«Dottrina» della libert in Norberto Bobbio · la teoria delle élites o della classe politica o...

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«Dottrina» della libertà in Norberto Bobbio Problemi particolari dello stato democratico. Lo stato democratico è considerato da Bobbio « intellettuale di edu- cazione e di fede democratico liberale » (44) come la forma intermedia tra lo stato liberale (prodotto dell'individualismo) e lo stato socialista (proprio dell'universalismo). Lo ritiene anzi sintesi dell'uno e dell'altro. « Il pensiero democratico moderno, che ha il suo fulcro in Rousseau, sorge per logico sviluppo del liberalismo allargando le richieste delle libertà individuali dalla libertà civile alla libertà politica; e sbocca ine- vitabilmente nel socialismo, quando dalla richiesta dell'uguaglianza po- litica si passa per naturale conseguenza alla richiesta dell'uguaglianza economica » (45). Il liberalismo e il socialismo tendono a trasformarsi in uno stato democratico basato sul principio dell'uguaglianza che atte- nua il dissidio, esistente nello stato liberale e in quello socialista, tra individuo e stato. La democrazia è stato sempre il correttivo che ha salvato le due dottrine dal loro opposto, specialmente nei periodi di lotta tra liberalismo e socialismo. Bobbio definisce lo stato democratico la « più prossima attuazione della comunità personale » (46). L'ideale dell'uguaglianza contro cui si scagliò Croce diventa in Bobbio meta, pro- gramma di ogni società civile, affermazione dell'individuo come persona in una comunità di persone che si riconoscono tali e s'integrano a vi- cenda. Liberalismo democratico, dunque. La democrazia in Italia. Esiste oggi la democrazia in Italia? Per trovare una risposta soddi- sfacente Bobbio si pone in generale il problema del regime democratico che, così com'è, non è attuato integralmente anzi è ben lungi (special- mente in Italia) dall'essere una realtà indiscutibile. Egli smentisce pri- ma di tutto il mito dell'autogoverno del popolo e afferma la validità del- la teoria delle élites o della classe politica o della classe dirigente (Mosca e Pareto) secondo la quale è sempre una minoranza, un gruppo, a go- (44) CESARE VASOLI, Tra cultura e ideologia. Milano, Lerici 1961, p. 499. (45) « Lezioni di filosofia del diritto », cit., pp. 218-9. (46) Id., p. 220. 429 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

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«Dottrina» della libertà in Norberto Bobbio

Problemi particolari dello stato democratico.

Lo stato democratico è considerato da Bobbio « intellettuale di edu-cazione e di fede democratico liberale » (44) come la forma intermediatra lo stato liberale (prodotto dell'individualismo) e lo stato socialista(proprio dell'universalismo). Lo ritiene anzi sintesi dell'uno e dell'altro.« Il pensiero democratico moderno, che ha il suo fulcro in Rousseau,sorge per logico sviluppo del liberalismo allargando le richieste dellelibertà individuali dalla libertà civile alla libertà politica; e sbocca ine-vitabilmente nel socialismo, quando dalla richiesta dell'uguaglianza po-litica si passa per naturale conseguenza alla richiesta dell'uguaglianzaeconomica » (45). Il liberalismo e il socialismo tendono a trasformarsiin uno stato democratico basato sul principio dell'uguaglianza che atte-nua il dissidio, esistente nello stato liberale e in quello socialista, traindividuo e stato. La democrazia è stato sempre il correttivo che hasalvato le due dottrine dal loro opposto, specialmente nei periodi dilotta tra liberalismo e socialismo. Bobbio definisce lo stato democraticola « più prossima attuazione della comunità personale » (46). L'idealedell'uguaglianza contro cui si scagliò Croce diventa in Bobbio meta, pro-gramma di ogni società civile, affermazione dell'individuo come personain una comunità di persone che si riconoscono tali e s'integrano a vi-cenda. Liberalismo democratico, dunque.

La democrazia in Italia.

Esiste oggi la democrazia in Italia? Per trovare una risposta soddi-sfacente Bobbio si pone in generale il problema del regime democraticoche, così com'è, non è attuato integralmente anzi è ben lungi (special-mente in Italia) dall'essere una realtà indiscutibile. Egli smentisce pri-ma di tutto il mito dell'autogoverno del popolo e afferma la validità del-la teoria delle élites o della classe politica o della classe dirigente (Moscae Pareto) secondo la quale è sempre una minoranza, un gruppo, a go-

(44) CESARE VASOLI, Tra cultura e ideologia. Milano, Lerici 1961, p. 499.(45) « Lezioni di filosofia del diritto », cit., pp. 218-9.(46) Id., p. 220.

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vernare. Considerare la democrazia solo da tale punto di vista equivar-rebbe a sminuirne l'importanza o addirittura a negarle la possibilità diattuazione. Bisogna rinunciare a pensare alla democrazia come allaconcretizzazione dell'autogoverno. E' necessario — per. Bobbio comeper Burzio — badare al modo in cui le minoranze che governano si for-mano e poi lasciano il potere. Con Burzio Bobbio afferma che « tutte leclassi politiche si autocostituiscono, ma le une, dopo essersi autocosti-tuite, si impongono, le altre, dopo essersi autocostituite, sí propongo-no » (47).

I tre coefficienti del regime democratico.

Il regime democratico — qui comincia la vera e propria analisi del-lo studioso torinese — può essere caratterizzato da tre coefficienti:1) formazione della classe dirigente o legittimità del potere. La giustifi-cazione del potere viene ai governanti dall'elezione popolare: classe di-rigente che si propone. La classe politica che invece s'impone trasmetteil potere attraverso l'ereditarietà che è — oltre l'elezione — l'altro mododi trasmissione del potere. I due metodi sono espressione di principicontrapposti: l'aristocratico e il democratico. 2) Verifica del consensocome necessaria integrazione della legittimità del potere. L'eletto ha unaresponsabilità di fronte all'elettore: non translatio imperii ma concessioimperii (distinzione usata dagli scrittori politici del Medioevo). Si trattadi un potere concesso dall'elezione popolare e sempre revocabile. 3) Mo-bilità della classe politica (Pareto: circolazione delle élites). E' propriodel regime democratico determinare la rapida circolazione delle classipolitiche in concorrenza cioè « l'alternanza delle classi politiche al po-tere » (48). Sintetizzando: I) principio del consenso popolare, II) prin-cipio della responsabilità politica, III) mobilità della classe dirigente.

Come sono attuate in Italia le tre componenti dello stato democratico.

I) La classe politica non è in rapporto diretto con il corpo eletto-rale. Tra popolo e governanti c'è la cooptazione dei partiti — il terzometodo di formazione della classe politica tra il metodo elettivo e l'ere-ditario. Le liste dei candidati elettorali sono espressione della direzionedei partiti. Il metodo elettivo non è integralmente applicato. Oggi lafunzione dei partiti diventa sempre più ampia e l'elettore difficilmenteriesce a sottrarsi al rigido inquadramento del partito. Dal 1959 (datadello scritto di Bobbio) la potenza dei partiti è enormemente aumentatadeterminando la partitocrazia. Sminuita la funzione del parlamento, che

(47) « Quale democrazia? », Prospettive di cultura 1959. Quaderno I. Brescia,s.d. ma 1960, p. 91.

(48) Id., p. 93.

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poteva ancora essere espressione della volontà popolare (sia pure attra-verso il rigido sistema di cooptazione), più in ombra rimane lavolontà dell'elettore. Il voto che questi esprime o la preferenza che eglidà sono l'unica occasione di avvicinamento tra la classe politica (siapure tuttora potenziale perché non eletta) e la massa dei governati.Tutti i bei principi, di democrazia liberalismo socialismo e le loro com-ponenti, passato il tourbillon elettorale, rientrano nel guscio dell'astrat-tezza. Non c'è possibilità di democrazia in Italia, mancando la possi-bilità del ricambio ad essa necessario cioè la mobilità della classe po-litica. La formazione della classe politica richiede sempre una minorepartecipazione dell'individuo: la cooptazione è il metodo dominante.

II) « E' integralmente attuato il principio della responsabilità dichi detiene il potere di governare? » (49): Bobbio rileva la presenza diun corpo compatto e sempre più potente che non ha alcuna responsa-bilità politica nei confronti degli elettori pur partecipando alle decisionipolitiche: la burocrazia. Essa è costituita dai funzionari stabili dellapubblica amministrazione. La burocrazia non responsabile politicamen-te frustra il controllo democratico. Non essendo soggetta al controllopolitico è un potere non democratico. I controlli a cui vanno sottopostii burocrati sono tecnici non politici. Il pericolo della burocrazia è gravequanto quello derivante dalla partitocrazia: entrambe smentiscono ilsentimento democratico di un popolo mettendo in crisi le istituzioni po-litiche. Controllando sempre meno le funzioni e l'attività dello stato edei gruppi ristretti che lo rappresentano e l'amministrano l'individuo siallontana sempre più da quel governo che dovrebbe essere autogovernocioè il suo governo.

III) Considerando poi la mobilità della classe politica attraverso lalibera concorrenza Bobbio riscontra la staticità della classe politica chenon permette un rapido e periodico ricambio. Tale stato di cose è raffi-gurabile nel cosiddetto centrismo politico. « In Italia non c'è in questianni la possibilità di un'alternativa tra destra e sinistra; vi è bensì unpartito di centro che può governare, a seconda delle circostanze, oravolgendosi a destra, ora volgendosi a sinistra, ora da solo » (50). Lamancanza di una vera e propria alternativa è caratteristica del nostropopolo (Bobbio qui ricorda il « vecchio trasformismo »). Essa è dovutaalla « scarsa omogeneità della nostra società » (51). In una societàeterogenea come la nostra le opposizioni tendono a divenire radicalideterminando una zona d'interessi che sta tra le une e le altre conci-liante le opposte prese di posizione.

(49) Id., p. 93.(50) Id., p. 95.(51) Id., p. 96.

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Rimedi suggeriti dal Bobbio.

Non si tratta di rimedi facili o di pronta verifica ma di rimedi a

lunga scadenza. « La democrazia italiana non è una democrazia sa-na » (52). E' necessario fare anzitutto una constatazione: « i vizidel regime democratico in Italia (...) non sono difetti istituzionali; epertanto non si possono correggere con riforme istituzionali, cioè conquelle riforme che si attuano con procedimenti di carattere legisla-tivo » (53).

Ricollegandosi al terzo punto (scarsa omogeneità della nostra so-cietà), Bobbio propone di omogeneizzare la società italiana togliendolela vocazione all'estremismo. Non è — lo si vede — un rimedio facile:implica una riforma non solo elettorale ma scolastica sociale economica.E' stato proposto di abbandonare il sistema elettorale proporzionale ri-pristinando il sistema del collegio uninominale: Bobbio non è convintodella bontà del mutamento. Proprio dalla scarsa omogeneità della no-stra società deriverebbe il pericolo di racchiudere tutta la vita politicain due soli partiti estremisti, il Fronte popolare e il Blocco nazionaledelle destre. Il rimedio sarebbe peggiore del male.

Il rimedio proposto contro l'irresponsabilità della burocrazia è ildecentramento regionale. Il rimedio non condurrebbe però a risultatiapprezzabili. Si creerebbe una specie di burocrazia nuova egualmentepericolosa e irresponsabile politicamente. Quello che più interessa (econvince) dell'atteggiamento di Bobbio nei confronti della burocraziaè la proposta di elevazione morale della classe politica per comprimerela classe dei funzionari. Non è — insiste — problema istituzionale.« L'instabilità della democrazia in Italia dipende principalmente dallamancata formazione di una classe politica degna di un grande paese ci-vile » (54). Bobbio accusa la sua generazione di aver fallito l'obiettivodi formare una classe politica « egregia per dignità, probità, intelligenzapolitica, forza di carattere, e competenza amministrativa ». Ancora unavolta si tratta di problema morale più che di fredde riforme politiche.

Il primo problema (interposizione dei partiti tra classe politica ecorpo elettorale) si può risolvere togliendo ai partiti l'infatuazione ideo-logica per restituirli all'opinione e all'interesse. Il problema concerne« non l'organizzazione, ma la natura stessa del partito in Italia ». I par-titi, intesi prevalentemente in funzione ideologica, « hanno una veritàda imporre » trasformando la libera adesione dell'individuo-elettore incieca e assoluta obbedienza alle sue direttive, la partecipazione attiva

(52) « La nostra democrazia », Il. Ponte, II, febbraio 1954, p. 183.(53) « Quale democrazia? », cit., p. 96.(54) Id., p. 99.

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in disciplina passiva. La cultura ha una responsabilità enorme: « si cre-de che il compito dell'intellettuale (militante) sia quello di elaborareideologie ». L'ideologia allontana dalla realtà: « la cultura italiana è an-cora malata (...) di ambizione speculativa » (55).

Ll liberalismo democratico di Bobbio.

Le considerazioni fatte non inducono Bobbio a scoraggiarsi. Egliinvita a considerare i mali delle altre democrazie (Francia e Stati Uniti)che impediscono la completa attuazione di un regime democratico. Lademocrazia, che è la forma più perfetta di governo, è anche la più diffi-cile. L'antinomia sta nella conciliazione tra libertà e potere. Massimadel regime democratico può essere questa: « fare in modo, per un verso,che la libertà concessa ai singoli cittadini non sia tanto ampia da ren-dere impossibile l'unità del potere, e per l'altro verso, che l'unità delpotere non sia tanto compatta da rendere impossibile l'espansione dellalibertà » (56). Una formula astratta, ammette Bobbio. Sul piano delleistituzioni il problema è stato risolto con la separazione dei poteri e colsistema parlamentare dei due partiti (tale sistema assicura la stabilitàe l'efficienza del governo).

Fin qui s'è parlato di democrazia come di un complesso d'istitu-zioni o tecniche di governo cioè di mezzi. L'altro concetto di democraziaderiva dalla considerazione del fine che con quei procedimenti di go-verno si vuole raggiungere. Dopo i giudizi di fatto quello di valore: va-lore della democrazia è l'uguaglianza, fine da raggiungere in un regimedemocratico. « E l'uguaglianza è uno di quei valori supremi che non sidiscutono, ma si credono. Non è che gli uomini siano eguali (...). L'egua-glianza è un punto d'arrivo (...). Gli uomini devono essere eguali. L'egua-glianza non è un fatto da constatare, ma un dovere da compiere » (57).La democrazia diventa così « una fede »: ideale di eguaglianza e compitodi giustizia, ideale morale in cui credere istintivamente e da perseguirecon ogni sforzo per elevare una politica da « pura espressione di po-tenza » a componente fondamentale del miglioramento della condizionedell'uomo.

Il passaggio dal liberalismo alla democrazia.

« Liberalismo e democrazia non sempre si possono facilmente di-stinguere perché rappresentano due momenti della stessa lotta controlo Stato assoluto, che se, come Stato senza limiti, offende la libertà, come

(55) Id., pp. 100-1.(56) Id., pp. 102-3.(57) Id., p. 105.

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Stato fondato sul rango, sui privilegi di ceto, offende l'eguaglianza. Ciono-nostante sono due momenti distinti, e spesso, nella storia costituzionale,appaiono contrapposti, anche se oggi essendo confluiti l'uno nell'altro,hanno dato origine ai regimi che sono insieme liberali e democrati-ci » (58). E altrove: « Così come l'ideale dell'uguaglianza politica e giu-ridica ha via via integrato quello liberale della libertà individuale, cosìl'ideale dell'uguaglianza sociale ed economica, propugnato dal sociali-smo, si è sovrapposto e talvolta si è contrapposto, nel corso dell'ultimosecolo, a quello democratico. Anche il socialismo muove da una aspira-zione egualitaria: ma considera l'eguaglianza politica e giuridica, pro-mossa dalla dottrina democratica, un'eguaglianza puramente forma-le » (59):

La democrazia è per Bobbio la necessaria integrazione del liberali-smo (che spesso — così come espresso dall'A. — è un liberalismo idea-le: non si può fare a meno di ricordare la concezione metapolitica delCroce, del quale Bobbio apprezzò la funzione di guida della resistenza,dichiarandosi a sua volta alieno da astrazioni e da idealizzazioni dellarealtà). Kelsen vide la separazione tra democrazia e liberalismo nelladiversa posizione dell'individuo di fronte al potere statuale: « libertàdell'individuo dal dominio dello Stato » nel liberalismo, « partecipazionedell'individuo al potere dello Stato » nella democrazia. Kant parlò dellalibertà in termini di « autonomia » (libertà democratica) ma la sua ac-cettazione non era inconciliabile con la definizione della libertà come« non-impedimento ». Le due concezioni « corrispondono a due diversimomenti dello sviluppo della società » (60). Si tratta di una libertànaturale (liberalismo) e di una libertà politica (democrazia). « La lottaper lo stato moderno è stata combattuta in favore dell'una e dell'altra,e le moderne costituzioni degli stati democratici le riconoscono entram-be, la prima sotto forma di attribuzione dei cosidetti diritti di liber-tà (...), la seconda sotto forma di attribuzione dei cosidetti diritti po-litici » (61).

Dottrina della libertà.

Bobbio ritiene anzitutto che lo stato kantiano sia la manifestazionepiù genuina dello stato liberale, perché Kant « innesta sulla concezionerousseauiana della libertà la vecchia concezione liberale della libertà

(58) BOBBIO - PIERANDREI, Introduzione alla Costituzione. Bari, Laterza 1965, p. 19.(59) Id., p. 21.(60) CARLO VIOLI, Diritto e Stato nel pensiero di E. Kant (Rileggendo un libro

di N. Bobbio), Società, XVI, maggio 1960, n. 3, pp. 450-69.(61) « Diritto e Stato nel pensiero di E. Kant ». Torino, Giappichelli 1957, p. 221.

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naturale, e attribuisce allo stato non solo il compito di attuare l'auto-nomia della volontà ma di garantire a ciascun cittadino una sfera di li-bertà come facoltà di agire senza trovare ostacoli negli altri » (62).

La dottrina della libertà è la parte più importante « e duratura » (63)del volume Politica e cultura. Si sviluppa in tre saggi: « Democrazia edittatura » (già pubblicato in « Nuovi Argomenti », 1954 - fasc. 6), « Del-la libertà dei moderni comparata a quella dei posteri » (id. - fasc. 2),

Libertà e potere » (id., 1955 - fasc. 14).

1) Senso generico (marxista) e senso specifico (giuridico) del termi-ne « dittatura ».

Nel termine dittatura è possibile distinguere un senso generico eun senso specifico. Nel primo senso (marxista) tutti gli stati, in quantotali, sono dittature come strumento di dominio di una classe sull'altra.Nel secondo (giuridico) sarebbero dittature solo quegli stati in cui siapplicano restrizioni alla libertà di espansione dell'individuo e in cuinon c'è controllo democratico dei poteri. Operata la distinzione Bobbioauspica una « maggiore adesione » dei comunisti occidentali alle isti-tuzioni liberali. Ciò per due motivi: 1) « La storia degli ultimi anni hasmentito la dottrina dell'ineluttabilità della degenerazione degli stati li-berali in stati fascisti, dal momento che la sconfitta è toccata non aiprimi ma ai secondi »; 2) « l'uso e l'abuso dei metodi tradizionali delladittatura nel regime sovietico, per lo meno durante il periodo stali-niano (...), devono avere ormai mostrato a sufficienza che l'abbandonodi certe tecniche istituzionali e costituzionali, collaudate da lungo tem-po in alcuni paesi occidentali, produce gravi inconvenienti (...), e devo-no aver fatto cadere molte illusioni che si possa creare uno stato chenon assomigli immediatamente a una dittatura non appena si ripudi latecnica di governo dello stato liberai-democratico » (64). Bobbio po-stula insomma « l'inserimento dell'esperienza comunista nello sviluppodella società liberale (di cui il comunismo è certamente figlio, se purnon ancora a pieno diritto l'erede) » (65).

2) Libertà come non-impedimento e libertà come autonomia, ovverolibertà liberale e libertà democratica.

Nel saggio intitolato « Della libertà dei moderni comparata a quelladei posteri » Bobbio risponde alle critiche rivolte all'articolo « Demo-crazia e dittatura » da Galvano della Volpe nel suo « Rousseau e

(62)Id., p. 222.(63) RENATO SoLmi, I piatti della bilancia. In Notiziario Einaudi, IV, ottobre

1955, n. 10.(64) « Politica e cultúra », cit., p. 157.(65)Id., p. 159.

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Marx » -- nella terza edizione del volume (66), a dì fferenza che nellaprima, il marxista Della Volpe riconosce a Bob bio un aspetto importantedella sua teoria « liberai-democratica ». Qui Bobbio chiarisce la distin-zione tra libertà come non-impedimento o sfera di liceità del singolonei confronti dello stato e libertà come autodeterminazione (o autono-mia), tra libertà in senso liberale e libertà in senso democratico. Perlo studioso torinese la libertà come autonomia presuppone la libertàcome non-impedimento anche se non è data in uno con essa. « Le isti-tuzioni democratiche (prime fra tutte il suffragio universale e la rap-presentanza politica) sono dunque un correttivo, un'integrazione, unperfezionamento delle istituzioni liberali; non ne sono né una sostituzio-ne né un superamento (...). Quando io uso la formula 'liberai-democra-zia', anziché semplicemente democrazia, non la uso, come sembra cre-dere il Della Volpe (il quale intende 'liberale' per 'borghese'), in sensolimitativo, come se credessi che accanto alla democrazia liberale possaesserci una democrazia non liberale. Per il nesso ineliminabile esistentetra libertà come non-impedimento e libertà come autonomia, quandoparlo di liberai-democrazia parlo di ciò che per me è l'unica possibileforma di democrazia effettiva (...) » (67). Autonomia vuol dire poteredi dare norme a se stessi (costrizione ne è l'opposto): le norme cheregolano la vita della comunità devono essere conformi ai desideri deicittadini come loro stessa espressione. La ragione storica per cui ilconcetto di libertà come autonomia ha avuto il sopravvento su quellodi libertà come non-impedimento è da ricercare — sottolinea Bobbio —nella necessità di ridurre le continue limitazioni della libertà individualeda parte dello stato. Perché, se pure ci si deve assuefare alla diminu-zione della libertà, è meglio correre ai ripari riducendo il concetto dilibertà come non-impedimento a quello di libertà come non-costrizione,di quello certo meno ampio quindi di più facile affermazione di fronteall'invadenza del potere dello stato. « Se lo stato diventa sempre piùinvadente e questa invadenza è inevitabile, si faccia in modo che i li-miti diventino, per quanto è possibile, auto-limiti, nel senso che i limitialla libertà vengano posti da coloro stessi che li dovranno subire » (68).In realtà, insiste Bobbio, « una generale situazione di larga liceità ècondizione necessaria per la formazione di una volontà autonoma » (69).Mentre la tradizione liberale, da Locke a Kant, tutela la libertà naturalecioè cura che le leggi naturali operino integralmente, la tradizione de-mocratica, da Rousseau a Hegel, elimina la libertà naturale — che è

(66) G. DELLA VOLPE, Rousseau e Marx. Roma, Ed. Riuniti 1962, pp. 41-58.(67) « Politica e cultura », cit., p. 178.(68) Id., p. 175.(69) Id., p. 176.

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propria dell'individuo singolo — e la trasforma in libertà civile — cheè adeguamento della volontà del singolo alla volontà della comunità.Libertà dalla comunità per i liberali, libertà nella comunità per i de-mocratici.

3) Libertà come non-impedimento e libertà come potere ovvero liber-tà liberale e libertà socialista.

Con Bobbio polemizzò anche, sulla democrazia, Roderigo di Casti-glia (Paltniro Togliatti). Egli pubblicò, in risposta, « Libertà e potere »operando un'ulteriore distinzione tra libertà come non-impedimento elibertà come potere, libertà di fare e di non fare e potere effettivo difare. La terza libertà, che è quella dei socialisti, attribuisce il potere difare qualche cosa. La conclusione è nella conciliazione fra i treconcetti di libertà, espressione delle dottrine che hanno domi-nato l'orizzonte politico del secolo ventesimo. Conciliazione che ha perpresupposto il punto di partenza del pensiero politico di Bobbio: laconcezione liberale dello stato. La nozione di libertà propria della dot-trina liberale può essere integrata oltre che dalla nozione di libertàcome autonomia propria della dottrina democratica dalla nozione dilibertà come potere elaborata dalla dottrina socialista. Come la libertàdei democratici la libertà socialista presuppone la libertà individualenel senso della dottrina liberale. La libertà dei liberali è « facoltà difare o non fare », quella dei socialisti « potere di fare ». « Direi — pre-cisa Bobbio — che nel linguaggio comune italiano il significato correntedel termine « libertà » riferito ad atti umani è il primo non il secondo.Soltanto nel linguaggio tecnico, giuridico e politico, il termine « libertà »può assumere anche il secondo significato » (70). La libertà come non-impedimento non è propria di una classe, la borghesia, pur essendo unasua conquista. Essa è la libertà di tutti, la libertà che « interessa tuttigli uomini » (71).

Bobbio: la nozione di libertà dei liberali va integrata con la nozione dilibertà di democratici e socialisti.

La nozione di libertà elaborata dalla dottrina liberale (e storica-mente propria della classe borghese: a disposizione dell'umanità unavolta caduta la borghesia) va necessariamente integrata con la nozionedi libertà data dai democratici e con quella propria dei socialisti. E'inutile e infruttuoso voler procedere a considerare una sola delle trelibertà. « Difendiamo un nucleo di istituzioni che hanno fatto buona

(70) Id., p. 273.(71) Id., p. 278.

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prova e vorremmo, ecco int io, che si trapiantassero anche nello statosocialista. Vorremmo che coloro che saranno destinati a governare innome di nuovi ceti più degni di quelli che stanno per morire non di-menticassero una lezione che dura da tre secoli » (72).

Si può definire valida politicamente tale posizione? Si può pensarea un'attuazione della dottrina della libertà che si serve di elementi, anzidi programmi, così eterogenei come quelli liberale socialista e demo-cratico? Certo Bobbio parte dal punto di vista dell'intellettuale che pro-muove l'attuazione dei principi, incita all'azione, non del politico chedà vita ai programmi. Tra teoria e pratica c'è un abisso. Conciliare in-teressi e ideologie è assai arduo. Probabilmente una duratura coesisten-za pacifica permetterà alle tesi di Bobbio di trovare conferme nellarealtà storica.

Meriti del marxismo.

« Io sono convinto che se non avessimo imparato dal marxismoa veder la storia dal punto di vista degli oppressi, guadagnando unanuova immensa prospettiva sul mondo umano, non ci saremmo sal-vati » (73). Cioè il patrimonio liberale non si sarebbe salvato. E' im-portante la posizione del Bobbio: pur senza venir meno all'intransigenzadei principi si spinge sino ad affermare una sorta di complementarità— oltre e attraverso i contrasti immediati — tra l'azione degli intellet-tuali « liberali » e quella dei partiti socialisti. « Credo che la democraziaabbia bisogno, sempre maggior bisogno, di intellettuali mediatori » (74).

Conclusione.

Bobbio iniziò a predicare l'« invito al colloquio » in un periodo digrave tensione e di crisi internazionale. Era il 1951 l'anno della guerradi Corea. Occorreva ristabilire prima di tutto quella comune unità dilinguaggio e di misura critica e di metodologia razionale in tutti, neimarxisti come nei loro avversari. Gli intellettuali della stessa fede po-litica del Bobbio non compresero tutti l'importanza dell'appello (Gui-do Calogero, critico attento della filosofia crociana e gentiliana, elaboròuna dottrina politica, il liberalsocialismo che si riallacciava al sociali-smo liberale di Carlo Rosselli e costituì il piano teorico intorno a cuis'andò articolando l'azione politica del gruppo Giustizia e Libertà e inseguito del Partito d'Azione). Forse lo considerarono inopportuno: co-

(72) Id., p. 280.(73) Id., p. 281.(74) Id., p. 282.

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munque lo lasciarono cadere nel nulla. Il colloquio s'è quindi stabilitotra Bobbio liberale-democratico di fede e alcuni rappresentanti del mo-vimento socialista e marxista italiano: Bianchi- Bandinelli, Della Volpe,Togliatti.

La posizione di Bobbio è indubbiamente liberale. Non si tratta infondo di un liberalismo di partito, ma di una concezione propria delliberalismo metapolitica in parte (come quella del Croce): liberalismocome condizione della realtà umana in sé. Posizione autonoma, dunque,pur se Bobbio risente dell'influsso della scuola gobettiana con la qualeha avuto contatti e per il cui capostipite ha avuto una vera e propriavenerazione. Il liberalismo (occorre ripeterlo) come posizione etica, real-tà stessa dello spirito, si concreta in certe situazioni giuridiche che co-stituiscono lo stato liberale. Egli « sembra volerlo negare » (75). E' in-fatti l'accusa che Bobbio muove al liberalismo crociano capace di su-scitare entusiasmi in particolari momenti storici ma in concreto inca-pace di affermarsi in una vera e propria società liberale (salvi gli altriaddebiti rivolti al Croce, per il suo antidemocratismo ecc.). L'esigenzaliberale diviene in Bobbio esigenza permanente dell'umanità non di unaclasse a svantaggio dell'altra. In questa direzione si svolge la concezionedella libertà ch'egli pone in termini tecnico-giuridici astenendosi daastruserie filosofiche: il valore umano della libertà .

Bobbio definisce la sua concezione del mondo « illuministico-pessi-mistica » (76). Il pessimismo non è rinuncia, ma incentivo a impegnarsisempre di più e meglio senza attendersi « premi » o « conferme », « consentimento di umiltà ». La politica ha « un valore strumentale non fi-nale ». La politica come arte della convivenza: lo insegna Aristotele. « I.La politica è strumentale; II. la politica è necessaria. O, in sintesi, lapolitica è uno strumento necessario per la realizzazione di ogni formadi civile convivenza » (77).

La posizione del Bobbio è illuministica: illuminismo come « sceltamorale » (78). Ritorno all'illuminismo, anzi illuminismo nuovo, che colvecchio divide tre concetti: « fede nella ragione contro la risurrezionedi vecchi e nuovi miti; aspirazione ad impiegare la scienza a fini di uti-lità sociale, contro il sapere contemplativo e oziosamente edificante; fi-ducia nel progresso indefinito dell'umanità, contro l'accettazione d'una

(75) A. MONIESPERELLI, Rec. a N. Bobbio, Politica e cultura. In I problemidella pedagogia. III, marzo-aprile 1957, n. 2, pp. 323-36.

(76) « Politica e cultura », Atti del Convegno di studio. Lugano, 6 ottobre 1962.A cura della Fed. Goliardica Ticinese, Bellinzona, p. 62.

(77) Id., p. 17.(78) Rec. a Hughes H. S., Consciousness and Society. The Reorientation of

European( Social Thought (1890-1930). In Rivista Storica Italiana, LXXI, settembre1959, n. 3, p. 514.

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storia che monotonamente si ripete » (79). Proprio il pessimismo distin-gue il rinnovato illuminismo dal vecchio (fede assoluta nella ragioneecc.) e quindi incapace di aderire alla realtà storica in cui l'uomo vive.

A prescindere dalle somiglianze con Gobetti e Croce (Solari in uncerto senso), l'attività politica di Bobbio si svolge entro precisi limiti,dell'intellettuale rivolto all'attività pratica ma solo in quanto intellet-tuale non anche in quanto politico. Egli promuove l'azione, predica lamediazione, esalta la persona (e la libertà: ma c'era stato per questo ilCroce): toccherà al politico raccogliere i dati e porre in atto i suggeri-menti. La scarsa preparazione e l'irresponsabilità del politico sono in-dice della mancanza di una chiara coscienza morale e costituiscono unodei vizi che impediscono alla democrazia di attuarsi in pieno.

Bobbio elabora la formula di una democrazia liberale per evitareal liberalismo nuovi errori (il predominio di una classe, la borghese,sull'altra). E giunge ad affermare che anche in regimi di nessuna tra-dizione liberale (Unione Sovietica) il liberalismo può essere la base sucui costruire (anche) la libertà socialista. Il liberalismo, una volta pas-sato dalla parte degli oppressi, può perpetuarsi in istituzioni atte a ga-rantire l'integrità della coscienza individuale e a svilupparne il deside-rio di libertà. Insomma, il liberalismo non è destinato a morire: puòsalvarsi integrandosi in una democrazia liberale o in una democraziasocialista. Concezione, per certi aspetti, rivoluzionaria che assegna alliberalismo una parte importante, che ne rispolvera la genuinità elimi-nando errori e vizi.

Lo stato di Bobbio resta quello limitato, di diritto. Per quanto ri-guarda la libertà egli si avvicina molto alla concezione metapolitica delliberalismo crociano. La libertà è un ideale morale da tutelare, statod'animo d'ogni individuo, espressione della coscienza morale di ciascu-no. La persona è il valore morale dell'individuo elevazione dell'uomoa un livello morale. Ciascun uomo dev'essere considerato persona e ogniuomo deve riconoscere nel vicino nell'amico o nel nemico una persona.E' il punto di partenza per l'azione politica e per la convivenza civile.

Se la dignità della persona spinge Bobbio a ritenerla un punto fer-mo per l'inizio di studi e riforme la dottrina della libertà pone il suopensiero su un piano prettamente politico. Valida sul piano teoricoresta l'integrazione dei tre concetti di libertà; in pratica la cosa cambiaaspetto.

L'ultima affermazione, in ordine di tempo, di Bobbio sul valoredella libertà è in una commemorazione di Ginzburg. « Era una politica,anche la sua, che scaturiva da una fondamentale ispirazione etica. Manoi eravamo più legati al passato, di fronte al quale il presente, cioè

(79) Citato da A. MONTESPERELLI, cit.

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il fascismo, rappresentava un momento di paurosa involuzione. Erava-mo destinati a diventare non dei rivoluzionari ma dei restauratori. Ilnostro problema sarebbe stato quello di ripristinare le condizioni ele-mentari di una libera convivenza. Il resto sarebbe venuto da se. Oggisappiamo che la libertà si può usare non per educare ma per corrom-pere, non per accrescere il proprio patrimonio ma per dilapidarlo, nonper rendere gli uomini più saggi e nobili, ma per renderli più ignorantie volgari. La libertà si può anche sprecare. Si può sprecarla sino alpunto di farla apparire inutile, un bene non necessario, anzi dannoso.E a furia di sprecarla, un giorno o l'altro (vicino? lontano?) la perde-remo. Ce la toglieranno. Non sappiamo ancora chi: se coloro che ab-biamo lasciato prosperare alla nostra destra, o coloro che stanno cre-scendo impetuosamente alla nostra sinistra. Abbiamo comunque il so-spetto, alimentato da una continua severa lezione durata mezzo secolo,che la differenza non sarà grande. Ma al momento buono nessuno cicrederà » (80).

Già nessuno ci crede, se si continua a invocare l'intervento risolu-tore. Un'ulteriore lezione sul significato genuino del termine libertà.

GIANFRANCO SCRIMIERI

(80) « A venticinque anni dalla morte. Dialogo con Leone Ginzburg », In Re-sistenza. Giustizia e Libertà. XXXIII, aprile 1969, n. 4, p. 10.

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