Doc 2008 La via Per Relazione Stamerra

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    Educatori come promotori interculturalinella relazione simmetrica delle differenze

    Non sempre il nuovo salutato come risorsa; pi spesso letto ed affrontato come intrusione eminaccia di equilibri consolidati, che coinvolgono pi che la sfera cognitiva quella affettiva degliindividui. Tra altre novit, il tema delle migrazioni e dei migranti si riveste di unansia del tuttoparticolare, in particolare nel mondo della scuola e dei servizi sociali.

    Molti operatori, infatti, si dimostrano preoccupati per il fatto di doversi occupare di un problemaaggiuntivo, accanto ai molti gi esistenti: non sanno che fare, che cosa pensare quando, allinternodella loro professionalit, entrano in contatto con un Altro marcatamente diverso rispetto aduna maggioranza monocromatica, almeno allapparenza.

    La ragione sta nel fatto che si accorgono ben presto di come, sotto quanto vi di pi visibile, altresiano le diversit.

    A questo punto gli atteggiamenti si disarticolano: c chi si scopre neo-illuminista, chi siappoggia a sue convinzioni solidaristiche e chi ancora, senza lasciarsi intimorire dalla novit, restaindifferente ed agisce come sempre e secondo i suoi consolidati riti professionali: questi treatteggiamenti, dunque, innescano altrettante concezioni del proprio ruolo professionale e/oistituzionale.Come sempre accade, per, i processi che devono realizzare una pedagogia dellintegrazione sigiocano in relazione ai pi svariati e contradditori modi di pensare e di agire, o di non agire, dei singolieducatori, insegnanti o operatori di servizi che siano. la relazione concreta con la differenza etnica, umana e professionale ad imprimereluno o laltro corso allintegrazione.

    Oltre agli atteggiamenti citati, se ne verificano anche altri, invisibili e taciuti, perchlimmigrazione un problema che mette alla prova la qualit delle nostre idee, dellenostre pi profonde emozioni, dei nostri gesti razionali. Limmigrazione irruzione

    dellAltro nel nostro vissuto psicologico e ci si configura quindi come un testcollettivo, frammentato di luogo in luogo, che ci rinvia limmagine della nostra capacitdi essere cittadini e educatori.Ecco quindi il perch di tanti comportamenti che prescindono da ogni intenzionalit pedagogica: difronte allo straniero, comportamenti e atteggiamenti si complicano, si aggrovigliano, si rivelanoimprevedibili.Possiamo anche decidere, razionalmente, di assumere una data forma di agire, ma poi,di fronte alla natura aliena dellAltro, possono emergere dentro di noi, almeno treevocazioni diverse: levocazione di stereotipi e pregiudizi nei confronti della mentalit, dellintelligenza, dei modi

    affettivi o delle pratiche di vita quotidiana dellAltro;

    levocazione di difese di tipo territoriale, dal momento che laltrui presenza, nei nostri spazi divita e di lavoro, costituisce una minaccia per gli equilibri del nostro ecosistema; per i privilegi cheabbiamo acquisito o ereditato come gruppo umano stanziatosi in quel Dato contesto, emigrandomagari noi per primi; levocazione per la possibile perdita delle nostre convinzioni, o valori regolatori, cheriteniamo, a ragione o per supposizione, costituiscano le mappe sicure della nostrasopravvivenza.

    Lestraneit di tipo etnico di cui ogni straniero evocatore, assume una forma suigeneris, paragonabile a ci che suscitano in noi la malattia e la morte. Lo straniero inconsciamente evocatore di morte, perdita e cambiamento, ritenuto tanto pi ambiguo,

    subdolo, pericoloso, in quanto si presenta coi caratteri della similitudine: il barbarus, che,anche se reca doni, pu rivelarsi portatore di annientamenti subitanei o differiti.Egli minaccia i nostri luoghi, i nostri linguaggi, i nostri punti di riferimento: le tre areecruciali, identitarie, della vita di ciascuno. Lossessione per lestraneitudine resta un

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    temuto deserto interiore e ancestrale, al di fuori di ogni pi lucida considerazione sociale,economica o politica al riguardo.

    Tutto ci premesso, che fare, di fronte alla inevitabilit degli incontri e delleibridazioni socio-culturali che gi stiamo sperimentando e chesperimenteremo sempre pi?

    Perch non provare a cogliere in tali eventi una straordinaria occasione di trasformazione,unopportunit di cambiamento inimmaginabile, lasciandoci investire pienamente dalla possibilit dirivedere paure, stereotipi e difese?Gli stranieri rappresentano uno dei pi grandi inviti allauto-educazione di s che la storia,pedagogica e no, del nostro Paese, abbia di recente conosciuto. In particolare, inoltre, per chiunque lavori nel campo delle scienze delleducazione od operinel sociale, la loro presenza costituisceuna vera e propria sfida pedagogica:realizzare LA PEDAGOGIA INTERCULTURALE. I campi del sapere, tanto nella teoria che nella pratica didattica, sono, infatti, chiamati alla provarispetto alla loro flessibilit ed apertura: misurare cio la loro attenzione per le fenomenologiepsicologiche, pedagogiche, antropologiche, ecc, che lingresso di culture, bisogni, identit

    non autoctone reca con s. Infine, la societ multietnica, essendo una societ pi complessa in stato-nascente, e cio in-formazione,invita tutti a leggere le fenomenologie che la esprimono in base ad unprincipiodi vita, piuttosto che di morte, anche proprio sul piano biogenetico, in quanto limmigrazionecompensa la caduta di natalit presente un po ovunque in Occidente.

    Cos loperatore educativo sincammina verso la realizzazione di una pedagogiadellinterazione,pi che dellintegrazione, dal momento che la valorizzazione delle culturealtrui equivale alla messa in campo di una pratica educativa che va oltre lespressionedi una solidariet verso chi pi debole.Suscitando interazioni, cio il riconoscimento dei diritti del diverso da noi, si educa alla

    convivenza ed alla democrazia culturale.

    Diventa, infatti, fondamentale non solo porci nellottica di cambiare punto di vista, cercando dientrare in quello dellAltro, ma ancor di pi, nel momento in cui ci accingiamo ad una lettura deibisogni o a una lettura dei modi di essere, tentare di capire quali condizioni educative offrire.Domande di senso profondo sorgeranno spontanee, quali: Come mi sto rappresentando lAltro, e perch gli attribuisco queste caratteristiche, questi

    significati? Quanto di personale ed etnocentrico c nelle mie interpretazioni (nelle paure, nei pregiudizi,nei modi di interagire)?Quale strategia posso assegnarmi per far capire allAltro che lo ritengo un mio simile, ma, alcontempo, gli riconosco il diritto di essere dissimile e di manifestarsi come tale?

    Il problema educativo dellaccoglienza in chiave pedagogica/relazionale quindi primadi tutto un problema autopedagogico.Prima ancora di chiedersi che cosa fare sul piano comunicativo e didattico, occorre domandarsi:

    chi siamo noi educatori, portatori di una data cultura di fronte alle altre?specie quando queste altre culture germinano da tradizioni e pratiche molto lontane dalla nostre e, cosprofonde, da strutturare stili cognitivi (immagini della mente e concettualizzazioni) cos diversi.

    Dopo questo primo passo auto-pedagogico, il secondo sar invece quello di mettere in atto

    azioni pedagogicheditipo pratico: esplorare, facilitare, valorizzare sono prassi che dovrannotrovare sempre pi spazio allinterno dei nostri piani di lavoro, delle nostre programmazioni, facendoperno su tre diverse modalit operative che suggeriamo.

    Leducatore/operatore, infatti,

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    attua una modalit esplorativa/induttiva quando, operando come ricercatore partecipante,osserva episodi di vita relazionale allinterno della realt scolastica/extrascolastica e registra lecomunicazioni pi varie, badando non solo a quanto viene detto, ma soprattutto a come vienedetto; produce una modalit facilitativa con interventi di pronto intervento e accoglienza, affinch sicreino le condizioni affettive e i climi migliori perch lAltro si senta accettato e riconosciuto nella

    sua specificit. Leducatore si mostra in tal modo quasi un contenitore simbolico, qualcuno acui lAltro possa appoggiarsi, di cui avere piena fiducia e che lo rassicuri anche quando il successoche gli chiediamo di raggiungere, con i nostri metri di successo, tarda a manifestarsi; mette in atto una modalit interculturale ogni volta che considera lAltro unportatore di saperiche gli fornisce spunti per trasformare il luogo del lavoro educativo in unoccasione di scambi eriflessioni sul mondo, sui mondi, degli Altri.

    I principi della pedagogia interculturale nascono dallincontro di tre soggettivit:Noi, Loro e i loro Figli. impossibile un pensiero interculturale deprivato di una diqueste componenti, poich nellazione pedagogica entrano simultaneamente in campo iportatori di tre percorsi dintegrazione.

    Leducatore autoctono chiamato ad integrare (in un arricchimento/rimescolamento mentale,comportamentale, affettivo del sistema) i propri saperi, saper fare ed essere di fronte allAlterit. Limmigrato adulto costretto a fare lo stesso, pur nella sua legittima resistenza al cambiamentoe allintegrazione, molte volte vissuta pi come perdita che come approdo. Il non ancora adulto, nella sua dipendenza dal primo e dal secondo, talvolta, rappresenta lavariabile nuova che sfugge ad entrambi, nella sua volont di proiezione e di identificazioneautonoma, impegnato com a costruirsi una propria morfologia.

    Il protagonista dellintegrazione-ibridazione , infatti, proprio lui/lei, che puraggiunge con successo il suo obiettivo integrativo quando entrambi gli adulti diriferimento condividono il fatto che appartenere a due culture tra loro in ibridazione pi arricchente della partecipazione, o della perseveranza, caparbia e irrazionale, in unasola.

    La pedagogia interculturale ha come propria finalit, quindi, quella di esplorare queste nuovedirezioni dellidentit complessa, in quanto caratteristica peculiare della psicologia delluomomoderno; in questo contesto che i soggetti in crescita, poco importa se autoctoni ofigli di immigrati, vanno aiutati a crescere.Una mentalit interculturale un punto di vista eun modo di essere; lesperienza di ciascuno oscilla nel corso della vita tra queste due polarit: tra lapropria rassicurante monocultura e linstabilit strutturale dellatteggiamento interculturale.

    Lincontro tra etnie e culture si rivela quindi un gioco di scambi, di prestiti, di debiti. Si acquista

    (fattore integratore) e si vende si scambia (fattore interattivo), allinterno di un ritmo di vita cheappartiene alla dimensione morfogenetica delle cose: cio in divenire continuo, mai del tuttodefinibile e prevedibile.Parliamo quindi di pedagogia interculturale secondo questi due significati. necessario, perrispettare nellincontro con altre vite il principio di vita morfogenetico, valorizzare e facilitare lemergeredi nuove forme vitali. E dunque non soltanto integrazione assimilativa = riempirsi svuotandosi,utilizzando le strutture specializzate delleducare, bens interazione = riempirsi rimescolandosiattraverso modalit che enfatizzino la concertazione tra le forme nel loro divenire.

    Ogni professionalit educativa che vuole qualificarsi come orientata dai presuppostidella pedagogia interculturale deve rivolgere la sua attenzione a che tali forme ricche ecomplesse emergano pienamente.

    Il riconoscimento del diritto alla differenza dellAltro rappresenta dunque latteggiamento scientificocorretto di chi vuol combattere il vecchio provincialismo che risiede tanto nella pratica del far finta diniente, quanto nellaffermazione che il problema non sussiste perch siamo tutti uguali.

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    I processi di integrazione tra culture diverse, infatti, possono essere letti anchecome un segno di nuovi stati nascenti della mente.Le formae mentis hanno una loro storia, una genesi, una crescita, allinterno di pratiche educativespecifiche: locali, familiari, tribali...Il mondo viene manipolato dalla mente umana (meglio dalle menti) o per usarlo meglio o perinterpretarlo e spiegarlo. Alla base dunque dei nostri costumi, comportamenti, stili di vita, ci sono modidi pensare che differiscono in rapporto alla ripetitivit mediante la quale si consolidano

    culturalmente. Tali modi di pensare trovano poi infinite variazioni, differenze cognitive.

    Lapprendimento interculturale poggia su forme di apprendimentotrancognitive, ovvero sulla maggiore o minore capacit di locomozione da un attocognitivo allaltro, da una forma mentis allaltra.La pedagogia interculturale consiste nelleducare non semplicemente alla conoscenzadelle differenze, riscontrabili in soggetti di origine culturale diversa (ad esempio unsoggetto cresciuto al nido - luogo protetto, speciale, programmato e un soggetto allevato in unvillaggio di capanne contesto educazionale diffuso, in rapporto ad una cultura adulta, pratica ereligiosa) ma nelleducare alla transivit(o mobilit)cognitiva.

    Uneducazione integrata (attenta allo sviluppo simultaneo e non troppo precocemente specializzato

    delle formae mentis) aiuta la formazione di una mentalit interculturale e transculturale.Si fa quindi pedagogia interculturale precoce ogni qualvolta educhiamo la mente asperimentare lincredibile plasticit di cui essa dotata. Quanto pi evitiamo che lecorrispondenze e le differenze cognitive si fossilizzino chiudendosi in se stesse(ripetendosi autisticamente), tanto pi prepareremo il terreno (le menti) al metodo e aivalori dellinterculturalit: permeabilit nei confronti dei punti di vista, delle credenze, delle forme di pensiero altrui sintonizzazione con le origini del pensiero formatosi in altri contesti interazione strategica: fare in modo che il confronto tra mentalit dia luogo non solo ad un

    innalzamento della conoscenza reciproca, ma possa consociarsi, per individuare forme superiori

    di azione e comprensione del mondo: un mondo interculturale, che tramite la risorsa delladifferenza acquista maggiore umanizzazione.

    Lintelligenza relazionale la matrice sottostante del pensiero interculturale, nonci aiuta soltanto ad assumere uno stile cognitivo disponibile e benevolo verso lAltro(non semplice riedizione delpensiero della tolleranza o dellaccoglienza), bens risponde albisogno di educarci e di educare (noi e gli Altri) ad un pensiero che non si irrigidiscamai, un pensiero in movimento.

    Ogni monocultura condannata, prima o poi, alla stagnazione; al contrario, una culturapolidimensionale non pu che essere dinamica e processuale.

    Facciamo un passo indietro: in questottica, dunque,come avvicinarci alla differenza?Non ignorandola, n tanto meno distruggendola; possiamo invece esserne incuriositi o meglioancora parlarle. Il primo caso equivale alla disponibilit ad assimilare alcune specializzazionicognitive che ci vengono da altre culture: la musica, il ballo, la lingua, larte...Il secondo caso il metodo relazionale per definizione: non ci limitiamo ad ascoltare,vogliamo comunicare, raccontare chi siamo noi e sapere chi sono gli Altri. Vogliamo con loroentrare nelle ragionidelle loro costruzioni del mondo, per esporre le nostre e, magari, costruirnedi nuove strada facendoinsieme.

    Loggetto della pedagogia interculturaleva ben oltre quindi le situazioni concrete diincontro diretto con realt altre: si tratta di costruire, nella scuola come nella societ le premesse psicologiche perch tale tendenza interculturale possa affermarsi, Essa

    risulta, infatti, pi utile di quella monoculturale in quanto pi attenta alle ragionidellAltro e meno sorda al cambiamento: in sintesi pi vitale dal punto di vistaevolutivo.

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    Quando due mondi si incontrano e acquista senso esperenziale la loro relazione, nescaturisce un terzo, un quarto, un quinto. Dove, il primo e il secondo sono disposti acedere qualche cosa per comprendersi e dove questa concessione reciproca ha sempreuna funzione generatrice.

    Da tutto quanto esposto finora dovrebbe risultare ormai chiaro come linterculturalit comesfondo educativo e formativo, si configuri come lunico orizzonte valido per chi

    simpegna a dare risposte efficaci ai bisogni dintegrazione presenti nella societattuale, risposte atte a capire le ragionie i comportamenti degli altri e ad interagirecon essi.Tutto questo per si pu attuare solo a certe condizioni preliminari. La prima che ogni risposta cercata vada nella direzione di assumere lAltro come una risorsa e

    non come un ostacolo, magari aggiuntivo ad altri gi esistenti. La seconda data dalla necessit di assumere atteggiamenti di ascolto: sia che lo siinterroghi per sapere di pi, sia che gli si proponga un impegno, ci che scopriamo deve esserediscusso con lAltro, perch lAltro si senta protagonista. Linterazione con lAltro deve manifestarglilinteresse che abbiamo nei suoi confronti: per la sua storia, per il suo punto di vista, per la suaricerca di certezze e di attaccamento a qualsiasi risorsa umana, che mostri di avere a cuore la suasorte.Lincontro con le differenze etniche costituisce loccasione principe per riproporre stili educativi e

    voglia di rinnovamento, la sfida concreta per realizzare una reale educazione alla mondialit, marisulta evidente a tutti come non sia necessario avere bambini o adulti immigrati ascuola o in altri contesti educativi, per assumerne i principi: la pedagogia interculturalesi rivolge a tutta la scuola e a tutta la societ di accoglienza. Sono in gioco questioniche oltrepassano la presenza di bambini colorati nelle nostre classi o di adultistranieri nostri compagni reali sui luoghi di lavoro.

    Leducazione, di fronte al pluralismo etnico e culturale, deve occuparsi di far conoscere le altreculture (contro i programmi etnocentrici) indipendentemente dalla presenza fisica di un arabo, un

    cinese, un singalese: dalla scuola materna alla secondaria. La scuola deve diffondere laconsapevolezza che la democrazia culturale rappresenta una delle grandi sfide civili del futuro.Imparare a conoscersi, e non soltanto a tollerarsi (sostanzialmente ignorandosi) un impegno che lascuola deve tradurre in pratica: sul piano cognitivo = far scoprire che esistono altre forme di pensiero e mentalit, che limmigrato

    viene da un lontano che va conosciuto nei suoi molteplici aspetti che ne hanno costituito la storia; sul piano delleducazione sociale e civica: far conoscere, specie nella secondaria, il fenomeno dellemigrazioni internazionali nella sua dimensione ineluttabile e planetaria, nelle sue interconnessionieconomiche, sociali e giuridiche sul piano della vita relazionale tra pari: valorizzare le culture di provenienza, andando oltreloggettivo svantaggio del migrante

    Da parte dei docenti richiesta una grande capacit di equilibrio tra il riconoscimento dellAltrocome uguale e, al contempo, come diverso. Il primo aspetto va gestito col metodo della partecipazionea tutte le opportunit educative scolastiche ed extrascolastiche, il secondo con il metodo dellaenfatizzazione dellidentit dorigine, ovvero facendo sentire allimmigrato, studente o lavoratore chesia, che egli un protagonista e che pu insegnare ai suoi compagni qualcosa: parlando la sua lingua,raccontando del suo Paese, esibendo la propria tradizione religiosa. Soltanto cos lAltro potr nonrimuovere la propria cultura dorigine, ma anzi mantenere un contatto con essa, perch fonte,anchessa, di identificazione e facilitatrice di sviluppo.

    La necessit di fare dei pi vari ambiti di formazione o di socialit luoghi di interculturalismopermane, anzi si rafforza di giorno in giorno. Si tratta di rilanciare la funzione dei servizi educativi

    sul piano dei compiti di promozione:- alla solidariet- alla curiosit e attenzione per fenomeni nuovi- alla gestione specializzata di esigenze non omologabili

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    Questi tre indirizzi, traducendosi in azioni collegiali, riqualificano tali sedi come momenti di vitaassociata e di democrazia, permettendo loro inoltre di allacciare contatti e stabilire intese di lavoroanche con altre agenzie formative, quali i servizi e gli enti presenti sul territorio. Lattenzioneinterculturale di una scuola o di un servizio educativo e/o sociale si misura, infatti, dalla volont e dallacapacit che sa mostrare nellosservare al suo interno e allesterno, se e come i processi diintegrazione si vanno compiendo.

    In tal modo la pedagogia quotidiana si sostanzia in azione interculturale (contro ognitendenza regressiva: assimilazioni spintedello straniero, cos comepercorsi educativi segregazionisti)ogni qualvolta si riesce ad attuare una pedagogia relazionale come valore e pratica educativa.Tale pedagogia, per, si pu attuare solo rivedendo mentalit e stili cognitivi.

    Un promotore interculturale insegnante, animatore, datore di lavoro, amministratore, operatoresociale/sanitario, chiunque intenda lavorare per linterazione tra differenti stili culturali e cognitivi nondeve andare lontano per darsi da fare. Ovunque ci siano spazi formativi pi o meno istituzionalizzati, edeventualmente creandoli ad hoc, pu costituire momenti di attenzione: per ilpensiero degli Altri per le forme di vita del lontano per le ragionidel presente e del futuro nazionale ed europeo interetnico per i bisognidegli Altri per leducazione, nostra e loro, alla cultura pluriculturale perazioni comuni: solidariet, cooperazione, creativitPerch una cultura pluriculturale lobiettivo del futuro.Promuovere linterculturalismo significa quindi preparare, accelerare, sollecitare iprocessi di cambiamento, affinch i prossimi decenni possano realizzarsi comelaboratorio transetnico.*

    28 ottobre 2008 Oriella Stamerra

    *Le riflessioni proposte sono una sintesi liberamente tratta da:Demetrio D./ Favaro G.,IMMIGRAZIONE E PEDAGOGIA INTERCULTURALE, Firenze, La Nuova Italia, 1995

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