donne coraggiose Due mamme e tre figli: vi presento la mia ... · nonni, per me è la fuga da una...

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«S ignora mi dispiace, lei non è una parente, non posso farla entrare». L’infermiera è irremovibile. Vorrei mangiarmela anche se è una collega: i miei gemelli hanno aperto gli occhietti due mesi prima della fine della gravidanza e io non posso vederli, non posso correre ad abbracciare Cecilia, la donna che amo. «La prego, mi dica almeno come stanno», le chiedo. «Stia tranquilla, sono bellissimi e stanno bene», mi risponde con un sorriso. «Mi spiace davvero sa, non poterglieli mostrare», si giustifica comprensiva. «Ma la legge non me lo consente». Già, la legge. Quell’insieme di norme che certificano la mia estraneità da questi due esserini che amo già con tutta me stessa. Li ho voluti esattamente quanto Arianna, la mia primogenita che oggi ha dieci anni. Mi sono commossa guardando la loro ecografia. Li ho sentiti scalciare. Ho comunicato con loro per sette mesi nel pancione. Anche se il pancione che li ha protetti e nutriti non era il mio. Era quello di Cecilia, la mia compagna, che li ha partoriti da pochi minuti mentre io aspettavo nella stanza dei papà. Vi pare strano? Non mi sorprendo. Fino a qualche anno fa, l’avrei pensato anch’io. Moglie e madre, Federica ha una vita normale. Finché si innamora di Cecilia. E, sfidando i giudizi di amici e parenti, ricostruisce la sua esistenza con lei. Orgogliosa di fronte al mondo, ma invisibile per la legge. Che non le conferisce nessun diritto verso i loro gemellini di Arianna Lattisi - foto di Stephanie Gengotti per M’innamoro di Cecilia e vengo presa dal panico: che fare? Ho 32 anni, un marito, una figlia, un lavoro. Una vita normale, insomma. Poi faccio amicizia con Cecilia, infermiera come me. All’inizio condividiamo solo i turni di lavoro, poi qualche uscita al centro commerciale, al cinema, al parco con mia figlia. Una bella amicizia, nulla di cui stupirsi. Per lo meno fino a quando inizio a provare per lei qualcosa di più forte, di diverso. Continuo a ripetermi che non poteva essere ciò che sembrava, perché sono una moglie, una mamma, una donna adulta e non una ragazzina volubile che perde la testa in maniera del tutto irrazionale. Eppure, dentro di me, so perfettamente che ciò che sento è semplicemente amore. Potevo cercare di reprimerlo, di nasconderlo a me stessa e agli altri, ma il mio cuore continua a dirmi che mi sono innamorata di Cecilia. E lei di me. In un mondo perfetto, un amore corrisposto sarebbe condizione sufficiente per la felicità. Invece io passo dalla curiosità alla confusione, fino a ritrovarmi in preda al panico. Così scappo. Guido tenendo la radio accesa, per non pensare. Mia figlia Arianna canticchia allegra abbracciando la sua bambola: quella che per lei è una gita dai nonni, per me è la fuga da una situazione che mi spaventa. Vedo attraverso il finestrino i luoghi della mia infanzia, ripenso al mio passato mentre cerco un modo per conciliare il presente con quello che sarebbe diventato il mio futuro. Due mamme e tre figli: vi presento la mia famiglia. Ma per lo Stato non esiste Federica Bruni, 38 anni, e la compagna Cecilia, 32, con i loro gemellini: Valerio ed Emma, 2. Della famiglia fa parte anche Arianna, 11, figlia di Federica e del suo ex marito. 1 donne coraggiose

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«Signora mi dispiace, lei non è una parente, non posso farla entrare».L’infermiera è irremovibile. Vorrei

mangiarmela anche se è una collega: i miei gemelli hanno aperto gli occhietti due mesi prima della fine della gravidanza e io non posso vederli, non posso correre ad abbracciare Cecilia, la donna che amo.«La prego, mi dica almeno come stanno», le chiedo. «Stia tranquilla, sono bellissimi e stanno bene», mi risponde con un sorriso. «Mi spiace davvero sa, non poterglieli mostrare», si giustifica comprensiva. «Ma la legge non me lo consente».Già, la legge. Quell’insieme di norme che certificano la mia estraneità da questi due esserini che amo già con tutta me stessa.Li ho voluti esattamente quanto Arianna, la mia primogenita che oggi ha dieci anni. Mi sono commossa guardando la loro ecografia. Li ho sentiti scalciare. Ho comunicato con loro per sette mesi nel pancione. Anche se il pancione che li ha protetti e nutriti non era il mio. Era quello di Cecilia, la mia compagna, che li ha partoriti da pochi minuti mentre io aspettavo nella stanza dei papà. Vi pare strano? Non mi sorprendo. Fino a qualche anno fa, l’avrei pensato anch’io.

Moglie e madre, Federica ha una vita normale. Finché si innamora di Cecilia. E, sfidando i giudizi di amici e parenti, ricostruisce la sua esistenza con lei. Orgogliosa di fronte al mondo, ma invisibile per la legge. Che non le conferisce nessun diritto verso i loro gemellini

di Arianna Lattisi - foto di Stephanie Gengotti per

M’innamoro di Cecilia e vengo presa dal panico: che fare?

Ho 32 anni, un marito, una figlia, un lavoro. Una vita normale, insomma. Poi faccio amicizia con Cecilia, infermiera come me. All’inizio condividiamo solo i turni di lavoro, poi qualche uscita al centro commerciale, al cinema, al parco con mia figlia. Una bella amicizia, nulla di cui stupirsi. Per lo meno fino a quando inizio a provare per lei qualcosa di più forte, di diverso. Continuo a ripetermi che non poteva essere ciò che sembrava, perché sono una moglie, una mamma, una donna adulta e non una ragazzina volubile che perde la testa in maniera del tutto irrazionale. Eppure, dentro di me, so perfettamente che

ciò che sento è semplicemente amore. Potevo cercare di reprimerlo, di nasconderlo a me stessa e agli altri, ma il mio cuore continua a dirmi che mi sono innamorata di Cecilia. E lei di me. In un mondo perfetto, un amore corrisposto sarebbe condizione sufficiente per la felicità. Invece io passo dalla curiosità alla confusione, fino a ritrovarmi in preda al panico. Così scappo. Guido tenendo la radio accesa, per non pensare. Mia figlia Arianna canticchia allegra abbracciando la sua bambola: quella che per lei è una gita dai nonni, per me è la fuga da una situazione che mi spaventa. Vedo attraverso il finestrino i luoghi della mia infanzia, ripenso al mio passato mentre cerco un modo per conciliare il presente con quello che sarebbe diventato il mio futuro.

Due mamme e tre figli: vi presento la mia famiglia. Ma per lo Stato non esiste

Federica Bruni, 38 anni, e la compagna Cecilia, 32, con i loro gemellini: Valerio ed Emma, 2. Della famiglia fa parte anche Arianna, 11, figlia di Federica e del suo ex marito.

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Mia madre si preoccupa di quello che dirà la gente

«Non ci pensi alla bambina? Come crescerà? E che dirà la gente?». Mia madre, a cui chiedo ospitalità, è visibilmente turbata. Un attimo prima sua figlia è una mamma sposata che vive una vita “normale”, e subito dopo è una separata lesbica piena di turbamenti.«Fidati di me», rispondo, ma le sue domande sono anche le mie.Mi rendo conto di amare quella donna, la desidero, voglio stare con lei, ma tutto questo mi sembra incompatibile col mio ruolo di madre e moglie. Cosa c’è di sbagliato in me? Perché, dopo aver amato e sposato il padre di mia figlia, ora il mio cuore batte per una donna? Sono stata travolta da un uragano di emozioni vere, sincere, forti. Mi chiedo che cosa mi sia successo per avere una forza tale da stravolgere in questo modo la mia vita. E la risposta era una soltanto: mi sono innamorata. Al telefono con Cecilia, le dico che non si può fare, che non c’è modo di vivere questa “cosa”, come ancora chiamavo l’amore sbocciato fra noi. «Se non c’è, lo inventeremo noi. Insieme», suggerisce lei. La ragione mi dice di tornare a casa da mio marito. Io, però, scelgo di dar retta al cuore. I commenti degli amici non si fanno attendere. «Ma che cos’hai nella testa? Butti via tutto?», mi dice qualcuno. Altri lo pensano. Eppure trovo il coraggio di seguire l’unica strada che mi permette di non buttar via me stessa. E dimostrare a me e agli altri che io non voglio distruggere, ma costruire. Costruire una nuova famiglia. Forse atipica, ma gonfia di amore.

Per lo Stato Cecilia è una ragazza madre

E ora sono qui, divorata dalla frustrazione: un muro mi separa da Emma e Valerio, i figli che considero miei anche se lo Stato preferisce etichettarli come figli di una ragazza madre, una single costretta a fare tutto da sola. Non è stato facile coronare il nostro sogno di maternità, abbiamo dovuto varcare un confine. In un giorno di inizio primavera l’atterraggio a Barcellona: dopo settimane di ricerche, informazioni, esami e stimolazioni ormonali, ecco giunto il momento di provare a dare un fratellino a

mia figlia. Una vacanza speciale, due giorni nella clinica specializzata in fecondazione assistita e il resto a spasso per le strade spagnole e per i musei. Siamo fortunate, dal punto di vista biologico, perché Cecilia resta incinta al primo tentativo. La nostra fortuna, però, si esaurisce qui, poiché in Italia non è facile essere una famiglia diversa: tanti pregiudizi e troppi limiti.Mentre aspetto che arrivi un dirigente dell’ospedale da implorare perché mi conceda di vedere Emma e Valerio, penso che questo senso di frustrazione lo proverò

molte volte, in futuro. So, che non potrò andare a prendere i nostri figli a scuola, senza un’autorizzazione scritta e firmata dalla loro unica madre legale. Ci saranno difficoltà anche per andare in vacanza: i gemelli non potranno viaggiare con me senza un documento rilasciato dalla questura. E se, per disgrazia, dovesse capitare qualcosa a Cecilia, so che verrebbero affidati a una “famiglia normale” e non a me. A una mamma e un papà estranei, piuttosto che alla donna che ora freme per poter vedere i loro visi, per stringere le loro manine e che, come l’altra loro mamma, li amerà per tutta la vita.

Vedo i miei bimbi solo perché un dirigente chiude un occhio

Stringo tra le mani i primi calzini che abbiamo comperato, subito dopo fatto il test di gravidanza. Immagino quei quattro piedini che si agitano nelle incubatrici: mantengo la calma a fatica, vorrei abbattere la porta della terapia intensiva a calci e pugni per dimostrare il male che mi stanno facendo le assurde regole italiane. Chissà se, alla fine, il dirigente che mi concede il permesso di entrare ha trovato una norma eccezionale addentrandosi nel regolamento, o si è lasciato guidare dal buon senso e dal buon cuore. «Entri pure, mamma Federica, i suoi figli la aspettano», mi dice, assumendosi una responsabilità più grande di lui sotto il dolce sguardo di approvazione delle infermiere. Loro hanno capito che siamo una famiglia come tutte le altre e che i nostri figli saranno amati proprio come i bimbi di una coppia eterosessuale. Nonostante ciò domani, quando partorirà un’altra mamma lesbica, la inviteranno a pazientare nella sala d’aspetto perché così vuole la legge. E tutto ricomincerà daccapo.

Quali sono i diritti dei figli di coppie gay?Ne parliamo con Giuseppina Ladelfa, presidente dell’associazione Famiglie Arcobaleno (famigliearcobaleno.org).• Quanti sono i figli di famiglie omogenitoriali in Italia? «Non esistono stime ufficiali, ma ci aggiriamo intorno ai 10mila. Se si parla di ragazzi con un solo genitore omosessuale, siamo sui 100mila». • Che diritti ha il figlio di una coppia gay? «Ha diritti solo rispetto al genitore biologico. Col genitore di fatto non ha legami: non può ereditare, non può essere affidato a lui in caso di decesso del genitore biologico, non può ricevere le sue visite in ospedale. E se la coppia si separa male, il genitore legale può impedire che l’ex veda i figli».• Che cosa bisogna fare per garantire diritti alle famiglie omogenitoriali? «Una legge che riconosca questo genere di legami. Ottenendo così la parità di diritti

tra figli di coppie etero e omosessuali».• Per approfondire il tema, si può leggere Amori senza diritti (Zona, 15 euro) di Mimma Scigliano. Valentina Valota

Federica e Cecilia si sono conosciute sul lavoro: sono entrambe infermiere. Stanno insieme da sei anni e vivono insieme ai tre figli a Roma.

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