Dopo Ebola

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Gli articoli dedicati alla fine di Ebola in Sierra Leone, paese dichiatato Ebola-free il 7 novembre 2015

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La povertà «è al centro del Vangelo».(Papa Francesco, omelia del 16 giugno 2015)

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Venerdì 13 Novembre 2015

La Sierra Leone dichiarata "ebola free"

Dopo 42 giorni senza nuovi casi di contagio, sabato 7 novembre la Sierra Leone è statadichiarata “ebola-free”, ossia libera dal virus ebola. Un momento atteso dall’intero Paese dellacosta occidentale dell'Africa, dove vi sono stati più di 14.000 casi di contagio e 3.955 vittime (datiOMS, 1 novembre 2015).

Era il 23 marzo 2014 quando l’OMS dichiarò ufficialmente l’inizio dell’epidemia in Guinea Conakry,poi diffusasi nei paesi confinanti Liberia e Sierra Leone, con casi limitati in Nigeria, Mali e Senegal.Il dato complessivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a novembre 2015 rileva 28.607 casi di contagio e 11.314 decessi, perla più grave epidemia di ebola mai registrata.

Dopo la Liberia, dichiarata libera dal virus il 3 settembre 2015, ora anche la Sierra Leone è finalmente fuori pericolo. Tuttavia l’epidemianon è ancora stata sconfitta del tutto. Restano casi isolati di contagio in Guinea, non lontano dal confine con la Sierra Leone esoprattutto permane l’impatto forte dell’epidemia sull’economia e sulla società che con fatica stanno tentando di risollevarsi. Gli ambiti piùproblematici su cui è necessario un aiuto di medio-lungo termine sono la sicurezza alimentare, la sanità,i servizi di base, lo stigma versogli ex-malati, le attività produttive, l’assistenza e l’educazione degli oltre 16.000 orfani provocati dalla malattia.

Caritas Italiana, in collaborazione con la rete Caritas internazionale ed altri organismi ecclesiali, è stata impegnata sin dall’inizio dellacrisi nel sostegno ai piani di risposta della rete Caritas di Guinea Conakry, Sierra Leone e Liberia. In una seconda fase, grazie ancheal contributo di 1 milione di euro della Conferenza Episcopale Italiana, è stato promosso un programma congiunto e un tavolo dicoordinamento “Fratelli d’Ebola” con altre realtà ecclesiali italiane (Associazione Dokita onlus, Camilliani, CUAMM Medici con l’Africa,Fatebenefratelli-S. Giovanni di Dio, FOCSIV Volontari nel Mondo, Fondazione AVSI, Giuseppini del Murialdo, Salesiani don Bosco-Fondazione don Bosco nel mondo, Saveriani, VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) per intensificare l’appoggio agli interventidella Chiesa cattolica dei tre paesi.

I programmi hanno adottato un approccio multisettoriale, spaziando dal supporto alle strutture sanitarie locali e la sensibilizzazione, alladistribuzione di kit igienico-sanitari, al supporto psico-sociale, ad azioni per la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento di cibo allefamiglie in quarantena, al riavvio di attività agricole e commerciali. Un’azione particolarmente rilevante è quella del supporto ai minoriorfani e alle famiglie che li hanno accolti, per favorire il loro reintegro e la loro istruzione. Ad oggi sono incoraggianti i risultatiraggiunti. Più di 50.000 sono i destinatari diretti degli interventi e oltre 2 milioni le persone che hanno beneficiato delle attività disensibilizzazione. Inoltre grazie anche a questi interventi è stato possibile riaprire l’Ospedale cattolico Fatebenefratelli di Monrovia inLiberia, l’ospedale Fatebenefratelli di Lunsar in Sierra Leone, un nuovo laboratorio permanente di immunologia e serologia pressol’ospedale cattolico “Holy Spirit” di Makeni in Sierra Leone, in grado di effettuare test su ebola, ma anche su altre malattie molto comuni inAfrica. Più di 1.300 famiglie direttamente e indirettamente colpite da ebola sono state sostenute nei bisogni fondamentali, conattività di supporto psico-sociale e nel riavvio delle attività produttive. In questo caso come in altri gli effetti della crisi si sentono anchemolto dopo che i riflettori mediatici si sono spenti ed è dunque importante continuare a sostenere le popolazioni con aiuti volti a rimuoverele cause della crisi e rafforzare le comunità locali nella loro capacità di prevenzione e risposta. Fondamentali su questo fronte sono anchele iniziative politiche a livello internazionale di sostegno al rafforzamento dei sistemi sanitari locali la cui fragilità è la vera causa deldiffondersi di Ebola, Tubercolosi, Malaria, AIDS ed altre malattie più comuni ma non meno letali in contesti impoveriti come molti dei paesidell’Africa Sub Sahariana.

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13 novembre 2015 AFRICA, EBOLA, EMERGENZA, MAMME E BAMBINI, OSPEDALE

Home | Blog & Firme | Cartoline dall'Africa | La Sierra Leone dopo l’epidemia di Ebola

La Sierra Leone dopo l’epidemia diEbola

L’epidemia di Ebola è stata, per la Sierra Leone, un vero e proprio Tsunami che ha portato viamedici, infermieri, mamme, papà, famiglie, ospedali, scuole. Solo in Sierra Leone ci sono stati14.061 casi e 3.955 morti. In totale, nei paesi colpiti dell’Africa sub-Sahariana, sono state contagiate28.575 persone e ne sono morte 11.313. (Dati Oms al 25/10/2015).

Noi abbiamo deciso di rimanere, sempre a fianco dei locali, per rendere fattivo il “con” checaratterizza il nostro nome e il nostro stile. Non è stato facile, ma a Pujehun, distretto sanitariocon un unico medico locale per 350.000 abitanti, anche grazie al nostro team, ci sono stati solo 51casi di Ebola. È stato il primo distretto a essere dichiarato ‘Ebola free‘. Qui le mamme hannocontinuato a ricevere assistenza al parto e i bambini ad essere curati per la malaria o la polmonite. Mi

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piace dedicare questa “vittoria” sul virus al dottor Khan (e con lui a tutti gli Ebola Fighters), collegamedico sierraleonese di 43 anni, che ha perso la vita nell’ospedale di Kenema, vicino al nostro. Oral’importante è guardare avanti. Abbiamo 9 persone, tra medici, amministrativi e logisti impegnate inSierra Leone, per continuare questo cammino e ogni sfida che ci si presenterà.

Sabato a Pujehun anche loro hanno partecipato ai festeggiamenti organizzati spontaneamente dallacomunità e dalle istituzioni locali. Insieme hanno intonato la canzone “Bye Bye Ebola”, una vera epropria “hit” nel paese, un canto liberatorio per lasciarsi alle spalle la paura di tutti questi mesi.

Don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm.

TAG: Africa, Ebola, Medici con l'Africa Cuamm, Sierra Leone

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Finalmente la Sierra Leone è “ebola free”

08/11/2015 - 01:28 - 07/11/2015 Da un mese e mezzo non ci sono casi di contagio. Il 7novembre è un grande giorno per il Paese africano, che festeggia la fine di un lungo incubo.Ma anche per il Cuamm-Medici con l'Africa, che ha affrontato tutta questa terribileepidemia ... (Famiglia Cristiana)

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Ebola, l'Oms dichiara finita l'epidemia in Sierra Leone L'epidemia, la più gravedall'identificazione del virus in Africa centrale nel 1976, ha fatto oltre 11.300 morti di cui circa 4.000nella sola Sierra Leone. L'Oms aveva già dichiarato superata l'epidemia di Ebola in Liberia nelsettembre scorso, mentre ... (Rai News - 14 ore fa)

Ebola: l'Oms annuncia la fine dell'epidemia in Sierra Leone Si intravede la finedell'incubo Ebola, l'epidemia che nei mesi scorsi ha colpito diversi Paesi dell'Africa centralecausando migliaia di morti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato per oggi la fine delcontagio in Sierra Leone. Il ... (Radio Vaticana - 18 ore fa)

Ebola, in Sierra Leone l'epidemia è finita. «Dal terrore alla speranza» Il virus si èdiffuso per 18 mesi, ha contagiato 14.089 persone, uccidendone 3.955. Intervista a Nicola Orsini,responsabile di Avsi nel paese. «Qualcuno ricomincia timidamente a stringersi la mano, ma sonopochi. E all'ingresso dei luoghi pubblici ... (Tempi.it - 23 ore fa)

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Il mondo singolare di un sierraleonese di festeggiare la finedell'epidemia. In copertina: la gioia di un sopravvissuto aebola.

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FINALMENTE LA SIERRA LEONEÈ “EBOLA FREE”07/11/2015 Da un mese e mezzo non ci sono casi di contagio. Il 7 novembre è ungrande giorno per il Paese africano, che festeggia la fine di un lungo incubo. Maanche per il Cuamm-Medici con l’Africa, che ha affrontato tutta questa terribileepidemia, con i propri medici e il proprio personale accanto alla popolazionesierraleonese. E con loro l’ha vinta.

Da alcune settimane, gli abitanti della SierraLeone si stringono la mano per salutarsi.Questo gesto, banale da altre parti, qui non lo erapiù. Era vietato perché poteva trasmettere il virusche in un anno e cinque mesi ha contagiato14.061 persone e ne ha uccise 3.955 solo nelPaese, mentre il bilancio sale a 28.575 casi e11.313 morti se si considera tutta l’Africasubsahariana.

Il 7 novembre è un giorno di grande festa:da questa data la Sierra Leone è dichiarata“ebola free”, senza nessun contagio da 42

giorni, ovvero il periodo che fa ritenere conclusa l’epidemia. Per celebrare la notizia, le autorità

Stefano Pasta

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Don Antonio SciortinoDirettore di Famiglia Cristiana

Don Sciortino risponde

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Ebola, il contagio si allargaa tre PaesiPiù di 500 casi, oltre 330vittime. Ebola ora ha oltrepassatoi confini della Guinea e ha fatto lasua comparsa in Sierra. . .

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Un posto di controllo anti-ebola, durante l'infuriaredell'epidemia (foto di Nicola Berti).

Operatori del Cuamm-Medici con l'Africa quando infuriaval'epidemia.

Uno dei centri di trattamento di ebola del Cuamm, ora in viadi chiusura.

hanno invitato tutti a vestirsi di giallo, mentre nell’ultima settimana le compagnie telefonicheinviavano ogni giorno un sms con il conto alla rovescia: «-5», «-4», «-3»…

IL CUAMM-MEDICI CON L'AFRICA È SEMPRERIMASTO ACCANTO ALLA POPOLAZIONE

In realtà, la vera festa sarà il 5 febbraio,quando saranno passati ulteriori 90 giorni eanche le misure di sorveglianza verrannosospese. Accanto alla gioia, rimane infatti anche unpo’ di paura: due strutture, una nell’est e una nellacapitale Freetown, rimarranno aperte, pronte a uneventuale nuovo emergere di focolai. D’altronde,nella vicina Guinea, pur meno colpita dalla crisirispetto la Sierra Leone, l’Organizzazione mondialedella sanità (Oms) ha confermato nuovi casi anchenel mese di ottobre. La Liberia, invece, è “ebola free” dal 3 settembre.

Tra chi ha scelto di non lasciare sola la Sierra Leone c’è il Cuamm-Medici per l’Africa.Oggi gli operatori italiani sono nove, ma alcuni connazionali sono stati sempre presenti anche durantel’epidemia. Spiega il direttore don Dante Carraro: «Abbiamo deciso di rimanere, sempre a fiancodei locali, per rendere fattivo il “con” che caratterizza il nostro nome e il nostro stile. Perla Sierra Leone si è trattato di un vero e proprio tsunami che ha portato via medici,infermieri, mamme, papà, famiglie, ospedali, scuole».

Tra le vittime del virus, anche il missionario spagnolo don Garcia Viejo, che per dodici anni avevadiretto l’ospedale San Giovanni di Dio nella città di Lunsar, dallo scorso gennaio gestito dal Cuamm.Ha 151 posti letto ed è il riferimento per mezzo milione di persone della zona.

ALL'INIZIO, LA DURA LOTTA CONTRO LADISINFORMAZIONE

Da Freetown Matteo Bottecchia, responsabileper l’associazione in Sierra Leone, parla della«grande festa liberatoria del 7 novembre» dopo una«una lunga attesa, stancante». Ripercorre questidiciassette mesi: «All’inizio il Paese era messoin ginocchio, annichilito e incapace direagire di fronte alle cifre dell’epidemia increscita frenetica. Poi il coprifuoco, le restrizioniai movimenti, la caccia ai casi di contagio, la duralotta contro disinformazione e pericolosecredenze».

Prima che venisse attuato un piano con procedure chiare, tutti raccontavano la propria verità. Chidiceva che bastava non mangiare la carne venuta dalla foresta, chi spiegava di non toccare le scimmie.Intanto, i primi cadaveri diffondevano il virus. Qui il rapporto con il defunto è, come spessoin Africa, un rapporto fisico: lo si tocca, lo si espone, lo si lava. È così che ebola haattecchito e svolto il suo lavoro di morte. All’inizio, nella mancanza di vera informazione,quando le autorità hanno mandato gli uomini coperti da maschere e strani camici protettivi a portarvia i cadaveri dalle case, la gente ha nascosto i morti.

LA GENTE HA RIPRESO AD ANDARE ALMERCATO E A DARSI LA MANO PER SALUTARSI

Francesca Tognon, dottoressa italianaspecialista in igiene, è anche lei in SierraLeone con il Cuamm a Pujehun, distrettosanitario con un unico medico locale per 350 milaabitanti. Conferma che da luglio la vita quotidiana siavvia verso la normalità: «La gente», dice, «haripreso ad andare al mercato, uscire di casa,darsi la mano per salutarsi. Ad agosto hannoriaperto anche i due bar della cittadina, mentre ibambini e i ragazzi sono tornati a scuola».

La sfida ora è superare lo stigma che circonda i sopravvissuti, alcuni dei quali devonoanche fare i conti con problemi di salute, specialmente agli occhi. «La paura», aggiunge lacooperante, «ha coinvolto tutti; il proprietario della casa che abbiamo affittato per ospitare ilpersonale medico del nostro centro di isolamento, pur senza alcun reale motivo, era stato accusato daivicini di portare il virus».

Tra l’altro, il distretto di Pujehun è stato tra i meno colpiti dall’epidemia: nel 2014 sono stati stimati 51casi positivi per ebola (tra cui un autista del Cuamm, poi deceduto), mentre le morti di madri sono

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Msf, «Aiutateci a fermarel’epidemia»«L’impegno a livello mondiale percombattere ebola èpericolosamente inadeguato»,dice Medici senza frontiere.

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TAG: cuamm, ebola, ebola free, epidemia, festa, medici con l'Africa, Sierra Leone

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Il dottor Enzo Pisani con alcune infermiere del Cuamm-Medici con l'Africa. Non hanno mai lasciato la Sierra Leone(foto di Nicola Berti).

state 162. La Sierra Leone, infatti, è lo Stato al mondo con la mortalità materna più alta:1.100 ogni 100 mila abitanti, rispetto ai 4 ogni 100 mila dell’Italia.

ORA LA SFIDA È RICOSTRUIRE UN SISTEMASANITARIO DISTRUTTO DALLO TSUNAMI-EBOLA

In varie zone del paese il Cuamm si è concentrato daun lato sul fornire agli operatori sanitari tutti glistrumenti di protezione di cui avevano bisogno,dall’altro sull’identificazione e l’isolamento deimalati. Per sensibilizzare le comunità e contrastarela diffusione di falsi miti, è stata creata unasquadra di “contact tracer”: un gruppo digiovani che, percorrendo il territorio in lungo e inlargo, muniti di moto, cellulare e taccuino,tracciavano tutti i contatti avuti da un

nuovo malato. In totale sono state messe in isolamento più di 1.200 persone ed è statopossibile contenere il contagio. «Mi piace dedicare questa “vittoria”», conclude don Dante Carraro,«al dottor Khan (e con lui a tutti gli ebola fighters), collega medico sierraleonese di 43 anni, che haperso la vita nell’ospedale di Kenema, vicino al nostro, mentre combatteva il virus».

Infine, ora che la Sierra Leone è “ebola free”, il Cuamm indica la sfida per il futuro:«Ricostruire un sistema sanitario distrutto e ridare alla gente la fiducia nel personalesanitario». Intanto, in collaborazione con le strutture locali, l’associazione continuerà adassistere le mamme durante il parto e a curare i bambini per la malaria o la polmonite.Non ha mai smesso, neanche quando il virus si diffondeva come la peste di manzoniana memoria.

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PADOVA Ci sono luoghi in cui la morte più brutale è unacompagna premurosa della vita. Lo è anche in Sierra Leone,dove alle atrocità di una guerra civile è seguita un’epidemia. Poiarrivano anche i giorni di festa, come ieri, quando il paeseafricano ha potuto ufficialmente dichiararsi libero da ebola. Ilpiù spaventoso tra gli ultimi contagi di massa. Solo laggiù hainfettato 14.061 persone e ne ha sepolte 3.955. Un virusintelligente, che si replica per semplice contatto e ti fa morireprosciugato da febbre ed emorragia.

Ma a Freetown si festeggia, almeno per un giorno. E la festasarà anche un po’ veneta. Per questo il ministro della Sanitàdella Sierra Leone sarà a Verona, il 21 novembre. Lo porta quiuna delle esperienze più straordinarie vissute nel suo paese.Protagonista il Cuamm, la Ong dei Medici per l’Africa. Una sedea Padova e una storia che risale agli anni ‘50. Obiettivo: il dirittoalla salute di madri e bambini.

Fino al 2012 quelli del Cuamm si erano concentratisoprattutto in Africa Occidentale, dal Sud Sudan al Mozambico.Hanno deciso di andare in Sierra Leone «perché la situazione eradisastrosa, una mortalità infantile terribile e in tutto il paese nonc’era che un solo pediatra», racconta don Dante Carraro,direttore della Ong. A Pujehun, al confine con la Liberia,distretto di 350 mila anime, hanno allora installato la loroequipe. Come sempre «una cinque più uno», come la chiamadon Dante, vale a dire cinque medici o sanitari e uno per lalogistica. Ancora non sapevano cosa li aspettasse. «Quandoall’inizio del 2014 l’epidemia ha colpito in Guinea Conakry e poiin Liberia, abbiamo capito che era in arrivo uno tsunami».

Che fare? «Ci siamo detti: non dobbiamo trovarciimpreparati». Primo: riempire i magazzini di materiali diprotezione. Dunque: maschere, stivali, occhiali, cappelli, camici.Ad aprile i primi casi. Bisognava far presto. Allora eranecessario informare e «costruire fiducia: quando sei in quellesituazioni le persone si devono fidare di chi sei, cosa dici, cosafai». C’era bisogno di rafforzare l’equipe. In quest’anno e mezzoha lavorato una ventina di volontari, metà veneti, 9 di loroinfermieri e medici. Chi pensava di rimanere un breve periodo,alla fine si è fermato a lungo.

LA STORIA

«Ebola, i morti e le quarantenecosì abbiamo aiutato a sconfiggerla»La fine dell’emergenza in Sierra Leone nel racconto deivolontari veneti del Cuamm. «Sembrava impossibile riuscire abatterla»

Corriere Del Veneto > Cronaca > «Ebola, I Morti E Le Quarantenecosì Abbiamo Aiutato A Sconfiggerla»

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A fine anno l’epidemia aveva raggiunto il picco. «E’ stato ilperiodo peggiore, la situazione sembrava fuori controllo»,ricorda Matteo Bottecchia, 27 anni, una laurea in ScienzePolitiche e a capo del coordinamento logistico, tornato soloqualche giorno fa per ritirare il premio Civilitas. «Le autoritàavevano perso le speranze, puntavano ormai solo a ridurre idanni», dice. «Andavo e venivo di continuo da Freetown aPujehun, almeno sei ore di auto, per concordare gli interventi,prendere materiale, partecipare alle riunioni nella capitale».

L’Oms coordinava gli interventi, mentre molte Ongpartecipavano in prima linea contro l’epidemia, dalla CroceRossa a Emergency. Intanto Pujehun si trasformava in unintervento modello. C’è una cosa comunque di cui don Dante vafiero: i contact tracer. «Abbiamo messo in piedi una squadra di250 ragazzi che a bordo di una moto, muniti di taccuino ecellulare, rintracciavano le persone che erano venute incontatto con chi si era ammalato di ebola. In breve siamoriusciti a mettere in quarantena 1200 persone e attivando iservizi minimi per le comunità in isolamento, dall’acquaall’assistenza psicologica».

Sabato 7 novembre si è celebrato a Freetown, ma neldistretto del Cuamm già si era festeggiato sei mesi fa. Non c’èniente di eroico nel racconto di questi operatori del Cuamm.Caso mai tristezza. Qui alla fine hanno contato 51 infettati. Emetà di loro li hanno pianti.

07 novembre 2015© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fabio Bozzato

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03 novembre 2015

I medici Cuamm assistono un neonato in Sierra Leone

VENEZIA.L’epidemia del secolo è vinta. Dopo 30mila contagi e 11milamorti, l’Ebola sembra finalmente (o momentaneamente) debellatadall’Africa. Sabato la Sierra Leone, che è stata il paese più colpito, saràdichiarata “Ebola free”: il riconoscimento arriva dal ministero della Salute locale,con l’approvazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

«Significa» spiega don Dante Carraro, direttore del Cuamm «che l’ultimocaso registrato risale a quarantadue giorni fa, il doppio del periodo diincubazione del virus. Ed è un evento: sul sito del Nerc, National Ebola ResponseCentre, c’è il conto alla rovescia in attesa di quella data». Quando don Dantecontrolla sull’Ipad, mancano quattro giorni, sei ore, quarantaquattro minuti ed unamanciata di secondi. Insieme ai medici e collaboratori volati in Africa con

VENEZIA > CRONACA > GLI "EBOLA FIGHTERS": «COSÌ I MEDICI...

UNA BELLA STORIA

Gli "Ebola fighters": «Così i medicidel Cuamm hanno debellatol'epidemia del secolo»Don Sante Carraro: «30 mila contagi e 11 mila vittime in Africa, finital’emergenza. Abbiamo scongiurato l’ecatombe»di Silvia Quaranta

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lui, don Dante è stato un “Ebola fighter”: uno dei combattenti che hannosfidato il virus e il terrore, andando lì dove i malati avevano bisogno dicure e di speranza. Uno di quelli a cui il settimanale americano Times hadedicato una delle sue celebri copertine, nominandoli “uomini e donne dell’anno”.

E dell’epidemia parla senza mezzi termini: «è stata un’ecatombe. In Uganda,nel 2000, registrò trecento casi. Un virus simile, nel 2005 in Angola, ne registrò750. E adesso in Sierra Leone, solo in Sierra Leone, ce ne sono stati più di14mila». Poche cifre, che restituiscono la misura del dramma. «I focolai» ricordail direttore del Cuamm «iniziarono in Guinea, ma la malattia, che cammina con lepersone, esplose in Liberia. Da lì arrivò in Sierra Leone, e primo fra tutti aldistretto dove erano e sono tutt’ora i nostri medici». Il culmine è stato trasettembre e novembre del 2014. «Gli ospedali hanno chiuso uno dopol’altro» racconta don Dante, «perché gli operatori si ammalavano,avevano paura, si rifiutavano di andare a lavoro. Così, ai morti per Ebola, sisommavano i morti per mancanza di cure». Don Dante lo dice sottovoce, ma ilcompito dei padovani in missione è stato fondamentale, soprattutto sottoil profilo della prevenzione: sono stati affissi manifesti per insegnare acomprendere i sintomi della malattia, contattati i capi delle comunità locali,organizzati incontri per dare informazioni.

E poi sono stati rintracciati tutti i possibili malati: «Abbiamo organizzato ungruppo di ragazzi del luogo» continua il sacerdote «perché andassero a cercaretutti coloro che erano possibili malati. Andavano individuati sulla base dei contattie delle interazioni che avevano avuto: i ragazzi li rintracciavano e li portavano inospedale, per metterli in quarantena». Ne hanno messi in quarantenamilleduecento. E mentre altrove i centri sanitari chiudevano, a Pujehun neaprivano quattro. Non a caso, ci sono stati solo 51 casi, a fronte dei 700registrati in altri distretti. «Abbiamo lavorato con professionalità e competenza»sussurra don Dante «ma abbiamo avuto anche una buona stella». Pujehun èstato il primo distretto “Ebola Free” di tutta l’Africa. Un traguardo, conquistato afronte dei molti ritardi istituzionali: «Sia l’Oms sia il Cdc (Centers for deseasecontrol) di Atlanta hanno agito tardi e in modo inadeguato: mentre loro sichiedevano come e dove investire, noi abbiamo dovuto comprare un’ambulanzaad hoc, mascherine, camici, tonnellate di disinfettante» dice don Dante. Ora peròsi guarda avanti: «La gente è stanca» conclude il sacerdote. L’annuncio che

Don Dante Carraro, direttore del Cuamm

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Inserito Da Alessandra ∙ 27 Ottobre 2015

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Ciclo d'incontri "Passi versol'altrove 3"

Presso Auditorium di Villa Zanetti (zona Ippodromo) Dal 26/10/2015Al 27/11/2015

“PASSI VERSO L’ALTROVE 3”.

STORIE DI PERSONE CHE AGISCONO E COLLABORANOPER RENDERE IL MONDO UN POSTO MIGLIORE

Fondazione Zanetti Onlus presenta il nuovo ciclod’incontri di sensibilizzazione 2015/2016

Dopo l’ottimo riscontro dei precedenti cicli d’incontri“Passi verso l’AltroVE 2013/2014” e Passi verso l’AltroVE2 – 2014/2015”, inizierà il 10 novembre p.v. “Passi Versol’AltroVE 3”, il nuovo ciclo d’incontri di sensibilizzazione

organizzato dalla Fondazione Zanetti Onlus. Tante lestorie che verranno raccontate seguendo nuovamente ilfilo conduttore della conoscenza dell’altro e dell’altrove.L’intento principale della Fondazione è sempre quello didare voce a persone che si avvicinano agli altri (e ad altrerealtà) con rispetto, comprensione e desiderio di agire e

collaborare per creare un mondo migliore. Gliappuntamenti di questa iniziativa di sensibilizzazionesono in tutto 9, si terranno la mattina e sono indirizzati

soprattutto agli studenti delle Scuole Superiori diSecondo Grado (ma l’accesso è consentito a tutti tramite

prenotazione).

Il 10 novembre si parlerà della storia di Piero Corti e LucilleTeastale, due medici, due coniugi, che hanno lavorato insiemein Uganda 35 anni per trasformare un piccolo dispensario inuno degli ospedali più importanti dell’Africa Equatoriale: ilLacor Hospital. Per parlarne ci sarà la figlia Dominique che ècresciuta in Uganda con i genitori e ha vissuto in prima personatutte le vicissitudini dell’ospedale. Il 25 novembre si parlerà,grazie alla presenza del regista Paolo Bianchini ideatore delprogetto SOS scuola, di come è possibile cooperare dal bassoper riqualificare gli istituti scolastici fatiscenti. Il 3 dicembre il

Comitato Collaborazione Medica di Torino affronterà il tema del diritto alla salute e lo farà inmodo coinvolgente anche parlando di un importante – e premiato - progetto realizzato con lescuole piemontesi. L’ultimo appuntamento del 2015 (17 dicembre) sarà lo spettacolo-inchiestaRWANDA di MC Teatro Civile che racconta una storia vera di coraggio, fratellanza ed eroismo

Auditorium diVilla Zanetti(zonaIppodromo)Viale Gian GiacomoFelissent,53,Villorba

Dal 26/10/2015 Al 27/11/201510:12

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Tutte le location di Treviso

Per mangiare in zona:Tutti i Ristoranti di Treviso

avvenuta durante il genocidio del 1994.

Il 2016 si aprirà con l’incontro del 28 gennaio dove verrà proiettato il nuovo documentario diMarco Zuin e Luca Ramigni “La sedia di cartone” e se ne parlerà con Simona Atzori, laballerina e pittrice senza braccia testimonial di un progetto in Kenya per persone disabili dov’èambientato il documentario. Il tema delle migrazioni forzate, una delle crisi umanitarie più gravi delmomento, sarà invece affrontato il 18 febbraio grazie agli operatori di Medici Senza Frontiere.Per ricordare che il virus dell’Ebola è ancora un nemico presente e che per i Paesi colpitidall’ultima epidemia ricominciare è estremamente complesso, il 4 marzo i relatori saranno unmedico di Medici con L’Africa Cuamm e il giornalista Pietro Suber che, insieme a NicolaBerti, ha realizzato il documentario “La vita al tempo di Ebola”. In questa occasione si capirà cos’èsuccesso, cosa sta succedendo e cosa si può ancora fare ora che i riflettori su questa terribileepidemia si sono spenti.

Il 17 marzo si terrà un incontro con tutti protagonisti trevigiani: il gruppo rock Quarto Profilo e ivolontari della LILT Giocare in Corsia. Grazie alla loro musica e alle loro storie si potrà capirecome la musica può unire le persone e trasformarsi in un importante strumento per comunicarecon il sociale. Infine, l’8 aprile grazie all’ONG Cesvi e all’attrice Margherita Antonelli che ne èuna testimonial, si parlerà dell’importanza delle donne per lo sviluppo globale anche portandol’esempio concreto di un progetto che si sta sviluppando in Sudafrica.

Il ciclo d’incontri è patrocinato dalla Regione del Veneto, dalla Provincia di Treviso, dallecittà di Treviso e Villorba e dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Treviso. Gli incontri siterranno tutti a Villorba (tranne lo spettacolo teatrale Rwanda che si farà presso l’Auditorium dellasede della Provincia di Treviso) presso l’auditorium di Villa Zanetti in V.le Felissent, 53 – zonaippodromo.

Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare la Fondazione Zanetti Onlus (Ref.Alessandra Fermi): Tel. 0422/312680 – eventi@fondazionezanetti-onlus.orgwww.fondazionezanetti-onlus.org

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CONGRESSO A MILANO

Bisogna dare più voce a chi si occupadei bambini nati nei Paesi poveriLa battaglia dei neonatologi: «La prima causa di morte neonatale è la mancanzadi figure professionali dedicate al neonato e la voce dei genitori resta inascoltata»

di Redazione Salute online

Ogni anno nel mondo muoiono 6,3 milioni di bambini con meno di 5 anni. Il 44%di loro, oltre 2,7 milioni, muore nel periodo neonatale, ovvero nei primi 28 giornidi vita. Di questo tema si è parlato al congresso nazionale di cure del neonato neiPaesi a limitate risorse, all’Università degli Studi di Milano, organizzato dallaSocietà Italiana di Neonatologia, dal Gruppo di Studio Neonatologia e Sviluppodella Società Italiana di Neonatologia e da Mangiagalli Life. «Il MilleniumDevelopment Goal numero 4 delle Nazioni Unite si poneva l’obiettivo, tra il 2000 eil 2015, di ridurre di due terzi la mortalità infantile nel mondo – spiega MicheleUsuelli, coordinatore scientifico del congresso e medico di Terapia IntensivaNeonatale alla Mangiagalli -. L’obiettivo è fallito, nonostante una significativariduzione della mortalità nei bambini da dopo il primo mese di vita in poi. Resta

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molto alta, pressoché invariata la mortalità dei neonati nel mondo, che è diventatala causa più importante di morte per i bambini. L’obiettivo di riduzione non saràraggiunto se non saranno potenziati gli interventi a favore della salute delneonato».

Dare voce a chi si occupa del neonato«La prima causa di morte neonatale è la mancanza di figure professionali dedicateal neonato e la voce dei genitori, molto utile nei Paesi occidentali per migliorare ilpercorso nascita nell’ultimo ventennio, è invece una voce inascoltata all’interno diqueste realtà, soprattutto quella delle madri e soprattutto se sono povere - diceancora Usuelli -. È importante quindi che le figure professionali che si occupanodella salute del neonato nel mondo facciano sentire la propria voce, in modo che laquestione arrivi alle Nazioni Unite e venga posta come obiettivo da seguire per idonatori e i ministeri della Salute». Durante il congresso Gino Strada, fondatore edirettore esecutivo di Emergency, ha ribadito l’importanza di cure di eccellenzagratuite e ospedali puliti e belli anche esteticamente, come elemento peraffezionare il personale locale alla medicina e come modello che susciticambiamenti nei ministeri della Salute e negli ospedali pubblici. Tarek Meguid,professore di Ginecologia, ha sostenuto che uno dei principali motivi per cui lacura dell’HIV funziona molto bene anche nei Paesi più poveri è dato dal fatto chela malattia colpisce anche capi di stato, ministri e generali, mentre le curematerno-neonatali sono a livello non accettabile perché spesso figlie e mogli dei“pezzi grossi” vanno a partorire a Città del Capo o a Roma.

Priorità di intervento sanitarioDurante il congresso 18 tra le più importanti Ong italiane (Coopi, Cuamm, ProjectFor People, Emergency, Medici Senza Frontiere Francia, Fondazione Pro-Africa,Osservatorio Nazionale Specializzandi Pediatria (Onsp), Medicu Mundi, InstituteOf Tropical Medicine, Karibu Africa Onlus, Comitato Collaborazione Medica,Progetto Sorriso Nel Mondo, Cesvi, Fondazione Veronesi, Patologi Oltre Frontiera,Amici Del Mondo - World Friends Onlus, Mangiagalli Life) hanno presentatoprogetti sul campo in altrettanti Paesi del mondo (Mali, Repubblica Democraticadel Congo, Etiopia, Mozambico, Tanzania, Uganda, Burundi, Togo, Burkina Faso,Sud Africa, Sud Sudan, Sierra Leone, Kenya, India, Bangladesh, Afghanistan,Pakistan, Ecuador). In conclusione, i neonatologi italiani impegnati nellacooperazione allo sviluppo chiedono al segretario generale delle Nazioni Unite diinserire le cure neonatali, comprensive e non solo essenziali, nelle priorità diintervento sanitario a livello ospedaliero nei Paesi in via di sviluppo.

Una cooperazione permanente«Questa giornata sulla cooperazione evidenzia l’importanza di tutelare la salutematerno-infantile nei Paesi a limitate risorse e affronta problematiche sempreattuali che ci inducono ad alcune riflessioni - sintetizza Mauro Stronati, presidentedella Società Italiana di Neonatologia -. Il neonato e la propria madre, senzadistinzione di razza, di nazionalità o di religione, devono essere un obiettivo diprimaria importanza nell’ambito della cooperazione, che dobbiamo rendereefficace con iniziative a cui la Società Italiana di Neonatologia può e deve dare ilproprio contributo. La formazione del personale sanitario locale deve esserepromossa non solo nei Paesi di origine, ma favorendo anche periodi formativi inospedali italiani; nei progetti devono essere coinvolte istituzioni come l’università,i comuni, gli ospedali, l’ordine dei medici e le società scientifiche che “adottando”un progetto ne assicurino stabilità e continuità, affiancando il lavoro delleorganizzazioni non governative. Infine l’opinione pubblica e soprattutto i giovanidevono essere sensibilizzati sull’idea e la necessità di una cooperazione

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permanente, responsabile e decentrata».

27 ottobre 2015 (modifica il 27 ottobre 2015 | 16:02)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ciclo d'incontri PASSI VERSO L'ALTROVE 3 - 2015/2016.Incontri per riflettere sull'altro e l'altrove attraverso testimonianze dirette.documentari, immagini e teatro

quando Novembre 2015/aprile 2016

dove VillorbaAuditorium di Villa Zanetti - Viale Felissent, 53 (zona Ippodromo)

prezzo Ingresso gratuito (prenotazione obbligatoria)

info 0422/312680 [email protected]

organizzazione Fondazione Zanetti Onlus

sito web http://goo.gl/luP157

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Appuntamenti in EvidenzaSpettacolo - Teatro - CinemaIL LAGO DEI CIGNI28 NOVEMBRE 2015 ore 20. - Teatro

Accademia - Piazza Cima - Conegliano

Spettacolo - Teatro - CinemaIL LAGO DEI CIGNI -BALLETTO.

DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 ORE 21 -TEATRO ACCADEMIA CONEGLIANO

Feste e folkloreAutunno ConeglianeseDal 4 settembre al 25 ottobre -

Conegliano centro città

NUOVO CICLO D'INCONTRI “PASSI VERSO L’ALTROVE 3” - 2015/2016

Storie di persone che agiscono e collaborano per rendere il mondo un posto migliore. FondazioneZanetti Onlus presenta il nuovo ciclo d’incontri di sensibilizzazione 2015/2016.

Dopo l’ottimo riscontro dei precedenti cicli d’incontri “Passi verso l’AltroVE2013/2014” e Passi verso l’AltroVE 2 – 2014/2015”, inizierà il 10 novembre p.v. “Passi Versol’AltroVE 3”, il nuovo ciclo d’incontri di sensibilizzazione organizzato dalla Fondazione ZanettiOnlus. Tante le storie che verranno raccontate seguendo nuovamente il filo conduttore dellaconoscenza dell’altro e dell’altrove. L’intento principale della Fondazione è sempre quello di darevoce a persone che si avvicinano agli altri (e ad altre realtà) con rispetto, comprensione edesiderio di agire e collaborare per creare un mondo migliore. Gli appuntamenti di questainiziativa di sensibilizzazione sono in tutto 9, si terranno la mattina e sono indirizzati soprattuttoagli studenti delle Scuole Superiori di Secondo Grado (ma l’accesso è consentito a tutti tramiteprenotazione).

Il 10 novembre si parlerà della storia di Piero Corti e Lucille Teastale, due medici, due coniugi,che hanno lavorato insieme in Uganda 35 anni per trasformare un piccolo dispensario in uno degliospedali più importanti dell’Africa Equatoriale: il Lacor Hospital. Per parlarne ci sarà la figliaDominique che è cresciuta in Uganda con i genitori e ha vissuto in prima persona tutte levicissitudini dell’ospedale. Il 25 novembre si parlerà, grazie alla presenza del regista PaoloBianchini ideatore del progetto SOS scuola, di come è possibile cooperare dal basso perriqualificare gli istituti scolastici fatiscenti. Il 3 dicembre il Comitato Collaborazione Medica diTorino affronterà il tema del diritto alla salute e lo farà in modo coinvolgente anche parlando di unimportante – e premiato - progetto realizzato con le scuole piemontesi. L’ultimo appuntamentodel 2015 (17 dicembre) sarà lo spettacolo-inchiesta RWANDA di MC Teatro Civile che raccontauna storia vera di coraggio, fratellanza ed eroismo avvenuta durante il genocidio del 1994.

Il 2016 si aprirà con l’incontro del 28 gennaio dove verrà proiettato il nuovo documentario diMarco Zuin e Luca Ramigni “La sedia di cartone” e se ne parlerà con Simona Atzori, la ballerina epittrice senza braccia testimonial di un progetto in Kenya per persone disabili dov'è ambientato ildocumentario. Il tema delle migrazioni forzate, una delle crisi umanitarie più gravi del momento,sarà invece affrontato il 18 febbraio grazie agli operatori di Medici Senza Frontiere. Per ricordareche il virus dell’Ebola è ancora un nemico presente e che per i Paesi colpiti dall'ultima epidemiaricominciare è estremamente complesso, il 4 marzo i relatori saranno un medico di Medici conL’Africa Cuamm e il giornalista Pietro Suber che, insieme a Nicola Berti, ha realizzato ildocumentario “La vita al tempo di Ebola”. In questa occasione si capirà cos'è successo, cosa sta

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Altri Eventi nella categoria Incontri - Presentazioni

succedendo e cosa si può ancora fare ora che i riflettori su questa terribile epidemia si sono spenti.

Il 17 marzo si terrà un incontro con tutti protagonisti trevigiani: il gruppo rock Quarto Profilo e ivolontari della LILT Giocare in Corsia. Grazie alla loro musica e alle loro storie si potrà capirecome la musica può unire le persone e trasformarsi in un importante strumento per comunicarecon il sociale. Infine, l’8 aprile grazie all’ONG Cesvi e all'attrice Margherita Antonelli che ne è unatestimonial, si parlerà dell’importanza delle donne per lo sviluppo globale anche portandol’esempio concreto di un progetto che si sta sviluppando in Sudafrica.

Il ciclo d’incontri è patrocinato dalla Regione del Veneto, dalla Provincia di Treviso, dalle città diTreviso e Villorba e dall'Ufficio Scolastico Provinciale di Treviso. Gli incontri si terranno tutti aVillorba (tranne lo spettacolo teatrale Rwanda che si farà presso l’Auditorium della sede dellaProvincia di Treviso) presso l’auditorium di Villa Zanetti in V.le Felissent, 53 – zona ippodromo.

Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare la Fondazione Zanetti Onlus (Ref. AlessandraFermi): Tel. 0422/312680 – [email protected] www.fondazionezanetti-onlus.org

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Vittorio Veneto

da mercoledì 23 settembe - sede arci, via gandhi 9 vittorio veneto

corso di contabilità.

Asolo

Lunedì 12 Ottobre ore 16:50 - Fornace dell'Innovazione

Vendere, Oggi....Convegno patrocinato dalla Regione Veneto

Treviso

sabato 31 ottobre 2015 ore 9.30 - Auditorium Santa Croce presso Quartiere Latino

La famiglia costruttrice di fiducia sociale.Convegno per riflettere sul ruolo e sulle funzioni della famiglia oggi per la comunità civile

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Il premio "Cittadino europeo 2015" arriva inVeneto. A Medici con l'Africa CUAMM ilriconoscimento del Parlamento europeoGiovedì 15 ottobre 2015

Ieri sera a Bruxelles si è tenuta la cerimonia di premiazione allapresenza del vice-presidente Sylive Guillaume.

Padova. Un riconoscimento ufficiale da parte del Parlamento Europeoper l’impegno nella lotta all’Ebola in Sierra Leone e nel garantire il dirittoalla salute della popolazione africana, in particolare di mamme ebambini. È con questa motivazione che Medici con l’Africa Cuamm èstata insignita, ieri sera a Bruxelles, del Premio cittadino europeo 2015.

Sono 47 le realtà europee premiate e 4 quelle italiane. Insieme alCuamm, anche l’Istituto di medicina Solidale Onlus, Don Michele DePaolis (Emmaus) e Gaia Ferrara (associazione Viandando).

Arriva così in Veneto un premio che, dal 2008, viene assegnato acittadini singoli o a gruppi che si sono distinti per rafforzarel'integrazione europea e il dialogo tra i popoli, mettendo in pratica ivalori della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. A ritirarlodon Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm.

«Siamo onorati per questo importante premio che oggi ci vieneconsegnato – afferma don Dante Carraro, direttore del Cuamm – è unriconoscimento che dedico a tutti i nostri volontari che si sono impegnatiin prima linea nella lotta all’Ebola e che oggi continuano a lavorare perricostruire un sistema sanitario, quello della Sierra Leone appunto,distrutto da questo terribile flagello. Sono 34 i cooperanti che dal 2012hanno prestato servizio in questo paese con il Cuamm. Di questi, ben 11sono veneti, conferma della generosità del nostro popolo e dellacapacità di mettersi in gioco per dare un aiuto a chi ne ha bisognodavvero».

E l’on. Elena Gentile, membro della Commissione Occupazione e Affarisociali del Parlamento Europeo, così ha sottolineato l’importanza diquesta scelta: «In un momento così cruciale e difficile per l’UnioneEuropea, l’impegno quotidiano delle persone che oggi vengono premiateè una lotta per creare un’Europa che sia luogo di restituzione di diritti edignità a ogni essere umano. Il messaggio che i vincitori del PremioCittadino del Parlamento Europeo ci trasmettono è che si può donare séstessi e la propria passione civile per creare un nuovo modo di stareinsieme e di concepire la comunità».

FOTO disponibili a questo link:http://audiovisual.europarl.europa.eu/

Ufficio Stampa di Medici con l'Africa Cuamm: Via San Francesco,126 - 35121 Padova - Italy / t. +39 049 8751279 / t. +39 0498751649 / www.mediciconlafrica.org

Fonte: Medici con l’Africa CUAMM

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