Documento Organizzativo 2013 | Rete della Conoscenza

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Rete della Conoscenza Defender la alegria organizar la rabia Documento Organizzativo 1

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Il documento politico approvato all'unanimità dalla IV Assemblea Nazionale della Rete della Conoscenza | Defender la alegria, organizar la rabia

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Defender la alegria organizar la rabia

IV Assemblea Nazionaledella Rete della Conoscenza

Frassanito (LE), 29-30-31 Luglio 2013

Documento Organizzativo

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Tesi 1. La politica alla deriva. Crisi della rappresentanza politica e della rappresentanza sociale

L’evoluzione del sistema capitalistico degli ultimi 20 anni - attraverso la ristrutturazione delle forme di governance, la finanziarizzazione del sistema economico, la distruzione del sistema di welfare e nello specifico del diritto allo studio e la frammentazione dei rapporti di lavoro - ha portato ad un’individualizzazione della società, al disgregamento del tessuto sociale del nostro paese, alla vittoria culturale della competizione basata sul merito in ogni aspetto della nostra vita.Nei luoghi di lavoro, nei luoghi della formazione, nei luoghi di vita assistiamo ad un inarrestabile processo di isolamento delle persone, poste l’una contro l’altra nella ricerca del successo individuale.Le categorie economiche sono oggi utilizzate per spiegare ogni fenomeno sociale: i diritti sono sottoposti al vaglio dello “spread”, l’istruzione viene demolita per il suo “efficientamento”, lo iato tra sviluppo, lavoro e sostenibilità ambientale viene risolto attraverso le indicazioni degli istituti finanziari, anche nei rapporti interpersonali si sviluppa sempre più la tendenza all’egoismo sociale. In questo contesto viene meno la rappresentazione collettiva dei problemi e si sviluppa la crisi delle categorie pratiche del “Politico” e del “Sociale”, attraverso l’annichilimento dell’idea di partecipazione politica come forma di superamento e miglioramento delle condizioni materiali e immateriali esistenti.

Concentrare il nostro ragionamento sulle forme della partecipazione attiva e sulla ripoliticizzazione del tessuto sociale, lungi dall’essere solamente una prospettiva strategica organizzativa di radicamento e permeazione dei luoghi di formazione, significa ripensare il nostro fare politica nell’ottica di ribaltare il sistema capitalista nei suoi risultati ultimi, nelle condizioni formali della sua esistenza.In questo contesto il sistema partitico è entrato inevitabilmente in una crisi figlia della sue contraddizioni, nel definirsi in un apparato che rappresenta una parentesi isolata e autoreferenziale all’interno del complesso sistema sociale italiano. Nell’incapacità o non volontà i costruire un’alternativa coerente al sistema

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dominante, la rappresentanza politica italiana si è ritrovata privata del suo ruolo e ridotta a svolgere il ruolo di “cinghia di trasmissione” delle politiche di austerity promosse dalla governance politico-finanziaria europea, in una condizione di subalternità culturale che ha allontanato i cittadini dalla partecipazione attiva, vista come inutile rispetto a decisioni che si prendono “altrove”.La personalizzazione dei partiti, legata alla loro deideologizzazione, più che un sintomo è una conseguenza di questo declino. La ricerca del consenso mediatico ha accentuato il carattere individuale ed elitario della scelta della classe dirigente, che sia composta da volti noti o da celebrati “cittadini qualunque”, spostando l’attenzione dall’analisi dei problemi della collettività alla rilevanza della biografia etica (quando non imprenditoriale) di chi piace, o deve piacere, agli elettori.Si è passati dalla necessità di mettere in campo politiche che costruiscano consenso a quella di rincorrerlo adeguandosi alle tipologie prevalenti, ad una concezione statica della società, svilendo la necessità di organismi collettivi che sappiano interfacciarsi con la società ed orientarne la riflessione.

Alla crisi della forma-partito si è risposto con il rifiuto totale di tale forma. Su questo si apre una battaglia culturale: come Rete della Conoscenza non siamo contro la forma-partito o contro la rappresentanza politica, siamo piuttosto contro questo modo di concepire i partiti e contro questo modo di intendere la politica.Alla crisi degli organismi di rappresentanza politica, e alla loro endemica lontananza dai temi sociali, il mondo della rappresentanza sociale ha in questi anni risposto in maniera diversificata.Da un lato un’elaborazione statica ha accentuato il carattere di dipendenza dagli organismi politici, e con esso la condivisione di un allontanamento dalle necessità materiali dei soggetti sociali, dall’altro l’accentuazione di un’“autonomia” dal politico che si è privata dell’obiettivo di incidere sui processi decisionali del paese.

All’interno di questa dicotomia noi dobbiamo essere in grado di costruire una nuova dimensione, riscoprendo il nostro essere organizzazione di rappresentanza sociale tramite la strutturazione di una realtà che sia da un lato di massa, e quindi partecipata a tutti i livelli, e dall’altro in grado di incidere con la propria analisi nel dibattito pubblico con l’ambizione di indirizzare e determinare le scelte di governo sui temi che ci appartengono.

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Oggi, non vi può essere più una netta dicotomia tra una l’azione della rappresentanza sociale e quella conflittuale. Mentre dobbiamo lottare affinché le istituzioni democratiche riconoscano il sindacato studentesco come controparte, dobbiamo continuare a produrre movimento e conflitto riattivando percorsi partecipativi dal basso che diano senso alla democrazia partecipativa tanto banalizzata da chi, come il Movimento 5Stelle, la fa coincidere con la votazione e da chi, come gli altri partiti, la elude totalmente.E’ fondamentale riscoprire il ruolo propulsivo del sociale per un rinnovamento del politico, ricostruendo una dialettica che eviti le commistioni (tipiche dei gattopardeschi restyling elettorali che hanno prodotto fenomeni di sterile coptazione) per costruire una rappresentazione egemonica dei temi sociali che sappia presentarsi come alternativa partecipata e coerente alla ristrutturazione neo-liberista.La Rete della Conoscenza deve assumere questo compito tenendo ben presente di non essere stata esente dalla crisi dei sistemi di rappresentanza. Lo svuotamento delle assemblee e delle iniziative politiche, in controtendenza con la capacità di mobilitazione che in questi anni siamo stati in grado di costruire, è un dato che deve farci riflettere; la nostra capacità di aver letto prima di altri le contraddizioni che si sviluppavano negli organismi di rappresentanza non può indurci all’immobilità e all’autoreferenzialità delle nostre doti organizzative.

E’ prioritario ad oggi intraprendere con maggior vigore un percorso di riflessione interna per la sperimentazione di strutture e forme organizzative che sappiano porsi come sintesi tra la necessità di una ripoliticizzazione della società e quella della costruzione di un’organizzazione di massa, tra la rappresentazione dei bisogni materiali e immateriali degli studenti a 360° e il bisogno di un’analisi complessa e complessiva sulla situazione sociale e politica del nostro paese e non solo, tra la necessità di costruire ricomposizione sociale e opposizione ai sistemi di austerity e precarietà e la quotidiana microvertenzialità in scuole ed università, tra le battaglie per il diritto allo studio e quelle sulle tematiche Lgbtqi, la tutela ambientale,l’antifascismo, la lotta ad ogni tipo di organizzazione e atteggiamento mafioso.La nostra organizzazione deve essere in grado di cogliere questa sfida organizzativa e di vincerla, di porsi come un baluardo di resistenza ai processi sociali dominanti ricostruendo partecipazione politica e cambiamento reale nelle scuole e nelle università così come nelle nostre città e nel paese.

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Tesi 2.In direzione ostinata e contraria: un'associazione inclusiva in un mondo escludente

Il processo di restringimento delle possibilità reale di partecipare alla politica, in atto negli ultimi anni, non ha soltanto sottratto gli strumenti per incidere nei processi decisionali ma è anche arrivato ad annullare la percezione della necessità di dotarsene. Esso ha determinato una graduale e pesante disabitudine alla partecipazione politica, all’associazionismo e a quel senso di comunità politica in grado di smuovere le coscienze ed avere quel ruolo di controllo e di proposta alla base del rapporto sociale-istituzionale. Una riflessione centrale in questo senso è quella riguardo i tempi che, all’interno della società postfordista risultano sempre meno definiti e rendono complessa la possibilità di partecipare alla vita politica.In uno scenario permeato da una dilagante precarietà esistenziale la partecipazione politica è stata, anche in virtù della ripetuta sordità delle istituzioni alle istanze dei movimenti degli ultimi anni, percepita sempre più come un qualcosa di inutile e controproducente, per la quale non è il caso di perdere tempo. La disillusione nei confronti della politica emerge drasticamente dal dato dell’astensione emerso nelle ultime elezioni amministrative; tuttavia, se ripensiamo a quanti nel mese di febbraio avevano espresso il bisogno di un’inversione di rotta, fosse anche attraverso risposte semplici, risulta evidente la necessità di rimettersi in discussione, di costruire le risposte a questa esigenza, individuale e collettiva.Far emergere le contraddizioni insite in questo meccanismo risulta, dunque, di primaria importanza per attuare una riforma delle nostre organizzazioni.Emblematica è la condizione di molti soggetti che vivono le nostre scuole e università: basti pensare agli studenti lavoratori o agli studenti fuori sede e pendolari che, dovendo conciliare tempi di vita e tempi di studio, spesso non riescono a sentirsi rappresentati. La Rete della Conoscenza ha il compito d’interrogarsi sulle forme d’inclusione di questi, attraverso una ridefinizione radicale degli spazi di discussione. L’intuizione delle aree tematiche si pone proprio questo obiettivo, ma in questi anni esse non sono riuscite a trasformarsi in vero e proprio strumento di radicamento e sono rimaste legate ad una più vecchia concezione di delega.

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I soggetti in formazione sono tali non esclusivamente all’interno dei luoghi del sapere, bensì vivono quanto li circonda, all’interno delle città.Un’altra sfida, in questo senso, è rappresentata dalla possibilità, che la nostra organizzazione deve dare, di partecipare alla vita politica anche nei piccoli centri dove, spesso, la penuria o la totale assenza di spazi di discussione e di aggregazione spingono i giovani all’isolamento.E’ quindi imprescindibile domandarci come rispondere a tutte queste esigenza e a come valorizzare il tempo che ogni singolo individuo può mettere a disposizione, da un lato, ed in che modo può farlo, dall’altro, mentre parallelamente lottiamo per migliorarne le condizioni materiali, anche per garantire una maggiore possibilità di partecipazione politica.Ragionare su cosa significa generare partecipazione ed essere elemento aggregante, oggi, non può non passare da una profonda riflessione sulle pratiche interne di discussione e gestione del gruppo, ragionando, cioè dell’abbattimento degli ostacoli d’accesso alla partecipazione, non solo di ordine economico. Un’organizzazione di massa che si dica inclusiva deve dunque fornire gli strumenti a tutti e a tutte per accedervi, mantenendo costante questa possibilità anche rispetto ai suoi militanti. Tali barriere, però, possono essere costituite anche dal linguaggio che utilizziamo nelle nostre assemblee, un linguaggio che necessita di essere diretto e facilmente comprensibile al fine di migliorare la discussione e non tagliare fuori chi ha un livello diverso di preparazione o di esperienza. E’ necessario, quindi, ricercare una formula che coniughi accessibilità e al tempo stesso non leda la complessità e la profondità delle analisi.Bisognerà, inoltre, porci come obiettivo la valorizzazione delle diverse sensibilità, attitudini, passioni e capacità: troppo spesso consideriamo solo le capacità “oratorie” e di analisi e sottovalutiamo tutte le altre forme con cui si può dare un contributo all’azione politica. L’attraversabilità dell’organizzazione passa anche dalla capacità di investire sulla totalità delle forme d’espressione (musica, cultura, arte, ecc...) e sulla capacità di consentire a tutti di portare i propri interessi, le proprie competenze e le proprie passioni nell’agire politico.

Quello che stiamo facendo con questa Assemblea non è la conclusione di un processo di riforma dell’organizzazione, ma ne è l’avvio. Abbiamo visto che non vi è una struttura di Rete valida per ogni territorio e, a livello nazionale, è chiaro come la “cessione di sovranità”, come la chiamammo all’Assemblea Fondativa di Terni, di alcuni ambiti da UdS e Link alla Rete è un processo in fieri che si produrrà nella realtà solo passo dopo passo. Il senso di questa Assemblea Nazionale è quindi l’avvio di una vasta discussione sui territori per

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comprendere al meglio se le attuali strutture sono all’altezza dei tempi, non tanto quelli presenti ma soprattutto quelli futuri.

Tesi 3.Essere o non essere: l'identità dei soggetti in formazione nella società liquida. Avvio di una ricerca/azione sulla condizione studentesca

Eravamo abituati a considerarci attraverso percorsi lineari, con prospettive future facilmente intuibili e determinabili dalla nostra volontà di studenti. Se un tempo era molto più facile identificarsi nel proprio luogo di studio o di lavoro, oggi la precarietà sta trasformando talmente in profondità la società da rendere anche la costruzione dell'identità di ciascuno molto più problematica.Se vogliamo che la Rete della Conoscenza rappresenti la condizione studentesca a 360 gradi dobbiamo essere in grado di interpretare anche la trasformazione dell'identità degli studenti e della soggettività che di conseguenza sono in grado di esprimere. L'ansia di dare senso e risposte non può, però, giustificare analisi sommarie o superficiali. Dobbiamo quindi provare a dar vita un percorso di inchiesta e sperimentazione a tutto campo che tenga conto di due limiti:

1. vogliamo analizzare il mutamento di una specifica condizione (quella

dello studente) prima che questo processo si sia compiuto;

2. l'osservante (Rete della Conoscenza) fa parte dell'osservato (l'insieme

studenti)

Se quindi da una parte bisognerà considerare i risultati nella loro ristrettezza temporale, dall'altra dovremo completare l'auto-osservazione con analisi di punti di vista esterni (non studenti) e inserendo le trasformazioni della condizione dei soggetti in formazione all'interno delle trasformazioni del contesto sociale.Proviamo dunque a tracciare le linee principali di un'inchiesta sulle

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trasformazioni della condizione dei soggetti in formazione, sui possibili campi di sperimentazione delle soggettività e dunque sui confini dei soggetti che rientrano nel progetto della Rete della Conoscenza.Prendendo in analisi gli aspetti fondamentali della vita di uno studente bisogna passare attraverso l'asse del tempo e l'asse dei luoghi a) della formazione b) della vita c) del lavoro d) della socialità e) dell'impegno disinteressato ed e) del divertimento.Ma non bisogna intendere ogni pezzo come un compartimento stagno, quanto più il prevalere di uno o due aspetti in un determinato luogo o momento. Anzi, ad essere particolarmente interessanti sono proprio i punti di confine, perché è lì che avviene si può meglio avvertire la trasformazione. I tempi che si restringono, si frammentano fino a diventare frenetici hanno un ruolo nel cambiamento delle forme di studio e di lavoro, nelle forme della socialità e nelle necessità abitative, nel tipo di svago che uno si concede. Perché tanto più forte è la pressione richiesta nell'ambito 'occupato' (studio/lavoro) maggiore ci aspettiamo che sia la richiesta di evasione. Inoltre se questa pressione è anche totalizzante, nel senso che richiede l'attivazione contemporanea degli altri ambiti (ad esempio la messa a disposizione del 'capitale sociale' che l'individuo sviluppa nei momenti e nei luoghi 'non-occupati') è piuttosto probabile che l'individuo entri in una spirale di subordinazione che non è più soltanto ascritta a una condizione lavorativa, ma coinvolge ogni aspetto della vita. Se ciò che aveva permesso lo sviluppo della coscienza di classe era la possibilità di socializzare una condizione di lavoro e di vita, oggi, viene superata anche la fase della frammentazione attraverso un'ulteriore spinta all'individualizzazione.Nuovi e più efficaci gli strumenti di selezione della classe dirigente, che attraverso test e classifiche, rendono l'idea che non ci siano più sfruttatori e sfruttati, ma solo buoni e meritevoli da una parte e incapaci e cattivi dall'altra.Bisogna provare però a immaginare e sperimentare anche un percorso inverso. Se è infatti possibile assorbire nella messa a profitto ogni aspetto fino a conoscenza, emozioni, simboli vuol dire che dagli uomini viene attribuito un valore di mercato. Ma la sottoposizione delle logiche di profitto e accumulazione non possono essere applicate ad ambiti immateriali con la

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stessa facilità di una produzione materiale e questo spesso porta a una snaturazione di questa insolita 'merce' immateriale che le fa perdere molto del suo valore. È quindi possibile provare a inserirsi in questa contraddizione sviluppando delle sacche di resistenza dove conservare l'autenticità dell'umano non sottoposto al dominio del mercato, il cui valore se visto da un occhio avido produrrebbe una quantità di denaro che in condizioni di mercato non si potrebbero neanche immaginare.Rispetto ad una condizione, come quella studentesca, che si caraterrizza per una complessa e variabilità non indefferente, diventa quindi necessario dotarsi di strumenti di analisi, che vadano oltre la semplice intuizione politica.Qusta è un'attività che se da una parte necessità della connessione di soggetti di ricerca e professionalità sul piano nazionale, dall'altra ci permette di sviluppare e rendere concrete tutta una serie di attività di ricerca sul territorio.Fare una ricerca azione vuol dire soprattutto non limitarsi all'indagine con metodi quantitativi come test, questionari , ecc.. ma fare ampio utilizzo di metodi qualitativi, metodi in grado di esplorare il campione in una prospettiva partecipativa. Non si tratta di intendere il soggetto di ricerca come qualcosa di altro, ma comme un soggetto con cui cooperare, con cui agire insieme. Elemento centrale della ric erc a azione è la partecipazio ne del campione, è la capacità da parte del soggetto che struttura la ricerca di co-costruire con il campione la stessa, di non essere solo ricercatore, ma soprattutto facilitatore di un processo che oltre quell'indagine è di autoriflessione del campione su se stesso.Proprio chi è in formazione, nonostante la sua intrinseca fragilità (e forse proprio per questo) può forse con maggiore autonomia, maggiore libertà, maggiori potenzialità, sviluppare le contraddizioni di una fase per costruire un mondo nuovo.

● luoghi e tempi

○ della formazione (scuole, università)

○ di lavoro

○ di socialità

○ di abitazione

○ dell'impegno disinteressato (otium)

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Lavoro programmatico:1. Si dà mandato alla Direzione Nazionale di elaborare un’inchiesta

nazionale sulla condizione dei soggetti in formazione. La Direzione dovrà trovare strutture specializzate che possano collaborare per accrescere le potenzialità dal punto di vista tecnico e fare una proposta sul tema (generale o particolare) da studiare e la possibile scansione temporale

2. La Direzione, con l’Esecutivo Nazionale, lavorerà nel prossimo mandato per controllare la possibilità reale di costituire un Centro Studi della Rete della Conoscenza che possa rendere continuativo il lavoro di studio della condizione dei Soggetti in Formazione, in modo da creare le condizioni per mettere in rete le iniziative territoriali e focalizzare al meglio i vulnus e i punti di forza del radicamento, aiutando sia i territori che il nazionale a riorientare le politiche di radicamento.

3. Ogni territorio dovrà svolgere propri momenti, a settembre e ottobre, di autovalutazione sul radicamento e, qualora si renda percorribile come ipotesi, per programmare un lavoro di ricerca-azione sulla condizione dei soggetti in formazione decidendo un segmento particolare (studenti lavoratori, studenti pendolari, ecc.). L’Esecutivo Nazionale sosterrà tali iniziative consigliando possibili collaborazioni o sostenendo un lavoro di progettazione che renda sostenibile la ricerca-azione.

4. Nella costituzione della redazione del Manifesto per la Liberazione dei Saperi, sarà riservata particolare attenzione per gli aspetti di inchiesta relativi ai luoghi di formazione e in particolare ai modelli pedagogici e ai loro effetti diretti e indiretti sulla condizione dei soggetti in formazione.

5. Costruzione, da parte dell'Esecutivo Nazionale, di una scheda tecnica di spiegazione e monitoraggio della ricerca-azione sulla condizione studentesca.

6. La Direzione Nazionale e l'esecutivo nazionale assumono l'impegno di costruire, come completamento delle attività del centro studi un piano rivendicativo municipale per la costruzione di carte dei dititti dei soggetti in formazione un modo da qualificarli atttraverso l'apertura di uno spazio di riconoscibilità della stessa città, nonché di riconoscimento del proprio ruolo sociale.

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Tesi 4.Lo spazio della cittadinanza come spazio di Rete.Per un sindacato studentesco che agisca oltre le mura dei luoghi della formazione

Da quando 3 anni fa, a compimento di un lungo e non poco travagliato percorso politico, abbiamo creato la Rete della Conoscenza, più volte sul piano analitico e sul piano della prassi politica abbiamo provato a delineare quale fosse il suo spazio d’azione. Definire quale fosse la competenza della Rete e quale invece fosse quella di Link e UdS si è dimostrato un tema non facile da sciogliere.

Se assumiamo che la Rete della Conoscenza sia lo spazio comune, il luogo in cui chiunque si riconosca in Link e UdS può ritrovarsi - e che quindi chi partecipa alle due organizzazioni partecipa alla costruzione dell’analisi e dell’identità della Rete - possiamo anche assumere che i temi delle organizzazioni siano temi di Rete e viceversa. Rispetto ad una definizione dei temi e delle analisi che riguardano la comunità di Rete nel suo complesso, si configurano più ambiti di pertinenza sul piano operativo: quello legato alla città, allo studente come cittadino, dentro e fuori i luoghi di formazione, e alle molteplici necessità che esso percepisce al di fuori dai luoghi e dai tempi di studio, risulta essere il piano operativo della Rete della Conoscenza.

Agire su un piano di cittadinanza non significa semplicemente definire la competenza di Rete ma anche approfondire i temi che si vanno a trattare. In questo senso diventa importante coinvolgere nella propria azione anche altri soggetti sociali, aggregando su specifiche dimensioni di identità e necessità dei soggetti in formazione: fruizione di spazi sociali e culturali, tematiche ambientali, questioni di genere, LGBTQI, lotte per la riappropiazione dei territori, antimafia sociale, ecc...Questa dinamica assume un’importanza ancora maggiore laddove non ci sia la compresenza di UdS e Link: questo è il caso molto comune in cittadine in cui sono spesso presenti scuole ma non università. Proprio in casi come questi diventa importante aggregare e rappresentare le necessità per esempio degli studenti pendolari rispetto al tema della mobilità o associazioni culturali rispetto al tema della fruizione di spazi sociali e culturali nel paese d’origine e

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dei soggetti in formazione che vivono la frammentazioane dei loro spazi di esistenza : da un lato i luoghi di studio in quali si articola la loro soggettività , dall’altro gli spazi di vite nei quali si articola la loro cittadinanza.

Questo elemento dà la possibilità alla nostra organizzazione di rappresentare le necessità di tutta una serie di studenti e studentesse che difficilmente hanno la possibilità di impegnarsi a pieno nelle dinamiche classiche delle organizzazioni. Il dato di partenza è ragionare cominciando dalle necessità materiali e immateriali degli studenti e delle studentesse, provando anche ad uscire fuori da una mentalità strutturalista che a volte tende a permearci. La Rete della Conoscenza deve offrire lo spazio fisico e non, dove gli studenti e,più in generale la nostra generazione,possano esprimersi.I soggetti a cui rivolgerci sono la totalità della popolazione studentesca la quale è esclusa dal dibattito politico attuale e non trova i modi e i luoghi per partecipare .La Rete della Conoscenza quindi dev’essere un vero e proprio soggetto politico e culturale che interagisce con tutte le studentesse e gli studenti presenti in città, lasciandosi permeare da ognuno di essi secondo forme diverse a seconda delle individualità. Al di là del nome e della costituzione più o meno formale di coordinamenti della Rete della Conoscenza anche laddove non ci sia la presenza di entrambi i soci nazionali, si tratta di costituire dei gruppi di attivisti in grado di costruire analisi e partecipazione politica, di coinvolgere una fascia di studenti che altrimenti non riusciremmo a rappresentare a pieno.

Una dinamica politica di questo tipo inoltre ci permette di dare cittadinanza politica a tutte le necessità di tutte quelle periferie o piccoli centri che non possono e non devono diventare solo dei quartieri dormitorio. Se da una parte diventa centrale agire sulla mobilità interna alle grandi città, dall’altra questo tipo di approccio all’attività di Rete ci permette di essere efficaci anche rispetto alle necessità di tutte quelle comunità che rischiano di esser marginalizzate e private di una vita non solo politica, ma culturale e sociale.

Lavoro programmatico:1. Contemporaneamente al lavoro di ricerca ed inchiesta trattato nella Tesi

4 ogni territorio dovrà porsi la domanda: “chi riusciamo a coinvolgere e chi resta escluso dalla nostra azione?”. Tale domanda risulta propedeutica per immaginarsi forme di radicamento “fluido” della Rete. Laddove Link e UdS non riescono a coinvolgere bisogna immaginarsi forme (assemblee tematiche, assemblee in orari particolari, assemblee in luoghi dislocati,

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ecc.) che possano coinvolgere il maggior numero di studenti. Facendo questo lavoro ogni territorio di Link e dell’UdS può essere il punto di partenza per la costruzione di una Rete nuova, fluida, utile e necessaria ai soggetti in formazione. Es. l’UdS Siracusa come l’Asu Padova può lanciare assemblee sui trasporti che siano aperte ad un pubblico più ampio dei soli studenti medi o universitari rispettivamente e sia rivolto a tutti i soggetti in formazione per elaborare la propria campagna. Tale assemblea dovrà essere tarata rispetto agli orari che sono utili agli studenti pendolari e, in questa maniera, si metterà in campo un vero e proprio “radicamento di Rete”.

Tesi 5.Rappresentare la generalità dei soggetti in formazione senza disperdere le particolarità.Un sindacato studentesco per tutti e per ciascuno

Chi sono i soggetti in formazione? Partire da questa domanda è necessario per interpretare storia e processi eterogenei di una medesima condizione sociale. Per anni ci siamo interrogati sulla condizione “comune” dei soggetti in formazione. Abbiamo individuato il processo di subordinazione e di sfruttamento a cui studenti, dottorandi, mondo della prima formazione sono sottoposti: la mercificazione dei saperi. In un’epoca in cui i saperi sono al centro del sistema di produzione e rappresentano un’accumulazione di ricchezza vera e propria, attorno alle politiche che regolano l’accesso si gioca l’esclusione sociale di migliaia di persone. Questo è il punto di partenza che ci ha portato a costruire la Rete della Conoscenza, a rivendicare il reddito di formazione, come misura unitaria per tutelare l’intera condizione dei soggetti in formazione.Il salto di qualità compiuto in questi anni, in termini di rivendicazioni e pratiche comuni, ha però trascurato diversi punti di analisi e lavoro. Riconosciuta l’unità della condizione di subalternità dei soggetti in formazione, bisogna indagare quali soggettività vivono oggi lo spazio della formazione, quali problemi, quali soluzioni, quali modalità per organizzarli. Non possiamo considerare i soggetti in formazione come una classe, ma piuttosto come una

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soggettività sociale, come una rete di condizioni diverse, unite dalla stesso processo di assoggettamento. Dobbiamo, quindi, partire da un modello di costruzione della partecipazione, della rappresentanza eterogeneo o, meglio, differenziato. Rappresentare a 360° questa soggettività vuol dire innanzitutto individuare le pluralità d’identità sociali che la abitano. La condizione e le risposte comuniLa Rete sin dalla sua nascita si è posta l’obbiettivo di permeare la società, al di là delle categorie classiche dello studente, sia per allargare il proprio bacino d’utenza, ma specialmente per contrastare il meccanismo di frammentazione della società, portata avanti anche nel mondo della formazione. Esigenze diverse, diritti (negati) diversi sono la base su cui il capitale ha riorganizzato il lavoro, e di conseguenza anche la ricerca e la produzione culturale. Bisogna quindi costruire una continuità con l’assetto avuto in questi anni sulla costruzione di diverse battagle:

- Welfare. Il presupposto unificante del mondo dei soggetti in formazione, è il riconoscimento della soggettività e della ricchezza sociale prodotta, attualmente non redistribuita e riconosciuta. Per questo le battaglie per il riconoscimento di diritti e cittadinanza per i soggetti in formazione e quella per il reddito di formazione, sia diretto sia indiretto (trasporti, socialità, consumi culturali), tanto a livello nazionale, tanto a livello municipale oggi resta il nodo centrale per unificare la condizione di chi vive i luoghi della formazione.

- Didattica. Il punto della dequalificazione dei luoghi del sapere deve vedere una piattaforma nuova di discussione ampia sui metodi di apprendimento, insegnamento e ricerca. La frammentarietà delle metodologie didattiche porta ad uno scollamento consistente tra scuola e università, università e università, università e ricerca. Bisognerà quindi approfondire il tema della qualità formativa in forma sempre più unitaria nei prossimi anni

- Lotta per il sapere libero. Lavorare dentro scuola e università per costruire mobilitazione, deve significa anche lottare per costruire consapevolezza diffusa sui problemi paradigmatici e generali che oggi attanagliano unitariamente i luoghi della formazione. I grossi limiti delle mobilitazioni, in particolare della costruzione della mobilitazione studentesca, è la ricerca del provvedimento “x” su scuola e università per agitare contrarietà. Bisogna, invece, potenziare tramite un lavoro di costruzione “nel basso” di modelli alternativi di produzione, scambio, ricerca di conoscenza una coscienza vera della battaglia

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strutturale da condurre per mettere al centro un nuova funzione sociale della conoscenza.

- Rapporto formazione- lavoro. Investire sulla propria formazione oggi non è più garanzia di benessere nel futuro. Lo scoppio della bolla formativa, la disoccupazione giovanile molto alta, soprattutto tra le giovani laureate rendono la domanda “Ma a cosa mi serve studiare?” sempre più attuale per molti studenti e molte studentesse. Affrontare il collegamento tra saperi e sistema produttivo, tra saperi e lavoro è oggi più che mai fondamentale, soprattutto per smontare la retorica dell’avvicinare scuola e università al mercato del lavoro, che ha guidato e mascherato i processi di smantellamento del sistema pubblico di istruzione, senza peraltro ottenere minimamente il risultato.

Individuando il frammentato mondo della formazione...Abbiamo parlato di una condizione plurale da individuare, quindi la nostra azione deve andare oltre i luoghi della formazione ai luoghi della formazione ed entrare nel mondo della città e del mondo del lavoro. Non è più sufficiente, dunque, aggregare e rappresentare sulla base delle battaglie e delle vertenze costruite dentro “lo spazio comune”, ovvero i luoghi della formazione. Dobbiamo andare, invece, dove emergono nuove differenze e diverse condizioni di subalternità.

Studente pendolare. In un Paese, come l’Italia, non costituito da megalopoli, ma da tanti piccoli e medi centri comunicanti con le grandi città, la condizione dello studente pendolare è una condizione quanto mai diffusa e da rappresentare. In questi anni di crisi, i tagli al trasporto pubblico locale hanno prodotto un duplice effetto: la riduzione sostanziale della quantità di mezzi pubblici sia urbani sia extraurbani, il rincaro sostanziale di biglietti e abbonamenti. Spostarsi dalla provincia alla città, da città a città e dalla periferia verso il centro diventa sempre di più complicato. Non si tratta soltanto della possibilità di raggiungere i luoghi della formazione, ma di accedere ai consumi culturali, allo svago e ai servizi che normalmente sono concentrati nei centri, o in zone specifiche, delle città. Bisogna quindi costruire sui territori delle vertenze specifiche e creare forme di mobilitazione e aggregazione specifiche (assemblee nelle stazioni dei treni e degli autobus oppure nei centri periurbani e nelle periferie, volantinaggio sui mezzi pubblici) per raggiungere i pendolari e rendere visibile una battaglia che troppo spesso cade nel dimenticatoio. Inutile ricordare che la battaglia sui trasporti oggi riguarda una

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popolazione più ampia di quella studentesca e che la ripubblicizzazione, la riqualificazione e l’accesso alla mobilità pubblica è una battaglia di cittadinanza, di cui la Rete della Conoscenza dovrebbe farsi promotrice.

Studente fuori sede. Altro nodo strutturale è quello degli studenti fuori sede. Molto spesso la loro condizione è legata al tenore e stile di vita che possono permettersi: il costo dell’affitto, la vicinanza all’università, il tipo di quartiere e il tipo di casa. Spesso, soprattutto nelle città metropolitane, gli studenti tendono a concentrarsi in alcuni quartieri (quelli più vicini agli atenei) oppure quelli in cui i canoni d’affitto sono più bassi, quindi la dimensione del quartiere può diventare spazio di aggregazione e di rivendicazione. Importante è costruire forme di aggregazione (ad esempio comitati fuori sede) che strutturino una vertenza ampia sul tema degli affitti, dell’equo canone, sulla presenza di servizi nel quartiere (trasporti, strutture sanitarie, consultori), ma non solo i comitati di fuorisede devono porsi oltre un piano vertenziale e dare la prospettiva più ampia di affrontare il tema della vivibiità delle città di studio che troppo spesso trattano gli studenti come ospiti, piuttosto che come soggettività con la quale interagire e che necessita di costruire propri spazi di cittadinanza. Nodo poi importante è quello degli alloggi e delle residenze universitarie, che sono troppo spesso lontani dai luoghi della formazione e dal centro città e quasi ovunque troppo pochi rispetto ai richiedenti. In questo caso è necessario aprire vertenze e ampliare quelle già esistenti, andando oltre alla semplice richiesta di più posti letti ed inserendola in un contesto più ampio sull’abitare.

Studente lavoratore. In questa categoria rientrano una molteplicità di tipologie. Molti sono gli studenti che lavorano durante il percorso universitario, raramente per integrare la loro formazione, quasi sempre per necessità di sostenersi negli studi. La totalità di questi lavori sono precari (part-time, a progetto, a chiamata) o, più frequentemente, in nero.Gli studenti lavoratori spesso hanno dei rallentamenti nel percorso scolastico/universitario, con il conseguente aumento delle tasse perchè sono andati fuori-corso o la perdita della borsa di studio. Questo paradossale aumento dei costi da sostenere può portare all’abbandono del percorso universitario o scolastico.Gli strumenti che potrebbero aiutare gli studenti lavoratori (iscrizione part-time, lezioni serali o nel week end, didattica on line) sono poco diffusi e inefficaci. Di fronte ad un problema che cresce ogni anno si deve rispondere dal lato del diritto allo studio, ma occorre anche avviare lotte per i diritti degli

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studenti lavoratori, in particolare di contrasto al lavoro in nero.Tra tutte le categorie di soggetti in formazione, i lavoratori sono quelli più difficili da coinvolgere. Per tale motivo serve rafforzare un’elaborazione territoriale anche e soprattutto sui tempi degli studenti lavoratori, immaginandoci forme di lotta e partecipazione che non siano escludenti ma inclusivi.

Dentro i luoghi della formazione.

I dottorandiCaso emblematico di questa situazione sono i dottorandi, che rappresentano una categoria a metà strada tra lo studente ed il ricercatore/docente, senza un contratto ma con una borsa di studio, spesso costretti a ricoprire incarichi didattici o di supporto alla didattica senza alcuna remunerazione. In questo quadro si apre la necessità di formare un quadro di vertenze e rivendicazione comune a tutti i soggetti in formazione. Così come crediamo nel long life learning, è bene anche considerare la solidità delle lotte e delle vertenze, sulla base del terreno comune di subalternità nel mondo della formazione.

Se più di una volta il confronto con l’ADI e con il mondo della ricerca è stato positivo (dall’Onda ad oggi, passando per tutti i momenti di incrocio delle mobilitazioni tra ricercatori, dottorandi e studenti), dobbiamo costituire i tempi e modi per renderlo stabile e continuativo. Si possono individuare molte vertenze tanto a livello di ateneo (sulle tasse, contro la chiusura di biblioteche, per l’accesso agli asili nido, ecc...), quanto a livello territoriale (welfare, trasporti, servizi e consumi culturali, ecc...). Senza poter prevedere la possibilità di un coinvolgimento o meno dell’ADI all’interno della Rete (possibilità che ogni territorio deve perseguire), è necessario capire come le nostre realtà possano entrare in contatto e vicendevole contaminazione.

Conservatori e accademieNessun territorio si è ancora interrogato su come ci si può radicare nei conservatori e nelle accademie, la cosiddetta Alta Formazione Artistica e Musicale. Anche questi luoghi hanno subito in questi anni tagli e impoverimento dell’offerta formativa e una serie di riforme che ne hanno cambiato pesantemente la struttura. Trattandosi di luoghi di studio e di formazione deve vederci interrogare con urgenza sulle forma del loro coinvolgimento. Certamente, partendo da ciò che si studia in questi luoghi, possiamo

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immaginare di strutturare forme di partecipazione in grado di valorizzare competenze artistiche e musicali. Centrale, però, è strutturare un’analisi completa sul funzionamento dei conservatori e delle accademie, sul loro stato di privatizzazione, su quali diritti si possono rivendicare, su quali tutele costruire. Conservatori ed accademie sono una risorsa poca valorizzata dalle nostre Organizzazioni. Sarà nostro compito, nei prossimi anni, riempire tale vuoto in primis a partire dai territori.

Studenti delle scuole seraliUn’altra categoria di studenti che non abbiamo mai incrociata è quella degli studenti delle scuole serali, prevalentemente municipali. Si tratta di studenti che abbandonano il loro percorso di studi per riprenderlo successivamente in contemporanea con il lavoro che svolgono di giorno. Nonostante i molti problemi che ci sono nelle scuole serali (scarsa qualità della formazione, difficoltà di accesso, ecc...) risulta particolarmente difficile entrare in contatto con questi studenti e riuscire a rappresentare i loro bisogni, soprattutto nei luoghi della formazione.Per questo la Rete della Conoscenza si pone come obiettivo lo studio e la costruzione di pratiche inclusive che ci permettano di rappresentare anche questi studenti. In questo senso gli studenti delle scuole serali saranno anch'esse oggetto dell'inchiesta nazionale sulla condizione dei soggetti in formazione.

ITS e formazione professionaliCon il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 del 2008, quelli che erano gli Istituti di Formazione Tecnica Superiore (IFTS) vengono sostituiti dagli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori. Queste “scuole ad alta specializzazione tecnologica” sono percorsi post-secondari non accademici, finalizzati ad integrare istruzione, formazione e lavoro, intendendo integrazione come “interconnessione funzionale tra soggetti della filiera formativa e le imprese della filiera produttiva” sul territorio, che influisce infatti nel determinare la filiera di appartenenza di ognuno dei 59 ITS italiani, tramite la determina di alcune priorità e punti focali da parte delle Regioni. La cosa anomala degli ITS sta comunque nella loro gestione e in una serie di punti ancora irrisolti, visto che il progetto può ancora considerarsi sperimentale nella misura in cui è in piena attività di rodaggio:

● ogni istituto è gestito da una fondazione no-profit di diritto privato, alla quale devono partecipare almeno 1 Istituto secondario superiore, 1 università territoriale, 1 ente territoriale, 1 azienda territoriale, il bilancio,

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la gestione economica e la raccolta dei fondi è totalmente a carico degli ITS e delle fondazioni ai quali fanno capo;

● buona parte del corpo docente deve essere “esperta”, intendo per esperta “interna” alla filiera a cui fa capo l’ITS, per cui si suppone che gli esperti provengano dalle stesse aziende che stanno dentro la fondazione, il resto del corpo docente viene reclutato in maniera ancora ambigua;

● il rapporto tra filiera produttiva e filiera formativa, ad oggi, è un rapporto di totale subalternità del mondo formativo al mondo produttivo: di fatto i “tecnici” iper-specializzati con una qualifica di alta formazione tecnica continuano ad essere manodopera al servizio specifico di un determinato settore invece che forza di innovazione e ricerca per il mondo produttivo

Per quanto sia ancora ambiguo il quadro generale sulla situazione, la Rete della Conoscenza, deve impegnarsi ad interfacciarsi con le studentesse e gli studenti degli ITS, che siano essi laureati o diplomati, provando a farsi portatrice anche di quelle istanze, a rappresentare chi, in un sistema di governance scolastica di questo tipo, non ha voce in capitolo, e ponendosi come obiettivo quello di essere parte integrante della discussione che riguarda questa materia a livello Regionale e Nazionale.

Studenti stranieri Una tematica non adeguatamente affrontata dalla Rete della Conoscenza ma anche da Link e Uds è quella degli studenti migranti provenienti dai Paesi Extracomunitari.E' una tematica estremamente complessa poichè racchiude in sè innumerevoli ssfacettature tutte collegatea come una manchanza dello stutus di cittadino implichi per tali soggetti una condizione di marginalità che si esplichi in ogni ambito della loro vita.Per un'organizzazione come la rete che ha l'obiettivo di contrastare il meccanismo di frammentazione della società er di rappresentare il mondo eterogeneo dei soggetti in formazione sia essenziale soffermarsi sull'analisi del fenomeno migratorio da intendersi come “fatto sociale totale” ossia come un insieme di fenomeni che influiscono in modo rilevante sull'organizzazione sociale di un gruppo umano. Si tratta di un lavoro di lungo periodo, con la possibilità di mettere su un'inchiesta sugli studenti migranti, indagine capace di tenere insieme le diverse condizioni che I migranti si trovano quotidianamente ad affrontare: l'essere non-cittadino nella città, nei luoghi di formazione, nei spazi di aggregazione sociali e culturali.E' ovvio che compito dell'Uds e di lINK sarà quello di dare rappresentanza a tali

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soggetti nei luoghi di formazione in maniera migliore rispetto a quello fatto finora. Sarà, infatti, necessario riservare maggiore attenzione alle problematiche che tali studenti si trovano ad affrontare all'interno del loro percorso formativo, cercando di rendere gli studenti migranti parte attiva dei percorsi vertenziali che metteremo in campo.

Rappresentare chi non può studiareDi fronte all'espulsione che sta avvenendo nei luoghi della formazione, la Rete della Conoscenza non può non porsi il tema di rappresentare chi non può studiare. I dati sulla dispersione scolastica, i milioni di NEET, la diminuzione delle iscrizioni alle Università devono portarci a riflettere su come la nostra organizzazione può dare spazio alle loro rivendicazioni.Lo spazio della cittadinanza, del welfare, le rivendicazioni di un allargamento del diritto allo studio possono essere ambiti di azione in cui riusciamo ad intercettare non solo gli studenti ma anche coloro che non hanno potuto studiare.

Conciliare i tempiSpesso sottovalutiamo l'importanza della risorsa “tempo” e il ruolo importante che questa gioca nel rendere realmente inclusivi e partecipati i nostri momenti decisionali e di discussione.Un prima questione che emerge spesso nella quotidianità è la difficoltà di conciliare i tempi di vita diversi che hanno studenti medi e studenti universitari, sia nell'arco della giornata sia nell'arco dell'anno: gli studenti medi si riuniscono preferibilmente nel pomeriggio, gli universitari la sera, l'anno scolastico e quello universitario hanno tempi differenti, ecc...Tutto ciò rende difficile fare momenti di Rete altamente partecipati da entrambe le organizzazioni.

La difficoltà di conciliare tempi della scuola e tempi dell'università però è solo il più evidente dei problemi. Spesso non ci interroghiamo sulla nostra capacità di consentire a tutti di contribuire alla discussione e all'azione delle nostre organizzazioni. Come si possono includere gli studenti pendolari che tornano a casa dopo lezione, oppure gli studenti lavoratori che spesso lavorano la sera o nei week end? Come si consente a tutti e a tutte non solo di partecipare alle discussioni ma di dare anche un contributo concreto?

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Di fronte alla consapevolezza della frammentazione dei soggetti in formazione è necessario rivedere le nostre pratiche tenendo in conto la complessità che ci si pone davanti e della difficoltà di aggregare e rappresentare questi soggetti unicamente nei luoghi della formazione.

Lavoro Programmatico1. Ogni territorio deve immaginarsi in che forme riesce, sfruttando

l’autunno, a incontrare e coinvolgere questi soggetti. Ogni territorio dovrebbe dotarsi di un responsabile radicamento che segua passo passo il processo di coinvolgimento e radicamento. Questo responsabile o questi responsabili, possonno essere anche quelli che si occupano di organizzare il lavoro di ricerca-azione sul territorio.

2. L’Esecutivo Nazionale predisporrà una mappatura nazionale delle Accademie, Conservatori e ITS/IFTS presenti in tutta Italia così da aiutare i territori ad indirizzare il lavoro sul radicamento. Contemporaneamente, a livello regionali, le basi territoriali dovrebbero individuare e mappare tutte le iniziative di Formazione Professionale attivate dall’Ente Regionale. Si dà mandato all'Esecutivo Nazionale e all'area tematica di istruire l'analisi e l'elaborazione sulla condizione degli ITS/IFTS esistenti sul territorio nazionale.

Tesi 6. La comunicazione come spazio di lotta. Un'associazione al passo con i tempi

Negli ultimi anni, con la crisi della radio, della tv e dei giornali per l’esplosione di Internet si sono aperti nuovi spazi di uso “sociale” della comunicazione. Questi spazi sono sempre più percorsi dalle lotte, sono spazi in cui i conflitti comunicano tra di loro e, anche, in cui si producono conflitti. Dal mail bombing all’hackeraggio vi sono una molteplicità di pratiche orizzontali e quindi collettive, ma anche individuali, che possono rimettere al centro l’individuo e le sue potenzialità in un nuovo spazio collettivo.Contemporaneamente, è emerso un uso del Web che è l’esatto opposto dell’orizzontalità, un uso basato sulla divulgazione verticistica di informazioni: il segno più evidente di tale utilizzo è l’esplosione del grillismo. Alle TV di

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Berlusconi si è sostituito un blog, ma molto simile è l’uso accentrato delle tecnologie. Contemporaneamente, con lo scandalo aperto riguardo il Programma di spionaggio americano PRISM, sta venendo alla luce un uso del web come spazio del continuo controllo, uno spazio metafisico in cui si esprimono le dinamiche di controllo contemporanee.

Se vogliamo rompere gli schemi mainstream per imporre i nostri temi, se vogliamo lanciare una sfida culturale all'ideologia neoliberista che domina in maniera sempre più forte e pervasiva la vita delle persone, occorre che comunicazione, politica e organizzazione siano concepite come parti inscindibili del nostro agire. E se da una parte dobbiamo essere consapevoli dello squilibrio di forze a nostro sfavore, dobbiamo assumere maggiore scientificità nell'approccio al tema.

Soprattutto oggi, all'interno del cosiddetto villaggio globale in cui le distanze spazio-temporali vengono ridotte al minimo e chiunque può accedere ad un sistema di informazione di base, in cui i ritmi frenetici e la quantità ipertrofica di stimoli impediscono alla maggior parte delle persone di mettere a punto livelli di analisi ed elaborazione complessi, come testimoniato dall'esperienza del M5S che ha fatto della partecipazione web e della semplificazione il suo cavallo di battaglia nella creazione di un ampio consenso, dobbiamo imporci un salto di qualità all'altezza della sfida che ci poniamo.

Prima ancora di dotarsi di tecniche e mezzi bisogna però darsi principi a cui fare riferimento per evitare di passare dalla comunicazione alla manipolazione (processo che invece contrastiamo). Bisogna evitare di creare contraddizioni tra i metodi messi in campo e i concetti che si vogliono trasmettere; bisogna mantenere una corrispondenza veritiera tra realtà e 'narrazione', tra quanto si dice e quanto avviene realmente. Nel momento in cui siamo in grado di mantenere la coerenza fra fini e mezzi, lo stesso comunicare il nostro agire e il nostro essere va a dare credibilità e forza ai nostri messaggi.

Per essere incisivi bisogna uscire dalla contingenza e costruire una comunicazione narrativa che faccia da filo conduttore e cornice entro cui inserire i contenuti e consentendo ai soggetti di definire degli schemi cognitivi in cui inserire i messaggi.Per essere efficaci bisogna però ripartire dal lavoro di inchiesta sui soggetti in formazione (v. tesi 3) che diventerà fondamentale per rappresentare e raccontare condizioni soggettive e attivare processi di identificazione, creazione di identità unificanti e quindi di presa di coscienza del 'noi' studenti.Obiettivo cardine deve essere per noi la partecipazione reale. Non è più sufficiente infatti dire che esiste un luogo o un momento in cui partecipare: occorre spiegare perché lì, perché in quel momento, cosa cambia se partecipa una persona in più. Dobbiamo essere capaci poi di comunicare la partecipazione con la partecipazione, attraverso un'educazione nuova alle

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pratiche di comunicazione in modo da rendere riproducibili le azioni di condivisione sociale dei contenuti in maniera sempre più efficace e facendo della nostra stessa capacità organizzativa un social network del reale. È chiaro quindi che bisogna mettere a sistema i differenti mezzi di comunicazione che utilizziamo integrandoli con le pratiche di partecipazione.

Perciò si rende necessario istituire un Gruppo Nazionale di Comunicazione capace di superare la dicotomia tra piano politico e competenze tecniche e aiutare sia il nazionale che i territori nella traduzione in pratica e pratiche dell'elaborazione contenuta in questa tesi. La comunicazione nazionale deve diventare sempre più atta a favorire un'interazione che non sia unidirezionale ma sia attiva e costruttiva, permettendo anche ai destinatari di intervenire in essa e di costruire contenuti.Ma è importante che l'organizzazione tutta si faccia carico di questo lavoro anche per compensare la mancanza di ampie risorse economiche con una maggiore capacità organizzativa: pensiamo ad esempio al fatto che la visibilità degli articoli sui siti nazionali dovrebbe avere come numero minimo di 'mi piace' e di condivisioni il numero di compagni militanti presenti sui social network.

Lavoro programmatico1. Ogni territorio dovrà dotarsi di strumenti di comunicazione “di Rete”, cioè

coordinati tra le associazioni. Per questo sia auspica la formazione di mailing list stampa uniche (utilizzabili da Rete, Link e UdS). Inoltre va immaginato come gli strumenti social network vengano usati in maniera veramente funzionale. Per esempio le pagine Facebook di un gruppo di facoltà non dovrà per forza riportare gli stessi temi della pagina della Rete territoriale.

2. A livello nazionale si procederà a costruire un dipartimento comunicazione che racchiuda dai 5 ai 10 compagni o compagne che hanno già una buona formazione dal punto di vista comunicativo, per sgravare l’Esecutivo Nazionale (che non sempre ne ha le competenze) dal lavoro di creazione di immaginario, di informazione e di comunicazione in generale.

3. Sempre a livello nazionale la redazione dei siti delle organizzazioni dovrà essere ampliata anche a compagn* dei territori al fine di ottimizzare la gestione degli stessi e costruire veri strumenti di controinformazione attenti alle notizie provenienti dai territori stessi.

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Tesi 7. Struttura, pratiche, sperimentazioni

A tre anni dalla fondazione delle Rete della Conoscenza, esiste ancora la difficoltà in molti territori di far partire un percorso di rete a livello regionale e locale o ancora più spesso il percorso di Rete viene frenato dalla difficoltà di individuare pratiche e strutture che consentano una piena partecipazione all'azione di Rete.L'insieme di pratiche e di strutture che ogni territorio adotta è necessariamente collegato alle caretteristiche e ai problemi con cui si confronta quotidianamente. Ciò è a maggior ragione vero nel momento in cui si devono creare pratiche e strutture di Rete, per evitare che la Rete diventi una sovrastruttura che appesantisce il lavoro anzichè alleggerirlo. Ragionare di forme precostituite significherebbe negare la profonda eterogeneità e diversità di forme presente nell'organizzazione, diversità che sono spesso dovute ai diversi contesti in cui i nodi locali si trovano ad agire. Le pratiche e le strutture non devono però diventare un dato identitario immobile nel tempo devono sempre essere messe a verifica rispetto al loro funzionamento e alla loro efficacia.La Rete della Conoscenza si struttura su tre livelli: nazionale, regionale e provinciale o locale.La struttura regionale può variare a seconda del livello di radicamento (se in una regione ci sono 5 nodi locali ci sarà bisogno di una struttura, se ce ne sono due di un'altra), sia sulla base delle esigenze e delle caratteristiche del territorio. Il compito di una struttura regionale dovrebbe essere quello di coordinare il lavoro dei nodi locali e di porsi come interlocutore rispetto all'amministrazione regionale e ai suoi enti, ruolo molto importante dato che molti dei temi centrali nell'azione della Rete sono di competenza regionale (diritto allo studio e istruzione professionale per citarne due).A livello locale il discorso è analogo: piuttosto che ragionare su modelli predefiniti occorre valutare come integrare le strutture e le pratiche già esistenti all'interno delle basi territoriali di Link e dell'UdS per creare pratiche e strutture comuni. L'obiettivo della Rete locale deve essere creare analisi, campagne, azioni, rivendicazioni comuni, insomma creare un'unica comunità politica tra chi fa Link, chi fa l'UdS, chi fa parte di altre organizzazioni che aderiscono alla Rete locale e chiunque partecipi alla Rete in qualche modo. Da questo punto di vista possono essere utili sia forme di coordinamento tra le

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strutture già esistenti (esecutivi congiunti, coordinamenti congiunti, ecc...) sia strutture direttamente di Rete (esecutivo di rete, coordinamento di rete, gruppi di lavoro, ecc...). Spesso la scelta tra questi due modelli viene rappresentata come dicotomica, quando nella realtà sono perfettamente integrabili e possono rispondere ad esigenze diverse: uno strumento può essere usato per definire le linee di lungo periodo, un altro per le contingenze, uno per affrontare determinati temi che presentano specificità diverse tra scuole e università, un altro per affrontarne altri.Dire che le pratiche e le strutture possono e devono variare da territorio a territorio ed adeguarli alle esigenze non significa dire che non si devono fare sforzi per mettere in campo strumenti che consentano la creazione di un piano di Rete che vada al di là di una sintesi trovata di volta in volta tra le elaborazioni di Link e dell'UdS, significa piuttosto mettere in discussione i proprio schemi e iniziare, laddove non sia già avviato, il percorso di costruzione delle Reti locali e regionali.

Lavoro programmaticoOgni territorio dovrà proseguire nel lavoro svolto prima della presente assemblea, indagando sull’utilità della Rete nella propria città e immaginandosi forme e pratiche che non vadano ulteriormente ad appesantire l’associazione ma possano alleggerirla, mettendo in pratica discussioni che integrino già i soggetti in formazione nel loro complesso.

Tesi 8. Il radicamento tematico: campagne, vertenze, progetti. Dove si discute?

Il tema del radicamento e delle sue forme è un punto centrale per il rilancio della Rete della Conoscenza. Il radicamento in questi anni ha perso di centralità, lasciando il passo alla sola discussione meramente politica. Partire dal radicamento vuol dire soprattutto ribaltare completamente il piano del pensiero politico di questi anni. Non sempre esso si è mosso a pari passo con il salto di qualità dell’’analisi politica della nostra organizzazione. Partire, in primo luogo, dal nodo della cittadinanza, come “condizione di vita”, dal

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concepire lo studente come cittadino/precario, e non solo come soggetto sociale dentro i luoghi della formazione era e rimane uno dei nostri obiettivi. La Rete, infatti, si è sempre contraddistinta per un’ottima elaborazione teorica su tematiche vaste e complesse, ma spesso non è riuscita a trasmettere all’esterno quanto prodotto con la stessa incisività; non è riuscita ad aprire al meglio le maglie dell’Organizzazione, creando nuovi strumenti di aggregazione e partecipazione.Proviamo dunque a fissare alcuni nodi centrali per affrontare una nuova proposta di radicamento della Rete della Conoscenza.

E’ necessario precisare che la condizione studentesca non è solo materiale, ma anche immateriale. La precarietà non è solo una condizione sociale su cui costruire le lotte, ma vive anche “dell’irrealizzabilità” delle cose che desideriamo e creiamo. La mancanza di possibilità di esprimere sogni, desideri e passioni è un nodo centrale. Bisogna cominciare ad intendere, quindi, lo studente nelle sue condizioni generali di vita. Dove e come si vive, gli interessi di studio, la creatività sono poco considerati dentro le nostre Organizzazioni, facendoci apparire all’esterno, molto spesso, come uno spazio escludente, ed esclusivamente “politico”, nella sua definizione più misera, ma anche più largamente concepita.Occorre, dunque, partire da due punti precisi: mettere al centro le pratiche di radicamento, e allargare le forme del radicamento sociale della Rete della Conoscenza, partendo da una politicizzazione dell’esistenza.L’obiettivo è quello di aumentare le forme e gli spazi politici di aggregazione, aumentare il grado di militanza, costruire una più varia forme di partecipazione alla politica.Partire da questi principi e dagli obiettivi vuol dire analizzare i limiti del lavoro, attorno alla questione della partecipazione, messo in campo in questi anni. L’unico strumento di partecipazione alle nostre organizzazioni è uno spazio settimanale, organizzato in modalità di riunione generale, in cui l’unico modo per partecipare è avere gli strumenti e le capacità dialettiche, spesso non completamente includenti, di intervenire e incidere nel dibattito.Svecchiare e rinnovare forme e modi di discutere, tramandati dal secolo scorso non è così semplice. Dobbiamo necessariamente immaginare una nuova forma di partecipazione politica che vada al di là del pensare della posizione in cui discutere o alla quantità di tempo degli interventi.Ed è per questo che la strada dello spazio tematico aperto dalla Rete della Conoscenza va approfondito e strutturato come forma vera e propria di radicamento politico.

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Le forme della partecipazione e del coinvolgimento ad oggi riflettono questo momento e pertanto risultano assai diversificate tra loro. Se da un lato ciò rappresenta un elemento di fragilità, poiché è difficile concepire una maniera unica di aggregare, dall’altro testimonia come l’organizzazione abbia tutte le potenzialità per lanciare idee e proposte su temi sociali e generazionali.In virtù di questo proviamo a fissare delle proposte politiche più dettagliate.

Radicamento politicoQuesta tipologia di radicare è quella che usiamo generalmente. Aggreghiamo soprattutto quando siamo in grado di costruire vertenze e battaglie credibili sui territori, quando la comunicazione in scuola e università è efficace. Il nostro radicamento è quindi diretto molto agli “studenti già impegnati” o comunque sufficientemente interessati o che sono toccati in prima persona dai temi delle vertenze che apriamo. Questo è un fatto molto importante che ha permesso alle organizzazioni in questi anni di riuscire ad aggregare una platea ampia ed eterogenea di studenti, che non riconoscendosi nei partiti e non avendo luoghi politici di riferimento, hanno trovato nelle nostre organizzazioni uno spazio di attivismo politico.Anche su questo aspetto c’è da fare però un salto di qualità. La comunicazione, per esempio, è un nodo da sviluppare molto di più, tanto quanto la capacità di comunicare e far partecipare non solo alle mobilitazioni, gli studenti che si impegnano nel corso dell’Autunno.

Radicamento tematicoDobbiamo fare in modo, che più che luoghi di discussione interna, le aree tematiche (o gruppi tematici) diventino veri e propri spazi tematici autonomi, in cui dentro le università e le scuole si strutturi un radicamento ad hoc, provando a coinvolgere gli studenti partendo da quello che studiano, dai loro interessi e dalle loro identità e incrociandolo con i temi che la Rete mette in primo piano sul territorio. Pensiamo quindi a formulare delle proposte chiare, che qualifichino la Rete anche come uno “spazio tematico cittadino proprio” in cui aggregare non solo gli studenti che fanno parte di Link o dell’UdS, ma anche studenti mai incrociati dentro questi luoghi/spazi/campagne/discussioni mettendo in rete le loro competenze e i loro interessi.Gli spazi tematici devono quindi configurarsi come luoghi di discussione e programmazione politica sui temi peculiari del territorio nel quale questi ultimi si sviluppano, essi devono essere paralleli e complementari alle ordinarie iniziative politiche della Rete e non ad esse marginali. Questo rappresenterebbe il vero salto di qualità sui territori che ci permetterebbe di

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fare alcune cose:- Allargare le maglie dell’organizzazione. L’assemblea generale non

diventerebbe così l’unico luogo di partecipazione politica, ma esisterebbero spazi più facilmente attraversabili da studenti che, magari, potranno partecipare solo sulla base di un interesse specifico.

- Ampliare lo spettro delle attività. Fare questo vuol dire permettere di avere più persone, di pensare un diverso modo di organizzare il lavoro interno, in un’ottica di redistribuzione del lavoro e fare molta più politica, in forma pubblica soprattutto.

- Costruire un nuovo modello/laboratorio di politica sui territori. Ampliare la capacità di radicare, in più spazi dell’esistenza, significa permeare il tessuto sociale in forma più diffusa, vuol dire costruire un nuovo modello di vivere, partecipare e intendere la politica. Significa invertire l’idea della politica, come qualcosa di distante, ma come qualcosa che ha a che fare proprio con i propri interessi e desideri.

Per essere più concreti:Progettualità al centroCostruire una riflessione del genere vuol dire ribaltare il tavolo di come intendiamo il lavoro politico; occorre un metodo efficace basato tanto sull'analisi quanto sulla capacità, costruire comunicazione, realizzare progetti che abbiano massima diffusione e partecipazione. Bisognerà quindi organizzare le energie interne in questo senso, in veri e propri laboratori di idee, per costruire progetti che sostengano attività nuove in spazi nuovi.

Arte/musica/creativitàQuesti tre temi, rappresentano uno dei tanti esempi per aggregare interessi, che nella loro natura di partenza non sono prettamente politici, ma che noi possiamo rendere tali, costruendo partecipazione e progettualità. Non si tratta più solo di fare il concerto, ma di pensare gli spazi per dar luogo all’espressione creativa, di mettere al centro delle discussioni l’arte, la musica come strumenti politici e di comunicazione politica. Non solo progetti, quindi, ma bisognerà studiare una modalità per coinvolgere gli studenti che incontreremo nell’organizzazione di questi eventi/progetti.

Ricerche/inchieste/attività intellettualiUn altro aspetto centrale può essere lo studio, o meglio ciò che si studia. Dare la possibilità a studenti di fare inchiesta sul territorio, di fare ricerche nella propria scuola o nel proprio dipartimento significa valorizzare lo studente, non

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solo per il proprio impegno, ma per la propria competenza; così come dare la possibilità di scrivere, di mettere in piedi piattaforme telematiche. Tutti questi spazi andrebbero messi a sistema, coinvolgendo gli studenti; occorre calibrare questo processo focalizzando I progetti in base a studi e necessità delle diverse scuole e dipartimenti, in cui si può trovare intelligenza viva e capacità di costruire un altro tipo di attività politica, ma altrettanto interessante.

Collettivi/laboratori/spazi tematici cittadiniIl punto focale per la Rete della Conoscenza è diventare uno spazio cittadino. Ciò vuol dire fare anche a meno di Link e UdS come uniche strutture di partecipazione, e permettere ai compagni unitariamente di occuparsi di uno spazio tematico cittadino in cui aggregare studenti per un progetto, un’attività, una campagna, o anche una struttura come un laboratorio o un collettivo. Dalla raccolta differenziata, all’antimafia, ai linux club, alle questioni di genere, ai problemi degli studenti migranti: possiamo pensare spazi di aggregazioni nuovi, in cui studentesse e studenti possono trovare forme di partecipazione autonoma, di autodeterminazione collettiva. Questo ci permetterà di aggregare studenti medi dove ci sono solo le strutture universitarie, studenti universitari dove ci sono strutture solo di studenti medi. Tutti strumenti nuovi, che quindi possono rafforzare le organizzazioni e la relazione biunivoca di Link in relazione all’UdS e viceversa.

Metodo di lavoroBisogna però fissare un metodo, siccome senza metodo non ha senso alcuna sperimentazione. Fondamentale è quindi mettere al centro la divisione del lavoro, l’organizzazione delle attività fuori dalle contingenza in cui siamo sempre travolti, la schematizzazione del lavoro e soprattutto la verifica e l’autovalutazione. Imparare dalle pratiche positive e dagli errori è uno strumento necessario che noi spesso non utilizziamo. Bisogna quindi fare uno sforzo di razionalizzazione, individuando elementi, metodi e obiettivi precisi e verificarli temporalmente ogni settimana o due, strutturando così una verifica capace di renderci in grado di interpretare al meglio la mole di attività, la vastità delle cose da mettere in piedi, la partecipazione e peculiarità degli studenti che riusciamo ad aggregare e a far partecipare.

Lavoro Programmatico1. Ogni territorio dovrà individuare lo spazio tematico più affine alle proprie peculiarità e costituire uno spazio politico ampio, aperto e includente, che possa elaborare proposte ed azioni da discutere anche negli spazi pubblici

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cittadini.2. Ogni territorio dovrà rivedere i ritmi e le modalità di discussione più idonei alla componente della stessa comunità.3 In stretta collaborazione con l’Esecutivo Nazionale, è auspicabile che ogni territorio si costituisca un Dipartimento Organizzazione che si occupi, collettivamente, di cercare bandi locali e regionali che possano essere utili a realizzare i progetti in cantiere.

Tesi 8B. Le Aree Tematiche nazionali

Le aree tematiche, in quanto luogo di discussione, elaborazione e progettazione di argomenti non strettamente riguardanti i luoghi della formazione, sono uno spazio centrale e imprescindibile per la Rete della Conoscenza, sia a livello locale che nazionale. Negli spazi tematici si deve concretizzare quello che è l’obiettivo “genetico” della Rete, ovvero affrontare la realtà e la politica a 360°, con gli occhi dei soggetti in formazione. La discussione negli spazi tematici può e deve essere l’occasione per aprirsi all’esterno delle organizzazioni, intrecciando esperienze con altre realtà ma, soprattutto, intercettando e valorizzando gli interessi di molti studenti che per vari motivi hanno una sensibilità diversa rispetto ai temi e alle dinamiche classiche di un’organizzazione studentesca.L’area tematica, quindi, dev’essere sempre più un laboratorio in grado di aggregare, generare analisi e proposte e rispondere alle esigenze nazionali e del territorio. Deve, quindi, elaborare da un lato un’analisi in grado di diventare patrimonio collettivo dell’organizzazione, con la produzione di materiale di approfondimento (schede tecniche, condivisione di articoli, ecc..), dall’altro con la capacità di mettere in campo un piano di lavoro, di relazioni, di vertenzialità e campagne. Non è da escludere, anzi è auspicabile, la possibilità di affrontare determinate vertenze, in caso di necessità, attraverso sottogruppi per scuola e università che però si riconducano ad un’analisi unica e collettiva. Troppo spesso, infatti, dalla nascita della Rete, Link e UdS hanno perso la capacità di incidere nei luoghi della formazione su temi di Rete. Invece questi sottogruppi possono essere molto utili nel momento in cui nasce un problema relativo al tema

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trattato ma specifico sulla scuola o sull’università oppure nel momento in cui occorre declinare una campagna nazionale di Rete. In questi casi è fondamentale la presenza di luoghi distinti che riescano a discutere e elaborare azioni e proposte che non annullino le differenze tra luoghi della formazione ma che ne facciano una ricchezza per la riuscita della campagna. In tal senso, se le Aree Tematiche volessero individuare al proprio interno responsabili scuola e università per gestire questi momenti fatti separatamente, tale scelta non può che essere vista positivamente.

La Direzione Nazionale, organo di sintesi dell’organizzazione, dovrà farsi carico di coordinare e gestire la produzione politica delle aree, in modo da definire, in base ad accurate valutazioni sulle priorità e sugli obiettivi politici e strategici che ci si pone, un preciso piano di lavoro a livello nazionale e locale. Inoltre, avrà l’onere di far vivere in maniera capillare nell’organizzazione il lavoro svolto da questi laboratori tematici attraverso appuntamenti di formazione, confronto, divulgazione di materiale in modo da far fronte alla caratteristica principe che li attraversa, la passione o meno per un determinato ambito d’azione.Questo ruolo della Direzione Nazionale diventa necessario perché, purtroppo, le Aree Tematiche hanno proceduto troppo spesso indipendentemente l’una dall’altra, senza arricchirsi vicendevolmente e senza pensare di integrarsi nel piano di azione generale dell’Associazione.L’investimento sulle aree tematiche, ad oggi, è più che mai necessario anche avviando sperimentazioni al fine di rendere i territori capaci di riconoscere prima di tutto le esigenze che emergono dalla realtà a cui devono rispondere ed in secondo luogo di uno strumento in grado di sviluppare partecipazione ed un’azione politica e progettuale puntuale e continuativa.Importante accenno va fatto sul referente nazionale delle aree tematiche. Il lavoro, svolto in sinergia con il referente tematico dell’esecutivo nazionale, è fondamentale per coordinare e stimolare il dibattito interno, la programmazione ed il monitoraggio delle attività ed anche il troppo spesso sottovalutato piano delle interlocuzioni. L’assenza di questa figura ha causato, proprio data la sua importanza, notevoli difficoltà nel perseguimento degli obiettivi e del lavoro rispetto a molti ambiti tematici; anche di questo la Direzione Nazionale, in caso di necessità, dovrà farsi carico individuando la forma migliore per colmare questa assenza.

Lavoro Programmatico1. Ogni referente nazionale delle aree tematiche dovrà coordinare il lavoro

dei territori ed essere tramite tra questi ultimi e gli Esecutivi Nazionali

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2. La Direzione Nazionale dovrà stilare un preciso piano di lavoro e calendarizzazione nel quale le proposte delle aree tematiche devono inserirsi, secondo le priorità politiche individuate.

3. Attraverso i collettivi tematici, ogni territorio dovrà trarre un’analisi complessiva su un dato tema da mettere in condivisione con gli altri territori e con i referenti nazionali.

Tesi 9. Creatività, mutualismo, progettualità, boicottaggio, contestazione: come costruire società dall'individualità

Se pensiamo alla Rete della Conoscenza come ad una grande collettività, dobbiamo tenere conto di ogni individualità che ne è parte.Non solo dell'individualità di chi milita nell'Organizzazione, ma di tutti i soggetti che la Rete si propone di rappresentare o con cui è quotidianamente in contatto.Questo significa, in un certo qual modo, rovesciare il senso negativo che la parola “individualità” ha quasi sempre assunto, in quanto sintomatica di interessi puramente personali ed egoistici, e considerarla condizione o qualità di essere un individuo, cioè cosa unica, indivisibile, sebbene con le sue particolari caratteristiche.Quindi, l’individualità si configura come elemento imprescindibile della collettività, del suo arricchimento e avanzamento e come espressione di capacità e creatività varie e differenti.Per creatività intendiamo la possibilità di esprimere e far esprimere passioni e interessi attraverso la musica, il disegno, la recitazione e quant'altro, considerandoli strumenti per comunicare idee, messaggi in maniera semplice e diretta.Ad esempio, la realizzazione di graffiti o di contest musicali o di corsi di fotografia e teatro sono modi differenti per intercettare differenti sensibilità. Sempre i movimenti hanno usato la creatività per esprimere in maniera facile e diretta i propri messaggi. Su questo versante siamo molto indietro, serve uno sforzo di tutta l’organizzazione per immaginarsi spazi e tempi in cui la

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creatività individuale diventi strumento di lotta politica.Dare valore all’individualità e alla creatività significa permettere a tutti di entrare nei processi politici dai quali sono solitamente esclusi, non soltanto ripensando lo sviluppo di determinati temi, ma anche sperimentando nuove pratiche e modificandone altre.

Nella nostra organizzazione le sperimentazioni spesso sono avvenute soltanto nelle forme con cui ci rivolgiamo verso l'esterno e non hanno mai completamente mutato il nostro modo di fare politica, a partire dalle assemblee territoriali fino ai coordinamenti nazionali.Essere rappresentativi, dunque, significa avere capacità aggregative, costruire consenso e mobilitazione con una pluralità di strumenti diversi, che possono coniugarsi in una presa di coscienza collettiva e di rivendicazione politica.Per cui, le forme con cui intercettiamo gli studenti devono essere diverse e fruibili da tutti, in modo che ci siano più livelli di discussione e condivisione.In questo modo, si permette a tutti, in maniera diversa, di far parte di un unico progetto di mutamento della società.

La Rete, infatti, non è soltanto rappresentanza dei soggetti in formazione, ma utilizza la rappresentanza stessa come strumento di cambiamento in primis delle scuole e delle università, ma più in generale della società tutta.Questo avviene costruendo spazi (fisici e non) di resistenza ai processi di privatizazzione dei luoghi di formazione e del sapere in tutte le sue sfaccettature, di aggregazione e di espressione della creatività. Insomma, mettendo a frutto pratiche di mutualismo applicate al mondo della conoscenza.

In una fase di crisi sociale ed economica come quella che stiamo vivendo dobbiamo ripercorrere la storia del movimento operaio del 1800 che, affianco alla rivendicazione politica o sindacale, costruiva dal basso l’alternativa di welfare. Nel mutualismo complesso di pratiche che mette al centro la solidarietà per arricchire la collettività tramite le potenzialità individuali, emerge lampante la “pratica dell’obiettivo”, ovvero la costruzione immediata e non mediata istituzionalmente, dell’alternativa.Oltre al mutualismo tout court serve rilanciare pratiche di cooperazione, macro categoria che include il mutualismo ma che ad esso non si limita. Le esperienza di scrittura di libri in creative commons (sperimentata da alcune scuole), come la costruzione di luoghi di aggregazione e socialità sono la base di questa prospettiva, non solo organizzativa ma prettamente politica.

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Al pari delle pratiche di mutualismo serve riattivare un’attenzione crescente alle pratiche di boicottaggio, quelle pratiche in cui l’individuo incide dentro il tessuto economico, specialmente quello che sussume conoscenza. Da anni, ormai, sono pochi quelli che in Italia si interrogano sui processi di accumulazione capitalistica nella circolazione di conoscenza. Costruire forme solidali di scambio di musica, appunti, libri, cultura, non è solo una pratica conveniente dal punto di vista economico per chi la compie, ma è una pratica politica. Oggi, con gli spazi che si possono costruire sui territori, dentro scuole e università (aulette rappresentanti, aule autogestite, ecc.) si può riattivare un processo, prima di tutto culturale, su questo fronte.

Lavoro programmatico1. Vanno aumentati su tutti i territori i momenti di espressione della

creatività artistica e musciale. Per questo, a livello nazionale, potremmo avviare un lavoro di potenziamento di appuntamenti di creatività e di protagonismo studentesco edi potenziamento di festival ad essa dedicati, come ad esempio accade per la Giornata Mondiale di Mobilitazione studentesca del 17 Novembre, dall 2005 a questa parte.

2. Inoltre vanno messi in rete i festival studenteschi esistenti per poterli potenziare ma, soprattutto, per poter stimolare la prolificazione di festival e iniziative artistiche e musicali su tutto il territorio nazionale che possano per un verso far circolare cultura liberamente, dall’altra far esprimere giovani artisti.

3. Vanno messi in rete gli spazi ma soprattuto le attività studentesche mutualistiche presenti sul territorio nazionale. Messa a rete vuol dire ampliare la comunicazione su ciò che gli studenti e le studentesse promuovono come forme solidaristiche e sostenere queste inziative. Per questo dovremo immaginarci un lavoro coordinato territori-nazionale per ampliare le iniziative solidaristiche e di boicottaggio aumentandone la circolazione.

4. I territori potrebbero individuare un responsabile che segua lo sviluppo di tali iniziative, sia quelle culturali che quelle mutualistiche per gestire i vari step e la valutazione periodica.

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Tesi 10. Rivoluzionare la comunicazione tra i territori eil nazionale

Per affrontare la riforma dell’organizzazione è centrale chiedersi come la nostra attuale strutturazione interna ci permetta di comunicare e possa permetterci di affrontare la destrutturazione del sistema formativo e sociale al meglio, dal momento che la politica è in fieri, cambiano i linguaggi, cambiano i metodi di discussione.

Due sono i livelli di comunicazione che si sviluppano all’interno della nostra organizzazione: uno verticale e uno orizzontale.In questo momento gli organi nazionali sono l’assemblea nazionale, il coordinamento, la direzione, le aree Tematiche, l’esecutivo, il portavoce, il responsabile dell’organizzazione.Il nodo rimane quello di capire come questi luoghi o figure politiche possano e riescano ad interagire con le singole basi territoriali e i loro militanti.

L’assemblea, il coordinamento e la direzione nazionale rimangono gli spazi nei quali è possibile esprimere al massimo il confronto democratico e paritario tra i territori e i ruoli nazionali.Il sistema di rappresentatività delle basi territoriali permette di arrivare alle discussioni, con la piena legittimità nel trasportare le esperienze e le proposte in un livello più alto di elaborazione.Questo metodo dà la possibilità di incidere nell’analisi di quel luogo politico anche alla più piccola base territoriale della Rete della Conoscenza. Per questo è fondamentale non trascurare l’importanza di questi momenti che contribuiscono alla contaminazione ed all’apprendimento reciproco tra territori e struttura nazionale.Per poter connettere meglio e avvertire meno distanza tra la struttura nazionale e il singolo militante della base territoriale è necessario investire sulla costituzione delle Reti locali e regionali, imparando a gestire in quelle assise temi più strettamente riguardanti l’organizzazione come la formazione, il mutualismo, il radicamento e i temi del welfare.Per fare questo, di contro, è necessario alimentare ancora di più il radicamento

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delle organizzazioni di primo livello nei luoghi della formazione, ossia nelle scuole e nei Dipartimenti.

I nodi locali e/o regionali di Rete o la singola base di Link o Uds hanno con sè e per sè un grande strumento di analisi e di sperimentazione di pratiche: l’area tematica. Essa, interpretata come pensatoio, come fucina dell’analisi politica del territorio deve necessariamente avere la capacità di non recintarsi e di contaminarsi con l’elaborazione delle altre aree tematiche e con gli altri territori, quindi con la politica complessiva dell’organizzazione. Questo luogo di discussione ha anche le giuste peculiarità per poter essere uno spazio di inclusione rispetto ai diversi linguaggi e pratiche adottati dai singoli attivisti, in quanto laboratorio del pensare.

Per favorire un dibattito quanto più ampio e democratico possibile, il piano decisionale è stato, nel tempo, tripartito rispetto alle tre organizzazioni: Rete della Conoscenza, Link Coordinamento Universitario e Unione degli Studenti. Affrontando le discussioni con questa modalità, non possiamo ignorare la ripetitività e la ridondanza prodotta. Diventa quindi necessario individuare un unico spazio politico omogeneo decisionale come la Direzione Nazionale, luogo di rappresentatività collettiva delle due associazioni di primo livello o il Coordinamento Nazionale, un luogo politico, fin’ora poco sfruttato.Uno dei nodi di complessità da sciogliere è la disomogeneità delle strutture delle due organizzazioni madri, Uds e Link, e la conseguente frammentarietà dei modelli organizzativi delle basi territoriali.

Diventa, quindi, strettamente necessario che la Rete della Conoscenza assuma il significato e l’essenza della sintesi politica delle due Organizzazioni e della loro eterogeneità territoriale.

Pensiamo anche agli strumenti in campo per concretizzare quanto detto. Insieme alla stessa Area Tematica, lo strumento della mailing list della Direzione e, soprattutto dell’Assemblea Nazionale, è e può essere funzionale all’aggiornamento quotidiano delle situazioni territoriali rispetto sia al nazionale che agli altri territori stessi. Un altro strumento utile all’interscambio di informazioni, esperienze, progetti territoriali può essere la piattaforma di comunicazione interna. Un mezzo interattivo che può aiutare i territori a trovare i documenti, le idee, i progetti di cui ha bisogno per praticare la politica nel proprio luogo di radicamento e al nazionale di avere la diretta percezione della crescita e dello svilupparsi della

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stessa Organizzazione.

Lavoro programmatico1. I componenti della Direzione Nazionale devono assumersi l’onere di

riportare sul proprio territorio le discussioni affrontate a livello nazionale e, parallelamente, riportare quelle territoriali sul piano nazionale. Per fare questo serve che i territori affinino prassi, che non possono e non devono essere per tutti uguali, di scambio di feedback basso-alto e alto-basso

2. Va creata una mailing list di tutti i territori dell’Associazione così da far avere una comunicazione più diretta, e va resa definitivamente operativa la Piattaforma di Comunicazione Interna per lo scambio continuo di documenti e proposte complesse che perdurano nel tempo e possono sempre risultare utili sia sul piano nazionale che su quello territoriale.

3. L’Esecutivo Nazionale dovrà viaggiare maggiormente per i territori per mettere in relazione buone pratiche ed esperienze per migliorare la possibilità di potenziare il radicamento di Rete ma, soprattutto, per non appesantire gli Esecutivi di Link e UdS che hanno svolto, negli ultimi anni, il ruolo di “mesaggero” sia dal territorio all’Esecutivo di Rete sia viceversa.

Tesi 10B. La Direzione Nazionale e il Coordinamento Nazionale

Per migliorare la comunicazione ma, soprattutto, per accrescere la democrazia interna serve ripensare i luoghi di discussione nazionale. Positiva è stata la sperimentazione sulla Direzione Nazionale maggiormente rappresentativa e con forti responsabilità nella discussione nazionale come luogo di sintesi.Oggi, però, la Direzione non è ancora pienamente legittimata perché ancora non vi sono strutture forti di Rete su tutto il territorio nazionale tanto che si è abituati ancora adare mandato per la discussione di temi che, nel tempo, sono diventati di Rete, al Coordinamento di Link o alla Direzione dell’UdS.La direzione nazionale di Rete rappresenta quell’organo decisionale e programmatico, che funge da centro di elaborazione e da indirizzo politico.

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Essa presenta specificità sia rispetto alla Direzione dell’UDS sia rispetto al Coordinamento di Link, strutture simili in quanto a rilievo e compiti nelle rispettive organizzazioni. La particolarità più vistosa della Direzione è rappresentata dal fatto che non tutti i soggetti (di Link e dell’Uds) che possono svolgere un lavoro di Rete sul territorio sono rappresentati. Ciò rende a volte molto difficile espandere gli obiettivi prefissati, cui si partecipa soprattutto in fase congressuale, per la stretta mancanza di tutte le basi territoriali. Per questo motivo, oltre a proseguire l’azione di radicamento di Rete sul territorio, va costruita una Direzione che riesca ad includere sia le competenze e le capacità presenti nell’organizzazione sia che riesca ad essere rappresentativa dei territori così da avvicinare le discussioni sulle fasi politiche e le decisioni sulle mobilitazioni e le campagne a tutta l’organizzazione.Contemporaneamente, fino a quando non si saranno costituite le Reti su tutti i territori, va recuperato il Coordinamento di Rete, organo che non può essere convocato con altissima frequenza ma che riesce a racchiudere dentro di sé la quasi totalità dell’organizzazione, facendo progredire i territori tutti nella dialettica, nella formazione e nella preparazione politica e con essi tutta l’organizzazione nazionale nell’elaborazione e nella capacità di essere incisivi nel tessuto politico nazionale.

Essendo la Direzione un organo asimmetrico (vi sono sia compagni con incarichi di Rete sia compagni e compagne di Link e UdS) l’Esecutivo dovrà facilitare la conoscenza fra i compagni e rendere possibile anche quella cementificazione fra i componenti della Direzione di Rete, indispensabile per il suo buon funzionamento. La discussione su come quest’organo possa sentirsi partecipato passa anche da un maggiore coinvolgimento dei compagni, sia nelle discussioni dal vivo, sia su quelle telematiche. In questo quindi non è necessario ripensare un modello, ma semplicemente rendere vivo quello di cui disponiamo. Per fare ciò serve un lavoro di legittimazione da parte dei territori, oltre che di maggior coinvolgimento da parte dell’Esecutivo.

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Tesi 11. La formazione

“A questo punto nessuno educa nessuno, e neppure se stesso: gli uomini si educano in comunione, attaverso la mediazione del mondo.” Freire.

La differenza qualitativa che le nostre organizzazioni in questi anni hanno fatto sempre nel dibattito politico e di movimento è stata frutto di una capacità strutturale di incrociare intelligenze, formazione politica, formazione di competenze. Nei prossimi anni, in un quadro politico mutevole, sarà fondamentale avere tutte le energie e le competenze necessarie per leggere con sempre lenti nuove i cambiamenti della società, di scuola e di università. Il tema della formazione quindi va utilizzato in continuità con questi anni, rinnovandone modalità e forme.

L’Unione degli Studenti, ha storicamente organizzato sui territori, le “scuole quadri”, utilizzando un vecchio termine della storia comunista e sindacale italiana, momenti in cui i compagni autorganizzano momenti di formazione sui temi del lavoro sulle scuole e in cui si invitano esperti esterni sia per rafforzare il portato di analisi sulla scuola, sia per formare sui temi generali, quali il lavoro, il reddito, la precarietà. In questi anni l’Unione degli Studenti ha invitato esperti di aree politiche differentissime del Paese a confrontarsi sia sui temi generali che su quelli della scuola, costruendo di fatti un’analisi aperte e non settaria, quale è quella delle organizzazioni.

Anche Link, tramite i coordinamenti nazionale, soprattutto a Riot, ha prodotto più che qualificati gruppi di lavoro sul tema dell’università, a partire dal tema della contribuzione studentesca per finire a temi più generali quali quella della privatizzazione degli atenei e la bolla formativa.

La Rete della Conoscenza ha fatto delle Assemblee Nazionali, dei gruppi di lavoro di questi anni sulle aree tematiche, l’incrocio tra formazione e fase costituente, dimostrando come le esperienze eterogenee delle scuole e delle università avessero bisogno di un percorso non scontato, ma analizzato da capo, fatto di condivisione e contaminazione.

Arrivati a questo punto serve provare a ragionare su quale sia il possibile salto

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di qualità, per non determinare uno scollamento tra competenze nazionali e territoriali e mettere in condivisione le competenze e le esperienze presenti sui territori. Bisognerà, quindi, di certo bilanciare il metodo degli esperti esterni, con l’autorganizzazione di momenti propri, ma soprattutto, intensificare il lavoro di formazione territoriale a partire da settembre. I temi devono incrociare l’analisi tecnica e generale di scuola e università, con i temi generali di trasformazione della società.

Utile e fondamentale deve essere anche la condivisione di testi, di frammenti di libri, di documenti e schede tecniche da far girare e condividere sui territori, anche tramite la piattaforma di comunicazione interna o la mailing list. Bisognerà dare scadenza alla formazione interna, facendo anche incontrare i territori limitrofi.Senza mai dimenticare, che però, formazione non significa solo passaggio di informazione, ma anche riproduzione e rielaborazione. Centrale sarà, in questo senso, il ruolo della Rete della Conoscenza, nello stimolare sul piano nazionale e sui territori, la produzione analitica di documenti volti a migliorare tanto le conoscenze, tanto la consapevolezza, le competenze e i linguaggi. Un’organizzazione è grande solo quando, in maniera diffusa i compagni sui territori riescono a produrre un livello alto di analisi e di pratica politica; questo avviene solo quando lo studio e la formazione entrano nei principi e nelle priorità del lavoro quotidiano e strutturato delle realtà territoriali.

Lavoro programmatico1, Ogni territorio dovrà porsi l’obiettivo di costituire momenti di formazione regionali o di area geografica più larga.2. L’Esecutivo Nazionale, coordinandosi con la Direzione Nazionale e le strutture nazionali di Link e UdS, assicurerà che ci siano almeno un momento durante l’anno che preveda la formazione collettiva della Rete della Conoscenza.3. Ogni territorio cercherà di condividere, tramite la piattaforma di comunicazione interna, tutto ciò che può servire alla crescita politica di tutti, con gli altri territori dell’Organizzazione.

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Tesi 12. Un nuovo metodo di lavoro sui territori e a livello nazionale. Valutazione, autovalutazione, schemi di lavoro

Per attuare la riforma dell’organizzazione, in termini operativi, è necessaria un’attenta riflessione sul metodo adottato e non esclusivamente un bilancio degli obiettivi raggiunti; poichè non esistono prassi infallibili o valide in ogni contesto. Ciò che innanzitutto si rende necessario è un processo di valutazione complessivo che ci porti a individuare gli elementi costruttivi, e quindi in qualche modo replicabili, delle esperienze politiche che produciamo a livello nazionale e territoriale. In questi anni il metodo di discussione dell’organizzazione si è modificato massicciamente, seppur in maniera differenziata sul piano nazionale e nei diversi territori: brainstorming, schemi di lavoro, piattaforme come team speak ci hanno permesso di ottimizzare il tempo, aumentare i momenti di confronto e facilitarli. La centralità data al tema dell’ascolto e del rispetto reciproco all’interno dei luoghi di discussione ci ha permesso di rendere quei luoghi non solo maggiormente funzionali e “disciplinati” ma anche realmente accessibili a tutti e tutte.Non bisogna dare per scontato, però, che tali strumenti siano stati considerati da tutti i territori o che siano sempre e in ogni caso efficaci. Nonostante a più riprese negli ultimi anni si sia affrontato all’interno delle nostre organizzazioni il dibattito sulle forme di partecipazione e di inclusione, non possiamo non constatare come molto spesso le nostre modalità di discussione e le pratiche con cui portiamo avanti la nostra azione politica risentano di modelli fortemente standardizzanti, leaderistici, se non apertamente machisti.Porsi il tema dell’innovazione del metodo, al di là di ogni nuovismo che si fa sulla partecipazione via web, significa essere capaci di sperimentare in maniera capillare nuove pratiche, farne oggetto di costante condivisione pur non considerandole mai come la panacea di tutti i mali.

Un assiduo “monitoraggio” dell’andamento delle nostre assemblee è però ciò che può farci fare un vero salto di qualità nel metodo di discussione. Parlare con i compagni, siano essi nuovi o militanti da tempo, e interrogarsi assieme sulle capacità di coinvolgimento di un dato modo di discutere, risulterà nodale.

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Se lo scopo che ci poniamo è una vera e propria crescita politica tre almeno saranno le linee direttrici su cui impostare il confronto:

● dare a tutti gli strumenti di partecipazione : in termini di comprensione, possibilità d’intervenire nel merito e contribuire (anche in base alle inclinazioni personali) alla vita dell’organizzazione;

● fissare obiettivi concreti cui arrivare gradualmente, fissarli anche visivamente tramite cartelloni da tenere sulle pareti della sede o su documenti condivisi su internet per tenerli sempre a mente;

● ripartire il carico di responsabilità, valorizzando le capacità di ognuno e innescando meccanismi inclusivi proprio nel metodo d’impostazione del lavoro;

La valutazione complessiva, pertanto, deve avvenire innanzitutto sul lavoro svolto, sul “come” traduciamo in prassi le nostre idee politiche. Parlare di autovalutazione risulta quindi centrale, perchè analizzare noi stessi, confrontarsi sugli esiti di una discussione o sugli atteggiamenti politici che teniamo è doveroso, non tanto in relazione alle singole individualità, quanto al gruppo intero. Centrali comunque restano i tempi. Creare un processo nuovo di valutazione/autovalutazione non significa perdersi per l’ennesima volta in analisi lunghe e stereotipate. Vuol dire schematizzare, razionalizzare elementi in partenza, da verificare con dei tempi precisi, in itinere e alla fine del lavoro. Un errore può rappresentare un punto di partenza se si considerano, innanzitutto i suoi “retroscena” e le responsabilità collettive. Non avere dei limiti è impossibile, pertanto sarebbe significativo, ad esempio, eliminare la dinamica della “colpa” singola e non riprodurla: nè l'autoflagellazione nè l'individuazione del colpevole sono utili, perchè spesso nascondono i reali problemi che hanno portato all'insuccesso.

Tesi 13. L'autofinanziamento

Nel nostro Paese fare politica diviene sempre più insostenibile, sempre più per pochi.La rimozione di ostacoli e barriere economiche non è soltanto uno degli obiettivi necessari a garantire, per esempio, il diritto allo studio per tutte e

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tutti, ma anche una condizione che diventa sempre più indispensabile per consentire ad ogni singola-o militante di fare politica. Nel processo della sostenibilità economica della politica della nostra organizzazione divengono importanti le singole azioni quotidiane “dal basso” dei territori, i principali attori del cambiamento.La sfida identitaria delle nostre organizzazioni rimane sempre quella di poter coinvolgere i nostri attivisti non in base alle proprie capacità economiche, ma in base alla disponibilità del singolo e, consentire l'assunzione di responsabilità a chiunque in base ai propri interessi e alle proprie competenze e I propri interessi in un determinato campo.Allo stesso tempo, nonostante i tanti sforzi che comporta, una delle componenti che caratterizza e distingue la Rete della Conoscenza dalle altre organizzazioni giovanili è sicuramente l’autonomia politica ed economica.Affinchè la capacità di autosostenerci venga vissuta come elemento identitario da tutti gli attivisti dell’organizzazione, è forte la necessità di pensare a nuove prassi che possano sostenerla.Come?Il fund raising, rimarcando l'indipendenza economica della Rete della Conoscenza, diventa importante come pratica di ricerca fondi e sostenibilità organizzativa. La cura dei contatti di enti, fondazioni, aziende e le relazioni con soggetti sociali esterni, che possano sposare la nostra buona causa, risultano estremamente necessarie per poter scambiare competenze e beni materiali e immateriali.E’ fondamentale scardinare l’idea che il fund raising, così come la progettazione, siano solo di dominio del Responsabile dell’Organizzazione nazionale/regionale/locale. Dev’essere una pratica collettiva nella quale tutti gli attivisti sono chiamati a lavorare verso la sostenibilità della propria Organizzazione. Per questo motivo diventa essenziale formarsi per vagliare collettivamente la strategia migliore per una migliore produzione della politica.Negli ultimi anni abbiamo, sempre più reso, centrale, nel novero delle nostre prassi, la progettazione. Con “Riot Village -Il campeggio studentesco”, “Diritti al Futuro”, “Student* contro lo spreco”, per citare alcuni progetti, siamo riusciti a trasmettere i nostri principi e a denunciare lo stato della condizione studentesca in Italia.

E’ necessario socializzare quanto più possibile le capacità e e le competenze progettistiche dei singoli attivisti territoriali e metterle in relazione tra loro, coadiuvate dal Dipartimento Organizzazione Nazionale.Questo dipartimento dovrà essere potenziato nel suo lavoro e nelle sue risorse

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umane e presentare un rendiconto del lavoro politico ed economico entro il 30 aprile di ogni anno.La partecipazione ai bandi europei come il programma dell’Unione Europea, Youth in Action, ai bandi regionali A.D.I.S.U o E.D.I.S.U, a quelli provinciali delle Consulte studentesche o la nostra disponibilità a rilasciare paternariati ad altri progetti ci permette di pensare a come concretizzare e portare avanti le nostre idee di cambiamento della società.Tuttavia, per far sì che ogni territorio possa assumere sempre più peso nella partecipazione ai bandi di progettazione, diventa indispensabile investire, registrare gli statuti e avviare un controllo e gestione “burocratica” e contabile dell’associazione.Manteniamo, in alcuni periodi dell’anno, contributi esterni da organizzazioni sociali, come già facciamo da qualche anno, cercando sempre di non valicare il confine della dipendenza economica.Il fund raising e la progettazione, però, rimangono pratiche che necessitano di un lavoro costante e continuo nel tempo, bisogna, quindi, pensare anche a qualcosa che possa soddisfare la sostenibilità economica quotidiana di ogni singolo territorio sul territorio nazionale.Un nuovo strumento di autofinanziamento per la nostra Organizzazione può essere la “sottoscrizione”. Tramite un plug-in sul sito nazionale (www . retedellaconoscenza . it ), si possono accogliere adesioni politiche ed economiche al progetto o alla campagna che sosteniamo in quel dato momento. Questo ci permetterebbe sia di affrontare un’altra sfumatura del fundraising, di capire a chi arriviamo, sia una maggiore diffusione della campagna da sostenere.L’organizzazione di eventi ludici (feste, lotterie, contest artistici, ecc.) e il merchandising dei gadget etici delle associazioni possono essere un’ottima e funzionale pratica di autofinanziamento.

Lavoro programmatico1. Ogni territorio avvii una seria discussione sulla sostenibilità della politica

e scambi con l’Esecutivo Nazionale idee su come affrontare questo annoso problema.

2. Sarà compito di ogni singolo attivista dell’Organizzazione territoriale, regionale o nazionale interrogarsi e trovare e praticare nuove forme di fund raising.

3. E’ da pianificare un monitoraggio sul numero degli statuti registrati favorendo la crescita degli stessi tramite la creazione di materiale e schede tecniche in sieme a d un supporto logistico che aiuti I territori in

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questo senso.4. E' auspicabile mettere in pratica forme di controllo sulla gestione del

bilancio anche a livello territoriale, con un minimo di programmazione sulle entrate e sulle uscite.

5. Il dipartimento nazionale Organizzazione dovrà occuparsi di potenziare il lavoro sul progetto annuale “Riot Vlllage.-Il campeggio studentesco” etc...

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