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IN COPERTINA......................................22 Angelino Alfano Piero Grasso RIFORMA PREVIDENZIALE............58 Antonio Mastrapasqua LAVORO..................................................46 Maurizio Sacconi Pietro Ichino CREDITO...............................................120 Roberto Bertola Nicolò Garozzo TRASPARENZA..................................130 Massimiliano Dona IL MODELLO FIAT...............................54 Sergio Marchionne Renato Schifani Ignazio La Russa

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10 • DOSSIER • SICILIA 2010

OSSIERSICILIA

EDITORIALE..............................................12Raffaele Costa

L’INTERVENTO.........................................15Renato SchifaniIgnazio La Russa

LA REGIONE IN CIFRE............................18Le eccellenze del 2010

PRIMO PIANO

IN COPERTINA ......................................22Angelino AlfanoPiero Grasso

LEGALITÀ ...............................................30Alfredo MantovanoPietro AlongiMario MorconeLuigi GiampaolinoLucio Guarino

LAVORO ..................................................46Maurizio SacconiPietro Ichino

IL MODELLO FIAT...............................54Sergio Marchionne

RIFORMA PREVIDENZIALE............58Antonio Mastrapasqua

LAVORO NERO.....................................62Domenico Achille

PLURALISMO .......................................66Maurizio Gasparri

IL PAESE E LA POLITICA ................68Bruno Vespa

L’INCONTRO .........................................72Assunta Almirante

ECONOMIA E FINANZA

IMPRENDITORI DELL’ANNO ..........76Elio PintaldiRiccardo CoffaEnzo TavernitiRocco AbateDiego LeoneNadia Speciale Salvatore PrestifilippiGiovanni SpadolaVincenzo ScuderiGiuseppe FernandezGiovanni GiudiceRocco LardaruccioAlfio Cavallaro

COMPETITIVITÀ .................................114Ferruccio Dardanello

CREDITO ...............................................120Roberto BertolaNicolò Garozzo

SOCIETÀ ...............................................126Giuseppe Roma

TRASPARENZA ..................................130Massimiliano Dona

INNOVAZIONE ....................................134Luciano MaianiFranco BernabèUmberto La CommareGiovanni Perrone

GRANDE DISTRIBUZIONE ............148Pietro AgenMarco VenturiAntonio Percassi

CONFINDUSTRIA ..............................155Domenico Bonaccorsi di Reburdone

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RIFORMA FISCALE ..........................160Claudio Siciliotti

CONSULENZA FINANZIARIA .......164Tindaro Cicirella e Domenico Milone

CONSULENZAE FORMAZIONE .................................166Emilio Romano

TERRITORIO

IMPRENDITORI DELL’ANNO ........168Francesco Rosario AvernaWind JetGaetano NicolosiEnzo e Santo Zuccaro Emanuele MossaVincenzo PulinoGiuseppe Mele

RETE AEROPORTUALE ..................186Mario Valducci

AMBIENTE

FOCUS ENERGIA...............................190Stefania PrestigiacomoStefano Saglia, Giovanni LelliPiero GnudiChicco Testa

RIFIUTI..................................................206Giosuè Marino

GIUSTIZIA

DIRITTO FALLIMENTARE ..............210Giovanni Battista MacrìCarlo Federico Grosso

RIFORME ..............................................216Grazia Volo

SANITÀ

POLITICHE SANITARIE .................220Ferruccio Fazio

CORSIE D’ECCELLENZA ..............222Salvatore ManninoGiuseppe ProfitiGiacomo Pongiglione

ONCOLOGIA .......................................228Umberto VeronesiFrancesca Catalano

TRATTAMENTI DIALITICI..............236Francesco TodaroMaria Rosaria Di Francesca

ARTICOLI SANITARI .......................238Concetta Marsalone

SICILIA 2010 • DOSSIER • 11

Sommario

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IMPRENDITORIDELL’ANNO

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LA REGIONE IN CIFRE

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uello che si sta per concludereè un anno che evidenzia unatimida fase di ripresa dagli ef-fetti della difficile congiunturaeconomica che non ha rispar-

miato neanche le imprese siciliane. Dossier Si-cilia ha voluto individuare gli imprenditorivirtuosi che si sono distinti nel 2010 per lescelte che hanno portato le loro aziende a rag-giungere risultati rilevanti in termini di fat-turato e di crescita. Le diverse sezioni della ri-vista si aprono, infatti, con quelli che sono“gli imprenditori dell’anno”, selezionati sullabase di parametri che vanno dalla propen-sione all’investimento all’internazionalizza-zione, dalla ricerca e innovazione al legamecon il territorio, dalla riorganizzazione azien-dale all’affermazione del brand.L’obiettivo della rivista è quello di scattareuna fotografia della situazione economicadella Sicilia attraverso gli occhi degli addettiai lavori, e di tastare il polso dell’imprendi-toria regionale evidenziando le scelte che sisono rivelate vincenti. Elementi che hannopermesso, attraverso politiche mirate, di in-crementare le prestazioni aziendali.Per quanto riguarda l’economia regionale,dai dati forniti da Banca d’Italia sull’anda-mento generale, emerge una situazione diforte rallentamento di tutti i comparti eco-nomici siciliani, provocato essenzialmente dauna domanda interna ancora in calo chefrena la produzione e da un tasso di disoccu-pazione (13,9)% in crescita, ormai il più altodel Paese. Se si aggiungono i lavoratori co-siddetti scoraggiati, cioè coloro che non si

iscrivono nelle liste dei disoccupati perchénon sperano di trovare un lavoro, tale tassosfiora il 20%. In Sicilia dovrebbe però essersiarrestata la fase più acuta della recessione an-che se il processo di normalizzazione è sicu-ramente destinato a protrarsi a lungo. Il mercato del lavoro è sicuramente quelloche desta più preoccupazioni dove nel 2010si stima una smobilitazione pari a 40/45 milaoccupati rispetto al 2009. Per quanto ri-guarda l’industria ci sono deboli segnali inpositivo per il manifatturiero e nel settoredelle costruzioni si è verificato un discreto re-cupero di produzione rispetto ai bassi livellidi dodici mesi prima. Nel quadrimestre gen-naio/maggio 2010 le consegne della materiaprima da parte dell’industria cementiera si-ciliana sono state pari a 89212 mila tonnel-late, segnando un incremento dell’8,6 percento sullo stesso periodo dell’anno prece-dente. La depressione dell’economia ha avutoun impatto negativo anche sull’agricoltura,che ha scontato un aumento dei costi di pro-duzione mediamente superiore ai prezzi divendita. Sul fronte esportazioni nel primotrimestre 2010 i flussi commerciali dell’isolacon il resto del mondo hanno mostrato unconsistente rilancio, chiudendo il periodo al-l’insegna di aumenti in termini monetari del45,4 per cento le esportazioni e del 67,9 percento le importazioni. Le aziende siciliane stanno cercando di fron-teggiare la situazione con una riorganizza-zione produttiva e commerciale, confidandodi poter essere in grado di affrontare i nuoviscenari economici.

Q

Capitani d’industria che si sono distinti quest’anno in Sicilia per le performance delle loro aziende.

Successi dovuti a strategie imprenditoriali che hanno avuto il merito di contrastare in maniera

efficace gli effetti della difficile congiuntura economica. Dossier intende dare a questi imprenditori

il giusto risaltoNicolò Mulas Marcello

Le eccellenze del 2010

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IN COPERTINA

22 • DOSSIER • SICILIA 2010

Lotta alla mafia, nuovi traguardiLe norme antimafia varate dal Governo stanno indebolendo

le organizzazioni criminali. Ma, come evidenzia il ministro

della Giustizia Angelino Alfano, bisogna «andare avanti

senza abbassare, neanche per un solo giorno, l’asticella

della tensione antimafia»

Leonardo Testi

Continua incessante daparte dello Statol’opera di smantella-mento di ogni forma

di criminalità mafiosa. L’ultimosuccesso in ordine cronologico ri-sale a fine novembre con la vastaoperazione antimafia denominata“The end” a Partinico, in provin-cia di Palermo, condotta dai cara-binieri del Gruppo di Monreale suordine della Dda del capoluogo si-ciliano, che ha portato all’arrestodi 23 persone accusate di associa-zione per delinquere di stampomafioso ed estorsione. È stato az-zerato il mandamento mafioso diPartinico, importante crocevia trale province di Palermo e Trapani,negli ultimi anni al centro di unavera e propria faida tra famigliemafiose rivali. «Una dopo l’altra,sotto i colpi della squadra Stato,cadono le roccaforti del crimineorganizzato e vengono assicuratialla giustizia pericolosi boss e affi-

liati a cosche e famiglie mafiose,mentre lo Stato si riappropria diterritori che per troppo tempo glierano stati sottratti», è stato ilcommento del ministro della Giu-stizia, Angelino Alfano. Oltre acolpire a livello militare la strut-tura delle organizzazioni mafiose,è necessario intervenire sul pianoeconomico, per indebolire le co-sche nell’elemento dove oggi ri-sultano più forti, ossia il radica-mento nel tessuto produttivo,imprenditoriale e sociale. Il 15 novembre scorso c’è statol’ennesimo sequestro di beni, que-sta volta per un valore complessivodi oltre 22 milioni di euro, dispo-sto dal Tribunale di Palermo aidanni del clan Madonia: «il se-questro dimostra la bontà dellenorme varate dal governo, normeche magistratura e forze dell’or-dine utilizzano per impoverire lacriminalità organizzata», ha di-chiarato il Guardasigilli che, nel

2009, firmò il ripristino del 41 bisper Giuseppe Madonia, affer-mando la perdurante influenza delboss all’interno del mandamentodi Resuttana. «Feci bene – ha pro-seguito Alfano – a riapplicare il41 bis dopo l’annullamento delTribunale di sorveglianza». I successi sul fronte della lotta allacriminalità organizzata non ri-guardano, comunque, solo la Sici-lia. Basti ricordare gli arresti delboss Francesco Barbato a ottobre edel superlatitante Antonio Iovineil 17 novembre scorso, entrambiappartenenti al clan camorristicodei Casalesi, e l’azzeramento, nel-l’ambito dell’operazione “Hinter-land”, di due clan storici che daanni infestavano il territorio dellaprovincia di Bari: «quasi un centi-naio fra boss e affiliati – continuaAlfano – sono stati assicurati allagiustizia e, quel che più conta,sono stati smantellati i pesantitraffici di stupefacenti che le due

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxI successi dello Stato

SICILIA 2010 • DOSSIER • 23

pericolose organizzazioni mafiosesvolgevano nella zona». Tornando alla situazione siciliana,i risultati conseguiti in materia dilotta a Cosa nostra non devonoperò lasciar calare l’attenzione suifenomeni malavitosi o far allen-tare la presa da parte di tutti i sog-getti coinvolti. È perciò intenzioneda parte del ministro Alfano, con-tinuare a garantire un impegno co-stante per quanto riguarda la co-pertura degli organici delle procuresiciliane. Verranno, innanzitutto,prese in considerazione le istanzepresentate dal procuratore di Ca-tania, che ha invocato maggiori ri-sorse umane e materiali per con-trastare la mafia catanese. Non cisarà, inoltre, alcun intervento per

ridurre la pianta organica dellaProcura di Palermo, con la conse-guente soppressione di numerosiposti di pm e di almeno un postodi procuratore della Repubblicaaggiunto. «Non lo farò neanche seciò dovesse risultare conseguente ecoerente con i parametri statisticiche sorreggono il riordino dellepiante organiche degli uffici giu-diziari italiani, cui le articolazioniministeriali stanno dedicandotempo ed energie per una mag-giore efficienza del sistema di at-tribuzione delle risorse umane sulterritorio nazionale. Non lo farò,nonostante le tabelle statistiche midicano il contrario. Non lo faròperché i numeri non spieganotutto. Soprattutto, i numeri non

spiegano il sangue delle stragi».All’inizio degli anni Novanta, in-fatti, l’organico della Procura diPalermo contava solo 23 sostitutie la dotazione è stata progressiva-mente aumentata a 64 unità neigiorni successivi alle stragi. «Io ri-cordo quel sangue – conclude ilministro – e sono parte di quelloStato che non si accontenta deisuccessi raggiunti e intende an-dare avanti senza abbassare, nean-che per un solo giorno, l’asticelladella tensione antimafia».

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Una dopo l’altra, sotto i colpi della squadra Stato, cadono le roccaforti del crimine organizzato e sono assicurati alla giustizia pericolosi boss e affiliati a cosche e famiglie mafiose

In apertura,

il ministro della Giustizia, Angelino Alfano;

in alto, l’arresto di Antonio Iovine;

qui sopra, Leonardo Vitale, Roberto Rizzo,

Domenico Parra arrestati a Partinico il 30 novembre

a seguito dell’operazione “The end”

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IN COPERTINA

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Per il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, il potenziamento

del contrasto alla criminalità organizzata passa anche da

aggiustamenti legislativi e politiche di sviluppo per il Sud.

E soprattutto dalla collaborazione di tutti gli attori della società

Francesca Druidi

a natura insidiosa dellacriminalità organizzatarisiede oggi nella suapropensione a esseremeno visibile e spesso

meno violenta, ma al contempomolto più capace di penetrare ogniambito del sistema Paese e di infil-trarsi in profondità nei meandridell’economia legale. «Ritengo sianecessario recidere anche quelle re-lazioni esterne – spiega il procura-tore nazionale antimafia PietroGrasso – che la criminalità instauracon molti ambiti della società,quell’area grigia che permette allamafia di fare gli affari». L’attualecondizione di Cosa nostra ne è unulteriore, emblematico, esempio.La mafia è oggi in difficoltà sulpiano militare, «Cosa nostra ha su-bìto i maggiori colpi da parte dellarepressione dello Stato» confermaGrasso, ma non per questo va resameno intensa l’azione di contrasto.L’organizzazione, infatti, sta mu-

tando volto, rendendo le sue atti-vità meno visibili e maggiormenteindirizzate a un approccio di tipoeconomico.

L’agenzia per la gestione dei beniconfiscati creata a Reggio Calabriarappresenta un primo e fondamen-tale passo verso una razionalizza-zione sempre più efficiente deltema della destinazione dei benisottratti alla mafia. È questa lastrada migliore da percorrere perarginare il potere economico dellecosche mafiose, ormai esteso a tuttaItalia e anche all’estero?«Il problema principale è in primissequestrare e successivamente con-fiscare i beni, sottraendoli alla cri-minalità organizzata. Ciò costitui-sce una priorità, perché abbiamopotuto constatare che mentre le filadella criminalità, anche dopo gli ar-resti, vengono colmate da altri sog-getti che ne prendono il posto, di-venta invece molto più complessosostituire i beni, immobili, aziende

L

ARGINARE QUELL’AREA GRIGIACOLLEGATA ALLA MAFIA

Pietro Grasso,

procuratore nazionale

antimafia

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26 • DOSSIER • SICILIA 2010

o terreni, che in maniera progres-siva erano stati accumulati. L’am-ministrazione e la destinazione deibeni confiscati individuano, dun-que, la strategia prioritaria che si èmessa in atto. Una strategia chemira a ottenere effetti anche sottoil profilo etico, come ad esempioriconquistare il consenso delle po-polazioni, soprattutto del Mezzo-giorno, che registrano la presenzadella criminalità mafiosa e chespesso vivono di questa. È impor-tante restituire i beni appartenutialle cosche alla gente, in modo chene possa godere: un terreno sot-tratto a un boss che diventa unparco giochi per bambini assumeun enorme valore, innanzituttosimbolico. È però necessario che itempi tra le confische e le destina-zioni all’utilità sociale dei beni siaccorcino il più possibile».

Quali sono le maggiori difficoltànel processo di destinazione?«Esiste tutta una serie di difficoltà,per cui i beni spesso non vengonoimmediatamente utilizzati perchési verificano contenziosi con lebanche. Bisogna, quindi, accertareche le ipoteche che le banche ac-cendono su determinati beni nonsiano mirate a evitare la destina-zione all’utilità. In questi casi, sipuò avviare un contenzioso cheperò blocca di fatto l’iter. Un altroostacolo è dato dalle confische par-ziali, come avviene nel caso diquote di società. Vi sono, inoltre,beni non destinabili per motivi diidoneità e beni che vengono di-strutti con atti di vandalismo daparte di quanti sono costretti adabbandonarli. Succede, infatti, chedanneggino l’impianto elettrico,scrivano sui muri, distruggano i

servizi igienici. Quando poi questiimmobili o strutture vengono affi-dati ad associazioni o cooperativesociali, servono finanziamenti perrimetterli in sesto, rallentandoneulteriormente l’impiego. Grazie al-l’azione svolta dell’Agenzia nazio-nale per i beni sequestrati e confi-scati, si potrà attuare un lavoro piùrazionale e diligente».

Come dare una ulteriore spintaalla lotta alla mafia?«Ritengo che sia necessario, oltre acolpire la mafia da un punto di vi-sta militare dell’organizzazionevera e propria, recidere anchequelle relazioni esterne che la cri-minalità instaura con molti ambitidella società, quali l’imprendito-ria, la pubblica amministrazione,la politica e le categorie di profes-sionisti che costituiscono quel-l’area grigia che permette alla ma-

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxPietro Grasso

SICILIA 2010 • DOSSIER • 27

fia di fare gli affari. Occorre spez-zare questi legami e confiscare i ri-sultati di questi rapporti d’affari,che rappresentano in sostanza lavera forza della mafia. Bisogna sra-dicare gli intrecci e le reti criminalicreati appositamente per gestire icomuni affari lucrosi».

Quanto conta l’appoggio dellasocietà civile in questa battaglia? Sipuò alimentare la cultura della le-galità, soprattutto tra le giovanigenerazioni?«Certamente è un aspetto impor-tante, ma in alcune zone diventaindispensabile prima di tutto eli-minare le devianze sociali e crearelavoro, dando la possibilità diun’alternativa concreta all’adesionealla criminalità organizzata. Sitratta di un passaggio fondamen-tale, perché non è possibile par-lare di cultura della legalità a chi

ha il problema di sfamare i proprifigli. Vanno prima risolti i bisogniessenziali, poi passare alla fase suc-cessiva: c’è bisogno di un diffusoconsenso verso lo Stato, uno Statoche si presenta offrendo delle op-portunità e che, quindi, si fa pro-motore della crescita. Servono po-litiche di sviluppo, in particolarmodo al Sud, che favoriscano l’oc-cupazione in modo tale che i gio-vani non siano in alcun modo at-tratti o spinti dall’opportunità dirinfoltire le fila delle cosche».

Se gli atti intimidatori compiutidalla ’ndrangheta nel 2010 in Ca-labria possono essere consideratiun sintomo evidente della reazionedella criminalità organizzata neiconfronti del lavoro della magi-stratura e delle forze dell’ordine,quale dovrebbe essere la reazionedello Stato? Servono nuovi stru-

menti, anche legislativi, per af-frontare una mafia sempre piùtransnazionale ed economica-mente potente?«L’atteggiamento dello Stato devepresupporre un’azione unitaria econdivisa nel suo complesso. Nonsono soltanto magistratura e forzedell’ordine a dover agire per con-trastare la mafia, ma è determi-nante che anche tutte le istituzionicooperino nella legalità e rendanosempre più difficile alla criminalitàorganizzata l’opportunità di con-tare su privilegi o di innescare si-tuazioni di monopolio in certi set-tori. Abbiamo bisogno deicittadini, sia intesi come comunitàche come individui. Abbiamo bi-sogno delle istituzioni. Ma serveanche qualche strumento legisla-tivo che possa aiutarci».

Ad esempio? � �

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Servono politiche di sviluppo, in particolarmodo al Sud, che favoriscano l’occupazione inmodo tale che i giovani non siano attratti o spintidall’opportunità di rinfoltire le fila delle cosche

A sinistra, Palermo, in occasione

della commemorazione del 17esimo

annivesario della strage di Capaci:

Giorgio Napolitano, Renato Schifani, Roberto

Maroni, Pietro Grasso e Diego Cammarata

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IN COPERTINA

28 • DOSSIER • SICILIA 2010

«Introdurre il reato di autorici-claggio. Occorre prevedere comereato il reinvestimento di capitaleillecitamente percepito da partedell’autore di un primo illecito.Cosa che oggi non si può fare, per-ché se una persona, un mafioso, èpunito ad esempio per il reato diassociazione mafiosa, non lo è peril riciclaggio dei proventi derivatida quel reato. Inoltre, visto lostretto legame tra il consenso elet-torale e le organizzazioni criminali,sarebbe opportuno ampliare ilreato di scambio elettorale poli-tico-mafioso, non solo all’eroga-zione di denaro, ma anche agli al-tri vantaggi e privilegi che vengonoproposti in cambio del voto, qualel’offerta di un posto di lavoro.Come abbiamo potuto constatare inalcune indagini, un voto in certezone viene pagato 50 euro. Il che si-gnifica svilire lo stesso concetto dipartecipazione democratica».

Cosa contraddistingue oggi insostanza la criminalità siciliana da‘ndrangheta e camorra?

«Cosa nostra ha subìto i maggioricolpi da parte della repressionedello Stato. L’organismo di verticeè stato destrutturato e, quindi, lastruttura si è indebolita, ma biso-gna proseguire su questa stradaperché l’organizzazione cambiafaccia, muta, cerca ormai di por-tare avanti un’attività meno visi-bile, preferendo buttarsi negli af-fari. Dipende però dai territori. APartinico è ripresa una violentaopera di intimidazione ai fini delleestorsioni, per questo l’ultima ope-razione “The End” risulta impor-tantissima nell’ottica di reprimerele attività criminali sul territorio.Per quanto riguarda Cosa nostra, siregistra un passo avanti nell’attivitàrepressiva rispetto alle altre orga-nizzazioni. Inoltre, in Sicilia sistanno sviluppando parecchie ini-ziative che danno speranza per undecisivo cambiamento: penso aigiovani di “Addiopizzo”; a Con-findustria Sicilia che espelle quegliimprenditori che non denuncianoil pizzo; alle varie fondazioni inti-tolate a Falcone, Borsellino, Ca-ponnetto, che operano con l’obiet-tivo di diffondere la cultura dellalegalità, soprattutto tra i giovani;penso alla scuola che ha compiutomolti progressi. Sono esempi che cifanno guardare con speranza al fu-turo ed è pensando a questi chebisogna continuare a lavorare».

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Sarebbe opportuno ampliare il reatodi scambio elettorale politico-mafioso,non solo all’erogazione di denaro, maanche agli altri vantaggi e privilegi chevengono proposti in cambio del voto

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30 • DOSSIER • SICILIA 2010

Non solo arrestare e rendere i sog-getti appartenenti alle organiz-zazioni criminali inoffensivi, maanche sequestrarne i beni liquidi,

immobili e le aziende e renderli così disponi-bili per attività istituzionali e sociali. Questa «lasvolta che si è registrata in questa legislatura invirtù delle norme proposte dal governo e ap-provate dal Parlamento» come sottolinea il sot-tosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano.«Grazie all’azione portata avanti dall'esecutivoè stato stimato che dal maggio 2008 sono statisequestrati e confiscati alle organizzazioni ma-fiose 15 miliardi di euro». Per rendere poi più efficace ed efficiente lagestione dei beni di provenienza illecita èstata anche istituita l'Agenzia nazionale perl'amministrazione e la destinazione dei beni

sequestrati e confiscati allacriminalità organizzata.Molti gli interventi qualita-tivamente importanti realiz-zati. «Basti pensare all’ope-razione che qualchesettimana fa ha permesso disequestrare in Sicilia beni divario tipo, per un valore diun miliardo e mezzo di euro,ad un imprenditore che simuoveva nell’ambito delle

L'azione del governo in materia di sicurezza sta

dando ottimi risultati, ma sempre più preoccupanti

sono i fenomeni di network tra le organizzazioni

criminali italiane e internazionali. Il punto

del sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano

Nike Giurlani

energie alternative» mette in rilievo il sotto-segretario Mantovano.

Le organizzazioni mafiose sono dislocatesolo in alcune regioni o si stanno diffon-dendo a macchia d’olio in tutto il Paese?«Il fenomeno della criminalità di tipo mafioso èormai diffuso ovunque, in Italia e non solo. Nelnostro Paese, però, è presente una normativa, la416 bis, che permette di identificare in base a de-terminati indici, un’organizzazione criminalecome mafiosa. Da tempo le organizzazione “tra-dizionali” come cosa nostra, 'ndrangheta e ca-morra hanno oltrepassato, almeno per quanto ri-guarda gli investimenti e i tentativi dipenetrazione nella finanza e nell’economia, iconfini della Sicilia, della Calabria e della Cam-pania. “L’operazione crimine”, per esempio, con-

Sotto,

il sottosegretario

agli Interni,

Alfredo Mantovano

La confisca è fondamentaleper un’efficace lotta alle mafie

LEGALITÀ

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 31

rità contro il fenomeno del racket nel SudItalia. Quali sono le principali difficoltà

dotta congiuntamente delle direzione distret-tuale antimafia di Milano e di Reggio Calabria,ha interessato più la Lombardia che la Calabriae ha portato all’arresto di circa 120 soggetti ap-partenenti a vario titolo alla ’ndrangheta. Inol-tre, sono stati sequestrati una quantità molto ri-levante di beni immobili e di aziende ritenutepossibili centrali di riciclaggio. Non c’è un’areadel territorio nazionale che si può quindi ritenereesente da questo tipo di realtà».

Sempre più preoccupante è il fenomenodella criminalità organizzata transnazio-nale che mette a repentaglio lo sviluppo ela sicurezza della nostra società. Qualisono gli aspetti principali che caratteriz-zano lo scenario attuale? «Un luogo comune da sfatare è che la mafiasia un fenomeno tutto italiano. Non lo èper due ragioni. Primo perché le organizza-zioni criminali sono ormai presenti in tuttoil mondo, secondo perché nello stesso terri-torio italiano insieme a cosa nostra, ‘nndran-gheta e camorra operano in maniera spessocorrelata anche organizzazioni, che si pos-sono definire a pieno titolo mafiose, prove-nienti dalla Nigeria, dalla Romania, dallaCina, dalla Russa, dall’Ucraina e dall’Alba-nia. I traffici sui quali sono particolarmenteconcentrate queste organizzazioni sono lesostanze stupefacenti e il traffico di benicontraffatti. Alcuni mesi fa, per esempio, èstato sequestrato nel porto di Gioia Tauro uncarico di 90mila paia di scarpe pseudo Nikeche in realtà erano state fabbricate in Cina,alle quali era stato apposto il falso marchionella repubblica Ceca e che, infine, dove-vano essere stoccate nel porto di Gioia Tauroe quindi sotto la tutela, la vigilanza e il da-zio dell’ ‘Nndrangheta che poi si incaricava dismistarle in giro per l’Europa. Stiamo quindivivendo una dimensione di network che datempo ha superato i confini nazionali».

Proprio di questi giorni sono le impor-tanti operazioni messe a segno dalle auto-

STOP AL RACKET E ALL’USURAIl numero verde 800.999.000 contro l'usura e il racket rispondeai cittadini che hanno bisogno di avere informazioni su questi due temi per via telefonica. Il servizio accoglie le richieste dei cittadini interessati a ricevere dei chiarimenti, ma anche un sostegno per affrontare e prevenire il problema. Il call centerfornisce informazioni alle vittime dell’usura e del racket, a chi tra loro non ha ancora denunciato o a chi vuole sapere in qualemisura lo Stato può aiutarli ad uscire da questa situazione. Oltre alle informazioni dettagliate sulle norme in vigore sullamateria, tra cui la legge numero 44 del 1999 e la numero 108 del 1996, i cittadini che chiamano il numero verde possonosapere a che punto è la domanda che hanno presentato al Fondodi solidarietà. «Questo servizio è attivo dal 2000 e ha fattoregistrare una decina di migliaia di contatti – spiega il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano – e serve in particolare per tastare il terreno, per capire se e quale aiutopuò essere svolto dalle autorità». Il passaggio, però, decisivo «è il ruolo svolto dalle associazioni antiracket o antiusura chesono in grado di fornire quel conforto in grado di sostenere levittime e aiutarle nella difficile decisione di sporgere denuncia»conclude il sottosegretario.

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�Grazie all’azione portata avantidal governo è stato stimato che dal maggio 2008 sono stati sequestrati e confiscati 15 miliardi di euro

Alfredo Mantovano

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32 • DOSSIER • SICILIA 2010

incontrate dal governo nella lotta all’usurae al racket? «Purtroppo le difficoltà continuano a essere lapresenza a macchia di leopardo di sacche diomertà, anche se stiamo iniziando a registrarebuoni risultati grazie alla presenze di semprenuove associazioni, soprattutto di giovani ecommercianti che si stanno battendo per scon-figgere questo male. Più si denuncia più si rea-lizza un’attività di prevenzione. Ho avuto, in-fatti, modo di leggere delle intercettazioni diuna conversazioni tra due capi della camorra, iquali convengono di non passare in una certavia del centro di Napoli perché sono troppi icommercianti che in quella zona hanno aderitoall’associazione antiracket del quartiere. Questodimostra, inoltre, che c’è sempre più fiducianelle istituzioni perché chi denuncia si sente tu-telato e protetto tanto da compiere l’importantepasso di incriminare i propri estorsori».

Cosa risponde a chi auspica un supera-mento della legge antiusura 108/96?«Si tratta di una legge emanata 15 anni fa e che

ha avuto tanti effetti positivi, ma che per certiaspetti risulta un po’ superata. Per questo, datempo è in discussione una proposta di legge diragionevole modifica, che non vuole smantel-larne l’impianto originario, ma intende soloapportare alcuni miglioramenti per esempionei rapporti tra le prefetture e l’autorità giudi-ziaria o snellimenti di carattere burocratico.Questa proposta è stata già approvata all’una-nimità dal Senato e ora è in discussione alla Ca-mera. L’auspicio è che ci sia un’accelerazionenell’iter in quanto, tra l’altro, tale propostatrova un consenso molto ampio, sia da partedelle forze politiche che delle associazioni piùdirettamente interessate».

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�I traffici sui quali sonoparticolarmente concentrate le organizzazioni criminali sono le sostanze stupefacenti e il traffico di beni contraffatti

LEGALITÀ

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxPietro Alongi

SICILIA 2010 • DOSSIER • 33

Sono molte le iniziative che la Provincia di Palermo sta

portando avanti sul fronte del contrasto al racket e

all’usura. Promuovendo lo sviluppo di una cultura della

legalità. Lo spiega il vicepresidente dell’ente Pietro Alongi

Francesca Druidi

Fare sistemacontro il racketLa sede secondaria dell’Agenzia nazio-

nale per i beni sequestrati e confi-scati alla criminalità organizzata cheaprirà nel 2011 a Palermo, costituisce

per Pietro Alongi, vicepresidente della Pro-vincia del capoluogo e assessore alla Sicurezza,antiracket e antiusura e Beni confiscati allamafia, una sorta di certificazione di qualità inmerito alle attività svolte nel territorio sulfronte dell’amministrazione e della gestione diquesti beni. «Una struttura che funga da ca-bina di regia su immobili, imprese e terreniconfiscati alla mafia, svolgendo un’attenta at-tività di monitoraggio sulle modalità di uti-lizzo degli stessi è un segnale importantis-simo», evidenzia Alongi.

La Provincia ha elaborato una proposta dimodifica della normativa sui beni seque-strati. In che cosa consiste nello specifico?«Riteniamo che la legge sui beni confiscatialla criminalità organizzata possa essere mi-gliorata nella parte relativa alle tempistiche,spesso trascorre troppo tempo prima che unbene confiscato venga assegnato a una coope-rativa o a un’associazione affinché lo gestisca.

Noi abbiamo chiesto al prefetto Morcone, di-rettore dell’Agenzia nazionale, di farsi porta-voce affinché almeno il 5% dei capitali se-questrati a Cosa nostra venga attribuito alsostegno dello start up di attività avviate da as-sociazioni del territorio. Se un bene confi-scato resta abbandonato oppure dopo un annoche è stato assegnato non decolla, veicola unmessaggio negativo. Se, invece, produce red-dito legale e pulito è un bel messaggio che tra-sferiamo all’imprenditoria locale e alla societàcivile».

Come si sta declinando l’impegno dellaProvincia di Palermo nella lotta alla crimi-nalità organizzata?«La Provincia ha sviluppato e sta portandoavanti una serie di iniziative importanti rela-tive alla promozione della legalità, alcune diqueste realizzate nelle scuole durante l’annoscolastico. Il tema, però, più delicato e im-portante riguarda il contrasto al racket delleestorsioni e dell’usura. A questo proposito,entro febbraio 2011 dovrebbe essere attivouno sportello antiracket e antiusura che sor-gerà all’interno di un bene confiscato a Cosanostra nel cuore di Palermo, finanziato dalministero dell’Interno con i fondi del Pon Si-curezza. Lo sportello, oltre a fornire sostegnosu questi temi, vuole essere anche uno stru-

Pietro Alongi,

vicepresidente della

Provincia di Palermo e

assessore alla

Sicurezza, antiracket e

antiusura

� �

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LEGALITÀ

34 • DOSSIER • SICILIA 2010

mento d’interfaccia importante con la piccolae media impresa locale, un luogo dove gli im-prenditori possano raccontare le proprie espe-rienze, nella prospettiva di creare una rete efare sistema».

Altri progetti?«C’è in cantiere un progetto che il Ministeroha accolto con grande soddisfazione. Il no-stro obiettivo è quello di organizzare nellaprovincia di Palermo otto punti di riferi-mento antiusura e antiracket, all’interno deiquali saranno a disposizione psicologi, com-mercialisti e avvocati, per fornire sostegno achi decide di denunciare i propri estorsori oa chi chiede di essere sostenuto e aiutatonella propria attività imprenditoriale. A Pa-lermo gli extracomunitari e gli immigratispesso diventano uno strumento appetibileper il proliferare di reati sul territorio. Perquesto, è intenzione della Provincia istituirea breve, all’interno di un altro bene confi-scato a Cosa nostra, uno sportello per i dirittiumani e civili, che rappresenterà il primo inassoluto sotto questo aspetto».

Cosa sta cambiando Palermo?«A Palermo e nella provincia, ma più in ge-nerale in Sicilia, c’è un tessuto sano che stacrescendo in modo straordinario, che è no-stra intenzione sostenere, difendere e por-tare come esempio. A tale scopo, il prossimoanno, grazie al finanziamento del Ministero,si svolgerà la prima Fiera della legalità, al-l’interno della quale coinvolgeremo 100 im-prese sane della provincia di Palermo. Stoparlando di quelle aziende silenziose che nonurlano, non gridano, ma che ogni giornocontrastano Cosa nostra, perché non hannomai pagato il pizzo ma hanno fatto crescerele loro imprese in modo legale, mettendo inregola le persone e certificando le attività. Èimportante dare a queste realtà la giusta ri-balta, fornendo loro uno spazio per raccon-tare la propria storia, il proprio percorso inuna terra difficile come la nostra. Pensiamoche possa essere una testimonianza impor-tante e che possa fungere da esempio per al-tre imprese del territorio che vivono le stesseproblematiche».

� �

Inaugurazione del

Villaggio della legalità a

Capaci il 23 maggio

2010 con il presidente

del Senato Schifani e il

vicepresidente Alongi

��

A Palermo e nella provincia, ma più in generale in Sicilia, c’è untessuto sano che sta crescendo in modo straordinario, che ènostra intenzione sostenere, difendere e portare come esempio

Page 27: DossSicilia122010
Page 28: DossSicilia122010

LEGALITÀ

36 • DOSSIER • SICILIA 2010

L’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata rappresenta

«un punto unico di coordinamento e di decisione a livello nazionale». Lo spiega

il prefetto Mario Morcone, illustrando obiettivi e orizzonti di sviluppo della struttura

Francesca Druidi

Beni sequestrati, Palermoavrà la sua sede nel 2011

Sono 11.152 i beni definitivamenteconfiscati alle organizzazioni crimi-nali al 1 novembre 2010, come se-gnala l’Agenzia nazionale per l’ammi-

nistrazione e la destinazione dei benisequestrati e confiscati alla criminalità. È la Si-cilia, in base ai dati relativi alla distribuzionegeografica, a dominare la classifica per regionecon il 44,57% dei beni, seguita da Campania(15,06%), Calabria (13,85%) e Lombardia(8,58%). È questa concentrazione, che ri-guarda in particolare Palermo con 3.343 beniconfiscati su un totale regionale di 4.971, adaver alimentato nel recente passato le polemi-che sulla necessità di aprire una diramazionedell’Agenzia sull’Isola. «La sede di Palermo –afferma il prefetto Mario Morcone, direttoredell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati econfiscati alla criminalità organizzata – rientrain una decisione concreta, non è più solo unasperanza».

L’agenzia nazionale sta ottenendo risultatiimportanti. Qual è l’aspetto maggiormenteinnovativo che sta mettendo in campo? «L’Agenzia identifica finalmente un puntounico di coordinamento e di decisione a livellonazionale. Ha una visione ad ampio raggio enon si limita alla semplice destinazione di unbene, ma si occupa delle attività di monito-raggio e programmazione di quanto deve fare.

E lo vuole fare - e questo costituisce il se-condo punto di forza della struttura, semprese saremo capaci di farlo - insieme ai diversi li-velli di governo: Regioni, Province e Comuni,in un forte rapporto di collaborazione conl’Autorità giudiziaria. Si tratta di tessere unavera e propria rete di collaborazione finalizzataa restituire ai territori la ricchezza sottratta

In alto a destra, il prefetto

Marco Morcone, direttore

dell’Agenzia nazionale per i

beni sequestrati e confiscati

alla criminalità organizzata;

sopra, Lido dei Ciclopi, bene

confiscato a Catania; nella

pagina a fianco, un altro bene

confiscato: l’albergo Sigonella

Inn a Motta Santa Anastasia,

in provincia di Catania

Page 29: DossSicilia122010

Mario Morcone

SICILIA 2010 • DOSSIER • 37

loro in maniera illegale e illecita». Restano molte le difficoltà che l’Agenzia

deve affrontare, in primis l’insufficiente di-sponibilità di uomini. L’obiettivo dellastruttura è comunque quello di crescere,anche numericamente, e di radicarsi nei di-versi territori, come dimostra l’annunciataapertura nel 2011 di alcune sedi secondarie?

«Abbiamo già deliberato, il 25 novembrescorso, l’istituzione delle sedi dell’Agenzia aNapoli, Palermo e Milano. L’obiettivo è quellodi attrezzarle e renderle operative nell’arco diun paio di mesi. La sede di Palermo rientra,quindi, in una decisione concreta, non è piùsolo una speranza. Per quanto riguarda, in-vece, il personale impiegato, il decreto legge in

Fonte: Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

� �

BENI CONFISCATI SICILIA Totali Immobili Aziende

Agrigento 171 151 20

Caltanissetta 104 94 10

Catania 592 505 87

Enna 52 43 9

Messina 230 216 14

Palermo 3343 3008 335

Ragusa 44 43 1

Siracusa 68 59 9

Trapani 367 336 31

4971 4455 516

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38 • DOSSIER • SICILIA 2010

discussione alla Camera dei Deputati per lasua approvazione contiene due novità».

Quali nello specifico?«La prima consiste nella possibilità di autofi-nanziamento dell’Agenzia che, attraverso leopportune procedure di garanzia - tra cui l’au-torizzazione del ministero dell’Interno - potràmettere a reddito gli immobili, riuscendo cosìa potenziarsi. La seconda novità è lo stanzia-mento per le attività dell’Agenzia di 2 milionidi euro per il 2011, aggiuntivi al nostro bi-lancio ordinario, e di 4 milioni per il 2012.Questo dovrebbe permetterci di crescere e dirafforzarci, da qui la decisione di avviare le sedisecondarie».

La Provincia di Palermo ha proposto una

modifica della normativa sui beni seque-strati, tra cui la possibilità di destinare unaparte del Fondo, costituito con le somme se-questrate alla mafia, alle associazioni, alleonlus e alle cooperative che gestiscono i beniconfiscati. Lei cosa ne pensa? «In realtà, non ho alcun ruolo in questo. Ifondi sequestrati e poi confiscati vengono as-segnati direttamente a Equitalia giustizia, equindi al Fug (Fondo unico giustizia), che liutilizza per finanziare il ministero della Giu-stizia, la magistratura, l’Autorità giudiziaria ele forze dell’ordine. Impiegare una parte, sep-pur minima, di questo fondo è al momentoun po’ difficile, in un’ottica di suddivisionedelle risorse che risultano sempre inferiori alle

Numero beniconfiscati a Palermoal 1 novembre 2010su un totale dellaSicilia di 4.971

BENI

Numero di immobilidestinati consegnatial 1 novembre 2010

in Sicilia

IMMOBILI1.940

3.343

� �

www.interno.it

LEGALITÀ

Page 31: DossSicilia122010

SICILIA 2010 • DOSSIER • 39

necessità rivendicate dai soggetti coinvolti.Capisco il fascino della proposta, ma si trattadi una questione senza dubbio complicata.Basti pensare alla polemica, riproposta piùvolte anche dalla stampa, che riguarda le forzedi polizia o la magistratura e le loro fondate ri-chieste di risorse. Sul fronte dei beni, dei ter-reni e delle abitazioni gestiti dall’Agenzia sipuò fare molto, anche di più di quello chestiamo già facendo, tramite un’attenta azionedi monitoraggio e di redistruzione di beni as-segnati ma utilizzati con la dovuta efficacia».

A questo proposito un’indagine dellaCorte dei Conti ha rilevato che il 52,6% deibeni confiscati restano inutilizzati. Può in-dicare le criticità che ancora persistono?«Le criticità sono di diversi tipi. Alcune dipen-dono dalla difficoltà di una decisione giudizia-ria ineccepibile ma complessa sotto il profilodella sua applicazione, ad esempio il sequestroe la confisca per quote: quando viene confiscatoil 50% di un’abitazione diventa difficile gestirela situazione, soprattutto se l’altro 50% appar-tiene a un congiunto della persona a cui la casaè stata sequestrata. Altra criticità è rappresentatadalle ipoteche. In Sicilia, la vicenda Sicilcassa èstata emblematica di come, in passato, si sianoassegnati finanziamenti costituendo ipotecheforse con troppa leggerezza. Bisogna oggi ridi-scutere tutto questo con le banche, cercando deimomenti di transazione possibili e sopportabili.In difficoltà si trovano poi molti Comuni sulfronte dell’utilizzo dei beni. In alcuni casi, glienti hanno effettivamente in mano un numerocosì alto di immobili o terreni da avere pro-blemi nell’assegnarli tutti. Spesso sono i paesi

più piccoli a incontrare i maggiori ostacoli,proprio perché si tratta di ambiente circoscrittie magari inquinati».

Quali misure si dovrebbero, a suo avviso,adottare per ovviare a queste problematiche?«In questo senso, stiamo avviando un accordocon alcuni sindaci, che ritengo estendibile atutti i primi cittadini del Paese, sul monito-raggio delle situazioni più complesse per cer-care di arrivare a una loro definizione: mutarela destinazione di un bene o assegnare quelbene in modo diretto. Se ciò non dovesse suc-cedere, disponiamo comunque di strumenticontenuti nella legge: ci riprendiamo il bene oinviamo un commissario ad acta. Fino adoggi, non ho mai optato per quest’ultimascelta, perché mi sembrava fuori luogo e ar-rogante, dal momento che l’Agenzia è avviatada pochi mesi. Man mano che si scava a fondonei problemi, cercheremo con i sindaci unacorretta soluzione fin dove sarà possibile. Se siprocederà oltre, interverremo direttamente».

Come valuta la situazione attuale in Siciliae in particolare a Palermo, dove si concentrail numero più elevato di beni confiscati?«Noi vogliamo solo aiutare Comuni, Provincee Regione in quello che è il problema attualedell’Isola: mettere a frutto la grande ricchezzache sta avendo a disposizione. Una ricchezzacostituita da patrimoni accumulati illegal-mente, che oggi però rappresentano un’im-portante leva di sviluppo e di perequazione ri-spetto a chi ha meno. Credo che la Siciliadebba portare avanti una politica intelligentee condivisa su questo tema, in quanto ha dav-vero tutte le possibilità per farlo. Soprattuttoconta su una quantità di beni, non solo sottoforma di immobili, ma anche di terreni eaziende confiscate, che vale davvero la pena as-sumerne la gestione in quanto politica strate-gica della regione. Esistono, a ogni modo,esperienze positive come, ad esempio, la Cal-cestruzzi Ericina a Trapani e il Lido dei ciclopia Catania, che segnano sicuramente una stradadi arricchimento per quei territori».

Sopra, il sottosegretario

alla Presidenza del

Consiglio dei ministri

Gianni Letta, il prefetto

Morcone, il ministro

dell’Interno Maroni, il

procuratore nazionale

antimafia Pietro Grasso

e il ministro della

Giustizia Alfano

all’inaugurazione, il 15

agosto scorso, della

Bottega dei sapori,

realizzata in una delle

case confiscate alla

famiglia del boss

Bernardo Provenzano

Mario Morcone

Page 32: DossSicilia122010

LEGALITÀ

Da un’indagine della Corte dei Conti è emersa

la complessità delle procedure che vanno dal sequestro

alla confisca per finire alla destinazione

e all’assegnazione dei beni sottratti alle organizzazioni

mafiose. A commentare il tema è il presidente

Luigi Giampaolino

Francesca Druidi

gini della Corte dei Conti, il percorso diassegnazione di un bene confiscato si pre-senta lungo e tortuoso. Quali le difficoltàche ancora si riscontrano?«Innanzitutto va premesso che il concetto diconfisca è ampio, in quanto può riferirsisia alla confisca di prevenzione che alla con-fisca collegata a processi penali. Entrambe lemisure sono irrogate all’esito di un proce-dimento giurisdizionale regolato dallenorme processuali penali, i cui tempi tecniciordinari prevedono tre gradi di giudizio,compreso il ricorso per Cassazione. È evi-dente che per ridurre i tempi bisogna pro-seguire sulla strada già intrapresa e adot-tare misure atte ad abbreviare i tempiprocessuali. È poi da chiarire che, una voltaottenuta la confisca definitiva, c’è un ulte-riore iter amministrativo che, fino al 2010,era curato dall’Agenzia del demanio ed èora divenuto di competenza della nuovaAgenzia per la confisca dei beni. Questoiter serve per garantire l’uso pubblico delbene, compresa la sua destinazione agliscopi di interessi sociali previsti dalla legge.In questa fase possono verificarsi molte dif-ficoltà dovute a situazioni di vario genere».

Può fare qualche esempio?

Risultano inutilizzati il 52,6% deibeni confiscati alla criminalitàorganizzata. È quanto emergedall’indagine effettuata dalla

Corte dei Conti sulle attività svolte dalleamministrazioni competenti in ordine aiprocedimenti di sequestro, confisca e asse-gnazione dei beni confiscati alla criminalitàorganizzata nel biennio 2008-2009, concenni relativi agli anni 2006-2007. «Comepresidente della Corte dei Conti – dichiaraLuigi Giampaolino – posso dire con orgo-glio che questo tema assai delicato e di scot-tante attualità è all’attenzione della Corteche se ne è occupata in sede di controllo, of-frendo il suo contributo propositivo al Par-lamento e alle amministrazioni a vario titolocoinvolte nel procedimento». Anche la Pro-

cura generale, aggiungeil presidente, si è inte-ressata al tema in sededi giudizio di parificacon una sezione appo-sita, in quanto i beniconfiscati identificanouna rilevante quota delpatrimonio pubblico.

In base alle inda-

Destinare i beni della mafiain tempi rapidi

40 • DOSSIER • SICILIA 2010

Sotto, Luigi

Giampaolino,

presidente della Corte

dei Conti

Page 33: DossSicilia122010

Luigi Giampaolino

SICILIA 2010 • DOSSIER • 41

«Si pensi a un albergo confiscato da con-vertire in caserma. L’ente che vuole acquisireil bene potrebbe doverlo ristrutturare a pro-prie spese prima dell’impiego, non avendoa disposizione le risorse necessarie. Altrocaso è quello di un bene confiscato ancoraoccupato, anche da terzi in buona fede inqualità di inquilini o titolari di attività com-merciali, che debbono liberarlo; altri casipossono riguardare beni gravati da ipotecheo in comproprietà con vari soggetti. I pro-blemi sono tanti, senza dimenticare il temadi fondo rappresentato dalla pressione dellacriminalità, diretta a impedire che i benivengano acquisiti».

Quali misure a suo avviso si possonoadottare per rendere più efficace la ge-stione dei beni confiscati alle mafie?«Il 13 agosto 2010 il Parlamento ha varatola legge 136, che contiene la previsione dellaredazione del codice antimafia, impostandoaltresì un piano straordinario contro le ma-fie e delegando il governo in materia di nor-

mativa antimafia. Questa legge, se tempe-stivamente e completamente applicata, po-trebbe aprire nuovi e incisivi scenari nellalotta alla criminalità organizzata. È auspi-cabile, pertanto, che il governo dia un se-gnale forte all’applicazione immediata dellanormativa, senza indugi».

Ritiene che l’istituzione dell’Agenzianazionale per l’amministrazione e la de-stinazione dei beni sequestrati e confi-scati alla criminalità organizzata possacontribuire a sbloccare la situazione?«La neonata agenzia costituisce una buonasoluzione. Certamente, questa struttura saràchiamata a risolvere i molti problemi che hoposto in evidenza compreso quello, moltodelicato, della gestione delle imprese confi-scate. È chiaro, quindi, che la riuscita del-l’azione dell’agenzia dipende strettamentedall’entità di risorse di cui essa potrà di-sporre. Ovviamente, l’organismo che pre-siedo monitorerà la sua azione: questo è ilnostro compito».

Nella pagina a fianco,

la sede della Corte dei

Conti a Roma; in questa

pagina, immagini di

un bene confiscato

alla mafia

� �A seguito della confisca definitiva, c’è un ulteriore iteramministrativo che serve per garantire l’uso pubblico del bene

Page 34: DossSicilia122010

LEGALITÀ

42 • DOSSIER • SICILIA 2010

Trasformare un territorio provato

dalla presenza della mafia in un’area

produttiva. È l’obiettivo che persegue

il consorzio Sviluppo e legalità.

Guardando soprattutto ai giovani,

come spiega il direttore Lucio Guarino

Francesca Druidi

Sviluppo e occupazionenel segno della legalità

Risalgono al maggio del 2000 i primipassi del consorzio Sviluppo e lega-lità. Nato per impulso della Prefet-tura di Palermo in seguito all’emis-

sione di provvedimenti di confisca di circa 200ettari di terreno appartenuti a esponenti dispicco di Cosa nostra, tra cui Salvatore Riina,Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca e Leo-luca Bagarella, il consorzio è oggi una realtàche riunisce otto comuni: Altofonte, Monreale,Corleone, San Giuseppe Jato, Piana degli Al-banesi, Camporeale, Roccamena e San Cipi-rello. «La scelta della forma consortile – spiegaLucio Guarino, direttore del consorzio – è statadettata da ragioni sia di carattere economico chepolitico». Da una parte, spiega Guarino, si è de-finito un assetto capace di rendere effettivol’esercizio di una funzione imposta dalla legge109/96, ossia utilizzare i beni immobili confi-scati e assegnati ai comuni, che spesso le piccolemunicipalità per mancanza di risorse non eranoin grado di esercitare autonomamente, al fine dicreare nuove iniziative imprenditoriali per i gio-vani disoccupati. Da un punto di vista politico,«l’obiettivo condiviso dai sindaci è il fattivocontrasto a Cosa nostra attraverso il recupero deibeni confiscati alle organizzazioni corleonesi,

ridando al contempo un’immagine al territorio». Quali sono, dopo dieci anni, i risultati più

significativi conseguiti?«Oggi al consorzio è affidato tutto il patrimonioconfiscato a Cosa nostra dei comuni aderenti.Abbiamo costituito quattro cooperative - PlacidoRizzotto, Pio La Torre, Lavoro e non solo, Elios- specializzate nel settore agrituristico e delle col-

Nella pagina a fianco,

Lucio Guarino, direttore

del consorzio Sviluppo e

legalità; sopra, giovani

della cooperativa Placido

Rizzotto che raccolgono

l’uva nei vigneti

confiscati ai fratelli

Grizzaffi a Monreale

Contrada Saladino

Page 35: DossSicilia122010

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxLucio Guarino

SICILIA 2010 • DOSSIER • 43

ture biologiche, che operano su 700 ettari di ter-reno. Il ministero dell’Interno, nello specifico ilDipartimento della Pubblica sicurezza, ha soste-nuto la nostra iniziativa nell’ambito del Pro-gramma operativo nazionale (Pon) “Sicurezzaper lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”, pe-riodo 2000-2006, cofinanziato dall’Unione eu-

ropea. Agli oltre 3 milioni di euro stanziati, se neaggiungono altrettanti con la nuova program-mazione 2007-2013. Questi investimenti ci per-mettono di rimettere nel circuito economico le-gale terreni e fabbricati sottratti ai boss,trasformandoli in strutture produttive. Tra que-ste, i centri agrituristici Portella della Ginestra eTerre di Corleone, la cantina Centopassi e il � �

Giardino della memoria. È stata inaugurata adagosto la Bottega dei Sapori, recuperata dalla casadi Provenzano, dove si possono acquistare pro-dotti come olio, vino e legumi».

Può indicare quali problematiche ha af-frontato il consorzio in questi anni?«Siamo stati i primi in Italia a percorrere questa

strada. Ci siamo perciò trovati nellacondizione di fronteggiare le situazionipiù complesse, senza poter contare suanaloghe esperienze precedenti a livellonazionale. Le criticità sono state le piùdisparate, dal tentativo di infiltrazionicriminali nelle compagini sociali dellenostre cooperative e negli appalti ai ri-schi di attentati, quali incendi e tagliodi viti. Un altro ostacolo è stato dovergestire beni ipotecati oppure avere ache fare con occupazioni abusive deifondi confiscati, superate grazie aglisgomberi predisposti dalla Prefetturadi Palermo. Non sono mancati atti in-timidatori, con uomini che si facevanotrovare davanti ai nostri terreni. Ab-biamo risposto con le denunce. Il brac-cio di ferro è durato per diversi anni,ma poi le risposte dello Stato sono statecosì immediate che, da qualche anno,non si registrano più esempi di intimi-dazioni o tentativi di infiltrazione. Conl’impiego degli strumenti messi a di-sposizione dalla legge, lo Stato ha di-mostrato di essere più forte nel territo-rio delle cosche criminali. È un segnalefondamentale per il futuro di questipaesi».Come avete affrontato queste diffi-coltà?«Abbiamo creato una fitta rete tra pre-fetture, ministero dell’Interno, forze

dell’ordine, amministrazioni locali e tessuto so-ciale. Grazie anche al sostegno dell’associazioneLibera di Don Ciotti che ci ha seguiti in questaesperienza, abbiamo innescato meccanismi discambio di informazioni tra tutti questi soggetti,per monitorare nel loro sviluppo le attività dellanostra iniziativa e garantirne il corretto svolgi-mento. Nel tempo, infatti, abbiamo estromesso

Ammontare degliinvestimentidestinati allaCooperativa

nell’ambito delProgramma

operativo nazionaleSicurezza per lo

sviluppo 2007-2013cofinanziato

dall’Unione europea

RISORSE

Estensione deiterreni gestiti dal

Consorzio Sviluppo eLegalità negli 8Comuni aderenti

ETTARI700

3,5mln

Page 36: DossSicilia122010

44 • DOSSIER • SICILIA 2010

due cooperative perché non ci offrivano garan-zie per una buona gestione. Questo partenariatoprivato-pubblico ha consentito allo Stato diesercitare un’opera di contrasto al crimine or-ganizzato».

In che modo?«Grazie alla legislazione favorevole che si è pro-dotta in questi anni, abbiamo ottenuto stru-menti da applicare per superare le problemati-che. La legge 50/2010 non solo ha introdottol’istituzione dell’Agenzia nazionale per i beni se-questrati e confiscati, ma ha anche inserito deiprincipi volti a responsabilizzare gli enti localiche erano già stati da noi proposti al ministrodell’Interno Maroni nel 2008. Il legislatore hafatto, quindi, tesoro della nostra esperienza».

Quali sono le prossime iniziative che ver-ranno realizzate?«Stiamo creando, finanziato dal Pon Sicurezzacon la nuova programmazione, un centro di de-gustazione dei prodotti biologici provenientidalle nostre cooperative che sorgerà a pochimetri dallo stabilimento enologico Centopassia San Cipirello. A breve inizieremo i lavori.

Ma l’opera in previsione più importante sarà ilrecupero della Cantina Kaggio, confiscata aiboss Salvatore Riina e Bernardo Provenzanonel 1994, all’interno del territorio di Mon-reale. Usata dai corleonesi per riciclare denarosporco negli anni Ottanta, la cantina solo daqualche mese è stata assegnata al Comune diMonreale e poi al consorzio. Il progetto è giàstato redatto e credo che entro la fine del 2011verrà aperta al territorio, diventando un mo-derno centro aziendale per la valorizzazione e lapromozione dei prodotti delle nostre coopera-tive, identificando anche una sede in qualchemodo baricentrica rispetto alle terre gestite dalconsorzio».

Stiamo creando un centro didegustazione dei prodotti biologiciprovenienti dalle nostre cooperative chesorgerà a pochi metri dallo stabilimentoenologico Centopassi a San Cipirello

� �

Sopra, la cantina

Centopassi a San

Cipirello, in provincia

di Palermo

LEGALITÀ

Page 37: DossSicilia122010
Page 38: DossSicilia122010

LAVORO NERO

62 • DOSSIER • SICILIA 2010

Per lavoro sommerso si in-tende una qualsiasi atti-vità retribuita, lecita diper sé, ma non dichiarata

alle Autorità, con la conseguentemancanza di tutela per i lavoratori.«È innegabile come il lavoro som-merso – spiega il generale Dome-nico Achille, comandante regionaledella Guardia di Finanza – pesi sulfinanziamento dei servizi pubblici edella protezione sociale e finisca percondizionare in senso negativo ilfunzionamento di altri regimi so-ciali paritetici (fondi da destinarealla formazione, fondi pensione, as-sistenza sanitaria). La condizionesociale della persona che svolge un

lavoro sommersoè più vulnerabile,in termini di co-pertura sociale edeconomica, ri-

spetto a quella del lavoratore di-chiarato. Il lavoro sommerso si ri-percuote negativamente suiconsumatori che, nel caso di pre-stazioni e di servizi provenienti datale ambito, non possono benefi-ciare delle stesse garanzie di tuteladella qualità».

Come si articola l’attività dicontrollo sul territorio?

accertare l’uti-lizzo del lavoroirregolare, con at-tenzione al feno-meno dell’uti-lizzo di manodopera anchestagionale, al fenomeno del “capo-ralato” e delle truffe ai danni del-l’Istituto previdenziale realizzatemediante l’instaurazione di fittizirapporti di lavoro. Quanto al set-tore dell’edilizia, l’azione ispettiva èstata orientata a colpire i fenomenidell’impiego di lavoratori in nero eirregolari, il caporalato e le illecitesomministrazioni o appalti di ma-nodopera nel campo dei lavori pub-blici e privati, con un’attenzioneparticolare alla verifica dello stato

Oltre a costituire un danno per l’economia, il lavoro nero rappresenta un disagio per la società e per i consumatori che usufruiscono di servizisenza garanzie di qualità. Domenico Achille, comandante regionale della Guardia di Finanza, illustra le attività di contrasto delle Fiamme GialleNicolò Mulas Marcello

Più ispezioni sul territorio

«La piena consapevolezza degli ef-fetti negativi che il lavoro nero pro-duce ha sempre spinto la Guardiadi Finanza a mantenere alta l’azionedi contrasto e ad affinare le strate-gie operative per colpire, conte-stualmente, tutte le diverse azioniillecite connesse all’impiego dei la-voratori irregolari: non solo,quindi, il recupero del risparmioindebito ottenuto dai datori di la-voro che impiegano dipendenti“non in regola”, ma anche il con-trasto alle organizzazioni criminaliche, da un lato favoriscono l’in-gresso clandestino di immigrati daavviare al lavoro nero, dall’altrosfruttano tale manodopera per at-tività illegali, tra cui la contraffa-zione. In armonia con il Piano stra-ordinario di vigilanza varato agennaio di quest’anno dal Consi-glio dei ministri, l’attività di con-trasto al fenomeno in argomento ealle connesse problematiche di in-filtrazioni criminose, è stata mag-giormente indirizzata nei confrontidelle imprese agricole ed edili.

Agricoltura e edilizia sono i set-tori nei quali maggiormente siannida il lavoro nero in Sicilia.«Gli obiettivi dei controlli nel set-tore agricolo sono stati finalizzati ad

Domenico Achille,comandante generaleGuardia di FinanzaSicilia

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Domenico Achille

SICILIA 2010 • DOSSIER • 63

di attuazione delle prescrizioni inmateria di salute e sicurezza dei la-voratori. Inoltre, è stata assicurataun’intensa collaborazione e disponi-bilità all’effettuazione di accessi,ispezioni e verifiche contestuali agliinterventi dei “gruppi di lavoro in-tegrati” (unitamente, cioè, a funzio-nari dell’Inps, dell’Inail e dei Cara-binieri). Nel periodogennaio-ottobre 2010, per la Sici-lia, su 16 aziende agricole ispezio-nate sono stati trovati 22 lavoratoriin nero nazionali, 6 comunitari e 5extracomunitari; mentre su 149aziende edili ispezionate i lavoratoriirregolari trovati sono stati 172 na-zionali, 17 comunitari e 7 extraco-munitari».

Nonostante i tanti controlli, le

imprese isolane continuano a uti-lizzare manodopera irregolare. Ar-rivati a fine anno qual è il bilanciodelle vostre operazioni?«L’attività di contrasto, nel periodogennaio-ottobre 2010, ha consen-tito di individuare sia attraverso mi-rati servizi sia attraverso la quoti-diana attività svolta dai Reparti negliordinari servizi d’Istituto, 1.447 la-voratori in nero, 1.065 lavoratori ir-regolari, 656 datori di lavoro chehanno impiegato dipendenti in neroe 100 datori di lavoro che hannoimpiegato lavoratori irregolari».

Spesso lavoro nero e immigra-zione clandestina vanno a brac-cetto. Dai dati in vostro possessoqual è il rapporto tra lavoratoriirregolari italiani e stranieri?

«Dalle operazioni di servizio portatea termine emerge che: su 1.447 la-voratori in nero scoperti nel corsodell’anno, 107 sono stranieri, conun’incidenza del 7,39%; rispetto, in-vece, ai 1.065 lavoratori irregolariscoperti, 48 sono stranieri, conun’incidenza del 4,51%. E si svi-luppa essenzialmente in impiegan-doli su base “stagionale”».

Lavoro nero è molto spesso si-nonimo di violazioni in materiadi salute e sicurezza. Qual è la si-tuazione che emerge dai controlliche effettuate presso le imprese delterritorio?«È innegabile che il lavoratore, co-stretto ad accettare un’occupazionein nero subisca forti condizionamentipsicologici che determinano spessocondizioni di stress e di grave disagio.È realistico ipotizzare che aziende cheimpiegano lavoratori in nero possanoessere connotate anche da situazionilimite in termini di condizioni igie-nico-sanitarie e in materia di sicu-rezza. Trattandosi, tuttavia, di aspettiche coinvolgono le competenze di al-tre istituzioni, in siffatti contestil’azione del Corpo viene supportatadalle specificità di Amministrazioniquali l’Inail e le Aziende sanitarie pro-vinciali e cosi via».

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Nel periodo gennaio-ottobre2010 abbiamo individuato 100 datori di lavoro che hannoimpiegato lavoratori irregolari

L’ammontare dilavoratori in nero

scoperti dallaGuardia di Finanza

nel periodoGennaio-Ottobre

2010

LAVORATORI1.447

Il numero di datoridi lavoro che

hanno impiegatodipendenti in neronei primi 10 mesi

di quest’anno

DATORI 650

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72 • DOSSIER • SICILIA 2010

L’INCONTRO

Sull’onda dei ricordi dei momenti vissuti accanto al marito Giorgio, Assunta

Almirante traccia un quadro del mondo politico attuale. E della destra in particolare.

Nutrendo la speranza di assistere a una nuova fase della politica italiana

Nike Giurlani

Il 22 maggio 1988 moriva aRoma Giorgio Almirante,storico segretario del Movi-mento Sociale Italiano, par-

tito politico da lui fondato nel1946. Da quella data molto è cam-biato nella storia politica italiana,in particolare della destra. Tra ri-cordi familiari e aneddoti politici,Assunta Almirante ripercorre i suoicinquant’anni accanto al maritonel libro Donna Assunta Almirante,la mia vita con Giorgio, di AntonioDe Pascali. Un uomo, Giorgio Al-mirante, descritto come «vitale, ca-rismatico, coinvolgente, chemanca nella mia vita e nella vitapolitica dell’Italia», ricorda donnaAssunta. Nella sua quotidianità èvenuto a mancare un uomo do-tato di «una personalità così pro-fonda da permettergli di stare vi-cino alla sua famiglia, anchequando era lontano per la-voro. Non appena tornava acasa – racconta – ci som-mergeva di domande, volevasapere tutto». Nel mondopolitico è scomparso «unuomo dalla morale impec-cabile, un uomo di una le-galità straordinaria: la suavita era legata alla sua mo-rale, non ha mai consideratoi suoi interlocutori sulla base

delle categorie sociali», afferma As-sunta Almirante.

Che cosa pensa della politicadi oggi?«Oggi non possiamo parlare di po-litica, tutto si è ridotto a scontri elitigi privi di qualsiasi fondamentoideologico. Mi ricordo, invece, lapassione e la dedizione che ci met-teva mio marito. Per stare vicinoalle persone di tutta Italia, da Norda Sud, era spesso lontano da casa,si recava anche nel paese più pic-colo, di appena mille abitanti. Iogli dicevo: “ma perché vai propriolì, c’è poca gente”. Lui però mi ri-spondeva che anche in quel postoc’erano persone che avevano biso-gno di sapere, di conoscere, e chesolo in mezzo a loro si sentivautile. Questo genere di uomini po-litici in Italia è scomparso. Si rim-piangono i vecchi».

Tra i politici at-tuali, c’è qualcunoche riesce ancora aincarnare i valoridella destra?«I tempi sono tal-mente cambiati chenon si può più parlaredi centro, sinistra o de-stra. Nessuno riesceconcretamente a ri-spondere alle vere esi-genze della gente.L’unico che cerca dimantenere vivo questolegame ed è vicino agliitaliani è Silvio Berlu-sconi. Idealmente e fattivamente gliideali e l’etica della destra sono peròportati avanti solo da Francesco Sto-race. Un altro personaggio a cui ri-conosco un’intelligenza politica no-tevole è Ignazio la Russa».

Gli uomini politici sono chiamati a ricoprire un ruolo molto importante:amministrare la vita di uno Stato

Amare il Paese e i cittadini

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 73

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxAssunta Almirante

Quali sono stati i personaggiche suo marito ha stimato, inmodo particolare, tra i suoi av-versari politici?«Lui non amava puntare il dito oaccusare qualcuno, preferiva af-frontare le questioni ragionandoci,soppesando bene le parole ed è perquesto che nella sua vita non haconosciuto nemici. Tra i suoi av-versari, ebbe molta stima per En-rico Berlinguer e non condivise iltrattamento che fu riservato a Bet-tino Craxi».

Una frase celebre di suo ma-rito è stata ”quando vedi la tuaverità fiorire sulle labbra del tuonemico, devi gioire, perché que-

sto è il segno della vittoria”.Qual è stata per suo marito lavittoria più importante? «Sono state davvero tante le vitto-rie che mio marito ha registratonel corso della sua carriera poli-tica, ma in particolare mi viene inmente la gioia che trapelava daisuoi occhi quando dopo tanto im-pegno, fatica e dedizione, incon-trava il risultato favorevole da partedegli elettori, in particolare quellidel Meridione, ma anche da quellidi Bolzano».

Che cosa auspica per il futuropolitico dell’Italia nel nuovoanno?«Mi auguro che si possa trovare un

po’ di tranquillità. Basta litigi, so-prattutto quelli non supportati daragioni profonde. E poi basta in-gratitudine: sempre più spesso,senza fare nomi, ci sono certi sog-getti politici che, invece, di esseregrati alle persone che li hanno so-stenuti, non fanno che muovereaccuse e recriminazioni. Basta poicon la maleducazione, soprattuttonei dibattiti politici in televisione.Non si può continuare ad assistere ascene degradanti per i cittadini e peril Paese. Gli uomini politici sonochiamati a ricoprire un ruolo moltoimportante: amministrare la vita diuno Stato. Servono più disciplina emaggiore educazione».

Dall’alto, in senso orario: Ignazio La Russa, Francesco Storace, Giorgio Almirante e Silvio Berlusconi;

nella pagina accanto, Assunta Almirante

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

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L’automazione elettronica non è più,da tempo, una prerogativa del NordItalia. Anche la Sicilia vanta un im-portante bacino ingegneristico, con

alcuni casi imprenditoriali capaci di trascinareil comparto al di fuori dei confini regionali.Certamente, però, a fare la differenza, più chei poli formativi, sono state le singole persone,dimostrando intuito tecnologico e certamentebuon senso per gli affari. Un’esperienza vissutada Elio Pintaldi, esperienza che oggi tenta ditrasmettere ai giovani siciliani. Il titolare dellaAutomation Service di Siracusa ebbe la sua piùfelice intuizione operando come direttore tec-nico per lo stabilimento di una nota multina-zionale in Sicilia. «Qui mi resi conto che la Si-cilia non è più la terra di soli limoni e arance.Mi accorsi che i tre poli siciliani del petrolchi-mico e le centrali elettriche necessitavano di unindotto specializzato per supportare i nuovi si-stemi di automazione». Pintaldi decise così dicostituire un’azienda di ingegneria elettronicaper l’automazione. Da qui partì la sua più im-portante iniziativa personale, la formazionespecialistica per colmare il gap esistente tra ilmondo della scuola e il mondo del mercato tec-nologico, sin dal primo dipendente. «Ognigiorno il nostro comparto immette sul mercatonuovi prodotti hardware e software altamenteinnovativi e complessi». Un continuo divenireche ha rappresentato la chiave del successo per

Il seme dell’innovazionesboccia in SiciliaOccorrono coraggio, cultura d’impresa ma soprattutto impegno formativo per raggiungere i risultati

di Elio Pintaldi. Il volto dell’automazione elettronica made in Sicily fa il punto sulle prospettive della

sua Automation Service, oggi radicata nei principali paesi del mondo

Andrea Moscariello

Pietro Canale

Elio Pintaldi, fondatore della Automation Service. L’azienda ha ricevuto nel 2006 anche

il premio Confindustria Awards For Excellence quale azienda di eccellenza, dall’allora presidente

Luca Cordero di Montezemolo www.as99.it - [email protected]

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Elio Pintaldi

SICILIA 2010 • DOSSIER • 77

l’affermata azienda di Pintaldi.Nel Dna della sua azienda vi è, quindi,

l’impegno rivolto alla formazione del perso-nale. Soprattutto in quali ambiti si concen-trano gli investimenti e gli impegni in talsenso?«Sul settore produttivo, che continua a deter-minare delle prospettive di crescita, seppur mo-deste. In particolare le attività a tecnologiaavanzata nei vari settori quali: energia, petrol-chimico, manifatturiero, dove ci occupiamodell’installazione, gestione e manutenzione delleapparecchiature che gestiscono i vari processiproduttivi. Gli investimenti si traducono es-senzialmente in azioni formative che mirano a

due obiettivi principali. Il primo è rappresen-tato dall’esigenza di allargare a più risorse lecompetenze già acquisite, il secondo punta acolmare alcune lacune specifiche relative anuovi prodotti tecnologici messi a disposizionedelle case madri».

Su cosa occorre fare leva affinché il tessutoproduttivo si connetta maggiormente conquello universitario e della ricerca?«Da parte nostra ci impegniamo nell’intervenireancora prima dell’università. In prima persona,come confindustria, tengo ciclicamente dei se-minari di orientamento rivolti agli allievi dellescuole medie superiori, al fine di guidare lescelte degli studenti di oggi, dunque dei lavo-ratori di domani, verso le nuove professioni».

Tanta formazione, ma anche innovazione.«Come può essere facilmente dedotto, innova-zione tecnologica e formazione, nella nostraazienda, seguono un percorso parallelo. In sin-tesi possiamo individuare in una percentualepari al 4% del volume d’affari l’importo co-stantemente messo a disposizione per gli inve-stimenti rivolti a queste voci. Automation Ser-vice è anche impegnata nella ricerca con un

Innovazione tecnologica e formazione, nella nostra azienda,seguono un percorso parallelo.Investiamo su queste voci circa il 4% del volume d’affari

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progetto relativo a un “innovativo sistema perla gestione e la conduzione di impianti per laproduzione di energia da fonti rinnovabili, conottimizzazione della resa energetica”. Il pro-getto riguarda lo studio e la messa a punto di unnuovo sistema automatico di controllo per l’ot-timizzazione della produzione di energia dafonte rinnovabile».

Però non è facile, per i non addetti ai la-vori, comprendere di cosa si occupa, in con-creto, la sua società.«Operiamo per progettare e fornire sistemi diautomazione elettronica destinati ai processiindustriali nei settori manifatturiero, petrol-chimico, produzione di energia elettrica e dienergie alternative. Oltre che per infrastrutturecivili quali il telecontrollo delle reti idriche, ilmonitoraggio dell’ambiente la building auto-mation. Inoltre offriamo un service speciali-stico, su sistemi forniti da qualsiasi costruttoremondiale, garantendo specialisti con reperibi-lità 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, per in-terventi in tutto il mondo».

Cosa vi distingue rispetto ad altri vostricompetitor presenti sul mercato?«Sicuramente la nostra capacità di offrire com-petenze ingegneristiche e assistenza tecnica dialtissimo livello a costi competitivi. I sistemi dicontrollo per l’automazione dei processi pro-duttivi, oggi, sono molto diffusi, e il nostrocompito è quello di supportare le aziende nellagestione delle problematiche connesse a questiapparati. Gli utilizzatori di tali sistemi hannomolte difficoltà nel gestire le tecnologie di ul-tima generazione, all’interno delle aziende nonsempre vi è la possibilità di formare il personale

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in tal senso. Per questo il nostro intervento si ri-vela fondamentale, colmando un gap strutturalealtrimenti insormontabile».

Quali le novità tecnologiche più interes-santi per la vostra realtà?«Le novità tecnologiche che contribuiscono, e inalcuni casi ispirano, le nuove iniziative, sonotutte riferite alla sempre più marcata automa-zione elettronica dei processi produttivi nei di-versi settori. Mi riferisco in particolare alle fontirinnovabili dove il mercato richiede soluzioniingegneristiche e tecnologiche sempre piùspinte, al fine di rendere questo settore compe-titivo rispetto a quello delle fonti tradizionali».

Lavorate molto anche all’estero?«Sì. Per strategie di mercato ormai consolidate,l’interazione fra aziende del nostro settore ecommittenti estere si concretizza con opera-zioni a triangolo, che vedono coinvolti gli utentifinali, i grandi committenti e noi. Le attività ri-volte al mercato estero nel 2010 hanno rappre-sentato il 40% dell’intero volume d’affari. Gra-

Le novità tecnologiche checontribuiscono e ispirano le nuoveiniziative sono tutte riferite alla semprepiù marcata automazione elettronicadei processi produttivi

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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Èsiciliano, ma Elio Pintaldiinizia la sua storiaprofessionale in Piemonte. A

Torino completa gli studi e si avviaal lavoro di responsabile dellamanutenzione elettrica edelettronica di uno stabilimentomanifatturiero con 1400dipendenti . Sempre per lo stessogruppo imprenditoriale dirigeun’azienda di ingegneria nellaquale vengono progettati,realizzati e installati macchinarialtamente automatizzati cheserviranno per realizzare in 12anni 8 stabilimenti “chiavi inmano” in tutta Europa. Accetta poiun primo incarico in Sicilia, comedirettore tecnico in unostabilimento di unamultinazionale, e qui si rendeconto che la Sicilia necessita di unsostegno imprenditoriale atto avalorizzare il proprio potenziale nelsettore dell’automazioneelettronica. Nasce così laAutomation Service, che negli annicresce esponenzialmente. Da un

solo dipendente nel 1984 ai 65 del2010, di cui 42 ingegneri elettronicied informatici. Intanto, le attivitàdell’azienda escono dai confinidella Sicilia. Automation Serviceviene conosciuta dallemultinazionali e queste alimentanol’azienda con attività di ingegneriain tutto il mondo, dall’Europa agliStati Uniti, dall’Africa all’Asia.Attualmente opera in più settoricome petrolchimico, energia, retiidriche, depurazioni, reti gas eRSU, fornendo applicazioni ditelecontrollo, Fire & Gas System,acquisizione dati, BurnerManagement Systems e,ovviamente, sistemi di controllodistribuito e su base PLC. Unastruttura in grado di svilupparespecifiche tecniche, logic e loopdiagram, studi di fattibilità,diagrammi causa-effetti especifiche pro-interfaccia perl’operatore. Garantendo aicommittenti verifiche periodiche,tele assistenza e contratti digestione globale dei sistemi.

SICILIA 2010 • DOSSIER • 79

STORIA DALL’ANIMO SICILIANO

zie alla posizione strategica della nostra isola,buona parte delle nostre attività estere si rivolgea tutti i paesi del Mediterraneo».

Quali i progetti più rilevanti in corsod’opera?«Sicuramente va citata una commessa affidatacidalla Air Liquide Italia, relativa all’EmergencyShutdown System di un idrogenodotto, dove lanota d’interesse è costituita dalla criticità delprodotto da gestire, che, allo stesso tempo, co-stituisce argomento di sfida, vista la necessità dilavorare con errori zero. Il progetto vedrà coin-volte alcune delle nostre figure più esperte nei si-stemi di sicurezza certificati Sil3, trattandosi diun’applicazione che vede quale prodotto da ge-stire un gas da trattare con estrema cautela,l’idrogeno. Altra commessa in piena fase di svi-luppo è la progettazione, realizzazione, collaudoe messa in esercizio del sistema di controllo e su-pervisione della centrale elettrica, del sistema dipropulsione e dei sistemi nave, nell’ambito di unprestigioso progetto destinato al settore navale.In questo caso, visto anche il prestigio dellacommittente principale, l’essere coinvolti costi-tuisce già motivo di assoluto orgoglio, datal’estrema selettività con cui sono state indivi-duate le imprese partecipanti al progetto, che sipossono collocare senza dubbio fra le eccellenzedell’intera nazione».

Elio Pintaldi

Sinottico elaborato dai tecnici della Automation Service

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Osservare la crisi come fosse un’op-portunità. Una fase in cui il mer-cato, fungendo da filtro, lascia sulcampo soltanto le aziende mi-

gliori. E ribadire, dopo oltre quarantacinqueanni di vita nel mondo dell’impresa, i concettidi razionalizzazione, diversificazione e, soprat-tutto, precisione.

Parole apparentemente banali, ripetute innu-merevoli volte su giornali finanziari, analisieconomiche, dibattiti televisivi in cui si è di-scusso, con spargimento di populismo, delcrollo del nostro tessuto produttivo. Ma sonoosservazioni che assumono una certa rilevanzase a esprimerle è uno degli imprenditori dispicco del settore automotive. E lo sono ancoradi più se, dopo aver fatto recuperare quota alsuo storico stabilimento siciliano, questo si ap-presta ad aprire un nuovo impianto produttivo.Un’operazione dal valore di oltre 30 milioni dieuro. Soldi che non andranno verso Paesi in viadi sviluppo o in qualche area dell’Est europeo.Bensì in Piemonte, a Carmagnola. RiccardoCoffa, titolare della Trafime di Catania, ha sa-puto far riconoscere l’eccellenza dei suoi si-stemi e dei suoi operai alle maggiori case auto-mobilistiche del mondo. Chrysler, GeneralMotors, Mercedes, Bmw, Volkswagen, Fiat,Peugeot-Renault, solo per citare le più impor-tanti. Una produzione di milioni di compo-nenti fondamentali alle case produttrici di auto.«Per favore, però, non chiamatemi imprendi-tore, mi sono sempre sentito alieno rispetto aquesta categoria» afferma con ironia Coffa. E, in effetti, si percepisce subito il fatto di nonavere a che fare con il solito capitano d’indu-stria. Sintetico, senza troppi fronzoli, spontaneo

Chi dice noalla delocalizzazioneLa Trafime, azienda siciliana leader nella produzionedi componentistica per auto, apre un nuovo e supertecnologico stabilimento piemontese. Fruttodell’oculata politica del suo titolare, Riccardo Coffa, che puntaalla capitalizzazione e alla razionalizzazione dell’impresaAndrea Moscariello

IMPRENDITORI DELL’ANNO

Riccardo Coffa,

presidente

della Trafime

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Riccardo Coffa

e diretto tanto con i dirigenti, quanto con l’ul-timo operaio giunto in fabbrica, difficilmente losi sentirà parlare di logiche finanziarie com-plesse o di scelte politiche. Sono le azioni, quelleconcrete, ad aver plasmato il suo successo.

La Trafime ha recuperato in maniera sensi-bile il calo avvenuto nel 2009.«Nel momento maggiore della crisi, in effetti,avevamo perso il 35% del fatturato. Nel 2010però abbiamo recuperato il 30%. Sono in pochia poterlo dire».

E soprattutto sta investendo in Italia, piùprecisamente in Piemonte. Come mai nonha scelto anche lei la strada della delocalizza-zione?«Perché chi vuole realmente creare e lavorare contecnologia ad alto livello non ha convenienza adandare all’estero. Perché mai dovrei passare annia pagare ingegneri per mandarli oltre confine atrasmettere un know how in paesi che nonhanno mai avuto cultura tecnologica?».

Eppure molti suoi competitor sono attrattidal basso costo del lavoro.«Per quanto mi riguarda questa è solo in partela causa di questa fuga di imprese verso l’estero.Da italiano, a mio parere, il nostro problemamaggiore deriva dalla classe dirigente e dai sin-dacati. Ci stanno rendendo impossibile lavorare.Il costo del lavoro, se si produce come si deve,si assorbe eccome. Il mio caso, così come quellodi altre migliaia di aziende, ne è la dimostra-zione».

Messa da parte la delocalizzazione. Qual è,allora, la sua formula per mantenersi e cre-scere sul mercato?«Innanzitutto occorre razionalizzare e, di con-seguenza, terziarizzare. Molte imprese negli annihanno continuato ad assumere personale su per-sonale, scegliendo di ingrandirsi realizzandotutto al proprio interno. È chiaro però che inquesto modo al primo traballamento di mercatosi crolla. In un paio di mesi ci si gioca tutto il ca-pitale messo da parte. Con la Trafime, invece,scelgo da sempre di rivolgermi a tutta una seriedi imprese esterne che, magari utilizzando deinostri macchinari in comodato d’uso, eseguonodei lavori in maniera precisa con dei costi sicuri.

Parte nel 1967 l’esperienza alla base del successo della Trafime Spa.Specializzata nella tranciatura fine e nella tranciatura di componentiper l'industria automobilistica elettronica e per la produzione deiponteggi, questa realtà è partita dalla Sicilia alla conquista dell’interomondo dell’automotive. La formula organizzativa mai abbandonata dalsuo titolare, l’intraprendente Riccardo Coffa, sta principalmente nellavolontà di investire costantemente in innovazione, a partire dal parcomacchine. Ne è un esempio la tecnologica attrezzeria dell’azienda,dotata di un centro lavoro completamente automatizzato supportatoda un sistema CAD-CAM. E ancora più all’avanguardia sarà il nuovostabilimento di Carmagnola, in Piemonte, anche questo composto daalcuni dei più efficienti sistemi di automazione mai montati in Italia.www.trafime.it

Puntando all’automazione

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stica per l’auto. In questo l’innovazione tec-nica riveste un ruolo prevalente. «Si investe moltissimo e ovviamente ci si adeguaa tutti i parametri necessari per ottenere gli stan-dard e le certificazioni di qualità. Bisogna porsidei parametri rigidissimi. Tanto per intenderci,il numero di pezzi fallati nelle nostre produzioniè praticamente pari a zero. Ma non perché siamodei fenomeni. È la tecnologia che ce lo per-mette. Da anni ho investito affinché le nostre li-nee di produzione operino con dei parametri ri-gidissimi. In questo il laser ci ha aiutato. Inpratica ogni pezzo subisce una radiografia. E sepresenta un dato anche minimamente fuori pa-rametro viene immediatamente scartato. Que-sto è fondamentale perché lavorando per le auto,quando ad esempio produciamo componentiper le cinture, agiamo sulla sicurezza e la vitadelle persone. Non si possono tollerare errori».

Tornando al nuovo stabilimento di Carma-gnola, quali vantaggi porterà?

Questo meccanismo ci garantisce flessibilità ecrea indotto economico per il territorio. E so-prattutto non ci ha portato a compiere il famosopasso più lungo della gamba».

Dunque una vera e propria rete di impreseche collaborano?«Esatto. Moltissime realtà, anche artigiane, chein Sicilia sono gestite perlopiù a livello familiare,lavorano per noi da anni. E poi, lo dico since-ramente, ho sempre creduto che le imprese ge-stite da poche persone siano le più stabili e si-cure. Per cui più che ingrandirmi, ho preferitoscegliere i fornitori giusti, i supporti migliori».

Il vostro core business è la componenti-

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Alcuni interni emacchinari della

Trafime diMisterbianco (Ct)

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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«Tanto per cominciare registreremo un savingsui trasporti notevole. Inoltre mi è convenutocreare uno stabilimento da zero, anziché ri-strutturarne uno vicino a Catania. In questomodo ho potuto creare un’unità produttiva conle più alte tecnologie e con una struttura studiataappositamente per permettere un’automazionee una velocità nei processi lavorativi come nonavevo mai visto prima. Certo, è stato un gran-dissimo investimento, ma ora potremo permet-terci un quantitativo e una qualità nelle com-ponenti prodotte che non ho mai osservatoneppure in paesi all’avanguardia come Germa-nia o Stati Uniti».

Il puntare alla diversificazione produttivanon comporta, però, dei costi eccessivi per levostre linee?«In passato avrei risposto di sì. Ma oggi, grazieanche ai macchinari che hanno prodotto alcuneaziende con cui collaboriamo, utilizziamo lineeestremamente flessibili, che lavorano sia per pro-

durre cento pezzi così come 10 milioni. Ogginon si riesce, del resto, a programmare il ma-gazzino. Bisogna lavorare just in time anche coni grandi nomi dell’industria automobilistica. Ri-cordo che, come dicono gli americani, le tre re-gole d’oro del mercato devono essere “the price,the quality, the delivery”. Tradotto, il prezzo,perché non posso proporre listini “gonfiati”, al-trimenti perderei tutti i committenti, la qualità,perché resta, inutile dirlo, la vera salvezza per leaziende, e il servizio, che si permea soprattuttosulla flessibilità».

Nel vostro ambito i maggiori investimentiarriveranno da clienti esteri o italiani?«Il nostro lavoro è rivolto soprattutto all’estero.Sono rimasti pochi produttori in Italia, anche seovviamente il distretto piemontese è strategico».

Quali sono le sue prospettive per il futuro?«Sulla Trafime sono tranquillo. Ora in Sicilia ab-biamo una squadra di 60 lavoratori. E conside-rando che fatturiamo circa 30 milioni di euro al-l’anno, significa che per ogni singola persona sicreano 500 mila euro di introito. Direi che nonci si può lamentare. Inoltre, ripeto, il nuovostabilimento piemontese sarà un volano di svi-luppo considerevole».

Mentre per quanto riguarda, in generale,l’economia italiana?«Qui il tasto è sicuramente più dolente. La po-litica non aiuta e i sindacati, anziché garantire ilpotere d’acquisto ai lavoratori e, di conseguenza,uno stile di vita dignitoso, si perdono in pole-miche sterili e inutili. Per questo, riallaccian-domi al discorso di prima, le aziende italianevanno all’estero. Perché in questo Paese bisognacombattere su tutto. Da un lato mi chiedocome facciano le persone a vivere con 1300euro al mese, specie al Sud dove le famigliesono a monoreddito, dall’altro trovo assurdoche se un’azienda lavora bene e produce debbalottare per far lavorare le persone un paio di orein più. Se si attuano solo politiche dei diritti enon dei doveri le nuove generazioni assume-ranno una cultura arrogante, affronteranno ilmondo del lavoro credendo che tutto sia lorodovuto. Cerchiamo invece di essere più co-struttivi, di rimboccarci le maniche e di mi-gliorare il più possibile».

Questa, all’incirca,la crescitadi fatturatodell’azienda

nei primi mesidel 2010. Un

recupero sul calodovuto alla crisi disettore del 2009

CRESCITA

MLNA 30 milioni di

euro corrispondel’investimentoeffettuato per

l’apertura dellanuova sede in

Piemonte,a Carmagnola

30

30%

Riccardo Coffa

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Ci sono aziende la cui genesi si in-treccia così intimamente con la sto-ria di un territorio da costituirne uncapitolo inscindibile. L’esempio della

Fiat è il più emblematico: la storia del Lingottoè una storia italiana. È la cronaca di un Paese chesi rimbocca le maniche e trae dalle macerie unmiracolo economico. Ed è un esempio emble-matico anche perché in quegli anni, gli anni ’60,i protagonisti del boom che trasformò l’Italia daterra tra le più povere a una tra le nazioni più svi-luppate furono i vari “Lingotti” sparsi in tutto ilterritorio nazionale.È il caso della Corem srl – società leader nel set-tore metalmeccanico dal 1980 e, sotto altra ra-gione sociale, dal 1964 –, una tra le poche e co-raggiose imprese locali artefici del cosiddetto“modello Ragusa”. Coraggiose perché, se è veroche l’audacia è elemento caratteristico di ognisfida imprenditoriale, lo fu ancor di più in unarealtà difficile come quella ragusana di queglianni: città-isola dentro l’isola, confinata nel suddel sud del Paese, tagliata fuori dal resto della re-

Al di là del “modello Ragusa”La storia di un’azienda può andare di pari passo

con quella del territorio in cui sorge. Ma arriva un

momento in cui è necessario andare oltre. E ampliarsi

a nuovi mercati, nuovi territori. Il caso della Corem

Fabio Tomasi

A sinistra Silvio Taverniti, fondatore della Corem di Ragusa e il figlio Enzo Taverniti, attuale presidente di

Confindustria Ragusa www.coremrg.it

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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sulle industrie italiane, specienel sud. La Corem srl si è spe-cializzata ulteriormente nelsettore della metalmeccanicaampliando gli spazi in cui siera mossa la Costruntubi, apartire dalla manutenzione deigrandi impianti industriali, eaffermandosi come leadernella fabbricazione (progetta-zione, costruzione e montag-gio) di apparecchiature inpressione a norma della diret-tiva Ped e Atex. «L’alta specializzazione, la rior-ganizzazione aziendale e l’in-novazione tecnologica – spiegaEnzo Taverniti – sono indi-spensabili per incrementareproduttività e sviluppo, tuttavianon sono sufficienti. Occorresoprattutto trasformare gli osta-coli in trampolini per il cam-biamento e la crescita. Alle sfidedegli anni ’60 la Costruntubirispose superando gli steccatidel mercato provinciale. Oggi alle sfide di una globaliz-zazione caotica la Corem srl ri-sponde superando il perimetrodel mercato regionale e pun-tando a joint venture conaziende egiziane, algerine e tu-nisine. Il nostro sguardo si con-centra anche sulla Svizzera,dove abbiamo ‘un’antenna’ checi consente di captare le op-portunità che offre quel terri-torio in termini di delocalizza-zione e sbocchi futuri».Innovazione e ricerca di nuovimercati dal cuore dell’Europa alnord Africa. Un binomio su cui la Corem srl èpronta a scommettersi, ancora una volta. Scom-mettere su se stessa, certo. Ma anche sul vecchio“modello Ragusa” che anni fa contribuì a fon-dare ma che oggi è confine da oltrepassare.

Enzo Taverniti

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gione dalla quasi totale assenza di infrastrutturee collegamenti viari, il capoluogo ibleo a tuttopoteva candidarsi fuorché a modello di sviluppoeconomico per il Meridione. E tuttavia qual-cuno ha avuto il coraggio di credere. Non certonel “modello Ragusa”, meta troppo al di là dellasia pur lungimirante scommessa di alcuni im-prenditori ragusani. Il coraggio di credere, piut-tosto, nel proprio sudore e nella determinazionea superare ogni confine. Il coraggio di tirar fuorianche qui, da una città distante anni luce da To-rino, un miracolo economico partendo dallemacerie. Anzi, da ancora meno: dal deserto. Sil-vio Taverniti aveva questa virtù non comune. Sipotrebbe dire che dal nulla l’imprenditore gettòle basi di un’azienda che in pochi anni sarebbediventata protagonista del boom economicoibleo. E questo è senza dubbio vero. Ma soprat-tutto Taverniti gettò le basi di una filosofia azien-dale improntata al coraggio, allo spirito di sa-crificio e alla ferma volontà di superare gliostacoli: un patrimonio inestimabile eredi-tato nel 2008 dal figlio Enzo Taverniti, at-tuale presidente di Confindustria Ragusa.Silvio Taverniti, di origini calabresi, arrivò aRagusa nel 1954. Dieci anni dopo fondò la Costruntubi. L’im-prenditore ha mosso i primi passi nella manu-tenzione di impianti industriali, ma in pocotempo riuscì a ritagliarsi un proprio spazio an-che nel settore delle costruzioni metalmeccani-che. Ha saputo convogliare le opportunità of-ferte dai petrolchimici di Ragusa e di Gelacreando nuovi canali di sviluppo, aprì cantieri aPozzallo, Catanzaro e Lamezia Terme, contribuìalla modernizzazione di molti siti produttivirealizzando sistemi di tubazione per l’industriachimica, petrolchimica e petrolifera. La Co-struntubi della piccola e isolata provincia ibleaaveva acquisito una dimensione regionale. Oggiè cambiato il nome dell’azienda, e sono cambiateanche le sfide del mercato. Ciò che resta immu-tata è l’eredità, quella più importante, che SilvioTaverniti ha trasmesso al figlio: il coraggio di ol-trepassare un confine. Con questa eredità EnzoTaverniti guarda oltre i confini di una globaliz-zazione senza regole che getta un’ombra lunga

Nelle immagini alcune fasi di lavorazione all’interno dell’azienda, specializzata nel

settore metalmeccanico

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Ampliare l’offerta. Diversificando i prodotti e anche i materiali lavorati. Così Metab ha affiancato

alle tradizionali lavorazioni in metallo, manufatti in plastica e oggetti di design,

pur mantenendo la vocazione originaria. L’esperienza di Rocco Abate

Lucrezia Gennari

Un’offerta diversificatadal metallo alla plastica

presentata da mia figlia Laura – afferma RoccoAbate, titolare dell’azienda – è nata la “Creab”,che affianca alle lavorazioni tradizionali il set-tore del piccolo design». La Metab è stata fon-data nel 1989, ultima nata del più vecchiogruppo metallurgico Abate, la cui primaazienda artigiana, fondata agli inizi degli anni60, si inserì da subito con soddisfazione nel set-tore delle lavorazioni metalliche, arredamentometallico serramenti e scaffalature.

Con la nascita di Metab c’è stato un am-pliamento del gruppo Abate?«Sì, non solo nel numero di aziende e conse-guentemente di addetti, ma anche nel ramo

Offrire un prodotto diversificato.Venendo incontro alle esigenze dimercati sempre più in evoluzione.Questa tendenza sembra essere

una delle carte vincenti adottate dalle impresein periodo di crisi, in diversi settori. Ed è anchela strategia scelta dalla Metab di Messina, chealla produzione che da sempre la contraddi-stingue, quella di lavorazioni di carpenteriemetalliche, ha deciso negli ultimi anni di af-fiancare la creazione di accessori e complementidi arredo realizzati in materie plastiche, conun occhio particolare al design. «Con la terzagenerazione già impegnata in azienda, e rap-

Un interno della Metab,

nella pagina accanto,

Rocco Abate

con la figlia Laura

www.metab.it

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Rocco Abate

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delle attività coperte dal gruppo. Metab, man-tenendo la gestione familiare, si orienta verso lalavorazione delle carpenterie metalliche mediopesanti nei vari settori civile, industriale e pub-blico e introduce la propria produzione sia a ca-rattere provinciale che regionale».

Quali sono oggi i vostri principali mercatidi riferimento, sia dal punto di vista della ti-pologia di clienti cui vi rivolgete, che perquanto concerne l’ambito territoriale? «Metab lavora principalmente sul territorio re-gionale, ma soprattutto in provincia rivolgen-dosi a privati, imprese, rivenditori ed enti pub-blici. Diamo anche un ottimo servizio disemilavorato agli artigiani locali. Un domani severamente si attuerà il ponte sullo Stretto, an-che la Calabria potrebbe diventare un mercatointeressante».

Quali sono le maggiori criticità cui vannoincontro le piccole imprese private nel terri-torio di Messina?«A Messina c’è una scarsa vocazione alla men-talità imprenditoriale privata. È nella naturadella città la tendenza prevalente all’impiegopubblico che trabocca di impiegati adagiati nellaloro condizione di “dipendenti statali”. Natu-ralmente questo atteggiamento rappresenta unaforte criticità per le imprese private. Inoltre,dopo il terremoto, Messina è diventata terra diconquista da parte delle città e dei paesi limi-trofi, per cui pochi hanno un attaccamento e uninteresse vero allo sviluppo del territorio, specienel settore dei lavori ed opere pubbliche».

Quanto ha influito la crisi economica sulvostro settore e sull’azienda in particolare? «La crisi economica ha avuto un effetto moltonegativo sia sul settore in generale che sulla no-stra attività. Ha comportato notevoli ritardi neipagamenti dei nostri clienti e molte insolvenzeche ovviamente creano carenza di liquidità (quibisognerebbe aprire un capitolo a parte sul ruoloinadeguato delle banche al Sud, ma penso siastato già inutilmente evidenziato dalle varie as-sociazioni di categoria). Abbiamo quindi dovutoristringere il target e selezionare la clientela, ilche ha comportato anche una certa perdita difatturato rispetto agli anni precedenti. Tuttavia,la nostra forza è stata l’aver puntato sulla qua-

lità e la professionalità dimostrata durante glianni passati, nonché sulla stretta collaborazionecon validi studi di progettazione, al fine di dareun servizio completo al committente finale».

Avete anche ampliato l’offerta, aggiun-gendo di recente la “Creab” e il settore del de-sign. Quanto conta per voi la diversificazionedell’offerta e dei servizi prestati?«È fondamentale. In questi anni abbiamo pun-tato sul servizio, sull’inventiva e sulla diversifi-cazione dei prodotti, pur rimanendo comunquenell’ambito della nostra vocazione originaria: lalavorazione e la trasformazione delle materieprime».

Quali sono i vostri progetti per il futuro?«Continuare a mettere a punto nuovi prodotti,sfruttando tecnologie innovative, con una par-ticolare attenzione alle strutture per impianti dienergie rinnovabili e la lavorazione di materialiprovenienti da prodotti riciclati».

Con la terza generazione impegnata in azienda, è stata creata la “Creab”,che affianca alle lavorazionitradizionali, il settore del design concomplementi di arredo in plastica

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L’ambiente è un bene vulnerabile edesauribile. Pertanto va rispettato e tu-telato, in modo da essere conservatoal meglio. Su questi principi si fonda

l’attività della Leonplast di Palma di Monte-chiaro che da sempre si definisce come “aziendadi rigenerazione plastica”. L’attività principaledell’azienda consiste nel recupero e smaltimentodi materiali plastici, la cui eliminazione o riuti-lizzo può avvenire solo mediante stoccaggio indiscarica o riciclaggio. «La nostra ottica si sta am-pliando – afferma Diego Leone, titolare della Le-onplast – e oltre alle attività che da sempre ci ve-dono in prima linea, vale a dire recupero,riciclaggio, raccolta, lavorazione e produzione

Non solo recupero di materie plastiche. Leonplast oggi mira ad ampliare il suo raggio

d’azione, proponendo un prodotto che viene realizzato solo in quattro multinazionali

straniere. Diego Leone presenta il Carbon black

Eugenia Campo di Costa

Nuove soluzioninel settore gomma e plastica

A destra, Diego Leone,

titolare della Leonplast.

Sopra, l’elicottero

dell’azienda.

[email protected]

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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di materie plastiche, dei loro derivati in genere edi tutti i rifiuti prodotti dalle aziende agricole,stiamo studiando l’offerta di un nuovo prodottodalle molteplici applicazioni».

Di che cosa si tratta nello specifico?«Si chiama Carbon black ed è un derivato dellaraffinazione del petrolio. Nello specifico, dalla la-vorazione del petrolio avanza un composto dinome “pet coke” che, lavorato e trasformato at-traverso un particolare additivo, diventa Carbonblack. Questo prodotto trova applicazione intantissimi ambiti: dalla fabbricazione di pneu-matici, ai colorifici per la realizzazione di colorinero, alla produzione di toner neri per le stam-panti. Alcune importanti aziende di pneuma-tici, come la Pirelli, sono già in contatto con Le-onplast e si sono già interessate a questo prodotto,ma per ora non è ancora sul mercato».

Come mai?«Sono solo quattro multinazionali nel mondo aprodurre Carbon black, situate in Germania,America, Sudamerica e Russia. Attualmente l’uti-lizzo in Italia avviene solo mediante importa-zione. Attraverso ricerche e test di laboratorio chestavo effettuando in Asia su pneumatici da rici-clare, ho avuto l’intuizione del Carbon blackquindi, mediante una ricerca di mercato, ho sco-perto che viene prodotto solo in questi quattroPaesi. Noi della Leonplast saremmo pronti perimmetterlo sul mercato nazionale, il problema èche ci mancano i finanziamenti».

Del resto la crisi ha anche reso più difficilel’accesso al credito.«Certamente, e anche per aziende solide come lanostra. Naturalmente sono tanti gli aspetti cheentrano in gioco per poter collocare un prodottonel settore: dai test di laboratorio alle spedizioni,alle risorse umane dedicate. Bisogna comprare lematerie prime, trasformarle, consegnare i pro-dotti entro i termini stabiliti, potendo risponderealle esigenze di clienti anche molto grandi. Perfare tutto questo serve liquidità. Stiamo aspet-tando le risorse utili a finanziare il progetto».Leonplast è un’azienda molto ben piazzata sulmercato, che potrebbe fornire non poche garan-zie anche dal punto di vista del credito.«L’azienda opera in tutto il territorio siciliano enon solo. È capitato più volte di aver ampliato il

Questo prodotto trova applicazione in tantissimi ambiti: dalla fabbricazionedi pneumatici, ai colorifici per la realizzazione di colori nero, alla produzione di toner neri per le stampanti

Diego Leone

� �

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

spesso che questi accantonamenti si incendiasseroper autocombustione sotto l’effetto del sole co-cente o a opera di piromani. Il risultato era, in en-trambi i casi, la produzione di fumi tossici, alta-mente inquinanti»

Che tipo di servizio offrite ai vostri clientioggi nell’ambito del recupero dei materialiplastici?«Con la nostra attività abbiamo dato piena at-tuazione al cosiddetto “Decreto Ronchi” in ma-teria di rifiuti, rifiuti pericolosi, imballaggi e rifiutidi imballaggio, in seguito abrogato dal decreto le-gislativo 152/2006 che contiene norme in mate-ria ambientale. Oggi forniamo alle aziende dellazona un servizio completo per lo smaltimentodella plastica di risulta, con ritiro presso i siti deiclienti con appositi mezzi».

Quali sono, a suo parere, i maggiori pro-blemi che attualmente affliggono il settore?«Il problema più grave è rappresentato dal feno-meno dell’abusivismo, tuttora molto diffuso. Al-cuni soggetti, infatti, si offrono di ritirare la pla-

raggio d’azione anche in paesi stranieri, recupe-rando casse di bottiglie in plastica di cola o birradirettamente sul posto. Se la nostra concorrenzaritira solo un tipo di materiale plastico, noi riti-riamo ogni tipo di materiale, riuscendo a dare adesso nuova vita».

In effetti la Leonplast nasce come aziendadedicata alla raccolta e allo smaltimento di ri-fiuti in plastica prodotti soprattutto dalleaziende agricole del territorio. Da dove derivaquesta scelta?«Nel 2001 ci siamo offerti di smaltire a titolo gra-tuito gli accumuli pregressi posti sotto sequestrodall’Autorità giudiziaria nelle campagne del Si-racusano. Molte aziende agricole a quell’epocanon avevano la possibilità di conferire il materiale

plastico di risulta dalle lavorazionidelle serre e, in genere, li

accantonavano sem-plicemente nellecampagne. Pur-troppo capitava

� �

In questa pagina, esempi

di Carbon black. Nella

pagina accanto, una fase

di recupero di materiali

plastici

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Diego Leone

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temente. Ci siamo rivelati sempre puntuali nel ri-spettare le scadenze, verso banche, dipendenti,fornitori. L’azienda soffre solo l’attuale difficoltàdi accesso al credito. Tuttavia oggi, rispetto aqualche anno fa, il fatturato è aumentato. Lacrescita, anche se minima, viene registrata dianno in anno. Credo che questo sia dovuto an-che alla capacità della Leonplast di rimanere alpasso con i tempi, di evolversi in concomitanzacon la trasformazione delle esigenze del mer-cato».

Quali sono i vostri obiettivi futuri?«Per quanto concerne il Carbon black, dal mo-mento che ci aprirebbe un nuovo mercato com-posto anche di realtà molto grandi, dobbiamo co-struire la struttura adatta a far fronte a esigenze diun certo tipo. Quello che ordina un cliente comePirelli, ad esempio, potrebbe essere un quantita-tivo di prodotto molto alto che deve essere prontoe mandato nei tempi stabiliti, quindi è necessa-rio investire in nuove risorse. Eventualmente po-tremmo cominciare rivolgendoci alle aziende unpo’ più piccole, per poi man mano che ci strut-turiamo nel settore, ampliare il target alle grandiaziende. L’obiettivo è comunque quello di cre-scere e migliorarci. Nel nostro piccolo, fino adoggi, abbiamo creato cose concrete e di una certaimportanza, ma l’ambizione è diventare una re-altà a livello europeo, sia nel mondo del riciclag-gio delle materie plastiche che nel nuovo mercatodel Carbon black».

Certo Carbon black potrebbe rivelarsi un’ot-tima opportunità.«Sì, se si pensa che sono solo quattro multina-zionali a produrlo in tutto il mondo. Non dubitoche, se saremo in grado come penso di offrire unbuon prodotto, le grandi e piccole aziende na-zionali lo acquisterebbero presso la Leonplast. Eprobabilmente anche altre aziende in Europa. Sipotrebbe creare una rete commerciale che valicai confini nazionali, rivolgendosi oltre tutto a unampio spettro di realtà: dalle aziende produttricidi pneumatici, agli inchiostri, alle ricariche toner.L’obiettivo è continuare il percorso già intrapresocon successo nello smaltimento e recupero dellematerie plastiche e immettere sul mercato Car-bon black, offrendo sempre nuove soluzioni nelmondo gomma-plastica».

La Leonplast nasce nel 2000 a opera di Diego Leone, imprenditorelungimirante e amministratore unico della società, a Palma diMontechiaro (AG) su una superficie di circa 100mila metri quadrati,e con una sede a Pachino (SR) su una superficie di circa 16milametri quadrati. L’attività prevalente è il recupero, la raccolta e iltrasporto di materie plastiche, derivanti soprattutto dall’agricoltura,quali Ldpe, Hdpe, Pp, Pe, Pvc, Eps. Attualmente l’azienda rigenerail polistirolo espanso ma il suo obiettivo è arrivare a rigenerare altrematerie per la produzione di granuli. Da quando si è insediata e hainiziato a pieno regime l’attività ha dato una scossa sensibile intutto il territorio dell’Agrigentino e del Siracusano, sensibilizzandole persone a gestire bene i propri rifiuti. Nel 2004 Leonplast vienepremiata dalla Pragma Congressi come miglior azienda dellaprovincia di Agrigento con il premio “Italia che lavora”. Neldicembre dello stesso anno l’azienda ottiene un traguardo moltoimportante: la certificazione europea.

Un’azienda di “rigenerazione plastica”

stica da riciclare presso i siti dei clienti, ma senzaessere dotati di mezzi idonei e senza sapere dovesmaltire questi materiali. Queste persone dan-neggiano con il loro operato le aziende serie e ri-spettose delle leggi e coloro che svolgono questaattività nel pieno rispetto delle normative. Credoche in questo senso sarebbe auspicabile un con-trasto più forte da parte delle autorità».

Come ha reagito Leonplast alla crisi econo-mica internazionale?«Leonplast, malgrado tutto, è un’azienda estre-mamente sana che ha sopportato la crisi brillan-

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Si è imposta sul mercato italiano e inter-nazionale grazie a un approccio comu-nicativo integrato. Nadia Speciale, con lasua Aryadeva, rappresenta una delle

agenzie specializzate in advertising più cono-sciute a livello nazionale, tra le più affermate inSicilia: una best practice per la regione. E oggiprepara un 2011 pieno di progetti, a partiredalla collaborazione con uno dei suoi partner piùnoti. «La Kemeko è una società leader sul mer-cato internazionale dei detergenti, confrontan-dosi con realtà come Procter&Gamble, Henkele Unilever» spiega Nadia Speciale. E Kemeko hascelto Aryadeva per la realizzazione delle eti-chette e delle strategie di marketing per i suoi ce-lebri prodotti Rio, nelle linee casa e bucato. Trai più popolari: Rio Azzurro, Rio Casa Mia, RioMelaceto, Rio Bum Bum, Rio Bucatomio, RioSgrassotutto Dappertutto.

Qual è il bilancio relativo all’attività e al fat-turato dell’ultimo anno?«Da molti anni lavoriamo per aziende solide, cheoperano in settori diversi, con le quali siamo riu-sciti a costruire nel tempo un rapporto di fidu-cia e collaborazione e che continuano a crederenella comunicazione e a investire. Anche per

La cultura del marketingsostiene l’economia Continuare a investire nella

comunicazione. Un imperativo

che, secondo Nadia Speciale, le imprese

più oculate comprendono, anche in

periodo di crisi. Parla la fondatrice

dell’agenzia Aryadeva

Aldo Mosca

questo, il bilancio della nostra attività nell’ul-timo anno non ha registrato sensibili flessioni,nonostante il periodo non particolarmente flo-rido per l’economia. Uno dei nostri clienti, Ke-meco Srl, è tra quelli che hanno compreso come,proprio in un momento simile, bisogna investirein comunicazione».

Quali investimenti ha effettuato?«Oltre ad avere investito su un impianto di im-bottigliamento, tecnologicamente fra i più avan-zati in Europa, ha pianificato con successo bendue campagne pubblicitarie sui principali net-work televisivi, per Rio Casa Mia e per Rio BumBum, registrando un significativo ritorno d’im-magine e, soprattutto, un apprezzabile incre-mento nelle vendite».

Sicuramente la crisi ha colpito anche le pic-cole aziende, di per sé già poco propense almarketing. Come fare per convincerle a inve-stire nel vostro settore?«Abbiamo creato una nuova divisione prêt à por-ter, in grado di offrire svariati servizi a prezzi com-petitivi. Si va dal packaging alle campagne di co-municazione, dal naming alla creazione di marchiper nuovi prodotti o servizi, dai siti internet allecampagne di web advertising, all’organizzazione dieventi e gestione uffici stampa. Le Pmi rappre-sentano delle realtà da non sottovalutare. Pur-troppo, però, i piccoli imprenditori sono portatia minimizzare l’importanza di comunicare i loroprodotti, trasmettere una giusta immagine del-

Nadia Speciale, titolare

di Aryadeva

www.aryadeva.com

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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Nadia Speciale

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l’azienda o di curare la veste grafica del prodotto.Affidarsi a un’agenzia qualificata significa stu-diare insieme le soluzioni e le opportunità piùvantaggiose sia in termini economici che di pro-fitto».

Quali le soluzioni più interes-santi?«Ovviamente quelle che di voltain volta vengono conclamate dalpubblico. Il web e i social net-work, ad esempio, rappresentanouno strumento straordinario perconoscere e farsi conoscere. Sonoincisive anche le azioni di guerrilla mar-keting. Ritengo altrettanto interessante la possi-bilità di poter centrare reali target di riferimento,attraverso una svariata scelta di mezzi che parlanoa precise categorie di utenza, usando settori te-matici quali lo sport, la natura, il gossip».

Quale ruolo rivestirà la comunicazione nelledinamiche di ripresa e sviluppo del sistemaeconomico italiano?«Comunicazione e impresa sono strettamente le-gati tra di loro. È necessario che le aziende con-

tinuino a credere nell’investimento pubblicitario,inteso come mezzo strategico e fattore di successoper le loro attività. Evidentemente conditio sinequa non, oggi più che mai, è scegliere con ocu-latezza i propri partner e affidarsi a professioni-sti del settore. Sono molti i casi in cui la comu-nicazione studiata e praticata con competenza eresponsabilità è riuscita a incidere sui processieconomici e sociali in maniera significativa».

Aryadeva sostiene da sempre l’importanzadell’economia della cultura. Perché ci tiene aevidenziare questo aspetto? «L’Italia è un paese che potrebbe vivere di eco-nomia della cultura. Purtroppo il concetto chequesta possa rappresentare una vera e propria im-presa, in grado di creare ricchezza, non è ancora

adeguatamente penetrato. So per certo che so-stenere e promuovere realtà come i teatri oeventi internazionali porta un incredibile inco-ming e una straordinaria promozione del terri-torio. Ricordo, tra le esperienze vissute profes-sionalmente, la visita del Dalai Lama a Palermo,la mostra fotografica sul Tibet a cura di RichardGere e il concerto di Khaled a sostegno della tu-tela dei diritti umani».

Nelle immagini, fasi

di imballaggio e frame

di uno spot pubblicitario

per i prodotti Rio

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Burocrazia lenta, poca trasparenza, risorse finanziarie esigue e pagamenti che non

arrivano. Un’odissea per piccole e medie imprese che a fatica reggono il peso di una

crisi economica incombente. Salvatore Prestifilippi racconta il caso della M.T.S.

Erika Facciolla

Appalti pubblicicriticità del sistema

coltà principali che un’azienda deve af-frontare per mantenere il proprio ruolo inun momento di forte crisi economica comequesto? «Il problema principale è dato dalle diffi-coltà gestionali ed economiche intrinsecheagli enti pubblici e statali. Oltre ai servizi dipulizia civile la nostra azienda si occupa diigiene nelle strutture sanitarie ed enti pub-blici, compresa la nettezza urbana dei co-muni. Siamo presenti nel comune di MottaSan Giovanni in provincia di Reggio Calabriae sulle strade pubbliche a Villa San Giovanni.Il comune di Motta San Giovanni, ad esem-pio, è in ritardo con i pagamenti di circaventisette mesi, pur continuando a preten-dere gli stessi servizi. Un altro ostacolo vienedalla burocrazia nella gestione delle gare e de-gli appalti. È necessaria la formazione conti-nua per i dirigenti e funzionari perché moltospesso il loro approccio alle procedure è ob-soleto e cavilloso».

In effetti tutti coloro che lavorano congli enti pubblici lamentano una situazionecatastrofica e la congiuntura economicanegativa impone alle banche di restringereil flusso creditizio. Come si possono risol-vere questi problemi? «Serve maggiore vigilanza soprattutto sul la-voro nero e sulla criminalità organizzata chespesso trova terreno fertile in aziende conni-venti dove la malavita entra per gestire i pro-

La fornitura di servizi di igiene e pu-lizia da parte di aziende private, so-prattutto nel comportato civile eospedaliero, rappresenta un tema

fondamentale poiché la qualità del servizio ela sua corretta erogazione passano attraversole annose difficoltà che caratterizzano le garedi appalto con le Pubbliche Amministra-zioni. In Italia le lungaggini burocratiche, lafarraginosità dei meccanismi che regolano legare per l’assegnazione degli appalti e la ca-renza dei fondi a disposizione, mettono adura prova società e imprese che cercano digarantire servizi di livello, salvaguardare i bi-lanci e tutelare la posizione dei lavoratori. Ilbisogno crescente di legalità e trasparenza siscontra troppo spesso con gestioni lacunosee discutibili, che non permettono né alleaziende meritevoli di crescere, né ai cittadini

di fruire di servizi efficienti. Ne saqualcosa Salvatore Prestifilippi,presidente della M.T.S., societàcooperativa siciliana nata nel1985 dall’intuizione di un gruppodi lavoratori rimasti disoccupati a

seguito della chiusura diun’azienda manifattu-

riera tessile e decisi atrovare un’occupa-zione stabile.

Q u a l isono le diffi-

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Salvatore Prestifilippi

è presidente

della Cooperativa MTS,

Manutenzione,

Trasporti e Servizi

con sede a Messina.

[email protected]

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pri affari. Serve una vigilanza capillare cheriesca a intercettare le irregolarità sin dalprincipio opponendosi con forza e decisione.Anche il ruolo dei sindacati dovrebbe essereimportante e devo dire – pur con molta ama-rezza da ex sindacalista – che nelle questionipiù intricate le rappresentanze sindacali nonentrano, mentre aggrediscono le aziende vir-tuose che cercano di operare nel pieno rispettodelle leggi».

Riscontrate gli stessi problemi anche nellecittà settentrionali? «Le difficoltà sono le stesse. Abbiamo lavoratoper tre anni a Pavia subendo slittamenti nei pa-gamenti di sei-otto mesi. Nonostante tuttosiamo riusciti ad onorare le nostre scadenze,corrispondere gli stipendi, versare i contributiprevidenziali ed evitare sanzioni che ci impe-direbbero di partecipare ad altre gare. Un altro

SICILIA 2010 • DOSSIER • 97

esempio? Abbiamo lavorato per dieci anni conuna prestigiosa cooperativa con sede a Cre-mona e al momento di regolarizzare un paga-mento da seicentomila euro i nostri interlocu-tori sono spariti. Per fortuna godiamo ancoradi una certa affidabilità presso banche e istituitidi credito, grazie alla quale riusciamo a supe-rare le difficoltà economiche nel breve periodo.Di contro, solo nel 2009, abbiamo pagato219.000 euro di interessi».

Come riuscite a tener testa alla crisi?«Noi andiamo avanti con quella che definisco‘la gestione del buon padre di famiglia’, senzamai fare il passo più lungo della gamba. Effet-tivamente il momento economico è grave sepensiamo che fino a poco tempo fa avevamotra le mani cinque appalti di pulizia, tre di net-tezza urbana, e un fatturato annuo che supe-rava i dieci milioni di euro. Oggi ci attestiamointorno ai sei milioni, e gestiamo parte deicontratti con aziende partner e associazioni.Ma è pur sempre il nostro lavoro, con tutti i ri-schi che comporta e andiamo avanti senza maimollare, convinti che i nostri sacrifici primao poi saranno ripagati».

In questa pagina

operatori a lavoro

Salvatore Prestifilippi

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100 • DOSSIER • SICILIA 2010

Anche se il consumo di caffè non ha subito notevoli

inflessioni, per fare la differenza sul mercato bisogna

sempre ricercare alti livelli di qualità. Caffè Moak continua

a investire sullo sviluppo del prodotto, le nuove tecnologie

e il brand. Il punto di Giovanni Spadola

Eugenia Campo di Costa

Il caffè espresso è un piccolo lusso a cui ilconsumatore non rinuncia. Neanche intempi di crisi. Ma per distinguersi nel mer-cato occorre offrire standard di qualità estre-

mamente elevati. «Abbiamo interpretato la crisieconomica come una sfida, puntando su quelloche è sempre stato il nostro valore più impor-tante: la qualità sia delle risorse che del prodotto»afferma Giovanni Spadola, presidente e fondatoredell’azienda Caffè Moak di Modica. Una filoso-fia che ha determinato risultati concreti: grazie aiprodotti Moak e agli standard qualitativi propo-sti dall’azienda, i clienti hanno ottenuto un au-mento delle vendite del 15%. Inoltre, l’azienda hachiuso il 2009 con un incremento del 5% del fat-turato e per quest’anno è prevista un’ulteriore cre-scita. Caffè Moak, già dalla fine degli anni’60, hainiziato a importare le migliori qualità di caffè daBrasile, Sud e Centro America, Costarica, SantoDomingo e India. A partire dal ’90 Caffè Moak

Tecnologie e mercatodi una bevanda intramontabile

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Giovanni Spadola

SICILIA 2010 • DOSSIER • 101

In apertura,

Giovanni Spadola,

presidente e fondatore

di Caffè Moak

di Modica. Nelle altre

immagini alcune fasi

della tostatura

www.caffemoak.com

è uscita dai confini siciliani per espandersi intutta l’Italia. «Anche le esportazioni – conti-nua Spadola -, prima in Europa e poi nel re-sto del mondo, sono iniziate negli anni ’90 eda circa vent’anni contribuiamo a diffonderela cultura dell’autentico espresso, in tutti ecinque i continenti».

Il rivolgersi anche a mercati stranieri ha in-fluito positivamente durante il periodo di crisieconomica globale?«Siamo consapevoli da tempo che i Paesi esteri of-frono ottime opportunità di business, a maggiorragione in questo periodo. Negli ultimi anni ab-biamo puntato maggiormente alla diffusione delvero espresso italiano in zone come l’Europa del-l’Est e i Paesi arabi, stringendo interessanti accordicommerciali che hanno portato oggi la nostraquota export al 24% del fatturato».

Nel 2009, per confrontarvi con un mercatosempre più globale, avete affidato il restylingdella vostra immagine al designer Bob No-orda. Quali le caratteristiche del brand?«Quello sviluppato da Noorda è un marchionuovo che però porta in sé una continuità con ilprecedente simbolo di Moak e i tratti distintividell’azienda. Per esempio, alcuni aspetti stilisticiche rimandano alla cultura araba, a sottolineareil legame con la terra dove ha sede l’azienda.Moak, infatti, deriva dalla parola araba “mohac”,com’era anticamente conosciuta la città di Mo-dica. Inoltre, bere una tazzina di caffè è un’espe-rienza che coinvolge tutti i sensi. Ecco allora chela “M” di Moak, presente anche nel vecchio mar-chio, è stata stilizzata, e ora assume una valenzaevocativa a livello visivo, e non solo, dell’aromae della fragranza dell’amata bevanda scura. Que-sto è stato anche il punto di partenza per lo svi-luppo della nuova immagine coordinata. Lascelta del cambiamento è stata dettata dalle esi-genze che si sono create con la crescita del-l’azienda, ma è anche vero che, come in un cir-colo virtuoso, il rinnovamento ci ha permesso diinterfacciarci con nuovi mercati, offrendocinuove opportunità di sviluppo».

Quali sono le vostre ultime evoluzioni intema di impianti e tecnologia?«Quest’anno abbiamo inaugurato la nostra nuovasede. Un complesso architettonico moderno e

funzionale che risulta strategico per la crescita del-l’azienda. Infatti, oltre ad aver quadruplicato glispazi, c’è stato un miglioramento della logistica,abbiamo raddoppiato la capacità produttiva eottenuto un maggior controllo sulla selezionedella qualità del caffè verde in ingresso, grazie allatavola densimetrica. Questo strumento ha alzatoancora di più i nostri standard qualitativi. Inol-tre, il nuovo stabilimento è dotato di due robot

antropomorfi, per automatizzare quei passaggi incui non è coinvolto il caffè. In questo modo ilpersonale è dedicato completamente al prodotto.Tutto l’impianto è eco-sostenibile, viene riciclatoil calore delle tostatrici e, grazie ai pannelli foto-voltaici posti sul tetto della struttura, viene ga-rantita una produzione di energia elettrica che su-pera le esigenze energetiche di tutta la sede».

In che cosa consiste la tostatura singola?«Da sempre Moak sottopone ogni tipo di caffè asingola e specifica tostatura e solo in un secondomomento vengono uniti per creare la mi-scela. In questo modo vengono esaltate e ri-spettate le differenze e le caratteristiche orga-nolettiche del caffè crudo, ottenendo miscelemolto equilibrate».

Quali sono i vostri progetti per il prossimofuturo?«Continuare a investire in ricerca e sviluppo diprodotto, packaging e nuove tecniche di produ-zione, al fine di offrire sempre un caffè eccellente.Inoltre, puntiamo a nuove opportunità di busi-ness, entrando in nuovi mercati, intesi sia cometerritori che come tipi di consumatori, offrendoloro nuovi modi di bere il caffè».

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102 • DOSSIER • SICILIA 2010

Commerciare all’ingrosso prodotti

alimentari, scavalcando piccole e grandi

difficoltà. Così la Scuderi avanza e

conquista nuove piazze: dal catanese

fino a Siracusa, passando per Messina,

la qualità fa il giro della Sicilia

Sara Belli

Spesso ci si chiede come i prodotti sur-gelati o di panetteria vengano conser-vati e distribuiti all'ingrosso. VincenzoScuderi, amministratore dell’azienda

familiare, commercia all'ingrosso sfarinati,prodotti per la panificazione, pasta, conserve,alimentari freschi e surgelati e spiega qualepuò essere un corretto modus operandi. L’im-presa nasce negli anni Sessanta da un’idea diMatteo Scuderi. Nel corso del tempo la realtàsi è diversificata e oggi è giunta alla divisionedelle tre categorie. «È necessario selezionarecon cura il più vasto e vario elenco di prodottidi alta qualità, per andare incontro alle neces-sità degli utenti. Per quanto riguarda la miaesperienza, abbiamo suddiviso la gamma deiprodotti in tre categorie, in modo da facilitarela ricerca». La categoria Grocery, tra le tre, rap-presenta il gruppo più esteso di prodotti. «Alsuo interno si trovano merci diverse sia per ca-ratteristiche sia per utilizzo. Una parte di lorocomprende gli sfarinati per panificazione, perpizza, dolci, pastificazione e di altri cereali. Aquesti si aggiungono i gruppi degli zuccheri,spezie, frutta secca, pomodori, vegetali in sca-tola, oli, aromi, prodotti per pasticceria e ge-lateria e relativi complementi, semilavoratiper dolci e salati e molto altro». La categoria

Fresco è sensibilmente più piccola rispettoalla precedente. «Tutti i prodotti in essa rac-chiusi possiedono un elemento che li acco-muna. Ognuno di loro, infatti, ha la necessitàdi essere conservato a una temperatura com-presa tra 0 e 4 gradi circa. Perciò, la merce cherispecchia queste caratteristiche e che fa partedi questo elenco è formata da margarine,strutto, lieviti, burro e panna, formaggi, moz-zarelle e salumi». La categoria Surgelato rap-presenta una novità introdotta di recente.«Questa tipologia di prodotti deve essere con-servata a una temperatura al di sotto dellozero e che arriva fino a 18 gradi circa. Lemerci che rientrano in questo terzo grupposono frutto di una selezione attenta e accurataal fine di rispettare determinati parametri qua-litativi. Fanno parte dei surgelati pesce e ve-getali, rustici, apollini, mozzarelline panate,creme di ricotta e vari prodotti». La reces-sione economica non ha lasciato indenne que-sto settore. «Con la crisi abbiamo registrato unleggero calo di vendita, in particolare nel set-tore panetteria. Negli ultimi anni - prosegueScuderi - stanno crescendo sul territorio realtàsimili e quindi aumenta la concorrenza, che avolte è persino sleale. Ritengo che lo Stato do-vrebbe sostenere maggiormente le Pmi».

Irene e Vincenzo Scuderi

[email protected]

Il mercato deiprodotti alimentari

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Tra filiera alimentaree sviluppo del packaging

Molti i fenomeni che minano la stabilità del settore agroalimentare in Sicilia. A subirne

gli effetti sono anche le relative imprese di packaging. Giuseppe Fernandez,

della Nuova Sud Imballaggi, spiega perché tutte le aziende del comparto, in concerto

alle istituzioni, devono reagire con più forza, puntando all’innovazione

Carlo Sergi

Si prevede un significativo aumento dellaproduzione nel 2011 della Nuova SudImballaggi. L’azienda, tra le più affer-mate in Sicilia nell’ambito del packaging

solution, si prepara così a una ripresa che seguiràun biennio rivelatosi difficile per l’intero com-parto. «L’aumento previsto non andrà certa-mente a scalfire la qualità delle nostre produzionie dei nostri servizi – spiega il responsabile per ladirezione dell’azienda ragusana, Giuseppe Fer-nandez -. Stiamo, in particolare, valutando diampliare il nostro raggio di azione relativamenteal settore dei contenitori in plastica. Fino ad oraci siamo limitati a commercializzarli, ma inten-diamo investire sulla loro produzione». L’azienda,

da sempre sorrettasi in virtù delflorido mercato agroalimentaredel ragusano, punta sempre piùalla formula della diversifica-zione.

Il periodo è difficile, ma nonper questo si fermeranno gliinvestimenti?«Abbiamo investito sull’acqui-sto di nuovi macchinari utili alpotenziamento della produ-zione, tra cui alcuni per angolariin cartone. Non solo. Occorreanche investire sul migliora-mento delle competenze dei

Sotto, a destra,

Giuseppe Fernandez,

responsabile della direzione

della Nuova Sud Imballaggi Srl

www.nuovasudimballaggi.it

nostri dipendenti, attraverso lafrequenza a corsi di formazioneprofessionali. Per sostenere la ri-presa è necessario velocizzare itempi aziendali, i servizi devonoessere più rapidi e, se occorre,eventualmente si assumerà nuovo personale. LaNuova Sud Imballaggi è da sempre un’azienda at-tenta al suo aggiornamento interno, oltre chedel proprio settore».

A proposito di questo, quanto incide sul vo-stro andamento la congiuntura del mercatoagroalimentare regionale?«La nostra azienda dipende fortemente dall’an-damento del settore agroalimentare, in quantosvolge un ruolo chiave nella filiera del commer-cio fornendo uno dei materiali indispensabili alconfezionamento e al trasporto dei prodotti agri-coli. Nel corso del 2010 il comparto in que-stione ha reagito negativamente alla crisi, questoperché l’andamento dei prezzi è stato insoddi-sfacente per la maggior parte delle produzioni,nonostante alcune stagioni positive. Maggiorevantaggio ha riscontrato la grande distribuzioneorganizzata, mentre ai singoli produttori è rima-sto ben poco».

Per cui tra i “piccoli” emergono situazionicritiche?«La situazione degli agricoltori è da bollino rossoe, senza misure mirate, migliaia di imprese sa-

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 105

ranno costrette a chiudere i battenti perché im-possibilitate a resistere sul mercato. Un tracolloche occorre assolutamente evitare. Tale tensionee malessere hanno conseguentemente influitoanche sulla nostra attività. Abbiamo subito l’au-mento dei prezzi delle materie prime, necessarieper lo svolgimento della nostra attività, il cartonein primis. Inoltre, siamo dovuti andare incontroalle difficoltà di pagamento dei nostri clienti ealla loro richiesta di mantenere stabili i prezzi. In-somma, una situazione non facile da gestire».

Secondo lei quali sono gli ostacoli maggioriche il suo comparto dovrà affrontare?«Oggi è divenuto difficile andare avanti per tuttigli operatori del settore, i quali devono districarsitra centinaia di norme, regolamenti comunitarie concorrenza agguerrita. È da anni che vienedenunciato il fenomeno dell’agropirateria, ossiadella merce proveniente dal Nord Africa spac-ciata per italiana e rivenduta come vittoriese. Undanno enorme per la nostra economia. Occor-rerebbero pertanto controlli più serrati nei portidi arrivo, indagini fiscali più approfondite al finedi accertare eventuali frodi, una maggiore re-

sponsabilità da parte della politica e del governoregionale e nazionale. Insomma, una mentalitànuova e coerente con lo sviluppo, tesa a difen-dere i marchi di qualità e di origine per vincerela competitività».

Il vostro è un caso imprenditoriale certa-mente positivo, che nonostante le difficoltàoggettive dell’economia locale resiste e, anzi,pone in essere strategie di sviluppo. Credete dipoter fungere da esempio per gli altri attoridella filiera?«Intanto, credo che per divenire efficienti edefficaci c’è bisogno di una riforma complessivadel sistema. Occorre tagliare fuori chi lavoramale, chi è affiliato con la criminalità e chi vendeprodotti falsamente etichettati. Il nostro esempioè, in effetti, importante. La Nuova Sud Imbal-laggi punta sulla ricerca, sull’innovazione e sullavalorizzazione del prodotto. Noi crediamo vitalel’individuazione di ulteriori mercati di sbocco, incui poter affermare i nostri marchi. In questomodo sia la nostra attività, sia l’intera filieraagricola potranno ottenere la garanzia di una giu-sta remunerazione».

Giuseppe Fernandez

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106 • DOSSIER • SICILIA 2010

Alla stabilità di un eco-sistema contri-buisce, in maniera determinante,l’azione antropica svolta dall’uomo.Tale fenomeno, nel corso dell’ultimo

cinquantennio, se da un lato ha contribuito a faraumentare le produzioni agricole, dall’altro haperò causato problemi legati all’uso indiscrimi-nato e irrazionale della fertilizzazione. Ad ag-gravare ulteriormente tali problematiche ha con-tribuito l’uso di prodotti spesso non rispondentiad adeguati standard produttivi. Il ripetersi diutilizzi irrazionali e di formulazioni approssi-mative, ha accelerato ulteriormente i fenomeni

Il confine tra coltivazione e danni all’ecosistema può essere labile. Ecco perché

è necessaria una razionalizzazione nell’uso dei fertilizzanti, che devono offrire garanzie di

qualità ed efficacia, nel rispetto dell’ambiente. L’esperienza di Giovanni Giudice della Siriac

Lucrezia Gennari

di degradazione dell’agro-ecosistema. In rispostaa tali problematiche legate al rispetto ambientalee alla razionalizzazione economica dei fertiliz-zanti, è stato fondato l’Istituto di controllo dellaQualità dei Fertilizzanti (I.C.Q.F.). «È una isti-tuzione che autodisciplina il settore dei fertiliz-zanti - spiega Giovanni Giudice, titolare della Si-riac, azienda di Acate impegnata nellaproduzione e commercializzazione di fertiliz-zanti, che ha aderito all’Istituto -. Le aziende chevi aderiscono si sottopongono periodicamente acontrolli dei prodotti, attraverso adeguate analisichimiche, verificando le rispondenze relative al-

IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il fertilizzante che rispettal’agro-ecosistema

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Giovanni Giudice

SICILIA 2010 • DOSSIER • 107

l’effettivo titolo nutrizionale, della composi-zione, garantendo quindi al consumatore l’effi-cacia attesa, l’equità del prezzo e la conseguenterispondenza nutrizionale per le colture».

Quali caratteristiche fondamentali devonoquindi avere tali prodotti?«Ogni essere vegetale necessita di elementi nu-trizionali. In natura tali elementi nei terreniagricoli normalmente coltivati, sono presentiin misura sufficiente o insufficiente. Le esigenzedelle coltivazioni agrarie, evolute e sostenibili, ingrado di raggiungere accettabili standard di pro-duttività e qualità, impongono l’apporto esternodi elementi fertilizzanti: macro, meso e microe-lementi, indispensabili per equilibrare la nutri-zione delle colture. Al fine di poter esaudire leesigenze di un mondo agricolo estremamente at-tento ai problemi della fitonutrizione, abbiamomesso a punto un ricco e articolato catalogo diprodotti per la fertilizzazione, con la pressochétotale presenza di ogni tipologia di fertilizzante,per dotazione e tipologia, adattabili alle svariatetecniche di somministrazione, corredato inoltredi prodotti specialistici, quali coadiuvanti».

Siriac è oggi azienda leader nel settore, di-stribuisce i propri fertilizzanti sia in Italiache all’estero.«L’azienda dispone di un’offerta pressoché com-pleta, che comprende inoltre la distribuzione diun gran numero di mezzi tecnici al serviziodella produzione agricola, riguardanti la difesa,le sementi specializzate, in esclusiva o partena-riato con le più importanti società multinazio-

nali del settore. Inoltre è distributore esclusivodi Tecniterra, marchio che appartiene allo stessogruppo societario. Operiamo sul territorio ita-liano ed estero, attraverso una rete di societàcontrollate e partecipate, localizzate in aree stra-tegiche di mercato. Tali sinergie valorizzano esviluppano autonomamente le opportunità deirispettivi mercati di competenza, facendo levasulle risorse comuni del gruppo».

Quali sono le vostre diverse linee produt-tive? «L’offerta dei diversi prodotti si concretizza conlinee produttive qualitativamente all’avanguar-dia e in continua evoluzione. I nostri marchi sto-rici comprendono gli organo-minerali “Fertil-sole” e gli idrosolubili “Agrisol” e “SummumAlgavital” dall’elevato livello tecnologico e qua-litativo. Al centro della nostra missione po-niamo l’attenzione per le esigenze degli opera-tori agricoli: agricoltori singoli o associati,distributori, prestatori d’opera e servizi, assi-stenti tecnici, esperti di produzione, vero volanodel comparto produttivo agricolo».

Quale iter seguite nella realizzazione dei vo-stri prodotti?«La prima fase è lo studio e lo sviluppo del pro-dotto al fine di individuarne e valorizzarne le po-tenzialità. In stretta collaborazione con enti di ri-cerca pubblici e privati, operanti in ambitonazionale e internazionale, curiamo la speri-mentazione e lo sviluppo di prodotti innovativi.Affrontiamo successivamente le problematichetecniche poste preoccupandoci dell’accerta-mento dell’effettivo e sicuro utilizzo, dell’ade-guatezza delle risposte agronomiche, al fine dimassimizzare i risultati produttivi, l’individua-zione delle migliori e più efficaci soluzioni di-stributive e logistiche, consentendo agli opera-tori di accedere alle migliori pratiche etecnologie, in maniera soddisfacente alle esi-genze operative, rispondendo così all’interesse ditutto il settore. Particolare attenzione è rivoltainoltre agli aspetti che riguardano la sicurezzaalimentare e la salute umana e animale, la sicu-rezza degli operatori agricoli, il rispetto per l’eco-sistema agricolo e naturale, l’applicazione ditutti i sistemi in grado di diminuire l’impattoambientale».

Giovanni Giudice,

titolare della Siriac.

L’azienda ha sede

ad Acate (RG)

www.siriac.com

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IN COPERTINA

114 • DOSSIER • SICILIA 2010

Nei primi 9 mesi dell’anno le Ca-mere di Commercio hannoiscritto nei propri registri oltre315mila nuove imprese a una me-

dia - sabati e domeniche inclusi - di più di1.150 nuove imprese al giorno. Un dato con-fortante, che mostra come «l’esercito» di coloroche vogliono lanciarsi sul mercato «non si ar-resta neanche in tempi duri come questi», sot-tolinea Ferruccio Dardanello, presidente na-zionale di Unioncamere. «I dati certificano chela crisi è alle spalle e che la ripresa si sta conso-lidando. La sua entità e la sua distribuzione trasettori e territori, però, appare ancora discon-tinua, frammentata e a tratti fortemente squi-librata, in particolare a sfavore del Sud e del-l’artigianato. Finalmente i segni “meno”davanti agli indicatori sono tornati a essereun’eccezione, ma se guardiamo dentro i numerici rendiamo conto che è indispensabile inter-venire con politiche di sistema per sostenerequesta che resta una ripresa debole».

Chi ne sta beneficiando maggiormente?«La forza della ripresa è in questo momentotutta concentrata nell’export, per cui i settoriche ne risentono favorevolmente sono quellipiù aperti ai mercati globali. Chi non riesce astare in queste traiettorie, rischia la margina-lizzazione. Sul territorio, i benefici maggiori siconcentrano soprattutto nelle regioni setten-trionali, tradizionalmente più manifatturiere,nella fascia adriatica, in parte del centro e in al-cune, purtroppo piccole, realtà del Mezzo-giorno. Ma dire di fare made in Italy non ba-sta, per essere competitive le nostre impreseoggi devono saper coniugare la bontà di quelloche fanno con un’efficienza organizzativa sem-pre più elevata».

Nel turismo le iscrizioni di nuove attivitàhanno subito un forte rallentamento. Quali

sono le cause e quali le strategie da adottareper ridare slancio al settore?«Il turismo, come il resto dell’economia, havissuto due anni difficili. Se il calo complessivodei flussi è stato contenuto, il fatturato delle im-prese ha registrato tuttavia una riduzionedell’11% nel 2009 e di un ulteriore 4% neiprimi sei mesi del 2010. Il contraccolpo si èfatto sentire anche sulla diffusione del sistemaimprenditoriale. Il rallentamento delle iscri-zioni di nuove attività di impresa nei settoridella ristorazione e dell’ospitalità è un segnaleda tenere sotto osservazione, che richiede un la-voro congiunto sui fattori chiave capaci di as-sicurare lo sviluppo del turismo».

Quali ad esempio?«Fondamentale è la politica sulla qualità del-l’offerta, che il sistema camerale sta da anni per-seguendo con il progetto “Ospitalità italiana”

Una ripresa debole e squilibrataFerruccio Dardanello, presidente nazionale

di Unioncamere, analizza i dati 2010: «C’è fiducia

ma servono sgravi fiscali, rilancio dei consumi

e facilità di accesso al credito»

Riccardo Casini

Ferruccio Dardanello,

presidente nazionale

di Unioncamere

COMPETITIVITÀ

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxSergio Marchionne

SICILIA 2010 • DOSSIER • 115

accusate dall’agricoltura?«Il settore agricolo rappresenta forse lo scrignopiù prezioso dei grandi tesori del made in Italy.La sfida del futuro, per questo settore come pergli altri che contribuiscono al successo del no-stro export, si chiama qualità. Una qualità chenon si limita al prodotto ma che investe tuttal’organizzazione del settore, passando per losviluppo e l’integrazione delle filiere produttivecon quelle distributive. Un processo che è so-prattutto di tipo culturale e che vede in primafila oggi tanti giovani imprenditori, non solomolto competenti ma soprattutto innamoratidel loro lavoro. E credere in quello che si fa èla prima regola per avere successo».

Secondo Unioncamere le Pmi industrialihanno registrato il secondo trimestre posi-tivo consecutivo dall’inizio della crisi. Lei,però, ha parlato di una “ripresa a due facce”:quali comparti registrano ancora le mag-giori difficoltà?«Chi è più piccolo e chi resta isolato dalle lo-giche di rete e di filiera è certamente più espo-sto alle difficoltà che ancora pesano sull'eco-nomia reale. Non sorprende, perciò, vedereche l’artigianato è il comparto che più degli al-tri soffre questo momento delicato dell’uscitadalla crisi. Nel terzo trimestre dell’anno, inparticolare, abbiamo registrato le maggiori dif-ficoltà nel settore delle industrie del legno e delmobile che, nonostante lo stimolo dell’export,continuano a perdere terreno su produzione efatturato. Le nostre imprese manifatturieremanifestano un pacato anche se convinto ot-timismo per l’andamento del prossimo anno.Ma ciò non significa che tutti i problemi sianorisolti».

Quali nodi restano da sciogliere?«Ci sono ancora forti difficoltà nel riavviare lamacchina dei consumi interni e anche sul

con il quale abbiamo certificato 5.400 aziendeturistiche. A questa iniziativa ne abbiamo ag-giunta un’altra che mira alla certificazione deiristoranti italiani nel mondo: dopo meno di unanno possiamo già contare su una rete di circamille ristoranti certificati che possono rag-giungere un milione di consumatori al giornoveicolando nel mondo, attraverso i sapori na-zionali, l’immagine vincente del brand Italia. Èun esempio considerato una buona pratica an-che a livello Ue, che di recente ha sancito la na-scita del marchio di qualità europeo».

Quali sono invece le difficoltà principali

Il calo di fatturatodelle imprese di

settore nei primi 6mesi del 2010

TURISMO

Le nuove realtàiscritte nei registridelle Camere di

commercio nei primi9 mesi del 2010

IMPRESE

315mila

4%

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Per essere competitivi occorreconiugare la bontà del prodottocon una maggiore efficienzaorganizzativa

� �

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxFerruccio Dardanello

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116 • DOSSIER • SICILIA 2010

COMPETITIVITÀ

fronte dell’accesso al credito, pur migliorandonotevolmente il rapporto banche-imprese, ve-diamo crescere la quota di Pmi che non fa ri-corso a finanziamenti bancari, rinunciando cosìagli investimenti o ricorrendo a risorse propriecon l’autofinanziamento. Non c’è dubbio co-munque che la ripresa in cui tutti confidiamosia oggi più che mai legata allo strumento dellereti: è indispensabile agire come sistema suimercati internazionali, trainando così anche leaziende di piccole dimensioni».

Qual è il contributo del sistema cameralein sostegno alle Pmi?«In questa fase, le priorità su cui stiamo con-centrando gli sforzi maggiori sono quelle delcredito e dell’internazionalizzazione. Il creditoresta il tema più importante per tan-tissime Pmi e per tutti quelli che oggistanno pensando a lanciarsi sul mer-cato con un’idea di business, e chesenza un credito adeguato hannoscarse prospettive di durare. Il sistemacamerale è in prima linea su questofronte per non far mancare alle im-prese le risorse necessarie a crescere esvilupparsi».

In che modo è possibile?«Innanzitutto sostenendo le attività dei con-fidi, di cui le camere di commercio, con ol-tre 80 milioni di euro all’anno, sono il primofinanziatore pubblico. In parallelo, interve-nendo con iniziative dirette a favorire la col-laborazione tra banche e Pmi sul territorio,affinché al momento della richiesta di unfido la migliore conoscenza personale del-l’imprenditore possa bilanciare il peso ano-nimo dei numeri del conto economico e delpatrimonio. È il caso della recente intesa sot-toscritta da Unioncamere con Abi e Consiglionazionale dei dottori commercialisti edesperti contabili. Peraltro, la crisi internazio-nale ha dimostrato che le banche più solidesono quelle che hanno continuato a fare illoro vero mestiere: garantire liquidità al si-stema produttivo, trasformando la raccolta dirisparmio in investimenti. Per questo ci au-guriamo che, nella ricerca di criteri di patri-monializzazione più solidi per il sistema ban-

cario internazionale, le nuove regole di Basi-lea 3 non trascurino di garantire una sua ade-guata liquidità, per accompagnare e soste-nere lo sviluppo».

Quali interventi sono in programma in-vece sul fronte dell’internazionalizzazione?«Le Camere di commercio hanno acquistatonegli anni una specializzazione funzionale di in-terventi a favore delle Pmi, dall’accompagna-mento fisico sui mercati, con missioni e fiere,all’assistenza sulla contrattualistica, fino allaformazione. Nel 2010 sono state oltre 3mila leiniziative, di cui 1.300 a opera delle Camere ita-liane, che coinvolgono oltre 11mila aziendeaccompagnate in incontri b2b o per accordi dicooperazione. L’ultima in ordine di tempo è

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Se la dinamica dei consumi internie degli investimenti pubblici non torneràpresto su livelli accettabili, è realisticopensare a un altro anno difficile

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 117

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxFerruccio Dardanello

l’accordo siglato con la Simest, per far cono-scere sul territorio le opportunità di business al-l’estero che possono venire dai servizi di questoimportante attore sulla scena della promozione,in particolare per gli incentivi, gli strumenti perfinanziare gli studi di fattibilità, la penetra-zione commerciale e la capitalizzazione d’im-presa, anche all’interno dei Paesi dell’Unioneeuropea».

L’innovazione è una delle chiavi per supe-rare la crisi. Quali settori hanno rispostomeglio in questo senso?«Da più parti si sottolinea come la crisi che hainvestito l’economia mondiale possa essere ilpunto di partenza per un ripensamento com-plessivo dei modelli di sviluppo finora adottati.Da questo punto di vista, l’attenzione all’am-biente viene identificata come una delle diret-trici da seguire per stimolare la crescita e, alcontempo, rendere più equi e sostenibili i pro-

cessi economici. Date lecaratteristiche struttu-rali del nostro tessutoproduttivo manifattu-riero, la green economymade in Italy può essereuna risposta concreta,profondamente innova-tiva e sostenibile all’esi-genza di imboccare unnuovo sentiero di svi-luppo. In altri termini,la crisi può essere un’oc-casione per moderniz-zare l’economia italianae assicurarsi competiti-vità in un settore pro-duttivo che diventeràsempre più cruciale».

Qual è in propo-sito la situazione at-tuale?«I dati delle nostre ul-time indagini dimo-strano come la strada siagià intrapresa da molti.Il 30% delle Pmi si di-mostra particolarmente

attento a effettuare investimenti in prodotti otecnologie volte a conseguire risparmi energe-tici e a minimizzare l’impatto ambientale. Uninteresse che sale al 37% con riferimento alleimprese industriali di media dimensione e alleaziende specializzate nelle produzioni agroali-mentari. A livello territoriale, in particolare, ilSud è l’area geografica in cui appare più consi-stente (38%) la fascia di quelle imprese che neiprossimi anni investiranno in prodotti e tec-nologie a minor impatto ambientale».

Ma quali sono le prospettive a breve ter-mine dell’economia italiana? La “maggiorefiducia” da voi registrata in alcuni settori havalidi motivi di fondatezza?«Per le Pmi del settore manifatturiero, la finedell’anno e l’inizio di quello nuovo appaionogeneralmente buone, anzi in miglioramento.L’andamento degli ordinativi nel terzo trime-stre è stato positivo e la striscia dei mesi di pro-duzione garantita si è allungata di un terzo:siamo passati da due a tre mesi. Grazie allaforza dell’export, una buona parte dell’Italiaproduttiva ha dunque doppiato la boa dellacrisi e si è avviata fuori dalle secche. Tuttavia,oltre la metà delle imprese - gran parte diquelle del commercio e dei servizi - resta an-cora indietro e rischia di perdere ulteriormenteterreno dagli altri. Se la dinamica dei consumiinterni e degli investimenti pubblici non ri-tornerà presto su livelli accettabili, è realisticopensare a un altro anno difficile sul fronte in-terno, con conseguenze negative sul recuperodei livelli occupazionali».

Su quali punti dovrebbe concentrarsi al-lora una politica di rilancio?«Attuare la riforma fiscale alleggerendo il pesosu imprese e lavoro, rilanciare i consumi internie restituire centralità e fiducia all’imprenditorenelle condizioni di accesso al credito: sono tuttipassaggi determinanti per permettere a chi è ri-masto indietro di imboccare la via della crescitae contribuire così a ridurre gli squilibri che ci pe-nalizzano. Senza dimenticare la necessità dimantenere alto l’impegno a semplificare la mac-china pubblica e per renderla più efficiente atutti i livelli. La sfida per uno Stato davvero mo-derno è la sfida dell’Italia dei prossimi anni».

L’incrementoregistrato dalle

imprese artigianenel terzo trimestre2010, contro unamedia del 4,1%

delle Pmimanifatturiere

EXPORT

Il calo registrato daparte delle imprese

commerciali nelterzo trimestre 2010

VENDITE3%

4,4%

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120 • DOSSIER • SICILIA 2010

Una banca a sostegnodell’economia del territorio

La crisi internazionale, prima finan-ziaria e poi con riflessi sull’economiareale, non si è ancora conclusa, maRoberto Bertola preferisce guardare il

bicchiere mezzo pieno. «Ogni crisi – sostiene –offre anche delle opportunità che tocca agli at-tori del territorio, tra i quali rientrano a pienotitolo le banche, saper cogliere e trasformare instorie di successo». Per quanto riguarda l’eco-nomia siciliana, il responsabile dell’area Siciliadi Unicredit precisa: «il fatto che sia legata peril 40% al settore pubblico, nel breve termine hasvolto certamente una funzione protettrice ri-spetto alla crisi ma è pur vero che questa con-dizione non è sostenibile nel tempo. Oggi pos-siamo dire, sulla base dei nostri dati e in lineacon le più recenti stime della Banca d’Italia, chein Sicilia si è attenuata la fase congiunturale re-

cessiva e che siamo in presenza di alcuni, sep-pur timidi, segnali di risveglio dell’economia.Certo, i problemi della Sicilia sono quelli disempre e sono noti a tutti: eccesso di burocra-zia, collegamenti difficili, ostacoli ambientali. Esi tratta di ritardi strutturali e di problemi cheuna banca non può certo risolvere. La bancaperò può fare lo stesso molto. Attraverso il suoimpegno, la sua correttezza nei comportamenti,il suo tener conto delle esigenze del territorio».

A proposito del ruolo che gli istituti ban-cari devono svolgere, in che maniera pos-sono agevolare il rilancio dell’impresa?«Credo che il ruolo debba essere quello di nonfar mancare il proprio apporto all’impresa nelmomento in cui essa vive un momento di diffi-coltà. Voglio ricordare che in Sicilia, nono-stante la crisi, si è registrata una crescita su baseannua dei finanziamenti bancari alle impresecon un particolare sostegno per quelle di di-mensioni minori. Hanno registrato, infatti,una crescita del 5,9% i finanziamenti alle im-prese con meno di 20 addetti e del 3,3% quellialle imprese con più di 20 addetti. Tengo inproposito a ricordare anche la recente ricercadell’Istituto Piepoli, secondo cui il numero de-gli imprenditori che si sente in condizione diaprire una nuova azienda in Sicilia è più altoche nel resto del territorio nazionale. Un datoche rende merito alle politiche di legalità e ri-

«Esportare più merci e importare più turisti». Questa la ricetta per

la crescita della regione proposta da Roberto Bertola, responsabile

di territorio per l’area Sicilia di Unicredit. Che, di fronte a una crisi

ancora presente, richiama l’attenzione sui segnali di risveglio

Michela Evangelisti

Roberto Bertola,

responsabile di

territorio per l’area

Sicilia di Unicredit

CREDITO

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Roberto Bertola

SICILIA 2010 • DOSSIER • 121

spetto delle regole portate avanti negli ultimianni da Confindustria Sicilia, guidata da IvanLo Bello».

Concretamente, come si sta muovendoUnicredit?«In questa difficile fase congiunturale conti-nua a fare al meglio la sua parte di banca vicinaalle esigenze delle imprese e delle famiglie. Esono convinto che la recente riorganizzazione,denominata “Insieme per i clienti”e avviata intutta Italia, riuscirà a dare risposte ancora piùforti ed efficaci alle necessità del territorio sici-liano. Risposte che, da un lato, si basano sullavicinanza, la conoscenza e il dialogo e, dall’al-tro, sulla possibilità di accompagnare l’evolu-zione delle scelte strategiche delle aziende conrisposte adeguate e con una rete di banche pre-senti in 22 paesi europei, che può certamentefavorire un processo di internazionalizzazionedelle imprese. La sfida che ci aspetta è la con-quista di una quota nel commercio estero ingrado di rilanciare la crescita economica dellaregione. Se mi dovessero chiedere oggi una ri-cetta per la crescita della Sicilia direi che occorreesportare più merci e importare più turisti».

In che misura le imprese dei vari settoriproduttivi locali ricorrono al sistema cre-ditizio?«Al momento siamo in una fase di generalestagnazione dell’economia che investe granparte dei settori produttivi. Qualche segnale diripresa possiamo riscontrarlo nel settore del-l’edilizia privata, grazie anche a un significativoincremento delle operazioni in accollo erogatein favore delle famiglie, e in quello dei servizi.Fra questi ultimi, mi piace ricordare la filiera tu-ristica, nella quale crediamo molto qui in Sici-

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lia, una regione che in termini di bellezze na-turalistiche e artistiche non ha nulla da invidiareal Veneto, al Trentino, all’Emilia Romagna oalla Toscana che stanno ai vertici nelle gradua-torie regionali dei flussi turistici. Basta pensareche negli ultimi dodici mesi il trend dei nostriaffidamenti verso il settore alberghiero ha vistoun incremento del 15% nelle operazioni dibreve termine. Inoltre, Unicredit ha dato vitagià da un anno e mezzo, e con buoni e concretirisultati, al “Sicilia convention bureau”, unasocietà che opera per sostenere il turismo con-gressuale in Sicilia, al fine di destagionalizzarei flussi e incrementare le presenze».

Ma quali sono le modalità di finanzia-mento più richieste dalle imprese?«Notiamo un graduale incremento, nel brevetermine, delle operazioni autoliquidanti e, nelmedio termine, dei finanziamenti chirografariassistiti da garanzie rilasciate dai consorzi fidi».

Quali garanzie richiede la banca agli im-prenditori e in particolare ai giovani chechiedono un prestito finalizzato all’avvio diuna nuova attività? «Attraverso il lancio del progetto “Impresa Ita-lia”, Unicredit ha erogato in Sicilia oltre 425milioni di finanziamenti a piccole e piccolissime

In Sicilia, nonostante lacrisi, si è registrata unacrescita su base annua dei finanziamenti bancarialle imprese

Sono i fondi erogatialle imprese con

meno di 20 addetti

FINANZIAMENTI+ 5,9%

Sono i fondicomplessivamente

stanziati daUnicredit per lapiccole e medieimprese siciliane

PMI

425mln

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122 • DOSSIER • SICILIA 2010

CREDITO

imprese con un principio fondamentale allabase: finanziamenti a imprese sane, in momen-tanea difficoltà, ma dalle fondamenta solide.Per fare una valutazione in questo senso spessoperò abbiamo bisogno di più ottiche e quella deiconfidi e delle associazioni di categoria possonorivelarsi utilissime. Ma le banche devono mi-gliorare anche la loro capacità di finanziare pro-getti intangibili e di valutare idee imprendito-riali innovative. In questo senso voglio ricordareil successo dell’iniziativa “Il talento delle idee”lanciato da Unicredit e dai giovani imprenditoridi Confindustria: in tutta Italia sono state indi-viduate 270 nuove idee imprenditoriali e diqueste ben 50 provengono dalla Sicilia. Unesempio concreto di come la rete commercialedella banca, le università e i centri di ricerca pos-sono fare sistema in modo virtuoso. I vincitoririceveranno ora il finanziamento del loro pro-getto, parteciperanno a master di specializza-zione e saranno messi in contatto con investitoriistituzionali disponibili a partecipare al capi-tale d’azienda».

Quali altre iniziative sono state lanciate infavore dei giovani imprenditori?«Unicredit ha realizzato anche “Cambiare percrescere”, un’iniziativa formativa rivolta a pic-cole imprese siciliane per diffondere la culturad’impresa. Siamo convinti che le imprese deb-bano aprirsi di più all’esterno e stringere accordicon altri imprenditori dell’estero e noi abbiamo

cercato di agevolare questo processo anche conl’iniziativa “A way to Sicily” attraverso cui im-prese siciliane hanno potuto incontrare e avviareiniziative di collaborazione commerciale conimprese polacche, grazie proprio alla forte pre-senza del gruppo Unicredit in quella nazione.Con “Export business school” poi abbiamo ri-servato un corso di formazione alle imprese alquale hanno partecipato anche alcuni gestoridella banca con l’obiettivo di approfondire itemi connessi all’internazionalizzazione e,quindi, alla conoscenza dei principali stru-menti di gestione delle operazioni di commer-cio internazionale».

Come sta cambiando il rapporto tra bancae pmi? Le pmi in Sicilia vivono un rapportoconflittuale con l’accesso al credito?«Se la crisi ha determinato in generale un at-teggiamento più prudente nell’erogazione delcredito da parte delle banche, noi, al contrario,abbiamo registrato un aumento dei finanzia-menti. Gli impieghi, infatti, crescono di oltre il5% nell’ultimo anno. Abbiamo cercato di rie-quilibrare il mercato favorendo il passaggio dialcuni impieghi da breve a medio termine, conlo scopo di dare maggiore stabilità al sistema maanche maggiore serenità agli imprenditori. Pensiche noi in Sicilia su 100 euro di raccolta ne im-pieghiamo 120. Credo dunque che Unicreditstia facendo per intero il suo compito di bancaa sostegno dell’economia del territorio».

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxNicolò Garozzo

SICILIA 2010 • DOSSIER • 123

Lo stato di salute delle imprese siciliane non è dei migliori. Il confidi Fidimpresa,

spiega il presidente Nicolò Garozzo, cerca di facilitare loro l’accesso al credito,

assicurando anche tassi passivi più bassi di quelli che da sole potrebbero spuntare

Michela Evangelisti

Fidimpresa di Sicilia conta oltre 1.000soci e la media di garanzia per ogniazienda affidata si aggira intorno ai150.000 euro. Fidimpresa nasce dalla

fusione di quattro consorzi fidi provinciali - Ca-tania, Siracusa, Ragusa ed Enna -, inizialmentecostituiti fra imprese del settore industria e difatto nati nelle associazioni di industriali di ri-ferimento. «La normativa regionale vuole che iconsorzi fidi operanti in Sicilia siano multiset-toriali e interprovinciali – spiega il presidente,Nicolò Garozzo –. Ora Fidimpresa associa an-che aziende operanti in settori produttivi di-versi, pur se in percentuale limitata». I diversiambiti territoriali nei quali opera il consorziohanno, per quel che riguarda il settore prima-rio dell’industria, peculiarità assai diverse. «Laprovincia di Catania è caratterizzata dalla pre-senza massiccia di imprese edili e del settore deiservizi ad alta tecnologia. La provincia di Sira-cusa, invece, da quella di aziende che operanoal servizio della grande impresa petrolifera –precisa –. La provincia di Ragusa è identificatada una vivace piccola impresa, che produce peril mercato regionale in vari settori, da quello ca-seario e alimentare a quello dei mobili per uffi-cio, solo per fare un esempio. La provincia diEnna, infine, ha un tessuto industriale limitatoe assai fragile, soprattutto ora che l’ediliziasoffre per mancanza di domanda nel settore pri-vato e mancanza di finanziamenti in quellodelle opere pubbliche».

Quali sono i problemi che le imprese localiincontrano nella richiesta di credito alle ban-che e in che modo interviene Fidimpresa?Quali generi di garanzie sui fidi e di agevola-zioni può fornire?«L’accesso al credito è condizionato dai fattori dirischio; gli istituti di credito valutano menoaffidabili le piccole imprese siciliane rispetto aquelle operanti nell’Italia centrale e settentrio-nale, per la loro endemica fragilità, per il mag-gior numero di fallimenti e per una sostanzialesottocapitalizzazione. Negare che nella valuta-zione delle piccole imprese meridionali nongiochi un ruolo la presenza sul territorio delleorganizzazioni malavitose sarebbe come volernascondere un elefante dietro a un dito. Unatale situazione aggiunge alle difficoltà d’accessoal credito anche il più alto costo che sono co-strette a pagare le imprese per il denaro ottenutoin prestito - le stime storiche parlano di unospread di circa 2 punti - e la richiesta di mag-giori garanzie personali. Fidimpresa, come pe-raltro gli altri confidi operanti nel territoriodella regione Sicilia, interviene su en-trambe le criticità: assicura tassi passivipiù bassi di quelli che le singole aziendepossono spuntare sul mercato del cre-dito, certi nel tempo perché di regolalegati all’Euribor - le differenze “nor-mali” oscillano fra i 3 e i 6 puntipercentuali - e facilita l’accesso al cre-dito con il rilascio della garanzia, in

Nicolò Garozzo,

presidente Fidimpresa

Confidi Sicilia

Garanzie e risorse per le piccole e medie imprese

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CREDITO

124 • DOSSIER • SICILIA 2010

dere visione di tutti i tassi e le condizioni sulnostro sito internet www.fidimpresasicilia.it.Le criticità più significative che inficiano irapporti con le banche sono costituite dal ri-tardo con il quale le stesse esaminano ed esi-tano le pratiche di affidamento e dall’altro ri-tardo che consegue al rilascio delle garanziedel consorzio prima che le aziende possano ot-tenere i finanziamenti. Spesso si accumulanoritardi sino a sei mesi, tali da essere letali peril prosieguo di attività delle imprese».

Avete stipulato anche una convenzione conl’amministrazione regionale: in che modofavorisce le imprese?«La Regione stipula convenzioni con i con-sorzi fidi da lei stessa riconosciuti. I beneficiprevisti dalla convenzione consistono in un ab-battimento del 60% degli interessi pagati dalleimprese sui conti affidati dai confidi; per i con-fidi, il vantaggio è in un versamento al fondo ri-schi di importo pari al versamento effettuato daogni impresa affidata, proporzionale alle ga-ranzie ottenute dal confidi stesso».

misura variabile, secondo la tipologia dell’affi-damento, dal 20% al 60%».

Dal vostro osservatorio, che fotografia po-tete scattare dello stato di salute delle im-prese sul territorio?«Nel complesso la situazione delle imprese nonè delle migliori, perché a quella che è una de-bolezza endemica - dovuta a maggiori costi,mancanza di infrastrutture, lontananza dei mer-cati che contano - si sono aggiunti gli effettidella crisi generale e la mancanza di risorse pergli investimenti degli enti pubblici territoriali».

Quali rapporti intercorrono tra consorzioe banche? Quali negli accordi in essere lecondizioni più vantaggiose per le imprese equali le criticità?«Il consorzio ha in essere 18 convenzioni con15 istituti di credito diversi. Poiché ogni con-venzione riguarda diverse linee di credito, nonè facile individuare quale in assoluto è la con-venzione più vantaggiosa e, in ogni caso, perovvi motivi, non può essere il presidente a darequesta notizia. Prendendo a parametro l’aper-tura di credito in conto corrente si può avereanche il tasso minimo del 3,55 con l’attualeEuribor; comunque, le imprese possono pren-

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Gli istituti di creditovalutano meno affidabili le piccole imprese siciliane rispetto a quelleoperanti nell’Italia centrale e settentrionale

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126 • DOSSIER • SICILIA 2010

SOCIETÀ

Specializzazione e consapevolezza.Sono queste le parole chiave della 44ªedizione del Rapporto Censis, che an-che quest’anno ha fotografato la so-

cietà italiana, interpretandone i più significa-tivi fenomeni e individuandone i reali processidi trasformazione. «In economia dovremo pen-sare a una maggiore specializzazione delle no-stre produzioni – illustra Giuseppe Roma –.L’effetto della globalizzazione, invece di spin-gerci verso una più avanzata capacità di spe-cializzazione in determinati ambiti nei quali ilmercato si allargava, ci ha indotto ad accrescereil valore attraverso strategie più commercialiche produttive. Il risultato è che, rispetto aiprimi anni 2000, l’economia italiana si è de-specializzata e oggi rischia di avere meno ca-pacità di difesa rispetto alla montante compe-

tizione globale». Dal punto di vista sociale, invece, il2011 sarà l’anno della maggiore con-sapevolezza: dovremo tutti tornare aridefinire i nostri confini individuali,per dare maggiore senso ai valori col-lettivi. «È come se le difficoltà con-tingenti, sommate a un livello di

benessere che tiene, ci aves-sero portato a

un’apatica pas-sività – prose-gue il diret-

La società italiana ha perso elasticità e tende a de-responsabilizzarsi:

ha bisogno di ritrovare quella tradizionale «vitalità diffusa» che si è atrofizzata.

Ecco l’istantanea scattata dal 44° Rapporto del Censis,

illustrato dal direttore generale, Giuseppe Roma

Michela Evangelisti

Un maggiore sviluppo per rilanciare l’occupazione

tore del Censis –. È una situazione nella qualeci troviamo da anni, ma che ora cominciamo asentire come una costrizione dalla quale uscirenel più breve tempo possibile».

Dai dati da voi raccolti, quale idea vi sietefatti del generale stato di salute della societàitaliana?«Ha perso elasticità e tende a deresponsabiliz-zarsi. Sappiamo come il modello italiano fon-dato sulla famiglia, il territorio e le reti di soli-darietà si sia sviluppato e in pochi anni abbiaraggiunto una condizione paragonabile a quelladegli altri grandi Paesi europei, grazie a unaforte partecipazione individuale, capacità di sa-crificio e flessibilità sociale. Dovremmo tor-nare allo spirito degli anni 50 e 60, natural-mente con più garanzie e con più equità,mentre evidentemente oggi ci troviamo imbri-gliati fra il bisogno di sicurezza e protezionepubblica, una certa demotivazione tra chi in-tende prendere iniziative e, infine, una mancatacorrispondenza fra le capacità e i concreti ri-sultati ottenibili attraverso l’abnegazione per-sonale. Siamo una società, in definitiva, che ri-schia di reagire alle storture della politicariducendo la tradizionale vitalità diffusa».

Quali sono i più significativi fenomeni so-cio-economici emersi nel corso dell’anno?«Iniziamo da quello al quale i media hannodato più spazio, e cioè il problema del lavoro.Con la crisi sono saltati molti occupati e so-

Giuseppe Roma,

direttore generale

del Censis

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 127

prattutto le prospettive per i giovani di accedereal mercato del lavoro si sono ancor più ristrette.In realtà il vero problema è l’immagine, veico-lata nell’opinione pubblica, del valore stessodel lavorare. Abbiamo svalutato, sia per ragionioggettive che per convinzioni soggettive, il la-voro come principale fonte di soddisfazionepersonale; di conseguenza dimostriamo un mi-nore impegno nel lavoro autonomo, nessuninteresse per occupazioni tecniche e manuali oartigianali (dal meccanico all’ebanista, fino alletante forme di manutenzione), e condividiamotutti la speranza di un lavoro impiegatizio si-curo, poco impegnativo, seppure a bassa re-munerazione. In pratica, se la malattia è lascarsa occupazione, la soluzione non la pos-siamo trovare all’interno dei meccanismi di so-stegno all’occupazione, negli ammortizzatorisociali, necessariamente temporanei. La medi-cina non può che essere lo sviluppo, la crescitadel Pil, che non darà la felicità ma consente digenerare le risorse indispensabili a remunerareil capitale umano».

Quali, oltre al lavoro, gli altri fenomeni dirilievo emersi dalle vostre analisi?«Un altro fenomeno interessante dell’ultimoanno è la percezione che gli italiani sembrano

ormai condividere che evadere le tasse sia ef-fettivamente la ragione dell’eccessiva pressionefiscale patita dagli “onesti”, o meglio da tutti co-loro che non possono sfuggire al fisco. Allostesso tempo, mai forse come nell’ultimo anno,è cresciuta la percezione che la nostra economianavighi su un “mare di nero”. A dispetto dellestesse normative anti evasione, resta molto forteil rapporto collusivo fra chi evita di emetterefatture o scontrini per non pagare l’imposi-zione fiscale e chi acquista beni e servizi peravere uno sconto o non pagare a sua volta l’Ivaincorporata nel prezzo. Nonostante i tanti suc-cessi, in termini di arresti e indagini giudizia-rie, l’indicatore realizzato dal Censis sulle re-gioni meridionali di tradizionale insediamentodella criminalità organizzata segnala un leg-gero incremento dei territori in qualche modocostretti a convivere con la presenza di tali or- � �

Abbiamo svalutato, sia per ragioni oggettiveche per convinzionisoggettive, il lavoro come principale fonte di soddisfazione personale

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SOCIETÀ

ganizzazioni. Inoltre, sembra crescere la pre-senza del crimine organizzato in settori impor-tanti dell’economia legale, producendo rile-vanti distorsioni, con un indubbio effettodepressivo nei processi di sviluppo».

Tra i vari settori presi in esame qual è statomaggiormente interessato dal cambiamentorispetto al passato?«I cambiamenti che più si sono sentiti nelcorso del 2010, e che con tutta probabilità se-gneranno una linea di tendenza anche nelprossimo anno, riguardano la vita quotidianadi gran parte della società italiana, in partico-lare il rapporto con il sistema sanitario e sco-lastico e la gestione di risparmi e consumi. Sisa che la famiglia in Italia più che in altri Paesieuropei contribuisce significativamente allaspesa sanitaria: in termini quantitativi, questocontributo non è variato molto, ma da unpunto di vista strettamente qualitativo e diimpegno, certamente gli ultimi anni stannodeterminando un diverso rapporto fra famigliae welfare, soprattutto nelle condizioni di disa-gio estremo, come la disabilità e la cura dipersone non autosufficienti. L’impegno dei cit-tadini è crescente e forse sta anche raggiun-gendo un limite di sopportabilità. Teniamo

conto che anche l’aiuto offerto dal volonta-riato, nel momento in cui dovesse esercitareuna sorta di supplenza rispetto all’interventopubblico, perderebbe la sua funzione volta aumanizzare la cura, ma non a offrire un servi-zio sostitutivo. Un discorso simile vale per lascuola e in generale per la formazione. Il con-tributo delle famiglie, anche di tipo materiale,è diventato particolarmente oneroso e forseeccede quell’intreccio più che naturale fra re-sponsabilità pubbliche e familiari».

Cosa avete rilevato, infine, a proposito dirisparmi e consumi?«Abbiamo rilevato come vi sia una seppur fle-bile ripresa di interesse per l’impiego delle ri-sorse messe da parte, naturalmente per quegliitaliani che sono riusciti a conservare una fettadel reddito anche in questa fase critica. Men-tre negli anni passati la cautela consigliava diconservare le risorse finanziarie liquide nellaprevisione di maggiori difficoltà, quest’annoabbiamo notato che, seppure timidamente, sitende a impiegare i risparmi, magari negli im-mobili, contraendo un mutuo, anche grazie aitassi di interesse ritornati piuttosto favorevoli,e addirittura investendo in fondi comuni oassicurazioni».

Mentre negli anni passati la cautela consigliava di conservare le risorse finanziarie liquide, quest’anno abbiamo notato la timidatendenza a impiegare di nuovo i risparmi

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130 • DOSSIER • SICILIA 2010

mati anche della “cultura finanziaria”».Buone regole, efficaci controlli e sanzioni

severe, pur costituendo il necessario pre-supposto per una tutela veramente incisiva,non sono da soli sufficienti. Cosa occorreper incentivare un’educazione finanziaria?«Le buone regole, i controlli efficaci e le san-zioni severe sono un rimedio a posteriori, maquello che le associazioni auspicano è chel’educazione finanziaria inizi nelle scuole, in-sieme all’educazione civica (che oggi non vienepiù insegnata). Noi dell’Unione Consuma-

Per sensibilizzare i risparmiatori a unamaggiore attenzione nei rapporticon le banche occorre sviluppareuna cultura finanziaria già a partire

dalle scuole. «Noi dell’Unione Consumatori –spiega il segretario generale MassimilianoDona – abbiamo iniziato da anni a lavorarenelle scuole per informare».

I risparmiatori sono adeguatamente in-formati sui diritti che la legge riconosce

loro?«Fino a qualche anno fa eranopoco informati. Da un paio dianni si sta facendo molto inquesto senso. D’intesa conl’Abi (con il Consorzio PattiChiari), ma soprattutto conuna collaborazione intensacon i principali Gruppi ban-cari, si stanno producendomolte guide che informanotutti i consumatori, non solola clientela delle banche, sullecaratteristiche di specifici ar-gomenti bancari e finanziaricercando di fornire in modosemplice ma efficace quelle in-formazioni utili per arrivaread avere consumatori infor-

Le associazioni dei consumatori da sempre si battono per rafforzare

il rispetto dei principi di trasparenza e di correttezza del sistema

bancario nella relazioni con la clientela. Massimiliano Dona illustra

quali risultati si sono raggiunti quest’anno

Nicolò Mulas Marcello

Massimiliano Dona,

segretario generale

Unione Nazionale

Consumatori

Più consapevolezzatra i risparmiatori

TRASPARENZA

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 131

Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx

tori abbiamo iniziato da anni a lavorare nellescuole per informare, facendo cultura consu-meristica, promuovendo lezioni, istituendoconcorsi e dando premi ai più meritevoli. Ab-biamo sollecitato le banche con cui abbiamomigliori e più intensi rapporti a seguire il no-stro esempio, per educare i nostri figli anche aiproblemi finanziari, per educare coloro chedomani si affacceranno nel mondo del lavoro».

Quanto ha inciso la crisi economica neirapporti tra consumatori e sistema finan-ziario? «In Italia non ha inciso molto proprio perchéil sistema bancario italiano ha risentito menodella stessa crisi, essendo relativamente im-pegnato nei prodotti finanziari che maggior-mente l’hanno provocata, contrariamente aglialtri Paesi europei. Ha semplicemente raffor-zato il convincimento che una maggiore tra-sparenza nell’offerta e nella vendita dei pro-

dotti è indispensabile».La Banca d’Italia ha emanato quest’anno

alcuni provvedimenti che hanno lo scopo dirafforzare il rispetto dei principi di traspa-renza e di correttezza del sistema bancarionella relazioni con la clientela. Tra questil’arbitrato bancario finanziario. Quali van-taggi apporterà questo provvedimento aiconsumatori? «L’introduzione di un arbitro imparziale èsempre stato un “cavallo di battaglia” delle as-sociazioni dei consumatori maggiormente im-pegnate sul fronte bancario. In numerose oc-casioni era stato richiesto alla Banca d’Italia diintervenire per modificare o sostituire l’Om-budsman – Giurì bancario, considerato unostrumento privo dell’indispensabile “terzietà”.Infatti tale struttura, costituita dall’Abi, erastata salutata come una occasione per le ban-che di ridare dignità ai reclami della clientela,

Massimiliano Dona

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Chiediamo chiarezza,trasparenza, correttezzanel mantenere gliimpegni e una maggioreconsapevolezza deibisogni e delle esigenzedel cliente

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132 • DOSSIER • SICILIA 2010

TRASPARENZA

spesso ignorati o mal considerati dalleAziende di credito. Il suo difetto principaleera la mancanza di una concreta rappresen-tanza dei consumatori nel collegio di valuta-zione della disputa, composto esclusivamenteda componenti del sistema bancario. L’Abf,arbitro bancario finanziario, invece, è un or-ganismo terzo che rappresenta anche i con-sumatori e che consente a tutti coloro chenon ricevono un riscontro (o non ne sonosoddisfatti) ai reclami indirizzati alla propriabanca un ricorso che costa solo 20 euro. Talesomma viene rimborsata in caso di accogli-mento del reclamo. In questi primi mesi difunzionamento ha dimostrato ampiamente lapropria validità ed è stato inondato dalle ri-chieste dei risparmiatori. Inoltre il suo fun-zionamento si è dimostrato così valido da co-stringere, implicitamente, le banche a daremaggiore ascolto e riscontro ai reclami dellapropria clientela alla sola minaccia di ricor-rere all’Abf».

Per le banche la fiducia dei clienti è unbene prezioso. I risparmiatori, le loro as-sociazioni, l’opinione pubblica sono sem-pre più esigenti. Quali ulteriori interventisono necessari per tutelare il consumatore?

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Le associazioniauspicano chel’educazione finanziariainizi nelle scuole, insiemeall’educazione civica

«Chiediamo chiarezza, trasparenza, corret-tezza nel mantenere gli impegni, una mag-giore consapevolezza dei bisogni e delle esi-genze del cliente, l’adeguatezza dellesoluzioni offerte, costi più contenuti per iservizi bancari che attualmente sono an-cora troppo cari. Il rispetto di queste sem-plici regole capovolgerebbe l’attuale situa-zione e le Associazioni si occuperebberosolo marginalmente delle problematiche delcredito. Oggi tutti sanno quali sono i pro-blemi e le soluzioni, tutti le auspicano, so-prattutto le banche. Ma perché non le at-tuano nella misura adeguata? Troppo spessoinvece prevale la ricerca del profitto, degliobiettivi economici da realizzare, del ra-ting che viene assegnato alle proprie azioniin funzione della “produttività”. E il ri-spetto per il consumatore ha un costo chenon sempre è considerato come necessarioper essere davvero etici sul mercato».

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134 • DOSSIER • SICILIA 2010

«l’obiettivo di razionalizzare la gestione delCnr proprio nel senso di favorire la ricerca elo sfruttamento dei suoi risultati per il pro-gresso del Paese e – conclude – abbiamo la-vorato per migliorare le relazioni con il tes-suto imprenditoriale, per facilitare la nascitad’impresa dalla ricerca e per potenziare la ca-pacità brevettuale».

Quali sinergie vanno attuate tra le di-verse componenti dell’imprenditoria na-zionale per favorire il processo d’interna-zionalizzazione del sistema produttivo?«In campo europeo vi sono programmi di ri-cerca e innovazione a partecipazione pub-blico/privata che costituiscono ovvie oppor-tunità di sviluppo del nostro sistemaproduttivo: penso ad esempio a “Innovativemedicine initiative”, un programma del va-lore di due miliardi euro per progetti cofi-nanziati dalla Commissione europea e dallaEuropean federation of Pharmaceutical in-dustries and associations (Efpia), oppure allegrandi infrastrutture europee di ricerca darealizzare all’interno della piattaforma ap-

INNOVAZIONE

La ricercaprima di tutto«Razionalizzare la gestione del Cnr per favorire

la ricerca e lo sfruttamento dei suoi risultati per

il progresso del Paese». Questo l’obiettivo che

intende perseguire Luciano Maiani, che sottolinea

come «le nanotecnologie, le biotecnologie e l’energia

rappresentano le sfide più ardite e affascinanti

del tempo presente»

Anna Vescovi

In basso, Luciano

Maiani, presidente Cnr

La relazione della Corte dei Contisulla gestione finanziaria del Consi-glio nazionale delle ricerche evi-denzia come, nonostante la ridu-

zione in termini reali delle risorse disponibili,il Cnr abbia “saputo conseguire” progressi,“sia per i risultati dell’attività scientifica cheper i rapporti di collaborazione scientificacon imprese e con vari soggetti pubblici”. I ri-cercatori, infatti, in questi anni, «hanno ot-tenuto risultati d’assoluto prestigio interna-zionale in diversi settori d’indagine e – rileva

il presidente Luciano Maiani – per ci-tare solo un caso, un’invenzione Cnrsull’impiego di legno artificialmente,fossilizzato come supporto per pro-tesi ossee, è stata classificata dalla ri-

vista Time tra le 50 in-venzioni piùrappresentative su scala

mondiale realizzatenel 2009». Dall’ini-

zio del suo man-dato, il presi-

dente Maianiha cercato dip e r s e g u i r e

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 135

provata dalla Commissione europea. Consi-deriamo che il 60-70% dell’export europeoverso i Paesi dalle economie in rapida crescita(Brasile, India e Cina) è detenuto dalla Ger-mania con una quota italiana decisamenteminoritaria. Il Cnr e, più in generale, la ri-cerca pubblica possono svolgere un fonda-mentale ruolo trainante nello stabilire legamiprofondi e fungere da testa di ponte versoquesti Paesi, dove sono presenti le massimeopportunità di mercato».

Ricerca e innovazione sono fondamen-tali per far fare un salto di qualità al madein Italy. Quali sono i partner internazionalicon i quali collabora il Cnr? «Il Cnr è l’ente italiano che vanta il maggiornumero di progetti all’interno del VII Pro-gramma Quadro europeo, il 22% di tutti iprogetti italiani. Tra questi, il Cnr è il coor-dinatore di Mycored, un gran progetto sullasicurezza alimentare e sui metodi d’analisi e didecontaminazione degli alimenti dalle mico-tossine prodotte dai funghi. In aggiunta, ol-tre alle relazioni con i tradizionali Paesi par-

Luciano Maiani

tner di ricerca come Usa, Cina, Canada,Giappone, il Cnr sviluppa numerosi progetticon le nazioni in via di sviluppo, ad esempioun sistema di allerta precoce per preveniredanni alle colture in caso d’eventi catastroficie cambiamenti climatici. In ambito agroali-mentare possiamo inoltre vantare il brevettodi un genotipo d’ulivo che vendiamo in tuttoil mondo. Il Cnr ha costanti relazioni con iltessuto imprenditoriale e manifatturiero ita-liano. È il caso dell’energia, con le collabora-zioni con tutte le utilities energetiche delPaese e le aziende che producono rinnovabili,o dell’automotive».

Quali le sinergie che entrano in gioco? «In questo caso riguardano le auto, le moto,la nautica da diporto e i settori sportivi, connomi di primo piano come la Ferrari. Infine,esiste un altro settore che registra una rela-zione continua tra la ricerca prodotta dal Cnre l’impresa: quello delle macchine utensili,vero fiore all’occhiello del made in Italy, conpartner di primario interesse come Comau».

In particolare, che peso stanno rico-prendo i settori come biotecnologie, na-notecnologie, apparecchiature medicali eaerospazio?«Nanotecnologie e biotecnologie, assieme al-l’energia, rappresentano le sfide più ardite eaffascinanti del tempo presente. Sono settoriin cui il Cnr può vantare competenze e rela-zioni eccellenti. Recentemente abbiamo rior-ganizzato in nuovi istituti le ricerche in nanoscienze e biotecnologie su cui puntiamo for-temente, anche alla luce dei risultati rag-giunti. Il ruolo che queste branche dellascienza hanno già assunto è testimoniato dalrecente premio Nobel per la Fisica attribuitoalle ricerche sul grafene, un materiale che po- � �

La posizioneoccupata dal Cnr

nella classificainternazionale

Scimago InstitutionRankings 2010

POSTO23

ENERGIA16%

La percentuale di fabbisogno

energetico importato

O

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136 • DOSSIER • SICILIA 2010

INNOVAZIONE

trebbe diventare l’attore di una rivoluzionepari a quella avvenuta con la scoperta dellaplastica, e su cui ricercatori del Cnr lavoranoda diversi anni».

Ritiene che il ritorno al nucleare sia in-dispensabile per rilanciare l’economia delnostro Paese e renderlo competitivo anchea livello internazionale?«Il ritorno all’energia nucleare è una sceltagiusta e necessaria. Prima di tutto perché sitratta di una fonte energetica sicura e impor-tante, inoltre perché consentirebbe all’Italia dinon importare più il 16% del proprio fabbi-sogno energetico dai vicini Paesi come Fran-cia o Svizzera, derivanti proprio dall’uso dellecentrali nucleari di quei Paesi e con costi ec-cessivi. Rispetto a 20 anni fa, la tecnologia hafatto passi da gigante e si tratta dunque d’im-pianti sicuri per la sicurezza e per la salutedella popolazione. Infine, rimettere in motole competenze connesse alla costruzione e allagestione degli impianti nucleari costituirà unimportante volano per le imprese italiane,come avviene sempre in caso di nuove av-venture tecnologiche».

Quali sono i settori dove la ricerca haraggiunto livelli d’eccellenza?

«La ricerca italiana non è nuova ad eccel-lenze, in diversi settori. Fisica, nanotecnolo-gie e medicina sono indiscusse punte di dia-mante, unite alle tradizionali competenzeitaliane nelle materie umanistiche e nei benculturali. Semmai, il gap che scontiamo ri-spetto alle altre nazioni occidentali è dovutoai minori investimenti, soprattutto dei pri-vati, e al ridotto numero dei ricercatori ri-spetto alla generale forza lavoro. Cionono-stante, l’Italia figura a buon titolo tra lenazioni con la maggiore produzione scienti-fica al mondo. Lo testimonia la recentissimaclassifica internazionale Scimago InstitutionRankings 2010, secondo cui - per volume dipubblicazioni su riviste internazionali - il Cnrè al 23esimo posto al mondo, prima delleuniversità di Oxford, Yale e del Massachus-setts Institute of Technology».

� �

�Nanotecnologie, biotecnologie ed energiarappresentano le sfide piùardite e affascinanti del tempopresente e sono settori in cui il Cnr può vantare competenzee relazioni eccellenti

Sopra,

la stazione di ricerca

Italo-francese

Concordia, costruita

nel 2005 sul Plateau

Antartico

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 137

Franco Bernabè

Cultura da un lato, impresa dall’altro.La tentazione forte è quella di ri-condurre il binomio al concetto tra-dizionale e semplificante di spon-

sorizzazione. Un do ut des che entrambi i sistemidevono imparare a superare verso un dialogo piùproficuo, foriero di tante opportunità. A lanciarela sfida è un manager di successo, per il quale artee impresa sono pane quotidiano. Da tre anni dinuovo alla guida di Telecom, dal 2004 presidentedel Mart di Trento e Rovereto e da poche setti-mane vicepresidente degli industriali della Ca-pitale. Chi meglio di Franco Bernabè può aiutarea far luce sui nuovi scenari che si aprono per ilsettore cultura in Italia, con un occhio alle in-frastrutture e uno alle tecnologie per la comu-nicazione? «Non credo che il ruolo dell’impresanel settore culturale debba essere interpretato intermini di sussidiarietà, quanto piuttosto di com-plementarità – sostiene il manager –. Di frontealle sfide della competitività globale, l’impresadeve saper guardare alla cultura come a una va-riabile che diventa parte integrante della propriastrategia. La cultura sta, infatti, alla base dell’in-novazione e si manifesta nei più diversi ambitidella gestione aziendale, dal miglioramento deiprocessi di apprendimento dei dipendenti allosviluppo di nuovi prodotti». Al tempo stesso, leistituzioni culturali devono cogliere le potenzia-lità che derivano da un rapporto più stretto conil mondo dell’impresa, «potenzialità che si espri-

mono non solo nell’opportunità di nuovi finan-ziamenti, ma anche nella capacità di generarenuovi stimoli professionali che possono venire dalsettore privato».

Finanziamenti pubblici alla cultura. In unperiodo di ristrettezze come quello che stiamovivendo, come è opportuno muoversi?«È necessario resistere alla tentazione di applicareil criterio della proporzionalità dei tagli e av-viare, invece, una rigorosa opera di potatura, raf-forzando le istituzioni che meritano di sopravvi-vere e liquidando le altre. E all’interno delleistituzioni da salvaguardare bisogna concentrarele risorse sulle attività che esprimono l’eccellenza.È imprudente aspettare che questo periodo passi,nella speranza che ci possa essereuna maggiore disponibilità dirisorse in futuro; è meglio nonrinviare scelte che saranno ine-vitabili».

Economia della cultura. Sista facendo abbastanza nelnostro Paese? Dal percorsoformativo fino ai modelli ge-stionali, ci sono idee e pro-getti di management validi?«Negli ultimi venti anni sonostati fatti passi in avanti e il no-stro panorama propone ormaidiversi casi di successo. Tuttavia,affinché il sistema sia comples-

Tranciare i rami secchi e sostenere quelli fruttuosi. Così secondo Franco Bernabè,

ad di Telecom, bisogna rinvigorire l’imprenditoria culturale in tempi di ristrettezze.

Puntando su eccellenza, innovazione e formazione. Una scelta mai scontata

Michela Evangelisti

Innovazione e ricercaaspetti mai scontati

� �

Sotto,

Franco Bernabé,

Ad di Telecom

e neo vicepresidente

dell’Uir

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138 • DOSSIER • SICILIA 2010

istituzioni culturali, in particolare da quelleche operano in aree caratterizzate da un bacinodi utenza ridotto. Se è vero che le nuove tec-nologie dell’informazione e della comunica-zione hanno un ruolo sempre più importantenel favorire una più diffusa divulgazione cul-turale, la fruizione dei luoghi di cultura, so-prattutto nell’ambito delle arti visive e perfor-mative, rimane un’esperienza intima che nonpuò prescindere dalla partecipazione direttadel pubblico. Partecipazione che è strettamentedipendente dalla disponibilità di infrastruttureche, a prezzi adeguati, facilitino l’accesso dei vi-sitatori. In questo senso, le istituzioni culturalihanno margini di intervento ristretti, princi-palmente legati a politiche e strategie di mar-keting che, attraverso convenzioni, favoriscanoun abbattimento del costo della visita».

Quali sono a suo parere le strade da seguireper rinnovare l’imprenditoria italiana nel set-tore culturale?«Le strade maestre sono l’innovazione e la ri-cerca dell’eccellenza. Non sono mai scelte scon-tate. Per puntare convinti in questa direzione civuole sempre uno sforzo condiviso. La possibilitàdi avviare un’impresa dipende da molte circo-stanze: la disponibilità di capitali, le infrastrutturepresenti sul territorio, il peso della burocrazia, iregimi fiscali. Ma non c’è dubbio che per riusciredavvero è necessario puntare a una qualità alta.Gli esempi virtuosi in Italia ci sono e se andiamoa vedere perché ce l’hanno fatta scopriremo chei fattori determinanti sono una buona idea, alte

competenze personali e una con-tinua formazione».

Alla luce delle sue esperienzein Eni e in Telecom, di checosa ha bisogno l’imprendi-toria italiana per superare lacrisi e rilanciarsi a livello in-ternazionale? Quali sono leprospettive per il campo del-l’Ict?«Per far sì che le imprese italianetornino a essere competitive, an-che a livello internazionale, è ne-cessario colmare il gap che ci se-para dagli altri Paesi europei in

sivamente più efficace, occorre incentivare l’ado-zione di buone pratiche su larga scala. I temi daaffrontare sono molti. Si pensi in primo luogo aquello della governance: fermo restando il ruolodi indirizzo che spetta agli enti pubblici, deve es-sere maggiormente garantita l’autonomia scien-tifica e gestionale degli organi di governo delleistituzioni culturali. Deve inoltre essere promossoil ricorso a modelli gestionali più flessibili che, su-perando meccanismi burocratici spesso paraliz-zanti, consentano una più efficace azione cultu-rale e una più attiva partecipazione del pubblicocon il privato. Questa spinta verso una maggioreautonomia di gestione delle istituzioni culturalideve inoltre essere accompagnata da una mag-giore stabilità dei finanziamenti pubblici, tale dagarantire l’adozione di una strategia di mediolungo termine e, conseguentemente, una pro-grammazione pluriennale senza la quale è im-possibile sviluppare forme di cooperazione cul-turale a livello internazionale. Anche laformazione riveste un ruolo cruciale nello svi-luppo delle nostre istituzioni culturali. Le uni-versità, in particolare, devono selezionare le pro-prie offerte formative con maggiore rigore diquanto non si faccia oggi, facendosi guidareesclusivamente dal criterio dell’eccellenza».

Le infrastrutture sono importanti per lo svi-luppo economico ma anche per permettere alpiù ampio numero possibile di cittadini difruire dell’arte e della cultura. Quale la stradagiusta da seguire?«Il tema dell’accessibilità è molto sentito dalle

� �

INNOVAZIONE

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 139

Franco Bernabè

termini di efficienza dei processi produttivi, ra-pidità di intervento e di risposta ai cambiamentidi mercato. La diffusione dell’Ict può essere de-terminante per il rilancio dell’economia e la cre-scita di competitività del sistema produttivo, poi-ché è lo strumento che maggiormente consentedi ridurre i costi e migliorare l'efficienza dei ser-vizi. L'evoluzione del settore guidata dal cloudcomputing, in particolare, renderà accessibilel’adozione delle nuove tecnologie anche alle im-prese di piccole dimensioni, grazie alla possibilitàdi sfruttare risorse informatiche in maniera fles-sibile. In questo modo sarà possibile abbatterequelle barriere che hanno frenato lo sviluppodell’Ict nel nostro Paese, i cui costi per lungotempo sono stati considerati non sostenibili dallamaggioranza delle imprese di piccole e mediedimensioni che costituiscono il tessuto indu-striale italiano».

Dal 2004 è presidente del Mart di Rove-reto. Quali sono le innovazioni che ha in-trodotto nella gestione del museo e le stra-

tegie che state portando avanti per mante-nerne alto l’appeal?«La chiave, anche qui, è puntare in alto e non ce-dere mai sulla qualità delle mostre proposte. Na-turalmente realizzare eventi di alto livello richiedegrossi investimenti economici, per giunta desti-nati ad aumentare, vista la tendenza al rialzo dimolte delle voci di costo sostenute dai musei,come le assicurazioni e i trasporti. Al Mart ilmio contributo è stato quello di contenere i co-sti puntando alla collaborazione con grandi isti-tuzioni internazionali. Se si riesce a costruire unrapporto virtuoso con i centri mondiali dell’arte,si possono suddividere i costi e allo stesso tempofare rete per imparare – o insegnare – a strettocontatto con professionisti di livello internazio-nale. É una strategia doppiamente vincente. Perriuscirci, ripeto, è fondamentale tenere alta lapropria reputazione, che va costruita con unaqualità diffusa in tutti gli aspetti della vita del mu-seo: le mostre, la didattica e la formazione, la co-municazione, i servizi al pubblico».

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INNOVAZIONE

142 • DOSSIER • SICILIA 2010

Il consorzio per l’Applicazione della ri-cerca e la creazione di aziende innova-tive è stato costituito del 2003, tra isoci oggi ci sono l’Università di Pa-

lermo, l’associazione Sintesi e la società EasyIntegrazione di Sistemi. Il Consorzio si pro-pone, attraverso l’integrazione delle compe-tenze e delle professionalità dei propri soci,di promuovere la nascita e lo sviluppo d’ini-ziative imprenditoriali di spin-off accade-mico, a partire dai risultati conseguiti daicentri di ricerca operanti in Sicilia, e di fa-vorire l’innovazione e il trasferimento tec-nologico verso il sistema produttivo e la so-cietà siciliana. È importante «sensibilizzare igiovani del nostro territorio sui temi del-

l’imprenditorialità perchèla cultura d’impresa non èancora abbastanza svilup-pata» racconta il presi-dente del Consorzio, Um-berto La Commare.«Purtroppo manca nellanostra terra un forte con-testo imprenditoriale chepossa influenzare i nostrigiovani e – continua –proprio per questo motivo abbiamo creato,in sinergia con l’università, un percorso d’av-vicinamento all’imprenditorialità che coin-volgerà gli studenti di tutte le facoltà».

Attraverso quali iniziative opera il Con-sorzio?«Il nostro punto di partenza è lo Start CupPalermo, insieme con il Premio nazionaleper l’innovazione, che si è tenuto a Palermolo scorso 3 dicembre. La Start Cup Palermoè il primo momento nel quale sollecitiamo iricercatori e i laureati delle nostre universitàa concepire progetti-impresa in conformitàcon i risultati ottenuti nell’attività di ricercascientifica. Ovviamente occorre fare unoscreening delle proposte pervenute, effet-tuato dal comitato tecnico-scientifico. Que-st’ultimo seleziona le idee più promettentida approfondire attraverso un business plan

A sinistra, il presidente

del Consorzio Arca,

Umberto La Commare;

in alto, l’Università degli

Studi di Palermo

Giovani e impresein Sicilia«Oggi fare impresa a Palermo, e più in generale in Sicilia, è

possibile», precisa Umberto La Commare. Occorre però creare una

cultura d’impresa che cambi la mentalità dei giovani siciliani, che

non devono per forza andare a cercare fortuna al nord o all’estero

Nike Giurlani

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 143

analitico che ne verifica la fattibilità econo-mica e finanziaria. Alcune di queste propo-ste vengono poi inserite in una fase di prein-cubazione, dove si va studiare lecaratteristiche del team dei proponenti e sivaluta la fattibilità tecnologica ed econo-mica della proposta. Se ci sono tutti i pre-supposti, le idee-impresa selezionate ven-gono ammesse alla fase di incubazione».

Di cosa si tratta?«In questa fase l’obiettivo è sviluppare i pro-getti in un ambiente protetto dalle insidiedel mercato e con costi molto contenuti,con lo scopo di farle giungere a maturità inun paio d’anni per poi aprirle al mercato, sesussistono le opportune condizioni. Dal2003 a oggi il Consorzio Arca ha avviato 32idee d’impresa, di cui due sono state poi po-ste in liquidazione, mentre le 30 rimaste

sono già operanti e alcune già attive sul mer-cato».

Attraverso il Centro per la ricerca ap-plicata e lo spin off accademico di Pa-lermo, offrite alle start up imprenditorialiun insieme di servizi complementari nel-l’ambito di un’articolata metodologiad’incubazione. Di cosa si tratta?«Lo scopo dell’incubatore è quello di costi-tuire un ecosistema per l’innovazione: unsistema in cui ricercatori universitari, im-prenditori, finanziatori, istituzioni e asso-ciazioni di categoria interagiscono per acce-lerare la concretizzazione d’idee d’impresa apartire dalla ricerca universitaria».

L’obiettivo del Centro è quello di gene-rare nuove imprese ad alta tecnologia ingrado di valorizzare il territorio. Quali leprincipali esigenze per modernizzare le � �

Umberto La Commare

È importantesensibilizzare igiovani del nostroterritorio sui temidell’imprenditorialità

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144 • DOSSIER • SICILIA 2010

strutture siciliane?«La nostra intenzione è quella di costituirenuove imprese che possono dare possibilità dilavoro qualificato ai nostri laureati che, comeun po’ in tutte le regioni del Meridione,hanno difficoltà a trovare un’occupazioneadeguata nel tessuto in cui vivono, questocomporta un forte processo di migrazione in-tellettuale. La possibilità di lavorare a Pa-lermo e vendere prodotti e servizi fuori dellaSicilia è il nostro obiettivo finale, in modoche i nostri giovani possano rimanere sul ter-ritorio e contribuire attivamente al suo svi-luppo. Certamente questo è un esperimentosu piccola scala perchè le risorse sono limi-tate. Oggi, però, possiamo affermare che fareimpresa a Palermo, e più in generale in Sici-lia, è possibile. Questo aiuta a sfatare il mitoche per lavorare bisogna andare per forza alNord o all’estero; all’interno delle 30 im-prese incubate ruotano, per esempio, un cen-tinaio di giovani».

Importante è il confronto con le realtàinternazionali, qualche esempio?«Una delle iniziative che è stata premiata allaStart Cup Palermo di quest’anno, nei pros-simi mesi sarà accolta a Londra per consta-tare se si possono stabilire dei rapporti conenti e imprenditori britannici».

I l progetto Idra, cofinanziato dal ministero dello Sviluppo economico,intende promuovere e sostenere lo start up di imprese innovative che

contribuiscano allo sviluppo del territorio siciliano con la valorizzazioneeconomica dei risultati della ricerca scientifica e la creazione di nuovi posti di lavoro di elevata qualità. Il bando, con procedura a sportello, hal’obiettivo di favorire la nascita e lo sviluppo di nuove imprese attraversoerogazione di contributi in conto capitale per investimenti materiali ed immateriali riconducibili allo start up di impresa (seed capital). Possonopartecipare al bando le aziende ammesse all’incubatore e le aziende che,alla data di presentazione della domanda di contributo, abbiano presen-tato la richiesta di ammissione all’incubatore del Consorzio Arca. In que-sto caso, l’esame della domanda di contributo sarà subordinata all’esitopositivo della domanda.

START UP IN SICILIA, ECCO COME

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Lo scopo dell’incubatore è quello di costituire unecosistema per l’innovazione

� �

INNOVAZIONE

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INNOVAZIONE

146 • DOSSIER • SICILIA 2010

Sintesi, associazione senza fini di lucro,è nata nel 1991 come Consorzio diformazione Università-Impresa nel-l’ambito del Comett, il programma

della Comunità europea per la formazionenel settore delle alte tecnologie; oggi è un enteaccreditato presso la Regione Sicilia per i set-tori dell’alta formazione e dell’orientamentoprofessionale. L’innovazione tecnologica deiprocessi produttivi è un fattore chiave per lacrescita del sistema regionale. «La propen-sione all’imprenditorialità in Sicilia è abba-stanza ridotta rispetto ad altre regioni italiane,ma le storie che possiamo raccontare e i suc-cessi che ne sono conseguiti stanno facendobreccia nei nostri giovani» spiega GiovanniPerrone, presidente di Sintesi.

Qual è il vostro ruolo nei confronti dellepmi siciliane?«Il nostro ruolo è quello del “lifelong lear-ning”, cioè di formazione continua. Il nostroobiettivo nei confronti delle pmi siciliane èquello di fornire conoscenze, al di là dellaformazione accademica».

“Lifelong learning” è il motto dell’associazione Sintesi,

che ha come obiettivo la formazione nel settore delle

alte tecnologie. Il suo presidente, Giovanni Perrone,

illustra l’importanza dell’iniziativa Start Cup

e del Premio nazionale dell’Innovazione

Nike Giurlani

Una formazione continuache guarda al futuro

Giovanni Perrone,presidentedell’Associazione eordinario di Tecnologie e sistemi di lavorazionepresso il Dipartimento di Ingegneria meccanica,produzione e Ingegneriagestionale dell’Universitàdi Palermo

Quali sono, tra le altre, le iniziative persostenere la formazione?«Il nostro impegno spazia verso più direzioni.In questo momento, per esempio, stiamo fa-cendo un corso sulla comunicazione d’im-presa a cui aderiscono manager che operanonel campo della grande distribuzione orga-nizzata e in quello dei servizi, turistici o d’in-trattenimento».

Come fornite l'assistenza tecnica neces-saria per la preparazione di progetti e perla loro gestione? «Tra le nostre attività, in sinergia con il Con-sorzio Arca, vi è il coordinamento organiz-zativo di Start Cup Palermo, una businessplan competition promossa dall’Universitàdegli Studi di Palermo. La Start Cup consi-ste nella presentazione d’idee d’impresa daparte di giovani ricercatori, studenti, dotto-randi e docenti. Ogni anno vengono valutatee premiate solo le migliori che poi sono so-stenute nella creazione dell’attività impren-ditoriale. Per i primi tre anni offriamo alleidee-impresa selezionate il supporto logisticoe i servizi opportuni per consentire a questepmi di svilupparsi. Fino a ora, abbiamo so-stenuto 30 imprese alcune delle quali hannoavuto un discreto successo. Proprio que-st’anno una delle imprese incubate, che avevapartecipato a Start Cup, ha partecipato a

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxGiovanni Perrone

SICILIA 2010 • DOSSIER • 147

un’azione di venture capital abbastanza si-gnificativa per la Sicilia, oltre che unica, di650 mila euro».

Di quali altre attività vi occupate?«Importante per noi e per la Sicilia è l’orga-nizzazione del Premio nazionale dell’innova-zione, la manifestazione più significativa a li-vello nazionale che si occupa di creazioned’impresa e ha avuto il suo momento clou loscorso 3 dicembre a Palermo. Quest’anno,hanno partecipato 60 “idee d’impresa” pro-venienti da 47 università italiane e dal Cnr.Nell’immediato futuro oltre ad occuparcid’internazionalizzazione, di supporto alla for-mazione e all’imprenditorialità cercheremodi fornire un supporto alle imprese dal puntodi vista del management».

Quali le prospettive per i giovani?«La propensione all’imprenditorialità in Sici-lia è abbastanza ridotta rispetto ad altre re-

gioni italiane, ma le storie che possiamo rac-contare e i successi che ne sono conseguitistanno facendo breccia nei giovani. Con ilConsorzio Arca abbiamo organizzato un ma-ster in management di start up innovative eanche un master per le imprenditorialità ri-volto alle cosiddette lauree deboli, perchè an-che in questi contesti è possibile riuscire acreare imprenditorialità e a costruirsi un pro-prio futuro. Certo c’è ancora molto da fare, almomento possiamo contare su un piccolo in-cubatore con il quale possiamo sostenere unaventina d’impresa alla volta».

Quali sono, in particolare i programmieuropei, a sostegno di queste realtà?«Noi lavoriamo all’interno dei programmi de-dicati alla ricerca e all’innovazione del set-timo programma quadro e proprio in meritoa questo obiettivo c’è un programma specificoche si chiama Life Learning».

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Il nostro obiettivo nei confrontidelle pmi siciliane è quello difornire conoscenze, al di là dellaformazione accademica

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GRANDE DISTRIBUZIONE

148 • DOSSIER • SICILIA 2010

Il commercio al dettaglio è ancora preva-lente nell’Isola, anche se nel settore ali-mentare questo rapporto è in parte in-vertito a favore della grande

distribuzione, per lo meno in alcune aree dellaregione. È così nel Siracusano, nel Catanese,nel Messinese e nel Ragusano. Nelle altre pro-vince esiste ancora una prevalenza del com-mercio al dettaglio. «Non bisogna pensare,però, solo a piccole attività, ma anche a strut-ture fino a 1.500 metri quadrati. Il negoziettoresiste ancora, nell’ortofrutta per esempio, onelle botteghe di eccellenza, come quelle di ga-stronomia». Pietro Agen, presidente Con-fcommercio Sicilia, disegna lo scenario del ter-ziario in regione tra il boom della grandedistribuzione, vero simbolo del commerciomoderno, e la paura di una battuta d’arrestodel commercio al dettaglio.

I grandi centri commerciali di nuova ge-nerazione come La Torre o Fashion Vil-lage quali opportunità offrono al mercatolocale?«Credo che di opportunità ne offrano abba-stanza poche. La concorrenza è estremamenteforte e si sono insediati in un momento dicrisi profonda. Siamo sotto Natale e franca-mente avremmo preferito che ancora non cifossero. Il nostro punto di vista è di grandepreoccupazione: tra nuove assunzioni nei cen-tri commerciali e posti di lavoro che si per-dono nel commercio il rapporto è negativo. Afronte di 200 assunzioni, troppe sono le atti-

«Tra nuove assunzioni nei centri commerciali e posti di lavoro che si perdono nel commercio

il rapporto è negativo». Pietro Agen, presidente Confcommercio Sicilia esprime la sua

preoccupazione di fronte al proliferare dei centri commerciali

Renata Gualtieri

Assunzioni e nuove aperture,il rapporto è negativo

vità che si vedono costrette oggi a chiudere ea perdere il posto di lavoro sono i titolari e iloro dipendenti».

“Non c’è lavoro senza imprese pulite”. Incosa consiste l’impegno di Confcommercioper combattere l’illegalità troppo spesso le-gata alla grande distribuzione?«L’impegno di Confcommercio su questofronte credo che sia evidenziato dai fatti. Re-centi azioni investigative condotte da magi-stratura e forze dell’ordine hanno dimostratocome, negli emersi scenari di illegalità, l’unicaorganizzazione che, sin dall’inizio, si è schieratacontro è stata proprio Confcommercio: ab-biamo mostrato nel tempo di saper discerneretra le iniziative pulite e quelle che non lo sonoe abbiamo sempre segnalato situazioni pocochiare, pur rimanendo a lungo inascoltati e ri-schiando in prima persona. Quando un’ini-ziativa d’impresa parte in modo ambiguo, già

Sotto, Pietro Agen,presidenteConfcommercio Sicilia

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Pietro Agen

SICILIA 2010 • DOSSIER • 149

è foriera di illegalità. Nei Comuni si dovreb-bero impedire le varianti ai piani regolatorigenerali per l’insediamento di centri commer-ciali: possono realizzarsi condizioni in cui è piùfacile che l’illegalità s’insinui. Noi di Con-fcommercio difendiamo le iniziative chiare epulite perché sono le uniche che possono crearelavoro».

Quanto occorre ancora investire in ser-vizi e turismo?«A dire il vero bisogna ancora cominciare ainvestire o meglio finora si è investito nelmodo sbagliato, sia nel turismo che nei ser-vizi, attraverso una frammentazione dellefonti di spesa. Invece, si dovrebbe concentrarela programmazione turistica in un unico entee impedire il proliferare in Sicilia di centinaiadi fiere, sagre, eventi, manifestazioni: spesso

sono anche iniziative valide, ma che non met-tono in moto il sistema turistico, non produ-cono ricchezza sul territorio e fanno solo l’in-teresse di poche realtà economiche. Sarebbepiù utile studiare attentamente e selezionare imercati turistici più interessanti e finalizzaregli investimenti in modo più opportuno. LaSicilia è una delle poche regioni che non hamai investito per attrarre voli low cost. Non hasancito accordi con le compagnie aeree per ga-rantire sull’isola milioni di presenze. La nostraregione ha invece bisogno di un programmaorganico di investimenti, che analizzi le esi-genze di mercato e riesca a fornire servizi ade-guati e a trovare nelle enormi risorse del no-stro patrimonio le risposte alle attese di unsistema quale quello turistico, che è in conti-nua evoluzione».

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C’è un rapporto negativo tra nuoveassunzioni nei centri commercialie posti di lavoro che si perdono nel commercio

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GRANDE DISTRIBUZIONE

150 • DOSSIER • SICILIA 2010

In un lasso di tempo brevissimo sonosorte in Sicilia due nuove realtà com-merciali: La Torre a Palermo e il SiciliaFashion Village ad Agira, in provincia

di Enna. «Entrambe si pongono l’obiettivo divalorizzare il territorio in cui sono inserite, di-ventando punti di riferimento per gli abi-tanti e per i flussi turistici urbani e periferici».Per l’occasione sono previste addirittura operedi riqualificazione urbana e viaria. Quelli no-minati sono naturalmente una piccola partedei piccoli e grandi centri esistenti nell’isolae ci sono ancora oggi un sacco di altre ri-chieste di insediamento». Ci si chiede, però,come potranno reggere all’urto di un tale am-pliamento di mercato i piccoli negozianti ecome si possano controllare le imprese di na-tura “ambigua”. «La lotta alla mafia è un fattoculturale che ognuno di noi dovrebbe consi-derare. Bisognerebbe dire ai grandi gruppi –apostrofa Marco Venturi, assessore regionalealle Attività produttive – che affari con lamafia non se ne fanno».

Come si può potenziare il grande bacino

produttivo siciliano?«La grande distribu-zione in Sicilia è pre-sente in tante aree inregione in manieramassiccia. Forse nelpassato si sono datemolte licenze inop-portune. Oggi an-drebbe rivista tutta la normativa riguardo allapossibilità di avere nuovi insediamenti digrande distribuzione in Sicilia».

Gli investimenti sui grandi centri com-merciali possono rilanciare il Mezzo-giorno?«Se rientrano nella gestione di un’economiasana allora possono assolutamente ritornareutili. Purtroppo in Sicilia e nel Mezzogiornospesso sono strutture strumentali al riciclag-gio. Certo non si può generalizzare, però cisono dei settori a rischio che vanno monito-rati in modo coerente e concreto».

La costruzione di centri commerciali e ilmercato immobiliare sono tra i nuovi bu-

La grande distribuzioneè un’opportunitàper il territorio«Gli investimenti sui grandi centri commerciali possono

rilanciare il Mezzogiorno solo se rientrano nella gestione

di un’economia sana». Marco Venturi, assessore regionale

alle Attività produttive, spiega come si può promuovere

l’apparato produttivo siciliano

Renata Gualtieri

Marco Venturi,

assessore regionale

alle Attività produttive

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxMarco Venturi

SICILIA 2010 • DOSSIER • 151

siness della criminalità organizzata. Comeè possibile monitorare le attività e i flussifinanziari illeciti ed evitare che la mafias’infiltri nella grande distribuzione com-merciale in Sicilia?«Sia in Sicilia che in tutto il Sud bisogna col-laborare con le procure, la Guardia di Fi-nanza e l’Agenzia delle entrate per capirecome sono organizzati i flussi di denaro.Quando ci sono grossi investimenti indiriz-zati verso l’edilizia sicuramente qualche im-presa mafiosa ci sarà; bisogna fare in modoche iniziative simili vengano stroncate sul na-scere e che la criminalità organizzata non ge-stisca gli appalti, le commesse e quant’altro».

È possibile attrarre investimenti ancheda parte di aziende non siciliane e in chemodo?«In questo momento quasi tutte le aziendeche si occupano della grande distribuzione inSicilia sono imprese non siciliane. La lotta allamafia è un fatto culturale: bisognerebbe direai grandi gruppi che affari con la mafia nonse ne fanno e alle grandi imprese che quando

vengono in Sicilia devono conoscere le per-sone con le quali stanno facendo affari. Leprocure e le magistrati sono sicuramente alcorrente degli affare leciti e di quelli illeciti».

Globalizzazione, competitività e inter-nazionalizzazione sono le nuove prospet-tive. Ma con quali progetti si pensa di ri-mettere in moto l’economia in Sicilia?«Per il rilancio dell’economia si passa asso-lutamente attraverso questi step; però in Si-cilia abbiamo l’85% delle imprese che hameno di 15 dipendenti. Quindi il nostroprimo obiettivo rimane quello di difenderequeste imprese dalla globalizzazione e tute-larle sul mercato. Dobbiamo fare in modoche queste possano crescere in un mercato si-ciliano, non che delocalizzino in Tunisiapiuttosto che in Marocco, il pericolo è quellodi impoverire la nostra regione. Bisogna pre-stare grande attenzione a come si programmail proprio lavoro perché altrimenti si rischiadi mettere in competizione le aziende sane le-gali dei nostri territori con quelle completa-mente illegali».

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Oggi andrebbe rivista tutta la normativa riguardoalla possibilità di avere nuovi insediamentidi grande distribuzione in Sicilia

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GRANDE DISTRIBUZIONE

152 • DOSSIER • SICILIA 2010

«Per la Sicilia sarà un modo to-talmente nuovo di concepirelo shopping, che accomuneràl’isola alle realtà commerciali

delle grandi città europee, senza tradire l’es-senza siciliana». Descrive così, Antonio Per-cassi, le opportunità che la realizzazione del-l’outlet Sicilia Fashion Village porterà a tutta laregione. «È la dimostrazione che in Sicilia sipossono fare grandi investimenti, sfatando illuogo comune che qui non è possibile realiz-zare progetti importanti, liberi dalla morsamafiosa». Antonio Percassi “patron” dell’omo-nimo Gruppo e presidente di Stilo immobiliarefinanziaria -, che in questo progetto ha inve-stito complessivamente 120 milioni di euro -rivela attraverso quali iniziative imprenditorialipuò avvenire lo sviluppo in regione.

Quale legame si è riusciti astabilire con il territorio e

le istituzioni?«Da oltre un anno, nelcorso della costruzionedell’outlet, si è svilup-pato un fortissimo le-game con le istitu-zioni locali, acominciare dallaPrefettura di Enna,con la quale è

stato sottoscrittoun protocollodi legalità cheha consentitoalle impresedi lavorare insicurezza e

«Ci aspettiamo che Sicilia Fashion Village diventi

un punto di riferimento europeo». Antonio Percassi

esprime la volontà di continuare a contribuire alla

valorizzazione delle realtà culturali non solo nella

provincia di Enna, ma anche nell’intera isola

Renata Gualtieri

Un modo tutto nuovodi concepire lo shopping

In basso a sinistra,Antonio Percassi, patrondell’omonimo Gruppo epresidente di StiloImmobiliare Finanziaria;qui sotto, l’ingresso delSicilia Fashion Village

nella più assoluta serenità. Le aziende chehanno lavorato all’interno del Fashion Villagesono state “certificate” dalle forze dell’ordine,coordinate dalla Prefettura. Tutte le istituzionilocali - la Provincia, il Genio civile, l’Asl, i Vi-gili del fuoco - hanno stretta-mente collaborato nella realiz-zazione dell’outlet, condisponibilità e massima pro-fessionalità individuando il Si-cilia Fashion Village come unagrande opportunità per tuttala provincia, ma anche pertutta la Sicilia. Sul territorio,l’arrivo del Sicilia Fashion Vil-lage ha sviluppato nuove ini-ziative (piccoli produttori lo-cali che si sono riuniti peravviare punti vendita dovecommercializzare i propri pro-dotti) e un rilevante sviluppooccupazionale per il Comunedi Agira e per tutta la provin-cia. Oltre 300 posti di lavorogià creati e altri 300 a regime,nonché altri 150/200 nell’in-dotto».Cos’è Sicilia Fashion Village? «È il primo outlet del lussodella regione. È il fashion vil-

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Antonio Percassi

SICILIA 2010 • DOSSIER • 153

lage che l’isola aspettava da tempo. Il centro in-troduce, per la prima volta in Sicilia, il concettodi leisure shopping: il connubio fra moda, qua-lità e convenienza dei prezzi che rappresenta ilcuore del progetto. Per la Sicilia sarà un modototalmente nuovo di concepire lo shopping cheaccomunerà l’isola alle realtà commerciali dellegrandi città europee, senza tradire l’essenza si-ciliana. Sicilia Fashion Village ha una superfi-cie commerciale complessiva di 25.000 metriquadrati per 120 negozi dove i visitatori trove-ranno un’ampia offerta di abbigliamento peruomo e donna, moda bambino, creazioni perla casa, cosmesi, sport, accessori e attività di ri-storazione, di prodotti artigianali e di enoga-stronomia locali d’eccellenza».

Perchè Premium Retail con questo pro-getto ha puntato proprio sul mercato sici-liano?«Il Gruppo Stilo ha puntato sulla Sicilia, poi at-traverso Premium Retail, società controllatadal Gruppo che si occupa dello sviluppo di for-mat adeguati al territorio e della gestione delle

attività di pre e post opening, ha commercia-lizzato il progetto. La scelta della Sicilia partedall’evidente mancanza di un modello distri-butivo come l’outlet».

Come si riesce a mantenere prezzi moltovantaggiosi?«È la formula stessa dell’outlet che garantiscequalità e trasparenza dei prezzi. Ogni boutiquepresente nel Sicilia Fashion Village è gestita di-rettamente dalle maison, per salvaguardare l’im-magine del brand e tutelare il cliente che sa ditrovare solo merce originale, proveniente dallecollezioni delle stagioni precedenti o eccedenzadi produzioni. Ecco che in questo modo sipossono applicare sul prezzo di cartellino scontidal 30% al 70%».

È possibile “fidelizzare” il cliente?«Certamente, attraverso una se-rie di azioni di marketing e diservizi che rendono l’outlet ap-petibile non solo per la “shop-ping experience”. Un esempioè rappresentato dalla ristora-zione, a spiccata vocazione si-ciliana, presente nel centro.Oppure il servizio di navettagratuito dai maggiori centricittà del’isola. Gli eventi, glispettacoli di qualità che ani-mano tutto l’anno un outletcome Sicilia Fashion Village.Non ultimo il gradevole conte-sto architettonico che si disco-sta dallo stereotipato centrocommerciale. Sicilia FashionVillage, realizzato dall’archi-tetto Guido Spadolini, ripro-duce un tipico borgo sicilianocon i colori della terra che loospita e con oasi di verde al-l’interno, percorsi d’acqua, fon-tane ed una grande piazza».

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Il centro introduce in Sicilia il concetto di leisure shopping: il connubio fra moda, qualità e convenienza

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DOMENICO BONACCORSI DI REBURDONEPresidente di Confindustria Catania

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CONFINDUSTRIA

156 • DOSSIER • SICILIA 2010

Confindustria è costantemente im-pegnata nella promozione di ini-ziative volte a supportare leaziende consociate e, di conse-

guenza, incentivare l’economia del territorio.Molti sono gli incontri per discutere, miglio-rare e dimostrare le potenzialità del compartoindustriale e in particolare quello costituitodalle piccole e medie imprese, vera spina dor-sale dell’economia siciliana. Per quanto ri-guarda Catania, l’unione degli industriali harecentemente organizzato una manifestazionedenominata “Industriamoci”, che vede comeprotagonista la piccola industria. Il progettoha suggellato la prima giornata nazionale dellapiccola e media impresa, vero e proprio mo-tore dell’economia catanese. Le pmi hanno

così aperto le porte delle loro aziende aigiovani per mostrare i luoghi della

produzione e del lavoro e per farconoscere il patrimonio di

competenze alla base dellaloro attività. Sono state

cinquantuno le associa-zioni industrialiaderenti all’ini-ziativa su tuttoil territorio na-zionale, oltre300 le impresecoinvolte e piùdi 250 le scuolemedie inferiori

Per incentivare lo sviluppo del tessuto imprenditoriale catanese, Confindustria

è attiva nella realizzazione di progetti e incontri con le istituzioni. L’intenzione è quella

di dare voce agli imprenditori e alle loro difficoltà

Nicolò Mulas Marcello

Progetti di promozione e sviluppo

e superiori partecipanti. A Catania, oltre 60studenti hanno visitato lo stabilimento dellaCompagnia Meridionale Caffè, guidata dalcavaliere Giuseppe Torrisi. Ad accogliere i gio-vani sono stati il presidente di ConfindustriaCatania Domenico Bonaccorsi di Reburdone,il vicepresidente Angelo Di Martino, il presi-dente del comitato Piccola industria Leone LaFerla e il direttore Franco Vinci. «Con questa iniziativa – hanno spiegato i ver-tici di Confindustria – abbiamo voluto farconoscere la forza e il ruolo della piccola e me-dia impresa, la sua capacità di creare ricchezzae occupazione e il suo essere parte integrantedella comunità in cui opera. Le visite aziendalisono un momento di conoscenza diretta del-l’impresa, delle fasi operative della produzionedi beni e servizi, ma anche della sua storia e deiprogetti futuri. Un’occasione per spiegare aigiovani il valore delle imprese, la loro capacitàdi costruire benessere collettivo e di difenderecon il lavoro la dignità delle persone». Sul fronte dello sviluppo delle esportazionisiciliane è stato realizzato un incontro tra Con-findustria Catania, organizzazioni agricole esoggetti istituzionali per sfruttare le potenzia-lità del trasporto intermodale gomma-mareper i prodotti agroindustriali che dalla Siciliadevono raggiungere ogni giorno i mercati delNord. Le intenzioni sono quelle di superare lamarginalità geografica dell’isola, penalizzatada infrastrutture insufficienti e da costi cre-scenti del trasporto. Gli operatori del settore

A sinistra, DomenicoBonaccorsi di Reburdone,presidente diConfindustria Catania; a destra, uno degliincontri con i giovanistudenti nell’ambitodell’iniziativa“Industriamoci”

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Domenico Bonaccorsi di Reburdone

SICILIA 2010 • DOSSIER • 157

che già genera importanti flussi commercialiverso il Nord. In tale direzione si intendequindi sfruttare gli oltre 400 mila metri qua-dri del porto di Augusta dal quale sono già statiavviati contatti. Infine continua l’impegno di Confindustria an-che nel contrasto delle infiltrazioni mafiose neltessuto imprenditoriale. Il presidente di Con-findustria Catania, Domenico Bonaccorsi diReburdone, ha deciso assieme al Comitato dipresidenza degli industriali la sospensione ditre imprenditori coinvolti nell’operazione anti-mafia “Iblis”, condotta dalla Direzione distret-

tuale antimafia etnea. La deci-sione è stata presa in seguitoalla violazione del codice eticodi Confindustria e con proce-dura d’urgenza e immediata-mente esecutiva. «Confindu-stria – ha dichiarato Bonaccorsi– fa un sincero e convintoplauso all'azione della magi-stratura e delle forze dell’or-dine che ha portato a svelarepreoccupanti intrecci fra poli-tica, criminalità e imprese».

agricolo hanno espresso preoccupazione per ladifficoltà di raggiungere i mercati nazionali edesteri. Queste criticità sono anche aggravate,secondo alcuni, dalle restrizioni del nuovo co-dice della strada che impone criteri più strin-genti sui tempi di guida e di riposo degli au-totrasportatori. Limiti che, per quantoriguarda la Sicilia e la sua dotazione infra-strutturale stradale, si traducono in costi etempi di percorrenza insostenibili. Per questola proposta avanzata è quella di operare se-condo una logica di distretto che metta in-sieme il bacino di Siracusa, Ragusa e Catania,

Abbiamo voluto spiegare aigiovani il valore delle imprese, la loro capacità di costruirebenessere collettivo e di difenderecon il lavoro la dignità dellepersone

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168 • DOSSIER • SICILIA 2010

Nonostante la crisi economica,Wind Jet, compagnia aerea lowcost creata a Catania nel 2003dall’imprenditore Antonino Pul-

virenti, ha registrato quest’anno un incre-mento di traffico. «Abbiamoallo studio – fa sapere Mas-simo Polimeni, direttorecommerciale – un progettoche potrebbe determinare, sefattibile, un significativo in-vestimento nella nostraflotta».

Possiamo stilare un bilan-cio del 2010 per Wind Jet?«L’anno è stato sicuramentemolto complesso e difficile.Lo testimoniano le ulterioricrisi denunciate da taluni vet-tori che hanno dovuto far ri-corso a downsizing di flotta.Per quanto ci concerne, il no-stro traffico è cresciuto del

6%, valore sicuramente al di sopra della cre-scita del mercato, tant’è che sugli scali doveoperiamo abbiamo incrementato la nostraquota. Tuttavia i prezzi si sono contratti me-diamente dell’8-9%, determinando un ulte-riore pressione sui risultati economici. Si con-sideri che l’incremento del prezzo del petrolionon è stato compensato dal minor valore deldollaro nei confronti dell’euro e che i costi ae-roportuali sono ulteriormente cresciuti».

Numerosi sono i collegamenti italiani edesteri che sono stati aperti negli anni. Qualè la propensione all’investimento da partedi Wind Jet? «In anni di crisi economica parlare di inve-stimenti è quasi un’eresia. Nel nostro settorein particolare, tutti gli attori sono impegnatiin “contingency plan” per marginalizzare leperdite. Di certo abbiamo allo studio un pro-getto che potrebbe determinare, se fattibile,un significativo investimento nella nostraflotta. Ma è prematuro parlarne».

Nel 2009 Wind Jet ha aperto una nuova

Una realtà in crescitaVolare low cost in Italia e all’estero è possibile anche grazie a Wind Jet,

la compagnia siciliana che dalla sua nascita ha costantemente incrementato

rotte e scali. Massimo Polimeni spiega le politiche dell’azienda

Nicolò Mulas Marcello

Massimo Polimeni,

direttore commerciale

Wind Jet

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Wind Jet

SICILIA 2010 • DOSSIER • 169

base operativa a Forlì, ma avete deciso dispostare tutto a Rimini a partire dal 2011.Cosa comporterà questa scelta? «Contiamo su una migliore capacità di attra-zione del traffico internazionale sulla rivieraadriatica, visto che Rimini ne è la capitale difatto. Dal punto di vista operativo nessunparticolare problema visto che spostiamo inostri voli di poche miglia ad est. Si considerianche che la pista di Rimini è la più lunga deiquattro aeroporti dell’Emilia Romagna e chequindi per i voli più lunghi (Russia) nonavremo limitazioni di peso al decollo; inoltre,lo stesso aeroporto è aperto 24 ore al giorno».

Attualmente la flotta Wind Jet conta 12airbus e copre 22 destinazioni. Guardandoal futuro sono in programma ampliamenti?Quali sono le previsioni per il prossimoanno?«È previsto l’avvio della tratta per Sharm ElSheik che verrà coperta dalla fine di que-st’anno con voli di linea da Catania e da Forlì(ad aprile ci sposteremo poi su Rimini) e damaggio da Pisa. Avvieremo ad aprile anche ilRimini-Kiev (monosettimanale) e il Rimini-Colonia (bisettimanale). I voli Pisa-Moscadiventeranno due a settimana e quelli Ber-gamo-Mosca quattro settimanali. Tutti que-sti voli saranno operati in coincidenza conCatania e Palermo. Tutto il resto del networkviene confermato. È ancora in dubbio la rea-lizzazione dei collegamenti estivi tra la Siciliae la provincia francese (Tolouse, Marsiglia,Nantes e Lione), visto che è terminata la no-stra collaborazione con il vettore francese XLFrance con cui volavamo in codeshare. Siamoin trattativa con un altro vettore francese,staremo a vedere».

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È previsto l’avvio della tratta per Sharm El Sheik che verrà copertadalla fine di quest’anno con voli di linea da Catania e da Forlì

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170 • DOSSIER • SICILIA 2010

Francesco Rosario

Averna, amministratore

delegato del Gruppo

Averna

Grazie a mirate operazioni, il Gruppo Averna è riuscito a ridurre costi e migliorare l’efficienza

commerciale. Innovazione, per Francesco Rosario Averna, significa ricerca costante della

qualità e di nuove forme di consumo

Nicolò Mulas Marcello

Il gusto pieno della Sicilia

L’Amaro Averna è uno dei vantidella Sicilia in tutto il mondo. Co-nosciuto in oltre 60 Paesi, conti-nua a custodire il suo fascino nel

segreto della sua ricetta. Il Gruppo Averna hanegli anni effettuato importanti acquisizioni

come Pernigotti e, come afferma FrancescoRosario Averna, amministratore delegato delGruppo: «stiamo investendo parecchie ri-sorse per dare ai nostri prodotti sempre piùappeal».

Il 2010 si sta per concludere. È possibilestilare un bilancio?«Abbiamo lavorato in questi due anni inmodo proattivo non solo per contrastare lacrisi, ma anche per uscirne più forti di comeci siamo entrati. Ciò significa che abbiamomesso in atto operazioni che ci hanno con-sentito di ridurre i costi, di migliorare l’effi-cienza e anche di avere delle risorse per mi-gliorare il nostro supporto commerciale, dimarketing e di collaborazione con la distri-buzione».

Come si concretizzano la ricerca e l’inno-vazione per quanto concerne tutti i vostri

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Francesco Rosario Averna

SICILIA 2010 • DOSSIER • 171

iniziative congiunte».Quanto è importante il legame con il

territorio per il gruppo Averna?«È essenziale. Nasciamo in Sicilia e siamoorgogliosi di essere siciliani. Il mercato sici-liano è per noi di grande importanza, nonsolo per Amaro Averna ma anche per laGrappa Frattina e per i prodotti Pernigotti.La Sicilia è uno dei nostri punti di forza pertutta la nostra gamma».

Quali sono i progetti di sviluppo e qualigli impegni per il futuro? «I progetti di sviluppo sono legati a una cre-scita interna. Non prevediamo ulteriori ac-quisizioni a breve scadenza, ma stiamo in-vestendo parecchie risorse per dare ai nostriprodotti sempre più appeal con un supportosempre maggiore sia nei confronti del tradesia nei confronti del consumatore per unulteriore incremento della nostra presenzainternazionale».

prodotti?«Ormai l’innovazione è una parte costantedella nostra attività. L’innovazione è diventatada una decina d’anni un elemento costantedel nostro sviluppo commerciale. Questo nonsignifica mettere sul mercato nuovi prodottiogni mese; innovazione significa per noi ri-cerca costante dell’elemento qualitativo e dinuovi modi di consumo, di confezionamentie materiali espositivi per migliorare l’offerta.Tutta la politica commerciale è per noi co-stantemente monitorata in senso innovativo.L’approccio innovativo riguarda anche i par-tner internazionali per cui c’è una ricerca co-stante di miglioramento anche su quelfronte».

Qual è la presenza dei vostri prodotti al-l’estero? «Abbiamo una rete di partner che ormai su-pera la sessantina. Abbiamo, infatti, aziendeche distribuiscono i nostri prodotti, siaAverna sia Pernigotti, costantemente. Poi cisono Paesi che fanno operazioni spot, mafino a quando non abbiamo un distributoreufficiale la considero ancora una fase transi-toria e iniziale. Al momento quindi abbiamo60 Paesi che commercializzano i nostri pro-dotti con costanza e con loro sviluppiamo

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Abbiamo lavorato in questi due anni inmodo proattivo non solo per contrastarela crisi ma anche per uscirne più forti di come ci siamo entrati

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

172 • DOSSIER • SICILIA 2010

Un parco veicolare tra i più importanti in Sicilia. Un fatturato che,

nonostante la congiuntura, cresce regolarmente. E un piano di

business sempre più rivolto oltre i confini nazionali. Gaetano Nicolosi

illustra il futuro dell’omonimo gruppo di famiglia

Carlo Sergi

Nel futurodel Gruppo NicolosiNonostante la con-

giuntura nega-tuva, il gruppoNicolosi riesce a

far fronte alla crisi, con un fat-turato in crescita attestato in-torno ai 20 milioni di euro,tre in più rispetto al prece-dente. «In realtà questo ri-sultato non è il frutto di unaparticolare strategia controla crisi – spiega Gaetano Ni-colosi, amministratore dele-gato del gruppo -. È il risul-tato della nostra politica didiversificazione, rivelatasisempre più utile vista l’at-tuale situazione di mercato».Sono molti, infatti, gli am-biti in cui presenziano le so-cietà del gruppo, gestite daitre fratelli Nicolosi, Vera,Giovanni e, appunto, Gae-tano. Dall’edilizia e l’immo-biliare, con GN Costruzionie NS Immobiliare, alla so-cietà cooperativa RossoArancia, che produce e com-

mercializza prodotti orto-frutticoli, fino all’energia rin-novabile e il fotovoltaico,con la Solenico Spa. Solo percitarne alcune. Proprio suquest’ultimo ambito la Ni-colosi ha in serbo importantiprogetti per il 2011. «Nelprossimo anno vedremo inproduzione il nostro primoparco fotovoltaico e cerche-remo di proseguire sulla li-nea delle energie rinnovabili– dichiara Gaetano Nicolosi-. Ogni nostra società è a sé

stante, con una sua gestione eun’opportuna programma-zione di sviluppo. In questomomento la nostra concen-trazione maggiore è rivoltaalle energie rinnovabili e alsettore immobiliare, ma nonsi trascurano nuovi investi-menti sul trasporto». È que-st’ultimo, infatti, il vero corebusiness del gruppo, il settoreda cui è nato il tutto.

Cosa significa, oggi, occu-parsi di trasporti in Sicilia ?«Come tutti sappiamo, que-sta regione è situata geografi-camente all’estremo Sud del-l’Europa ì. E, visti i nuoviregolamenti del codice dellastrada, sia noi, sia tutto l’in-dotto, ne paghiamo le conse-guenze. Anche se devo osser-vare come, inspiegabilmente,alcuni attori del compartofacciano fatica a recepirlo. Daanni ormai la nostra primavoce dei costi si chiama “Au-tostrada del Mare”. Questo èl’unico tratto utilizzabile perpoter rispettare il codice della

Da sinistra, Aldo Randazzo,

Gaetano, Giovanni e Vera

Nicolosi della

Nicolosi Trasporti Srl

www.nicolositrasporti.com

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Gaetano Nicolosi

SICILIA 2010 • DOSSIER • 173

strada, in materia di ore diguida, e per far sì che i pro-dotti, in particolare parliamodi quelli ortofrutticoli locali,siano presenti puntualmentesui mercati nazionali e inter-nazionali».

Sicuramente anche ilprezzo del carburante in-cide pesantemente sul vo-stro bilancio. Il mercatodell’automotive si sta sem-pre più orientando versomezzi a basso consumo, senon addirittura totalmenteelettrici. Questa evoluzionecosa potrebbe rappresen-tare per una realtà come lavostra?

lontani da tutto questo. In-tendiamoci, non sono diffi-dente nei confronti della tec-nologia, ma non essendociancora infrastrutture ade-guate, a partire dalle aree disosta, dovremmo concen-trarci su altre priorità. Perlegge, dopo nove ore diguida, gli autisti devono ri-manere fermi per almeno do-dici ore. Spesso, questi nontrovano nemmeno un’area incui potersi fermare, fare unadoccia, ristorarsi. Per cuipensare a stazioni di servizioche permettano di caricareveicoli elettrici mi sembranoancora un’utopia».

Il mercato straniero qualefetta del vostro fatturato ri-copre?«Attualmente il nostro corebusiness è principalmente inItalia, ma operiamo anche inambito europeo con due li-nee. Oltre a seguire il mer-cato interno, visto il cresceredelle commesse provenientida clienti di varie zone euro-

Da anni ormai la nostra prima voce dei costi si chiama “Autostrada del Mare”. Questo è l’unico tratto utilizzabile per far sì chei prodotti locali siano presenti puntualmente suimercati nazionali e internazionali

«Il carburante ha un’inci-denza notevole sul bilanciodi una qualsiasi azienda ditrasporto, anche se, come hodetto in precedenza, lo met-terei sullo stesso piano di in-cidenza dell’autostrada delmare. I mezzi di ultima gene-razione hanno abbassato no-tevolmente il consumo di car-burante, ma resta il fatto chei continui aumenti del petro-lio ci tengono stretti in unamorsa che non lascia viad’uscita. Pensare ad auto-mezzi totalmente elettrici, de-dicati all’autotrazione, sa-rebbe una cosa fantastica, macredo siamo ancora molto � �

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174 • DOSSIER • SICILIA 2010

pee, è nata l’esigenza di co-struire un sano e ottimo rap-porto di partenariato conaziende del Nord Italia, cuiaffidiamo la copertura del re-sto del continente. Ovvia-mente abbiamo scelto im-prese che operano secondo inostri stessi valori, con se-rietà e competenza».

Mentre volgendo losguardo a Sud, cosa rappre-senta, per voi, l’area Medi-terranea?«È certamente importante.Come gruppo riusciamo ge-neralmente a far fronte allerichieste di quest’area auto-

nomamente. Al contrario,come dicevo, nel resto d’Eu-ropa ci appoggiamo ad altreaziende. Sicuramente quandosi aprono nuove frontiere,come accadrà con il Mediter-raneo, le conseguenze nonpossono essere che positive.La Sicilia su quest’area è si-curamente più avvantaggiatarispetto ad altre regioni. Noi,al momento, non abbiamoiniziato alcun tipo di busi-ness con aziende del NordAfrica, anche se posso direche diverse aziende italianeci hanno interpellato per deitrasporti da effettuare per e

da quei territori». Attualmente cosa com-

pone il vostro parco mezzi?«Ad oggi il nostro parco vei-colare è costituito da due-cento semirimorchi frigo atemperatura controllata, dicui quaranta con doppiatemperatura e venti con dop-pio piano di carico. Abbiamopoi centoottanta semirimor-chi telonati, di cui novantacon centina sollevabile e tettoscorrevoli. Vi sono ancheventi casse mobili montatesu pianali porta container ecentoventi trattori stradali, dicui quaranta catalogati euro

Fondata nel 1962 da Sebastiano Nicolosi,l’omonima azienda di trasporti si è, negli anni,trasformata in uno dei più floridi gruppiimprenditoriali siciliani. A gestire le aziende delgruppo, oggi, sono i figli di Sebastiano: Vera,Gaetano e Giovanni, che hanno raccoltol’eredità del padre nel 2006. Fin da subito ifratelli dimostrano una grande capacità nelgestire e portare avanti l’impresa, con notevoleincremento in termini di fatturato. Vera, laprimogenita, è oggi l’amministratore unico dellaThe Queen Srl. Gaetano, invece, si occupa inparticolare della Nicolosi Trasporti, curandoneda sempre i contratti commerciali eintrattenendo rapporti con aziende committentidi notevole prestigio. Il più giovane dellafamiglia, Giovanni, si è sempre dedicato allacura e alla manutenzione del parco veicolare,curando anche i nuovi acquisti. Quest’ultimo,poi, nel 2007 ha fatto nascere una nuovaazienda per il gruppo, la GNT Logistica. Algruppo di famiglia collabora anche AldoRandazzo, cugino dei Nicolosi, portando avantiuna tradizione di famiglia prossima araggiungere il traguardo dei 50 anni di attività.

Un’azienda di famiglia

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Nella foto in alto

Sebastiano Nicolosi,

fondatore della Nicolosi

Trasporti, scomparso

nel 2006; sotto, da

sinistra, Aldo Randazzo,

Gaetano. Giovanni

e Vera Nicolosi

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 175

cinque. Infine, possiamocontare su dieci motrici fri-gorifere che si occupanodelle consegne regionali».

Dunque vi è un investi-mento continuo sui mezzi?«Non si finisce mai di inve-stire. Non si tratta semplice-mente di acquistare deinuovi veicoli. Puntiamo al-l’innovazione, a essere ingrado di rispondere in ma-niera sempre più rapida eflessibile alle richieste chegiungono alla nostra azienda.I clienti con cui ci confron-tiamo oggi sono sicuramentemolto più esigenti rispetto a

sono moltissime le peculia-rità che potrei elencare».

Quale futuro si aspetta,in generale, per l’economiaregionale?«Non sappiamo quale futuropotremmo attenderci dallanostra Sicilia, l’unica certezzaè che operiamo in una terradove ancora oggi valgono ivalori nel loro contesto. Par-lando della nostra azienda,con i miei fratelli, ce la met-teremo tutta per portareavanti quello che abbiamoereditato da nostro padre, ri-manendo uniti e lottandoquotidianamente».

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Nel prossimo anno vedremo in produzione il nostro primoparco fotovoltaico e cercheremo di proseguire sulla lineadelle energie rinnovabili

quelli con cui lavoravamo inpassato. Ogni produttore,devo dire, ha esigenze di-verse. Per esempio c’è chi habisogno di trasportare con ununico mezzo e chi deve con-segnare prodotti a tempera-ture diverse. Per questo oc-corre un mezzo fornito diparadia e doppio motorefrigo. C’è poi chi richiede,per abbassare i costi, di tra-sportare merce sovrapposta,ma che comunque non devesubire danneggiamenti. Diconseguenza serve un veicoloche abbia la struttura per ca-ricare a doppio piano. Ma

Gaetano Nicolosi

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

178 • DOSSIER • SICILIA 2010

Si mantiene sul mercato del trasporto merci industriali da oltre 50 anni e oggi,

l’azienda Zuccaro di Catania osserva con sempre maggiore interesse le potenzialità

dell’area mediterranea. Un’opportunità, però, che rischia di rimanere inespressa senza

un adeguato aggiornamento infrastrutturale

Mario Gioppi

Se le imprese colmanoi gap infrastrutturali

Una Sicilia semprepiù mediterranea.Questo il sognodel tessuto im-

prenditoriale locale, che vedenell’apertura di una delle areecommercialmente più strategi-che del pianeta una valvola disviluppo straordinaria. Specienell’ottica di una nuova erapost-crisi economica. E leprime realtà che potranno be-neficiarne saranno, con ogniprobabilità, quelle legate al-l’universo dei trasporti. Ma tra-sformare un comparto già diper sé colpito dai deficit infra-strutturali locali in un pontetra Nord e Sud Europa non ècertamente un fatto scontato.«La mancanza di infrastrutturenel Sud Italia danneggia note-volmente le aziende di tra-sporto siciliane, le quali devonomisurarsi giorno dopo giornocon i soliti problemi – inter-viene l’amministratore delegatodella Zuccaro Trasporti, SantoZuccaro -. Mi riferisco allamancanza di autostrade ido-nee, alle poche aree di sosta si-cure e, per ultimo, alla legge

120/2010, approvata il 13 ago-sto scorso. In particolare, a sof-frirne, è la parte occidentale del-l’isola». La legge cui fariferimento l’Ad dell’affermataazienda catanese, stabilisce chel’autista, nel caso in cui com-metta una violazione del codicedella strada, paghi immediata-mente la multa, pena il fermodel veicolo. Gli autisti, così, de-vono necessariamente giraremuniti di liquidità importanti.«Sono intuibili le conseguenzedi ordine finanziario, operativoe di sicurezza, in quanto il con-ducente diverrà, ancor più chenel passato, uno dei bersaglipreferiti da parte della crimina-lità». La sicurezza resta il nodocentrale da sciogliere per gli au-totrasportatori siciliani. È re-cente l’episodio, drammatico,dell’uccisione di un operatoreavvenuta per effettuare il furtodi un camion. Molti, quindi, iproblemi da affrontare. Ma ciònon ferma la crescita delle im-prese meglio gestite. Ne è unesempio proprio la Zuccaro,che regge sul mercato da oltre50 anni. «La nostra azienda

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opera nel settore dei trasportioffrendo serietà, affidabilità ecorrettezza – spiega Santo Zuc-caro -. Queste tre caratteristichenegli anni ci hanno contraddi-stinto permettendoci di conso-lidare i rapporti con i commit-tenti regionali e nazionali». Ma,in un comparto afflitto dall’au-mento, costante e irregolare,del costo del gasolio, come èpossibile mantenere intatti irapporti con una committenzache, ovviamente, si regola an-che orientandosi sulle propostedi listino? Secondo Enzo Zuc-caro, responsabile delle logisticaper l’azienda di Catania, «la so-luzione si trova negli assetti or-ganizzativi. La benzina au-menta costantemente, vero, maimpostando il lavoro in modotale da ridurre al minimo gli

parco macchine. «I veicoli ven-gono aggiornati costantemente.Non in toto, ma ogni anno sene acquistano dei nuovi – di-chiara l’Ad della Zuccaro -. At-tualmente possiamo contare su20 motrici e su un centinaio disemirimorchi. Ciò per il nostrosettore è basilare per garantirel’efficienza alle nostre aziendeclienti». Queste, soprattutto,sono alcune delle più impor-tanti industrie italiane, per cuila società siciliana segue il tra-sporto di produzioni e materieprime. Tornando al 2011 e aiprogetti per il futuro della so-cietà, il quadro ipotizzabile ri-sulta difficilmente delineabile.«Come abbiamo già dichiaratoil nostro obiettivo più ambi-zioso è il Mediterraneo, ma oc-corre un profondo cambia-mento strutturale, che devepartire dal mondo politico –sostiene Enzo Zuccaro -. La Si-cilia di per sé è un patrimonio,a partire dal punto di vista geo-grafico. Se si seguisse la logicaterritoriale, questa regione do-vrebbe essere una delle più ric-che d’Europa, fungendo daponte tra questo continente equello africano. Invece, peresempio, ci siamo fatti sottrarreuna buona parte di mercato darealtà molto più limitate comeMalta». Un paradosso, dun-que. «Ad ogni modo, per il2011 il nostro auspicio è quellodi mantenere l’attuale asset –conclude Santo Zuccaro -. Peril nostro settore, e in questaarea, è ancora difficile parlaredi ripresa, ma siamo comun-que fiduciosi».

sprechi, scegliendo con ocula-tezza le tratte e gli accordi da se-guire, è possibile non far pagareeccessivamente ai clienti il pesodelle oscillazioni del greggio.Difficilmente, dunque, fac-ciamo viaggiare dei veicolimezzi vuoti. Tutto deve essereottimizzato». «Certo non è fa-cile – interviene nuovamenteSanto Zuccaro -, anche perchéla benzina, aumentando diprezzo, coinvolge non solo i tra-sportatori, ma anche le aziendeche gestiscono le navi su cui ca-richiamo i veicoli, così come iproduttori di pneumatici. In-somma, è un circolo vizioso checolpisce tutti, trasversalmente».Fondamentale, nelle strategie dimantenimento della propriaposizione sul mercato di riferi-mento, è anche il rinnovo del

Enzo e Santo Zuccaro

Alcuni mezzi del parco

veicolare della

Zuccaro Trasporti

[email protected]

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uello dell’arre-damento auso commer-ciale rappre-

senta un settore per molti versipoco conosciuto, sopratutto dalgrande pubblico, abituato aleggere sulle riviste specializzatele ultime novità in tema di de-sign per gli arredi destinati agliambienti residenziali. L’impor-tanza di questo comparto pro-duttivo è in realtà parte dellavita di tutti i giorni e deter-mina il modo in cui tendiamoa percepire gli spazi che vi-viamo e nei quali interagiamoal di fuori delle mura domesti-che. Bar, ristoranti, alberghi,negozi, ospedali, fino ad arri-vare all’ambiente di lavoro dove

del mercato siciliano per l’ac-quisto di arredi commerciali.Fondata nel 1987 a Mister-bianco, in un territorio a fortevocazione industriale e com-merciale, la C.i.r. opera nelcampo della vendita, progetta-zione, installazione, manuten-zione e assistenza di impianti divario tipo, dalle cucine e lavan-derie industriali alle fornitureper grandi ambienti come ospe-dali, mense aziendali, alberghi eristoranti. Emanuele Mossa, di-rettore tecnico, sottolinea che«l’attività della C.i.r. si esplicaanche in altri importanti set-tori, come la fornitura e il mon-taggio di arredi per negozi divaria tipologia, grazie a un teamdi esperti arredatori capaci dioffrire un servizio personaliz-zato. Il tutto avvalorato da unavasta gamma delle migliori mar-che di mobili di pregio».L’obiettivo è dunque quello difidelizzare e soddisfare i clientiattraverso la realizzazione diprogetti chiavi in mano. A que-sto proposito, Emanuele Mossaspiega che la mission del-l’azienda è fondata proprio «sul-l'esperienza dei professionisti ela competenza degli ammini-stratori, fattori che hanno con-

trascorriamo una parte consi-derevole della giornata. E non ètutto. Uno dei fattori che puòdeterminare il successo diun’attività, per esempio un bar,è proprio la scelta degli arredi,la disposizione scenograficanell’ambiente, la loro fruibilità:in una parola, l’arredamento èil marchio identificativo del-l’esercizio commerciale che co-munica informazioni impor-tanti alla clientela. Ma nonsono soltanto i gestori degliesercizi commerciali a doverprestare particolare attenzioneall’arredamento dei loro negozi.Si pensi a un’azienda che in-tende rilanciarsi in fase di crisieconomica: il primo passo dacompiere riguarda proprio ilrestyling della propria imma-gine, che gioverà sia in terminidi produttività al personale ad-detto, sia al potenziale clienteesterno. Ecco perché le realtàindustriali che operano in que-sto settore si rivolgono a unaquota di mercato molto vastache richiede flessibilità, un ser-vizio completo e il continuoaggiornamento delle soluzioniproposte. In questo senso,l’azienda catanese C.i.r. rappre-senta un riferimento all’interno

Arredamento chiavi in manoCon Emanuele Mossa nello sterminato campo dell’arredamento commerciale.

Dalla vendita all’istallazione degli impianti, ogni dettaglio poggia su scelte

razionali ed equilibrate della composizione finale. L’esempio della Cir

Erika Facciolla

Sotto, festeggiamenti

in occasione del

ventennale della C.i.r.,

nella pagina a fianco

in basso Enoteca

comunale di Butera (Cl)

www.cir-srl.it

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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Emanuele Mossa

SICILIA 2010 • DOSSIER • 181

sentito alla C.i.r. di diventareun’azienda all’avanguardia al-l'interno del mercato di riferi-mento». Un mercato quantomai ampio e strutturato che haindotto l’azienda a differenziarela propria attività produttiva:«Oltre alla fornitura per negozi,la C.i.r. cura l’arredo e gli im-pianti per bar, asili-nido, scuole,palestre, biblioteche fino ad ar-rivare alle residenze universitariee musei, sia attraverso il con-tatto diretto con i privati, checon la partecipazione a gare in-

dette da enti pubblici. Le altreattività – continua Mossa - sonotutte quelle rientranti nell’exlegge 46 del 1990: esecuzione eallaccio di impianti elettrici e agas, per adduzioni idriche, sca-richi, riscaldamento e climatiz-zazione». La C.i.r. è, inoltre, abi-litata all’installazione diimpianti gas, vapori elettrici edelettronici, di ascensori e mon-tacarichi. Ma come è possibilemantenere alta la qualità del ser-vizio e il livello di competitivitàin tutte queste aree di produ-

zione? A questo proposito,Emanuele Mossa ha le ideechiare: «Qualunque sia il tipo dicontatto stabilito con i clienti eil settore di attività tra i molte-plici descritti, la C.i.r. mette incampo serietà, professionalità ecompetenza, punti di forza delfare impresa, con l’obiettivodi raggiungere la soddisfazionedel committente. In ogni fase,abbiamo la certezza di garan-tire un servizio di qualità eun’assistenza prolungata neltempo».

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Uno dei fattori che può determinare il successodi un’attività, per esempio un bar, è proprio la scelta degli arredi, la disposizionescenografica nell’ambiente, la loro fruibilità

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Dai marmi classici ai graniti esotici, dalle pietre colorate agli onici orientali.

La Pulino Marmi forgia elementi d'arredo di qualità. Così i maestri di Modica

conquistano l'altro capo del mondo

Paola Maruzzi

Le forme tenaci dell'export

Risplende di lucepropria. Non perniente l'antico ag-gettivo da cui

prende forma, mármaros, si-gnifica “far brillare”. Ed è na-turalmente votato all'arte.Marmoree sono, infatti, leopere della Grecia Classica:maestose, plastiche, armoni-

che. In provincia di Ragusa,laddove si estendeva la MagnaGrecia, il marmo viene oggipensato, disegnato, scolpito etagliato strizzando l'occhio aldesign. Insomma, il pigliocreativo è rimasto lo stesso.Anche se a cambiare sono iprodotti. L'industria dell'ar-redo rappresenta l'interlocu-

tore più adatto per questa pie-tra: pavimenti, rivestimenti,colonne, portali, sculture, ele-menti sagomati a massello evasche bagno sono solo alcuniesempi d'impiego. «Fondatanel 1968 da mio padre, tut-tora una figura essenziale nellavita aziendale, conserva quel-l’imprinting artigianale, cioè

In apertura e

nella pagina a fianco,

alcuni prodotti della

Pulino Marmi

[email protected]

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Vincenzo Pulino

SICILIA 2010 • DOSSIER • 183

la maestria di lavorare con mar-tello e scalpello», spiega l’at-tuale titolare, Vincenzo Pulino.L’impresa oggi segna il passoalla filiera siciliana della lavo-razione delle pietre naturali. Èun marchio riconosciuto, checompone la rosa del made inItaly. Il 60 per cento del fattu-rato deriva, infatti, da opererealizzate all'estero. Solo un ra-pido accenno per averneun'idea più precisa. «DopoDubai, Madrid, Almaty,Miami, Zagabria, Yerevan,Hong Kong anche per il 2010il Roman Style Brioni ci hascelti per i suoi showroom».Alla luce di un export che viag-gia per l’Europa, l'Australia, ilMedio e l'Estremo Oriente egli Stati Uniti, non è azzardatodefinire questa realtà un mo-dello d'impresa ad hoc. Nelgiro di qualche decennio ha re-gistrato una crescita esponen-ziale che l’ha portata a essereconsiderata partner d’eccel-lenza per la consulenza, la pro-gettazione, la realizzazione diimportanti opere in marmo epietra. «Oggi la nostra aziendasi estende su un’area di 10000mq di cui 1000 coperti. All’in-terno ci sono macchinari tec-nologicamente avanzati» citiene a precisare Vincenzo Pu-lino. La ricetta è sempre lastessa. E, a costo di ripetere unalegge economica ovvia, vale lapena sintetizzarla così: «Il no-stro successo deriva dal fattoche abbiamo saputo coniugarela tradizione con l’innova-zione. Per esempio abbiamocreato nuove finiture e nuoveforme come il marmo 3D. Iltutto in un contesto forte-

mente basato sulla professio-nalità, la serietà, la ricercadella massima qualità e dellepiù alte performance». Legrandi e piccole realizzazionisparse in tutto il mondo, iltocco di classe dato a ville pri-vate, uffici, edifici residenziali,opere architettoniche, alber-ghi, negozi e showroom forni-scono il preciso contraltare alleparole del titolare. Ma questebellezze vanno viste da vicino.Vincenzo Pulino snocciola unelenco di nomi, che alle orec-chie degli addetti ai lavori ri-suonano in tutta la loro pre-ziosità. «Sono la Pietra diModica Latina, la Pietra La-vica, la Pietra di Comiso». Estringendo ancora di più sullaqualità, si incontra la PietraPece, «nobile e rara, calda eaffascinate. Solo la parte mi-gliore diventa la pietra CremaPece. Nasce in provincia diRagusa nelle vicinanze deipozzi petroliferi dove bancatedi calcare sono state intaccatedal bitume, rendendola unmix tra natura e arte. Utiliz-zata dai nostri antenati per ri-coprire le loro abitazioni, iloro castelli, le loro chiese,oggi risulta un materiale dipunta per le scelte accurate diarchitetti e progettisti. Una pa-vimentazione, un rivestimento,una scala in pietra Crema Pecerisulta essere un pregio per ogniambiente che lo ospita». Così,di pietra in pietra, di commis-sione in commissione, losmalto della Pulino Marmi, ol-tre ai materiali e all'esperienza,esporta anche un pezzo di sto-ria siciliana. O meglio, il suo re-troterra inossidabile.

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Investire nella nauticaladdove si snodano chi-lometri di costa. Fareimpresa a Messina, città

del mare, dell’andirivieni dipersone, di merci e, perchéno, di imbarcazioni. Sono lecircostanze naturali chehanno spinto GiuseppeMele, «siciliano da genera-zioni», come ama definirsi, aproseguire l’impegno dellostorico Cantiere delloStretto: il luogo dove il sognodi navigare trova un appiglioconcreto. Qui, infatti, è dicasa l’universo nautico intutte le sue sfaccettature. No-nostante non tiri semprebuon vento, perché «la man-canza di iniziative e incen-tivi da parte delle ammini-strazioni locali e regionali sifa sentire e ci scoraggia»,questa poliedrica realtà con-tinua a sfornare i suoi ser-vizi: dalla manutenzione al-l’assistenza e alla vendita.«Operiamo nel settore prati-camente da sempre quindidirei che, oltre all’esperienzamaturata negli anni, quelloper cui ci distinguiamo con-siste nella capacità di offrireal diportista ciò che desidera,insieme alla puntualità e alla

competenza».Un bilancio a caldo della

sua attività. Qual è il peso delparco clienti? Quanto perso-nale è impiegato nella vostraazienda?«In totale i diportisti che gra-vitano attorno all’aziendasono all’incirca 250. Ognunoviene seguito passo dopopasso: dall’acquisto, alle pos-sibilità di sbrigare le praticheassicurative, all’inevitabilemanutenzione. Insomma,cerchiamo di offrire tutto. Ilpersonale impiegato consistein cinque unità. Durantel’alta stagione il numero au-menta».

Di che tipologia di imbar-cazioni vi prendete cura?«Dalle barche piccolissime

fino agli yacht di 15 metri.Non abbiamo limiti».

Quanta artigianalità c’è nelvostro lavoro?«Facciamo naturalmente ri-corso ai pezzi in serie. L’in-dustria offre praticamentetutto ciò che occorre, ma nelnostro cantiere siamo anchein grado di costruire artigia-nalmente pezzi speciali o in-trovabili. Direi che circa il 20per cento della nostra attivitàverte proprio sull’artigia-nato».

Oggi quali difficoltà ri-scontrate maggiormente?«Con la crisi si tende ad an-dare sempre più alla ricercadel risparmio, tralasciando laqualità. Questa tendenza siriflette maggiormente su set-

Largo alla sapienza artigianaOfficina delle barche e vetrina di marchi internazionali. Così si potrebbe definire

il poliedrico universo del Cantiere dello Stretto. Dalla vendita alla manutenzione,

a Messina tutto l’anno è alta stagione. Ne parla Giuseppe Mele

Paola Maruzzi

Giuseppe Mele, del Cantiere dello Stretto

[email protected]

IMPRENDITORI DELL’ANNO

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tori che hanno a che fare conbeni di non prima necessità.Le imbarcazioni, invece, esi-gono qualità».

Cosa fate, dunque, per re-stare sulla cresta dell’onda?«Crediamo che per esserecompetitivi non sia suffi-ciente abbassare i prezzi,sbandierando un vantaggioapparente. Bisogna andare inprofondità, cioè potenziare iservizi e puntare alla qualità.Questa è la scuola di pensieroda cui provengo. L’impresache dirigo è di carattere fa-miliare, quindi è ovvio chel’esperienza, la conoscenza ela capacità di aggiornamentosono la nostra forza e il nostrovalore aggiunto. Siamo sullapiazza dagli anni Sessanta.Questo dovrebbe bastare percapire che alle spalle abbiamoun passato consolidato e sucui rimaniamo tenacementeattaccati».

In che senso la vostra of-ferta può definirsi di ampiorespiro?«Innanzi tutto perché, per

quanto riguarda la vendita,abbiamo marchi leader. Di-sponiamo di un ventaglio dinomi, conosciuti a livello in-ternazionale e nazionale. Maquesta è solo una parte dellanostra attività. Oltre all’assi-stenza per le pratiche assicu-rative, buona parte dell’im-pegno è diretto verso lacapacità di custodire le barchedurante i mesi invernali,quando cioè il mancato uti-lizzo rischierebbe di rovinarle.Insomma, le teniamo informa».

Quindi le barche durantel’inverno sono destinate a ro-vinarsi?«La sosta è deleteria per qual-siasi tipo di imbarcazione. Perquesto è fondamentale che cisia qualcuno che se ne oc-cupi».

Avente in cantiere qualchenovità?«Abbiamo intenzione di cu-rare di più il settore commer-ciale. Più che puntare suigrossi numeri, miriamo a unmercato di nicchia. Adesso,

dopo la pausa stagnante dellacrisi, pare che le cose si stianomettendo meglio. Inoltre ab-biamo in progetto l’ammo-dernamento di tutti i sistemidi lavorazione».

Secondo lei alcuni saperilegati alla tradizione nauticasi stanno perdendo o resi-stono e si migliorano?«Penso che per stare al passocon i tempi, con le dovutecompetenze, si debba certa-mente ricorrere alle innova-zioni tecnologiche; chi però siavvicina al settore cercandotutte le risposte nel nuovo,cade in errore. Si deve pre-stare attenzione anche allatradizione che è il frutto di se-coli di attività marinare e cherappresentano la base dellaconoscenza. La nautica nonè solo scafi filanti e motoripotenti, è anche passione eamore per il mare. Sonotanti a credere in ciò».

Giuseppe Mele

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La pausa invernale fa malealle imbarcazioni. Per questo èimportante prendersene cura.La manutenzione è vitale perquesto tipo di prodotto

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RETE AEROPORTUALE

Aeroporti più grandi, efficienti,ben serviti e in rete

In Italia l’evoluzione delsistema aeroportuale èstata per lungo tempoconnessa alle strategie e

alle esigenze della compagniadi bandiera. Successivamente,le crescenti difficoltà di Alitaliae gli effetti della liberalizza-zione del traffico aereo, realiz-zata in attuazione della nor-mativa comunitaria, hannodeterminato una proliferazionedel numero di aeroporti, senzache si individuassero chiara-mente le linee programmati-che idonee a ordinare in modocoerente lo sviluppo del si-stema. «Basti pensare che larete aeroportuale italiana è co-stituita da circa 100 aeroporti,di cui solo 47 registrano traf-

fico commerciale con voli dilinea. I primi 20 aeroporti co-prono il 95% del traffico dipasseggeri. Ancora più signifi-cativo è il fatto che soltanto 7aeroporti hanno un volume ditraffico superiore a 5 milioni dipasseggeri l’anno (soglia di ri-levanza comunitaria) e i primi8 aeroporti (i 7 a rilevanza co-munitaria più Ciampino) co-prono circa il 70% del trafficopasseggeri del Paese». L’onore-vole Mario Valducci, presi-dente della commissione Tra-sporti, Poste eTelecomunicazioni della Ca-mera dei Deputati indica qualeè lo stato del sistema italiano.

Quali le prospettive e i det-tagli delle linee strategiche sucui lavorerà la Commissioneche Lei presiede per lo svi-luppo di un comparto cosìfondamentale per il nostroPaese?«Nei due anni e mezzo dellamia presidenza abbiamo in-nanzitutto lavorato per unapositiva soluzione della crisi

Alitalia con ottimi risultati vi-sto che ormai da due anni ilvettore non pesa più sulle ta-sche degli italiani. Poi abbiamoconcluso un’indagine conosci-tiva sul settore aeroportualeche ha visto ben 41 audizionidei soggetti interessati, dallecompagnie aeree alle società digestione aeroportuali alle isti-tuzioni interessate. Dall’inda-gine è emerso un quadro fram-mentato del sistemaaeroportuale italiano, che com-porta, per un verso, l’utilizzo diingenti risorse pubbliche perla realizzazione e la gestione diaeroporti con volumi di traf-fico ridotti e, dall’altro, per ef-fetto della concorrenza tra gliscali, la difficoltà di sviluppareaeroporti su cui concentrare ivoli a medio e lungo raggio.Pur avendo una dimensioneeconomica paragonabile aquella di Germania, Francia eGran Bretagna, l’Italia non haaeroporti di dimensioni ana-loghe a quelle di Londra-Hea-throw, di Parigi-Charles de

«L’Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti,

ma di scali più grandi, più efficienti e meglio connesse».

Le nuove sfide per la rete aeroportuale italiana emergono

dall’attenta analisi dell’onorevole Mario Valducci

Renata Gualtieri

Qui sotto, l’onorevole Mario Valducci,

presidente della commissione Trasporti, Poste

e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 187

Mario Valducci

Gaulle, di Francoforte o diMadrid-Barajas e Amsterdam-Schiphol. Insomma, il sistemaaeroportuale italiano, nellostato in cui si trova oggi, nonpare in grado di sostenere ade-guatamente le future potenzia-lità di sviluppo del traffico ae-reo che, secondo stimeconservative, ammonterà acirca 250 milioni di passeggerinel 2030».

Occorre una razionalizza-zione della rete aeroportualeitaliana?«L’interesse generale alla cre-scita del traffico aereo in Italiainduce a individuare comeobiettivo prioritario quello diutilizzare le risorse disponibili

non per creare nuovi aeroportima per ammodernare, am-pliare e potenziare, in modomirato, gli aeroporti che esi-stono e che già oggi rappre-sentano un asset significativoper l’intero Paese. Per raggiun-gere questo obiettivo è neces-sario, in primo luogo, ritrovarela capacità di elaborare unaprogrammazione dello svi-luppo della rete aeroportualeche risponda a finalità, inte-ressi ed equilibri di caratteregenerale. Vi è, inoltre la diffi-coltà che deriva dalla fram-mentazione delle competenze alivello istituzionale. La com-petenza sugli aeroporti civiliattribuita alle regioni dal titolo

V della Costituzione rende piùcomplessa l’elaborazione diuna programmazione a livellonazionale, mentre rischia di in-debolire la resistenza alle pres-sioni “campanilistiche” cheprovengono dai singoli terri-tori all’interno di ciascuna re-gione per avere il proprio ae-roporto. Quanto agli aeroportiminori, la chiave per il rilancioè quella della specializzazionead alto valore aggiunto: tra-sporto merci (approccio giàadottato da qualche caso vir-tuoso nel Nord del Paese), traf-fico business (ad alto valore ag-giunto), ultraleggero edelicotteristica (volano del turi-smo locale)».

C’è necessità di nuovi scaliaeroportuali o occorre po-tenziare quelli già esistenti?«Il numero degli scali è assolu-tamente adeguato, tenendo an-che conto della particolareconformazione dell’Italia. Lavera sfida è di rendere efficientie attrattivi quelli che già esi-stono. Dall’indagine conosci-tiva che abbiamo concluso incommissione Trasporti èemerso con evidenza che oc-corre evitare di investire ingentirisorse pubbliche in struttureche non solo non sono ingrado di garantire la propriasostenibilità sotto il profiloeconomico, ma rischiano an-che di compromettere le pro-spettive di crescita degli altriaeroporti già operanti nellamedesima area geografica, conl'effetto finale di ridurre la ca-pacità di assorbimento del traf-fico aereo del Paese. L’Italianon ha bisogno di un maggiornumero di aeroporti, ma di � �

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188 • DOSSIER • SICILIA 2010

scali più grandi, più efficienti emeglio connessi, attraverso col-legamenti intermodali con larete ferroviaria e stradale, al ter-ritorio e al bacino di traffico diriferimento».

È possibile coniugare la so-stenibilità ambientale con larealizzazione delle grandi in-frastrutture?«Certo, ma non possiamo di-menticare che sostenibilità am-bientale ed economica sono ro-vesci della stessa medaglia.Dove non ci sono investimentie sviluppo sostenibili, difficil-mente ci sono risorse per tute-lare l’ambiente nel tempo. Letecnologie delle costruzioni(settore in cui l’industria ro-mana è stata storicamente al-l’avanguardia nel mondo) for-niscono oggi soluzioniimpensabili solo pochi anni orsono. Certo è che il piano ae-roportuale nazionale su cui stalavorando il Ministero non po-trà non tenerne conto nell’in-dividuazione dei siti e la rilo-calizzazione di quelli a maggiorimpatto. Nonché nell’indivi-duazione di forme compensa-tive per i territori che ospitano

gli aeroporti in crescita, chefungono comunque da accele-ratore sull’indotto delle econo-mie locali».

Esiste un esempio di mobi-lità efficiente nel sistema ae-roportuale italiano?«Ci sono casi positivi chevanno analizzati ed interpretaticome best practice, anche sesoltanto 6 sono gli aeroportiche hanno un collegamentoferroviario diretto. È il caso del-l’alta velocità ferroviaria che,da pochi mesi, arriva diretta-mente in aeroporto a MilanoMalpensa. E la stessa Malpensasi sta riprendendo dopo lascelta di Fiumicino come hubda parte di Alitalia: i recentidati di traffico del 2010, seb-bene parziali, dimostranoun’inversione di tendenza ri-spetto agli ultimi due anni. È ilcaso di Palermo, al cui internoè stata realizzata una fermataferroviaria interamente confondi europei, che rende ve-loce il collegamento tra l’aero-porto, invero piuttosto lontanodalla città, e il centro del capo-luogo siciliano. Infine c’è Pisa,l’aeroporto regionale europeo

con il terminal ferroviario piùvicino all’aerostazione, circa 40metri».

Quali sono le criticità daeliminare e i punti di forza sucui puntare per garantire ilruolo dell’Aeroporto di Fiu-micino come grande hub perl’Italia?«Intermodalità ferro/gomma/porti e sviluppo sostenibilesono sfide che attendono Fiu-micino e che sono affrontatenel Piano industriale. Occorresottolineare che gli aeroporti,“le cattedrali del Terzo Millen-nio”, sono la porta di accessoper l’internazionalizzazionedelle nostre piccole medie im-prese, ma soprattutto la ve-trina del Sistema Italia. Parti-colare attenzione dovrebbeessere riservata agli aspetti ar-chitettonici degli aeroporti inmodo che consentano di tra-sformarli in tante “piccoleExpo” in cui chi arriva e partepossa vedere, apprezzare (equando possibile acquistare) leeccellenze che hanno reso fa-moso nel mondo lo stile di vitaitaliano: arte, moda, design edenogastronomia».

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Gli aeroporti, “le cattedralidel Terzo Millennio”, sonola vetrina del sistema Italia

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RETE AEROPORTUALE

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194 • DOSSIER • SICILIA 2010

Ripartiamo dal nucleare

«Per il rilanciodel nucleare,la tecnologiache adotte-

remo sarà di terza genera-zione, che ha risolto tutti iproblemi di sicurezza ri-spetto a Chernobyl che fu, èbene ricordarlo, un esperi-mento militare» mette in evi-denza Stefano Saglia, sotto-segretario allo Sviluppoeconomico con delega al-l’Energia. Sicurezza, rag-giungimento degli obiettivicomunitari, rilancio econo-mico e occupazionale: questigli obiettivi perseguibili gra-zie all’energia nucleare, tienea precisare il sottosegretario.Inoltre, comunicare e infor-mare sarà la ricetta del go-verno «per superare i pregiu-dizi e le paure sul nucleare».Dialogo prima di tutto,quindi, anche per quanto ri-guarderà la scelta dei siti.«Non costruiremo mai nes-suna centrale senza concerta-zione e dialogo con le partiinteressate e in particolarecon le Regioni», concludeSaglia.

Ad ottobre sono stati riav-viati due reattori dell’Enea.Che significato riveste questainiziativa?«Il riavvio dei due reattoriEnea è un primo passo delleprove in sicurezza per il ri-torno al nucleare in Italia,che si avvarrà di una tecno-logia collaudata da decenni

in cui il nostro Paese haavuto il primato fino alla finedegli anni 80. Inoltre, questotipo di energia sta vivendooggi una rinascita a livelloglobale con un trend di cre-scita positivo: stiamo tor-nando ai livelli della primacorsa al nucleare».

Quali i vantaggi connessiall’introduzione del nu-

L’energia nucleare non è una minaccia, ma una fonte importante

di sviluppo che «ridurrebbe la dipendenza dell’Italia dagli

idrocarburi che importiamo da Paesi politicamente instabili».

Il punto del sottosegretario Stefano Saglia

Nike Giurlani

Sotto, Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia

FOCUS ENERGIA

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 195

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxStefano Saglia

Il ritorno al nucleare è fondamentale per il nostro Paese? L’inge-gnere Giovanni Lelli (nella foto), commissario dell’agenzia Enea,

non ha dubbi, la risposta è sì. «Prima di tutto perchè essendo il nu-cleare più competitivo nella produzione d’energia elettrica, rispettoai combustibili fossili, ed essendo anche meno costoso, permette diavere energia elettrica a costi inferiori, consentendo al nostro si-stema Paese, impresa e cittadini, di pagare meno l’energia elettricae quindi di competere di più sui mercati». Inoltre, va tenuto pre-sente, che l’Italia ha sottoscritto degli impegni internazionali «perl’abbattimento della CO2 e sicuramente il nucleare risponde piena-mente al problema posto perchè nel produrre energia elettrica nonemette anidride carbonica». Infine rappresenterebbe l’occasione dirilanciare l’industria termoelettromeccanica del Paese, in quanto«dall’evento di Chernobyl questo settore ha puntato più che altrosull’esportazione, mentre grazie al ritorno del nucleare in Italia sitornerebbe a potenziare anche il nostro mercato interno» mette inluce il commissario. In questa ottica, l’Enea potrà «aiutare l’industriaa qualificarsi per realizzare componenti e sistemi da poter utilizzarenelle centrali», ma anche a livello di formazione il suo contributosarà importante. «Metteremo a disposizione dell’università i nostriimpianti sperimentali per rendere i futuri ingegneri all’altezza delruolo che andranno a svolgere». Infine, spiega l’ingegnere Lelli «affiancheremo l’Agenzia di sicurezzadel nucleare nella valutazione dei progetti, attraverso adeguati stru-menti di analisi, come i codici di calcolo». Una volta accertata l’affi-dabilità degli impianti occorrerà affrontare il problema dello smalti-mento delle scorie prodotte dalle centrali che avverrà seguendo imetodi già sperimentati in tutto il mondo. Le scorie si dividono in trecategorie e le ultime sono quelle che decadono in tempi lunghissimi.«In realtà, opportunamente trattate, quest’ultime occupano dei vo-lumi piccolissimi ed è per questo motivo che possono essere con-servate nelle centrali che li hanno generati». Altra soluzione illustrata da Lelli è quella dei depositi superficiali,«presenti in tutto il mondo, nell’attesa che ci si doti di un sito defini-tivo dove collocare queste scorie a lunghissimo tempo di decadi-mento». Un esempio? «La Svezia ha recentemente scelto il sito peril deposito geologico, che per caratteristiche geomorfologiche ri-sulta affidabilissimo; tuttavia, ricerca e sviluppo si muovono nella di-rezione di migliorare lo smaltimento delle scorie e nel futuro si arri-verà a bruciare i rifiuti radioattivi all’interno dei reattori stessi perchèin questo modo si ridurrà notevolmente la loro radioattività» con-clude il commissario.

Reattori, cominciamoa scaldare i motori «La centrale nucleare va pensata comeun’infrastruttura che contribuisce alla crescitae alla competitività del sistema Paese» spiegaGiovanni Lelli, commissario dell’Agenzia Enea

cleare per il nostro Paese?«Il nucleare si avvale di unatecnologia a zero emissionid’anidride carbonica e con-tribuirebbe, in combinazionecon le rinnovabili, al conse-guimento degli obiettivi co-munitari vincolanti. Inoltre,favorirebbe la messa in sicu-rezza dell’approvvigiona-mento energetico in quantoridurrebbe la dipendenzadell’Italia dagli idrocarburiche importiamo da Paesi po-liticamente instabili. Infine,rappresenta un’opportunitàindustriale e occupazionalepoiché favorirebbe investi-menti, posti di lavoro e cre-scita economica».

Sono già stati scelti i puntid’insediamento degli im-pianti?«Gli operatori interessati divolta in volta identificano ilsito in cui costruire un’even-tuale centrale. La propostaviene analizzata dall’Agenziaper la sicurezza nucleare chevaluta la scelta del sito se-condo criteri ben definiti. � �

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Nel caso in cui il sito risul-tasse idoneo per l’Agenzia,inizierebbe un dialogo con glienti locali e con la popola-zione. Non costruiremo mainessuna centrale senza con-certazione e dialogo con leparti interessate e in partico-lare con le Regioni».

La tecnologia adottatasarà quella di terza genera-zione. Quali gli standard disicurezza introdotti rispettoal passato?«Per il rilancio del nucleare,la tecnologia che adotteremosarà di terza generazione, cheha risolto tutti i problemi disicurezza rispetto a Cherno-byl che fu, è bene ricordarlo,un esperimento militare.

Questo, tra l’altro, fu l’unicoincidente con vittime acca-duto nel mondo in oltre 50anni e fu causato da graviinadempienze. Attualmente,nel mondo, ci sono 436 im-pianti in esercizio in 30 Paesie 56 reattori in costruzione in14 Paesi. Molti in territori li-mitrofi al nostro. Infine an-che i nuovi depositi hannoelevati standard di sicurezza:basti pensare che il conteni-tore riesce a resistere all’im-patto con un boeing 747».

Quali iniziative il governointende portare avanti af-finchè il nucleare non vengapiù visto come una minac-cia, ma come un’occasionedi crescita economica per ilPaese?«Comunicare e informare èla ricetta del governo per su-perare i pregiudizi e le pauresul nucleare. Crediamo nellatrasparenza e nel coinvolgi-mento della popolazione. Ab-

biamo previsto, infatti, unacampagna d’informazione,che verrà concordata da unapluralità di ministeri e sog-getti e che dovrà essere ap-provata nei tre mesi successiviall’emanazione definitivadello schema di decreto sulnucleare».

Lei ha dichiarato che gra-zie al nucleare saremo ingrado di rispettare gli im-pegni presi con il proto-collo di Kyoto e di miglio-rare e rendere più efficienteil mix energetico del Paese.In che modo?«L’energia nucleare non pro-duce emissioni d’anidridecarbonica e quindi contri-buisce a rispettare gli impegnipresi a Kyoto. Inoltre in com-binazione con le energie rin-novabili, contribuirebbe alraggiungimento di un mixequilibrato d’energia pulitache riduce la dipendenza da-gli idrocarburi».

In alto, il reattore Tapiro

e il reattore Triga del

Centro ricerche

Casaccia Enea

Il riavvio dei due reattori Enea è un primopasso delle prove in sicurezza per ilritorno al nucleare in Italia, che si avvarràdi una tecnologia collaudata da decenniin cui il nostro Paese ha avuto il primatofino alla fine degli anni 80

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FOCUS ENERGIA

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RIFIUTI

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Con appena il 6,7%registrato lo scorsomese di luglio, se-condo l’Istat, la

Sicilia detiene il primato ne-gativo di raccolta differenziatain Italia. E nonostante l’emer-genza rifiuti napoletana trovimolta più eco sui media, la si-tuazione nell’isola è tutt’altroche risolta, come dimostranolo stato di emergenza dichia-rato in estate ma anche la chiu-sura dell’agenzia regionale Arrae la nomina del quarto asses-sore competente in appena dueanni: da settembre, infatti, lacarica è ricoperta da GiosuèMarino, ex prefetto e Com-missario nazionale antiracket,

pero dei rifiuti significa, in Si-cilia, creare opportunità di svi-luppo in termini economici eoccupazionali. Il piano regio-nale, pienamente condivisodalla Protezione civile nazio-nale nella strategia di fondo,guarda rigorosamente alla dif-ferenziata, a un’impiantisticache ricicli e valorizzi il rifiutofino al conferimento della“quantità residua” in altifornicomplessi (cementerie e cen-trali elettriche), senza esclu-dere termovalorizzatori, tec-nologicamente evoluti, sicurisotto il profilo della tutela am-bientale e sanitaria, con po-tenzialità strettamente com-misurata alla quantità delrifiuto residuo che un deter-minato territorio ha necessitàdi smaltire».

Ma quando è prevista l’ap-provazione definitiva delPiano?«Con il prefetto Franco Ga-brielli, responsabile della Pro-tezione civile nazionale, è statacondivisa una linea di con-fronto operativo sulle scelte in-frastrutturali che dovranno ca-

In Sicilia si sta cercando di incentivare forme di raccolta che permettano il riciclo dei rifiuti, come spiega l’assessore Giosuè Marino.Che non esclude il ricorso a nuovi termovalorizzatoriRiccardo Casini

Sicilia alle prese col problema rifiuti

A sinistra, GiosuèMarino, assessoreregionale all’Energia eai servizi di pubblicautilità

che illustra la situazione at-tuale.«Ci sono aree del territorio,come Ragusa e Palermo, chesoffrono di problemi struttu-rali. L’amministrazione è in-tervenuta rapidamente con glistrumenti più efficaci di cuidispone, come nel caso delladiscarica di Bellolampo, risol-vendo le difficoltà. Ci sonoaree, invece, come l’ennese o ilmessinese, dove le difficoltàsono legate alla mancanza diliquidità delle società d’ambitoche gestiscono in Sicilia losmaltimento dei rifiuti. Ed è lasituazione più ricorrente. Inquesti casi, siamo intervenutiutilizzando tutti gli strumentifinanziari che la normativa re-gionale ci consente, in un con-fronto costante con gli ammi-nistratori degli enti localicoinvolti e le relative societàche smaltiscono il rifiuto».

Quali sono le linee guidadel nuovo piano rifiuti equali le modifiche che ver-ranno apportate in seguito airilievi della Protezione civile?«Avviare una filiera di recu-

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Giosuè Marino

SICILIA 2010 • DOSSIER • 207

ratterizzare il Piano di detta-glio, cui si sta lavorando, perarrivare in breve tempo a unastesura condivisa da presentareal Ministero dell’Ambiente perl’approvazione».

Quali obiettivi vi siete po-sti in termini di raccolta dif-ferenziata? In che modo èpossibile promuoverla e in-centivarla?«La Sicilia guarda a una rac-colta differenziata spinta. Lalegge regionale 9 del 2010pone il traguardo pari a circa il40 per cento in tre anni, per ar-rivare a percentuali più elevate,che si combinano con unaforte azione di recupero dellamateria. Trasformare il rifiutoda problema in occasione disviluppo è un’operazione stret-tamente collegata a un’infra-

strutturazione adeguata. UnPiano che punta, oltre che alladifferenziata, su impianti peril trattamento meccanico e bio-logico a bocca di discarica, suimpianti di compostaggio esulla produzione di combusti-bile, chiudendo il ciclo con ilricorso per la quantità residuadi rifiuti ad altiforni complessie termovalorizzatori, segna unasvolta strutturale sostanziale,che crea le condizioni per ac-compagnare i cittadini versoun approccio con il rifiuto as-solutamente diverso».

Giudicate veramente ne-cessaria la realizzazione di in-ceneritori? «Il governo regionale ha unaposizione molto chiara. Infatti,come ho già evidenziato, ilpiano investe sulla raccolta dif-ferenziata e su impianti a mi-sura delle necessità isolane, re-sponsabilizzando leamministrazioni comunali,senza escludere, alla fine dellafiliera gestionale, il ricorso a

impianti di termovalorizza-zione con capacità di tratta-mento rigorosamente com-misurata alla quantità dirifiuto residuo in aree stra-tegicamente individuate».

Come risponde a chi sostieneche la loro realizzazione fa-vorirebbe certe lobbies o,peggio, la criminalità orga-nizzata?«Non vi è dubbio che la crimi-nalità organizzata sia forte-mente interessata a intercettarequalsiasi significativo flusso fi-nanziario e a sfruttare utili oc-casioni di riciclaggio: dove cisono ingenti risorse legate agliappalti c’è sempre il pericoloconcreto di infiltrazioni ma-fiose e altri illeciti. Ma esistonoanche misure di controllo effi-caci per tracciare passaggi didenaro e controllare la traspa-renza delle imprese aggiudica-tarie di appalti e subappalti.Bisogna tenere alta la guardia,utilizzando a dovere le misuredi salvaguardia in tema di ap-palti di opere pubbliche previ-ste nella vigente normativa enei protocolli di legalità che laintegrano. È necessario coniu-gare le opportunità di investi-mento con ineludibili esigenzedi trasparenza e legalità».

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La Sicilia guarda a unaraccolta differenziataspinta. Puntiamo al 40per cento in tre anni

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DIRITTO FALLIMENTARE

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Un tempo l’istanza di fallimentoera solo un sistema per mettere inmora il debitore e pressarlo peravere il pagamento del credito.

Oggi sussiste una media molto alta di di-chiarazioni di fallimento, perché a differenzadel passato ora le istanze sono dichiarate,documentate e sono ben evidenziati i pre-supposti per la dichiarazione di fallimento.Per quanto riguarda la provincia di Catania«fino a ottobre 2010 – fa sapere GiovanniBattista Macrì, presidente della sezione falli-mentare del Tribunale di Catania – le istanzedi fallimento sono state 454, e nello stessoperiodo i fallimenti dichiarati 134». Dalpunto di vista normativo, gli strumenti persvolgere al meglio le operazioni fallimentaripresentano, secondo Macrì, alcune lacuneche andrebbero sanate: «a seguito dell’ultimariforma avvenuta in due tempi (prima la ri-forma e poi il decreto correttivo) è entrata invigore una privatizzazione della procedura.Adesso è tutto prevalentemente affidato alcuratore fallimentare, il quale decide i modie i tempi per la liquidazione, sceglie i pro-fessionisti ai quali affidare il recupero deicrediti, i commercialisti dai quali farsi assi-stere per le incombenze tributarie e per gli

adempimenti di natura commerciale e con-tabile. Quindi, la procedura è quasi total-mente privatizzata. Molto potere è affidato aicreditori che possono approvare le propostedel curatore per la liquidazione dell’attivo». Il compito del tribunale che prima era diguida e di impulso è ora diventato soltanto dicontrollo. «Normalmente il controllo avvieneex post e come unica sanzione che noi pos-siamo erogare vi è quella della sostituzionedel curatore che, però, comporta l’allunga-mento dei tempi. La scommessa del legisla-tore di affidarsi all’iniziativa del curatore noncredo abbia dato frutti particolarmente po-sitivi». Oggi la pratica sta evidenziando stru-menti per l’aiuto allo svolgimento della pro-cedura. Tra questi c’è, ad esempio, il trust cheperò trova parecchie difficoltà a essere appli-cato alle procedure fallimentari. «Il trust –

Le procedure fallimentari sono cambiate nel tempo, ma il sistema

normativo presenta ancora lacune che spesso frenano l’iter,

bloccandone talvolta lo sviluppo nei tempi ordinari. Giovanni

Battista Macrì, presidente della sezione fallimentare del Tribunale

di Catania, illustra le possibili soluzioni

Nicolò Mulas Marcello

Nuovi strumentiper le procedure

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Xxxxxxx XxxxxxxxxxxGiovanni Battista Macrì

SICILIA 2010 • DOSSIER • 211

continua Macrì – sarebbe lo strumento mi-gliore per risolvere alcuni problemi nelle pro-cedure. Questa soluzione potrebbe essereutile quando vi sono situazioni di lunga du-rata, nel caso di cause che rischiano di duraremolto o anche nel caso di recupero crediti neiconfronti di un soggetto deceduto conun’eredità giacente. In questi casi se si potesseconferire questi cespiti in un trust e quindichiudere il fallimento dando istruzioni altrustee per distribuire il ricavato da questesub procedure noi risolveremo tantissimiproblemi. Purtroppo questo la per ora non èconsentito dalla normativa». Il problema della durata di tutto l’iter falli-mentare è, infatti, una delle questioni più di-battute: «La media della maggior parte deiprocedimenti è di 5 anni. Ci sono parecchiprocedimenti bloccati che fanno aumentare

di molto la media e difficilmente si potrannosbloccare in tempi brevi. Ad esempio, cistiamo occupando del fallimento della ferro-via circumetnea in cui Stato ed enti pubblicisono allo stesso tempo sia creditori che de-bitori. È una ferrovia che è stata espropriatadalle Ferrovie dello Stato e le figure di credi-tore e debitore convergono nella stessa per-sona con una serie di cause nei confrontidella pubblica amministrazione che bloccanola procedura. Poi esistono altre procedure incui, ad esempio, è morto il precedente cura-tore e questo comporta altre situazioni com-plicate». Per snellire la macchina burocraticache governa le procedure di fallimento oc-corre quindi un ripensamento dell’iter pro-cedimentale con l’introduzione di nuovi stru-menti: «Ritengo che sia un errore nonintrodurre alcuni strumenti – conclude ilpresidente Macrì – e ciò che si può fare e chenoi stiamo facendo è ad esempio la speri-mentazione che è iniziata anche qui a Cata-nia che riguarda il processo civile telematicoapplicato alla procedura fallimentare. Neigiorni scorsi è andato a regime il processo ci-vile telematico applicato alle procedure ese-cutive individuali e adesso è partita la speri-mentazione da noi. A conclusione di questafase sperimentale i fallimenti saranno auto-maticamente gestiti per via telematica. Dal-l’istanza alla dichiarazione di fallimento, saràpossibile teoricamente una gestione com-pleta della procedura per via telematica.Questo permetterà di avere collegamenti ra-pidi. Per i fallimenti questo può essere un ot-timo strumento per semplificare i rapportitra creditori sparsi in tutta Italia e la proce-dura fallimentare».

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ampia ed esaustiva» rileva l’avvocato. Tra i pro-cessi più noti per quanto concerne la responsa-bilità delle persone giuridiche, Grosso menzionadue casi ai quali ha partecipato personalmente inqualità di difensore di una delle parti: Parmalate il processo contro alcune banche per truffa alComune di Milano.

Il nostro diritto positivo basato sul principio“societas delinquere non potest” esclude che sipossa configurare una responsabilità penale incapo alle persone giuridiche. A cosa è dovutolo sgretolamento di questo principio?«Il principio “societas delinquere non potest” hacostituito per decenni un pilastro della scienzagiuridica penalistica. A partire dagli anni 80 e 90del Novecento, ha cominciato tuttavia a esseremesso in discussione dalla dottrina penalistica, acominciare da un celebre scritto del professoreFranco Bricola. Progressivamente è emerso, comedominante, l’orientamento opposto, e cioè ilpresupposto che fosse opportuno colpire diret-tamente, anche sul terreno penale, e ovviamentecon sanzioni penali confacenti di natura pecu-

DIRITTO FALLIMENTARE

La crisi del principio “societas delinquere non potest”.

L’avvocato Carlo Federico Grosso illustra come

progressivamente si è evoluta la dottrina penalistica

in questo ambito

Nike Giurlani

Responsabilità delle persone giuridi-che: com’è cambiata la dottrina pe-nalistica. «All’inizio, nel 2001, i reatiprevisti agli effetti della responsabi-

lità delle persone giuridiche erano pochi, macon successive integrazioni legislative il loro nu-mero è stato molto ampliato», spiega l’avvocatoCarlo Federico Grosso. Si va dalla truffa a dannodello Stato ai delitti informatici, dal trattamentoillecito dei dati ai delitti di criminalità organiz-zata, da quelli di concussione e corruzione finoa taluni delitti contro l’industria e il commercio,ai reati societari e numerosi altri. «L’arco dellapossibile responsabilità delle società è pertanto

La responsabilità della persona giuridica

L’avvocato Carlo

Federico Grosso in alto,

un momento

del processo Parmalat

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 213

Quali sono i reati per i quali le persone giu-ridiche sono chiamate a rispondere? Quali al-tri reati andrebbero inseriti?«All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effettidella responsabilità delle persone giuridiche eranopochi, ma con successive integrazioni legislativeil loro numero è stato molto ampliato. Oggi le so-cietà possono rispondere di truffa in danno delloStato e reati simili, di delitti informatici e di trat-tamento illecito di dati, di delitti di criminalitàorganizzata, di concussione e corruzione, di fal-sità in monete, di taluni delitti contro l’industriae il commercio, di reati societari, di delitti con fi-nalità di terrorismo o d’eversione, di numerosidelitti contro la personalità individuale, dei co-siddetti abusi di mercato, d’omicidio e di lesionigravi o gravissime commesse con violazione dellenorme sulla sicurezza del lavoro e della tutela dellasalute. L’arco della possibile responsabilità dellesocietà è pertanto ampia ed esaustiva».

Quali sono gli espedienti che possono tro-vare le aziende al fine di essere esentati dalle re-sponsabilità?«Le società sono comunque esenti da responsa-bilità se, come ho già accennato, hanno adottatoe attuato un modello d’organizzazione, di ge-stione e di controllo idoneo a prevenire reatidella specie di quello verificatosi».

Quali sono i casi più noti per quanto con-cerne la responsabilità penale delle personegiuridiche?«Con riferimento a processi ai quali ho parteci-pato personalmente in qualità di difensore diuna delle parti, posso ricordare i processi Parma-lat per aggiotaggio celebrati, o in corso di cele-brazione, davanti alle sezioni I e II del Tribunaledi Milano e il processo contro alcune banche pertruffa al Comune di Milano, che è in corso di ce-lebrazione anch’esso davanti alla sezione IV dellostesso tribunale».

niaria o interdittiva, le condotte illecite societariericonducibili a carenza di un’adeguata organiz-zazione di prevenzione dal crimine».

Com’è disciplinata la responsabilità dellepersone giuridiche nell’ordinamento italiano?Quali sono i presupposti per l’attribuzionedella responsabilità?«Nell’ordinamento italiano la responsabilità dellepersone giuridiche è stata configurata come “re-sponsabilità amministrativa da reato”, e noncome “responsabilità penale”. In ogni caso, com-petente a giudicare è il giudice penale in un pro-cesso che ha le caratteristiche del processo penale(codice di procedura penale, con le modificazionispecificamente previste dal decreto legislativo231/2001). Presupposto per l’attribuzione di re-sponsabilità amministrativa da reato alle societàè che sia stato commesso uno dei reati specifica-mente previsti dalla legge agli effetti di tale tipodi responsabilità, e che non sia stato adottato, edefficacemente attuato, un modello d’organizza-zione adeguato a prevenire i reati».

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxCarlo Federico Grosso

�Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle personegiuridiche è stata configuratacome responsabilitàamministrativa da reato

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220 • DOSSIER • SICILIA 2010

POLITICHE SANITARIE

L’organizzazione della sanitàIl ministro Fazio illustra le iniziative volte a riorganizzare l’assistenza sanitaria

territoriale puntando su modelli organizzativi diversificati con un’elevata flessibilità

Raimondo Pancaldi

l’orario nei giorni festivi, sia in termini qualitativi con modalitàdi facilitazione dell’accesso e diffusione dell’assistenza domiciliareintegrata per rispondere ai nuovi bisogni di salute dei cittadiniper 24 ore su 24 e 7 giorni alla settimana». A tale proposito il mi-nistero «ha emanato indirizzi in tema di assistenza in h24 che pre-vedono lo sviluppo di modalità organizzative volte alla riduzionedegli accessi impropri al Pronto Soccorso», continua il ministro.

Quale dovrebbe essere la sinergia da attuare tra ospedali estrutture territoriali? «La continuità delle cure nel nostro Paese è uno dei principaliobiettivi del Sistema sanitaro nazionale intesa sia come continuitàtra i diversi professionisti integrati, in un quadro unitario (lavoroin team, elaborazione e implementazione di percorsi diagnosticoterapeutici condivisi) che come continuità tra i diversi livelli diassistenza soprattutto nel delicato confine tra ospedale e territo-rio. Ciò diviene possibile migliorando in particolare le modalitàdi comunicazione tra l’ospedale e i medici di medicina generalein relazione al ricovero dei pazienti, alla dimissione protetta, al-l’attuazione di percorsi assistenziali condivisi, grazie anche alla di-sponibilità di strumenti informatici e telematici per lo scambiodi informazioni cliniche e per l’attuazione di procedure di tele-consulto e telemedicina».

In questo contesto che ruolo possono svolgere le associa-zioni di volontariato per una soddisfacente assistenza terri-toriale o domiciliare ai pazienti? «Il loro ruolo è di straordinaria importanza, in particolare perl’umanizzazione del servizio e per le istanze etiche che lo carat-terizzano. Il volontariato contribuisce a dar voce ai bisogni deisoggetti svantaggiati e svolge un ruolo fondamentale nella valu-tazione partecipata della qualità dell’assistenza che diviene fon-damentale nell’attuale contesto epidemiologico caratterizzato dauno spiccato invecchiamento della popolazione e correlate ca-ratteristiche di fragilità, cronicità e non autosufficienza».

Quali le iniziative per quanto concerne il processo di ri-conversione e riorganizzazione della rete ospedaliera re-

gionale? «Gli indirizzi di programmazione sanitaria at-tualmente in atto, che hanno in sé l’obiettivo del

Il ministro

della Sanità,

Ferruccio Fazio

L’organizzazione della sanità sui sin-goli territori vede sempre più spessopresidi di Pronto Soccorso e ospe-dalieri troppo affollati. Per questo

motivo risulta necessario «adottare azioni di rior-ganizzazione del servizio di Pronto Soccorso e,contemporaneamente, dell’assistenza sanitariaterritoriale attraverso modelli organizzativi di-versificati ed elevata flessibilità, con ulterioresviluppo delle integrazioni multi-professionaliadattabili ai diversi contesti territoriali, che con-sentano la rimodulazione dell’offerta assisten-ziale» fa presente il ministro della Salute, Fer-ruccio Fazio. Tale discorso è valido «sia in terminiquantitativi, con ampliamento degli orari diapertura degli ambulatori e prolungamento del-

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SICLIA 2010 • DOSSIER • 221

Ferruccio Fazio

contenimento della spesa sanitaria, comportanol’esigenza di una riprogettazione organizzativa as-sistenziale, finalizzata allo sviluppo progressivo dirisposte che privilegino specifici livelli assisten-ziali sia presso l’ospedale (l’osservazione breve, ilday service, i percorsi ambulatoriali complessi neiday service, le prestazioni ambulatoriali), sia insede territoriale (strutture residenziali e semire-sidenziali, case della salute, ospedali di comu-nità); inoltre, presso il domicilio del paziente conl’attivazione delle cure domiciliari di complessitàappropriata al bisogno espresso».

Quanto si potrebbe risparmiare a livello dispesa sanitaria?«Riguardo questo aspetto, bisogna prendere inconsiderazione due componenti. La prima si ri-ferisce a costi evitabili o a economie conseguibilicombattendo un cattivo utilizzo dei fattori pro-duttivi attraverso i quali si garantisce l’assistenzaospedaliera (gestione del personale ed acquisto dibeni e servizi): questa componente va semplice-mente, rapidamente e completamente abbat-tuta ed economizzata. La seconda si riferisce al-l’inappropriato ricorso all’ambiente ospedalieroper trattare casistica che potrebbe meglio essereseguita nelle strutture territoriali: questa com-ponente va non economizzata, ma riconvertita.Se le due azioni si conducono sinergicamente po-

trebbe essere recuperato tutto l’eccesso di spesanazionale rispetto al finanziamento, cioè circa 4-5 miliardi di euro, prevalentemente riferiti alleRegioni impegnate nei Piani di rientro».

Un altro tema da affrontare è il ruolo delmedico di medicina generale che rappresentail primo filtro tra il paziente e il sistema sani-tario, la cui figura oggi sembra anacronisticaal sistema. Come rivalutare il ruolo del me-dico di famiglia nell’ambito di un progettomoderno, al passo con i nuovi tempi e con lenuove esigenze sanitarie?«Nella realizzazione di modelli assistenziali basatisu percorsi di cura, sulla continuità ospedale-ter-ritorio, sull’integrazione socio-sanitaria, nonchésulla presa in carico e sulla gestione integrata deibisogni del paziente, il medico di medicina ge-nerale diviene il vero protagonista e ciò comportanecessariamente il bisogno di porre l’attenzionesul suo processo formativo che deve vedere im-pegnati tutti gli attori coinvolti a vario titolo nelpercorso formativo stesso (Atenei, Regioni, Mi-nisteri). In questo quadro occorrerà anche rive-dere i contenuti dell’Accordo nazionale per lamedicina generale e la pediatria di libera sceltaper dare maggiore spessore alle forme di lavorocoordinato dei medici di famiglia tra di loro econ la realtà distrettuale».

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222 • DOSSIER • SICILIA 2010

Il Centro cardiologico pediatrico del Mediterraneo giocherà un ruolo chiave

in una regione, come la Sicilia, «ad alto tasso di natalità e con una cronica

mancanza di centri di riferimento per la cardiologia interventistica e per la

cardiochirurgia pediatrica». Il punto del professor Salvatore Mannino

Michela Evangelisti

Una rete pediatrica che abbraccia il meridione

diatrico del Mediterraneo avrà sede all’in-terno di un centro di eccellenza materno in-fantile (Cemi), totalmente dedicato alla dia-gnosi e cura delle patologie ad altacomplessità pediatrica, diversificato nei varisettori specialistici e delle sub-specialità a essiafferenti. I lavori per la costruzione dellanuova sede presso il cosiddetto Fondo Mala-tacca, confinante con l’area in cui è ubicato ilpresidio ospedaliero Villa Cervello, sono giàiniziati; gli ostacoli burocratici iniziali sonostati superati e, come da contratto, i lavori do-vrebbero essere completati in 30 mesi».

Che cosa rappresenterà il centro per la sa-nità siciliana e per la popolazione pedia-trica delle altre regioni del meridione?Quali sono le esigenze pressanti alle qualidarà una risposta?«Si tratterà dell’unico centro di riferimentosul territorio in grado di dare una rispostad’eccellenza a un bacino di utenza che nonsi limiterà alla sola Sicilia, ma farà da riferi-mento all’intero meridione d’Italia. D’altraparte, la Sicilia e il meridione sono territoriad alto tasso di natalità e con una cronicamancanza di centri di riferimento per la car-diologia interventistica e per la cardiochi-rurgia pediatrica. Il problema è di propor-zioni assai significative: in base alla natalità,si calcola che in Italia si verifichino circa

CORSIE D’ECCELLENZA

Il Centro cardiologico pediatrico delMediterraneo, istituito dalla RegioneSicilia e dall’Ospedale “Bambino Gesù”di Roma, già operativo presso il presi-

dio ospedaliero “San Vincenzo” di Taormina,avrà la sua sede definitiva presso l’Aziendaospedaliera Villa Sofia Cervello. «La recentelegge di riordino del sistema sanitario regio-nale, insieme alla conseguente rimodulazionedella rete ospedaliera della Regione, ha di-sposto il trasferimento di un intero presidioospedaliero a vocazione pediatrica e con unasignificativa storia alle spalle proprio presso lanostra azienda ospedaliera – spiega il direttoresanitario, Salvatore Mannino –. Questo hafatto sì che la nostra struttura abbia acquisito

un patrimonio di conoscenze, professiona-lità e competenze in questo ambito chel’hanno subito identificata come uno deipunti di riferimento di una vasta area diterritorio per le problematiche pediatri-che. In questo senso, la scelta è apparsa

quasi naturale».Ci sono ostacoli

che stanno rallen-tando la realizza-zione della nuovastruttura?

«Il Centro car-diologico pe-

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SICLIA 2010 • DOSSIER • 223

Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx

4.500 nuovi casi di cardiopatie congeniteall’anno. Almeno il 35% di questi necessitadi diagnosi precoce e di trattamento chirur-gico entro il primo anno di vita. Vi è poi daconsiderare l’esigenza di una regolare sorve-glianza dei pazienti cronici in età adulta.Per quanto riguarda la Sicilia si può calcolareche dei 50.000 bambini che nascono ognianno circa 500 saranno affetti da una car-diopatia congenita».

La presenza del centro arginerà final-mente l’annoso problema della mobilitàsanitaria passiva in Sicilia?«Questo è uno degli obiettivi principali. Apieno regime, infatti, il centro assicureràl’integrale copertura del fabbisogno assi-stenziale della popolazione siciliana, azze-rando di fatto il ricorso a strutture pediatri-che extra regionali».

Quali saranno i requisiti strutturali e or-ganizzativi del centro? «La struttura opererà secondo un modello diorganizzazione di rete, concentrando al suointerno gli interventi ad alta complessità e

distribuendo i terminali di accesso in altricentri periferici ai quali competerà princi-palmente la selezione e l’invio dei pazientialla struttura centrale. Si tratterà, dunque,di un sistema integrato regionale suddivisoa vari livelli con competenze diversificate,che garantirà la disponibilità e l’integra-zione di diverse competenze specialistiche,da quella di pediatria generale a quella delladiagnosi prenatale, da quella pneumologia aquella endocrinologica, compresa un’atten-zione particolare nei confronti delle pro-blematiche psicologiche».

Quali i vantaggi in termini di forma-zione trarrà il personale del sistema sani-tario regionale da questa iniziativa?«È evidente che il rapporto privilegiato conun centro di grande esperienza in campo pe-diatrico come l’Ospedale “Bambino Gesù”di Roma comporterà uno scambio cultu-rale e un travaso di conoscenze e compe-tenze tra gli operatori, che contribuirà arendere il nuovo centro all’avanguardia nelmeridione d’Italia».

In apertura,

Salvatore Mannino,

direttore sanitario

dell’azienda ospedaliera

Villa Sofia-Cervello

Salvatore Mannino

��

Il centro assicurerà l’integrale copertura del fabbisognoassistenziale della popolazione siciliana, azzerando di fatto il ricorso a strutture pediatriche extra regionali

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CORSIE D’ECCELLENZA

che sorgerà entro due anni e mezzo nel-l’area di Fondo Malatacca. Il nuovo centro cardiologico, che potrà di-ventare modello per altre analoghe intese inItalia, avrà requisiti strutturali e organizza-tivi d’eccellenza e diventerà l’unico centrodi III livello in Sicilia. Sarà completamentegestito dall’Ospedale pediatrico “BambinoGesù”, che nominerà il direttore del dipar-timento e i responsabili delle strutture sem-plici e complesse afferenti al centro e pro-cederà all’individuazione di un direttoresanitario e di un responsabile amministra-tivo. Per l’attuazione del progetto, il centrosi avvarrà di personale medico e non me-dico del “Bambino Gesù” ma è previsto an-che il coinvolgimento, su base volontaria,di personale dipendente del sistema sanita-rio regionale. Un modello di gestione e unmodus operandi che, in attesa della realiz-zazione della nuova struttura a Palermo,sono già in fase di rodaggio a Taormina.

Da quali esigenze e premesse è natal’idea dell’intesa tra Regione Sicilia e

Il Centro cardiologico pediatrico del Mediterraneo

è, come spiega il presidente dell’ospedale “Bambino

Gesù” di Roma Giuseppe Profiti, «il segno di come

si possano realizzare esperienze d’eccellenza grazie

alla condivisione di visione tra i medici del territorio

e una realtà di livello internazionale»

Michela Evangelisti

Mai più viaggi della speranza

Un centro pediatrico che dia unarisposta ai piccoli pazienti delSud, fino a oggi costretti a lun-ghi viaggi della speranza per

guarire da complesse patologie cardiache. Èquesto il frutto dell’intesa decennale, si-glata a giugno scorso, tra Regione Sicilia eOspedale pediatrico “Bambino Gesù” diRoma. E il Centro cardiologico pediatricodel Mediterraneo, come dice il nome stessoal servizio della popolazione pediatrica si-ciliana ma anche di quella delle altre regionidel Sud e dei Paesi del bacino del Mediter-raneo, in parte è già realtà. I lavori sono de-collati da qualche settimana nella sede

provvisoria, ovvero il presi-dio ospedaliero San Vin-cenzo di Taormina, che facapo all’Asp di Messina. Lasede definitiva del Centrosarà l’azienda ospedalieraVilla Sofia - Cervello di Pa-lermo, dove si stanno com-pletando alcuni interventid’adeguamento strutturale,in attesa che venga ultimatoil centro materno infantile

Giuseppe Profiti,

presidente

dell’Ospedale

pediatrico “Bambino

Gesù” di Roma

224 • DOSSIER • SICILIA 2010

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SICLIA 2010 • DOSSIER • 225

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxGiuseppe Profiti

“Bambino Gesù” di Roma? «Il Centro cardiologico pediatrico del Me-diterraneo nasce per rispondere a un impe-rativo sociale prima ancora che sanitario:evitare che un bambino affetto da una pa-tologia cardiaca debba subire anche il disa-gio di un viaggio della speranza, con tutti iproblemi, i rischi e i costi sociali che portacon sé. Ed è il segno di come si possano rea-lizzare esperienze d’eccellenza grazie allacondivisione di visione e di prospettiva trai medici del territorio e una realtà di livellointernazionale come l’Ospedale pediatrico“Bambino Gesù”».

Quali saranno le caratteristiche del cen-tro e che valore aggiunto rappresenteràper la Sicilia e per tutto il sud dell’Italia?Quali mancanze andrà a colmare? «Il centro nasce come struttura di assistenzacardiologica e cardiochirurgica in tutto e pertutto realizzata e gestita secondo gli standarddel “Bambino Gesù”. Ma non sarà un mo-nolite: parallelamente all’avvio del centro si

sta costruendo la rete tecno-logica e clinica per metterein collegamento in temporeale i reparti cardiologici e lealtre strutture pediatrichenonché, elemento importan-tissimo, i pediatri della re-gione. L’intera costruzione

assicurerà livelli differenziati di cura sia peri piccoli pazienti della Sicilia che per quellidelle regioni limitrofe e del bacino mediter-raneo. Non é irraggiungibile l’obiettivo di ar-rivare presto a invertire gli attuali flussi mi-gratori dei piccoli cittadini in cerca dirisposte in termini di salute, trasformando laSicilia in un polo d’attrazione».

Quale sarà il ruolo dell’ospedale romanoall’interno del nuovo centro e che riscon-tri trarrà da questa gestione? In sostanza,quali saranno i vantaggi che deriveranno aentrambi i partner da questa collabora-zione?«In Sicilia abbiamo creato, grazie alla sensi-bilità e alla capacità di visione dei siciliani,a tutti i livelli istituzionali, sia regionali chenazionali, un modello assolutamente ine-dito capace di integrare le energie e le pro-fessionalità del territorio in un percorso disviluppo progressivo dell’autonomia assi-stenziale. Direi che arrivare alla fine delprogetto lasciando ai siciliani e alla Sicilia

Non è irraggiungibilel’obiettivo di invertire gli attuali flussi migratori,trasformando la Sicilia in un polo d’attrazione

��

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226 • DOSSIER • SICILIA 2010

un “Bambino Gesù” significa per entrambele parti, ospedale e istituzioni, aver rag-giunto lo scopo della propria esistenza edato significato al proprio agire».

Quanti soldi serviranno per portare atermine il progetto e da dove arriverannoi finanziamenti?«Il progetto, nella sua interezza, prevedel’impiego di risorse per 8 milioni di euro, madi questi solo 4 comportano una spesa ef-fettiva, mentre i restanti sono rappresentatidal personale medico e infermieristico giàappartenente al sistema sanitario sicilianoche vi lavorerà insieme al personale del“Bambino Gesù”. In termini meramenteeconomici si potrebbe parlare di un investi-mento a basso capitale e ad alto rendimento,volto a riconsegnare alla Sicilia e ai suoi pro-fessionisti - grazie a un affiancamento e auna progressiva riduzione delle attività sa-nitarie in carico ai medici e ai chirurghi del“Bambino Gesù” - capacità di risposta auto-noma alla richiesta di salute da parte deibambini siciliani, ma non solo. Questo si-gnifica eliminare il fenomeno della migra-zione sanitaria pediatrica verso Roma o ad-dirittura verso l’estero, abbattendo i costi acarico della Regione. Il bacino di utenza delCentro cardiologico pediatrico del Mediter-raneo è di circa 7 milioni di persone».

A che stadio di avanzamento sono i lavori?«A Taormina le attività assistenziali sono giàuna realtà sin dall’8 novembre, quando lapiccola Aurora è diventata la nostra primaospite. A lei abbiamo offerto il regalo più

I l nuovo Centro cardiologicopediatrico del Mediterraneo

consentirà alla Sicilia di lasciarsi allespalle la condizione di regione“sussidiaria”. Ne è certo GiacomoPongiglione. «Grazie allacondivisione delle competenzematurate dal “Bambino Gesù” lamaggiore isola italiana ha tutte lecarte in regola, per bacino di utenza,esperienza dei medici e tecnologie,per essere un polo di attrazione perla cura di una tipologia di pazientiestremamente delicati e per offrireprestazioni d’elevata complessità».

Quali sono i requisiti strutturalie organizzativi del centro?«Il nuovo centro, che ha giàcominciato a lavorare a partire dall’8di novembre all’internodell’ospedale di Taormina, è unasorta di prolungamento deldipartimento di medicinacardiologica e cardiochirurgiapediatrica del “Bambino Gesù”.Dentro ci sono il nostro direttoresanitario, il nostro direttore

amministrativo, il nostro personaleche affianca quello locale fornendoil proprio supporto e trasmettendo lapropria esperienza, in un percorsoche sta assumendo anche una fortevalenza formativa».

Quando prevedete di spostarvinella nuova struttura di Palermo econ quali vantaggi?«Operare all’interno di un centropediatrico dà dei vantaggigrandissimi: la difficoltà principaleè sempre quella di gestire ad altolivello la comorbidità. Attorno a uncuore malato c’è tutto un bambino,che può avere problemigastroenterologici o nefrologici; ilfatto di avere a disposizione glispecialisti specifici delle singolepatologie è un grosso aiuto, peradesso facciamo tutto da soli. Unaltro vantaggio del trasferimentonella nuova struttura sarà dicarattere quantitativo: la Siciliaproduce un numero di malati daoperare significativo, e in questosenso il centro di Taormina si rivela

EFFICIENZA E VANTAGGIPER LA RICERCAUn prolungamento del dipartimento di medicinacardiologica e cardiochirurgia pediatrica del “Bambino Gesù” è approdato in Sicilia. Il suo direttore, Giacomo Pongiglione, illustraconseguenze e tempi dell’operazione

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Il presidio ospedaliero

“San Vincenzo” di Taormina

In Sicilia abbiamo creato un modello inedito, capace di integrare leprofessionalità del territorioin un percorso di sviluppodell’autonomia assistenziale

CORSIE D’ECCELLENZA

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SICLIA 2010 • DOSSIER • 227

assolutamente inadeguato a gestirlitutti. È un centro piccolo, non èspecializzato in pediatria, è, infine,è decentrato: raggiungere Taorminanon è semplice come raggiungerePalermo. La vera attuazionecompleta del programma l’avremo aVilla Sofia-Cervello, ma la strutturanon sarà pronta prima di tre anni:nel frattempo faremo in modo diottimizzare al massimo il tempopassato a Taormina. Il nostrointento poi non è soltanto quello dicostituire il centro, ma anche unavera e propria rete con i centri disecondo livello, perché i variprofessionisti possano avviarecollaborazioni e momenti diconfronto per allineare i loro criteridi lavoro con i nostri. Poi vorremodare vita a un network anche di tipoinformatico: tutti i centri devonoavere la possibilità di inviarciimmagini dal loro ecografo».

Quali sono all’interno del centroi principali aspetti di innovazione? «Innanzitutto stiamo introducendoimportanti innovazioni di caratterestrutturale, investendo sommeconsistenti: stiamo completando laterapia intensiva, adeguando tutto ilreparto di degenza, avremo unarisonanza magnetica dedicata per la

Sopra,

Giacomo Pongiglione

bello, quello di tornare a casa guarita in-sieme ai suoi genitori. Al momento il Cen-tro sta andando a regime nel pieno rispettodella tabella di marcia che ci siamo dati conla Regione e di questo devo rendere meritoe pubblico riconoscimento agli amministra-tori, tecnici e funzionari delle varie istitu-zioni pubbliche locali, che attraverso ciò cheoggi vediamo realizzato e funzionante fannopiazza pulita di tanti luoghi comuni».

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxGiuseppe Profiti

cardiologia. Insomma, anche ilcentro di Taormina, dopo gli appositiinterventi, sarà un centro allo statodell’arte. Stiamo poi importandoinnovazioni radicali dal punto divista organizzativo: tutto è statoriordinato secondo i criteri e leforme tipiche dell’ospedale“Bambino Gesù”, cambiando anche iprotocolli di trattamento. In ventigiorni abbiamo già effettuato dieciinterventi con successo: non siamoancora a regime ma è una buonamedia e comunque un segnaleimportante. Significa che da oggi ibimbi possono venire in ospedale,essere curati efficacemente etornarsene a casa in breve tempoanche in Sicilia».

Quali sono i vantaggi che i duepartner trarranno da questoaccordo? «I vantaggi sono molteplici per tutti:quelli per la Sicilia sono ovvi. Laregione aveva una mobilità passivamolto forte, che grazie a unastruttura efficiente e allo statodell’arte al suo interno, verràeliminata, con un grande risparmioin termini economici. Anzi,addirittura una clausola delcontratto prevede che, una volta aregime, i pazienti siciliani che non

riusciranno ad essere assistiti aPalermo e dovranno recarsiall’ospedale di Roma saranno acarico del “Bambino Gesù”. Per noisicuramente ci sarà un grossoritorno in termini di prestigio:andiamo a creare, infatti, uno deidipartimenti di cardiologia pediatricapiù grande d’Europa. Poi ci sonoindubbi vantaggi sul piano dellaricerca: la medicina è uno dei pochiambiti dove i numeri fanno la qualità;curare pochi casi ma con ottimirisultati non vuol dire fare buonamedicina. Grazie al nuovo centrotutti i nostri chirurghi hanno unlivello di attività che li mette davveroall’avanguardia e hanno adisposizione una quantità enorme dicasi da studiare e dai quali trarredati e informazioni. Una delleimplementazioni sarà quella dicreare un data base comune traSicilia e Roma: potersi basare su uncampione così ampio avrà ricadutescientifiche importanti».

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232 • DOSSIER • SICILIA 2010

ONCOLOGIA

L’incidenza del tumore al seno inItalia è in continuo aumento, macrescono anche di anno in anno lepossibilità di guarigione, grazie so-

prattutto allo screening. Una prassi nei con-fronti della quale, però, in Sicilia le donne nondimostrano ancora abbastanza attenzione.«Purtroppo i dati siciliani sullo screening, cheè il tema di cui abbiamo discusso al recenteconvegno di Andos presso la Camera dei De-putati – spiega Francesca Catalano, chirurgodelle patologie tumorali al seno e presidente delcomitato catanese Associazione nazionale

donne operate al seno – non sonoallineati al resto d’Italia: le cittàche offrono lo screening in Si-cilia sono ancora poche e c’èanche una minore adesione.Soltanto il 30% delle donne

che sono state contattate per loscreening senologico - che si ef-fettua ogni 2 anni nella fasciad’età compresa tra 49 e 69

anni - ha risposto all’in-vito; in regioni come

l’Emilia Romagna, il

Friuli Venezia Giulia e la Lombardia l’adesionetocca addirittura punte del 90%».

Quali sono le ultime frontiere della dia-gnosi e della cura del tumore al seno?«Non avendo ancora gli strumenti per fare pre-venzione primaria, ovvero distruggere le causeche determinano il tumore, la cosa in assolutopiù importante rimane la diagnosi precoce, ef-fettuata attraverso esami periodici come il con-trollo mammografico annuale dopo i quaran-t’anni e un’ecografia a partire invece già daitrent’anni. Grazie a questi mezzi siamo in gradodi scoprire i tumori in uno stadio ancora ini-ziale e possiamo quindi trattarli non più con leampie mastectomie che si effettuavano fino apiù di un decennio fa, ma con la chirurgiaconservativa, che consente di preservare il senodella paziente e, di conseguenza, anche la suapsiche. Le strategie chirurgiche applicate divolta in volta dipendono poi chiaramente dal-l’età della paziente, da dove è collocata la ma-lattia e dalle sue dimensioni».

Dal tumore al seno si guarisce, oggi più che mai.

Grazie alla diagnosi precoce, alle nuove tecniche

di chirurgia conservativa ma, spiega la dottoressa

Francesca Catalano, anche grazie alle associazioni

di volontariato come Andos, che stanno accanto

alle pazienti con il sostegno e l’esperienza

Michela Evangelisti

Francesca Catalano,

chirurgo delle patologie

tumorali al seno

La prevenzione che salva la vita

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SICLIA 2010 • DOSSIER • 233

Xxxxxxx XxxxxxxxxxxFrancesca Catalano

dere con un intervento più importante e aspor-tare i linfonodi. Questa è stata una rivoluzionedella chirurgia della mammella e soprattutto haeliminato quella complicanza, il cosiddetto lin-fedema, che si può manifestare anche moltissimianni dopo l’intervento con l’aumento di vo-lume del braccio».

Quali sono oggi le prospettive di vita dopola cura, sia dal punto di vista quantitativoche qualitativo?«Ormai oltre il 90% delle donne che vengonooperate per tumori molto piccoli, grazie allapossibilità di fare diagnosi precoce, sopravvive;

tra queste, ci sono sia donne che guarisconocompletamente sia donne che, pur non gua-rendo, vivono con la malattia in maniera cronica.Questo dipende dal fatto che ci sono diversearmi e diversi farmaci per combattere il tumore,che vengono utilizzati al momento opportuno;se, ad esempio, a distanza di due anni si dovesseripresentare la malattia con metastasi epatica, lapaziente avrà la possibilità di effettuare delle te-rapie mirate, individualizzate, che le consenti-ranno di continuare a vivere pur avendo il pro-blema cancro. Anche la qualità della vita dopo lamalattia è notevolmente migliorata negli anni,grazie anche alle associazioni di volontariatocome Andos, composte da donne che hannovissuto l’esperienza della malattia e aiutano chine è stata colpita ad affrontare il percorso inmodo più sereno».

Cosa dobbiamo aspettarci dalla ricerca neiprossimi anni?«Sicuramente un aumento dell’incidenza dellamalattia: siamo arrivati nel 2009 a 40.000 nuovi

Una frontiera importante è quella dellabiopsia del “linfonodo sentinella”. Di cosa sitratta esattamente?«Fino a quindici anni fa tutte le donne che ave-vano un tumore al seno venivano trattate conchirurgia sulla mammella e chirurgia demolitivaanche sull’ascella. Essendo l’ascella la prima sta-zione colpita dalla malattia in caso di metastasi,a scopo precauzionale e stadiativo, venivano eli-minati tutti i linfonodi; poi ci si accorgeva, nellamaggior parte dei casi, che i linfonodi risultavanonegativi, cioè esenti da metastasi. Da quindicianni a questa parte si asporta durante l’inter-vento chirurgico soltanto il primo linfonodo, cheè la prima stazione che drena il tumore, lo si faesaminare in sala operatoria e se il linfonodo èpulito possiamo essere certi che lo saranno anchetutti gli altri (dobbiamo immaginarli come unacorona di rosario). In questo modo evitiamo unintervento demolitivo inutile. Se malaugurata-mente il linfonodo dovesse presentare qualchecellula malata, siamo invece autorizzati a proce-

Grazie alla diagnosi precocepossiamo intervenire con la chirurgia conservativa, che consente di preservare il seno della paziente e, di conseguenza, anche la sua psiche

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234 • DOSSIER • SICILIA 2010

ONCOLOGIA

casi l’anno. Ma moltissime sono le donne andatea guarigione. Sicuramente nell’arco di un de-cennio non si morirà più di carcinoma dellamammella, se saremo bravi a inculcare il di-scorso della prevenzione, che deve far parte dellanostra vita quotidiana non solo per i tumoridella mammella ma anche per tutte le altre pa-tologie che possono essere scongiurate con unadiagnosi precoce, come i tumori dell’intestino odella cervice uterina».

Lei è docente presso la Scuola di specializ-zazione di ostetricia e ginecologia, per il trat-tamento del tumore al seno della donna ingravidanza, dell’Università di Catania. Qualisono le peculiarità del tumore che si presentain queste circostanze?«La problematica è che spesso in gravidanza iltumore aumenta di volume in breve tempo e ciponiamo non pochi problemi che riguardano iltrattamento. La donna sicuramente nell’im-mediato può affrontare la chirurgia, ovvero laquadrantectomia e anche la biopsia del linfo-nodo sentinella - se si hanno delle accortezzeparticolari si può utilizzare anche il radiofar-

Le città che offrono lo screening in Sicilia sono ancora poche e c’è anche una minore adesione da parte delle donne

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maco senza che ci siano conseguenze sull’em-brione - ma nel primo trimestre di gravidanzanon può affrontare la chemioterapia; la può af-frontare nei mesi successivi, ma con difficoltà e,comunque, sempre con molte perplessità daparte di chi la somministra».

Quali sono le ultime campagne e iniziativeche state portando avanti con il comitato ca-tanese Andos?«Poche settimane fa, al convegno presso la com-missione Affari sociali della Camera dei Depu-tati, abbiamo chiesto che l’Andos possa inserirsi,soprattutto al Sud, all’interno delle campagne diprevenzione, accompagnando la lettera di invitoallo screening con una telefonata o un colloquiodiretto. Stiamo anche pensando di ripetere aCatania, in febbraio, la festa nazionale Andos chesi è tenuta l’anno scorso; è stata scelta Cataniacome location perché le donne catanesi sonomolto devote alla patrona, Sant’Agata, che fumastectomizzata: questo le rende anche parti-colarmente legate alla nostra associazione».

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236 • DOSSIER • SICILIA 2010

TRATTAMENTI DIALITICI

La dialisi è una tecnica terapeutica che ha rivoluzionato in pochi anni

la gestione clinica del paziente nefropatico, ma, in Sicilia, con poche

possibilità di ricorrere all’ospedalizzazione. Il centro Dialisi Aretusea

esemplifica l’importanza della sanità specialistica privata

Andrea Lo Re

I trattamenti contro le patologie dei reni

la permanenza del paziente presso l’ambula-torio. L’evoluzione del settore – afferma To-daro – è infatti orientata verso il perfeziona-mento dei servizi alla persona attraverso lapredisposizione di utilities e servizi accessorisia al paziente sia al familiare in attesa pressol’ambulatorio».La dialisi è una tecnica tera-peutica che ha rivoluzionato in pochi anni lagestione clinica del paziente nefropatico eche ha raggiunto livelli tecnici di eccellenza,permettendo una buona sopravvivenza alungo termine e una qualità della vita sempremigliore. «Questo progresso medico e tecno-logico – afferma la dottoressa Maria RosariaDi Francesca, specialista nefrologo direttoresanitario del centro DialisiAretusea – haconsen-

Per i soggetti affetti da qualsiasi pro-cesso patologico a carico del rene,dove non è possibile o risolutivo iltrapianto dell’organo, è necessario

intervenire con trattamenti dialitici. Ma qualè oggi, in Sicilia, lo stato dell’arte di questoambito sanitario specialistico? «Il settore pri-vato ha da sempre costituito lo zoccolo durodella cura al paziente nefropatico innanzi-tutto per la scarsa possibilità di ricorrere al-l’ospedalizzazione: soltanto il 30% dei postirene si trova infatti presso strutture pubbliche.Di contro, e conseguentemente, presso i cen-tri privati, che coprono ben il 70% dei posti,si instaura quella positiva sensazione di fami-liarità che rende la terapia meno traumatica».Questo primo resoconto sulla dialisi privata èdel dottor Francesco Todaro, amministratoredella Dialisi Aretusea, centro accreditato dalServizio Sanitario della Regione Sicilia,dedicato alla cura delle patologierenali con un ambulatorio al-tamente specializzato in ne-frologia ed emodialisi. «Lagestione di un centro dia-lisi, oggi, non è più sol-tanto attenzione al pro-cesso terapeutico ma èessenzialmente cura me-todica del servizio e delbenessere durante tutta

Francesco Todaro

e Maria Rosaria Di

Francesca sono

rispettivamente

amministratore e

direttore sanitario

del centro Dialisi

Aretusea di Siracusa

www.dialisiaretusea.it

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SICILIA 2010 • DOSSIER • 237

tito a un numero sempre crescente di pazientidi entrare in un programma terapeutico dia-litico, così che anche il numero di pazienti intrattamento dialitico cronico è andato pro-gressivamente crescendo negli anni». I recentistudi pubblicati dal registro regionale di ne-frologia evidenziano in Sicilia una crescitadelle patologie per circa il 3,2% con un’inci-denza di 938 casi per milione di abitanti.Sono oggi 4720 i pazienti dializzati in re-gione. «Al centro di tutta la nostra organizza-zione abbiamo posto il paziente ed è a lui cheriserviamo tutte le nostre attenzioni per ren-dere confortevole e sicura la sua permanenzadurante il periodo di cura – precisa la dotto-ressa Di Francesca –. La missione del nostrogruppo di lavoro consiste nell’essere parte at-tiva, viva e fondamentale dell’attività del-l’ambulatorio di emodialisi fornendo le mi-gliori prestazioni possibili al fine delraggiungimento di un ottimo livello di effica-cia terapeutica», in cui però, anche l’aspettopsicologico del paziente ha un ruolo determi-

nante. «Tutta una serie di fonti di stress con-diziona pesantemente la situazione psicolo-gica del paziente nefropatico, come ad esem-pio, la modificazione dell’immagine corporeadovuta alla presenza di fistole o del catetereperitoneale, le restrizioni dietetiche e idrichenon sempre facili da osservare, la perdita/cam-biamento del ruolo sociale. Tuttavia, le pro-blematiche legate a una terapia cronica che siripete costantemente 3 volte a settimana, vin-colano non solo il paziente ma tutto il nucleofamiliare e il contesto sociale in cui è inserito».Nel mondo scientifico vi è accordo totale sulfatto che la qualità della vita dei pazienti sia le-gata alla loro funzione nelle attività di rela-zione quotidiana, alla loro psicologia e alla ca-pacità di mantenere delle adeguate dimensioniprofessionali e sociali. È indubbio che tale in-completa accettazione da parte del pazientedella condizione di malato cronico spieghichiaramente perché il paziente dializzato am-bisca a eseguire sempre un trapianto renale.Per tutta questa serie di ragioni, «occorre faredi tutto per garantire il miglior standard di be-nessere durante le ore di trattamento, ed è al-trettanto importante che anche il medico im-pari a considerare il malato non solo in baseai suoi dati clinici, ma in tutti gli aspetti dellasua esistenza, dedicando quindi del tempo adascoltarlo e creando con lui l’intesa necessariaad affrontare al meglio le cure».

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È importante che anche il medicoimpari a considerare il malato nonsolo in base ai suoi dati clinici, ma intutti gli aspetti della sua esistenza

In Sicilia crescel’incidenza delle

patologienefrologiche con 938

casi per milione di abitanti

AUMENTO

3,2%

Francesco Todaro e Maria Rosaria Di Francesca