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Progetto finanziatodall’Unione Europea

PERDITE E SPRECHI ALIMENTARI

DOSSIER

Un’alleanza europea dei giovanicontro lo spreco alimentare e per il diritto al cibo

I dati

I dati sulle perdite di cibo e sullo spreco alimentare utilizzati in questa pubblicazione indicano un ordine di grandezza approssimativo. Essi non sono sufficientemente rappresentativi per fornire una distribuzione significativa del cibo perso e sprecato tra i vari attori della filiera. Questo è dovuto al fatto che gli studi e le ricerche effettuate sull’argomento si basano sempre sulle statistiche sulla produzione o lo spreco pubblico per calcolare le perdite e lo stesso spreco alimentare. Misurazioni precise lungo la catena alimentare sono difficilmente disponibili, ec-cetto forse che a livello dei consumatori, i cui bidoni e sacchetti dei rifiuti sono attentamente esaminati. La scarsa precisione dei dati disponibili rende difficile intraprendere azioni concrete per ridurre lo spreco alimentare. C’è quindi bisogno di dati accessibili, attendibili e comparabili se si vuole raggiungere una politica di prevenzione efficace.

I

Sommario

Introduzione .............................................................................................................................III

Diritto al Cibo e Sicurezza Alimentare .......................................................................................51. Il Diritto al Cibo ..............................................................................................................52. Il Diritto al Cibo, la Sicurezza Alimentare e la Sovranità Alimentare ..............................73. Sicurezza Alimentare .....................................................................................................8

4. Cause dell’Insicurezza Alimentare................................................................................105. Come l’agricoltura a conduzione familiare può migliorare la Sicurezza Alimentare ...11

Impatto ambientale della produzione del cibo ......................................................................141. Impatto ambientale della produzione del cibo ............................................................142. Cosa possiamo fare per ridurre l’impatto ambientale del cibo ....................................20

Perdite e Sprechi Alimentari ....................................................................................................211. Definizione di Perdite e Sprechi Alimentari ................................................................. 212. Cause di Perdite e Sprechi Alimentari ..........................................................................213. Perdite e Sprechi Alimentari: alcuni dati ....................................................................254. Gli impatti delle Perdite Alimentari ............................................................................ 29

Come affrontare le Perdite e gli Sprechi Alimentari ................................................................32Conclusioni ..............................................................................................................................35Definizioni ...............................................................................................................................37Fonti ........................................................................................................................................39

II

Un terzo del cibo prodotto a livello mondiale non viene consumato, mentre 805 milioni di persone, ovvero un individuo su nove, soffrono la fame. Ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono perdute.

Spreco alimentare e perdite alimentari non sono la stessa cosa. Con il termine “spreco al-imentare“ si indica la quantità di cibo prodotto per il consumo destinato all’uomo ma per varie ragioni rimosso dalla catena alimentare. Lo spreco alimentare è una parte delle perdite alimentari. Riguarda il cibo adatto al consumo da parte dell’uomo, ma che viene perso a causa di negligenza e di “azioni” umane.

Lo spreco alimentare è il sintomo del malfunzionamento del sistema alimentare. I sistemi ali-mentari locali nel Sud del mondo sono caratterizzati da povertà, iniquità e mancanza di sicurez-za alimentare. Nei nostri sistemi alimentari, l’agro-industria divora poco a poco la sostenibilità delle aziende agricole locali a conduzione familiare. Questo meccanismo è condotto dall’esag-erazione della scala, dalla concentrazione della produzione, dall’industrializzazione, dalla con-correnza a livello mondiale e sempre più dipendente dalle importazioni di risorse ed energia.

Nord e Sud sprecano la stessa quantità di cibo. Ciò avviene ad ogni anello della catena alimen-tare, ma non con la stessa intensità e per le stesse ragioni. Nel Sud lo spreco alimentare ha un impatto diretto sul reddito e sulla sicurezza alimentare degli agricoltori. Il modo migliore per combatterlo è inserire i problemi in una prospettiva più ampia, nell’intera catena alimentare.

A partire dalla crisi alimentare nel 2008 e dalla pubblicazione di dati preoccupanti da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l‘Agricoltura (FAO), nel 2011 lo spreco alimentare ha conseguito priorità alta nell’agenda politica. Numerosi studi sono stati pubblicati dopo di allora e dichiarazioni allarmanti e buone intenzioni si sono susseguite una dopo l’altra. È giunto comunque il momento di intraprendere misure concrete.

É chiaro che noi, che apparteniamo al Nord del mondo, così come per le questioni relative ai cambiamenti climatici, abbiamo una grande responsabilità riguardo allo spreco alimentare. Pertanto, è nostro preciso dovere combattere con determinazione i nostri sprechi e fare in modo che anche nel Sud venga disperso meno cibo.

In questo dossier ci focalizzeremo sul diritto a cibo, sulla sicurezza alimentare, sulle cause delle perdite e dello spreco di cibo, sull’impatto dello spreco e, infine, su come combatterlo.

Introduzione

III

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Il diritto al cibo è uno dei diritti umani fon-damentali di ogni individuo.

Questo diritto è stato riconosciuto per la pri-ma volta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) come una componente importante del diritto ad un tenore di vita dignitoso. Nell’articolo 25 della Dichiarazi-one si afferma che:

“Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il ben-essere proprio e della sua famiglia, con par-ticolare riguardo all’alimentazione, al vesti-ario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla si-curezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.”

Anche la Convenzione Internazionale sui Di-ritti Economici, Sociali e Culturali, uno stru-mento vincolante per gli Stati che l’hanno ratificato, riconosce, all’articolo 11, il diritto al cibo.

Il Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (1999), nel dodicesimo Commento Generale stabilisce che:

“Il diritto ad un’adeguata alimentazione è realizzato quando ogni uomo, donna e bam-bino, come singolo individuo o in comunità con gli altri, ha accesso fisico ed economico, in qualsiasi momento, ad un’ adeguata ali-mentazione o ai mezzi per procurarsela.”

Inoltre, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul Diritto al Cibo definisce il diritto al cibo come:

“Il diritto ad avere regolare, permanente e illimitato accesso, o direttamente o tramite acquisti finanziari, ad un cibo sufficiente e quantitativamente e qualitativamente ade-guato, corrispondente alle tradizioni cultur-ali della comunità a cui il consumatore ap-partiene, e che gli assicuri una vita - fisica e mentale, individuale e collettiva, soddisfa-cente e dignitosa - libera dalla paura.”1

Pertanto, possiamo affermare che il termine diritto al cibo indica che ogni individuo nel mondo ha l’accesso fisico ed economico,

Figura 1.1 – Paesi che hanno inserito il Diritto al Cibo nelle loro costituzioni

Fonte: FAO, Il Diritto al Cibo, Roma

Diritto al Cibo e Sicurezza Alimentare1. Il Diritto al Cibo

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in qualunque momento, a un’adeguata al-imentazione o ai mezzi per procurarsela. Riconoscere tale diritto, quindi, comporta “la disponibilità di cibo, in quantità e qual-ità sufficiente a soddisfare il fabbisogno al-imentare degli individui, privo di sostanze nocive ed accettabile all’interno di una de-terminata cultura; l’accesso ad esso in modi sostenibili e che non interferiscano con il go-dimento di altri diritti umani.”2

Gli Stati hanno la responsabilità primaria nella realizzazione di questo diritto. Essi hanno la responsabilità di rispettarlo, ma anche di proteggerlo e metterlo in pratica. Per queste ragioni, 22 paesi hanno inserito il Diritto al Cibo nelle loro Costituzioni (figura 1.1), ma nessuno ha emanato leggi speci-fiche per implementare questo diritto.

Quando si parla di Diritto al Cibo, è impor-tante notare che alcuni gruppi particolari incontrano diversi ostacoli nel realizzarlo. L’analisi di questi gruppi contribuisce a illus-trare ciò che gli standard relativi al diritto al cibo significano in pratica.

Il primo gruppo da considerare è quello composto dai poveri delle aree rurali e ur-bane che non può permettersi di comprare il cibo e che non ha i mezzi per produrlo. Questa situazione è causata, in parte, dalla perpetrazione della discriminazione nell’ac-cesso all’istruzione, all’informazione, alla partecipazione politica e sociale e alla gi-ustizia. Molto spesso, la carenza di accesso ai terreni e alle altre risorse produttive può portare alla negazione del diritto al cibo, po-iché la maggior parte degli individui e delle famiglie nelle zone rurali dipendono da tali risorse sia per la produzione di cibo per se, sia come fonte di reddito per acquistare il cibo di cui necessitano.

Un altro problema che le popolazioni delle aree rurali devono affrontare è la mancanza di accesso al mercato per cui, sebbene sia-no in grado di produrre i prodotti agricoli, la loro difficoltà consiste nel vendere così come nell’acquistare il cibo di cui hanno bi-

sogno per sopravvivere.

Le persone che vivono nelle aree urbane si procurano il cibo acquistandolo, quindi per loro, avere un lavoro ben retribuito è molto importante. Ma essendo molto dif-ficile trovare un posto di lavoro o essendo lo stipendio che si percepisce molto basso, le persone delle aree urbane non possono permettersi di comprare alimenti e quindi il loro diritto al cibo viene compromesso.

Bisogna considerare anche che frequente-mente le violazioni del diritto al cibo nelle zone rurali e urbane sono correlate. Infatti la fame e la malnutrizione nelle aree rurali spinge le popolazioni in quelle urbane alla ricerca di migliori condizioni di vita. Ma, per varie ragioni, il loro diritto al cibo spesso non viene rispettato neanche in queste ultime.

Un altro gruppo da prendere in consider-azione sono le comunità indigene. Questa popolazione è una delle più vulnerabili alla fame e alla malnutrizione che sono il risulta-to di una lunga storia di esclusione sociale, politica ed economica. La realizzazione del loro diritto al cibo dipende largamente dall’accesso e dal controllo sulle risorse nat-urali da parte delle comunità indigene sulle loro terre ancestrali. E’ quindi molto impor-tante riconoscere loro le titolarità legali su queste terre.

Un terzo gruppo di persone che necessita at-tenzione speciale quando si parla di diritto al cibo, è costituito dalle donne. In molti pae-si, infatti, “è doppiamente probabile nelle ragazze la morte a causa di malnutrizione e malattie dell’infanzia che possono essere prevenute, rispetto a quella dei coetanei maschi e si stima che, almeno in numero doppio rispetto agli uomini, sono le donne che soffrono di malnutrizione”3 special-mente quando sono in età fertile il rispetto del loro diritto al cibo è molto importante,

il doppio delle donne, rispetto agli uomini, soffre di malnutrizione

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poiché in caso contrario si potrebbero reg-istrare gravi problemi durante la gravidanza o il parto.

Il quarto gruppo da prendere in considerazi-one è composto dai bambini. Per questi è molto importante poter disporre di cibo nu-triente ai fini di una corretta crescita men-tale e fisica. Il loro diritto al cibo, di sicuro, dipende da quello delle loro famiglie, per questo è molto importante che queste ul-time siano rese consapevoli al fine di poter ottemperare alla loro responsabilità di prov-vedere ad un adeguato e sufficiente nutri-mento per i loro figli.

Quando si parla di Diritto al Cibo è impor-tante chiarire che esiste una differenza sos-tanziale tra questo concetto e quelli di Si-curezza Alimentare e Sovranità Alimentare.

Come abbiamo visto, il diritto al cibo è un diritto umano riconosciuto da leggi inter-nazionali che prevedono la titolarità ad un cibo adeguato e a risorse necessarie per un godimento sostenibile della sicurezza ali-mentare. Questo da luogo ad obblighi lega-li degli stati di abolire la malnutrizione e la fame e garantire la sicurezza alimentare a tutti.

Quello di Sicurezza Alimentare, invece, non è un concetto legale. Questa ha luogo quan-do “tutte le persone, in qualunque posto, hanno accesso fisico ed economico ad un cibo sufficiente, sano e nutriente che incon-tra il loro fabbisogno giornaliero e le loro preferenze alimentari per una vita attiva e salubre.”4

“Quello di Sovranità Alimentare è un con-cetto emergente secondo il quale le persone decidono il loro proprio cibo ed il proprio modello di produzione di cibo (agricoltura,

pesca, ecc.), determinano fino a che punto vogliono essere autonomi proteggendo la produzione di alimenti del loro territorio e regolare il commercio per raggiungere obi-ettivi di sviluppo sostenibile.”5

La sovranità alimentare è definita anche nel-la dichiarazione di Nyélénil come “il diritto delle persone ad un cibo salubre e cultural-mente appropriato, prodotto con metodi sostenibili e ed ecologicamente comprovati ed il loro diritto a definire il proprio cibo ed i sistemi agricoli per produrlo. [La sovranità alimentare] mette al centro dei sistemi al-imentari e delle politiche le aspirazioni e i bisogni di quelli che producono, distribuis-cono e consumano cibo, più delle richieste dei mercati e delle multinazionali.62. Il Diritto al Cibo,

la Sicurezza Alimentare e la Sovranità Alimentare

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Abbiamo visto nel precedente paragrafo la definizione della Sicurezza Alimentare. Questo concetto è costruito su 3 pilastri:

La sicurezza alimentare ha un forte legame con altre questioni di sviluppo sostenibile, come la salute, l’ambiente e il commercio. C’è anche un grande dibattito sul tema per-ché ci sono persone che argomentano che c’è abbastanza cibo per nutrire tutti ma ci sono problemi di distribuzione che non per-mettono che questo si realizzi. Quindi per superare i problemi di insicurezza alimenta-re, secondo queste voci ciò che serve è un cambiamento nella distribuzione del cibo.

Ma qual è lo stato della Sicurezza Alimenta-re nel mondo?

Secondo “Lo Stato dell’Insicurezza Alimen-tare nel Mondo 2014” dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l‘Agricoltura (FAO) si stima che circa 805 mil-ioni di persone fossero cronicamente denu-trite nel biennio 2012–14. La tendenza della globale riduzione della fame sta continuan-do; “nonostante questo, circa una persona su nove nel pianeta non ha ancora cibo suf-ficiente per una vita attiva e sana”.7

La maggioranza di queste persone vive nei paesi del sud del mondo. Nonostante i pro-gressi di massima, come possiamo vedere nella figura 1.2, ci sono grandi differenze fra le regioni nella riduzione della denutrizione.

3. Sicurezza Alimentare

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Nella pagina seguente, la figura 1.3 mostra l’indice di rischio della Sicurezza Alimen-tare per paese. I paesi che erano a rischio estremo di Insicurezza Alimentare nel 2013, erano Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Burundi, Chad, Etiopia, Eritrea, Afghanistan, Sudan del Sud e Comoros.

La maggioranza dei paesi africani, come mostrato nella figura, sono ad un estremo o alto rischio di insicurezza alimentare.

Fonte: FAO, IFAD and WFP (2014), The State of Food Insecurity in the World 2014. Strengthening the enabling environment for food security and nutrition, Rome, FAO.

Figura 1.2 – Progressi nei trend di denutrizione tra 1990-92 and 2012-14

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Nonostante questa situazione, in tutto il mondo tonnellate di cibo vengono perse. Nel prossimo capitolo, pertanto, daremo uno sguardo più da vicino al fenomeno dello spreco alimentare.

Le cause più importanti di insicurezza ali-mentare sono:

üLa trappola della povertà: le per-sone che vivono in povertà hanno problemi enormi nel comprare il cibo di cui hanno bisogno per nutri-re se stessi e le loro famiglie. Questo si riflette nella loro salute rendendo-li più deboli e meno capaci di gua-dagnare i soldi di cui hanno bisogno per scappare dalla povertà e dalla

fame. Per i bambini in particolare, la denutrizione cronica può colpire il loro futuro, compromettere le loro entrate future e la possibilità di sfug-gire alla povertà e alla fame.

üMancanza di investimenti in ag-ricoltura: molti paesi del Sud del mondo mancano delle infrastrutture chiave dell’agricoltura, come strade, depositi e irrigazione. Questo si rip-ercuote negli alti, costi di trasporto, nella mancanza di possibilità di stoc-caggio e nelle insufficienti scorte id-riche. Tutto ciò porta a dei limiti nel-la produzione agricola e nell’accesso al cibo.

üClima e meteo: I disastri naturali stanno aumentando in tutto il mon-do e stanno causando gravi conseg-uenze alle persone che soffrono la fame. In particolare, la causa più co-mune delle carestie è la siccità. Nel 2011, la siccità ha colpito Etiopia,

Figura. 1.3 – Mappa dell’Indice di Rischio di Insicurezza Alimentare- 2013

Fonte: http://www.theguardian.com/global-development/graphic/2012/oct/10/food-security-risk-index-map

4. Cause dell’Insicurezza Alimentare

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Somalia e Kenya causando pesanti perdite del raccolto e nel bestiame. Una situazione simile c’è stata anche nel 2012 nella regione del Sahel nell’ Africa occidentale.

üCambiamenti climatici: I cambia-menti climatici minacciano grave-mente la produzione alimentare. Eserciteranno, per prima cosa, un ul-teriore freno alla crescita della pro-duzione. Secondariamente, aument-eranno la frequenza e l’intensità di eventi atmosferici estremi come le ondate di caldo, le siccità e le alluvi-oni che possono causare i problemi visti precedentemente. Contem-poraneamente, i cambi stagionali, come le stagioni secche più lunghe e più calde, le stagioni di crescita più corte e l’andamento impreved-ibile delle precipitazioni stanno dis-orientando i coltivatori poveri, ren-dendo loro ogni giorno più difficile sapere quando seminare, coltivare e mietere.

üGuerre e sfollamenti: I conflitti ar-restano la coltivazione e la produz-ione di cibo, causando un aumento delle persone che vivono nella fame. In più, molte persone, durante i conflitti, sono obbligate ad abban-donare le loro case, creando emer-genze di cibo poiché lo sfollamento li trova impreparati e senza i mezzi per nutrire se stessi e le proprie famiglie. Un esempio recente di tutto ciò è il conflitto in Siria.

üVolatilità dei prezzi alimentari: negli ultimi anni, ci sono state molte im-pennate di breve periodo nei prezzi. La causa principale di questi rialzi è la dipendenza del sistema alimen-tare dai carburanti per il trasporto e dai fertilizzanti, dato che il prezzo del carburante è stimato in crescita nel lungo periodo e diventerà sempre più volatile. Contemporaneamente,

le riserve di cibo sono diminuite e perciò, in mancanza di scorte per ap-provvigionamenti agevoli, qualsiasi shock viene trasmesso direttamente sui prezzi.

L’agricoltura a conduzione familiare è cru-ciale per ridurre l’insicurezza alimentare. Infatti, secondo la FAO, in tutto il mondo la coltivazione familiare è la principale forma di agricoltura, sia nei paesi del sud che in quelli del nord del mondo (circa il 90% delle coltivazioni sono gestite da produttori indi-viduali, figura 1.4). L’agricoltura a conduzi-one familiare contribuisce alla sicurezza ali-mentare anche perché produce una grande varietà di cibo.

Le coltivazioni familiari sono importanti an-che perché occupano il 70-80% del terri-torio agricolo e producono circa l’80% del cibo mondiale. Come mostra la figura 1.4, la maggioranza delle fattorie familiari si tro-vano in Asia, con la Cina che da sola arriva al 35% della produzione mondiale.

La conduzione familiare nell’agricoltura ai-uta a diminuire l’insicurezza alimentare an-che perché aiuta le economie locali, dando ai contadini i mezzi per comprare il cibo che non producono.

La “Valutazione Internazionale dei Saperi, delle Scienze e delle Tecnologie dello Svi-luppo Agricolo” (IAASTD) ha dimostrato che l’agricoltura familiare può nutrire il pianeta in un modo più sostenibile dell’agricoltura industriale e dell’industria alimentare. C’è spazio per il miglioramento della produttiv-ità senza consumare terra, acqua, foreste, energia e aria. Questi miglioramenti non richiedono grossi capitali ma soprattutto

5. Come l’agricoltura a conduzione familiare può migliorare la Sicurezza Alimentare

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conoscenze: l’agro-ecologia usa metodi di coltivazione tradizionali che rispettano la natura.

E’ importante investire nella produzione a piccola scala perché non ha gli stessi prob-lemi della produzione di cibo su larga scala. Quest’ultima, infatti, consuma il terreno, usa grandi quantità di acqua ed energia, porta alla deforestazione e produce molti rifiuti (imballaggi). Mette inoltre un grave carico sulle risorse naturali e lascia un’enorme im-pronta ecologica. Più nello specifico la pro-duzione industriale di carne assorbe le for-este, la terra e l’acqua e produce una grande quantità di gas serra.

I piccoli agricoltori possono anche avere un impatto sulle decisioni prese dai policy-mak-ers, organizzandosi loro stessi in Sindacati. In Africa, per esempio, i contadini si sono or-ganizzati in forti sindacati regionali e nazion-ali che sono diventati influenti nella politica ed hanno avuto un positivo riscontro. I gov-erni africani infatti, hanno solennemente promesso nella Dichiarazione di Maputo (2004) di destinare almeno il 10% del loro budget all’agricoltura. Questa dichiarazione è stata valutata nei sui risultati e potenziata nel 2014 con la Dichiarazione di Malabo. Le risultanze di questa valutazione sono state che meno del 20% dei paesi hanno rispet-tato il loro impegno di spesa. Comunque, ci sono paesi che stanno facendo progressi e stanno mettendo in evidenza le tipologie di successo che è possibile realizzare.

Una storia di successo: l’Etiopia

L’Etiopia è stata testimone del suo maggior periodo di crescita della storia, registrando una media di incrementi nel settore agricolo del 9.5% tra il 2005 ed il 2009. Questa cresci-ta è stata in parte stimolata da un robusto investimento pubblico, ma anche da alcune riforme istituzionali. Il suo livello di investi-mento pubblico è stato superiore al target di Maputo che prevedeva di destinare il 10% delle spese di Bilancio all’Agricoltura. L’Etio-pia è anche sulla buona strada per il raggi-ungimento dei target previsti dagli Obiettivi del Millennio per la riduzione della fame e della povertà. Malgrado questi successi, tut-tavia, restano molte le sfide per il migliora-mento delle opportunità dei piccoli produt-tori agricoli.

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Figura. 1.4 – Dati sull’Agricoltura Familiare nel mondo

Fonte: http://www.fao.org/resources/infographics/infographics-details/en/c/270462/

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L’impatto che la produzione di cibo ha sull’ambiente inizia con la produzione di el-ementi necessari in agricoltura quali fertil-izzanti, semi, ecc. e continua lungo tutta la filiera alimentare (figura 2.1).

Nello specifico la produzione agricola rap-presenta la maggior parte degli impatti ambientali della produzione di cibo a liv-ello mondiale. Infatti, i gas serra9 derivan-ti dall’agricoltura e dall’allevamento e i cambiamenti nell’uso della terra che ne derivano, si stimano essere superiori a quelli relativi alla produzione di energia e

al trasporto. Si stima infatti che i gas serra prodotti dal settore agricolo rappresentano circa il 22% delle emissioni totali, un dato simile a quello del settore industriale e su-periore a quello dei trasporti. La produzi-one di bestiame, da sola, rappresenta quasi l’80% dell’emissioni del settore.

La Figura 2.2 compara gli impatti della pro-duzione di carne bovina con gli impatti di altri tipi di cibo. Come mostra la figura, il manzo è l’alimento che rispetto ad altri pro-dotti ha impatto più grande su acqua, aria, utilizzo dei terreni e consumo di granaglie per l’alimentazione del bestiame.

Osservando nello specifico il singolo set-tore della produzione di bestiame, uno stu-dio della FAO10 mostra che l’allevamento produce i livelli più alti di utilizzo di suolo causato da attività umane. I pascoli imp-iegano il 26% del suolo e le coltivazioni di foraggio richiedono 1/3 di tutta la terra col-tivabile. Inoltre, dei terreni destinati al pas-colo del bestiame, è un fattore chiave della deforestazione.

La produzione di bestiame ha anche una grande responsabilità nel riscaldamento globale. Guardando più nel dettaglio al con-tributo del settore alle emissioni dei vari gas serra, la FAO ha scoperto che l’allevamen-to è responsabile del 9% delle emissioni di anidride carbonica (CO2) causate da attività umane. Questo genera circa il 37% di meta-no (CH4), principalmente dalla fermentazi-one enterica dei ruminanti, e il 65% di ossido di azoto (N2O), principalmente dal letame.

1. Impatto ambientale della produzione di cibo

Impatto ambientale della produzione di cibo

Quello che mangiamo è importante poiché ha un impatto anche sull’ambiente. In questo cap-itolo vedremo gli impatti principali che la produzione di cibo ha sull’ambiente e quello che possiamo fare per rendere più sostenibili le nostre scelte quando compriamo cibo.

Si stima che il bestiame è responsa-bile del 18%* delle emissioni di gas a

effetto serra

*Una quota maggiore rispetto a quella dei trasporti

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Fonte: European Environmental Agency http://www.eea.europa.eu/signals/signals-2014/articles/from-production-to-waste-food-system

Figura 2.1 – Impatto ambientale della produzione e del consumo di cibo

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Anche il settore dell’allevamento ha un forte impatto sulle scorte d’acqua, con un ammontare dell’8% dell’acqua globale per uso umano. Contribuisce inoltre all’inquina-mento idrico, essendone una delle principali cause. L’inquinamento delle acque prodot-to dall’allevamento deriva dai rifiuti anima-li, antibiotici, ormoni, agenti chimici delle concerie, fertilizzanti e pesticidi utilizzati nelle coltivazioni di foraggio, sedimenti dei terreni da pascolo erosi. Sfortunatamente le cifre che si riferiscono a tali fattori non sono note, ma da uno studio fatto negli Stati Uniti si è riscontrato che l’allevamento e il settore agricolo relativo alla coltivazione di foraggio sono responsabili del 37% dell’uso di pesticidi, del 50% di antibiotici e di un ter-zo dell’azoto11 e del fosforo12 presenti nelle risorse idriche per uso umano.

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Figura 2.2 – L’impronta ecologica del cibo

Fonte: Oxfam (2011), Growing a Better Future. Food Justice in a resource-constrained world, Oxford.

Nella pagina seguente, la Tabella 2.1 mostra gli impatti di 5 categorie di cibo sull’ambiente:

1. Cibo a base di carboidrati come pane, patate, riso e pasta;

2. Frutta e verdura;

3. Prodotti giornalieri;

4. Pesce ed altro cibo a base di proteine come uova e legumi;

5. Bevande, sia alcoliche che non alcoliche;

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Come abbiamo già detto, il ciclo “dalla fat-toria alla forchetta”, ovvero la produzione, la lavorazione e il trasporto degli alimenti, possono causare enormi e ingenti accumuli di energia, acqua e sostanze chimiche.

Possiamo seguire questi semplici sugger-imenti per fare delle scelte legate al con-sumo di cibo più intelligenti:

1. Fai una scelta del cibo rispettosa del cli-ma: la prima cosa da fare per ridurre l’im-pronta ambientale del cibo che mangiamo è di consumare più frutta, verdura e cereali e limitare il consumo di carne rossa che, come abbiamo già detto, ha un maggiore impatto sull’ambiente rispetto agli altri cibi. Il Natu-ral Resources Defense Council (NRDC) stima che “se tutti gli americani eliminassero solo una porzione di manzo di un quarto di libbra a settimana, la riduzione delle emissioni di gas del riscaldamento globale equivarrebbe a togliere dalle strade dai quattro ai sei mil-ioni di automobili.”14

Possiamo cercare dei cibi freschi, pertan-to con minor numero di fasi nel processo “dalla fattoria al piatto”. Il congelamento, l’imballaggio, la lavorazione, la cottura e la refrigerazione del cibo, sono tutte fasi che contribuiscono all’aumento dell’utiliz-zo di energia. Per esempio, portare a casa una busta di carote congelate contribuisce al triplo dell’inquinamento legato al riscal-damento globale rispetto all’acquisto di un prodotto fresco.

Per quanto riguarda il pesce, per esempio, possiamo scegliere di mangiare un pescato locale, pesce gestito in maniera sostenibile o pesci erbivori di allevamento come la ti-lapia, il pescegatto e la carpa. I prodotti del mare con una catena alimentare corta in-cludono anche vongole, cozze e calamari.

2. Compra biologico e altre certificazioni sostenibili: quando possiamo, è importante comprare biologico e altro cibo certificato. L’agricoltura biologica è, infatti, una scel-ta più sicura per l’ambiente e per la nostra salute poiché produce alimenti sani senza l’uso di fertilizzanti e pesticidi chimici, e, quando occorre, usa pesticidi e fertilizzanti naturali.

3. Mangia locale: è importante anche sce-gliere cibo locale, ove possibile, ed evitare di acquistare cibo importato tramite aerei. Questo può aiutare a ridurre l’inquinamen-to e l’uso di energia associati al trasporto, all’immagazzinaggio e al congelamento de-gli alimenti. Il NRDC stima che, in California, “lo smog creato dalle emissioni derivate dall’importazione di frutta e verdura equiv-algono all’emissione annuale di 1,5 milioni di automobili.”15

È importante sottolineare che la grandezza dell’impatto del cibo sull’ambiente dipende dal tipo di alimento e da come esso viene prodotto.

4. Osserva lo spreco di cibo: questo è un al-tro importante aspetto da prendere in con-siderazione nella riduzione della impronta ecologica del cibo. Esamineremo nei dettag-li questo aspetto nel prossimo capitolo.

2. Cosa possiamo fare per ridurre l’impatto ambientale del cibo

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Non esiste un’unica definizione di Perdita Alimentare e Spreco Alimentare. Questo rende molto difficile il confronto tra differ-enti studi.

Secondo l’Unione Europea,16 il termine per-dita di cibo si riferisce alla quantità di cibo prodotto per il consumo umano che va per-so lungo la filiera alimentare per varie ra-gioni.

Lo spreco di cibo è una parte della perdita di cibo, vale a dire le quantità di cibo, idonee al consumo umano che si perdono a causa di attività umane o per negligenza.

Da queste definizioni segue che se si per-dono delle colture volte alla produzione di foraggi e quindi non destinate al consumo umano: questo non può essere etichettato come “perdita di cibo”. Ciò che può essere identificato come perdita di cibo è la perdita di colture atte a servire come alimenti per gli esseri umani ma che alla fine - per qual-siasi motivo – sono utilizzate come foraggi. Se le perdite erano evitabili, allora questo va etichettato come “spreco alimentare”.

Esempio:

Se il grano destinato al consumo umano non fosse commestibile a causa delle con-dizioni climatiche e venisse somministrato agli animali, verrebbe identificato come perdita di cibo. Tuttavia, se il grano, a cau-sa delle condizioni climatiche avverse, è più piccolo del previsto e per questo motivo ri-fiutato dal mercato, allora sarebbe consi-derato spreco alimentare. Il grano che vie-ne coltivato come foraggio non può essere riconosciuto come cibo e, di conseguenza, non può comportare perdita o spreco di cibo.

Per analizzare le cause e le origini della per-dita e dello spreco alimentare, è necessario considerare tutte le fasi della catena di ap-provvigionamento alimentare, che possono essere suddivise in sei principali aree:

1. Coltivazione, produzione agricola e raccolta;

2. Prima fase di trasformazione;

3. Trasformazione industriale;

4. Distribuzione;

5. Ristoranti e servizi di ristorazione;

6. Consumo domestico

Perdite e Sprechi Alimentari

1. Definizione di Perdite e Sprechi Alimentari

2. Cause di Perdite e Sprechi Alimentari

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I fattori climatici e ambientali, la diffusione di malattie e la presenza di parassiti sono le cause primarie di perdite di cibo in questa fase.

Ci sono differenze significative tra i paesi del Nord e del Sud del mondo, infatti diverse tecniche per la preparazione del terreno o di coltivazione possono evitare o aumentare la possibilità di perdita di cibo.

Fattori normativi ed economici possono svolgere un ruolo importante in questa fase. Se, ad esempio, l’offerta è superiore alla domanda, i produttori possono decidere di non raccogliere il prodotto o di deviare il suo impiego come mangime animale. Le perd-ite alimentari possono anche derivare dagli standard qualitativi per il consumo umano imposti dal diritto nazionale e internazio-nale. Se questi standard non sono soddisfat-ti, i prodotti possono andare persi.

Un altro fattore importante che può pro-durre spreco del cibo, è legato ai “requisiti estetici richiesti per forma e dimensioni dei prodotti agricoli”.17 Una ricerca condotta nel 2009 da Tristram Stuart ha dimostrato che, per esempio, il 25-30% della produzione di carote di uno dei più grandi fornitori di un famoso supermercato inglese vengono re-

spinte per ragioni estetiche.

Il supermercato, infatti, prevede che tutte le carote debbano essere diritte, in modo che i clienti possano sbucciarle per l’intera lung-hezza in un solo e facile colpo.

L’UE definisce gli standard qualitativi a livel-lo legale per l’Europa.18 Fino al 2008 vi erano norme sul piano estetico per 36 tipi di frutta e verdura. Questo è stato ridotto a 8 alla fine del 2008. 26 prodotti rientrano oggi sotto gli standard normali, senza regole specifiche per forma, dimensioni e colore. Devono essere integri, sani, puri, e privi di piaghe e di strani odori o gusto. La parte bianca dei porri, per esempio, non deve avere una lunghezza maggiore di 1/3 della lunghezza totale. Per dieci prodotti, tuttavia, esistono ancora degli standard specifici (kiwi, agrumi, mele, pomodori, lattuga ... - vedi figura 3.2 per alcuni esempi). Tali prodotti rappresen-tano il 75% del valore economico delle ven-dite di frutta e verdura. Questa semplifica-zione non ha portato a miglioramenti reali, infatti, dal 2008, la vendita di ortaggi e frutta divergenti è difficilmente aumentata. Il set-tore ha continuato ad utilizzare gli standard aboliti come norme private. Alcuni super-mercati utilizzano norme proprie ancora più severe rispetto ai requisiti giuridici dell’UE.

Figura 3.1 – Le fasi della catena di approvvigionamento alimentare

Fonte: BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni

a) Coltivazione, produzione agricola e raccolta:

23

Fonte: nostra elaborazione

In questa fase, le principali cause di perdi-ta di cibo sono i malfunzionamenti tecnici e le inefficienze nei processi produttivi. En-trambe le cause possono provocare perdite e danni sui prodotti alimentari che vengo-no poi respinti dal mercato. Ciò è partico-larmente vero per i paesi del Sud in cui la tecnologia è spesso inadeguata.

Nei paesi del Nord, sono i difetti di peso, forma o imballaggio del prodotto causati da errori nella trasformazione dei prodotti alimentari, a rappresentare alcune delle più grandi cause di spreco alimentare in questa fase.

Altre cause:

· • Versamenti o fuoriuscite a causa di tecniche di confezionamento po-vere;

· • Una produzione troppo grande per marchi di supermercati specifici che non può essere venduta altrove;

· • Surplus di magazzino, causa degli obblighi di ritiro della merce e can-cellazione degli ordini

Figura 3.2 – Alcuni esempi di requisiti estetici ancora esistenti nell’UE

b) Prima fase di trasformazione e trasformazione industriale:

24

La principale causa di perdite e sprechi in questa fase è la conseguenza di ordini in-appropriati e di proiezioni di domanda dei prodotti alimentari errate. Questo si traduce in enormi quantità di cibo non venduto pri-ma della data di scadenza e/o del deteriora-mento naturale.

Soprattutto nei paesi del Nord, altre cause di perdita e di spreco di cibo in questa fase sono:

· Limiti tecnologici nella conservazi-one dei prodotti;

· Danni al prodotto e / o alla confezi-one durante il trasporto e lo stoccag-gio;

· Errori del personale di vendita che non svolge correttamente le proce-dure di rotazione del magazzino;

· Ritiro di alcuni prodotti dal mercato per ragioni di sicurezza;

· Accordi contrattuali tra fornitori e distributori (per esempio relativi agli obblighi di ritiro della merce);

· Standard di vendita;

· Strategie di marketing (ad esempio “paghi uno prendi due”), che hanno lo scopo di promuovere la vendita di prodotti vicino alla data di scadenza, ma che trasferiscono il rischio dei rifiuti alimentari sui consumatori.

Nei paesi del Sud, sono le caratteristiche dei mercati a costituire le principali cause di perdita del cibo. Questi luoghi sono, di soli-to, di piccola dimensione, affollati, con un livello di scarsa igiene, con apparecchiature di refrigerazione e per il deposito non ade-guate.

Lo spreco alimentare nei consumi delle fa-miglie e della ristorazione è molto più alto nei paesi del Nord, piuttosto che nel Sud del Mondo.

A livello domestico, le principali cause sono:

· Troppo cibo cucinato, che causa i co-siddetti “avanzi”;

· La mancanza di competenze per uti-lizzare gli avanzi in un nuovo pasto;

· Il cibo non si consuma in tempo e ci sono difficoltà ad interpretare le etichette dei prodotti;

· Pianificazione errata degli acquisti;

· Acquisto impulsivo;

· Conservazione degli alimenti non corretta;

· Inadeguato confezionamento ed uso dei materiali;

· Conoscenza limitata di metodi per consumare in modo più efficiente e ridurre gli sprechi;

· Mancanza di consapevolezza della quantità di rifiuti che ognuno di noi produce.

Nel settore della ristorazione, le principa-li cause sono: l’eccessiva dimensione delle porzioni di cibo servite, le formule di buffet a prezzo fisso che incitano a mangiare più di quello che possiamo mangiare, la diffi-coltà di pianificare gli acquisti alimentari, la mancanza di accettazione di pratiche che permettano al cliente di portare a casa gli “avanzi” e le norme igieniche dell’UE (ad es-empio, il cibo non può restare fuori dal frigo per più di 2 ore).

c) Distribuzione: d) Consumo domestico e ristorazione:

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Le perdite e lo spreco alimentare mondiale è stato approssimativamente di 1.3 miliardi di tonnellate nel 2011, secondo fonti FAO.19 Questo costituisce un problema enorme specialmente se consideriamo che, quasi 1 miliardo di persone al mondo soffrono la fame.20

La quantità di cibo sprecato ogni anno nei paesi ricchi equivale quasi a quella prodotta nell’Africa Sub-Sahariana.

A livello globale, gli agricoltori sono in grado di produrre un ammontare di cibo che può soddisfare il fabbisogno giornaliero di Kilo-calorie di 2.3 persone adulte.21 Ma, a causa delle perdite e lo spreco che si registrano durante l’intera catena alimentare, come mostra la figura 3.3, l’ammontare finale di calorie disponibili è sufficiente esclusiva-mente per il fabbisogno di 1 persona adulta. Questo significa un 57% di perdite in calorie.

3. Perdite e Sprechi Alimentari: alcuni dati

Figura 3.3 – Stima delle perdite globali lungo la catena di produzione alimentare

Fonte: BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni

26

Quando analizziamo il grafico sopra, è nec-essario tenere a mente che, anche se è vero che la produzione di carne richiede l’uso di maggiori risorse naturali e di energia rispet-to ad altri alimenti, è una scelta intenzio-nale della maggior parte dei consumatori quella di mangiare carne. Quindi potrebbe non essere una perdita ma un risultato di un comportamento, mangiare troppa carne. Se prendiamo in considerazione quest’ultimo assunto, la dispersione di calorie potrebbe essere inferiore alla quantità che emerge dal grafico.

La figura 3.4 mostra le perdite di cibo pro-capite in base alle regioni del Mondo. Come possiamo vedere, i maggiori produt-tori di sprechi alimentari sono Europa, Nord America e Oceania e Asia Industrializzata, mentre il livello pro-capite più basso di spre-chi alimentari può essere registrato in Africa Sub-Sahariana e nel Sud-Est Asiatico.

Osservando i vari settori della catena di ap-provvigionamento alimentare, la fase in cui si produce maggiore spreco a livello mon-diale è quella della produzione agricola, se-

guita dalla manipolazione post – raccolta e dallo stoccaggio, poi dal consumo.

La figura 3.5 mostra il volume di perdite al-imentari a livello mondiale, in base alle fasi della catena. Sia nel Nord che nel Sud si registra un’ingente perdita di cibo nei cam-pi. Ma mentre nei paesi del Sud il secondo settore in cui avvengono le perdite è quello dell’immagazzinamento e il trasporto, nel Nord il secondo posto è detenuto dalla fase finale del Consumo.

Figura 3.4 – Perdite di cibo pro-capite nelle differenti regioni del mondo (kg/anno)

Fonte: BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni

27

A livello Europeo, uno studio prodotto dal DG Ambiente22 stima che la quantità di cibo perso e sprecato è di 89 milioni di tonnel-late o 180 kg pro - capite all’anno.23 La figu-ra 3.6 mostra lo spreco alimentare suddiviso per settore. La maggior parte delle perdite e dello spreco di cibo proviene dall’ambito domestico (76kg/anno/persona), seguito da quello manifatturiero. La distribuzione al dettaglio e all’ingrosso ammonta solo ad un 5% delle perdite.

E’ importante notare che quasi il 60% del-lo spreco domestico potrebbe essere evita-to con semplici precauzioni, quali cucinare porzioni di cibo più piccole, controllare la credenza prima di acquistare nuovo cibo, ecc.

Figura 3.5 – Volumi di perdite alimentari a livello mondiale in base alle fasi della catena di approvvigionamento alimentare

Fonte: EP ITAS 2013

28

I 3 paesi in Europa che registrano maggiori perdite alimentari sono i Paesi Bassi, il Bel-gio e Cipro (figura 3.7). I più virtuosi sono invece la Repubblica Ceca, Malta e la Grecia. Come mostra la figura c’è un’alta variabilità in Europa nell’ambito delle perdite alimen-tari. Dobbiamo comunque prendere in con-siderazione che questi dati non sono

completamente affidabili, in quanto le met-odologie per l’identificazione e la classifi-cazione dello spreco variano da uno Stato membro all’altro e non sono completa-mente confrontabili.

Negli Stati Uniti, uno studio del Diparti-mento per l’Agricoltura del Governo stima che ogni anno circa il 30% del cibo totale è sprecato. Questo equivale quasi a 37 mil-iardi di Euro, ossia quasi a un quarto della spesa totale per alimenti.

Come in Europa anche negli Stati Uniti la maggior parte degli sprechi avviene nelle famiglie e nei servizi di ristorazione/produz-ione di cibi cucinati. In questi due settori da soli vengono sprecate approssimativamente 41,3 milioni di tonnellate di cibo. Questa quantità corrisponde al 26% degli alimenti disponibili per il consumo.

Per i paesi del Sud ci sono sfortunatamente pochi dati e questi differiscono di molto a seconda della metodologia utilizzata e dal Paese preso in considerazione. Comunque, le stime si posizionano in una forbice del 20-50% di cibo perso e sprecato.24 In parti-colare, da dati FAO,25 il 36% del cibo racco-lto nell’Arica Sub-Sahariana va perso. Nella regione dell’Asia del Pacifico, la percentuale di alimenti persi oscilla tra il 15 e il 50% e in Asia meridionale, tra 8 e 40%, mentre nel Sud-Est Asiatico la percentuale varia tra il 9 e il 25%.

Quando parliamo delle perdite alimentari, possiamo anche considerarle per tipologia di cibo. La figura 3.8 mostra le perdite e lo spreco mondiale di alimenti per tipo.

Come si può osservare in termini di kilocalo-rie perse o sprecate, i cereali ammontano a più della metà del totale, seguiti da radici e bulbi e poi da frutta e verdura. Se esaminia-mo perdite e sprechi in base al peso, invece, scopriamo che frutta e verdura sono il cibo perso in maggior misura (44%), seguite da radici e bulbi e poi dai cereali.

Figura 3.6 – Stima dello spreco alimentare europeo in base al settore

Fonte: BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni

Figura 3.7 – Spreco alimentare pro-capite negli stati europei

Fonte: BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni

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Le perdite alimentari hanno due tipi di im-patto: Ambientale ed Economico.

Impatto ambientale: il primo impatto che le perdite di cibo hanno sull’ambiente è cor-relato all’emissione di gas serra. Uno studio FAO26 mostra che, escludendo i cambia-menti nell’utilizzo di terra, l’impronta di car-bonio globale delle perdite era equivalente a 3.3 miliardi di tonnellate di CO2, nel 2007. Questo significa che se inserissimo le perd-ite alimentari in una classifica sull’emissione di gas serra comprendente i primi 20 paesi, queste apparirebbero al 3° posto, dopo Cina e USA.

La distribuzione regionale pro-capite dell’im-pronta di carbonio è mostrata nella figura 3.9. Come per le perdite di cibo pro-capite, Europa, Nord America e Oceania, e l’Asia Industrializzata sono le regioni che hanno l’impronta di carbonio pro–capite più alta.

Figura 3.8 – Perdite e spreco alimentare mondiale in base alla tipologia di cibo

Fonte: WRI 2013

4. Impatti delle Perdite Alimentari

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Un altro impatto delle perdite alimentari è quello sull’acqua. L’impronta idrica blu27 per la produzione agricola del totale delle per-dite alimentari, nel 2007, era di 250 Km3, circa tre volte la dimensione del Lago di Ginevra.

Se si integra l’impronta idrica blu delle per-dite alimentari in una classifica dei maggiori consumatori di acqua blu, si nota che l’im-pronta idrica dello spreco alimentare è mag-giore di quella di qualunque paese.

Osservando la distribuzione regionale dell’impronta idrica blu pro-capite (figure 3.10), troviamo che il Nord Africa, l’Asia occi-dentale e l’Asia centrale sono le regioni con la maggiore impronta idrica blu pro-capite, seguite da Nord America e Oceania, e Sud e Sudest - Asiatico.

Questo può essere spiegato in parte a cau-sa del tipo di alimentazione prodotta parti-colarmente in Asia occidentale e centrale, ove le perdite avvengono principalmente per prodotti che richiedono molta acqua per crescere. Un’altra spiegazione di tale risultato può essere trovata nelle differenze nelle tecniche di irrigazione e nel maggiore bisogno di irrigazione in alcuni paesi.

Le perdite alimentari hanno anche un im-patto sulla terra. L’ammontare di cibo perso nel 2007 occupava circa 1.4 miliardi di ettari di terreni agricoli.28 Se compariamo ques-ti dati con la superficie dei più grandi paesi del mondo troviamo che solo la Federazione Russa è più ampia della terra occupata dallo spreco alimentare nel 2007.

Figura 3.9 – Volume delle perdite alimentari e impronta del carbonio pro-capite per regione

Fonte: FAO (2013), Food Wastage Footprint on Natural Resources. Technical Report, Rome

Si utilizzano 1,4 miliardi di ettari di terreni* per produrre cibi che

non verranno mai mangiati

*Più della superficie totale della Cina

Per produrre 1,3 miliardi di spre-co alimentare, sono stati utilizzati

250 miliardi di m3 di acqua*

*Equivalente al flusso annuale del fiume Volga, il fiume più grande d’Europa

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Impatto Economico: la FAO stima che, nel 2007, il costo economico dello spreco al-imentare mondiale, basato sul prezzo al produttore del 2009, era di circa 750 miliar-di di dollari, approssimativamente il PIL di Svizzera e Turchia nel 2011 (figura 3.11).

Figura 3.10 – Impronta idrica blu dello spreco alimentare pro-capite, per regione

Fonte: FAO (2013), Food Wastage Footprint on Natural Resources. Technical Report, Rome

Figura 3.11 – Spreco alimentare vs PIL dei 20 principali paesi in termini di PIL

Fonte: FAO (2013), Food Wastage Footprint on Natural Resources. Technical Report, Rome

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Quando si parla di come affrontare le per-dite e gli sprechi alimentari c’è un semplice schema che possiamo seguire:

Riduzione: la prevenzione è, di sicuro, il modo migliore per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari.

Per ridurre gli sprechi, prima di tutto, è im-portante sollevare l’attenzione sul prob-lema. Per fare ciò, grandi campagne di co-municazione sono lo strumento migliore. Queste campagne devono essere indiriz-zate a tutti gli stakeholder della catena di approvvigionamento alimentare per essere effettive perché, come abbiamo visto nel precedente capitolo, le perdite e gli sprechi alimentari avvengono lungo tutta la catena di approvvigionamento alimentare.

Inoltre, anche la promozione di controlli sulle perdite e gli sprechi alimentari può ai-utare ad aumentare la coscienza sul tema. Questo tipo di controlli può essere effettua-to semplicemente prendendo nota del tipo di cibo perso e sprecato e pesandolo, o può essere più sofisticato, con l’utilizzo di toolkit proposti dalle imprese.

È importante anche migliorare la comunica-zione lungo la catena di approvvigionamen-to alimentare per combinare la domanda e l’offerta di cibo. Se la comunicazione tra gli attori della catena di approvvigionamento migliora, di conseguenza ci sarà anche una maggiore corrispondenza tra domanda e offerta di prodotti che a sua volta produrrà minori perdite alimentari.

In alcuni casi, anche sviluppare migliori processi di raccolta, stoccaggio, trasfor-mazione, trasporto e vendita può aiutare ad affrontare le perdite alimentare. È dun-que importante migliorare le tecniche di raccolta e stoccaggio post-raccolta, di tras-formazione, packaging, trasporto e vendi-ta, pianificazione delle quantità dei servizi di distribuzione alimentare e abitudini dei consumatori.

Come affrontare le Perdite e gli Sprechi Alimentari

Source: FAO (2013), Reducing the food wastage footprint. Toolkit, Rome

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In relazione a quest’ultimo punto, la FAO29

offre alcuni suggerimenti per ridurre le per-dite e gli sprechi alimentari a livello domes-tico:

· Prima di andare a fare la spesa scrivi una lista di cosa serve. In questo modo acquisterai soltanto il cibo di cui hai davvero bisogno

· Porta la lista con te ed attieniti a quella.

· Compra frutta e verdure brutta per esprimere la tua volontà di superare le barriere estetiche.

· Mantieni il frigorifero in salute con-trollando le chiusure e le tempera-ture. Ricorda che la temperature deve restare tra gli 1 e i 5 gradi Cel-sius.

· Non buttarlo! Utilizza il cibo che sta iniziando ad andare a male per preparare ad esempio frullati o zuppe.

· Impara a capire le date del “con-sumare entro” e “consumare preferibilmente entro”.

· Utilizza gli avanzi per preparare i pasti per il giorno dopo.

· Impara a ruotare il cibo nel frigor-ifero e sui ripiani così che i cibi che scadono prima siano sempre in pri-ma linea.

· Riduci le porzioni di cibo che servi, così da sprecare meno cibo.

· Compra solo ciò di cui hai bisogno per esempio acquistando frutta e verdura sfusa.

· Congela ciò che non mangi del tuo pasto.

· Convertilo in concime per il giar-dino. Compra un contenitore per il compost e in pochi mesi avrai un concime ricco ed utile per le tue pi-

Inoltre, la legislazione può aiutare a preve-nire e diminuire le perdite alimentari. Per esempio, in vari paesi sono stati applicati un quadro legislativo e strategie per ridurre le perdite del raccolto e del post-raccolto ed il risultato è stato una riduzione delle perdite alimentari. In altri paesi, una legislazione per la prevenzione e la riduzione dello spre-co alimentare ha avuto un buon impatto.

È altresì importante che i governi rivedano le legislazioni su “consumare entro” e “con-sumare preferibilmente entro” chiarendo il significato dei due termini per evitare con-fusioni e sprechi di cibo ancora buono per il consumo.

Le date “consumare entro” e “con-sumare preferibilmente entro”

Molte persone non distinguono corretta-mente tra le due. Di conseguenza, buttano cibo perfettamente commestibile e sano. Questa pratica potrebbe spiegare fino al 20% delle perdite alimentari.

Prodotti con l’etichetta “consumare entro” potrebbero scadere nel breve termine ed es-sere quindi un rischio per la salute. Questo riguarda carni, pesce e alcuni prodotti di uso quotidiano. Tali cibi non possono essere ven-duti dopo la data “consumare entro”.

Prodotti con l’etichetta “consumare preferibilmente entro” possono essere con-servati per un periodo maggiore. Non vi è un vero pericolo per la salute. Dopo la data vi è una perdita di qualità come ad esempio un minore gusto, odore e colore (ad esem-pio, innocui punti bianchi sulla cioccolata al latte). Tali cibi possono essere conserva-ti dopo la data “consumare preferibilmente entro” per alcuni giorni (yoghurt) o anche alcuni mesi (caffè, cibo in scatola, thé, cara-melle, bevande fresche…). Questi cibi posso-no ancora essere venduti, sebbene sotto la responsabilità del venditore. La regola gen-erale è fidarsi dei propri sensi.

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Venditori e consumatori chiedono alti stan-dard al proprio cibo, relativi non soltanto all’igiene e della sicurezza per la salute, ma anche al suo aspetto, ovvero agli standard cosmetici del cibo. Ciò provoca una conti-nua esclusione di prodotti perfettamente commestibili. Ciò che non appare bello è scartato.

È dunque importante rivedere la regola-mentazione dei requisiti estetici. È altresì importante avviare campagne per convin-cere i consumatori che brutto non vuol dire cattivo.

Riuso: riutilizzare gli sprechi alimentari nor-malmente significa ridistribuirli in mercati alternativi o utilizzarli per impieghi alterna-tivi. Una cosa che può essere fatta per riuti-lizzare lo spreco alimentare è creare nuovi mercati per questi prodotti.

Una delle opzioni in questo caso è l’utilizzo dei prodotti non raccolti. I prodotti che altri-menti rimarrebbero nei campi a marcire, in questo modo sono venduti ad un prezzo ri-dotto. Nuovi mercati possono essere svilup-pati anche per prodotti scartati dai rivendi-tori ma ancora buoni per essere consumati. Questa iniziativa ha allo stesso tempo bene-fici economici, sociali e ambientali.

Il cibo può anche essere redistribuito alle persone in stato di bisogno. Sfortunata-mente, la quota di cibo redistribuito ad enti caritatevoli rimane molto bassa a causa di una serie di barriere. La barriera principale è il fatto che i distributori possono essere chiamati a rispondere legalmente in caso di intossicazione, malattia o altri malori causa-ti dal consumo del cibo donato. In questo ambito sono stati fatti dei piccoli passi, in quanto molti governi hanno iniziato ad im-plementare normative e regolamenti che proteggono i donatori di cibo da conseguen-ze civili o penali nei casi in cui i prodotti do-nati causino problemi di salute a qualunque soggetto.

Il cibo non adatto al consumo umano, come le bucce o il cibo non sano per il consumo degli esseri umani, può essere utilizzato per nutrire animali da allevamento. Ciò con-sente anche di risparmiare le risorse utiliz-zate per produrre cibo per gli animali.

Riciclo/recupero: c’è una distinzione tra rici-clare e recuperare. Mentre il primo termine significa trasformare i rifiuti in altra sostan-za, il secondo implica la produzione di nuova energia dai rifiuti.

Gli enti regolatori hanno fatto alcuni passi per sviluppare programmi di gestione dei ri-fiuti sostenibili, e promuovere e incentivare la differenziazione delle fonti dei materiali riciclabili. Tuttavia, questi passaggi non sono stati sufficienti per l’effettivo trattamento degli sprechi soprattutto perché la differen-ziazione delle fonti dei rifiuti alimentari è ancora bassa.

Alcuni esempi di riciclo/recupero dei rifiuti alimentari sono:

• Produzione di cibo da sottoprodotti e rifiuti ali-mentari, per esempio i fondi di caffé sono stati utilizzati nella coltivazione dei funghi. • Digestione anaerobica in cui “lo spreco ali-mentare è microbiologicamente disaggregato in contenitori chiusi in assenza di ossigeno”.30

Questo processo produce due risultati: digesta-to che può essere usato come fertilizzante, e biogas che può essere utilizzato, tra i vari scopi, per generare carburante per i veicoli.• Compostaggio, che ha numerosi benefici, come risparmio economico, miglioramento del-la salute dei suoli, prevenzione dell’erosione del suolo, e aumento dell’attenzione sulla quantità di cibo sprecato. Tuttavia, le risorse su cui incide la produzione di cibo sono generalmente mag-giori di quanto torna al suolo con il compostag-gio. • Incenerimento con recupero di energia. Que-sta pratica dovrebbe essere evitata e, in assen-za di alternative, dovrebbe essere considerata come l’ultima risorsa nel riciclo/recupero del cibo sprecato perché è una delle tecniche meno efficienti.

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In questo breve dossier, abbiamo visto che in tutto il mondo 1.3 miliardi di tonnellate di cibo vengono perse e sprecate ogni anno. Circa la stessa quantità del cibo prodotto nell’Africa Sub-Sahariana. Le cause di tali perdite sono sia dei limiti tecnici nei primi stadi della catena di approvvigionamento alimentare, che errori nelle previsioni degli ordini e strategie di marketing e vendita nei settori della distribuzione. Negli anelli finali della catena le ragioni dello spreco alimen-tare sono l’eccessivo acquisto e le eccessive porzioni preparate, le difficoltà nel com-prendere le differenze tra le etichette “con-sumare entro” e “preferibilmente entro” ed errori nella conservazione del cibo.

Lo spreco alimentare ha grandi impatti am-bientali ed economici. É stimato che in Ita-lia, frutta e verdure gettati via dai rivendi-tori coinvolgono un consumo di acqua pari a 36.5 miliardi di bottiglie da due litri. Dal punto di vista economico, solo negli Stati Uniti, è stimato che lo spreco alimentare ammonta a circa 4,4 dollari al giorno. Una cifra sufficiente per sfamare una famiglia dei paesi del Sud.

Noi, come consumatori, possiamo fare mol-to per prevenire ed evitare lo spreco alimen-tare. Come abbiamo visto nel presente dos-sier, seguire alcuni passi basilari può aiutarci a ridurre lo spreco alimentare. Dobbiamo anche sensibilizzare sul tema le persone a noi vicine, cosi tutti insieme potremmo fare molto per prevenire ed evitare il problema.

Gli studenti possono, per esempio, chiedere alle proprie scuole di ridurre lo spreco ali-mentare. Un buon esempio di ciò viene dal comune di Halmstad (Regno Unito) dove le scuole hanno gareggiato per ridurre la per-dita e lo spreco alimentare nelle loro mense. Il progetto, una campagna d’informazione a lungo termine rivolta alle scuole medie e

superiori del territorio comunale, era stato elaborato come una competizione tra scuo-le, dove la scuola con meno scarti avrebbe vinto. Il risultato è stato che durante la cam-pagna lo spreco alimentare è diminuito da 44,7 grammi a porzione a 38,8 grammi, una diminuzione del 14%.Questo è stato un impatto molto positivo di una campagna semplice che può essere rea-lizzata in ogni parte del mondo.

I giovani possono anche chiedere alle loro famiglie di seguire il metodo, creato da Oxfam, chiamato “The Grow Method”.31

Tale metodo, tra altri, prevede passi sem-plici per evitare e prevenire lo spreco ali-mentare.

Sotto il cappello “Save Food”, ci sono alcuni suggerimenti semplici che ognuno può ap-plicare per risparmiare il cibo. Questi sug-gerimenti sono:

1. Usare la lista della spesa del Grow Method basata sul piano dei pasti della settimana. Questo è un ottimo modo per tagliare lo spreco alimentare.

2.Ama i tuoi avanzi. Usali per prepara-re altre ricette.

Conclusioni

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3. Chiedi la doggy bag. Anche se non è una pratica diffusa nel tuo paese, non c’è vergogna a chiedere la busta degli avanzi se non si è finito il cibo nel piat-to al ristorante. Meglio nel tuo pancino che nella spazzatura, specialmente a questi prezzi!

4. Chiedi ai negozi locali di combattere contro lo spreco. Puoi semplicemente chiedere ai negozi del tuo vicinato cosa stanno facendo per ridurre lo spreco alimentare e spiegare loro che ci sono molte soluzioni per ridurlo, per esem-pio, donare gli avanzi alle banche del cibo.

5. Etichette “da consumare entro”. Tie-ni etichette e penne a portata di mano nella tua cucina, cosi potrai scrivere un’etichetta con la data “da consumar-si entro” per ogni avanzo, o prodotto aperto e attaccarla nella confezione. In questa maniera sarai sicuro di usare gli avanzi in tempo e ridurre lo spreco ali-mentare.

Ridurre lo spreco e le emissioni

Mirare a raggiungere una società a “spreco zero” entro il 2030, con standard del 100% di prodotti rici-clati, un ciclo della vita dei prodotti più lungo, e lo sviluppo di nuovi metodi di riciclo. Ridurre le emis-sioni attraverso la riduzione del packaging e dei trasporti. Effettivamente combattere l’inquinamen-to ridondante, per esempio attraverso l’educazione. Bandire le buste di plastica nei negozi.

Educazione

Migliore comprensione ed educazione sull’ambi-ente e sulla sostenibilità. La sostenibilità sarà una materia delle scuole elementari. Nei media pubblici ci dovrebbero essere maggiori informazioni sulla sostenibilità e transizione ecologica nell’Unione Eu-ropea.

Seguendo queste raccomandazioni e i sem-plici passi che abbiamo visto prima si può fare una grande differenza e ci aiuta a “Don’t waste our future!” (“Non sprechiamo il no-stro futuro!”).

Cibo Sostenibile

Enfatizzare l’idea di produzione di cibo regionale, stagionale e biologica (no OGM), sviluppare il siste-ma “Chilometri del cibo” (=I costi del cibo includono i costi nascosti, per esempio il benessere degli an-imali), adottare una politica unificata sullo spreco per l’industria alimentare, educare la gente sulla produzione e lo spreco di cibo e dare incentive per una diversificazione della dieta europea.

Durante lo European Youth Event 2014 (EYE2014), i giovani hanno portato alcune raccomandazioni sulla sostenibilità in ge-nerale, ma anche sulla riduzione di spreco alimentare e sul concetto di cibo sostenibile quali ad esempio cosa si aspetterebbero dal sistema educativo in questa direzione. Le raccomandazioni sono:

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Definizioni

AgricolturaAgricoltura, orticultura, coltivazione della frutta, allevamento degli animali incluse le mucche da latte, maiali, pecore, capre, polli…

Trasporto e stoccaggioStoccaggio e trasporto di cibo dopo la raccolta fino alle piattaforme industriali di trasformazio-ne.

Industria alimentare e di trasformazioneInsieme delle aziende che trasformano il cibo effettuando sezionamento, cucina, sminuzza-mento, congelamento, confezionamento…ad esempio nella produzione di marmellate, cioc-colato in crema, yogurt, formaggio, pasti pronti, verdure tagliate e impacchettate, cibo in sca-tola…

DistribuzioneAll’ingrosso e al dettaglio, supermarket, alimentari, pescherie…

Servizi alimentari e di ospitalitàHotel, ristoranti, bar, catering, mense…

Agricoltura IndustrialeProduzione di massa su larga scala, a capitale intensivo, meccanicizzata e/o automatizzata e standardizzata che adotta l’uso di pesticidi e fertilizzanti artificiali.

Sistema Alimentare IndustrialeStessa cosa ma inerente alla produzione, alla trasformazione e alla distribuzione.

EutrofizzazioneL’Eutrofizzazione è un processo per cui i bacini idrici, come laghi, estuari o ruscelli, ricevono un’eccedenza di sostanze che stimolano una crescita di flora eccessiva (alghe, perifton che si attaccano alle alghe, erbe nocive infestanti). Quest’aumento della crescita di piante, spes-so chiamato fioritura algale (algal bloom) riduce l’ossigeno presente nell’acqua che avviene quando le piante muoiono ed il materiale decomposto causa la morte di altri organismi. Le sostanze causa dell’eutrofizzazione provengono da fonti differenti, come i fertilizzanti utilizzati nei campi agricoli, nei campi da golf e nel verde suburbano; il rilascio di azoto dall’atmosfera; l’erosione del suolo che contiene queste sostanze; e il trattamento dei rifiuti negli stabilimenti. L’acqua con un basso tasso di ossigeno è chiamata Hypoxia.

Gas a effetto serraI gas che trattengono il calore nell’atmosfera sono chiamati gas ad effetto serra. I principali gas ad effetto serra nell’atmosfera sono:• Anidride Carbonica (CO2): entra nell’atmosfera attraverso la combustione di combu-stibili fossili (carbone, gas naturali e petrolio), rifiuti solidi, alberi e prodotti di legno, e anche come risultato di alcune reazioni chimiche (es: produzione di cemento).

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L’anidride carbonica viene rimossa dall’atmosfera (o isolata) quando viene assorbita dalle pian-te all’interno del ciclo biologico del carbonio. • Metano (CH4): viene emesso durante la produzione ed il trasporto di carbone, gas naturali e del petrolio. Le emissioni di metano provengono anche dall’allevamento ed altre pratiche agricole e dalla decomposizione dei rifiuti organici nelle discariche.• Protossido di Azoto (N2O): viene emesso durante le attività agricole ed industriali, così come durante la combustione di combustibili fossili e di rifiuti solidi. • Gas Fluorurati: gli idrofluorocarburi, i perfluorocarburi, l’esafluoruro di zolfo e il tri-fluoruro di azoto sono dei gas ad effetto serra potenti e sintetici che vengono emessi da una molteplicità di processi industriali. I gas fluorurati a volte vengono impiegati come sostituto come sostanze lesive per l’ozono stratosferico (es.: clorofluorocarburi, idroclorofluorocarburi e gli halon). Questi gas sono emessi in piccole quantità, ma data la loro potenza, sono spesso definiti come gas ad alto potenziale di riscaldamento globale (High Global Warming Potential gases - High GWP gases).Source: http://www.epa.gov/climatechange/ghgemissions/gases.html

AzotoL’azoto è un elemento estremamente diffuso in natura. Infatti, circa il 78% dell’atmosfera ter-restre è composto da azoto allo stato gassoso (N2). Varie trasformazioni sia chimiche che bio-logiche danno luogo a composti a base di azoto e a molecole organiche, che sono essenziali per la crescita delle piante, degli animali e del genere umano. La produzione agricola dipende in parte dal ciclo dell’azoto all’interno dell’ambiente rurale.Idealmente, sarebbe più benefico, a livello economico e ambientale, trattenere l’azoto all’in-terno del ciclo naturale per la produzione di cibo. In realtà, è possibile che si verifichino alcune perdite. Una perdita troppo alta di azoto può causare danni ambientali. La chiave per gestire le fonti di azoto, inclusi gli effluenti di allevamento e i nutrienti per le coltivazioni, è essere il più efficienti possibile. Fase fondamentale di questo processo è di assicurare che le pratiche di gestione dell’azienda agricola siano utilizzate tenendo conto della capacità dei terreni e dei raccolti di rimuovere l’azoto. E’ importantissimo utilizzare l’azoto derivante da un processo naturale e non da un processo di sintesi chimica.

FosforoIl fosforo è un elemento nutritivo essenziale per le piante e gli animali. Il fosforo costituisce parti di molecole essenziali che sono molto diffuse nella biosfera. Il fosforo non entra nell’at-mosfera, rimane principalmente nella terra, nelle rocce e nei suoli ricchi di minerali. L’80% del fosforo estratto è utilizzato nella produzione di fertilizzanti e ne costituisce uno dei tre compo-nenti chiave. Il fosforo è cruciale per la produzione alimentare e per quella animale.

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Capitolo 1: Diritto al Cibo e Sicurezza Alimentare

1 http://www.fao.org/righttofood/about-right-to-food/en/ 2 Committee on Economic, Social and Cultural Rights (CESCR), General Comment 12, The right to adequate food, 1999. UN Doc. E/C. 12/1999/53 UNHR (2010), The right to adequate food. Fact sheet No. 34, Geneva.4 FAO (1996), The State of Food and Agriculture, Rome.5 UNHR (2010), The right to adequate food. Fact sheet No. 34, Geneva.6 Declaration of Nyéléni, Sélingué, Mali, February 2007, http://www.nyeleni.org/spip.php?article2907 FAO, IFAD and WFP (2014), The State of Food Insecurity in the World 2014. Strengthening the enabling environ-ment for food security and nutrition, Rome, FAO.8 ONE (2013), The Maputo Commitments and the 2014 African Union Year of Agriculture.

Capitolo 2: Impatto ambientale della produzione del cibo

9 I gas che bloccano il calore nell’atmosfera sono chiamati gas serra. Maggiori informazioni nella sezione delle «Definizioni».10 FAO (2006), Livestock’s long shadow, Rome.11 L’azoto è un elemento estremamente diffuso in natura. Infatti, circa il 78% dell’atmosfera terrestre è composto da azoto allo stato gassoso (N2). Varie trasformazioni sia chimiche che biologiche danno luogo a composti a base di azoto e a molecole organiche, che sono essenziali per la crescita delle piante, degli animali e del genere umano. La produzione agricola dipende in parte dal ciclo dell’azoto all’interno dell’ambiente rurale.

Idealmente, sarebbe più benefico, a livello economico e ambientale, trattenere l’azoto all’interno del ciclo naturale per la produzione di cibo. In realtà, è possibile che si verifichino alcune perdite. Una perdita troppo alta di azoto può causare danni ambientali. La chiave per gestire le fonti di azoto, inclusi gli effluenti di allevamento e i nutrienti per le coltivazioni, è essere il più efficienti possibile. Fase fondamentale di questo processo è di assicurare che le pratiche di gestione dell’azienda agricola siano utilizzate tenendo conto della capacità dei terreni e dei raccolti di rimuovere l’azoto. E’ importantissimo utilizzare l’azoto derivante da un processo naturale e non da un processo di sintesi chimica.12 Il fosforo è un elemento nutritivo essenziale per le piante e gli animali. Il fosforo costituisce parti di molecole es-senziali che sono molto diffuse nella biosfera. Il fosforo non entra nell’atmosfera, rimane principalmente nella terra, nelle rocce e nei suoli ricchi di minerali. L’80% del fosforo estratto è utilizzato nella produzione di fertilizzanti e ne costituisce uno dei tre componenti chiave. Il fosforo è cruciale per la produzione alimentare e per quella animale. Tuttavia, un utilizzo estensivo (e intensivo) dei fertilizzanti in agricoltura (in particolare dei fertilizzanti sintetizzati chimicamente), e anche le emissioni di azoto e fosforo provenienti dagli scarichi industriali, l’aumento della popo-lazione e l’utilizzo estensivo di alcuni prodotti derivanti dallo spreco urbano, ne hanno portato all’accumulo negli ambienti acquatici (vicino alle aree di fertilizzazione intensa). L’accumulo di queste sostanze nutritive è chiamato Eutrofizzazione; quando si verifica, può portare ad una crescita intensa ed esponenziale di alghe e batteri che, uti-lizzando tutto l’ossigeno disponibile, uccidono ogni altra specie nell’ecosistema. L’Eutrofizzazione si verifica sia nei piccoli stagni vicini alle aziende agricole, sia nei vasti bacini d’acqua come il Mar Baltico.

Fonti

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13 L’Eutrofizzazione è un processo per cui i bacini idrici, come laghi, estuari o ruscelli, ricevono un’eccedenza di so-stanze che stimolano una crescita di flora eccessiva (alghe, perifton che si attaccano alle alghe, erbe nocive infestan-ti). Quest’aumento della crescita di piante, spesso chiamato fioritura algale (algal bloom) riduce l’ossigeno presente nell’acqua che avviene quando le piante muoiono ed il materiale decomposto causa la morte di altri organismi. Le sostanze causa dell’eutrofizzazione provengono da fonti differenti, come i fertilizzanti utilizzati nei campi agricoli, nei campi da golf e nel verde suburbano; il rilascio di azoto dall’atmosfera; l’erosione del suolo che contiene queste sostanze; e il trattamento dei rifiuti negli stabilimenti. L’acqua con un basso tasso di ossigeno è chiamata Hypoxia.14 https://www.nrdc.org/globalWarming/files/eatgreenfs_feb2010.pdf 15 https://www.nrdc.org/globalWarming/files/eatgreenfs_feb2010.pdf

Chapter 3: Perdite e Sprechi Alimentari

16 C. Priefer, J. Jörissen and K-R. Bräutigam (2013), Technology options for feeding 10 billion people. Option for cutting food waste. Study, IP/A/STOA/FWC/2008-096/Lot7/C1/SC2-SC417 BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni18 Tristram Stuart (2009), Understanding the Global Food Scandal.19 EU directive EC/1221/2008 20 Gustavsson, J., Cederberg, U.. Sonnes and Swedish Institute for Food and Biotechnology (SIKGothenurg) (2011), Global Food Losses and Food Waste, FAO21 Oxfam (2012), The Food Transformation. Harnessing Consumer Power to Create a Fair Food Future, Oxford.22 BFNC (2012), Food waste: causes, impacts and proposals, Codice Edizioni23 European Commission – DG Environment Unit C1 (2011), Food Waste in the EU: a study by the European Com-mission. Workshop on municipality waste prevention, Barcelona.24 This data does not take into consideration losses that occur at agricultural level.25 KADER, A. (2012) Increasing food availability by reducing post harvest losses of fresh produce. 5th Int. Posthar-vest Symposium. Retrieved 26 FAO (2013), Food Outlook - Bianunnual report on global food markets, Rome27 FAO (2013), Food Wastage Footprint on Natural Resources. Summary report, Rome28 Volume dell’acqua di superficie o sotterranea consumata come risultato della produzione di un bene o servizio. Il consumo si riferisce al volume dell’acqua fresca usata e poi evaporata o incorporata in un prodotto. Include anche l’acqua estratta da bacini idrografici di superficie o sotterranei e riversata in altri bacini o nel mare. È l’ammontare dell’acqua estratta da bacini idrografici di superficie o sotterranei che non ritorna nel bacino da cui è stata prelevata. 29 FAO (2013), Food Wastage Footprint on Natural Resources. Technical Report, Rome

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Segreteria del progetto:FELCOS Umbria Fondo di Enti Locali per la Cooperazione Decentrata e lo Sviluppo Umano Sostenibile

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