Disuguaglianze e degrado ambientale sono frutto di un ......Papa Francesco, che all’udienza...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 194 (48.518) Città del Vaticano giovedì 27 agosto 2020 . All’udienza generale il Papa continua le sue riflessioni sulla crisi provocata dalla pandemia Disuguaglianze e degrado ambientale sono frutto di un’economia malata Dal 2 settembre nel cortile San Damaso riprendono gli incontri del mercoledì con la presenza di fedeli Le disuguaglianze e il degrado am- bientale, alimentati e aggravati dalla pandemia, sono frutto di una «eco- nomia malata» e di una «crescita iniqua». È il nuovo severo monito di Papa Francesco, che all’udienza ge- nerale di mercoledì 26 agosto è tor- nato a riflettere sulle conseguenze della crisi, denunciando soprattutto le sperequazioni sociali «nel mondo di oggi, pochi ricchissimi possiedono più di tutto il resto dell’umanità» ha ricordato — e rivol- gendo un pensiero particolare ai tan- ti bambini che «muoiono di fame per una non buona distribuzione delle ricchezze». Durante l’incontro, svoltosi per l’ultima volta nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano — da mercoledì 2 settembre, infatti, ri- prenderanno le udienze generali con la presenza dei fedeli, nel cortile San Damaso del Palazzo apostolico — il Pontefice ha svolto la catechesi sul tema «La destinazione universale dei beni e la virtù della speranza», in- centrata sulla necessità di «rigenera- re un mondo più sano e più equo» per uscire dalla crisi provocata dal coronavirus. Per Francesco la drammatica diva- ricazione sociale tra i pochi ricchi e la moltitudine degli esclusi rappre- senta oggi «un’ingiustizia che grida al cielo». E reclama perciò un impe- gno capace di coniugare cura del Creato e condivisione concreta, sull’esempio delle prime comunità cristiane che «mettevano tutti i loro beni in comune». Quando, ha avver- tito il Papa, «l’ossessione di possede- re e dominare esclude milioni di per- sone dai beni primari; quando la di- suguaglianza economica e tecnologi- ca è tale da lacerare il tessuto socia- le; e quando la dipendenza da un progresso materiale illimitato minac- cia la casa comune, allora non pos- siamo stare a guardare». Da qui l’in- vito del Pontefice a superare la crisi spezzando le catene di un «sistema economico» come quello odierno, fondato sulla «ingiustizia sociale» e sul «disprezzo per la cura della casa comune». PAGINA 8 Per attraversare la tempesta: tutti insieme A quarantadue anni dall’elezione di Giovanni Paolo I Il concilio di Albino Luciani di ANDREA TORNIELLI L a sera di 42 anni fa si affac- ciava sorridente dalla Loggia centrale della basilica di San Pietro il successore di Papa Paolo VI. Albino Luciani, patriarca di Ve- nezia, il 26 agosto 1978 venne elet- to al quarto scrutinio assumendo il doppio nome di Giovanni Paolo, in ossequio ai suoi immediati pre- decessori, Roncalli e Montini. Il primo l’aveva voluto vescovo di Vittorio Veneto includendolo così tra i padri del Concilio, il secondo l’aveva trasferito a Venezia e creato cardinale. Quella calda sera d’esta- te nessuno poteva immaginare che il pontificato di Giovanni Paolo I, mite e umile pastore veneto con origini montanare, sarebbe stato tra i più brevi della storia. Quaranta- due anni dopo quell’evento, in un tempo in cui il concilio ecumenico Vaticano II è oggetto di attacchi e di critiche, è significativo ricordare Luciani attraverso alcune sue paro- le scritte quando era vescovo e pa- dre conciliare, per spiegare ai fedeli della sua diocesi ciò che stava acca- dendo a Roma. Contro il diffuso pessimismo Nella fase preparatoria Luciani non fa mancare il suo parere scrit- to. Nel suo voto il vescovo di Vit- torio Veneto auspica che il futuro Concilio metta in luce «l’ottimismo cristiano» insito nell’insegnamento del Risorto, contro «il diffuso pes- simismo» della cultura relativistica, denunciando una sostanziale igno- ranza delle «cose elementari della fede». Luciani parte per Roma, partecipa alle sessioni del concilio, ascolta con attenzione i dibattiti. CONTINUA A PAGINA 7 Nel suo messaggio al mondo Sei attuali «Vo g l i a m o » di STEFANIA FALASCA N ell’incarico «unico e sin- golare della Cattedra ro- mana “che presiede alla carità universale”», il pontificato di Albino Luciani era iniziato con la massima semplicità e con gesti che testimoniavano la deci- sa volontà di riscoprire la di- mensione essenzialmente pasto- rale dell’ufficio papale. Tra que- sti è da considerare singolare co- me la prima decisione presa ap- pena eletto sia stata quella di non aprire immediatamente il Conclave invitando i cardinali anziani rimasti fuori ad ascolta- re, con il resto del Collegio, il suo primo messaggio al mondo. In quel messaggio Urbi et orbi, pronunciato il 27 agosto 1978, la rotta non solo del suo pontifica- to si delineava con chiarezza nei sei programmatici «Vogliamo». «Volumnos » nei quali, a più ri- prese, dichiarava in ogni modo di continuare l’attuazione del concilio Vaticano II preservan- done l’eredità e impedendone derive. Sono questi i sei «voglia- mo» puntualizzati da Giovanni Paolo I: «Vogliamo continuare nella prosecuzione dell’eredità del Concilio vaticano II, le cui norme sapienti devono tutt’ora essere guidate a compimento [...]. Vogliamo conservare intatta la grande disciplina della Chie- sa... sia nell’esercizio delle virtù evangeliche, sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi [...]. Vogliamo ricordare alla Chiesa intera che il suo primo dovere resta quello dell’evange- lizzazione per annunciare la sal- vezza [...]. Vogliamo continuare l’impegno ecumenico... con at- tenzione a tutto ciò che può fa- vorire l’unione [...]. Vogliamo proseguire con pazienza e fer- mezza in quel dialogo sereno e costruttivo che Paolo VI ha po- sto a fondamento e programma della sua azione pastorale [...]. Vogliamo infine favorire tutte le iniziative che possano tutelare e incrementare la pace nel mondo turbato». Sono esattamente le priorità in cantiere di un Pontefice che con limpidezza intendeva per- CONTINUA A PAGINA 7 L’economia secondo suor Alessandra Smerilli Non è una scienza triste SERGIO MASSIRONI A PAGINA 4 A settant’anni dalla morte di Cesare Pavese FABIO PIERANGELI E PAOLO MATTEI A PAGINA 5 Il presidente dell’episcopato boliviano sulla difficile situazione nel paese Se la fame preoccupa più della pandemia GIORDANO CONTU A PAGINA 6 Inaugurata in Argentina l’Università delle periferie Per la dignità di chi è scartato MARCELO FIGUEROA A PAGINA 6 ALLINTERNO Tranne che nel sud-est asiatico e nel Mediterraneo orientale Oms: la pandemia sta rallentando LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Operatore sanitario in un ospedale di Rio de Janeiro (Epa) Il poeta Adam Zagajewski Purché non ci sorprenda la vittoria FRANCESCO MACINANTI A PAGINA 3 CONTINUA A PAGINA 3 y(7HA3J1*QSSKKM( +z!"!:!$!_! Bambini di Harare (Zimbabwe), dove la popolazione è colpita da una grave siccità, si aiutano nel portare secchi d’acqua (Epa) di ANDREA MONDA T utti ricordano quello che ac- cadde cinque mesi fa, nel po- meriggio del 27 marzo, quan- do già le ombre del crepuscolo si addensavano insieme alle nuvole cariche di pioggia su piazza San Pietro e il Papa lentamente saliva i gradini del sagrato per alzare la sua voce e pregare il Dio creatore che in quei giorni sembrava essersi di- menticato di vegliare sulla sua crea- zione. «Da settimane sembra che sia scesa la sera» disse Francesco, «Fitte tenebre si sono addensate nelle nostre piazze, strade e città. Si sono impadronite delle nostre vite e le hanno riempite di un silenzio as- sordante. Si sente nell’aria, si avver- te nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarri- ti. Come i discepoli del Vangelo, siamo stati presi da una tempesta improvvisa e ci siamo accorti di sta- re sulla stessa barca, tutti fragili, ma anche necessari. Tutti chiamati a re- mare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. Come quei di- scepoli hanno detto “siamo perdu- ti”, anche noi abbiamo capito che non possiamo andare da soli ma dobbiamo stare insieme. La tempe- sta smaschera la nostra vulnerabili- tà, lasciando scoperte le nostre false sicurezze su cui abbiamo costruito agende, abitudini e priorità». Il messaggio è stato forte e chia- ro: non siamo autosufficienti, da so- li affondiamo. E poi un’apertura verso la speranza, verso uno sguar- do più ampio e soprattutto più gra- to: «Le nostre vite sono sostenute da persone che di solito passano inosservate, che sfuggono alle rivi- ste e ai giornali, ma che pure stan- no scrivendo le pagine della nostra storia: medici, infermieri, addetti ai supermercati, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari religiosi: tanti hanno compreso che nessuno si salva da solo». Anche nella catechesi dell’udienza generale del mercoledì, il Papa è tornato su questa immagine della tempesta e ancora una volta ha aperto il nostro sguardo alla spe- ranza: «Davanti alla pandemia e al- le sue conseguenze sociali, molti ri- schiano di perdere la speranza. In questo tempo di incertezza e di an- goscia, invito tutti ad accogliere il dono della speranza che viene da Cristo. È Lui che ci aiuta a naviga- re nelle acque tumultuose della ma- lattia, della morte e dell’ingiustizia, che non hanno l’ultima parola sulla nostra destinazione finale». Il ri- schio non è solo quello di perdere la speranza ma anche la ragione e di far prevalere la paura e la lotta per la sopravvivenza sul senso della solidarietà. Quando infuria la tem- pesta il grido che si alza infatti è “si salvi chi può!” ma c’è un inganno in quella prima parolina, il suffisso riflessivo “si”, sarebbe infatti più giusto gridare “mi salvi chi può!”. Se è vero che nessuno si salva da solo, allora la pretesa deve cedere il passo alla preghiera. La vita tua di- venta vita mea anziché mors. C’è una storia, vera, che è accaduta circa mezzo secolo fa che dimostra questa verità e sfata un mito antico, una storia che parla proprio di tem- pesta. L’ha raccontata l’economista olandese Rutger Bregman nel suo saggio Humankind. A Hopeful Histo- ry (in uscita a ottobre da Feltrinelli) e l’ha riproposta come reading tea- trale Francesco Chiamulera qualche giorno fa durante la rassegna «Una montagna di libri» a Cortina d’Am- pezzo: nel giugno del 1965 sei ragaz- zi dai tredici ai sedici anni, alunni del St Andrew’s, un severo collegio cattolico a Nuku’alofa nel Pacifico, un po’ per noia un po’ per desiderio di avventura, s’impossessano di una imbarcazione e fanno rotta verso le isole Fiji, che si trovano a circa cin- quecento miglia di distanza. Li sor- prende una tempesta e li scaraventa sulla piccola isola ’Ata dove vivran- no un anno intero. Sembra la foto- copia della storia raccontata da Wil- liam Golding nel famoso romanzo Il signore delle mosche che, uscito nel 1954, diede subito popolarità (e un premio Nobel) al suo autore. Se l’avvio della vicenda è uguale molto diverso lo sviluppo e il finale: nel romanzo di Golding il gruppo di giovani naufraghi verrà lacerato da GINEVRA, 26. La pandemia da coro- navirus sta rallentando nel mondo secondo gli ultimi dati settimanali dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in particolare nel continente americano. Più di 1,7 mi- lioni di nuovi casi e 39 mila nuovi decessi sono stati segnalati nella set- timana dal 17 al 23 agosto, pari a una diminuzione del 5% dei casi e del 12% dei decessi rispetto alla set- timana precedente. Il rallentamento è stato registrato ovunque nel mon- do tranne che nel sud-est asiatico e nel Mediterraneo orientale. «Sebbene la regione delle Ameri- che rimanga la più colpita, rappre- sentando il 50% dei casi segnalati di recente e il 62% dei decessi, è que- sta l’area che ha registrato la mag- giore diminuzione rispetto alla setti- mana precedente. Il sud-est asiatico, che è la seconda regione più attiva, continua a registrare un aumento pari al 28% e al 15% rispettivamente nei casi e nei decessi riportati di re- cente» dicono gli esperti dell’O ms. In Italia si registrano 878 casi con 4 morti. Tuttavia — fanno notare i media — nell’ultima settimana i nuovi positivi sono stati circa 6.500, più del doppio di quella precedente (3.200). Situazione sotto osservazio- ne anche in altri paesi Ue. Altri 3.304 casi di positività al covid-19 sono stati registrati nelle ultime 24 ore in Francia, in aumento rispetto ai 1.955 di ieri ma in diminuzione ri- spetto ai quasi 5.000 (4.897) di due giorni fa: queste le cifre della Dire- zione generale della Salute (Dgs). In Spagna, il governo regionale di Madrid ha disposto il rientro a scuola scaglionato nella capitale, fra il 4 e il 27 settembre, e la presidente della Comunidad de Madrid, Isabel Díaz Ayuso, ha annunciato un inve- stimento di 370 milioni di euro per la ripresa dell’anno scolastico, da impiegare per l’assunzione di 10.610 insegnanti, ridurre il numero degli allievi nelle classi ed effettuare 100mila test. Non prende mai la parola ma scri- ve pagine e pagine di appunti. Ri- legge Antonio Rosmini, studia a fondo molti teologi, tra i quali He- nri de Lubac e Hans Urs von Bal- thasar. Scrive spesso ai fedeli della sua diocesi, li tiene aggiornati sui risultati del concilio e spiega argo- menti delicati con il consueto stile didascalico e catechistico, evitando però, allo stesso tempo, le semplifi- cazioni eccessive. Il vescovo Lucia- ni indica subito quello che ai suoi

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  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

    Unicuique suum

    POLITICO RELIGIOSO

    Non praevalebunt

    Anno CLX n. 194 (48.518) Città del Vaticano giovedì 27 agosto 2020

    .

    All’udienza generale il Papa continua le sue riflessioni sulla crisi provocata dalla pandemia

    Disuguaglianze e degrado ambientalesono frutto di un’economia malata

    Dal 2 settembre nel cortile San Damaso riprendono gli incontri del mercoledì con la presenza di fedeli

    Le disuguaglianze e il degrado am-bientale, alimentati e aggravati dallapandemia, sono frutto di una «eco-nomia malata» e di una «crescitainiqua». È il nuovo severo monito diPapa Francesco, che all’udienza ge-nerale di mercoledì 26 agosto è tor-nato a riflettere sulle conseguenzedella crisi, denunciando soprattuttole sperequazioni sociali — «nelmondo di oggi, pochi ricchissimipossiedono più di tutto il restodell’umanità» ha ricordato — e rivol-gendo un pensiero particolare ai tan-ti bambini che «muoiono di fameper una non buona distribuzionedelle ricchezze».

    Durante l’incontro, svoltosi perl’ultima volta nella Biblioteca privatadel Palazzo apostolico vaticano — damercoledì 2 settembre, infatti, ri-prenderanno le udienze generali conla presenza dei fedeli, nel cortile SanDamaso del Palazzo apostolico — ilPontefice ha svolto la catechesi sultema «La destinazione universale deibeni e la virtù della speranza», in-centrata sulla necessità di «rigenera-re un mondo più sano e più equo»per uscire dalla crisi provocata dalc o ro n a v i ru s .

    Per Francesco la drammatica diva-ricazione sociale tra i pochi ricchi ela moltitudine degli esclusi rappre-senta oggi «un’ingiustizia che gridaal cielo». E reclama perciò un impe-gno capace di coniugare cura delCreato e condivisione concreta,sull’esempio delle prime comunitàcristiane che «mettevano tutti i lorobeni in comune». Quando, ha avver-tito il Papa, «l’ossessione di possede-re e dominare esclude milioni di per-sone dai beni primari; quando la di-suguaglianza economica e tecnologi-ca è tale da lacerare il tessuto socia-le; e quando la dipendenza da unprogresso materiale illimitato minac-cia la casa comune, allora non pos-siamo stare a guardare». Da qui l’in-vito del Pontefice a superare la crisispezzando le catene di un «sistemaeconomico» come quello odierno,fondato sulla «ingiustizia sociale» esul «disprezzo per la cura della casacomune».

    PAGINA 8

    Per attraversare la tempesta:tutti insieme

    A quarantadue anni dall’elezione di Giovanni Paolo I

    Il conciliodi Albino Luciani

    di ANDREA TORNIELLI

    La sera di 42 anni fa si affac-ciava sorridente dalla Loggiacentrale della basilica di SanPietro il successore di Papa PaoloVI. Albino Luciani, patriarca di Ve-nezia, il 26 agosto 1978 venne elet-to al quarto scrutinio assumendo ildoppio nome di Giovanni Paolo,in ossequio ai suoi immediati pre-decessori, Roncalli e Montini. Ilprimo l’aveva voluto vescovo diVittorio Veneto includendolo cosìtra i padri del Concilio, il secondol’aveva trasferito a Venezia e creatocardinale. Quella calda sera d’esta-te nessuno poteva immaginare cheil pontificato di Giovanni Paolo I,mite e umile pastore veneto conorigini montanare, sarebbe stato trai più brevi della storia. Quaranta-due anni dopo quell’evento, in untempo in cui il concilio ecumenicoVaticano II è oggetto di attacchi edi critiche, è significativo ricordareLuciani attraverso alcune sue paro-le scritte quando era vescovo e pa-dre conciliare, per spiegare ai fedelidella sua diocesi ciò che stava acca-dendo a Roma.

    Contro il diffuso pessimismoNella fase preparatoria Luciani

    non fa mancare il suo parere scrit-to. Nel suo voto il vescovo di Vit-torio Veneto auspica che il futuroConcilio metta in luce «l’ottimismocristiano» insito nell’insegnamentodel Risorto, contro «il diffuso pes-simismo» della cultura relativistica,denunciando una sostanziale igno-ranza delle «cose elementari dellafede». Luciani parte per Roma,partecipa alle sessioni del concilio,ascolta con attenzione i dibattiti.

    CO N T I N UA A PA G I N A 7

    Nel suo messaggio al mondo

    Seiattuali

    «Vo g l i a m o »

    di ST E FA N I A FALASCA

    Nell’incarico «unico e sin-golare della Cattedra ro-mana “che presiede allacarità universale”», il pontificatodi Albino Luciani era iniziatocon la massima semplicità e congesti che testimoniavano la deci-sa volontà di riscoprire la di-mensione essenzialmente pasto-rale dell’ufficio papale. Tra que-sti è da considerare singolare co-me la prima decisione presa ap-pena eletto sia stata quella dinon aprire immediatamente ilConclave invitando i cardinalianziani rimasti fuori ad ascolta-re, con il resto del Collegio, ilsuo primo messaggio al mondo.In quel messaggio Urbi et orbi,pronunciato il 27 agosto 1978, larotta non solo del suo pontifica-to si delineava con chiarezza neisei programmatici «Vogliamo».«Vo l u m n o s » nei quali, a più ri-prese, dichiarava in ogni mododi continuare l’attuazione delconcilio Vaticano II p re s e r v a n -done l’eredità e impedendonederive. Sono questi i sei «voglia-mo» puntualizzati da GiovanniPaolo I: «Vogliamo continuarenella prosecuzione dell’e re d i t àdel Concilio vaticano II, le cuinorme sapienti devono tutt’oraessere guidate a compimento[...]. Vogliamo conservare intattala grande disciplina della Chie-sa... sia nell’esercizio delle virtùevangeliche, sia nel servizio deipoveri, degli umili, degli indifesi[...]. Vogliamo ricordare allaChiesa intera che il suo primodovere resta quello dell’evange-lizzazione per annunciare la sal-vezza [...]. Vogliamo continuarel’impegno ecumenico... con at-tenzione a tutto ciò che può fa-vorire l’unione [...]. Vogliamoproseguire con pazienza e fer-mezza in quel dialogo sereno ecostruttivo che Paolo VI ha po-sto a fondamento e programmadella sua azione pastorale [...].Vogliamo infine favorire tutte leiniziative che possano tutelare eincrementare la pace nel mondoturbato».

    Sono esattamente le prioritàin cantiere di un Pontefice checon limpidezza intendeva per-

    CO N T I N UA A PA G I N A 7

    L’economia secondosuor Alessandra Smerilli

    Non è una scienza tristeSERGIO MASSIRONI A PA G I N A 4

    A settant’annidalla mortedi Cesare Pavese

    FABIO PIERANGELI E PAOLO MAT T E I APA G I N A 5

    Il presidente dell’episcopato bolivianosulla difficile situazione nel paese

    Se la fame preoccupapiù della pandemia

    GIORDANO CONTU A PA G I N A 6

    Inaugurata in Argentinal’Università delle periferie

    Per la dignitàdi chi è scartato

    MARCELO FIGUEROA A PA G I N A 6

    ALL’INTERNO

    Tranne che nel sud-est asiatico e nel Mediterraneo orientale

    Oms: la pandemia sta rallentando

    LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

    Operatore sanitario in un ospedale di Rio de Janeiro (Epa)

    Il poeta Adam Zagajewski

    Purché non ci sorprendala vittoria

    FRANCESCO MACINANTI A PA G I N A 3

    CO N T I N UA A PA G I N A 3

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    Bambini di Harare (Zimbabwe), dove la popolazione è colpita da una grave siccità, si aiutano nel portare secchi d’acqua (Epa)

    di ANDREA MONDA

    Tutti ricordano quello che ac-cadde cinque mesi fa, nel po-meriggio del 27 marzo, quan-do già le ombre del crepuscolo siaddensavano insieme alle nuvolecariche di pioggia su piazza SanPietro e il Papa lentamente saliva igradini del sagrato per alzare la suavoce e pregare il Dio creatore chein quei giorni sembrava essersi di-menticato di vegliare sulla sua crea-zione. «Da settimane sembra chesia scesa la sera» disse Francesco,«Fitte tenebre si sono addensatenelle nostre piazze, strade e città. Sisono impadronite delle nostre vite ele hanno riempite di un silenzio as-sordante. Si sente nell’aria, si avver-te nei gesti, lo dicono gli sguardi.Ci siamo trovati impauriti e smarri-ti. Come i discepoli del Vangelo,siamo stati presi da una tempestaimprovvisa e ci siamo accorti di sta-re sulla stessa barca, tutti fragili, maanche necessari. Tutti chiamati a re-mare insieme, tutti bisognosi diconfortarci a vicenda. Su questabarca ci siamo tutti. Come quei di-scepoli hanno detto “siamo perdu-ti”, anche noi abbiamo capito chenon possiamo andare da soli madobbiamo stare insieme. La tempe-sta smaschera la nostra vulnerabili-tà, lasciando scoperte le nostre falsesicurezze su cui abbiamo costruitoagende, abitudini e priorità».

    Il messaggio è stato forte e chia-ro: non siamo autosufficienti, da so-li affondiamo. E poi un’ap erturaverso la speranza, verso uno sguar-do più ampio e soprattutto più gra-to: «Le nostre vite sono sostenuteda persone che di solito passanoinosservate, che sfuggono alle rivi-ste e ai giornali, ma che pure stan-no scrivendo le pagine della nostrastoria: medici, infermieri, addetti aisupermercati, badanti, trasportatori,forze dell’ordine, volontari religiosi:tanti hanno compreso che nessunosi salva da solo».Anche nella catechesi dell’udienzagenerale del mercoledì, il Papa ètornato su questa immagine dellatempesta e ancora una volta haaperto il nostro sguardo alla spe-ranza: «Davanti alla pandemia e al-le sue conseguenze sociali, molti ri-schiano di perdere la speranza. Inquesto tempo di incertezza e di an-goscia, invito tutti ad accogliere ildono della speranza che viene daCristo. È Lui che ci aiuta a naviga-re nelle acque tumultuose della ma-lattia, della morte e dell’ingiustizia,che non hanno l’ultima parola sullanostra destinazione finale». Il ri-schio non è solo quello di perdere

    la speranza ma anche la ragione edi far prevalere la paura e la lottaper la sopravvivenza sul senso dellasolidarietà. Quando infuria la tem-pesta il grido che si alza infatti è “sisalvi chi può!” ma c’è un ingannoin quella prima parolina, il suffissoriflessivo “si”, sarebbe infatti piùgiusto gridare “mi salvi chi può!”.Se è vero che nessuno si salva dasolo, allora la pretesa deve cedere ilpasso alla preghiera. La vita tua di-venta vita mea anziché m o rs .C’è una storia, vera, che è accadutacirca mezzo secolo fa che dimostraquesta verità e sfata un mito antico,una storia che parla proprio di tem-pesta. L’ha raccontata l’economistaolandese Rutger Bregman nel suosaggio Humankind. A Hopeful Histo-ry (in uscita a ottobre da Feltrinelli)e l’ha riproposta come reading tea-trale Francesco Chiamulera qualchegiorno fa durante la rassegna «Una

    montagna di libri» a Cortina d’Am -pezzo: nel giugno del 1965 sei ragaz-zi dai tredici ai sedici anni, alunnidel St Andrew’s, un severo collegiocattolico a Nuku’alofa nel Pacifico,un po’ per noia un po’ per desideriodi avventura, s’impossessano di unaimbarcazione e fanno rotta verso leisole Fiji, che si trovano a circa cin-quecento miglia di distanza. Li sor-prende una tempesta e li scaraventasulla piccola isola ’Ata dove vivran-no un anno intero. Sembra la foto-copia della storia raccontata da Wil-liam Golding nel famoso romanzo Ilsignore delle mosche che, uscito nel1954, diede subito popolarità (e unpremio Nobel) al suo autore. Sel’avvio della vicenda è uguale moltodiverso lo sviluppo e il finale: nelromanzo di Golding il gruppo digiovani naufraghi verrà lacerato da

    GINEVRA, 26. La pandemia da coro-navirus sta rallentando nel mondosecondo gli ultimi dati settimanalidell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms), in particolare nelcontinente americano. Più di 1,7 mi-lioni di nuovi casi e 39 mila nuovidecessi sono stati segnalati nella set-timana dal 17 al 23 agosto, pari auna diminuzione del 5% dei casi edel 12% dei decessi rispetto alla set-timana precedente. Il rallentamentoè stato registrato ovunque nel mon-do tranne che nel sud-est asiatico enel Mediterraneo orientale.

    «Sebbene la regione delle Ameri-che rimanga la più colpita, rappre-sentando il 50% dei casi segnalati direcente e il 62% dei decessi, è que-sta l’area che ha registrato la mag-giore diminuzione rispetto alla setti-mana precedente. Il sud-est asiatico,che è la seconda regione più attiva,continua a registrare un aumentopari al 28% e al 15% rispettivamentenei casi e nei decessi riportati di re-cente» dicono gli esperti dell’O ms.

    In Italia si registrano 878 casi con4 morti. Tuttavia — fanno notare imedia — nell’ultima settimana inuovi positivi sono stati circa 6.500,più del doppio di quella precedente(3.200). Situazione sotto osservazio-ne anche in altri paesi Ue. Altri3.304 casi di positività al covid-19

    sono stati registrati nelle ultime 24ore in Francia, in aumento rispettoai 1.955 di ieri ma in diminuzione ri-spetto ai quasi 5.000 (4.897) di duegiorni fa: queste le cifre della Dire-zione generale della Salute (Dgs).In Spagna, il governo regionale diMadrid ha disposto il rientro ascuola scaglionato nella capitale, fra

    il 4 e il 27 settembre, e la presidentedella Comunidad de Madrid, IsabelDíaz Ayuso, ha annunciato un inve-stimento di 370 milioni di euro perla ripresa dell’anno scolastico, daimpiegare per l’assunzione di 10.610insegnanti, ridurre il numero degliallievi nelle classi ed effettuare100mila test.

    Non prende mai la parola ma scri-ve pagine e pagine di appunti. Ri-legge Antonio Rosmini, studia afondo molti teologi, tra i quali He-nri de Lubac e Hans Urs von Bal-thasar. Scrive spesso ai fedeli dellasua diocesi, li tiene aggiornati suirisultati del concilio e spiega argo-menti delicati con il consueto stiledidascalico e catechistico, evitandoperò, allo stesso tempo, le semplifi-cazioni eccessive. Il vescovo Lucia-ni indica subito quello che ai suoi

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 27 agosto 2020

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

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    I giovani chiedono migliori condizioni di vita e accusano i politici di corruzione

    Tripoli: protestecontro il governo di al Serraj

    Lo storico traguardo annunciato dopo 4 anni senza casi

    L’Africa liberadalla poliomielite

    TRIPOLI, 26. Nuove manifestazionipopolari si sono tenute, nella tardaserata di ieri, in piazza dei Martiri aTripoli per il terzo giorno consecuti-vo. Da una parte le proteste dei gio-vani del Movimento del popolo con-tro le difficili condizioni di vita econtro il Governo di accordo nazio-nale (Gna) di Fayez al Serraj accusa-to di corruzione, dall’altra quella più“filogovernativa” dei giovani del-l’Operazione vulcano di rabbia, an-ch’essi in piazza contro la corruzionenei diversi ministeri, ma anche perchiedere l’espulsione dei mercenarirussi nei giacimenti petroliferi, a Sir-te e Jufra. Lo riporta Libya Reviewsu Twitter, pubblicando le foto deigiovani del Movimento del popoloarrivati fin sotto alla sede del Gna.

    Le proteste — svoltesi in molte al-tre città della Libia, anche dell’est —si inseriscono nel solco dello scontropolitico all’interno della compaginegovernativa di Tripoli. I due princi-pali leader del fronte della Tripolita-nia, al Serraj e il ministro dell’Inter-no Fathi Bashaga, sono da tempo aiferri corti.

    I giovani dell’Operazione vulcanodi rabbia hanno fatto anche «appel-lo al ministero della Giustizia affin-chè emetta mandati di arresto controil criminale di guerra (Haftar) e co-loro che sono implicati nell’uccisionedei libici», e chiedono la costruzionedi istituzioni civili e l’attivazione delruolo dell’apparato di controllo am-ministrativo e di audit.

    Durante le manifestazioni delgiorno precedente le milizie fedeli alGna hanno risposto sparando lacri-mogeni e proiettili sulla folla, chescandiva slogan contro il governo ri-tenuto responsabile del deteriora-mento delle condizioni di vita, deifrequenti tagli all’elettricità, delle in-terruzioni alla fornitura di acqua po-tabile e della crisi di liquidità banca-ria. I manifestanti hanno inoltrechiesto il rilascio delle persone presein custodia dai gruppi armati delGna domenica scorsa, 23 agosto.

    Riferendosi alle proteste dei giorniscorsi, al Serraj ha affermato che «lalibera espressione di parola e le ma-nifestazioni pacifiche sono un dirittofondamentale del popolo. È nostro

    dovere ascoltare gli appelli dei mani-festanti». In seguito ha però prean-nunciato un rimpasto urgente di go-verno. La Missione di sostegno delleNazioni Unite in Libia (Unsmil) hacriticato l’uso «eccessivo della forza»durante le proteste scoppiate a Tri-poli, chiedendo l’apertura di un’in-dagine.

    «La nostra fede nella democraziae nello stato civile ci obbliga ad ob-bedire alla volontà del popolo e adascoltare la voce dei cittadini», ha ri-marcato il ministro dell’Interno diTripoli Bashaga, come riportato daLibya Al Ahrar tv. Bashaga ha poiaggiunto che il suo ministero proteg-ge il diritto di manifestare, ma nonpuò tollerare chi porti offesa allaproprietà pubblica e privata e mi-nacci la sicurezza dello Stato.

    L’Unione europea intanto premeper una collaborazione tra la missio-ne della Nato Sea Guardian e l’op e-razione Irini — che ha come manda-to prioritario l’attuazione dell’embar-go Onu delle armi alla Libia — p erlo scambio di informazioni. L’a rg o -mento sarà affrontato di nuovo allariunione informale dei 27 ministridella Difesa, oggi, a Berlino. Lospiegano fonti Ue. Sono mesi chel’iniziativa viene ostacolata dallaTurchia, alleata militare del leadertrip olino.Manifestanti a Tripoli (Reuters)

    NEW YORK, 26. In un momento incui tutto il mondo è impegnato alottare contro il nuovo coronavirusc’è un continente che è riuscito araggiungere un traguardo storiconella sua battaglia contro un altrovirus: l’Africa da oggi è ufficial-mente polio-free.

    La certificazione è arrivatadall’Africa Regional CertificationCommission, l’organismo scelto ap-positamente dall’O rganizzazionemondiale della sanità (Oms) a tale

    scopo, dopo che lo scorso giugnola Nigeria, l’ultimo paese africanoa riportarne ancora casi, è stato di-chiarato polio-free. Ora rimangonosolo due paesi in tutto il mondo adover fare i conti con questa malat-tia: Afghanistan e Pakistan.

    «Oggi è una giornata storica perl’Africa. L’African Regional Certifi-cation Commission for Polio eradi-cation (Arcc) è lieta di annunciareche l’Africa ha raggiunto i criteriper l’eradicazione della polio, connessun caso riportato da 4 anni»ha detto la presidente Rose GanaFomban Leke.

    Quello della poliomielite è il se-condo virus che viene eradicatodall’Africa, dopo il vaiolo 40 annifa. Un risultato, quello di oggi, chenon sarebbe stato possibile senza illavoro di Jonas Salk, che nel 1952sviluppò il vaccino, e di Albert Sa-bin, che nel 1961 diede l’avvio aiprogrammi di immunizzazione dimassa nel mondo con il vaccinoorale contro la polio. L’altra dataimportante è il 1996, quando i capidi stato africani si impegnarono aeradicare questo virus: in quel mo-mento ogni anno circa 75.000 bam-bini africani rimanevano paralizzatia causa di questa malattia. La spin-ta arrivò da Nelson Mandela che,con il supporto del Rotary Interna-tional, lanciò la campagna KickPolio Out of Africa (calcia fuoridall’Africa la polio). Uno sforzoche ha portato ad avere l’ultimocaso di polio rilevato in Nigeria nel2016. Dal 1996 grazie alla campa-gna di eradicazione sono state di-stribuite 9 miliardi di dosi di vacci-no orale, si è evitato che 1,8 milionidi bambini rimanessero paralizzatie si sono salvate 180.000 vite.

    Attualmente oltre il 95% dellapopolazione africana è immunizza-to e l’unico virus circolante nelcontinente è quello derivato dalvaccino della polio, una forma raramutata dal vaccino orale, che puòdiffondersi nelle comunità pocoimmunizzate. Complessivamentesono 16 i paesi, tra cui Nigeria, Re-pubblica democratica del Congo,Angola e Repubblica Centrafrica-na, in cui sono stati segnalati que-sto tipo di casi. Ora è importante,sottolinea l’Oms, che i paesi conti-nuino a vigilare ed evitino disatten-zioni: se calano le vaccinazioni, ilvirus selvaggio della polio può tor-nare e diffondersi rapidamente.

    Mali: i ministridella difesa Ue

    discutono il futurodella missione

    BA M A KO, 26. I ministri della Difesadell’Unione europea tratteranno og-gi nel Gymnich — la riunione infor-male che si tiene a Berlino — il futu-ro della missione Ue nel Mali, dopoil colpo di Stato militare del 18 ago-sto scorso, che ha portato alla desti-tuzione del presidente Ibrahim Bou-bacar Keita.

    «Il colpo di Stato ha toccato lemissioni dell’Onu e dell’Ue in Ma-li», ammette un alto funzionario Ue,spiegando che l’Unione ora deve de-cidere come riposizionarsi nel paeseafricano. La missione Ue nel Mali(Eutm, European Union TrainingMission) ha cessato intanto la suaattività nel paese alla luce degli ulti-mi avvenimenti. Sebbene 18 milasoldati maliani siano stati addestratidall’Ue e il golpe sia stato accoltocon favore da parte della maggioran-za dell’Esercito, secondo l’alto fun-zionario la dirigenza del golpe nonha ricevuto un addestramento daparte dell’Unione europea.

    Per il momento, l’Ue ha aderitoall’appello dell’Unione africana, chechiede venga ristabilito lo Stato didiritto e si rimettano in libertà i diri-genti detenuti. Ieri intanto si sonoconclusi senza un’intesa su tutte lequestioni sul tavolo delle trattativegli incontri tra la delegazione dellaComunità economica degli Statidell’Africa Occidentale (Ecowas) —arrivata a Bamako venerdì per me-diare una soluzione pacifica alla crisi— e la giunta militare ora al potere.

    Lavrov: no a interferenze di Washington e Bruxelles

    Monito di Mosca sulla Bielorussia

    Manifestazioni antigovernative a Minsk (Ansa)

    Una giornata di digiuno in segno di solidarietà con i migranti

    Italia: si acuisce lo scontro sugli hotspotIl Sudan chiede di essere rimosso

    dalla lista degli sponsor del terrorismoAnkara pronta

    al dialogocon Atene

    AN KA R A , 26. La Turchia ha annun-ciato di essere pronta al dialogocon la Grecia senza «precondizio-ni» nella disputa sulla ricerca diidrocarburi nel Mediterraneo orien-tale «per una giusta quota». Lo hadetto il ministro degli Esteri turcoin una conferenza stampa congiun-ta con il suo omologo tedesco Hei-ko Maas. L’Ue continua però a te-mere un’escalation con conseguen-ze molto serie.

    KHARTOUM, 26. Il presidente delConsiglio sovrano del Sudan, Ab-del Fattah Al-Burhan, ha esortatoieri gli Stati Uniti a rimuovere ilSudan dalla lista dei paesi chesponsorizzano il terrorismo. La ri-chiesta è stata avanzata durantel’incontro con il segretario di StatoUsa, Mike Pompeo, in visita nelpaese per un giorno.

    Pompeo ha ribadito che Wa-shington sostiene l’integrazionedel Sudan nel contesto regionale einternazionale. «La transizione de-mocratica in corso — ha aggiunto

    Pompeo — è un’opportunità unicaper il popolo del Sudan». Il se-gretario di Stato è arrivato ieri aKhartoum da Gerusalemme,nell’ambito di un giro della regio-ne che è iniziato con la visita inIsraele, che ha siglato di recenteun accordo con gli Emirati ArabiUniti per normalizzare i rapporti.Al-Burhan si è detto lieto per iprogressi realizzati nei rapporti traUsa e Sudan dopo oltre 23 anni digelo. È la prima visita ufficiale diun funzionario Usa nel paese dalladeposizione di Omar al-Bashir.

    ROMA, 26. Si acuisce in Italia loscontro sul’immigrazione. Il gover-no ha annunciato che impugneràl’ordinanza del presidente della Re-gione Sicilia, Nello Musumeci, sul-la chiusura degli hotspot dopo chequesti ha intimato ai prefetti didarle esecuzione. «Questa Europacinica ed egoista è convinta chesoltanto l’Italia, e in particolare laSicilia, debba affrontare questodramma umano» ha spiegato Mu-sumeci.

    Nel frattempo, la rivista «Nigri-zia» e la Commissione giustizia e

    pace dei missionari combonianihanno annunciato per venerdì 28una giornata di digiuno in segnodi solidarietà con i migranti, trop-po spesso abbandonati al loro de-stino nel Mediterraneo. Hannoaderito all’iniziativa il CentroAstalli e molte altre associazioni.Spiegando in un comunicato l’ini-ziativa, i comboniani hanno citatole parole del Papa all’angelus didomenica scorsa: «Dio ci chiederàconto di tutte le vittime dei viaggidella speranza».

    C ro a t ie serbiuniti

    nel ricordo

    ZAGABRIA, 26. I massimi rappre-sentanti delle istituzioni politi-che croate e della minoranzaserba in Croazia si sono riunitiieri — per la prima volta assieme— alla cerimonia di commemora-zione delle vittime serbe del vil-laggio di Grubori, nell’e n t ro t e r -ra della Dalmazia, uccise dalleforze croate venticinque anni fa.

    Alla commemorazione hannoparlato il presidente croato, Zo-ran Milanović, i leader della co-munità serba in Croazia — il vi-cepremier Boris Milošević e ildeputato Milorad Pupovac —ma l’intervento più atteso è sta-to quello del ministro per i Ve-terani croati, Tomislav Medved,generale in pensione e vicepresi-dente dell’Unione democraticacroata, il partito conservatoreguidato dal premier, AndrejPlenković, al potere a Zagabriain coalizione con i politici serbi.

    «Noi tutti soffriamo ancor og-gi per le conseguenze della guer-ra ed è arrivato il momento ditenderci la mano per il nostro fu-turo comune», ha detto Medvedche nella guerra ha perso un fra-tello. L’eccidio nel villaggio ser-bo di Grubori avvenne il 25 ago-sto del 1995 due settimane dopola vittoriosa conclusione dell’of -fensiva di Zagabria che pose finealla ribellione dei serbi.

    MINSK, 26. La Russia diffida gliUsa e l’Ue dall’interferire in qual-siasi modo negli affari interni dellaBielorussia: è quanto si legge inuna dichiarazione diffusa ieri dalministero degli esteri russo dopo uncolloquio tra il capo della diploma-zia russa, Serghiei Lavrov, e il vice-segretario di stato Usa Stephen Bie-gun, a Mosca. «Durante lo scambiodi vedute sull’attuale situazione inBielorussia, la Russia ha enfatizzatol’inammissibilità dei tentativi diesercitare pressioni su Minsk, sia at-traverso sanzioni o politicamente,per minare il processo volto a stabi-lire un dialogo mutualmente rispet-toso nel paese» si legge nella di-chiarazione. Mosca quindi «ammo-nisce Usa e Ue contro qualsiasi for-ma di interferenza negli affari inter-ni della Bielorussia, inclusi apertiappelli per manifestazioni antigo-vernative che sono in corso in alcu-ne capitali» aggiunge il ministero.

    In Bielorussia si sono svolte di-mostrazioni di massa dopo che ilpresidente Alexander Lukashenkoha ottenuto il suo sesto mandatonelle elezioni del 9 agosto scorso,con l’opposizione che rifiuta di rico-noscere i risultati. Lavrov, in confe-renza stampa, ha richiamato l’atten -zione di Usa e Ue su coloro che «inPolonia e in Lituania mostrano in-soddisfazione per il fatto che la si-tuazione in Bielorussia si sta norma-lizzando e cercano di provocare vio-lenze che porterebbero a una rispo-sta simile da parte delle forze

    dell’ordine». Da parte di Washin-gton, ha aggiunto Lavrov, «abbiamoavuto conferma che gli Stati Unitinon sono interessati a creare una cri-si artificiale in Bielorussia». Nel frat-tempo, il patriarcato ortodosso diMosca ha deciso di sostituire l’Esar -ca patriarcale di Minsk. Al posto del

    metropolita Pavel, è stato nominatoil metropolita Venjamin, già vescovodi Borisov, nella provincia di Minsk.«Il Sinodo — si legge in un comuni-cato — ha accolto la richiesta delmetropolita Pavel di essere sollevatodall’incarico e lo ringrazia per l’im -pegno profuso in questi anni».

  • L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 27 agosto 2020 pagina 3

    Melania Trump: «Non attacco i democratici»

    Convention repubblicana:interviene la First Lady

    Nel Wisconsind e c re t a t olo stato

    di emergenza

    WASHINGTON, 26. Il governatoredel Wisconsin, Tony Evers, ha di-chiarato lo stato di emergenza nel-lo Stato, in seguito alle proteste eai saccheggi per il ferimento daparte della polizia dell’a f ro a m e r i -cano Jacob Blake a Kenosha.

    Esercitare i diritti garantiti dalPrimo Emendamento «è una partefondamentale della nostra demo-crazia e del perseguimento dellagiustizia — ha detto Evers —, mac’è una linea di confine tra la pro-testa pacifica e ciò che abbiamovisto la scorsa notte che ha messoin pericolo individui, famiglie ei m p re s e » .

    Blake — ripetutamente colpitoalla schiena da alcuni agenti men-tre cercava di entrare in auto, do-ve c’erano i suoi figli — resta rico-verato in ospedale. «È paralizzatodalla vita in giù», ha denunciato ilpadre. Il drammatico video suquanto accaduto a Kenosha è unanuova ferita per gli Stati Uniti, damesi in piazza contro il razzismoe l’uso eccessivo della forza daparte della polizia. Proteste chenon si sono mai fermate dallamorte di George Floyd e che orahanno ritrovato slancio. Negliscontri nella notte a Kenosha unapersona è morta e altre due sonorimaste ferite.

    La famiglia di Blake ha chiestola fine delle proteste e delle vio-lenze. «Abbiamo davvero solo bi-sogno di preghiere», ha detto lamamma, ma in molte altre città,fra le quali New York e Los Ange-les, migliaia di persone sono scesein piazza per Blake e tutte le altrevittime della polizia, fra le qualiBreonna Taylor, caso su cui si at-tendono ancora risposte.

    Taylor è stata uccisa da alcuniagenti mentre dormiva nella suaabitazione lo scorso marzo. Da al-lora sono trascorsi alcuni mesi, male autorità di Louisville e del Ken-tucky non hanno ancora fornitospiegazioni.

    Dopo colpi esplosi dal Libano in direzione dello stato ebraico

    Raid israelianicontro Hezbollah

    Yemen: i ribellidel sud

    si ritiranodai colloqui

    Il Pakistan sostiene il dialogotra talebani e Kabul

    ISLAMABAD, 26. Il Pakistan sostieneil dialogo in Afghanistan tra Gover-no e talebani per una soluzione du-ratura e permanente alla crisi.

    Lo ha detto ieri il ministro degliEsteri pakistano, Shah MahmoodQureshi, ricevendo a Islamabaduna delegazione talebana guidatadal mullah Abdul Ghani Baradar,uno dei co-fondatori del gruppo.

    Ai talebani, Qureshi ha aggiuntoche il Governo di Islamabad auspi-ca colloqui intra-afghani al più pre-sto, per garantire la pace e la stabi-lità nella regione. Il Pakistan, haspiegato il capo della diplomazia diIslamabad, continuerà i suoi sforzidi conciliazione, mentre la delega-zione talebana afghana ha informa-to il ministro sugli ultimi sviluppinell’attuazione dell’accordo rag-giunto con gli Stati Uniti.

    «I negoziati sono l’unica via daseguire per salvare l’Afghanistan,

    spetta solo a loro riappacificarsi»,ha precisato il ministro degli Esteri.

    Il Pakistan si ritrova a esserel’ago della bilancia tra i due con-tendenti, che da anni sono in lottaper il controllo dell’Afghanistan. Italebani si sono recati a Islamabaddopo un reciproco scambio di pri-gionieri con il Governo di Kabul,che ha dato fiducia per l’inizio diquesto altro tentativo di riappacifi-care le parti in lotta.

    Le violenze, però, non abbando-nano l’Afghanistan. Saba Sahar, at-trice e regista, è stata infatti ferita acolpi d’arma da fuoco a Kabul. Loriporta la Bbc online, specificandoche tre uomini armati hanno spara-to sulla sua auto, a bordo dellaquale c’erano in totale cinque per-sone. Saba Sahar, 44 anni, è unadelle poche registe donne afghane eattivista per i diritti umani.

    SANA’A, 26. I ribelli separatisti delsud dello Yemen si sono ritiratidai colloqui con il governo centra-le del presidente Hadi riconosciu-to dall’Onu e sostenuto dall’Ara-bia Saudita. Il Consiglio di transi-zione del Sud (Stc) ha dichiarato,in un comunicato rilasciato questamattina, di aver inviato una letteraalle autorità saudite confermando«la sospensione della sua parteci-pazione alle consultazioni in corsoper l’attuazione dell’accordo diRiad». I ribelli separatisti hannoaffermato che la loro decisione diritirarsi dai colloqui è dovuta«all’escalation militare in corsonella provincia di Abyan e alla pa-ralisi dei servizi pubblici» nel suddel paese.

    Tuttavia, il vicepresidente dellaStc, Hani Ben Brik, ha precisatoin un tweet che i separatisti ri-mangono comunque impegnatinel rafforzamento dell’accordo diRiad. Al momento, né il governosaudita né il presidente Hadi han-no ha rilasciato dichiarazioni inmerito alla decisione.

    TEL AV I V, 26. In seguito a colpiesplosi la scorsa notte dal Libanocontro truppe israeliane nella zonadi Manara, «elicotteri ed altri veli-voli» hanno colpito postazioni diHezbollah situate lungo il confine.Lo ha reso noto il portavoce milita-re israeliano. «L’esercito ritiene ilgoverno libanese responsabile diogni evento che abbia origine dal

    suo territorio. C’è stata una infra-zione grave della sovranità israelia-na». Non si ha notizia di vittime oferiti; «sono stati sparati razzi illu-minanti e fumogeni verso la zonadell’incidente, ed è stato risposto alfuoco» ha aggiunto il portavoce. Sitratta del terzo attacco di questo ti-po al confine tra Libano e Israelenegli ultimi due mesi.

    WASHINGTON, 26. «Donald vuolesolo il bene dell’America»: MelaniaTrump è intervenuta ieri sera allaconvention repubblicana a Charlot-te, in North Carolina. «Non attaccoi rivali perché significherebbe divi-dere il paese», ha precisato la FirstL a d y. Un messaggio di unità e dipromozione per il marito, che — hadetto — «ha a cuore solo il futurodegli americani, donne, bambini,veterani, lavoratori e imprese». Do-nald Trump «si batte per voi, a pre-scindere da quello che dicono i me-dia. Mio marito non è un politicotradizionale, gli piace agire. È unapersona autentica, ci tiene, ha acuore il futuro dell’America».

    Poi, nelle ore in cui in Wisconsinsi assiste ancora una volta alle pro-teste antirazziste, quelle contro unapolizia sempre più violenta, Mela-nia ha detto basta agli scontri, aidisordini in nome della giustizia edell’unità del paese: «Invece di but-tare giù le cose riflettiamo sugli er-rori del passato», ha affermato rife-rendosi agli ormai noti vandalismicontro le statue simbolo di un pas-sato colonialista e schiavista. Di quil’invito ai «cittadini a fermarsi perguardare le cose da tutte le prospet-tive» e l’esortazione a «unirsi inmodo secondo i nostri ideali ameri-cani».

    Nel discorso di Melania c’è statospazio anche per il ricordo «specia-le di un bambino» incontrato a Ro-

    ma . «Ho avuto l’onore di fargli vi-sita mentre ero al Bambino Gesù»,ha detto, rammentando che il pic-colo e la sua famiglia aspettavano«da molto tempo» per un trapiantodi cuore. La first Lady ha racconta-to delle sue «lacrime per quella tri-ste diagnosi», spiegando di esserepoi volata in Belgio per la secondatappa del viaggio in Europa e diavere saputo a Bruxelles che c’eraun donatore per quel bimbo. « Pe n -so spesso a lui — ha proseguito apiù di tre anni dalla visita del 24maggio 2017 nella sede del Gianico-lo dell’Ospedale pediatrico, quandodue bambini le consegnarono unbouquet di fiori che lei lasciò aipiedi della statua della Madonnadavanti al Pronto soccorso — e aitanti forti e straordinari giovani pa-zienti nel nostro paese».

    La convention del Grand OlpParty (Gop) sta quindi per giunge-re al suo momento culminante.Sempre ieri, a criticare l’avversariodemocratico, Joe Biden, ci hannopensato amici e parenti del presi-dente: Eric Trump, la figlia Tiffanye l’ex procuratore della Florida. DaGerusalemme, dove è in visita uffi-ciale, è arrivato l’atteso interventodi Mike Pompeo. «Trump ha resol’America e il mondo più sicuri»,ha detto il segretario di Stato ame-ricano dal tetto dell’ambasciataUsa.

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    «Per chi è responsabile la domanda ultima non è:come me la cavo eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà esserela vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

    Per il poeta Adam Zagajewski è solo dopo la sconfitta e il dolore che si può vivere realmente

    P u rc h énon ci sorprenda la vittoria

    di FRANCESCO MACINANTI

    C iò che pesa troppo e trascina inbasso che fa male come il dolo-re e brucia come uno schiaffo,può essere pietra o àncora.

    L’emergenza dovuta alla pande-mia ancora non si è risolta e tuttaviaha già lasciato un senso di sconfittadiffuso. La sconfitta di una genera-zione — sopravvissuta all’ultimagrande guerra del secolo scorso —falcidiata dal virus. La sconfitta diuna generazione apolide, quella deigiovani, che fatica a trovare un po-sto nella società.

    Ma è possibile vivere dopo lasconfitta? Fra i poeti che nella loroproduzione letteraria più hanno af-frontato le tematiche della vita comebattaglia e della possibilità dellasconfitta un posto importante lo ri-copre Adam Zagajewski: polacco,ma nato a Leopoli nell’o diernaUcraina nel 1945.

    A lungo ignorato in Italia — lasua raccolta di poesie Dalla vita de-gli oggetti, originariamente del 2002,è stata tradotta solo nel 2012 in ita-liano per i tipi di Adelphi. Vi è nel-lo scrittore e poeta polacco la forteconcezione della vita come concretabattaglia: l’esito non è scontato. Lasconfitta è il risultato più probabile,anzi essa è il dato di partenzadell’esistenza. La vittoria, con le suecertezze, non è più raggiungibile.Sconfitta vuol dire scorrere inesora-bile del tempo, caducità del presen-te. Vuol dire perdita di certezze:neanche gli intellettuali sono infalli-bili: i nostri saggi, le nostre guide sonotristi e folli, e forse sanno anche menodi noi, persone usuali. La sconfitta èsicuramente l’esperienza della mor-te, presente nei volti dei caduti delleguerre, degli amici morti, degli ebreitrucidati nei campi di sterminio.

    Di fronte alla sconfitta il poetaoscilla, tituba, attratto ora dall’abis-so del nichilismo, che lo trascina inbasso verso l’annegamento, ora dal-la speranza in una salvezza, un’àn-cora alla quale aggrapparsi, un fon-damento sul quale ricostruire.

    Zagajewski è un poeta in viaggioalla ricerca di una verità sul mondoe sull’uomo che tuttavia è irraggiun-gibile. Interlocutori privilegiati sonomusicisti e pittori. Eppure, il bello,la musica non salvano: ho ascoltatola Passione secondo Matteo che tramu-ta in bellezza il dolore. Nei corridoi delmetrò il dolore non si tramuta, soloperdura, senza tregua. Interlocutori

    sono però anche, e forse soprattut-to, i filosofi: Schopenhauer (non c’èspazio in Zagajewski per l’alienazio-ne: i morti fissano gli spensierati vi-venti con fredda ironia: Anche noieravamo così. Proprio uguali), Kierke-gaard e, soprattutto, Nietzsche, alquale chiede: se Dio non esiste checosa sono le parole, da dove vienequella luce interiore? E da dove lagioia? Dove va il nulla? Dove abita ilperdono? Perché i piccoli sogni svani-scono al mattino, e quelli grandi cre-scono?

    Un’altra forza — allo stesso tem-po propulsiva e impediente — op eranel poeta: la nostalgia. Per Zagaje-wski è una condizione naturaledell’uomo: abitiamo nella nostalgia.Nostalgia, certo, dell’infanzia — chinon vorrebbe essere un bambinoper l’ultima volta! — nostalgia dellapatria, per lui che ha a lungo abita-to in città straniere, ed è una nostal-gia che annichilisce il poeta.

    Esiste anche un altro tipo di no-stalgia che anima le nostre vite, unsentimento quasi platonico, o, me-glio, una agostiniana inquietudinedel cuore, che solo dopo la morte sipuò dissolvere: non ci sarà più la no-stalgia, perché raggiungerà se stessa,stupita per aver così a lungo cacciatola propria artica ombra. È la nostal-gia di una perfezione perduta, di undesiderio di infinito che si scontracon l’esperienza della morte e dellafinitezza umana.

    La morte dunque è il grande mi-stero: volti, speranze, attese che si per-dono e la sensazione che nessuno ciaspetta lassù in cima.

    Esistono però attimi epifanici,momenti di chiarezza nei quali si in-travede una dimensione altra, unatrascendenza. Sono attimi nei qualisi fa l’esperienza degli altri, nei qua-li solo vi è salvezza, anche se la soli-tudine avesse sapore d’oppio. Sono at-timi nei quali si intuisce che, fra ipassanti, ognuno tiene in mano unpugno di infinito e che nella morte vi-vremo, solo diversamente, dissolti nellamusica e le cose minime e dimenticateritroveranno la loro dignità immortale.Attimi sufficienti per trascendere lanostra finitezza e generare in noi unsenso di meraviglia: Signore Iddio,dacci un lungo inverno, una musicasommessa, labbra pazienti, e un po’ diorgoglio – prima che finisca il nostrotempo. Dacci la meraviglia e unafiamma, alta, chiara.

    È dunque possibile vivere dopo lasconfitta? Sì! Anzi, è solo dopo lasconfitta che si può vivere realmen-te: le amicizie si fanno più profonde,l’amore solleva attento il capo. È lasconfitta che rende possibile entrarerealmente in relazione con gli altri.È nella sconfitta, cioè nella sofferen-za, che nascono le amicizie più for-ti. È solo dopo la sconfitta dallaquale, per una volta, siamo ora tuttiaccomunati che è possibile ricostrui-re, purché non ci sorprenda la vittoria.

    Adam Zagajewski

    Per attraversare la tempesta:tutti insieme

    guerre intestine e alla fine la violenza prenderà il soprav-vento creando anche diverse vittime perchè la naturaumana porta inevitabilmente al conflitto e alla lotta peril potere. Questa la letteratura. Nella realtà la vicendastorica dei sei ragazzi di ’Ata è ben diversa, come ricor-derà il capitano della nave che, dopo quindici mesi, sal-vò e riportò a casa i naufraghi: «I ragazzi avevano creatouna piccola comune con orto, tronchi d’albero scavatiper immagazzinare l’acqua piovana, una palestra con pe-si, un campo da badminton, recinti per polli e un fuocopermanente, il tutto grazie al lavoro manuale, una vec-chia lama di coltello e tanta determinazione». Organiz-zati in gruppi di due i ragazzi si divisero i compiti, il pri-mo dei quali, fondamentale, fu quello della custodia delfuoco che per quindici mesi fu sempre mantenuto acce-so. Quando scoppiava una lite, lo scontro veniva subitorisolto imponendo ai litiganti di andare alle estremità op-poste dell’isola per rinfrescarsi gli animi e dopo circaquattro ore si lavorava tutti insieme per la riconciliazio-ne. I giorni dei sei ragazzi cominciano e finiscono concanti e preghiere e un ruolo fondamentale è quello dellamusica grazie alla “chitarra” modellata da uno dei ragaz-zi da un pezzo di legno galleggiante, usando mezzo gu-scio di noce di cocco e sei fili d’acciaio recuperati dallaloro barca distrutta. Anche quando uno di loro scivola,cade da un dirupo e si rompe una gamba la logica dellasolidarietà prevale su quella della sopravvivenza: la gam-ba sarà sistemata con un’ingessatura rudimentale di ba-stoncini e foglie e la sua parte di lavoro verrà ridistribui-ta tra gli altri cinque. Quando la domenica 11 settembre1966 furono salvati i sei naufraghi erano fisicamente incondizioni ottimali. Quei quindici mesi non avevano sca-tenato la violenza ma l’amicizia.Qualche giorno fa il professore emerito di biologiaScott F. Gilbert, al Meeeting di Rimini di Comunione eLiberazione, ha parlato del corpo umano che nella suameravigliosa complessità rivela che la “re g o l a ” che regge

    il mondo naturale non è il conflitto ma la collaborazio-ne. La sua collega, la biologa statunitense Lynn Margu-lis ha sintetizzato questa verità in una frase: «La vitanon si fa largo nel mondo a forza di combattimenti, magrazie a una rete di collaborazioni». Si potrebbe dun-que affermare che ciascuno di noi è un individuo unicoe irripetibile ma non è solo: ciascun organismo da sem-pre vive in simbiosi con miliardi di microorganismi.All’interno del nostro corpo ci sono circa 160 specie dimicrobi che svolgono funzioni fondamentali per la no-stra crescita. Bisognerebbe rileggere in positivo la frasedel povero indemoniato di Gerasa: “Il mio nome è Legio-ne, perchè siamo in molti”, lui si riferiva alla frantumazio-ne di un’identità lacerata dallo spirito maligno, ma laverità della natura umana nella sua quotidianità è cheun organismo vivente è frutto di una fitta trama orditada una complesso e meraviglioso “gioco di squadra”.La conclusione del professore Gilbert va ben oltre il da-to biologico: «Gli animali non esistono come entità in-dipendenti, noi “diventiamo con gli altri”. Questo è im-portante: oltre al dato competitivo dell’evoluzione, c’èanche questo divenire con gli altri». Ognuno di noi èquindi già, da solo, una “compagnia”, non è lasciato so-lo nella battaglia dell’esistenza perchè già la strutturadel proprio corpo parla di un’alleanza tra mille compo-nenti, invisibili quanto indispensabili. Proprio come alivello sociale accade grazie a tutte quelle persone “chedi solito passano inosservate”, come dice il Papa, mache sostengono la vita degli altri e con esse il mondointero. Come il Papa diceva cinque mesi fa e ha ripetu-to nell’udienza generale con parole forti e chiare: «L’ho-mo sapiens si deforma e diventa una specie di homo œco-nomicus — in senso deteriore — individualista, calcolato-re e dominatore. Ci dimentichiamo che, essendo creati aimmagine e somiglianza di Dio, siamo esseri sociali,creativi e solidali, con un’immensa capacità di amare.Ci dimentichiamo spesso di questo. Di fatto, siamo gliesseri più cooperativi tra tutte le specie, e fioriamo incomunità, come si vede bene nell’esperienza dei santi».

    CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 27 agosto 2020

    Etica e lavoro secondo Adam Smith

    La filosofiadello spillo

    di GABRIELE NICOLÒ

    L’economia non era anco-ra una disciplina accade-mica quando Adam Smi-th si cimentò, con inde-fessa lena, con gli studidi filosofia sociale e morale, primaall’Università di Glasgow e poi alBalliol College di Oxford. Giocòdunque d’anticipo il filosofo edeconomista scozzese gettando —con mirabile lungimiranza — le basidell’economia politica classica. Lasua opera Indagine sulla natura e lecause della ricchezza delle nazioni(1776) non solo rappresenta il fioreall’occhiello della sua produzione,ma all’epoca costituì il testo di rife-rimento per tutti gli economisti de-stinati a chiara fama, da David Ri-cardo a Robert Malthus, da JeanBaptise Sai a John Stuart Mill.

    Muovendo da una severa criticanei riguardi dei mercantilisti e deifisiocratici — da lui ritenuti respon-sabili di logiche di mercato polve-rose, retrograde e non funzionali albenessere della collettività — Smithtracciò le coordinate di un sistemadi pensiero che oggi, con terminemoderno, si definirebbe macroeco-nomia: vale a dire, una filosofia dicarattere economico interessata acoltivare e a promuovere le forzeche determinano la crescita econo-mica di un Paese. Con Adam Smi-th, in sostanza, prese forma e so-stanza un modello economico in-nervato di illuminanti considerazio-ni di tipo politico, sociologico estorico.

    Uno dei principi fondanti delpensiero di Smith è rappresentatodalla divisione del lavoro che con-sente l’incremento della produttivi-tà. In quest’ottica si afferma il con-cetto, dalla forte rilevanza etica,

    nanziata dallo Stato, da lui sensibi-lizzato a «prendere a cuore» la sor-te delle classi lavoratrici intese co-me il motore dell’economia e fulcrodel processo di crescita. Un ruolonon certo marginale, nel pensierodi Smith, è rivestito dal concetto dirisparmio: in esso egli riconosce unelemento determinante per il buonfunzionamento del sistema econo-mico poiché a una mirata e saggialogica del risparmio indissolubil-

    L’economia secondo suor Alessandra Smerilli

    Non è una scienza triste

    Non è concepitacome una disciplinacalcolatrice, «matrigna»Ma come un mondofatto di relazioni costruttive

    Un testo teatrale inedito della regina del giallo

    La «bugia» di Agatha Christie

    Principio fondante del suo pensierofu la divisione dei compitiche doveva essere ispirataa un leale criterio che valorizzassee non sfruttasse le persone

    mente si lega la fruizione del capi-tale. Maggiore è il risparmio, mag-giore è la possibilità di disporre dicapitale fisso e circolante.

    Una sorta di giornalista ante litte-ra m , Adam Smith, per corroborarele proprie argomentazioni, amavaricorrere ad immagini esplicative.Per introdurre e chiarire la distin-zione fra valore d’uso (utilità) e va-lore di scambio (facoltà che il pos-sesso di un oggetto conferiscenell’acquisire altri beni) l’economi-sta addusse l’esempio, anch’esso poidivenuto noto, dell’acqua e del dia-mante. L’acqua, bene indispensabi-le, ha un prezzo inferiore al dia-mante, che è invece «il più super-fluo fra tutti gli oggetti superflui».L’acqua ha un elevato valore d’uso,ma un basso valore di scambio,mentre il diamante possiede unoscarso valore d’uso ma può vantareun grande valore di scambio.

    La prima edizione della «Indagine sulla naturae le cause della ricchezza delle nazioni» (1776)

    Suor Alessandra Smerilli

    di Milano e ora Sturtup Analyst inuna società che si occupa dell’im-patto economico delle nuove ini-ziative imprenditoriali. Come capi-ta spesso coi giovani, gli ho propo-sto la lettura di un libro appenauscito, l’ultimo di Alessandra Sme-rilli, Donna Economia. Dalla crisiuna nuova stagione di speranza (Ci-nisello Balsamo, Edizioni San Pao-lo, 2020, pagine 192, euro 16). Tro-vo molto interessanti le impressionidi ragazzi freschi di studi e nontroppo prigionieri di paradigmi delpassato. È una generazione che vasubito al punto e questo è di gran-

    processi indecifrabili?». Nella pri-ma metà del libro ci si immerge inprofondità nella fredda razionalitàdella teoria economica, e lo si facon un’attenta analisi della teoriadei giochi e in particolare del di-

    mia, facendola progredire rispettoalla sua immagine di “scienza tri-ste” e avvicinare di più a quelloche è l’origine e il senso del suonome, la cura della casa, ma anchedel nostro mondo e di tutti coloroche ne fanno parte. Torniamo infi-ne al titolo del libro: Donna Econo-mia. Pare di capire che non si trattidi un volume che porta avantiistanze femministe, bensì di un’at-tenta analisi economica. Sì, un’ana-lisi però che si concentra su tuttoquello che non è freddo calcolo,mero individualismo e ricerca diinteresse. È l’analisi di un’econo-mia altra rispetto a quella che ere-ditiamo dai grandi pensatori delnostro pantheon economico e cheallarga il respiro della scienza eco-nomica ad un mondo fatto di rela-zioni e slancio per il prossimo, difelicità e di dignità. E vediamo al-lora un’economia che non è piùfredda scienza calcolatrice, matri-gna, ma Donna, con istanze mater-ne che, pace all’anima loro, finipensatori quali Smith, Keynes oMill non avevano, o forse nonhanno saputo manifestare appieno.

    Rimane il fatto che, anche graziead Alessandra Smerilli, quando ledonne prendono parola può avve-nire un importante cambio di regi-stri, che ben oltre un libro e più inlà della stessa economia raccoman-da un pensare e un fare in cui mo-di d’essere differenti diano forma aequilibri nuovi. «Maschio e femmi-na li creò» vien da dire, perchénon solo la casa, ma il lavoro, la ri-cerca, la convivenza umana, laChiesa stessa, di questa evidenzaportassero il segno. Ai giovani pia-ce un mondo così e, se tanti valorisembrano smarriti, la capacità dicooperare e il desiderio di nuovimodelli di riferimento, tramontatele ideologie, dà al vangelo spaziodi sprigionare la sua dolce caricarivoluzionaria.

    di SERGIO MASSIRONI

    Chi conosce la storia delpensiero economico simisura col fatto chetutti i più importantieconomisti sono uomi-ni: Smith, Ricardo, Marshall, Ke-ynes, Friedman. Muove da questaevidenza una conversazione estivacon Tommaso Scotti, nemmenot re n t ’anni, laureato alla facoltà diEconomia dell’Università Cattolica

    de aiuto. Inizio anch’io in modomolto diretto: «Tommaso, che ef-fetto fa tenere tra le mani un volu-me che accosta i termini “donna”ed “economia” per di più scrittoda una suora? Come credi possarisuonare nel mondo dei tuoi studie del tuo lavoro la sua proposta?».

    Si può partire da una constata-zione. Nel pantheon della scienzaeconomica non figura neanche unadonna e pare nessuna donna abbiapotuto contribuire a plasmare ilmodo in cui si pensa l’economia,che quindi poggia su assunti e va-lutazione prettamente maschili.Ciò che ne è venuto ha generatouna precisa rappresentazionedell’homo oeconomicus: un ipoteticoessere razionale e privo di senti-menti, che si muove per massimiz-zare il proprio interesse e null’al-t ro .

    Ebbene, a dispetto di quanto iltitolo possa far pensare, il libro disuor Smerilli non vuole tanto po-polare il cielo economico di nuovedivinità femminili, sebbene nonmanchi di presentarci alcune stu-diose e le loro geniali intuizioni.Piuttosto, in un senso diverso l’au-trice vuole esplorare l’altra metàdel cielo, quella di un’economiabasata sulla cooperazione, sull’inte-resse collettivo, sulla difesadell’ambiente e su un consumo re-sponsabili, che possa riportare aduna visione della scienza economi-ca più vicina all’etimologia dellaparola. Economia, lo sappiamo,deriva da oikonomía, letteralmente

    “gestione delle casa”, arte che persecoli, nelle società patriarcali, èstato appannaggio della donna.Casa che oggi possiamo tuttaviaintendere sia come le quattro muradomestiche, sia come il creato, no-stra casa comune.

    «Come è strutturato il volume?— chiedo a Tommaso — Quanto lohai trovato fruibile per il lettoremedio, che magari non mastica dieconomia, ma avverte di trovarsi inun mondo in cui capirne è essen-ziale per non esser dominati da

    lemma del prigioniero. Senza en-trare nei dettagli di giochi e dilem-mi, la teoria vuole che l’individuosi comporti in modo egoistico enon cooperativo, pensando al suosolo tornaconto e non fidandosidel prossimo. Scopriamo però chela pratica mostra tutt’altro, ovveroche nella metà dei casi i giocatorinon si comportano in modo razio-nale (secondo definizione economi-ca), ma scelgano invece di coope-rare. L’autrice prosegue quindidando evidenza a una serie di teo-rie valide a spiegare questo scosta-mento tra ipotesi e realtà, teorieche non vogliono sostituire quantopostulato in precedenza, quantopiuttosto allargare il concetto dirazionalità, inserendovi elementi fi-no ad ora non considerati, quali lacooperazione tra individui e, so-prattutto, il pensiero di gruppo,ovvero che l’individuo può prende-re decisioni non soltanto in base alproprio tornaconto personale, maanche in base a cos’è meglio per lacomunità di cui fa parte. Con que-sta carrellata teorica, sembra di ca-pire, Smerilli ci porta quindi aconsiderare non solo l’individuoma anche i rapporti tra gli indivi-dui, tema chiave non tanto per lasensibilità cattolica, quanto eviden-temente per la fondazione stessadell’economia… Proprio così e nel-la seconda parte del libro si inizia-no a considerare aspetti che scatu-riscono proprio dal rapporto trapersone. L’autrice accompagnaquindi attraverso riflessioni, teoriee nuove idee sul legame tra l’eco-nomia e la vita: vengono in primopiano temi come il nostro rapportocon la terra, la fame continua dibeni, le trasformazioni del lavoro,il nostro impatto come singolisull’intero, la natura e la vocazionedella finanza. Tutto il libro per-mette così di ragionare, riceverespunti e anche basi teoriche checonsentano di ripensare l’econo-

    Un colpo di scena. Trattandosi di Agatha Chri-stie, potrebbe non essere una notizia. Ma in realtàla notizia c’è, ed è anche ghiotta. Come riferisce«The Times» nell’edizione di mercoledì 26 ago-sto, è stato scoperto da uno dei suoi infaticabilibiografi, un inedito intitolato The Lie. Anzitutto siè di fronte a un’opera concepita direttamente peril teatro, a testimonianza di un’aspirazione dasempre alimentata dalla “regina del giallo” ma so-lo sussurrata e mai sviluppatasi con pieno rigo-glio. Poi c’è da rilevare, circostanza altrettanto in-trigante, che The Lie sembra fu scritto durante laceleberrima volontaria “sparizione” di AgathaChristie, quando il mondo intero trovò a chieder-si che fine avesse fatto. Nel 1926, dopo l’ennesima

    crisi con il coniuge, Agatha Christie scomparvedalla circolazione. Si scatenò allora una vera epropria caccia all’uomo, o meglio alla donna,coordinata da Scotland Yard. Dopo alcuni giornila Christie riemerse: si era registrata, sotto falsonome, in un hotel ad Harrogate. Dalla vicendascaturirono incalzanti interrogativi. Aveva ella ac-cusato un esaurimento nervoso? Aveva avuto unacrisi di amnesia? In realtà il tutto si riduceva adun’autopromozione pubblicitaria per suggellareuna fama già acclarata? L’episodio — che nel 1979divenne un film interpretato da un’eccellente Va-nessa Redgrave — still stirs debate (“è ancora oggioggetto di dibattito”) scrive «The Times». The Lietratta di un matrimonio in crisi e tesse una appro-fondita riflessione sulle complesse dinamiche delrapporto di coppia. In questa trama non si puònon riscontrare l’elemento autobiografico, visto ilsuo tormentato legame con il marito, archeologodi fama, notoriamente fedifrago. L’opera, ambien-tata in un sobborgo di Londra, ha per protagoni-sta una giovane sposa, Nan, alle prese con unmarito oltremodo autoritario, John. I due si sepa-reranno, ma poi, dopo lo scioglimento di un gro-viglio di vicissitudini si avvieranno alla riconcilia-zione: il finale, in merito, non è definitivo. Th eLie dunque non ha mai raggiunto il teatro, presu-mibilmente con grande cruccio della scrittrice,che soleva affermare di sentirsi «tagliata» perquesto genere letterario. E certo non aveva torto.La versione teatrale di Trappola per topi fu rappre-sentata al New Ambassadors Theatre di Londra il25 novembre 1953, giorno dal quale è tuttora incartellone, ininterrottamente. (gabriele nicolò)

    della valorizzazione dell’individuo edelle sue competenze: il lavoratoredeve essere messo nelle miglioricondizioni, laddove ciò è possibile,di esprimersi al meglio, promuoven-done potenzialità e capacità. Per ar-gomentare l’importanza della divi-sione del lavoro, Smith ricorse alnoto esempio della “manifattura dispilli”. Se un individuo deve, da so-lo, fabbricare spilli partendodall’estrazione dal suolo della mate-ria prima fino alla realizzazione diogni singola fase artigianale, diffi-cilmente riuscirà a produrre elevatequantità di spilli in poco tempo. Seinvece a questo individuo viene for-nito il filo metallico già pronto, egliriuscirà ad aumentare sensibilmentela produzione. Con la suddivisionedelle varie fasi artigianali e l’assun-zione di queste da parte di più arti-giani specializzati in una singola fa-se, allora la produzione di spilli sa-rà nettamente superiore alla sommadegli spilli che verrebbero prodotti,dallo stesso numero di individui,nelle modalità produttive preceden-ti. L’economista scozzese era co-munque consapevole che alla divi-sione del lavoro si legano ancheconseguenze negative. La specializ-zazione verso un’unica attività e larealizzazione di operazioni sempli-ci, ripetitive e meccaniche infatti ri-schiano di comportare l’intorpidi-mento dell’immaginazione, nonchéla riduzione delle capacità intellet-tuali dell’individuo. Per cercare disanare tale discrepanza, Smith pro-pugnò lo sviluppo dell’istruzione fi-

    Prendendo le distanzedai mercantilisti e dalla lo-ro politica sostanzialmenteprotezionista, Smith con-trappose la difesa del libe-ro scambio. La soppressio-ne di freni al commerciointerno ed esterno, comepure l’accesso a nuovi mer-cati attraverso il migliora-mento della rete di traspor-ti, favorisce — sostienel’economista scozzese — ladivisione del lavoro au-mentando di conseguenzasia la produzione economi-ca, sia il benessere colletti-vo. Il libero scambio, cosìcome è configurato daSmith, presuppone il co-siddetto “principio di sim-patia”: ogni individuo co-nosce come nessun altro ipropri interessi, ma in que-sti interessi vi è il desideriodi essere apprezzato daglialtri. Questa dinamica ren-de il mercato — nelle inten-zioni di Smith — non uncampo di combattimento,ma un luogo di convergen-

    za di differenti interessi personali.C’è un passo, nell’opera intitolataTeoria dei sentimenti morali (1759) incui risalta, con particolare forza,una dimensione etica che conferisceal pensiero di Smith un alto valoree un respiro profondo. «Nella corsaalla ricchezza, agli onori e all’ascesasociale — scrive l’economista —ognuno può correre con tutte leproprie forze per superare tutti glialtri concorrenti. Ma se si facessestrada a gomitate o spingesse perterra uno dei suoi avversari, l’indul-genza degli spettatori avrebbe ter-mine del tutto. La società non puòsussistere tra coloro che sono sem-pre pronti a danneggiarsi e a farsitorto l’un l’a l t ro » .

    A coloro che ne hanno elogiato,in particolare, la lungimiranzanell’intuire, nell’ambito dell’econo-mia, nuovi percorsi e nuovi oriz-zonti, si fa presente che Smith nonsempre è stato “p ro f e t i c o ”: anzi, tal-volta, è stato anche “miop e”. Inequilibrio tra queste due posizionisi colloca John Kenneth Galbraithche nella Storia dell’economia (1987)così dirime la questione: «Ma, senon vide, o e non previde comple-tamente la Rivoluzione industrialenella sua piena manifestazione capi-talistica, Smith osservò con grandechiarezza le contraddizioni, l’obso-lescenza e, soprattutto, l’angustoegoismo sociale del vecchio ordine.Se egli era un profeta del nuovo,ancor più era un nemico del vec-chio».

  • L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 27 agosto 2020 pagina 5

    A settant’anni dalla morte di Cesare Pavese

    Una vita da vivere, biciclette da inforcare

    Una ininterrotta interrogazionesull’intreccio tra il tempo della storiae quello dell’esperienza personalenasconde un’originale ricerca di DioIntravisto in squarci luminosinell’esperienza di uomini

    L’ultima preghiera«O Tu, abbi pietà» scrisse sul suo diario pochi giorni prima di togliersi la vita

    Cesare Pavese

    Vincent van Gogh, «Terrazza del caffè» (1888, Museo Kröller-Müller, Otterlo)

    Cesare Pavese con Doris Dowling,sorella minore di Constance, alla quale

    aveva dedicato «La luna e i falò»

    dine temporale, legato, appunto, all’eternità dellestorie mitiche.

    Un classico per lo stile inconfondibile: all’inci-pit poetico di Lavorare stanca, con l’innovativoverso lungo alla Whitman, nel pieno della stagio-ne “ermetica”, segue, nella prosa, il testardo inse-guimento di un equilibrio tra gli opposti: «Ci

    collina, Il diavolo sulle colline, Tra donne sole, La lu-na e i falò. Un percorso che può leggersi nelle di-verse tappe della vita umana: l’infanzia (in parti-colare la prima parte di Feria d’agosto), l’adole-scenza e la giovinezza (la trilogia de La bella esta-te), la difficile maturità (La casa in collina, La lu-na e i falò). La prima età, rivisitata avanti neglianni con la gioia struggente di un’iniziazione, èquella della meraviglia, dell’accadere continuo,degli incontri possibili, degli orizzonti aperti, co-me dall’alto delle colline si può immaginare, piùche vedere, il mare.

    «Niente accade», al contrario, nell’età adulta, èla formula della rassegnazione di fronte a un tem-po che non si recupera, segnato dalle atrocità del-la storia, dai giorni di solitudine del confino perantifascismo fino alla guerra mondiale e più anco-ra dalla amara consapevolezza che nemmeno iltrionfo mondano e letterario riempie il cuore diquella pienezza gioiosa che era il contenuto dellapromessa dei giorni dell’infanzia tra le colline.

    Nel mezzo, tra la vita come «festa» continua eil muro degli obblighi della società borghese, igiovani della trilogia de La bella estate, in misurediverse, cercano «le cose che accadono» fino allosfinimento e alla resa, indicata nel contrasto tra iverbi (le azioni) al presente e quelli all’imp erfettoo al passato remoto. Lo attestano i lodatissimi in-cipit. La bella estate: «A quei tempi era sempre fe-sta. Bastava uscire di casa e attraversare la stradaper essere come matte e tutto era così bello, spe-cialmente di notte che tornando stanche sperava-mo ancora che qualcosa succedesse». Il diavolosulle colline: «Eravamo molto giovani. Credo chein quell’anno non dormissi mai».

    Una baldanza castigata, quasi che i giovani,impunemente, avessero voluto sostituirsi a Dionel vizio e fossero stati ricacciati nel territoriodell’ipocrisia e della legge del compromesso. Unadura sanzione, simile a quella letta nel mito con iDialoghi con Leucò attraverso la dialettica tra unalegge imposta con violenza dagli olimpici e i libe-ri incontri tra le diverse nature nell’era dei titani.La creazione di uno stile inconfondibile passa an-che attraverso l’enorme mole di lavoro editoriale edi traduttore, come recentemente riepilogata nelvolume einaudiano di Giancarlo Ferretti, L’e d i t o reCesare Pavese. Una caparbia ricerca «portataavanti sia nei versi che in prosa, senza eccezioneper le lettere, un genere solo apparentemente mi-nore ma per lui ugualmente serio e impegnativo»,scrive Mariarosa Masoero nel numero monografi-co di «Studium», 2-2020 dedicato allo scrittorelangarolo e che contiene anche il saggio dellaNay, commentando un’inedita lettera all’amico esceneggiatore Tullio Pinelli del 1927, nella quale, adiciannove anni, Pavese si mostra cosciente diquesto aspetto caratterizzante che si concretizzanel rappresentare la storia sullo sfondo degli ar-

    chetipi, mirando a rappresentare nei suoi esiti ma-turi la «realtà simbolica».

    Un lavoro che oggi è facilmente accessibile aglistudiosi grazie alla lodevole attività di Masoero,direttrice del Centro Studi Gozzano-Pavesedell’Università di Torino, con la possibilità diconsultare i manoscritti on-line iscrivendosi al sitoHyperPavese.it. Un periodo cruciale quello del la-voro all’Einaudi, anche nella sede romana, nelpieno della tragedia della guerra civile e poidell’immediato dopoguerra, in cui si intrecciano,nella riflessione pavesiana, coscienza della naturaviolenta dell’umanità (siamo nati nella paludeBoibeide) e la volontà di ricostruzione, testimo-niata nella stesura di articoli memorabili, tra tutti“Ritorno all’uomo”, sulla resilienza che la culturaha offerto negli anni bui di odio e di atrocità delventennio fascista e del conflitto mondiale. Paro-le, oggi, ancora molto attuali, che richiamano alsenso di comunità, alla sacralità di ogni singoloindividuo: «Questi anni di angoscia e di sangueci hanno insegnato che l’angoscia e il sangue nonsono la fine di tutto. Una cosa si salva sull’o r ro re ,ed è l’apertura dell’uomo verso l’uomo. Di questosiamo ben sicuri perché mai l’uomo è stato meno

    solo che in questi tempi di solitudine paurosa. Cifurono giorni che bastò lo sguardo, l’ammicco diuno sconosciuto per farci trasalire e trattenerci dalprecipizio. Sapevamo e sappiamo che dappertut-to, dentro gli occhi più ignari o più torvi, covauna carità, un’innocenza che sta in noi condivide-re. […] Il nostro compito è difficile ma vivo. Èanche il solo che abbia un senso e una speranza.Sono uomini quelli che attendono le nostre paro-le, poveri uomini come noialtri quando scordiamoche la vita è comunione. Ci ascolteranno con du-rezza e con fiducia, pronti a incarnare le paroleche diremo. Deluderli sarebbe tradirli, sarebbe

    Nel pieno della tragedia della guerra civilee poi dell’immediato dopoguerrasi intrecciano in lui la coscienzadella natura violenta dell’umanitàe la volontà di ricostruzione

    tradire anche il nostro passato». L’annata 1945 deIl mestiere di vivere termina con questa notazionedel 9 dicembre: «Ma tutti i pazzi, i maledetti, icriminosi sono stati bambini, hanno giocato comete, hanno creduto che qualcosa di bello li aspet-tasse. Quando avevamo tre, sette anni, tutti,quando nulla era avvenuto o dormiva solamentenei nervi e nel cuore».

    L’attesa di qualcosa di bello caratterizza alcunimomenti dell’infanzia, a rivederli con gli occhidell’adulto. Accomuna tutti gli uomini e Pavesesente il bisogno di ribadirlo, in quel clima delica-to ed esaltante di «ritorno all’uomo», come poinel dialogo L’isola, dove Ulisse spiega a Calipsola ragione ultima della sua ricerca, nel riproporsiinstancabilmente di alcune domande radicali ereligiose sull’esistenza umana, sull’essere mitico edeterno, sul tempo contingente ed effimero: «quel-lo che cerco l’ho nel cuore come te». E nonbisogna dimenticare, come titola la bella mono-grafia di Luisella Mesiano, Il ritratto oscurato diPavese allegro, l’uomo ironico e autoironico, capa-ce di slanci generosi verso i lavoratori (i contadinie gli operai protagonisti di liriche e racconti, icollaboratori e consulenti editoriali), ricordando,ad esempio, in una lettera del 14 aprile del 1942,al suo direttore, «l’egregio Giulio Einaudi», dinon tirare troppo la corda verso i suoi “dip enden-ti” (un «sistema di sfruttamento integrale») ancheperché: «C’è una vita da vivere, ci sono dellebiciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiaree tramonti da godere. La Natura insomma cichiama, egregio Editore; e noi seguiamo il suoapp ello».

    di PAOLO MAT T E I

    Un uomo in abito di gabardineverde entra, preceduto da unadonna elegantissima, nel giardinodell’Hotel de Ville di via Sistina a Roma,dove lo attende una piccola folla. È lasera del 24 giugno del 1950. L’estate, unadelle più calde del secolo, è appena inco-minciata. L’uomo sale su una sedia epronuncia, con ironica nonchalance, po-che parole all’indirizzo dei presenti: «Siconsolino i perdenti. I libri più impor-tanti di una generazione non prendonopremi». Si chiama Cesare Pavese, haquasi quarantadue anni, è uno dei più fa-

    namorato, aveva dedicato La luna e i fa-lò, in libreria da pochi giorni: For C. –Ripeness is all, «la maturità è tutto», silegge nell’epigrafe shakespeariana del ro-manzo posta accanto all’iniziale del no-me della dedicataria. Constance è tornatain America ad aprile, e Pavese si aggrap-pa disperatamente all’amicizia di Doriscome all’esile filo di un rapporto ancorap ossibile.

    La disinvoltura di quella sera romana,e mondana, maschera un tormento esi-stenziale che va inasprendosi giorno do-po giorno. «Disgusto del fatto, dell’op e-ra omnia. Senso di cagionevolezza, didecadenza fisica. Arco declinante. E lavita, gli amori, dove sono stati? Serbo unottimismo: non accuso la vita; trovo cheil mondo è bello e degno. Ma io cado».Così, il 14 gennaio, il doloroso appuntoregistrato sul diario sembra il consuntivodi una vita intera, compendiatanell’“opera omnia” di un intellettuale chein circa due decenni di attività ha pro-dotto romanzi, racconti, poesie, traduzio-ni — soprattutto di autori americani(Melville, Joyce, Dos Passos, Faulkner,Anderson, Steinbeck, Gertrude Stein, tragli altri) —, dando corpo a un universoletterario amato, riconosciuto e rispettatoda un folto pubblico di lettori. Fra lecolline piemontesi, in cui affiorano forzeselvagge misteriosamente connesse al mi-tico eterno ritorno dei ritmi della natura(«là, sul confine tra cielo e tronco, pote-va sbucare il Dio»), e le città, in cuil’opera dell’uomo sembra farsi protagoni-sta della costruzione di un mondo nuovo(«le città sterminate somiglian foreste /dove il cielo compare su su, tra le vie»),prendono vita personaggi — adolescenti,uomini e donne — alla ricerca del propriodestino, di una compiutezza morale, del-la “maturità”, appunto. Nel frattempoPavese si accorge di essere «diventatoquella strana bestia: un uomo fatto, unautorevole nome, un big», come appunta

    in una pagina di diario qualche mese pri-ma di ritirare l’insigne Premio letterario.

    E a Rosa Calzecchi Onesti, il 26 lu-glio, scrive: «Che lei mi trovi scrittoretormentato, una volta mi sarebbe piaciu-to; ora, meno: ora vorrei pace, e basta».La definizione di un proprio stile, il per-fezionamento di uno strumento di rico-noscimento e di autoriconoscimento, nonconduce alla maturità desiderata, ma ri-

    schia di diventare una maschera, comeha osservato Giulio Ferroni: «È difficiledistinguere la costruzione di sé dalla fu-ga da sé, dal nascondersi agli altri, dalnon essere mai veramente come si è. Inquesta contraddizione c’è una delle moti-vazioni essenziali del dramma di Pavese:quanto più egli si avvicina alla “maturi-tà” stilistica, quanto più si convince diessere giunto alla costruzione di sé, tantopiù egli si sente minacciato dalla menzo-gna e dalla perdita di sé».

    Le pagine del diario e delle lettere diquell’anno sono disseminate di saluti dicongedo ad amici e parenti («speriamodi vederci — chissà — magari in cielo»),di riferimenti a un futuro assente («ve-dremo in avvenire — se avremo un avve-nire»), ai pochi giorni che gli restano davivere («io sono, come si dice, alla finedella candela»), al suicidio. Fino al veroe proprio, esplicito, «consuntivo dell’an-no non finito, che non finirò». Lo scrit-tore riconosciuto, l’“uomo fatto”, il “big”,si è sfilato l’abito di gabardine smeraldoed è rimasto nudo: «Non ci si uccide peramore di una donna», aveva scritto il 25marzo: «Ci si uccide perché un amore,qualunque amore, ci rivela nella nostranudità, miseria, inermità, nulla».

    Il 27 agosto del 1950, quando Pavese sitoglie la vita con i barbiturici nell’HotelRoma di Torino, è domenica, la tredicesi-ma dopo Pentecoste, e nella messa si leg-ge il Vangelo con l’episodio dei dieci leb-brosi sanati da Gesù (Luca 17, 11-19). Lostigma del “riconoscimento” pubblicoper loro non è maturità, ma coincide conil dolore delle piaghe e con l’esclusionedalle relazioni sociali. Così si rivolgono aquell’uomo che passa dicendogli: «Abbipietà di noi». Anche Pavese, il 18 agosto,aveva scritto sul diario: «O Tu, abbi pie-tà». La stessa preghiera rivolta a chi, uni-co, ci conosce e ci riconosce davvero, ciguarisce e ci ama proprio nella nostra«nudità, miseria, inermità, nulla».

    «Si consolino i perdentii libri più importantidi una generazionenon prendono premi»disse ricevendo lo Strega

    mosi scrittori italiani, ed è sceso a Romada Torino per ricevere il Premio Strega,assegnatogli per La bella estate, trittico diromanzi brevi pubblicato nel 1949 da Ei-naudi, la casa editrice di cui è uno deipiù illustri funzionari. Ottiene 121 voti,lasciandosi alle spalle, tra gli altri, CurzioMalaparte e Concetto Marchesi.

    Le cronache di quel giorno lo descri-vono rilassato, a suo agio, cordiale e di-sposto alla conversazione. C’è chi indul-ge a qualche cenno di gossip spiegandocome la raffinata accompagnatrice, l’attri-ce americana Doris Dowling, sia “soltan-to” la sorella minore di Constance, ladonna, anche lei attrice, che Pavese avevaconosciuto a Roma alla fine dell’annoprecedente e alla quale, perdutamente in-

    di FABIO PIERANGELI

    La dimensione letteraria di Cesare Pave-se è quella di un classico del Novecen-to, testimoniata nel tempo, a set-tant’anni dalla morte, da interpreti diuna “lunga fedeltà”, come Gianni Ven-turi, Anco Marzio Mutterle, Marziano Guglielmi-netti, Lorenzo Mondo, Mariarosa Masoero, LauraNay, a cui si sono affiancate nuove generazioni dilettori e studiosi. Un classico per la sua ininterrot-ta interrogazione sull’intreccio tra il tempo dellastoria e quello dell’esperienza personale, nel dia-logo costante con il linguaggio archetipico delmito che nasconde un’originale ricerca del Diocristiano, se non altro per un fascino letterario in-travisto in squarci luminosi nell’esperienza di uo-mini, capace, forse, di dare senso ultimo alle suericerche sul mito: e «se davvero fosse vero?». Unclassico per il ritmo che ne cadenza le pagine, le-gato non solo allo scorrere delle lancette sul qua-drante dell’orologio. «“Essere fuori dal tempo” —scrive Laura Nay — è la scommessa di Pavese,fuori dal tempo “empirico” per consentire […] il“c o s t ru i r s i ” dell’opera grazie a “istantanee illumi-nazioni”» che siano la creazione di un nuovo or-

    vuole la ricchezza d’esperienze del realismo e laprofondità di sensi del simbolismo», riflette nel Ilmestiere di vivere (14 dicembre del 1939), il diariodi impronta esistenziale e, insieme, affascinantelaboratorio di scrittore. L’equilibrio viene rag-giunto ai vertici di un cammino ventennale, 1930-1950, nei romanzi della piena maturità: La casa in

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 27 agosto 2020

    Se la fame preoccupapiù della pandemia

    Il presidente dell’episcopato boliviano parla della difficile situazione nel paese

    Generosità che salvaCampagne dei vescovi peruviani a sostegno di poveri e malati

    Inaugurata in Argentina l’Università delle periferie

    Per la dignitàdi chi è scartato

    Una donna vende la sua merce in strada a La Paz

    di MARCELO FIGUEROA

    Con una messa online per ce-lebrare l’apertura ma anchela solennità dell’Assunzionedella Beata Vergine Maria, è statainaugurata a Buenos Aires l’Univer-sità Latinoamericana delle periferie(ULPe). La liturgia è stata presie-duta dal vescovo ausiliare GustavoOscar Carrara, vicario episcopaleper le villas della Città autonoma diBuenos Aires (Caba). Nell’omelia ilpresule ha invocato la Vergine diGuadalupe, patrona del popolo la-tinoamericano, dicendo: «Poniamonelle sue mani il progetto della UL-Pe e le chiediamo di farci sempreprocedere nel cammino e di nonpermettere mai che ci dimentichia-mo degli ultimi, che sono preziosi».

    Nel suo intervento padre “Pep e”Di Paola ha affermato «che riscatta-re la saggezza del popolo e che siail popolo a indirizzare il progettodi nazione che vogliamo ci apparestraordinario. Questa messa è comeuna camminata verso il santuariodella nostra Vergine di Luján. CheDio ci benedica in questo cammi-no». Anche padre “Charly” O liveroha voluto essere presente alla messacelebrativa, dichiarando che «que-sto progetto lo stiamo realizzandonoi delle comunità ecclesiali e delleorganizzazioni sociali che fannoparte dell’Unione dei lavoratoridell’economia popolare (Utep). Po-niamo nelle mani di nostra Madre,la Vergine, il cammino di questoprogetto, perché sia un camminoreale per le persone più svantaggia-te della terra argentina».

    Successivamente si è tenuta laCátedra abierta inaugural, la lezioneinaugurale, della ULPe, sempre informa virtuale. Vi hanno preso par-te la segretaria dello Sviluppo so-cio-urbano, Fernanda Miño, il se-gretario dell’Unione operaia dellacostruzione, Gerardo Martínez, l’exministro dei Lavori pubblici dellaprovincia di Córdoba, Hugo Testa,il dirigente dei Movimenti popolariMte-Utfp, Juan Grabois, e monsi-gnor Carrara.

    Con un invito a celebrare insiemequesto sogno del popolo fatto real-tà, gli organizzatori hanno annun-

    ciato che la ULPe sarà uno spaziodi dibattito su uno degli assi cen-trali dell’Argentina del post-pande-mia: l’integrazione socio-urbanadelle villas e dei quartieri popolari,la cui colonna vertebrale è l’accessoalle tre “t”: t i e r ra , trabajo y techo(terra, lavoro e tetto).

    Il progetto educativo dell’Univer-sità Latinoamericana delle periferieè incentrato sullo sviluppo umanointegrale. Offre educazione superio-re destinata a migliorare la qualitàdi vita delle persone che vivono neiquartieri popolari, per riconoscere evalorizzare la dignità di quanti so-no scartati dal sistema economico.La ULPe è destinata ai disoccupati,ai contadini, agli indigeni, agli orti-cultori, ai c a r t o n e ro s , ai venditoriambulanti e ai lavoratori dell’eco-nomia popolare.

    L’obiettivo è di porre l’economiaal servizio dei popoli a partire dalleloro conoscenze, dal basso, daimargini e dalle periferie, per con-quistare le proprie bandiere, i giàcitati tierra, trabajo y techo. Essa na-sce inoltre come bisogno di siste-matizzare la saggezza popolare e laconoscenza acquisita nel camminocomune che stanno percorrendo glihogares de Cristo (centri caritativi) ei movimenti sociali che fanno partedella Utep, per continuare a trovarerisposte reali ai problemi dei quar-tieri, comunità e spazi dell’econo-mia popolare.

    Gli organizzatori hanno sottoli-neato che a unirli è l’anelito di giu-stizia e amicizia sociale, nel quadrodel nuovo ordine mondiale delpost-pandemia, per trovare una so-luzione definitiva al problema dellapovertà. Hanno inoltre affermatoche questa proposta è inauguratainsieme a diversi ambiti politici, re-ligiosi, sindacali, accademici e cul-turali dell’organizzazione popolare.

    Il poliedro identificativo, che èpresente nel logo dell’università, èla figura geometrica scelta da PapaFrancesco come proposta inclusivaper raggiungere il bene comune ela pace sociale mondiale, poichérende possibile l’unità nella diversi-tà.

    A tale riguardo, nel loro invitoformale gli organizzatori citanol’esortazione apostolica Evangeliigaudium, dove appare questa figurageometrica: «Il modello non è lasfera […], dove ogni punto è equi-distante dal centro e non vi sonodifferenze tra un punto e l’altro. Ilmodello è il poliedro, che riflette laconfluenza di tutte le parzialità chein esso mantengono la loro origina-lità. Sia l’azione pastorale sia l’azio-ne politica cercano di raccogliere intale poliedro il meglio di ciascuno.Lì sono inseriti i poveri, con la lorocultura, i loro progetti e le loro pro-prie potenzialità. Persino le personeche possono essere criticate per i lo-ro errori, hanno qualcosa da appor-tare che non deve andare perduto.È l’unione dei popoli, che, nell’or-dine universale, conservano la loropeculiarità; è la totalità delle perso-ne in una società che cerca un benecomune che veramente incorporatutti».

    di GIORDANO CONTU

    Crisi economica, mancanza dilavoro, ferite sociali non an-cora guarite, pericolose pola-rizzazioni, davanti alle quali è dove-roso agire per guardare al futurocon speranza: questi i temi cheemergono nel messaggio pubblicatodai presuli boliviani al termine dellaloro assemblea straordinaria. Con ilpresidente della Conferenza episco-pale, Ricardo Ernesto CentellasGuzmán, arcivescovo metropolita diSucre, abbiamo parlato della diffici-le situazione politica ed economicadel paese aggravata dall’e m e rg e n z asanitaria. «Si va avanti con moltasofferenza, con tante ferite, ma si vaavanti», racconta a «L’O sservatoreRomano». Per questo nei giorniscorsi i vescovi hanno diffuso un do-

    cumento congiunto con le NazioniUnite e con l’Unione europea perpromuovere un dialogo costruttivo.«Abbiamo mostrato la nostra pro-fonda preoccupazione — spiega —per l’intensificarsi dei conflitti socia-li. Il popolo sta già soffrendo per iblocchi stradali, per gli scontri e perle violenze che non aiutano ad af-frontare la pandemia».

    Il documento ha elogiato l’a p p ro -vazione, avvenuta a metà agosto,della legge che fissa entro il 18 otto-bre la celebrazione delle elezioni.«Una luce di speranza che si accen-de nella notte», la definisce monsi-gnor Centellas Guzmán. Ciò haspinto i manifestanti a interromperel’occupazione delle strade che han-no bloccato la nazione per dodicigiorni. Nonostante questo la situa-zione attuale resta molto delicata,osserva il presule: «Dal novembre2019 è presente un governo di tran-

    sizione che molte cose non può de-ciderle, quindi permane una condi-zione di instabilità a tutti i livelli».

    Tutto ha avuto inizio con l’annul-lamento delle elezioni per brogli econ l’esilio in Argentina dell’ex pre-sidente della Repubblica Evo Mora-les. Da allora la nazione è in manoa un presidente ad interim, JeanineÁñez. A maggio i boliviani sarebbe-ro dovuti tornare alle urne, ma il vo-to è stato rimandato a causa dellapandemia. Ciò ha alimentato i timo-ri e la protesta di chi chiedeva unadata certa per la nuova consultazio-ne elettorale. In tale contesto i ve-scovi stanno mediando tra le diverseistanze e chiedono elezioni libere etrasparenti. La riapertura dei 140blocchi stradali è un passo in avantiimportante che pone fine alla parali-si dei trasporti che interessava tutta

    la Bolivia. I contestatori non occu-pano più le vie di comunicazionecon auto o pesanti pietre, ma la pro-testa è solo sospesa. «La questionepolitica proseguirà, non finirà quan-do si terranno le elezioni», sostieneil presidente dell’episcopato. La pa-cificazione dei conflitti «arriverà at-traverso l’incontro e il dialogo» e«questo non si manifesta perché cisono molti pregiudizi. Come a dire:si discute solo a certe condizioni, sesi accetta questo o quello. Io credoche tali atteggiamenti non favorisco-no il dialogo».

    Oggi in Bolivia l’economia è pa-ralizzata, manca il lavoro e questoalimenta i problemi sociali. La si-tuazione è aggravata dalla pande-mia che ha colpito una ventina traministri, viceministri e la stessaÁñez. Attualmente si contano111.000 contagiati, 4664 morti, maanche 48.875 guariti. Un problema

    grave riguarda la salute pubblicache versa in una situazione definita“d e p l o re v o l e ”. «L’intero sistema sa-nitario, già precario, è crollato»,spiega l’arcivescovo di Sucre: «Lepersone contagiate o gravementeammalate non possono essere cura-te negli ospedali, devono restarenelle loro case, ma in molte occa-sioni escono per strada». Questoaccade anzitutto perché le strutturepubbliche garantiscono la gratuitàsolo per le cure strettamente neces-sarie. Ora a causa del covid-19 scar-seggiano i posti in terapia intensivae le bombole di ossigeno. Molti,poi, temono di contagiarsi nei no-socomi e preferiscono affidarsi aguaritori. Inoltre, per i boliviani laprincipale fonte di lavoro è il com-mercio informale che avviene perstrada. Perciò molte persone, fre-

    quentando mercati e piccoli negozi,diventano veicoli del virus.

    «Ciò è inevitabile», commenta ilpresule, «la fame è molto più fortedi qualsiasi misura preventiva». In-fatti, dopo i primi casi di contagioregistrati a marzo, il governo ha di-sposto confinamenti e chiusure,spesso disattesi. Per esempio, illo ckdown imposto dallo Stato e in-trodotto all’inizio è stato sostituitoda una quarantena comunale chepuò durare da pochi giorni a duesettimane. Per quanto riguarda lescuole, già chiuse da mesi, ai diri-genti scolastici era stata data pienalibertà di riaprire o fare lezioni a di-stanza. «La ragione fondamentale èdi tipo economico — sottolinea —ma l’educazione virtuale ha un costoche la maggior parte delle famiglieche vive nelle aree rurali non puòsostenere». Così, alla fine, il gover-no ha dichiarato chiuso l’anno sco-

    lastico, anche se la decisione è stataimpugnata dal tribunale di giustizia.Inoltre, sebbene siano stati chiusi igrandi mercati urbani, «le personecontinuano a muoversi da una parteall’altra», racconta Centellas Guz-mán. «Gli assembramenti sono proi-biti ma sono fuori controllo. Questoha fatto si che il virus si diffondesseda una parte all’altra del paese»:prima l’area più colpita dal covid-19era quella orientale (Santa Cruz, Be-ni e Pando), ora i focolai si sonospostati nell’altipiano (La Paz, Oru-ro e le valli di Tarija e Sucre). «Ciòè successo perch�