DOSSIER Gladiatori in Sicilia - editorialeagora.it · gli un monumento fune-bre e di affrancare...

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AGORÀ AGORÀ AGORÀ AGORÀ AGORÀ 4 Sebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002) www.editorialeagora.it - E-mail: [email protected] di Sebastiano Barresi DOSSIER A dx.: A dx.: A dx.: A dx.: A dx.: F. 1 - Elmo bronzeo rinvenuto nella “Caserma dei gladiatori” di Pompei - I secolo d.C. (Napoli, Museo Archeologico Nazionale). In basso In basso In basso In basso In basso: F. 2 - Capua, lastra tombale dipinta con scena di duello - IV secolo a.C. (già Capua, Museo campano). Gladiatori in Sicilia 1. Introduzione S iracusa, anno imprecisato del princi- pato di Augusto o, al più tardi, di Tiberio: durante una esibizione di gladiatori, Haterius Rufus, cavaliere romano, muore trafitto accidentalmente dalla spada di un gladiatore. Al poveretto la morte era stata preannunciata da un sogno. Ricordato da Valerio Massimo (1) , storico dell’età di Tiberio, l’aneddoto, in apparenza ba- nale, è in realtà una testimonianza del precoce interesse suscitato dai giochi gladiatori anche in una provincia come la Sicilia, indubbiamen- te più greca che romana per cultura. Oggi noi moderni, pur maestri nella “spettacolarizzazione” della violenza e della morte, inorridiamo all’idea che l’uccisione di un uomo possa diventare occasione di svago e puro intrattenimento, ma il fascino di quegli uomini coraggiosi pronti a sfidare la morte nel- l’arena, lo stesso fascino per cui Plinio il Giova- ne lodava la valenza educativa delle lotte tra gladiatori «il vero uomo deve essere coraggio- so e capace di sprezzare il dolore», quel fasci- no, dicevo, non solo ancora oggi rimane intat- to, ma trova periodicamente nuovi campioni negli eroi che il cinema ci propone (dallo Spartacus di Stanley Kubrick al Maximus di Gladiator interpretato da Russell Crowe). La nostra breve “passeggiata” tra le belve e gli uomini esibiti negli anfiteatri del mondo ro- mano consentirà di conoscere un po’ meglio la realtà dei gladiatori e porterà ad osservare con occhio più attento e consapevole i monu- menti siciliani che di quel mondo sono splen- dida testimonianza (2) . 2. L’origine dei munera gladiatoria F iglie, secondo certa letteratura, della tra- dizione etrusca, le lotte tra gladiatori, o meglio tra bustuari (da latino bustus, il rogo su cui si bruciava il corpo del defunto (3) ), nasco- no con maggiore probabilità in ambiente italico, osco-campano in particolare, dove, come ben documentano le lastre dipinte di alcune tom- be rinvenute a Capua e a Paestum, era costu- me per i funerali di cittadini illustri far combat- tere fra loro prigionieri e schiavi (4) . Lo stretto legame tra questi duelli e l’uso rituale di bagna- re con il sangue la sepoltura sta, del resto, an- che all’origine dell’introduzione dei combatti- menti tra gladiatori nella stessa Roma, dove,

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AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀ44444Sebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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diSebastianoBarresi

DOSSIER

A dx.:A dx.:A dx.:A dx.:A dx.: F. 1 - Elmobronzeo rinvenutonella “Casermadei gladiatori” diPompei - I secolod.C. (Napoli,MuseoArcheologicoNazionale).In bassoIn bassoIn bassoIn bassoIn basso: F. 2 -Capua, lastratombale dipintacon scena diduello - IV secoloa.C. (già Capua,Museo campano).

Gladiatori in Sicilia

1. Introduzione

Siracusa, anno imprecisato del princi- pato di Augusto o, al più tardi, di Tiberio: durante una esibizione di

gladiatori, Haterius Rufus, cavaliere romano,muore trafitto accidentalmente dalla spada diun gladiatore. Al poveretto la morte era statapreannunciata da un sogno.

Ricordato da Valerio Massimo(1), storicodell’età di Tiberio, l’aneddoto, in apparenza ba-nale, è in realtà una testimonianza del precoceinteresse suscitato dai giochi gladiatori anchein una provincia come la Sicilia, indubbiamen-te più greca che romana per cultura.

Oggi noi moderni, pur maestri nella“spettacolarizzazione” della violenza e dellamorte, inorridiamo all’idea che l’uccisione diun uomo possa diventare occasione di svagoe puro intrattenimento, ma il fascino di quegliuomini coraggiosi pronti a sfidare la morte nel-l’arena, lo stesso fascino per cui Plinio il Giova-ne lodava la valenza educativa delle lotte tragladiatori «il vero uomo deve essere coraggio-so e capace di sprezzare il dolore», quel fasci-no, dicevo, non solo ancora oggi rimane intat-to, ma trova periodicamente nuovi campioninegli eroi che il cinema ci propone (dallo

Spartacus di Stanley Kubrick al Maximus diGladiator interpretato da Russell Crowe).

La nostra breve “passeggiata” tra le belve egli uomini esibiti negli anfiteatri del mondo ro-mano consentirà di conoscere un po’ megliola realtà dei gladiatori e porterà ad osservarecon occhio più attento e consapevole i monu-menti siciliani che di quel mondo sono splen-dida testimonianza(2).

2. L’origine dei munera gladiatoria

Figlie, secondo certa letteratura, della tra- dizione etrusca, le lotte tra gladiatori, o

meglio tra bustuari (da latino bustus, il rogo sucui si bruciava il corpo del defunto(3)), nasco-no con maggiore probabilità in ambiente italico,osco-campano in particolare, dove, come bendocumentano le lastre dipinte di alcune tom-be rinvenute a Capua e a Paestum, era costu-me per i funerali di cittadini illustri far combat-tere fra loro prigionieri e schiavi(4). Lo strettolegame tra questi duelli e l’uso rituale di bagna-re con il sangue la sepoltura sta, del resto, an-che all’origine dell’introduzione dei combatti-menti tra gladiatori nella stessa Roma, dove,

55555AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀSebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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come tramandato dalle fonti antiche, nel 264a.C. i figli di Giunio Bruto Pera, in occasione deifunerali del padre, per la prima volta fecero com-battere fra loro coppie di schiavi lì inviati peressere sacrificati sulla tomba del genitore(5).

Da allora in poi gli spettacoli gladiatori, imunera gladiatoria, offerti a scopo funerario ea titolo assolutamente privato (da qui il nomelatino di munus, inteso cioè come dono, maanche come “officium mortuorum debitum”,per citare Tertulliano(6)) divennero sempre piùfrequenti. Ne offrirono Cecilio Metello Scipione,Giulio Cesare, Ottaviano Augusto e Tiberio sinquando, al tempo di Domiziano, dandoper un verso maggiore risalto aimunera pubblici in vigore dal 105a.C., si cercò di abolire i muneraprivati, ormai organizzati nellepiù diverse occasioni (funerali,nascite, matrimoni, dediche dimonumenti, vittorie) e diventa-ti sempre più strumento effica-cissimo di propaganda politica(tanto le masse venivano con-quistate da questi spettacoli chefu vietata la candidatura alleelezioni a chi aveva or-ganizzato giochigladiatori nei due anniprecedenti).

L’allestimento di unospettacolo di gladiatori, del resto, com-portava una complessa organizzazio-ne, regolata dalle leges gladiatoriae,che, a cominciare dall’editor dei gio-chi, l’imperatore o i magistrati citta-dini, coinvolgeva esponenti di tuttele fasce della società romana. Prota-gonisti assoluti dello spettacolo erano co-munque loro, i gladiatori.

3. I gladiatori

I gladiatori (il nome deriva da gladium, la spada di cui erano dotati) erano per lo

più criminali, schiavi, prigionieri di guerra, con-dannati a morte o ai lavori forzati, addestratiappositamente per combattere durante imunera gladiatoria. In buona parte stranieri,come il siriano Flamma ricordato in un’iscri-zione funeraria rinvenuta a Palermo(7), tra essiin via del tutto straordinaria si potevano trova-re senatori e cavalieri in cerca di “emozioni for-ti” (è noto, ad esempio, quanto l’imperatoreCommodo amasse misurarsi nell’arena(8)) o,con maggiore frequenza, semplici liberi citta-dini che, caduti in disgrazia, rinunciando al pro-prio status di uomini liberi e vincolandosi pergiuramento (auctoramentum) ad un impresa-rio di gladiatori(9), tentavano di risollevare la pro-pria sorte abbracciando una professione cer-tamente estrema che, con l’aiuto della fortuna,avrebbe potuto tuttavia assicurare fama e gua-

dagni. Amati dal pubblico e idolatrati dalle don-ne, disposte, in qualche caso, ad abbandona-re anche la famiglia per loro(10) (a Pompei unaepigrafe invoca il gladiatore Celado il Traciocome suspirium puellarum), i gladiatori di suc-cesso dovevano comunque rappresentare l’ec-cezione rispetto ad una regola crudele e brutale.

Di fatto prigionieri, ridotti ad una condizio-ne servile ed infamante, i gladiatori erano in-quadrati all’interno di organizzazioni, dettefamiliae, gestite da un lanista che ne curava ilmantenimento e la preparazione al combatti-mento. Addestrati dai cosiddetti doctores e daveterani affrancati, i gladiatori vivevano nei ludi,vere scuole-caserme con piccole cellette po-ste attorno ad un cortile funzionante da pale-stra, dove un’alimentazione soddisfacente (la

cosiddetta gladiatoria sagina), evidente-mente finalizzata a migliorare le presta-

zioni fisiche, non poteva certo riscatta-re le pessime condizioni di vita, le pu-

nizioni corporali, la rigida disci-plina cui erano sottoposti

gli uomini(11).Scuole di questo

genere erano diffuse intutto l’impero, ma le più

famose erano senza dub-b i o quelle di Roma (ad esem-

pio il ludus Dacius, il ludus Gallicused il ludus Magnus nei pressi del

Colosseo) e quelle della Campania: allascuola di Capua gestita da Lentulo

Batiato apparteneva, ad esempio,Spartaco, certamente il più noto tra igladiatori.

Anche la Sicilia aveva le suefamiliae gladiatoriae.Ad una di queste fa, ad esempio, riferi-

mento un’iscrizione funeraria, di epoca flavia-traianea, rinvenuta a Thermae (TerminiImerese), posta da un certo Spec(i)es, eques,cioè gladiatore a cavallo, per Callistus, gladiatore

Al centro: Al centro: Al centro: Al centro: Al centro: F. 3 -Elmo bronzeo daparata rinvenutonella “Casermadei gladiatori” diPompei - I secolod.C. (Napoli, Mu-seo ArcheologicoNazionale).In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: F. 4 -Paestum, tombadel Gaudio 2/1972: lastratombale con sce-na di duello. Il ca-rattere rituale del-lo scontro è con-fermato dalla pre-senza di un arbi-tro alle spalle deicombattenti - IVsecolo a.C.(Paestum, MuseoArcheologico).

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trace a sua volta servo diun certo Treb(onius) “ilquale visse (ovvero vin-se!) per venti anni (ovve-ro in venti combattimen-ti!)”(12).

Ancora più interes-sante, oltre che toccan-te, è una lettera-testa-mento inviata da un figliomorente al padre resi-dente a Cephaloedium(Cefalù)(13). Mandato dalgenitore, evidentementeun lanista, a combattereinsieme al suoministerium, o familia,nella lontana Sirmium(oggi Sremska Mitrovica,circa 70 km. a Nord-Estdi Belgrado), il giovane, inpunto di morte forse perle ferite riportate duran-te un combattimento,chiede al padre di eriger-gli un monumento fune-bre e di affrancarel’alumnus Eutychianos ed il servo Aprile, unicocomponente della familia ad uscire vincitoredai combattimenti nell’arena(14).

In realtà per un gladiatore le occasioni diriconquistare la libertà non dovevano essererare. Le vittorie nei combattimenti, infatti, pote-vano procurare la fama ed il denaro necessarial riscatto (Svetonio ricorda le cifre astronomi-che richieste da alcuni gladiatori imperiali or-mai in pensione per tornare a combattere inoccasioni straordinarie), così come una car-riera condotta in modo onorevole poteva pro-

curare al gladiatore invecchiato la rudis, unaspada di legno che significava il ritiro dal com-battimento ed il ritorno alla libertà(15). Il proble-ma però stava nel riuscire ad avere una carrie-ra lunga e vittoriosa, visto che le prove alle qua-li era chiamato il gladiatore erano, nei fatti, ter-ribili!

Dotati nei tempi più antichi di armi ed ar-mature legate alle aree geografiche di apparte-nenza, i gladiatori sotto Augusto, in base al tipodi armamento e al ruolo da ricoprire durante ilcombattimento, furono divisi in classi ben de-finite, destinate a scontrarsi fra loro secondoaccoppiamenti e modalità standardizzati.

Una delle sfide più tipiche, ad esempio, eraquella tra il reziario (fu un reziario ad uccidere,come detto, il cavaliere romano Haterius Rufusa Siracusa) ed il mirmillone. Il primo, privo dielmo e di schiniere era armato, come un pe-scatore, con un tridente ed una rete utile a cat-turare l’avversario che, al contrario, con spadae scudo rettangolare, tentava la difesa come ilpesce (murma) raffigurato sul suo elmo. Con-tro il reziario era solito combattere anche ilsecutor, l’inseguitore, il cui elmo a calotta, offri-va ben pochi appigli alla rete dell’avversario;secutor fu il ricordato Flamma, siriano, suo mal-grado destinatario di un’epigrafe funeraria, rin-venuta a Palermo, nella quale il commilitoneDelicatus (nome affatto strano per ungladiatore!) ripercorre rapidamente una car-riera, quella del compagno morto, scandita daventuno combattimenti vittoriosi, nove pareg-gi e quattro sconfitte terminate con la grazia.

Un’altra sfida assai comune era quella tra

In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: F. 5 -Roma, particolaredi mosaico conscene dicombattimentotra gladiatori, daTorre Nova,presso la viaTuscolana - IIIsecolo d.C.(Roma, GalleriaBorghese).In basso:In basso:In basso:In basso:In basso: F. 6 -Roma, particolaredi mosaico conscene dicombattimentotra gladiatori, daTorre Nova,presso la viaTuscolana - IIIsecolo d.C.(Roma, GalleriaBorghese).

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l’oplomaco, o samnes (sannita cioè, con evi-dente allusione all’origine dei gladiatori), dota-to di armamento pesante, ed il trace (thraex)munito di un piccolo scudo (parmula), di unacorta spada ricurva (sica) e di un caratteristicoelmo a larghe tese con cimiero. Thraex era ilCallisto menzionato nella già ricordata iscrizio-ne di Thermae e ancora un thraex potrebbeessere il gladiatore raffigurato in una piccolaterracotta rinvenuta da Paolo Orsi a Catania inarea di necropoli che “allude indubbiamente acostumanze (gladiatorium munus) di età ro-mana”(16). Benché manchino sicure attestazioninon si può certo escludere che negli anfiteatrisiciliani (erano questi gli edifici destinati ai com-battimenti) si esibissero anche altri tipi digladiatori, come il provocator, allenato a com-battere con tutti e, forse, munito di una mazza,il dimachaereus, armato di due coltelli, illoquererius, con mazza e laccio (loqueus),l’essediarius, che combatteva dal carro o an-cora l’eques (tale era Species, il gladiatore ri-cordato nella citata epigrafe di Thermae) chegiostrava montando a cavallo.

4. Lo spettacolo: i combattimenti tra gladiatori

Fatta eccezione per i giochi “sponsoriz-zati” direttamente dall’imperatore, l’al-

lestimento dei munera gladiatoria rientrava trai compiti di magistrati cittadini, come il munifi-co [A]nnius Tertius che, durante il principatodi Marco Aurelio, fu curator muneris publicigladiatoris a Lilybaeum(17). Ad essi, oltre l’orga-

nizzazione pratica dell’evento, spettavano l’one-re, gravosissimo, di finanziare lo spettacolo el’obbligo di curarne gli eventuali aspetti “lega-li”, come accadde a quei magistrati di Siracusache, al tempo di Nerone, chiesero direttamen-te all’imperatore l’autorizzazione ad aumenta-re, oltre i limiti fissati dalle leges gladiatoriae, ilnumero dei combattenti destinati all’esibizio-ne(18).

Trovati i finanziamenti e risolto ogni generedi impedimento, l’editor del munus prendevadunque contatto con i gestori delle familiaegladiatoriae e, tracciato il programma dellospettacolo, provvedeva affinché ne fosse dataampia pubblicità attraverso manifesti e volan-

tini (i libelli munerarii) chefornivano tutte le infor-mazioni richieste dalpubblico: il nome degliorganizzatori, l’occasio-ne per cui veniva prodot-to lo spettacolo, i nomidelle familiaegladiatoriae, l’elenco deicombattenti e delle loroarmi, ecc. Programmi diesibizioni gladiatorie, delresto, potevano esserescritti, è documentato aPompei, anche sui muridi case private e di edificipubblici, mentre a poste-riori uno spettacolo benorganizzato poteva esse-re commemorato attra-verso pitture e rilievi ce-lebrativi sul tipo di quelloin pietra lavica, con sce-na di combattimento tragladiatori, oggi conserva-to nel Museo Civico diCastello Ursino a Cata-nia(19).

Organizzato quindi il

In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: F. 7 -Catania, rilievocon combattimen-to tra gladiatori,forse duemirmilloni agiudicare dall’ar-mamento - II sec.d.C. (Catania,Museo Civico diCastello Ursino).In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: F. 8 -“Caserma deigladiatori” diPompei. Si noti laplanimetriadell’edifico conampio cortile pergli allenamenti ecellette intornoper “ospitare” igladiatori. In al-meno dieci diquesti vani ven-nero rinvenutiarmi gladiatorieda combattimentoe da parata; indue delle celle sirinvennero 18scheletri, tra iquali quello diuna donnaadorna di gioielli:probabilmenteuna matronaromana in cercadi avventureerotiche tra igladiatori - I sec.d.C.

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munus, la sera precedente lo spettacolo, igladiatori partecipavano ad un ricco banchet-to, la cosiddetta cena libera, alla quale poteva-no assistere i “fans” più accaniti. Il giorno se-guente, nel pomeriggio, si dava inizio allo spet-tacolo vero e proprio con l’ingresso in proces-sione dei combattenti nell’arena dell’anfiteatro.Dopo il saluto all’editor (nel caso fosse l’impe-ratore, risuonava il famoso motto «Ave Caesar!Morituri te salutant») ed il controllo delle armi,si procedeva con alcuni colpi di “riscaldamen-to” con armi inoffensive (la cosiddettapraelusio) e, quindi, annunciato dall’araldo,aveva inizio il combattimento tra le coppie digladiatori.

Accompagnati dal suono di diversi stru-menti musicali, gli scontri procedevano tra gliincitamenti del pubblico fino alla capitolazio-ne di uno dei duellanti (il combattimento però

poteva anche chiudersi in parità(20)). Lo scon-fitto, deposte le armi in segno di resa, restava inattesa del verdetto: la morte o la grazia. La de-cisione spettava all’imperatore o all’organizza-tore dei giochi che usava manifestare la pro-pria risoluzione con il movimento del pollice:in alto per indicare la grazia, in basso per lamorte. Tuttavia il verdetto dell’editor dipende-va, in genere, dalla volontà del pubblico che, sesoddisfatto dal combattimento e dal coraggiodimostrato dallo sconfitto, poteva richiedernela grazia o, in caso contrario, la morte al gridodi «Iugula! Iugula!» («Uccidilo! Uccidilo!»).Mentre il morto era portato via dagli inservien-ti, travestiti da Caronte o da MercurioPsicopompo (conduttore di anime cioè), peressere poi sepolto senza alcuna formalità, il vin-citore, tra il tripudio e l’eccitazione degli spetta-tori, riceveva la palma o la corona della vittoriainsieme a vassoi di monete. In forme e modiche i moderni hooligans ci hanno abituato aconoscere, la violenza dello spettacolo poteva,in qualche caso, trasferirsi anche sulle gradi-nate dell’anfiteatro e quindi tradursi in gigante-sche risse come quella del 59 d.C. che vide,sugli spalti dell’anfiteatro di Pompei, i “tifosi”locali affrontare con pietre ed armi gli spettato-ri provenienti da Nocera(21). L’esilio per i princi-pali responsabili dei disordini, lo scioglimentodei “clubs” pompeiani e la “squalifica” di diecianni comminata all’anfiteatro di Pompei sechiusero la vicenda, certamente non dovette-ro placare il sentimento di riprovazione mani-festato da molti intellettuali dell’epoca nei con-fronti di questo genere di spettacolo.

Cicerone, Seneca, ma anche imperatoricome Tiberio e Marco Aurelio di fatto avversa-rono, o comunque cercarono di limitare, i gio-chi gladiatori. Nessuno, però, ebbe il coraggiodi sopprimerli, considerata l’importanza socialedi questo spettacolo che funzionava come “val-vola di sfogo” popolare. Così anche quandoCostantino, sotto il crescente peso della reli-gione cristiana, abolì formalmente i giochi nel325, questi, di fatto, continuarono ad esserepraticati in tutto l’Occidente per altri ottant’an-ni fin quando, cioè, vennero interdetti in mododefinitivo dall’imperatore Onorio.

Da allora la parola munus rimase ad indi-care le venationes, quegli spettacoli, cioè, du-rante i quali si svolgevano cacce di selvagginacon cani e lotte di ogni tipo contro animali(22).

5. Lo spettacolo: le venationes

Inaugurate in modo ufficiale nel 186 a.C., quando durante il trionfo di M. Fulvio

Nobiliore vincitore sugli Etoli fu inscenata unacaccia con pantere e leoni, le venationes ac-crebbero di numero ed importanza dal mo-mento in cui la conquista di regioni esotichepermise l’approvvigionamento di animali sem-pre più particolari. Oltre sessanta tra pantere e

In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: F. 9 -Affresco con larappresentazionedella rissascoppiata nelloanfiteatro diPompei traPompeiani eNocerini - I seco-lo d.C. (Napoli,MuseoArcheologicoNazionale).In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: F. 10 -Roma, particolaredi mosaico conscene divenationes, daTorre Nova, pres-so la viaTuscolana - III se-colo d.C. (Roma,GalleriaBorghese).

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leopardi, quaranta orsi e ancora elefanti ven-nero uccisi nel corso di una caccia offerta nel169 a.C. da Scipione Nasica e P. Lentulo; al tem-po di Cesare, poi, fu condotta a Roma la primagiraffa, mentre nel 202 l’imperatore SettimioSevero, seguendo l’esempio dei suoi predeces-sori che avevano arricchito questo tipo di spet-tacolo con soluzioni sempre più brutali, fecedare all’arena dell’anfiteatro la forma di unanave dalla quale balzarono fuori per essere uc-cise oltre settecento belve. Organizzate in unprimo tempo all’interno del circo, le venationesvennero quindi destinate all’anfiteatro dove diregola si svolgevano al mattino (da qui anche ilnome di ludus matutinus) per “riscaldare” ilpubblico prima dei combattimenti pomeridia-ni tra gladiatori. Tra i due appuntamenti poi,tanto per gradire (!), sempre all’interno dell’an-fiteatro, venivano eseguite quelle condanne amorte in cui era richiesto l’impiego degli ani-mali (la famosa damnatio ad bestias): raccon-ta lo storico Giuseppe Flavio che dopo la vitto-ria sui Giudei l’imperatore Tito mandò prigio-nieri di guerra in tutte le province affinché mo-

rissero negli anfiteatri «per il ferro e per le be-stie».

L’organizzazione delle venationes era as-sai complessa. L’arena veniva allestita con pian-te e scenografie che dovevano richiamare i luo-ghi di origine degli animali, mentre questi era-no tenuti in sotterranei posti sotto l’arena, daiquali sarebbero usciti fuori durante lo spetta-colo grazie a piani sollevanti, gabbie e sistemidi contrappeso. I venatores (cacciatori), alle-nati come i gladiatori in scuole speciali, vestiva-no armi ed indumenti tipici delle regioni di pro-venienza e combattevano, almeno questa erauna delle possibili coreografie dello spettaco-lo, contro gli animali della loro terra: gli Africanicontro i leoni, i Celti contro gli orsi, gli Orientalicontro tigri ed elefanti e così via. Va da sé chel’organizzazione di simili spettacoli doveva ri-

chiedere un cospicuo budget, sul quale grava-va soprattutto il reperimento degli animali.

In Sicilia, fatta ecce-zione per un’importan-te iscrizione rinvenutaa Palermo(23) in cui si ri-cordano variaemissiones (semplicicacce, cioè) evenationes con l’impie-go di bestiae herbariaee orientales, non abbia-mo ad oggi particolaridocumenti relativi allosvolgimento divenationes, ma tra i notimosaici della villa diPiazza Armerina, il co-siddetto Mosaico dellaGrande Caccia, nello

In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: F. 11 -Roma, rilievo concombattimenti traleoni e gladiatori -I secolo d.C.(Roma, Museo Na-zionale Romano).Al centro e inAl centro e inAl centro e inAl centro e inAl centro e inbasso: basso: basso: basso: basso: FF. 12-13- Piazza Armerina,Villa del Casale:mosaico dellaGrande Caccia:particolare dellacattura delrinoceronte eparticolare dellacattura della tigre- IV secolo d.C.

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AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀ1010101010Sebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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ambulacro che precede la Basilica, è probabil-mente la più ricca e completa rappresentazio-ne delle tecniche di caccia adoperate nel mon-do romano per provvedere alla cattura deglianimali destinati ai giochi dell’anfiteatro(24).

Causa di veri disastri ecologici (inMesopotamia scomparvero i leoni, mentrel’elefante si estinse nell’Africa settentrionale),le venationes saranno vietate in Italia solo nelVI secolo da Totila re dei Goti.

6. Gli anfiteatri siciliani

Considerata l’origine dei giochi gladiatori,non sembra che nei tempi più antichi

esistesse un luogo destinato in modo esclusi-vo allo svolgimento di queste manifestazioni.Combattimenti rituali si svolgevano presso latomba del defunto o addirittura, come ricor-dano Silio Italico e Livio a proposito degli abi-tanti di Capua(25), fra i tavoli di un banchetto! ARoma i primi spettacoli si tennero nel Foro, maben presto il crescente interesse verso questogenere di esibizioni si tradusse nell’elaborazio-ne di una tipologia architettonica nuova e bendefinita, l’anfiteatro per l’appunto, realizzata, se-condo Plinio, accostando tra loro due teatri(26).Se a Roma, però, il primo anfiteatro in pietra fucostruito solo nel 30 a.C. da Statilio Tauro alCampo Marzio, in Campania, a Capua, a Cumae, poco più tardi, a Pompei gli anfiteatri comestrutture stabili apparvero tra la fine del II e gliinizi del I secolo a.C.

Posteriore almeno di un secolo è invecel’anfiteatro di Siracusa, il più antico anfiteatroad oggi noto in Sicilia.

Ricordato dalle fonti (si pensi al raccontodell’uccisione di Haterius Rufus e alla già citata

richiesta di aumentare il numero dei gladiatorifatta dai Siracusani a Nerone) l’edificio per lesue dimensioni (metri 140 x 119) è il più gran-de anfiteatro siciliano(27). Collocato nel quartie-re di Neapolis, ma orientato in senso nord-ovest/ sud-est, in conformità, quindi, all’impian-to del quartiere di Acradina, l’anfiteatro presen-ta due ingressi, uno rivolto a nord, l’altro, quel-lo principale, a sud in perfetta corrispondenza,cioè, di un grande arco onorario di etàaugustea (ne è stato rinvenuto il basamento)con il quale si concludeva l’importante asseviario che separava Neapolis da Acradina. Su-perato l’ingresso, un lungo corridoio, oggicome ieri, immette nella grande arena (metri69,80 x 31,60) al centro della quale è oggi visibi-le un’ampia camera sotterranea (metri 15,50 x8,70), in origine coperta e quindi nascosta daun piano in legno, destinata ad ospitare queimacchinari (botole, piani elevatori, gabbie, ecc.)utili a rendere più avvincente lo spettacolo at-traverso l’improvvisa apparizione e sparizionedi belve e gladiatori nell’arena. Attorno all’are-na corre un podio piuttosto alto (circa m. 2,20),dietro il quale si trova un corridoio coperto avolta che fa da base alla prima serie di gradinidestinati agli spettatori più importanti: i nomidi alcuni di questi sono iscritti in latino sullabalaustra marmorea del parapetto. Oltre que-sto “settore vip”, separata da un corridoio (lapraecinctio), si innalza la ima cavea (la parteinferiore delle gradinate) in buona parte con-servata. Dei due anelli superiori, la media e lasumma cavea, non rimangono invece che lefondazioni, comunque sufficienti a farci imma-ginare la maestosità di questo edificio, peraltrocoronato, nella parte più alta della summa

cavea, da un riccoportico con colonne.

In gran parte sca-vato nella roccia, se siesclude il lato meri-dionale, l’anfiteatrodoveva presentare unelevato in blocchi dicalcare bianco, poi ri-mossi e reimpiegatinel XVI dagli Spagno-li, mentre la facciatadell’edificio, secondoalcuni studiosi, dove-va essere articolatacon semi-colonne epilastri di ordinedorico e tuscanico.L’uso della tecnica dirivestimento chiama-ta “opus reticulatum”consente di sostene-re la datazione ad etàaugustea del monu-mento (probabilmen-

In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: F. 13 -Pianta del teatrodi Tindari. Si notila grande arenaottenutaeliminando partedella scena e leprime file digradini dellacavea - Fine del II- III secolo d.C.(da: R.J.A.Wilson, Sicilyunder the RomanEmpire,Warminster 1990)

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1111111111AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀSebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: F. 14 -Pianta del teatrodi Taormina.Sopra: Sopra: Sopra: Sopra: Sopra: F. 15 -Taormina, teatro:particolare delvano scavatopresso la scena -Fine del II-III se-colo d.C.(da: R.J.A.Wilson, Sicilyunder the RomanEmpire,Warminster1990).

te negli ultimi decen-ni del I a.C., subitodopo la deduzionenella città della colo-nia augustea), anchese le strutture ag-giunte successiva-mente sono tali da farsupporre non solodiverse ristruttura-zioni scaglionate neltempo, ma anche unsostanziale interven-to, forse intorno allametà del I secolo d.C.,finalizzato ad ingran-dire la struttura.

Posteriore, in or-dine di tempo, è l’an-fiteatro di ThermaeHimeraesae, oggiTermini Imerese,centro sulla costasettentrionale dellaSicilia, fondato nel 407 a.C. a circa km. 12 dal-l’antica Himera e sede di una colonia di dirittolatino dedotta da Augusto nel 21 a.C. Di dimen-sioni modeste, circa metri 98 x 75, con un’are-na di circa metri 53 x 30, l’anfiteatro appareoggi in cattivo stato di conservazione(28). Realiz-zata in opera cementizia rivestita da unparamento in blocchetti, la struttura conservaun particolare doppio ambulacro su cui si im-postava la cavea, in parte costruita e in partescavata, della quale oggi si può solo intuire unaporzione del perimetro esterno, seguendo l’an-damento ellittico delle moderne via Anfiteatroe via San Marco. Datati da alcuni archeologiall’età augustea, gli attuali resti dell’anfiteatrodi Thermae, secondo altri studiosi, rivelano, in-vece, due fasi differenti: quella del primo im-pianto, databile ad età Giulio Claudia, e quelladi un ingrandimento dell’edificio da collocaretra la fine del I e gli inizi del II d.C. Proprio diquest’epoca è la citata iscrizione funeraria rin-venuta a Thermae che menziona i gladiatoriSpec(i)es, Callistus, e Treb(onius).

Ancora grazie ad alcune iscrizioni, già ri-cordate, sappiamo, in mancanza di una testi-monianza monumentale, dell’esistenza a Pa-lermo e a Lilybaeum di edifici adatti ad ospitaregiochi gladiatori e venationes, mentre a Lipariil rinvenimento di un muro perimetrale di for-ma curvilinea ha fatto pensare alla presenza diuna «arena rustica, meglio che anfiteatro, co-struita da un semplice muro di grossolana strut-tura circondante un’area di forma ovale, nellaquale eventuali gradinate per il pubblico pote-vano essere fatte in legname»(29).

L’interesse per questo genere di spetta-colo doveva essere del resto diffuso in tuttala Sicilia.

A Tindari, tra la seconda metà del II e gliinizi del III secolo d.C., il teatro ellenistico, giàmodificato in età augustea, subisce una seriedi trasformazioni strutturali finalizzate allo svol-gimento nell’edificio di spettacoli da anfitea-tro(30). Per realizzare un’arena di dimensioniaccettabili, l’orchestra viene allargata eliminan-do parte della scena e le prime quattro file digradini della cavea. Lo spazio così ottenuto, diquasi 19 metri di diametro massimo, vienerecintato da un alto muro di sicurezza, costru-ito con blocchi di reimpiego, nel quale si apro-no sei porte ed una nicchia, da alcuni studiosiinterpretata come un piccolo sacello dedicatoa Nemesi, la divinità protettrice dei gladiatori.

Più o meno contemporaneamente, una si-mile operazione di trasformazione interessaanche il teatro di Taormina(31). Anche in questocaso la scena viene eliminata al pari dei gradini

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In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: F. 16 -Pianta dell’anfite-atro di Siracusa.Si noti al centrodell’arena il gran-de vano sotterra-neo destinato adospitare le gabbiecon gli animali - Isecolo d.C.(da: R.J.A.Wilson, Sicilyunder the RomanEmpire,Warminster 1990)In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: F. 17 -Catania, i restidell'anfiteatropresso piazzaStesicoro.

inferiori della cavea, mentre un muro viene eret-to a protezione della nuova arena, accessibileda un corridoio e dotata al centro di una ca-mera interrata destinata, probabilmente, adospitare trappole e gabbie per gli animali.

Di un anfiteatro vero e proprio è, invece,provvista Catania, città che, come Siracusa,Thermae, Tindari e probabilmente Taorminae Palermo, subì in età augustea la deduzio-

ne di una colonia didiritto latino alla qua-le, come spesso acca-deva, si dovette ac-compagnare un so-stanzioso program-ma di costruzione diedifici pubblici.

Collocato nelsettore settentriona-le dell’antica Catina,a ridosso delle anti-che mura cittadine,l’edificio, tra il 1904e 1905, fu oggetto discavi che ne riporta-rono alla luce quellapiccola porzioneoggi visibi le nellacentralissima piazzaStesicoro(32). Oltre aduna ristretta partedell’arena, qui è pos-sibile distinguere le

sette file di sedili che rimangono della cavea,il largo podio che separa le gradinate dallospazio dei giochi, l’ingresso settentrionaleall’arena, decorato ai lati dai resti di due ermein marmo e, quindi, alcuni dei vanicuneiformi, delimitati da muri radiali e volta-ti a botte, che sostengono lo sviluppo dellegradinate. Separati da questi vani, inoltre,sono ancora ben riconoscibili due corridoi,

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1313131313AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀSebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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il cosiddetto ambulacro interno, largo circa2,90 metri ed immediatamente alle spalle delpodio, ed il corridoio esterno, largo circa 3metri ed alto 10, in origine totalmente co-perto dalle gradinate e distribuito tutto in-torno alla costruzione. Solo congetture pos-sono invece farsi in merito all’aspetto ester-no e all’elevato dell’edificio (due ordini adarcate ed un terzo superiore con muro con-tinuo), così come ipotetiche rimangono lericostruzioni della cavea visto che le stessefile di gradini oggi visibili sembrano essere ilrisultato di un “aggiustamento” operato da-gli scavatori del Novecento. In realtà biso-gna ammettere che la mancanza di uno stu-dio moderno e scientifico dell’edificio (man-canza, purtroppo, comune a tanti monu-menti antichi catanesi) non ne consente an-cora una ricostruzione definita ed attendibi-le. Le uniche piante e sezioni ad oggi pubbli-cate risalgono alla metà dell’Ottocento e, perquanto redatte da abilissimi architetti comel’Ittar, meriterebbero certamente verificheed integrazioni(33). Le stesse misure, varia-mente oscillanti, proposte per l’edificio, piùche ad una conoscenza esatta dell’edificiosembrano buone ad accrescere l’orgogliocittadino pronto a collocare il monumentocatanese tra gli anfiteatri più grandi d’Ita-lia(34). Poche, d’altra parte, sono pure le cer-tezze sulla cronologia della costruzione, an-che se alcuni dettagli tecnici (il monumentoè in conglomerato cementizio rivestito da unparamento in blocchi di lava, ma la sua rea-lizzazione non è omogenea) sembrano par-lare a favore di due fasi costruttive. La pri-ma, caratterizzata dal taglio della collina edalla realizzazione di una platea di conglo-merato cementizio su cui si impostano ifornici esterni e i vani radiali, andrebbe da-

tata tra la fine del I egli inizi del II secolod.C.; la seconda, conil restringimento del-l’arena e la realizzazio-ne del podio, potreb-be essere della metà delII secolo.

Certo è, invece, cheagli inizi del VI secolo, lo te-stimonia Cassiodoro, i cata-nesi furono autorizzati daTeodorico ad usare l’anfiteatro,ormai in stato di abbandono,come cava di materiale per ripa-rare le mura della città(35). Simile sorte toccòall’edificio nell’XI secolo quando, per volon-tà del Conte Ruggero, i suoi blocchi di lavavennero utilizzati per costruire la cattedraledella città. Nel XVI secolo, poi, gli ordini su-periori furono abbattuti e l’arena riempita perobbedire ad una disposizione del Senato citta-dino preoccupato che le rovine dell’anfiteatro,troppo a ridosso delle mura, potessero agevo-lare eventuali assalti nemici(36). Verosimilmentedanneggiato dal terremoto del 1693, l’anfitea-tro scomparve progressivamente alla vista deicatanesi fin quando il principe di Biscari nonne incominciò lo scavo.

Perduti per sempre gli assalti dei suoigladiatori e le urla del pubblico eccitato, an-cora oggi l’anfiteatro di Piazza Stesicoro staal centro della città, immerso, però, in benaltro frastuono e testimone, piuttosto, deiquotidiani, meschini “duelli” tra automobili-sti indisciplinati.

Immutato, così come per gli altri anfitea-tri siciliani, rimane però il fascino dell’edifi-cio antico, il suo valore storico, la forza diessere documento di un mondo passatoche ancora oggi ci attrae in modo coinvol-gente. In questi monumenti ha sede la no-stra memoria, a noi il compito di conoscerlaper salvaguardarla e trasmetterla alle gene-razioni future.

In alto:In alto:In alto:In alto:In alto: F. 18 -Catania, lucernafittile con scenadi lotta tra unreziario (a sinistracon il tridente) edun mirmillone - IIsecolo d.C. (Cata-nia, Museo Civicodi CastelloUrsino).In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: F. 19 -Catania, piccolatesta fittilerinvenuta da P.Orsi in area dinecropoli - I-IIsecolo d.C.

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AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀ1414141414Sebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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11, Teilband 1: Sizilien und Sardinien, Berlin - New York 1988,pp. 56-57.

8) Cavalieri e senatori desiderosi di combattere nell’arenasono ricordati da SVETONIO, Iul., 39, Aug., 43, Ner., 12. Allo stessoSVETONIO, Dom., 4, dobbiamo il ricordo di donne gladiatrici.Per frenare quella che stava divenendo una moda tanto diffusaquanto disprezzabile, nel 19 d.C. il Senato romano emise unprovvedimento con cui, a quanti avessero anche solo unaparentela con senatori e cavalieri, si vietava «di firmare uncontratto per lottare contro le belve, per partecipare ad uncombattimento di gladiatori, o a un’attività dello stesso tipo».Severe disposizioni, nel frattempo, erano prese anche controchi, per lo stesso scopo, avesse ingaggiato quegli uomini odonne: v. C. SALLES, I bassifondi dell’antichità, (traduzioneitaliana), 3ed., Bergamo 1993, p. 283.

9) SVETONIO, Tib., 7. Liberi cittadini divenuti gladiatori sonoricordati anche da LIVIO, Ab Urbe, XXVIII, 21. Già sotto ilconsolato di Manlio Lepido e Tito Statilio Tauro unsenatoconsulto aveva però stabilito che «nessuna ragazzalibera, in età minore di vent’anni, e nessun ragazzo libero, inetà minore di venticinque anni, ha il diritto di impegnarsicome gladiatore, di comparire sull’arena né su una scena diteatro, o di prostituirsi per denaro». Sull’argomento v. SALLES

cit. p. 283-284.10) È il caso della nobile Eppia, ricordata da Giovenale nella

famosa VI satira Contro le donne (vv. 82-112): «Sposata conun senatore, Eppia ha seguito una squadra di gladiatori finoall’isola di Faro, sul Nilo, sui bastioni malfamati di Alessandria,scandalizzando perfino Canopo con i costumi romani. Essaha dimenticato la sua casa, il marito, la sorella; si fa beffedella sua patria, abbandona i figlioletti piangenti...». E oltre«Ma di quale bellezza, di qual gioventù mirabile Eppia si ètanto invaghita? Chi è l’uomo che ha amato al punto dasopportare di essere soprannominata “la gladiatrice”? ÈSergiuccio che ha già cominciato a radersi e a sperare nelcongedo, per il suo braccio rotto. E ha il viso coperto di sfregi,un gran bernoccolo sul naso causato dall’attrito dell’elmo eun occhio malato, sempre lacrimoso. Ma era un gladiatore!Basta questo a fare di costoro dei Giacinti, da preferire aipropri figli, alla patria, alla sorella, al marito».

11) Per evitare che il proprietario di una familia gladiatoriaavesse un vero esercito personale, il numero di gladiatoriche un cittadino poteva possedere era limitato dalla legge(SVETONIO, Iul., 10): secondo CASSIO DIONE, LIX, 14, però,l’eliminazione di questa restrizione fu una delle tantedecisione eccentriche dell’imperatore Caligola.

12) MANGANARO cit. p. 57.13) R. MARINO, A proposito di un’iscrizione latina di Cefalù,

in Kokalos 1974, pp. 213-217; MANGANARO cit. pp. 57-58.14) La liberazione del servo sarebbe dovuta avvenire con il

rito della verga, per vindictam, secondo cioè una finzionegiuridica con cui un incaricato contestava al padrone laproprietà di uno schiavo davanti al magistrato, che, poggiatosulla testa dell’emancipando un bastoncino, lo dichiaravalibero.

15) Rudiarii erano infatti chiamati i gladiatori “in pensione”(CICERONE, Phil. II, 29 e 74; PLINIO IL GIOVANE, Ep., I, 1)

16) P. ORSI, Catania. Scoperte varie di carattere funerario,in Notizie degli scavi di antichità 1915, pp. 215-225, fig. 25.

17) MANGANARO cit, p. 58.

1) VALERIO MASSIMO, Memor., I, 7, 8.2) La bibliografia sui giochi gladiatori è piuttosto

consistente. Per chi volesse approfondire la conoscenza, oltrela voce “gladiatore” dell’Enciclopedia dell’Arte Antica conrelativo supplemento (vol. II, a cura di P. Sabbatino Tumolesi),si possono segnalare: G. VILLE, La gladiature en Occident desorigines à la mort de Domitien, Roma 1981; M. CLAVEL - LÉVÊQUE,L’Empire en jeux. Espace symbolique et pratique sociale dansle monde romain, Parigi 1984; C. WEBER, Panem et circenses,Milano 1986; D. MANCIOLI, Giochi e spettacoli, Roma 1987; C.VISMARA, Il supplizio come spettacolo, Roma 1991.

3) TERTULLIANO, De Spectac., 12; SERVIO, ad Verg. Aen. X, 519;CICERONE, In Pisonem, 19.

4) Per le tombe di Paestum cfr. A. PONTRANDOLFO - A.ROUVERET, Le tombe dipinte di Paestum, Modena 1992. Per lepitture di Capua v. R. BENASSAI, La pittura dei Campani e deiSanniti, Roma 2001.

5) VALERIO MASSIMO, Memor., II, 4, 17.6) TERTULLIANO, De Spectac., 12.7) G. MANGANARO, La Sicilia da Sesto Pompeo a Diocleziano,

in AA.VV., Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, Band

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NOTE

1515151515AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀSebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002)

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18) TACITO, Annales, XIII, 49.19) Rilievo inv. 1066 edito in G. LIBERTINI, Il

Museo Biscari, Milano - Roma 1930, p. 43, n.85, tav. XXVI. Per l’interpretazione di questaclasse di monumenti (rilievi funerari ocommemorativi) cfr. SABBATINI TUMOLESI cit.

20) In questo caso entrambi i gladiatorivenivano graziati , missi in latino. Icombattimenti sine missione, all’ultimosangue cioè, vennero vietati da Augusto(SVETONIO, Aug., 45).

21) TACITO, Annales, XIV, 17.22) Oltre la bibliografia citata alla nota 2,

cfr. nello specifico la voce “venatio” curatada Dohrn per l’Enciclopedia dell’Arte Antica.

23) MANGANARO cit., p. 59.24) A. CA R A N D I N I , A. RI C C I, M. DE VOS,

Filosofiana. La villa di Piazza Armerina.Immagine di un aristocratico romano al tempodi Costantino, Palermo 1982, pp. 67-74.

25) LIVIO, Ab Urbe, IX, 40, 17; SILIO ITALICO,Punica, XI, 51.

26) PLINIO, Nat. Hist., XXXVI, 24 riconnettel’origine di questo edificio alle festivitàcelebrate in Roma nel 59 a.C., quandoScribonio Curione, volendo sorpassare Scauronella sontuosità dei giuochi da lui offerti,avrebbe fatto costruire due teatri di legno,l ’uno addossato all ’altro, che, al termine dellerappresentazioni drammatiche, tolte le scene, girando permezzo di un meccanismo, senza che gli spettatori lasciasseroil loro posto venivano a combaciare, costituendo un teatrodalle due parti.

27) Sull’anfiteatro di Siracusa cfr.: G.V. GENTILI, Studi e ricerchesull’anfiteatro di Siracusa, in Palladio XXIII, 1973, pp. 3-80;J.C. GOLVIN, L’amphithéâtre romain. Essai sur la théorisationde sa forme et de ses fonction, Parigi 1988, pp. 115-116; O.BELVEDERE, Opere pubbliche ed edifici per lo spettacolo nellaSicilia di età imperiale,in AA.VV., Aufstieg und Niedergang derrömischen Welt, Berlino - New York 1988, pp. 353-357; R.J.A.WILSON, Sicily under the Romain Empire. The archaeology ofa Roman Province, 36 B.C. - A.D. 535, Warminster 1990, pp.81-83. Per una breve descrizione F. COARELLI - M. TORELLI, Sicilia,3° ed., Bari 1992, pp. 257-258.

28) Lo scavo dell’anfiteatro di Termini è brevementeriportato in A. SALINAS, Termini Imerese. Antico anfiteatro, inNotizie degli Scavi di antichità 1909, pp. 330-1; l’edizione piùcompleta del monumento si deve a O. BELVEDERE, L’anfiteatrodi Termini Imerese riscoperto, in AA.VV., Aparchai. Nuovericerche e studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onoredi P.E. Arias, vol. II, in Pisa 1982, pp. 647-660. Cfr. ancheBELVEDERE, Opere pubbliche cit, pp. 3161-362, WILSON cit. pp.83-84 e COARELLI - TORELLI cit., pp. 408-409.

29) L. BERNABÒ BREA, Le isole Eolie dal Tardo Antico aiNormanni, Ravenna 1989, p. 68.

30) Sul teatro di Tindari cfr.: H. BULLE, Untersuchungen angriechischen Theatern, Munich 1928, pp. 131-152; L. BERNABÒ

BREA, Due secoli di studi, scavi e restauri del teatro greco di Tindari,in Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte,n.s., XIII-XIV, 1962-63, pp. 99-144; M. BIEBER, The History of theGreek and Roman Theater, 2° ed., Princeton 1961, pp. 168-170;COARELLI - TORELLI cit., 390-391; WILSON cit. pp. 58-60.

31) Fra la ricca bibliografia relativa al teatro di Taormina sisegnala: BULLE cit, pp. 206-208; G. LIBERTINI, Il teatro diTaormina, in Dioniso II, 1930, p. 11 e ss.; M. SANTANGELO, Ilteatro di Taormina, Roma 1950; BIEBER cit. pp. 183-184;COARELLI - TORELLI cit., p. 359-361; BELVEDERE, Opere pubblichecit, pp. 364-368; WILSON cit. pp. 70-78.

32) A. HOLM, Catania antica, tradotto e commentato da G.Libertini, Catania 1925, pp. 37-42; G. LUGLI, L’architettura inSicilia nell’età ellenistica e romana, in Atti del VIII CongressoNazionale di Architettura, 1950, Palermo 1956, pp. 89-107;BELVEDERE, Opere pubbliche cit., pp. 371-373; COARELLI - TORELLI

cit., p. 334; WILSON cit., pp. 84-87. Per gli scavi del 1904-1905 v.F. FICHERA, Scavi dello Anfiteatro di Catania, in Archivio Storicoper la Sicilia Orientale 1904, pp. 119-121 e ID., Per lo Anfiteatrodi Catania, in Archivio Storico per la Sicilia Orientale 1905, pp.66-72. Vale la pena cfr. anche l’articolo di M. TORRISI, L’Anfiteatrodi Piazza Stesicoro, in Agorà 1999, pp. 16-18.

33) Cfr. in HOLM cit. tav. II la pianta dell’Ittar nonché le sezionitratte da D. LO FASO PIETRASANTA DUCA DI SERRADIFALCO, Le antichitàdella Sicilia, esposte ed illustrate, Palermo 1834-1840, vol. V.

34) Le misure riportate in HOLM cit. sono riproposte in WILSON

cit. e COARELLI - TORELLI cit.: asse maggiore circa m. 125; asseminore circa m. 105; asse maggiore dell’arena circa m. 71;asse minore dell’arena circa m. 51. Diverse le misure presentiin GOLVIN cit., p. 206, n. 130 (asse maggiore: m. 143,3; asseminore: m. 121; asse maggiore dell’arena m. 58,31) e inBELVEDERE, Opere pubbliche cit., p. 371 (asse maggiore: m.136; asse minore: m. 114,50). Del tutto ipotetico è il numerodi spettatori, 15.000 (HOLM cit., p. 42), che potevano essereospitati sulle gradinate dell’anfiteatro catanese.

35) CASSIODORO, Variae, III, 49.36) Cfr. F. FERRARA, Storia di Catania, vol. II, ed. Dafni, Catania

1989, pp. 23-25; Cfr. HOLM cit. p. 37-38 e M. MUSUMECI, Operearcheologiche ed artistiche, Catania 1845-1851, vol. II, pp. 77 e ss.

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