po'.

Rivedo spesso questa scena, ma senza alcunpathos. Pathos non ce ne era stato neanche nelmomento originale. Rivivo la scena come a volerlarivedere in termini più razionali. Giacché era incorso una varicella fulminante, mala�a chespesso non risparmia gli adul�, e giacché sonomol� i raccon� simili di persone che credono, osono cer�, di essere mor� per qualche minuto,anche io riporto questa mia esperienza nei terminicomuni di una N.D.E.

Dapprima ho pensato di aver sognato.Successivamente sono stato certo di aver avutouna reale NDE, quasi classica. Adesso penso forsepiù saggiamente di aver sognato una NDE o forseche tu�e le NDE non siano altro che sogni -speciali.

In tal senso non intendo minimamente svalutare ilconce�o di NDE. Sono certo che siano esperienzegenuine e sono certo di averne avuta una iostesso. Intendo forse invece agganciare il sonno ei sogni e assimilare il tu�o, come credo sia giusto,a tu�e le esperienze naturali vicine alla morte oalla emulazione di essa.

Da sempre ormai mi interesso al cinema e ai sogni(in termini ar�s�ci e scien�fici) e avendo fa�oanche una probabile esperienza di premorte oggi,dopo mol� anni di pensiero laterale, riesco forse a

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me�ere entrambi i problemi sullo stesso piano.

Nessuno sa spiegare la peculiarità crea�va deisogni, la loro potenza visiva e di trama e il lorocarico seman�co. L’ipotesi più semplice e ridu�vaè quella di porre tu�o a carico dell’inconscio e delvissuto del sognatore. Ma inconscio e vissutosono solo alcuni mezzi necessari al sogno. Non sifa un film con uno sceneggiatore e unasceneggiatura improvvisata. C’è molto altro percui valga la pena pagare il biglie�o di un film. Allostesso modo un sogno non è riducibile alsognatore e al suo vissuto. Il "macchinario"necessario a produrre un sogno (con trama,de�agli e personaggi) non è mai stato svelato, nèin termini biofisici e tantomeno in termini dicapacità crea�va dell'ambientequadridimensionale e di tu� i suoi de�agli.

Una NDE, anche nella mera fase della OBE (Outof Body Experience) sembra effe�vamenteu�lizzare gli stessi mezzi fondamentali di unsogno, probabilmente perfino con maggioreeconomia di mezzi. Lo sceneggiatore/regista vedeinnanzitu�o sé stesso, da un punto di vista super-standard: non c’è spazio per virtuosismi e non c’èspazio per le trame e le ambientazionistupefacen� dei normali sogni no�urni. Non sicreano le piazze delle ci�à che frequentavamo dabambini, non si sale su treni o tram, nessunvecchio commilitone, niente maestra elementare,nulla di nulla. Solo sé stessi vis� dall'alto. Unavisione cinematograficamente banale ma, si badibene, culturalmente molto meno acce�ata dei

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capolavori onirici che tu� siamo in grado dicompiere quando dormiamo.

Avendo ricercato e le�o migliaia di casi di NDEposso tranquillamente affermare che il mio sia uncaso un po’ unico. In tu� gli altri casi, i moren�,dopo essersi vis� dall'alto vengono accol� in unaluce bianca che ama e comunica, o più raramentein un’oscurità, molto spesso anche benevola. Poic’è chi incontra paren� di sangue, anche maiconosciu�, (de�aglio non trascurabile questo dellaparentela, perché a mio avviso offre uno spuntoper allargare l’importanza e il dominio del codicegene�co ben oltre i campi della medicina classicae legale) e poi c’è chi riporta di incontri condivinità varie, storiche, extra-storiche, astoriche.

È interessante per me notare che anche se ilmedium sembra essere lo stesso del sogno, ilvocabolario a disposizione del morente ècuriosamente limitato.

Io osservavo la croce di luce sul mio corpo. Nonsono entrato in nessuna luce e non hooltrepassato alcun portale. La mia deve esserestata una NDE terra-terra. Ma volendo cercare laluce, beh, io avevo la mia piccola croce laserpuntata sul mio corpo. Se la mia NDE fosse statasolo un mero sogno potrei dire che quella luce èciò che mi ha salvato, guarito in extremis. Ne sonoormai quasi certo.

Io amo il cinema, vengo rapito da ogni �po di film.Sono famoso per non comprendere al volo anche

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le trame più semplici. Il cinema, che è lucedinamica, mi rapisce. Non posso neanche andareal karaoke perché i filma� asincroni che scorronoin background sul televisore mi distraggono a talpunto da creare un muro fonoassorbente tra me,le canzoni e gli amici eccita� e rumorosi.

Sono da sempre anche un sognatoreprofessionista, ma purtroppo mai totalmentelucido. Nei sogni, anche se qualche volta mi capitadi rasentare la piena coscienza, preferisco sempreaffidarmi al principio crea�vo sconosciuto e nonmi è mai capitato (o almeno non ricordo) di averpreso il controllo di un sogno, di essermi guardatoil ventre, o allo specchio, o di aver fa�o la classicaprova del conteggio delle dita di una mia mano.

Quando oggi rivivo la mia NDE, e ciò accadesenza il mio controllo, vedo me stesso dall'alto equella croce di luce sul mio corpo. L’esperienzaoriginale era lucidissima. Ciò che mi è mancato difare è stato proprio volgere il mio sguardo ancorapiù verso il basso, al ventre del mio corpo mentale,lì sospeso in alto nella stanza. Non mi sarebbecostato nulla. E sarebbe stato interessante.

E giacché quella croce di luce era proie�ata sulmio corpo dall'alto, sarebbe stato forse il caso discovare il proie�ore e quindi seguire il fascio diluce verso l’alto. O forse no.

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3. When the (ar�s�c)going gets tough

The (tough) ar�st would like to escape forward.

Coloro che si sono forma� da ar�s�, e come tali sisono sempre da� al mondo o da esso tali sonosta� riconosciu�, beh, credetemi, queste persone,in ques� ul�mi anni, si trovano in estremadifficoltà e imbarazzo.

Tu�o il mondo si sta dimostrando un'opera d'arteviva ed esigente (bella, bru�a, de�agliata,singolare, plurale, astra�a, concreta, individuale,corale, classica, moderna, neoclassica, futurista,realista, surrealista, qualunquista, ecceterista) e

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tu� - anche i non ar�s� - sonoinconsapevolmente al lavoro per contribuire con lapropria tessera, col proprio tassello, con un tra�oanche piccolo o sbavato grazie allasovrabbondanza di mezzi di espressione e alla loroimmediatezza d'uso.

Ma le cose non sarebbero dovute andare così...Personalmente, ven� anni fa, non avreiimmaginato - e non mi sarei mai augurato - cheanche le persone in un certo senso non devoteall'arte o alla crea�vità avrebbero avuto lapossibilità di inondare la scena, i canali, i contes�...

Avrei compreso se l'avvento di Internet avessedato a tu� accesso (in le�ura e scri�ura) alleinformazioni ma a ben vedere sembra che l'ondadella Rete abbia scavalcato gli argini e abbiaconcesso a tu� di operare nell'ambito dell'arte.Ma i risulta� sono a mio avviso solo inquina� einquinan�.

L'enorme mole di persone che ogni giorniscrivono, citano, schizzano la Rete con i loro coloriè tale che non credo si possa più parlare dicorren�, s�li, anche volendolo fare dall'alto versoil basso, e�che�ando queste creazioni con ipeggiori �toli: naive, trash, infan�li, ecc...

Il fenomeno è troppo grande e diffuso.

Non che io che qui scrivo mi ponga tra le file digrandi ar�s� decadu� o deruba�, certamente no.Ma anzi parlo da un punto di vista molto basso e

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operaio, di chi il secolo scorso (ma in realtà solopochi anni fa) si formava in campi tecnici e diservizio quali la �pografia, la stampa, la fotografia,la ripresa video.

Sono cosciente che il progresso abbia favoritotu� - e certamente anche me! - donandoopportunità espressive senza preceden� nellastoria ma rilevo anche il fa�o che questoallagamento dei compar� pone enormi ques�onisul prossimo futuro della comunicazione, dellareciproca comprensione tra esseri umani, è il casodi dirlo, iper-collega�.

La maggior parte di persone che oggi crea edissemina le nostre frequenze di contenu� lo faignorando secoli e secoli di consuetudini tecnicheed espressive. E giacché sembra impossibilesopravvivere a questo tsunami di schizzi senzaarte e né parte, sembra anche che gli ul�miprofessionis� si s�ano adeguando al nuovolinguaggio che il popolo ha generato.

Su questo argomento sono disposto a rischiare, eanche passare per ciò che ovviamente non sono,cioè un nazista dell'arte, ma sono certo di essereimmerso con tu� voi in un incubo fa�o di mala-arte contemporanea.

Se non riesci a comprendere al volo questo miolamento evidentemente mi sono espresso troppobrevemente o male, ma altre�anto probabilmentesei un semplice consumatore di questa mala-arte.

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Se questo mio appunto ha invece solle�catoqualcosa in te, sei forse un crea�vo anche tu condelle solide basi tecniche e morali. E � immaginoconfuso come me.

Se sei un crea�vo ma questo lamento nulla hasmosso in te, evidentemente sei una giovanescheggia, un ubriaco iper-mediale. A questo puntodovrei dire "beato te! Che sei giovane e ubriaco".

Ma credimi, io no � capisco. E forse tu non capiscime.

Di base ci facciamo schifo a vicenda, vorremmoevitarci ma non ci è possibile.

Sulla sovrabbondanza generale delle cose, alcunerighe più avan�.

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4. Serapī - Fughe- Dalle cose che mi racconta sembra che Lei si siavolontariamente bloccato in un con�nuo disegnodi... fuga. Il paziente resta disarmato e silenzioso.

- La vita ci impone responsabilità. Ed è compitodegli individui maturi affrontarle. Senza scappare. Il paziente è ancora silenzioso...

Il do�ore sorride radiosamente, esprimendoautocompiacimento. Il paziente risponde con un'espressione diprofondo fas�dio. Che lentamente modifica inun'espressione di negazione.

- No, a cosa? - No a ciò che Lei mi dice. La prima responsabilitàper un essere vivente complesso e per la suacomunità è nella mobilità. Nel movimento inavan�! Ora, a me è tu�o chiaro.

Il do�ore è incuriosito... - Sono quelli come voi che bloccano questomondo.

- Cosa intende con "quelli come voi? - Quelli che la pensano come Lei! Quelli del Paliodi Siena, "del mio quar�ere", la mia ci�à, quelli che"io resto in Italia a comba�ere", quelli che hannoancora stampata in mente le car�ne geograficheaffisse in classe alla scuola elementare. Quelli che

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l'Italia è uno s�vale, la Mauritania del Nordsembra una freccia verso Est. Confini, linee... Ma addo' stann'? Io non le vedo queste linee! Ma dico,si vive nelle mappe? Qui si può stare e li non sipuò andare? Uh, famm vede'! 'O teng' 'opassaporto?

- Mavilio, non la seguo. Lei è alterato! Ma con�nui,che aiuta a far passare il tempo! Io mi diverto! - Chi parla di fuga amme�e una vita innaturale edisumana perché fa�a di momen� del tu�o sta�cie insopportabili. Io se penso alla mia vita noncredo di aver avuto un solo momento che non siastato di dramma�ca trasformazione. Se di fuga leivuole parlare, e se di "fuggi�vismo" mi vuoleaccusare, allora dobbiamo parlarne dal primomomento che sono nato. Evidentemente fuggivoanche da lì, dal mondo prenatale.

- Lei parla a vanvera. - No, no! Ero io che venivo in avan�! E tra l'altro loricordo bene, mi de� un colpo di reni. Deciso.Venni io al mondo! Se aspe�avo voialtri!

- Capisco cosa vuol dire, ma adesso si calmi. Inogni caso, nella vita occorre misura. - Quale misura? Mentre capiamo la misura poi citocca "fuggire" all'altro mondo. No, do�ore, nellamia vita interiore non vi possono essere Paesi,passapor� o permessi, al massimo territori. Io mimuovo, io mi sposto. Io emigro ogni giorno!

- Ah, per me sarebbe più salutare evacuare ognigiorno. Comunque facciamo così. Intanto emigri

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allegramente verso casa, perché il tempo èscaduto!

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5. Il disturbo dellasovrabbondanza

Come tu�e le mie altre paturnie, anche questache tra breve illustrerò credo sia molto diffusa.Peccato che nessuno, nelle mie cerchie, ne parlimai...

E' innegabile che questo XXI secolo ci s�aregalando abbondanza. Per me è ormai unasovrabbondanza.

Abbondano sia le informazioni che gli ogge�materiali. Abbondano anche le opportunità.

Quando mi pare di non avere a disposizioneopportunità, ogge� o informazioni, normalmentereagisco come qualcuno che si trovi a corto diqualcosa. Poi, passato il fas�dio iniziale, miaccorgo che ciò di cui proprio non mi possolamentare è la mancanza delle cose.

Il problema per chi come noi vive in un sistemasovrabbondante, è che la strada per o�enere ciòche davvero serve o si desidera è oggi costellatadi ogge�, informazioni e opportunità inu�li maben presen�.

Spiego in tal senso, da qualche anno a questaparte, la mia incapacità di realizzare i proge� chevorrei, pur semplici che siano. Non mi manca lafantasia, non mi manca il tempo, e certo non mi

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mancano i mezzi più necessari, ma temo che letraie�orie più semplici e intui�ve per realizzare imiei piani, come sempre ho fa�o, sianobanalmente occupate da informazioni, ogge� eopportunità di puro ingombro.

E' come dover andare dalla cucina al bagnocamminando su un pavimento disseminato digioca�oli, perline, fogli di carta e ma�te sparse.

Non credo di essere l'unico ad avere taleproblema. E' infa� difficile perfino combinarequalcosa con gli altri, anche se si tra�a di persone,amici, familiari o collaboratori molto ben roda�. Lasovrabbondanza ci distrae tu�.

Per quanto riguarda me e la mia "economiapersonale" potrei redigere un report sul dannoeffe�vo che la sovrabbondanza di cose mi hacagionato negli ul�mi cinque anni. Il numero diproge� e creazioni che si è arenato è in un certosenso astronomico. E dal mio canto sto cercandodi prendere contromisure. Ma come è facilmenteintuibile gli ogge� che ingombrano la traie�oriaideale non possono essere spazza� via, ripos�,rifiuta� o ignora�.

Trovo l'intera condizione novella ma assurda. Sene dovrebbe parlare seriamente. Così -le�eralmente - non si può andare avan�.

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6. Uccellino - Imperatori- Uccellino

Ero in un kissaten ed era il giorno della Cultura.

Dopo uno squisito pranzo a base di hamburgergiapponese casareccio, e dopo l'ul�mo sorso dimisoshiru, mi s�racchio e noto alle mie spalle trecornice�e poste su un piccolo scaffale.

Nella prima cornice a sinistra c'è la foto di unuccellino azzurro.

Nella seconda cornice, al centro, ci sono i vol� delnuovo Imperatore e consorte.

Nella terza cornice, la foto di un altro uccellino,bianco.

Il vecchio kissaten forniva uno sfondo eun'ambientazione eccellen� per sca�are unabellissima fotografia di quest'angolo. Sarebbestata una bella fotografia per un ipote�coreportage sul primo anno dell'epoca Reiwa. Hoimmaginato di sca�arla con la mia Mamiya 645,rigorosamente con pellicola in bianco e nero, perpreservare l'aspe�o sociologico dello sca�o. Manon giro più con tali fotocamere in borsa.

Avrei potuto allora sca�arla con l'agio di unamacchina digitale. Ma anche non giro più con lamacchina digitale in borsa. Non quo�dianamente.

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Ho pensato che avrei potuto comunque sca�arela foto con il cellulare. Sebbene la lente deltelefono sia scadente, la qualità di sca�o deitelefonini oggi è superba. Ma avrei condannatoquesta mia visione a una venuta al mondo diterz'ordine rispe�o al mio ideale visivo delmomento.

Ho anche preso il cellulare in mano. Ormai è ilgesto che tu� facciamo più spesso durante ilgiorno...

Ma qualcosa mi ha bloccato.

Ho il chiaro ricordo di cosa significhi sca�are conla Mamiya medio formato. Mi sarei dovuto alzaredal tavolino e inquadrare bene il sogge�o tenendola macchina ad altezza ombelico, misuraredapprima la luce e poi sca�are, so�raendo viaogni mia umana mollezza corporea per nongenerare una foto mossa.

Con la digitale professionale, avrei potuto sca�areda seduto. Come è facile notare, il digitale miavrebbe impigrito, sia perché avrei potutocomporre lo sca�o da seduto guardando in unfacile mirino orizzontale (o nello schermo LCD),sca�are più di una posa, perché uno sca�odigitale non impone la preoccupazione di unosviluppo e di una stampa costose o malriuscite.

Col telefonino sarebbe stato facilissimo, e oggiavreste anche questa mia foto sia qui su questa

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pagina che in giro per la Rete, condannata però adad un'esistenza ignorante, e deprezzata, senzapoter deperire...

Ma ciò che mai avrei voluto fare era rubare l'animaa quel tri�co di cornici e sogge�. Per assurdo, ilfurto di cui parlo avrebbe avuto più senso se fossistato costre�o in un certo senso a esplicitarmi piùclassicamente come fotografo. Rubarlapigramente, da seduto, col telefonino mi ha datopena al solo pensarci.

Poi, dopo aver pagato ed essere uscito dal negozioho ripensato al discorso - quasi da selvaggio - delrubare l'anima di qualcosa con la fotografia, e hocapito che ciò che non avrei voluto fare era inrealtà duplicare un'anima.

Il disegno, la pi�ura e la fotografia non hanno mairubato anime. Ne hanno forse mol�plicate.

Credo che la descrizione testuale di quellecornice�e assieme a tu�o questo mio forse inu�lepensare non siano un furto, e tantomeno laduplicazione dell'anima di qualcosa.

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7. Il sabato del villaggio(giapponese)

1 Dicembre 2019

La giornata di ieri è stata un po’ diversa dalle altre.

È cominciata con una visita dal dermatologo perun banale prurito alle ginocchia. Sono andato auno studio molto piccolo, vicino casa, e che in uncerto senso dovrei definire lo studio di un medicodi campagna.

Il do�ore è anzianissimo e dichiaratamente sordo.Nonostante ciò è una persona di una eleganza chedefinirei “somma”. Elegante e cura�ssimo. Il suoessere un po’ curvo, perfino da seduto, conferivaautorevole coerenza alla sua figura generale. Leinfermiere mi hanno raccomandato di parlare avoce molto alta in direzione ravvicinata alle sueorecchie.

Ho scoperto le ginocchia e subito me le hatoccate con grazia e sapienza. Mi aspe�avo che leosservasse e facesse la sua diagnosi e invecesenza indugio le ha toccate. Poi mi ha chiesto seavevo pruri� simili altrove e io ho risposto di sì,alle caviglie e ai gomi�. Mi ha chiesto di mostrarele par� e, anche in questo caso, la prima cosa èstata toccarmi con questa grazia insistente, chenon percepivo da anni sulla mia pelle.

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Mi ha tranquillizzato dicendo che si tra�a solo diun’irritazione dovuta all'aria secca dell’Inverno diHokkaido, che non devo lavarmi con saponi liquidima usare la schiuma dei saponi classici in pietra.

Per tu�o il tempo che mi ha parlato ha con�nuatoa tenere le sue mani sulle mie gambe, ginocchia,dandomi queste pacche imperce�bili, per nullafas�diose, anche mentre si girava per parlare conle infermiere e la visita vera e propria era finita.

Mentre istruiva un’infermiera su quali unguen�preparare, con�nuava a mantenere il conta�o conil mio corpo nello stesso modo in cui si tocca unpuledro un po’ agitato: il suo toccare ha avutoeffe�vamente un potere calmante su di me.

Ha poi de�o a una graziosissima infermiera didarmi le creme adeguate.

L’infermiera mi ha fa�o sedere sul le�no ed èvenuta con questo tube�o di crema che giàfuoriusciva leggermente. Io ho fa�o perprenderne un po’ e lei ha is�n�vamente chiarito:la me�o io! E anche lei, con estrema grazia hacosparso di crema le due ginocchia, le caviglie, italloni, i gomi�, la nuca… Era questa un’operazioneche avrei fa�o tranquillamente da me e che – purguardando nelle mie esperienze simili e passate –proprio non era necessario che mi fosse fa�a.

Non so se tu� i dermatologi sono così familiari edisponibili con i pazien� ma io ho potuto sen�resulla mia pelle, è il caso di dirlo, questa diffusa ben

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disposizione.

Poi per ques�oni di lavoro mi sono dovutospostare dal Sud di Sapporo all'estremo Nord. AlNord c’era già abbastanza neve. La differenza miha molto colpito, ed è prova evidente di diversimicroclimi nella stessa ci�à. Ciò accadeva anche aKyoto: a ridosso del fiume Kamo si potevaassistere quasi a diverse stagioni, solo volgendo losguardo da una strada all'altra.

Ho pranzato qualcosa in un locale della 31mastrada, scelto a caso, e anche lì ho avver�toquesta sensazione di spazioso benvenuto, sia intermini archite�onici che di ben disposizione delpersonale.

Con la neve fuori, il locale era baciato da un solegià vagamente serale. Di fronte a me qua�rodonne con la divisa della Suzuki e un paio disalariman solitari che mangiavano leggendofume�.

Ho ordinato il pia�o del giorno e la padrona mi hachiesto se volevo porzione normale, doppia otripla! Conoscendomi ho chiesto la normale. E per864 yen (circa 7 euro) mi è arrivata un’insalata dicavolo condita con una salsa “dressing” dacapogiro, tanto era buona, una porzione grande,per essere normale, di riso bianco con pesce

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essiccato e tritato, una zuppa di miso fumante, unhamburger che esageratamente enorme è dirpoco, un assaggio di spaghe� alla napoletana cheera vicino alla quan�tà di un pia�o �picamenteitaliano, una porzione abbondante di squisitepata�ne, fri�e in maniera casareccia,perfe�amente salate e per il mio gustoperfe�amente bruciacchiate.

Questo pranzo, baciato dal tepore orizzontale delsole, mi è sembrato durare all'infinito. E anche inquesto caso, ho chiaramente avver�to in me –dopo anni - la sensazione di inesprimibilericonoscenza che si prova quando ci si senteprote� e nutri�.

Quando mi sono mosso per andare via la padronami fa: - E va via senza bere il caffè?

Ovviamente nel prezzo era inclusa una tazza dicaffè lungo per la quale ho potuto scegliere tra“mild”, “francese” o “amaros�co”… E l’esperienza dicasa, di rifugio, di protezione e nutrimento haavuto il suo tempo extra e inaspe�ato.

Dissemina� per il grande locale vi erano scaffalicon una grande quan�tà di fume�, libri e rivistedi ogni �po. Su ogni scaffale la scri�a perentoria:

“Poiché anche gli altri clien� leggono, vipreghiamo di prendere un massimo di tre volumiciascuno.”

E a ben vedere, ogni cliente seduto per proprio

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conto, al proprio posto, aveva dinanzi a sé giustotre volumi.

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8. Serapī - Sognoinfan�le

- Io da bambino ero molto bravo a disegnare! Eovviamente disegnavo automobili. Inu�le dirle cheerano molto par�colari. - Sen�amola questa par�colarità.

- Disegnavo ambulanze. Ero un intenditore! La miapreferita - oggi sarebbe impensabile comeambulanza - era la Citroen CX familiare! Bella! - Ambulanze! Interessante!

- Deshou? Divenuto bravo con le ambulanze poisono passato ai carri funebri. - Eccoci. Va be', ma se Lei pensa diimpressionarmi...

- No! Aspe�! Il bello viene quando la mia maestramanda a chiamare mia madre a colloquio! - Perché?

- Perché per il giornalino di classe io disegnai...Come si chiamano quei camion con rimorchio chetrasportano le auto? Ah, sì! Un menarca carico diambulanze e carri funebri! - Ah, bene! Comunque il menarca è... la primamestruazione... Lei vuol dire una bisarca?

- E quella non è la seconda? Ma comunque 'stocamion dove�e impressionare la maestra chechiamò mia madre per esprimerle la sua

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preoccupazione. - E Sua madre?

- Lei tranquillizzò la maestra dicendo che era acausa del fa�o che abitavamo a due passi dallamorgue del policlinico... - A me perciò piace questo lavoro! Comunque,cambiando discorso... Noto che indossa spessomaglie�e con scri�e all'inverso. E' una moda di voigiovani - che non conosco?

- No, no! Ho la passione per i muse� inver��. Il do�ore fa una faccia incuriosita.

- Sa, il mio sogno era diventare au�sta di...aznalubma. Il do�ore indica l'orologio per interrompere ilcolloquio.

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9. Le E tra pace e guerraStama�na mi sono svegliato con la chiarasensazione di aver sognato me stesso, bambino,seduto nel banche�o della scuola elementare,quando la maestra ci illuminò tu� con larivelazione delle E.

- Alcune vocali a volte si scrivono con l'accento.Per esempio la A di "ci�à"! Anche la E, a volte siscrive con l'accento, quando vogliamo chiedere"perché". Ma anche quando usiamo il verbo esserealla terza persona singolare.

Fabrizio non perse tempo e chiese - Maestra,perché?

- Perché è così da sempre.

Io ricordo il mio grande interesse per queste cosema anche la chiara sensazione di rischiare dirimanere indietro per sempre. Cos'è davvero unaccento, perché è importante. E perché bisognadire perché, cosa succede se ci si dimen�cal'accento, o peggio ancora, mi piacerebberiascoltare la spiegazione di cosa sia una terzapersona singolare.

La maestra con�nuava.

- In par�colare le E possono essere E semplici, dicongiunzione, oppure E di copula. Capito ladifferenza?

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Oggi non credo esista una lingua la cui differenzatra congiunzione e copula sia tanto so�le, affidataa una semplice impostazione della voce quando siparla oppure a un tra�o strisciato sulla cartaquando si scrive.

La quasi impossibile indifferenza tra "guerra epace" - in italiano - e "guerra è pace" è certamentesignifica�va di qualcosa.

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10. L'antagonistaprotagonismodell'invisibile

Sulla teatralità delle ci�à ben governate.

Non sfuggo alla mia napoletanità, sarebbeimpossibile pur volendo.

Dopo tan� anni di Giappone riconosco in me,sempre, una (seppur controlla�ssima) tendenzamediterranea all'esagerazione, alla platealità, allateatralità.

Ricordo bene che vivere a Napoli e frequentare lesue strade era una quo�diana immersione nellestorie interiori di tu�, amici e perfe� sconosciu�.

Tu� inscenavano una loro parte, coscientementee coscienziosamente: era il modo dei mieiconci�adini di partecipare alla società, di crearlaogni giorno, in maniera forse vola�le ma insistentee con�nua�va. Eh sì, perché tu�o il restonecessario alla vita mancava spesso all'appello: isoldi, i servizi pubblici, gli spazi, un canovacciocondiviso, dovrei dire una volontà regis�ca.

In Giappone questa dimensione umana, plateale,sudata e urlante ovviamente è assente. Eppureessere ci�adino in Giappone garan�sce una

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sensazione simile a quella di essere - come nelcaso di Napoli - in un teatro a cielo aperto.

Mentre forse a Napoli si è tu� un po' protagonis�delle proprie scene�e, il palco giapponeseaccoglie molte più comparse e figure silenziose.

Eppure, un giorno, seduto al finestrone di un caffèal centro di Sapporo mi sono accorto che da ungiorno all'altro la scena dell'intera via principaledella ci�à era cambiata. La strada era stataaddobbata per le fes�vità natalizie. Il giorno primanulla, il giorno successivo una quan�tà enorme diaddobbi e luminarie.

E in questa strada cen�naia di persone vivevano e(ovviamente) recitavano con classe ed eleganzacome ogni giorno.

Dunque la teatralità napoletana che manca aiGiapponesi è invece presente nei termini di unaperfe�a volontà regis�ca e scenografica.

E' evidente che nel giro di poche ore di una no�eun team di decoratori ha rivoltato il corsoprincipale della ci�à per far sì che il giornoseguente tu� gli a�ori-ci�adini potessero viveree recitare nella versione natalizia del loro palco.

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Grazie per aver le�oquesto microlibro!

Alessandro Mavilio

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