DOMENICA 22 MAGGIO 2016 CulturaeSpettacoli · 2017-01-18 · racconta Lia Corna, referente del la...

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L’ECO DI BERGAMO 51 DOMENICA 22 MAGGIO 2016 stato straordinario. Sono torna- ti alla luce una serie di riquadri con santi e Madonne disposti su due registri: quello superiore composto da 5 riquadri con tre differenti «Madonna col Bam- bino», un «San Gottardo» e quello inferiore con altri 5 ri- quadri con «Madonna con Bam- bino», una parte di un « S. Anto- nio abate» e un lacerto di un «San Rocco». Conclude il parro- co: «Straordinario il risultato di questo lavoro, forte la sorpresa e straordinaria l’emozione che abbiamo provato nell’osservare i tesori. L’affresco dell’Addolo- rata restituito allo splendore originale e gli altri affreschi ri- trovati, siano un invito alla pre- ghiera e un aiuto per una rinno- vata devozione a Maria». vano non corrispondere alla ri- chiesta di aiuto lanciataci tempo fa dal parroco, mons. Borlini, con un significativo investimen- to economico che ha avuto un al- tissimo ritorno culturale per la comunità e per la provincia, trattandosi di eccellenti opere d’arte, ad oggi sconosciute», ha dichiarato Angelo Piazzoli, se- gretario Fondazione Credito Bergamasco. Dice il restaurato- re Tiziano Villa: dopo mesi di in- tenso lavoro, il risultato finale è dolorata proprio grazie ai lavori di recupero, inaugurati venerdì. «L’intervento ha consentito il ripristino di suggestivi affre- schi che la storica stratificazio- ne degli interventi sulla Chiesa aveva occultato; data la nostra particolare vocazione alla salva- guardia del patrimonio locale – attestata da oltre un centinaio di importanti interventi nel de- cennio (alcuni dei quali veri e propri salvataggi di capolavori dei nostri territori) – non pote- Clusone Un restauro comples- so, dagli esiti sorprendenti. La Chiesa del Paradiso di Clusone -restaurata per volere della Co- munità di Clusone, guidata da mons. Giuliano Borlini, con il contributo della Fondazione Credito Bergamasco - torna a nuova vita regalando ai suoi fe- deli e agli amanti dell’arte un magnifico ciclo di affreschi, ri- scoperto nella Cappella dell’Ad- Gli affreschi ritrovati dono per tutta la provincia L’inaugurazione dei restauri a Clusone FOTO FRONZI Ospedale psichiatrico, rivive la storia Borgo Palazzo. Oggi visite guidate sulla vita nell’ex Onp, con la proiezione delle immagini del vecchio manicomio Dalla pellagra ai soldati traumatizzati, i pazienti, seppur ai margini, non vivevano una vita separata dalla società MARINA MARZULLI Come si viveva nell’ex Ospedale psichiatrico, e quali era- no i rapporti fra i «matti» e la parte «sana» della società bergamasca? Lo abbiamo scoperto con la visita guidata a cura della Fondazione Bergamo nella Storia, ieri pome- riggio in occasione dell’inaugura- zione dell’Onp Bistrò, il bar-tavola calda realizzato all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di via Borgo Palazzo 130. Le visite, sempre gra- tuite e senza bisogno di prenota- zione, si terranno anche stamatti- na alle 11. La storia dell’Ospedale Psichia- trico di Bergamo parte ad Astino nel 1833, quando ven- ne aperto nei locali dell’ex monastero un manicomio che ospi- tasse i malati che era- no in gestione del- l’Ospedale San Mar- co. Chiuso nel 1892, i pazienti vennero tra- sferiti nella struttura di Borgo Palazzo, che rimase aperta fino al- l’inizio del nuovo mil- lennio. «In realtà non accettava pa- zienti dal 1978, anno della Legge Basaglia e della chiusura dei mani- comi, ma i pazienti venero di- smessi progressivamente e chi non aveva una famiglia cui fare ritorno è rimasto fino al 2000», racconta Lia Corna, referente del- la Ricerca per la Fondazione Ber- gamo nella Storia. La visita guidata parte dalla pa- lazzina della direzione, dove le guide della fondazione proiettano immagini del vecchio manicomio appartenenti all’archivio fotogra- fico Sestini e all’archivio cartaceo con i documenti del fondo Federi- co Alborghetti, medico ad Astino. Emerge subito come i cosiddetti «matti», per quanto messi ai mar- gini, non vivano una vita separata da quella del resto della società. «Le malattie psichiatriche cam- biano a seconda del contesto so- ciale – sottolinea Lia Corna –, ad Astino si trovavano soprattutto malati di pellagra, mentre durante la guerra abbiamo i soldati effetti da disturbo post traumatico». Nel percorso della visita guida- ta viene mostrata la struttura dei padiglioni, secondo i dettami scientifici dell’epoca, arrivando fi- no alla chiesa interna al manico- mio e mostrando l’interno di un reparto. Nei primi decenni del- l’800 la grande maggioranza delle diagnosi psichiatriche erano lega- te alla pellagra, malattia legata al- l’alimentazione carente di vitami- ne, molto diffusa tra i contadini poveri che si nutrivano solo di polenta. Oltre alla dermatite, i sintomi psichici comprendo- no insonnia, affatica- mento, perdite di concentrazione, irri- tabilità, tendenza al- l’abbassamento del tono dell’umore. Po- vertà, denutrizione, malattia mentale: un circolo vizioso in cui – in un oriz- zonte di scarsità endemica di ri- sorse – era facile cadere. Con la pellagra, l’alcolismo era (e a differenza della pellagra non può dirsi scomparso) tra le mag- giori cause di malattia e di disturbi nel comportamento sociale, di se- gni di turbolenza e inquietudine. In contesti connotati dalla man- canza di cibo, da povertà e guerre, l’eccesso alcolico è una risposta alle grandi e complesse difficoltà esistenziali, dalle relazioni fami- liari alle traversie del mondo lavo- rativo. Isolato, ma non alieno dalla normalità del vivere corrente, il manicomio accoglieva spesso per- sone non dissimili dal modo cor- rente di vivere il tempo della città. Credere che la vita di un paziente psichicamente sofferente sia alie- na al vivere corrente è ancora oggi un luogo comune diffuso e radica- to, che rende più difficile un ritor- no, quasi sempre invece possibile, accanto ai «nomali». Città i cui assetti, i cui modi di vivere, le cui abitudini alimentari, igieniche, i cui rapporti familiari, di genere, le cui concezioni di buon costume, di sessualità, di buona condotta morale, non poche volte – allora come ora – possono essere le con- cause certamente rilevanti della sofferenza psichica. Sofferenza che non poche volte i «normali» preferiscono proiettare in una persona altra, da tenere ben chiu- sa e segregata. In questo processo di negazio- ne, «i normali», non poche volte congiunti e vicini a chi soffre, pos- sono non riconoscersi come com- partecipi, forse cause di sofferen- ze ed esclusione dalla vita sociale; esclusione che parte spesso dalla perdita di lavoro o dalla non offer- ta di un lavoro. Il manicomio è stato la testimo- nianza concreta, architettonica- mente visibile, del fatto che i «sof- ferenti» dovessero essere tenuti a distanza e che bisognasse, come normali, «non averci a che fare». Dall’altra parte, l’ospedale psi- chiatrico ha avuto negli anni an- che contatti felici con il resto della comunità, confronti costruttivi, spunti di intervento clinico e con- fronti con la società civile. Ed è da questo interscambio positivo che bisogna ripartire, come dimostra l’apertura del nuovo Bistrò, non solo per il luogo significativo che occupa, ma anche perché impiega persone in condizione di fragilità che hanno bisogno di un supporto per l’inserimento nel mondo del lavoro. Proegue inoltre sino alle ore 13 l’esposizione di Arte Irregolare al- lestita presso l’ingresso monu- mentale (in collaborazione con l’associazione Tarcisio Merati). L’inaugurazione dell’Onp Bistrò, bar-tavola calda all’interno dell’ex Ospedale psichiatrico FOTO BEDOLIS La mostra «Arte Irregolare» allestita all’ingresso monumentale dell’ex Ospedale psichiatrico (in collaborazione con l’associazione Tarcisio Merati) Cultura e Spettacoli [email protected] www.ecodibergamo.it Antico documento dell’archivio storico

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L’ECO DI BERGAMO 51DOMENICA 22 MAGGIO 2016

stato straordinario. Sono torna­ti alla luce una serie di riquadri con santi e Madonne disposti sudue registri: quello superiore composto da 5 riquadri con tre differenti «Madonna col Bam­bino», un «San Gottardo» e quello inferiore con altri 5 ri­quadri con «Madonna con Bam­bino», una parte di un « S. Anto­nio abate» e un lacerto di un «San Rocco». Conclude il parro­co: «Straordinario il risultato di questo lavoro, forte la sorpresa estraordinaria l’emozione che abbiamo provato nell’osservare i tesori. L’affresco dell’Addolo­rata restituito allo splendore originale e gli altri affreschi ri­trovati, siano un invito alla pre­ghiera e un aiuto per una rinno­vata devozione a Maria».

vano non corrispondere alla ri­chiesta di aiuto lanciataci tempofa dal parroco, mons. Borlini, con un significativo investimen­to economico che ha avuto un al­tissimo ritorno culturale per la comunità e per la provincia, trattandosi di eccellenti opere d’arte, ad oggi sconosciute», ha dichiarato Angelo Piazzoli, se­gretario Fondazione Credito Bergamasco. Dice il restaurato­re Tiziano Villa: dopo mesi di in­tenso lavoro, il risultato finale è

dolorata proprio grazie ai lavori di recupero, inaugurati venerdì.

«L’intervento ha consentitoil ripristino di suggestivi affre­schi che la storica stratificazio­ne degli interventi sulla Chiesa aveva occultato; data la nostra particolare vocazione alla salva­guardia del patrimonio locale – attestata da oltre un centinaio diimportanti interventi nel de­cennio (alcuni dei quali veri e propri salvataggi di capolavori dei nostri territori) – non pote­

Clusone

Un restauro comples­so, dagli esiti sorprendenti. La Chiesa del Paradiso di Clusone ­restaurata per volere della Co­munità di Clusone, guidata da mons. Giuliano Borlini, con il contributo della Fondazione Credito Bergamasco ­ torna a nuova vita regalando ai suoi fe­deli e agli amanti dell’arte un magnifico ciclo di affreschi, ri­scoperto nella Cappella dell’Ad­

Gli affreschi ritrovatidono per tutta la provincia

L’inaugurazione dei restauri a Clusone FOTO FRONZI

Ospedale psichiatrico, rivive la storiaBorgo Palazzo. Oggi visite guidate sulla vita nell’ex Onp, con la proiezione delle immagini del vecchio manicomio Dalla pellagra ai soldati traumatizzati, i pazienti, seppur ai margini, non vivevano una vita separata dalla società

MARINA MARZULLI

Come si viveva nell’ex Ospedale psichiatrico, e quali era­no i rapporti fra i «matti» e la parte«sana» della società bergamasca?Lo abbiamo scoperto con la visitaguidata a cura della Fondazione Bergamo nella Storia, ieri pome­riggio in occasione dell’inaugura­zione dell’Onp Bistrò, il bar­tavolacalda realizzato all’interno dell’exospedale psichiatrico di via BorgoPalazzo 130. Le visite, sempre gra­tuite e senza bisogno di prenota­zione, si terranno anche stamatti­na alle 11.

La storia dell’Ospedale Psichia­trico di Bergamo parte ad Astinonel 1833, quando ven­ne aperto nei locali dell’ex monastero unmanicomio che ospi­tasse i malati che era­no in gestione del­l’Ospedale San Mar­co. Chiuso nel 1892, ipazienti vennero tra­sferiti nella strutturadi Borgo Palazzo, cherimase aperta fino al­l’inizio del nuovo mil­lennio.

«In realtà non accettava pa­zienti dal 1978, anno della LeggeBasaglia e della chiusura dei mani­comi, ma i pazienti venero di­smessi progressivamente e chi non aveva una famiglia cui fare ritorno è rimasto fino al 2000», racconta Lia Corna, referente del­la Ricerca per la Fondazione Ber­gamo nella Storia.

La visita guidata parte dalla pa­lazzina della direzione, dove le guide della fondazione proiettanoimmagini del vecchio manicomioappartenenti all’archivio fotogra­fico Sestini e all’archivio cartaceocon i documenti del fondo Federi­co Alborghetti, medico ad Astino.Emerge subito come i cosiddetti«matti», per quanto messi ai mar­gini, non vivano una vita separatada quella del resto della società.

«Le malattie psichiatriche cam­biano a seconda del contesto so­ciale – sottolinea Lia Corna –, adAstino si trovavano soprattutto malati di pellagra, mentre durantela guerra abbiamo i soldati effettida disturbo post traumatico».

Nel percorso della visita guida­ta viene mostrata la struttura deipadiglioni, secondo i dettami scientifici dell’epoca, arrivando fi­no alla chiesa interna al manico­mio e mostrando l’interno di un reparto. Nei primi decenni del­l’800 la grande maggioranza dellediagnosi psichiatriche erano lega­te alla pellagra, malattia legata al­l’alimentazione carente di vitami­

ne, molto diffusa tra icontadini poveri chesi nutrivano solo dipolenta. Oltre alladermatite, i sintomipsichici comprendo­no insonnia, affatica­mento, perdite diconcentrazione, irri­tabilità, tendenza al­l’abbassamento deltono dell’umore. Po­vertà, denutrizione,malattia mentale: un

circolo vizioso in cui – in un oriz­zonte di scarsità endemica di ri­sorse – era facile cadere.

Con la pellagra, l’alcolismo era(e a differenza della pellagra nonpuò dirsi scomparso) tra le mag­giori cause di malattia e di disturbinel comportamento sociale, di se­gni di turbolenza e inquietudine.In contesti connotati dalla man­canza di cibo, da povertà e guerre,l’eccesso alcolico è una risposta alle grandi e complesse difficoltàesistenziali, dalle relazioni fami­liari alle traversie del mondo lavo­rativo.

Isolato, ma non alieno dallanormalità del vivere corrente, il manicomio accoglieva spesso per­sone non dissimili dal modo cor­rente di vivere il tempo della città.Credere che la vita di un paziente

psichicamente sofferente sia alie­na al vivere corrente è ancora oggiun luogo comune diffuso e radica­to, che rende più difficile un ritor­no, quasi sempre invece possibile,accanto ai «nomali». Città i cui assetti, i cui modi di vivere, le cuiabitudini alimentari, igieniche, icui rapporti familiari, di genere, lecui concezioni di buon costume,di sessualità, di buona condotta morale, non poche volte – alloracome ora – possono essere le con­cause certamente rilevanti dellasofferenza psichica. Sofferenza che non poche volte i «normali»preferiscono proiettare in una persona altra, da tenere ben chiu­sa e segregata.

In questo processo di negazio­ne, «i normali», non poche voltecongiunti e vicini a chi soffre, pos­sono non riconoscersi come com­partecipi, forse cause di sofferen­ze ed esclusione dalla vita sociale;esclusione che parte spesso dallaperdita di lavoro o dalla non offer­ta di un lavoro.

Il manicomio è stato la testimo­nianza concreta, architettonica­mente visibile, del fatto che i «sof­ferenti» dovessero essere tenutia distanza e che bisognasse, comenormali, «non averci a che fare».Dall’altra parte, l’ospedale psi­chiatrico ha avuto negli anni an­che contatti felici con il resto dellacomunità, confronti costruttivi, spunti di intervento clinico e con­fronti con la società civile. Ed è daquesto interscambio positivo chebisogna ripartire, come dimostral’apertura del nuovo Bistrò, non solo per il luogo significativo cheoccupa, ma anche perché impiegapersone in condizione di fragilitàche hanno bisogno di un supportoper l’inserimento nel mondo dellavoro.

Proegue inoltre sino alle ore 13l’esposizione di Arte Irregolare al­lestita presso l’ingresso monu­mentale (in collaborazione con l’associazione Tarcisio Merati).

L’inaugurazione dell’Onp Bistrò, bar­tavola calda all’interno dell’ex Ospedale psichiatrico FOTO BEDOLIS

La mostra «Arte Irregolare» allestita all’ingresso monumentale dell’ex Ospedale psichiatrico

(in collaborazione con l’associazione Tarcisio Merati)

[email protected]

Antico documento

dell’archivio storico