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Laboratorio di Costruzione dell’Architettura Dispense del Modulo di COMPORTAMENTO STATICO DELLE STRUTTURE Adriano De Sortis da G. Galilei “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze” A.A. 2004-2005

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Laboratorio di Costruzione dell’Architettura

Dispense del Modulo di

COMPORTAMENTO STATICO

DELLE STRUTTURE

Adriano De Sortis

da G. Galilei “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze”

A.A. 2004-2005

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INDICE

1 INTRODUZIONE 4

2 CONCETTI INTUITIVI 5

2.1 Definizione di struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52.2 Classificazione delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2.2.1 Geometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.2.2 Rigidezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.2.3 Materiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2.3 Strutture rigide tipiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.3.1 Trave e Pilastro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.3.2 Telaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.3.3 Struttura Reticolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.3.4 Arco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.3.5 Piastra e Pannello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.3.6 Volta Cilindrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.3.7 Volta Sferica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2.4 Strutture non rigide tipiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.4.1 Cavo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.4.2 Membrana, Tenda, Rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2.5 Stabilita delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.6 Strutture monodirezionali e bidirezionali . . . . . . . . . . . . . . . . 102.7 Come stabilizzare una struttura semplice mediante diagonali . . . . . 122.8 La regolarita strutturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3 GLI ELEMENTI STRUTTURALI 15

3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.2 Calcolo delle sollecitazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.3 Stima della resistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173.4 Alcuni elementi strutturali monodimensionali . . . . . . . . . . . . . 18

3.4.1 Pilastro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.4.2 Tirante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.4.3 Trave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.4.4 Trave reticolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.4.5 Arco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3.5 Le fondazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.5.1 Fondazioni dirette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.5.2 Fondazioni indirette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

4 PREDIMENSIONAMENTO SEMPLIFICATO 28

4.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284.2 Carichi verticali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284.3 Carichi orizzontali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.4 Predimensionamento semplificato di una struttura intelaiata . . . . . 29

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4.4.1 Solai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.4.2 Travi di testata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 314.4.3 Travi interne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 334.4.4 Pilastri ad area di influenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 344.4.5 Fondazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

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1 INTRODUZIONE

Queste dispense raccolgono alcuni degli argomenti trattati nel Modulo Compor-

tamento statico delle strutture, svolto nell’ambito del Laboratorio di Costruzione

dell’Architettura.Per la loro elaborazione si e fatto largo di un testo di Daniel Schodek1 e

si e utilizzato molto materiale contenuto nelle precedenti stesure della dispensa2.Il testo di Schodek e particolarmente raccomandato per gli studenti della Facoltadi Architettura, in quanto presenta la tematica con un approccio pragmatico e concontinui rimandi alla storia della progettazione architettonica.

Nella elaborazione della dispensa (che si rivolge agli studenti del secondo an-no) non si e data per scontata la conoscenza di argomenti di Statica o di Scienza delleCostruzioni, ma si e cercato di presentare la materia con un approccio “intuitivo”,in modo da ridurre al minimo l’impiego di espressioni matematiche.

L’ambizione dell’insegnamento e quella di fornire allo studente dei rudimen-ti del progetto di strutture che gli servano da guida fin dalle sue prime esperienzedi progettazione. Infatti non si ripetera mai a sufficienza che e assolutamente daevitare una impostazione progettuale, purtroppo molto utilizzata in passato, cheprevedeva l’intervento della figura dell’ingegnere strutturista in un momento succes-sivo a quello della progettazione architettonica. In tal modo si rischiava di dovere“adattare” la struttura all’idea architettonica, con condizionamenti molto pesanti.Ne risultava spesso un organismo strutturale non razionale. Non di rado la stessaprogettazione architettonica veniva messa in discussione dalla fattibilita strutturale,con compromessi spesso discutibili. In questo panorama gia desolante spesso si in-seriva la progettazione impiantistica, svolta successivamente a quella architettonicaed a quella strutturale. In questa fase si assisteva ad un ulteriore peggioramentodel progetto, con l’inserimento indiscriminato di “bucature” per il passaggio degliimpianti, ovviamente in posizioni spesso incompatibili sia con gli aspetti formalie distributivi che con quelli strutturali. Considerazioni del tutto analoghe si pos-sono fare per altri ingredienti della progettazione, come gli aspetti tecnologici, diorganizzazione del cantiere, di prevenzione di vari rischi, legali, ecc.

Per evitare questa serie di errori e fondamentale che siano posseduti dalprogettista Architetto, tra gli altri, i rudimenti della progettazione strutturale chegli consentano di valutare autonomamente la fattibilita delle soluzione progettuali.Se il progetto architettonico sara valido anche dal punto di vista strutturale, lospecialista delle strutture che dovra approfondire gli aspetti di sua competenza nonsara costretto ad adattamenti discutibili o a stravolgimenti.

Nel Capitolo 2 vengono passati in rassegna alcuni concetti di base, nel Ca-pitolo 3 ci si concentra sulle modalita di “funzionamento” strutturale di alcuni deglielementi piu utilizzati, nel Capitolo 4 si forniscono alcune indicazioni operative e sisviluppa un esempio, utile come traccia da seguire nel progetto che viene sviluppatonell’ambito del Laboratorio di Costruzione dell’Architettura.

1D. L. Schodek, Structures, Englewood Cliffs, 19922A. De Sortis, Dispensa per il Modulo di Progetto di Strutture, A.A. 2000-2001; A. De Sortis,

M. Severino, Dispensa per il Modulo di Progetto di Strutture, A.A. 2002-2003

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2 CONCETTI INTUITIVI

2.1 Definizione di struttura

Un modo classico di aprire una trattazione e quello di dare delle definizioni. Partendodalle piu semplici ed intuitive si puo dire che una struttura e un dispositivo atto atrasferire al terreno i carichi che risultano dall’uso (occupanti, arredo, automobili,ecc.) o dalla presenza della struttura stessa (travi, pavimenti, finiture, ecc.). Lacomprensione del comportamento di una struttura passa per la comprensione dialcuni concetti basilari, come quello di forza. E’ inoltre importante affermare alcuniconcetti relativi allo spazio ed alla dimensionalita (dimensione, scala, proporzione,ecc).

La definizione che abbiamo dato prima non fornisce delucidazioni su cosasia il dispositivo che trasferisce i carichi al terreno. Allora si potrebbe tentare unadefinizione da dizionario del tipo: una struttura e una entita fisica avente carattereunitario, concepita come formata da elementi costituenti posizionati nello spazio, incui il carattere dell’insieme domina le relazioni tra le parti. Anche se puo appariremolto contorta, questa definizione ha il merito di evidenziare alcuni concetti basilari:

• la struttura e un oggetto fisico reale e non una entita astratta, e qualcosa chebisogna costruire e quindi come tale deve essere concepita;

• la struttura ha un funzionamento di insieme, cioe non si ottiene dalla meragiustapposizione degli elementi base (ad esempio travi e colonne), ma occorreconcepirla e quindi progettarla come un tutto unico; questo approccio inver-te il modo di procedere non corretto, ma generalmente molto diffuso, in cuiquello che risulta e semplicemente la giustapposizione di elementi che svolgonoognuno una specifica, piccola funzione.

Il riferimento ai tipi di carichi che una struttura deve trasferire al terrenomette in luce un altro fatto molto importante: normalmente una struttura e pro-gettata per un prefissato insieme di carichi e funziona come tale solo nei confrontidi essi (Figura 1, se i carichi cambiano, la struttura potrebbe non funzionare piu).Per fare un esempio bizzarro, una struttura pensata per sopportare il carico datodal peso proprio, da cio che essa contiene e dagli agenti esterni (vento, neve, ecc)non puo essere, come fa Superman, sollevata in un punto e trasportata nello spazio,perche in tal caso crollerebbe immediatamente.

L’atto di progettare una struttura puo essere definito con la stessa comples-sita usata per la struttura stessa, cioe come posizionamento degli elementi costituentie definizione delle relative interrelazioni con l’obiettivo di impartire un ben definitocarattere alla entita strutturale risultante.

2.2 Classificazione delle strutture

E’ fondamentale per la conoscenza in ogni settore la distinzione e l’ordinamentosistematico degli oggetti di studio. Una prima semplice classificazione delle strutturepuo essere basata sulla forma e su proprieta fisiche elementari. Per forma di unastruttura si puo intendere sia una figura geometrica semplice sia una derivazioneottenuta combinando o aggiungendo figure semplici.

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(a) (b) (c) (d)

Figura 1: (a) Assemblaggio piedritti - trasverso: per carichi verticali l’assemblaggioe in grado di trasferire al terreno i carichi applicati e quindi puo essere consideratoun struttura; (b) Assemblaggio piedritti - trasverso: per carichi orizzontali lo stessoassemblaggio che funziona come struttura per i carichi verticali tende a collassarequando e soggetta ad altri tipi di carico; (c) Cambiamento delle relazioni tra glielementi: l’assemblaggio (b) puo essere trasformato in una struttura in grado disopportare sia carichi verticali che orizzontali (cambiamento da connessione sempli-ce a connessione rigida nei nodi); (d) cambiamento della posizione degli elementi:l’assemblaggio (b) puo essere trasformato in una struttura in grado di sopportaresia carichi verticali che orizzontali (riposizionamento pensato di alcuni elementi)

2.2.1 Geometria

Una prima distinzione puo essere quella tra elementi lineari ed elementi di superficie.Gli elementi lineari possono essere rettilinei o curvi, quelli di superficie possono esserepiani o curvi (a semplice o a doppia curvatura). Nella realta non esistono oggetti chesiano effettivamente linee o superfici, in quanto ogni cosa e dotata di uno spessore,ma quando quest’ultimo e piccolo in confronto alle altre dimensioni, si possonoapplicare la nozioni prima introdotte. La geometria di una struttura e anche legataal materiale che la costituisce o alla tecnologia costruttiva: gli elementi in legno oacciaio sono prevalentemente lineari e, aggregandosi, possono formare elementi piani;il calcestruzzo armato si presta altrettanto bene sia a realizzare elementi lineari cheelementi piani.

2.2.2 Rigidezza

Un’altra proprieta importante delle strutture e la rigidezza (Fig. 2). L’effetto deicarichi sulle strutture e quello di produrre delle deformazioni (allungamenti o accor-ciamenti) e delle tensioni (trazioni o compressioni), correlate tra loro attraverso unparametro (modulo di elasticita) che dipende dal materiale costituente l’elementostrutturale. Nelle strutture flessibili (a bassa rigidezza) si verificano sempre allunga-menti, mentre nelle strutture rigide soggette a flessione si verificano sia allungamentiche accorciamenti nella stessa sezione dell’elemento. Alcuni materiali, come legnoe calcestruzzo armato, vengono usati per costruire elementi rigidi, mentre l’acciaiopuo essere usato sia per elementi rigidi (travi, colonne) che flessibili (cavi).

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(a) (b) (c)

(d) (e) (f)

Figura 2: Strutture rigide e strutture deformabili: (a) struttura rigida (trave): lastruttura non mostra significativi cambiamenti della sua forma al cambiare dellaposizione del carico; (b) struttura non rigida (fune): la forma della struttura cambiaal cambiare della posizione del carico

2.2.3 Materiale

Spesso si classificano le strutture in base al materiale (legno, acciaio, ecc.), ma iprincipi di funzionamento che governano il comportamento di strutture in materialidiversi non di rado sono molto simili (p. es. acciaio e legno), per cui le differenzediventano superficiali. Naturalmente aumentando il livello di dettaglio dell’analisiil tipo di materiale acquista una grande importanza in relazione alla resistenza cheesso offre alle azioni esterne (p. .es. il legno e l’acciaio reagiscono sia a trazione chea compressione, il calcestruzzo e la muratura reagiscono bene solo a compressione).

2.3 Strutture rigide tipiche

Nella Figura 3 sono rappresentate schematicamente alcune strutture. Il funziona-mento strutturale di molti organismi architettonici, anche se essi sono apparente-mente molto complessi, spesso si basa sui semplici concetti che vengono riportati diseguito.

2.3.1 Trave e Pilastro

Un modo molto semplice di concepire una struttura e quello di appoggiare un ele-mento orizzontale (trave) su due elementi verticali (pilastri). Le travi sono soggettead un carico trasversale alla loro linea d’asse e risultano inflesse (si dice che lavoranoa flessione). In prima approssimazione si puo invece considerare che pilastri nonsi inflettono, perche il carico e prevalentemente assiale (ovvero parallelo alla linead’asse).

2.3.2 Telaio

L’assemblaggio di una trave ed un pilastro che costituiscono un elementare telaioe apparentemente simile a quello precedente, ma la differenza sostanziale risiedenella rigidezza (o monoliticita) del collegamento dell’elemento orizzontale con quelliverticali. Da cio consegue che la trave anche in questo caso e inflessa, ma le sueestremita sono trattenute dal ruotare grazie alla continuita con il pilastro, mentrequest’ultimo, oltre ad essere caricato assialmente, e anche inflesso.

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2.3.3 Struttura Reticolare

Le strutture reticolari si ottengono assemblando elementi rettilinei di lunghezza mo-desta in modo da realizzare figure triangolari. In essi si puo individuare un com-portamento globale ed uno locale: la trave reticolare nel suo insieme e soggetta aflessione, mentre i singoli elementi che la compongono sono soggetti solo a trazioneo compressione.

2.3.4 Arco

Storicamente gli archi sono ottenuti dalla giustapposizione di blocchi (di pietra omuratura artificiale) a formare una linea curva per superare una distanza tra duepunti. La forma dell’arco e strettamente legata al carico che esso deve sopportare,infatti gli elementi che lo costituiscono sono in grado di esercitare l’un l’altro solocompressioni e cio si realizza, appunto, sagomando opportunamente l’arco. Ne con-segue che gli archi, che sono molto efficienti per i carichi per cui sono stati progettati,risultano incapaci di sopportare drastiche variazioni degli stessi, come forti carichiconcentrati o variazioni della direzione dei carichi. Recentemente e stato utilizzatoanche il calcestruzzo armato per realizzare degli archi, anche di grandi dimensioni,in cui il materiale e sfruttato in maniera ottimale e che, grazie alla presenza dellearmature, sono in grado di sopportare anche delle limitate inflessioni.

2.3.5 Piastra e Pannello

Sono elementi strutturali che individuano superficie piane: essi possono essere usatisia disposti orizzontalmente che verticalmente. Quando il funzionamento e mo-nodirezionale (v. oltre) si possono ricondurre a travi e pilastri. Se sono dispostiverticalmente e se i carichi sono applicati solo parallelamente alla faccia dell’elemen-to essi possono essere realizzati con blocchi. Un caso particolare di piastra e quellareticolare, realizzata espandendo nello spazio il principio di funzionamento della tra-ve reticolare (v. sopra). Un altro caso particolare e quello della lastra piegata, incui la resistenza e dovuta alla particolare conformazione dell’elemento.

2.3.6 Volta Cilindrica

Si tratta di strutture piane a singola curvatura. Un esempio tipico e quello dellavolta a botte. A seconda del tipo di vincolo cambia drasticamente il funzionamento:se gli appoggi sono sui lati corti la volta si comporta come una trave ed e soggetta aflessione, se gli appoggi sono sui lati lunghi la volta e simile a tanti archi affiancatie come tale si comporta.

2.3.7 Volta Sferica

Le volte sferiche sono strutture piane a doppia curvatura. Oltre alle porzioni di sfera,sono state sviluppate, comunque, molte altre forme come, per esempio, quella delparaboloide iperbolico. In passato sono state molto usate perche notevolmente effi-cienti nel coprire grandi luci con impiego limitato di materiale. Le volte sferiche dalpunto di vista geometrico possono essere immaginate come generate dalla rotazionedi un arco intorno ad un asse verticale. Dal punto di vista strutturale hanno un

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(a) (b) (c) (d) (e) (f)

(g) (h) (i) (l) (m) (n)

(o) (p) (q) (r) (s) (t)

Figura 3: Strutture rigide: (a) assemblaggio trave-pilastro; (b) struttura reticolare;(c) arco rigido; (d) arco a blocchi; (e) telaio; (f) struttura reticolare; (g) arco rigido;(h) arco a blocchi; (i) parete rigida; (l) piastra rigida mono-direzionale); (m) volta abotte; (n) cupola (superficie continua o a maglia); (o) parete a blocchi; (p) piastrarigida (bi-direzionale); (q) struttura reticolare spaziale; (r) lastra piegata; (s) voltaa blocchi; (t) cupola a blocchi

funzionamento abbastanza diverso da quello che si potrebbe immaginare pensandoai singoli archi. Infatti nella volta si generano anche azioni circonferenziali. Un casoparticolare e costituito dalle volte reticolari, realizzate con l’organizzazione di cortielementi rettilinei per formare delle maglie triangolari.

2.4 Strutture non rigide tipiche

Nella Figura 4 sono rappresentate alcune tipiche strutture non rigide.

2.4.1 Cavo

La proprieta fondamentale del cavo e quella di assumere una forma che dipende dalcarico o dai carichi applicati (posizione e intensita). Esiste una stretta corrispon-denza tra la forma di un cavo e quella di un arco: applicando ad un cavo gli stessicarichi che gravano su di un arco il cavo assume una configurazione che e quellacorretta per far funzionare un arco in modo ottimale.

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(a) (b) (c) (d)

Figura 4: Strutture non rigide: (a) cavi; (b) tenda; (c) reti; (d) membranepneumatiche

2.4.2 Membrana, Tenda, Rete

Una membrana e un foglio sottile e flessibile. Data la sua mancanza di rigidezza,per poter assumere delle curvature utili ad assolvere usi nel settore delle costruzioni,deve essere sostenuta da montanti, tiranti o dall’aria (cupole pneumatiche). E’ moltodifficile realizzare forme sferiche mediante cavi e tiranti, ma essa si presta bene adaltre forme (paraboloide).

2.5 Stabilita delle strutture

In una struttura stabile le deformazioni provocate dai carichi esterni di solito sonomodeste e si generano in essa delle forze interne che tendono a riportare la strutturanella sua configurazione originaria al cessare del carico (Figura 5). In una strutturainstabile i carichi producono deformazioni evidenti e queste spesso tendono ad au-mentare mentre tali carichi sono applicati. In una struttura instabile non si generanoforze interne che tendono a riportarla nella configurazione originaria, ma sovente siverifica il collasso.

2.6 Strutture monodirezionali e bidirezionali

Nelle strutture monodirezionali il meccanismo di trasferimento dei carichi al ter-reno agisce in una sola direzione, nelle strutture bidirezionali il meccanismo e piucomplesso, ma comunque interessa almeno due direzioni (Figura 6). Si vede che ladirezionalita di lavoro di una struttura dipende dai vincoli al contorno e quindi tuttocio ha a che fare con l’organizzazione spaziale dell’edificio. Ad esempio l’elementostrutturale piano rettangolare piastra, caricato perpendicolarmente al proprio piano,lavora su due direzioni ortogonali tra loro (lavora a piastra) solo se tutti e quattroi lati dell’elemento sono vincolati; altrimenti se solo due lati dell’elemento (oppostitra loro) sono vincolati ed i restanti due lati sono liberi, l’elemento piastra si com-porta come un insieme di elementi monodirezionali (travi) affiancati tra loro. Chetipo di conseguenze ci possono essere sbagliando il vincolo della piastra? Una primaevidente conseguenza e la differente deformabilita della piastra, a parita di carichiapplicati. Nel comportamento bidirezionale si hanno deformazioni inferiori rispettoal comportamento monodirezionale. Altre conseguenze si hanno, ad esempio, neltrasferimento dei carichi orizzontali alle strutture verticali preposte. Questo esem-pio ci insegna che nella progettazione strutturale non basta individuare la tipologiadi elemento strutturale da utilizzare (la piastra), ma occorre porre molta atten-

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(a) (b) (c)

(d)

(e)

Figura 5: Stabilita delle strutture: (a) assemblaggio piedritti-trasverso stabile percarichi verticali; (b) la struttura (a) e instabile sotto carichi orizzontali; (c) instabilitadi un assemblaggio pannelli-piastra; (d) tre modi di assicurare la stabilita laterale diun assemblaggio semplice: controvento diagonale, pannello di taglio, giunti rigidi; (e)qualunque metodo utilizzato per fornire stabilita laterale ad una struttura dovrebbeessere usato simmetricamente, altrimenti si potrebbero verificare effetti torsionaliindesiderati

zione a come l’elemento e vincolato al contorno. Diversamente possono verificarsicomportamenti reali della struttura non previsti e quindi indesiderati o addiritturapericolosi.

(a) (b) (c) (d)

Figura 6: Strutture mono e bi-direzionali: (a) trave; (b) graticcio; (c) piastra chelavora in una sola direzione; (d) piastra che lavora in due direzioni

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2.7 Come stabilizzare una struttura semplice mediante diagonali

Consideriamo un struttura semplice (Figura 7) costituita dall’assemblaggio di duepilastri ed un trave incernierati tra loro e con il terreno. Un sistema cosı composto sichiama parallelogramma articolato. Se applichiamo una forza orizzontale in testa aduno dei due pilastri, la distanza iniziale tra due vertici opposti del parallelogramma(B e D) tende ad aumentare, mentre quella degli altri due vertici (A e C) tende adiminuire. La struttura e instabile.

Se ora si posiziona un cavo tra i punti A e C, questo tendera ad opporsi alloro allontanamento. In esso si sviluppera una trazione. La struttura risulta stabi-lizzata. Tuttavia se si inverte la direzione del carico, nel cavo dovrebbe svilupparsiuna compressione (il cavo resiste solo a trazione) e quindi la struttura non risultastabilizzata.

Se invece si inserisce un elemento rigido posizionato tra i punti A e C, questotendera ad opporsi al loro allontanamento. In esso si sviluppera una trazione. Lastruttura risulta stabilizzata. Un’inversione di direzione del carico applicato in B,avra l’effetto di comprimere l’elemento rigido che pero questa volta e in grado di sop-portare questo tipo di carico, a meno di fenomeni di instabilita laterale dell’elementodiagonale compresso. La struttura continua ad essere stabilizzata.

Immaginando che la forza orizzontale (e la relativa inversione di direzione dicarico) puo essere effettivamente prodotta, ad esempio, da un terremoto, e evidentetra i due sistemi di stabilizzazione quello con la fune posta solo tra i vertici A e Cnon e sufficiente allo scopo (occorre inserire un’altra fune tra B e D), mentre unelemento rigido diagonale puo bastare.

2.8 La regolarita strutturale

Uno dei concetti intuitivi piu importanti nella progettazione concettuale delle strut-ture e quello di regolarita. Si e osservato, soprattutto in occasione di eventi ecce-zionali nella vita di una struttura come i terremoti, che molte strutture idonee atrasferire al terreno i carichi verticali (quelli dovuti al peso della struttura stessa edel suo contenuto) non hanno avuto un comportamento accettabile, cioe hanno su-bito danni molto gravi o addirittura sono crollate. Osservando piu attentamente laconcezione di queste strutture si e constatato che esse presentavano delle irregolaritamarcate in pianta o in elevazione. Da queste osservazioni e da una serie di studiteorici sono stati tratti degli insegnamenti da applicare nella progettazione dellestrutture nuove, cioe degli accorgimenti che devono essere usati dal progettista finodalle prime fasi della concezione dell’organismo strutturale. Questi accorgimenti siriferiscono al concetto di regolarita.

Si puo dire che una struttura regolare presenta spiccate proprieta di sim-metria. Quindi le piante quadrate o circolari o rettangolari con rapporto tra i latiminore di 3 si possono considerare regolari.

Si potrebbe essere portati a concludere che il perseguimento della regolaritacomporti una serie di vincoli inaccettabili nella progettazione architettonica, che nelsuo sviluppo contemporaneo certamente non fa della simmetria un valore univer-salmente riconosciuto. Ma cosı non e. Infatti e possibile ricondurre un organismoarchitettonico anche molto complesso e non regolare ad una struttura perfettamen-te regolare, attraverso l’inserimento di giunti, ossia di sconnessioni nella struttura

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Figura 7: Come stabilizzare una struttura: (a) Configurazione deformata di un assemblaggio semplice senzadiagonali: la distanza iniziale tra i punti A e C tende ad aumentare, quella tra B e D a diminuire; la struttura einstabile. (b) Un cavo posizionato tra i punti A e C tendera ad opporsi al loro allontanamento; in esso si svilupperauna trazione; la struttura risulta stabilizzata. (c) Un elemento rigido posizionato tra i punti A e C tendera ad opporsial loro allontanamento; in esso si sviluppera una trazione; la struttura risulta stabilizzata. (d) Un cavo posizionatotra i punti B e D e inutile; in esso si dovrebbe sviluppare una compressione; la struttura non risulta stabilizzata; lostesso effetto si verifica in (b) quando il carico cambia direzione. (e) Un elemento rigido posizionato tra i punti B eD tendera ad opporsi al loro avvicinamento; in esso si sviluppera una compressione; la struttura risulta stabilizzata.(f), (g) Per stabilizzare completamente la struttura in entrambe le direzioni del carico e necessario posizionare duecavi, ognuno dei quali lavora mentre l’altro e scarico a seconda della direzione del carico. (h), (i) Posizionando dueelementi rigidi si ottiene la stabilizzazione, ma si fa un uso ridondante del materiale, in quanto entrambi gli elementilavorano indipendentemente dalla direzione del carico.

portante, aventi lo scopo di individuare piu strutture tra loro indipendenti. Perillustrare il concetto con un semplice esempio, consideriamo la pianta a forma di Lriportata in Figura 8. Se sovrapponiamo ad una pianta architettonica cosı concepi-ta una struttura avente la stessa forma, otteniamo una struttura irregolare, poichenon esistono piani di simmetria. Se invece consideriamo due strutture indipendentidi forma rettangolare, abbiamo sposato la stessa pianta con due strutture regolari(Figura 8). Le due strutture hanno in comune soltanto le fondazioni, mentre incorrispondenza del giunto si deve realizzare un raddoppio di pilastri e travi. Questonon e l’unico modo di realizzare un giunto. Si possono trovare molte altre soluzioni,in relazione alle esigenze del progetto architettonico (Figura 9). Analogo discorsopuo essere fatto per l’elevazione, come rappresentato nella Figura 10: quando si ein presenza di edifici con significative variazioni di altezza, e opportuno renderneindipendenti le strutture portanti, che hanno in comune solo le fondazioni.

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Figura 8: Regolarita strutturale in pianta mediante l’inserimento di giunti

Figura 9: Possibili configurazioni di giunti

Figura 10: Regolarita strutturale in elevazione mediante l’inserimento di giunti

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3 GLI ELEMENTI STRUTTURALI

3.1 Introduzione

Nel capitolo precedente sono stati affrontati alcuni aspetti della progettazione con-cettuale delle strutture. La comprensione del comportamento delle strutture esi-stenti e di grande aiuto nell’inserimento della struttura in un nuovo progetto archi-tettonico e forma la base di partenza anche per l’ideazione di tipologie di strutturedel tutto nuove ed originali. Fino ad ora ci si e basati su interpretazioni di caratterequalitativo, prescindendo dalle dimensioni e dal materiale di cui la struttura e costi-tuita. In questo capitolo si introducono alcuni concetti di base per esaminare anchequantitativamente il funzionamento di una struttura. Infatti, per portare ad un li-vello accettabile di definizione il progetto architettonico, non e possibile prescindereda alcune informazioni di carattere quantitativo sulle strutture.

3.2 Calcolo delle sollecitazioni

Si dice sollecitazione l’effetto prodotto da un carico in una zona di un elementostrutturale; ad esempio nella Figura 11 il carico e il peso sospeso alla fune, che e lastruttura, mentre la sollecitazione e la trazione che si genera nella corda stessa. Cisono strutture semplici, dette isostatiche, in cui si possono calcolare le sollecitazioni apartire dai carichi, semplicemente basandosi sul concetto di equilibrio. Nell’esempioprecedente se il peso e di 10 kg lo possiamo sostituire con un simbolo detto “forza”che viene rappresentato con una freccia diretta nel verso in cui agisce il carico elunghezza proporzionale all’intensita del carico (Figura 11b). Se ora operiamo untaglio nella fune (Figura 11c), in corrispondenza della sezione A-A e vogliamo evitareche il peso cada dobbiamo applicare in corrispondenza del taglio una forza di 10 Kgdiretta verso l’alto. In questo modo abbiamo soddisfatto l’equilibrio. Al carico Cdi 10 Kg corrisponde una sollecitazione S di 10 Kg (trazione). Il carico C e unaazione esterna, la sollecitazione S rappresenta le azioni che le particelle all’internodel corpo si scambiano quando vengono sollecitate dall’esterno. Possiamo osservareche il risultato non cambia al variare della posizione del taglio, quindi tutte le fibredella fune sono sottoposte alla stessa sollecitazione (la trazione e uniforme). Se oraci soffermiamo sul tratto di fune al di sopra del taglio, osserviamo che questo sarasoggetto ad una forza (S) di 10 Kg cambiata di verso (Figura 11d).

Il ragionamento precedente si puo trasferire in generale: per conoscere lesollecitazioni all’interno di una struttura isostatica si opera un taglio e si mette inequilibrio la porzione risultante. Le sollecitazioni possono essere di due tipi: forzee momenti. Un modo semplice per rappresentare il momento e il principio dellaleva: nell’esempio di Figura 12a il valore del momento (M) causato dalla forza di 10Kg e dato dal prodotto tra l’intensita della forza e la sua distanza dal fulcro dellaleva, detta braccio (M = 10 × 2 = 20 Kgm). Nella leva si ha equilibrio quando ilmomento a destra del fulcro e uguale a quello alla sua sinistra (Figura 12b).

Facciamo un esempio per il calcolo delle sollecitazioni in una mensola (Fi-gura 13). Come gia detto prima, il sistema e quello di tagliare la struttura e metterein equilibrio la parte restante. Per bilanciare la forza di 10 Kg sembra naturaleapplicare una forza di 10 Kg nella direzione opposta (questa sollecitazione e det-ta taglio), L’insieme delle due forze, pero, non e sufficiente per l’equilibrio, infatti

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(a) (b) (c) (d)

Figura 11: Schematizzazione della sollecitazione di trazione che si genera in unacorda con carico sospeso: (a) struttura e vincolo; (b) il peso e sostituito dalla forzaC; (c) la sollecitazione di trazione e la forza S che bisogna applicare alla sezione A-Adella fune per metterla in equilibrio con il carico esterno C; (d) la sollecitazione ditrazione S e la risultante delle azioni che si scambiano due facce di una sezione dellafune

se immaginiamo una leva con fulcro in corrispondenza del taglio, questa non e inequilibrio a meno che non applichiamo alla sinistra del fulcro un momento ugualee contrario (detto momento flettente). Quindi nella mensola nascono due solleci-tazioni: il taglio ed il momento flettente. Dai due semplici casi della fune e dellamensola abbiamo ricavato tre tipi di sollecitazioni: lo sforzo normale (che puo esseredi trazione o di compressione), il taglio ed il momento flettente. Ricapitoliamo glieffetti delle varie sollecitazioni con l’aiuto della Figura 14. Pensiamo di tracciare deireticoli sulle facce di un elemento ed osserviamo come si deforma il reticolo:

• con la trazione si ha un allungamento uniforme nella direzione del carico;

• con la compressione si ha un accorciamento uniforme nella direzione delcarico;

• con la flessione si ha contemporaneamente un allungamento dello stratoinferiore (trazione) ed un accorciamento dello strato superiore (compressione);

(a) (b)

Figura 12: La leva: (a) momento della forza applicata ad un estremo; (b) condizionedi equilibrio

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Figura 13: Esempio di calcolo delle sollecitazioni in una mensola

• con il taglio gli angoli retti si deformano.

Cio che abbiamo detto precedentemente si applica, a rigore, alle sole strut-ture isostatiche. Per quelle iperstatiche si puo, in prima approssimazione, utilizzaredegli schemi isostatici di comodo, avendo l’accortezza di stimare le sollecitazioni pereccesso. Per i fini che ci proponiamo in questo corso le approssimazioni sono deltutto accettabili, visto che siamo interessati alla fattibilita del progetto strutturale,piuttosto che alla verifica puntuale della costruzione.

3.3 Stima della resistenza

Mentre il calcolo delle sollecitazioni e indipendente dal materiale che costituisce lastruttura, la stima della resistenza ne deve tener conto. E’ noto che ci sono materialiche reagiscono bene sia a trazione che a compressione (legno, acciaio in profili),mentre altri reagiscono bene solo a compressione (pietre, muratura, calcestruzzo nonarmato) o solo a trazione (acciaio in funi o catene). Un caso particolare e quello delcalcestruzzo armato, in cui si sopperisce alla mancanza di resistenza a trazione delcalcestruzzo inserendo l’acciaio sotto forma di barre. Come le sollecitazioni sono unmodo per misurare l’effetto dei carichi esterni sulle strutture, cosı e necessario trovareun parametro per misurare la resistenza di un materiale. Ritorniamo all’esempio delcarico sospeso (Figura 11a) ed operiamo un taglio nella fune. Abbiamo visto chele forze che i due tratti di fune si scambiano (sollecitazioni di sforzo normale) sonopari al carico applicato. Immaginiamo che la fune sia, per semplicita, costituita da10 fili. E’ immediato pensare che ogni filo debba sopportare una forza N pari a :

N =10 Kg

10 fili= 1

Kg

filo

Se ogni filo ha una sezione di area 1 cm2 si puo dire che il carico appeso comportauna tensione normale σ di 1 Kg/cm2:

σ = 1Kg

cm2

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Figura 14: Visualizzazione di alcune caratteristiche di sollecitazione

La tensione normale nella fune e data dal rapporto tra lo sforzo normale e l’area dellasezione. Se ora aumentiamo il carico fino a quando la fune si spezza, per esempiofino a 100 Kg, la tensione limite del materiale che costituisce la fune vale:

σ =100

10= 10

Kg

cm2

E’ molto importante ragionare con le tensioni, perche la tensione limite non dipendedalle dimensioni della fune. Infatti se la fune fosse fatta di 5 fili, ad un carico di 50Kg corrisponderebbe di nuovo una tensione:

σ =50

5= 10

Kg

cm2

e la fune si spezzerebbe. Se l’elemento e soggetto non a trazione ma a flessione o ataglio il modo di calcolare la tensione cambia, ma non cambia il principio generaleper cui un materiale si rompe quando si raggiunge la sua tensione limite.

3.4 Alcuni elementi strutturali monodimensionali

Nel seguito passiamo in rassegna alcuni degli elementi strutturali piu diffusi. Per cia-scuno di essi oltre alla definizione ed alla descrizione del meccanismo di trasferimento

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dei carichi ai vincoli, si accenna al criterio di predimensionamento.

3.4.1 Pilastro

E’ uno degli elementi strutturali piu semplici e usati fin dall’antichita. Essendo sol-lecitato prevalentemente a compressione, si presta ad essere realizzato con tutti itipi di materiali tradizionali: pietre squadrate nei templi greci, muratura nelle co-struzioni romane, legno, acciaio o calcestruzzo armato. E’ un elemento strutturalemonodimensionale soggetto prevalentemente a carichi esterni agenti parallelamentealla linea d’asse. L’applicazione del carico esterno genera una forza interna, denomi-nata Sforzo Normale; esso corrisponde ad una tensione di compressione nella sezionedel pilastro che si scarica direttamente sul vincolo. Detto N lo sforzo normale ed Al’area della sezione, la tensione di compressione vale:

σ =N

A

Le dimensioni del pilastro devono essere tali da non far superare la tensione limiteche, di solito, viene mantenuta abbastanza al di sotto del limite vero e proprio delmateriale: 5-10 Kg/cm2 per la muratura, 50-70 Kg/cm2 per il calcestruzzo armato.

Un fenomeno a cui possono essere soggetti gli elementi di acciaio e quellodella instabilita. Essa si verifica quando il pilastro e molto snello, cio quando lasua lunghezza e molto piu grande delle dimensioni della sezione. Succede che benprima di raggiungere la tensione limite del materiale il pilastro sbanda lateralmentee si inflette, perdendo la capacita di portare il carico. Per non incorrere in questoproblema nelle costruzioni in acciaio si usano tensioni limite ridotte, di solito nonsuperiori ai 500-1000 Kg/cm2.

3.4.2 Tirante

E’ un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichiesterni agenti parallelamente alla linea d’asse. L’applicazione del carico esterno ge-nera una forza interna, denominata Sforzo Normale, corrispondente ad una tensionedi trazione nella sezione del tirante, che si scarica direttamente sul vincolo. DettoN lo sforzo normale ed A l’area della sezione, la tensione di trazione vale:

σ =N

A

Il tirante puo essere realizzato solo con materiali reagenti a trazioni (legno o acciaio).Raramente si usa il calcestruzzo armato facendo assorbire tutta la trazione alle barredi acciaio. In quest’ultimo caso il calcestruzzo svolge la funzione di rivestimento,comunque molto importante perche l’acciaio se esposto direttamente agli agentiatmosferici in breve tempo si corrode. Nelle costruzioni storiche i tiranti sono moltousati per assorbire le spinte negli archi (vedi seguito). Nei tiranti non sussiste ilpericolo dell’instabilita, per cui si puo arrivare nell’acciaio a tensioni di circa 2000Kg/cm2.

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3.4.3 Trave

E’ un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichiesterni agenti perpendicolarmente alla linea d’asse. L’applicazione del carico esternogenera una sollecitazione interna, denominata Momento Flettente, corrispondentead una tensione di compressione nelle fibre superiori ed una tensione di trazionenelle fibre inferiori. Associato al momento flettente, quando questo varia lungol’asse dell’elemento, si verifica anche la sollecitazione di Taglio. Il comportamentodei materiali reagenti sia a trazione che a compressione e abbastanza diverso daquello del calcestruzzo armato, per cui li esaminiamo di seguito separatamente.

Legno o acciaio Si e prima visto che, a causa della flessione, si verifica un allun-gamento di alcune fibre (trazione) ed un accorciamento di altre (compressione). Ilmateriale raggiunge il suo limite quando la tensione di compressione o di trazioneraggiunge quella massima del materiale. Per calcolare la tensione (σ) corrispon-dente ad un certo momento flettente (M), si divide quest’ultimo per un parametrochiamato modulo di resistenza (W ) che dipende dalla forma e dalle dimensioni dellasezione:

σ =M

W

La tensione limite nel legno e di circa 50-100 Kg/cm2, nell’acciaio e di circa 2000Kg/cm2. Per i profilati di acciaio commerciale i moduli di resistenza si trovanotabellati, per le sezioni rettangolari di base b e altezza h si ha:

W =bh2

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Calcestruzzo armato In questo caso si sfrutta l’acciaio per assorbire le tensionidi trazione che il calcestruzzo da solo non potrebbe sopportare. Per il calcolo sem-plificato si puo usare un modulo di resistenza che ha la stessa funzione che nel casoprecedente e vale (Figura 15):

W = 0.9HAa

dove H e la distanza dei tondini dal bordo opposto della sezione ed Aa

e la sommadelle aree di tutti i tondini disposti su di un lato (sulla fibra tesa). Oltre alla tensioneσ, che in via approssimata si calcola con la formula vista sopra, per il cemento armatobisogna calcolare anche un altro tipo di tensione, che si chiama tensione tangenziale:

τ =T

0.9BH

dove B e la larghezza della sezione e H ha lo stesso significato di prima. La tensionetangenziale non deve superare i 20 Kg/cm2.

3.4.4 Trave reticolare

E’ un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichiesterni agenti perpendicolarmente alla linea d’asse. Con le travi reticolari si possonoraggiungere luci anche elevate con uso di elementi componenti di limitata lunghezza,assemblati in modo da ottenere maglie triangolari. L’applicazione del carico esterno

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Figura 15: Schema per il calcolo del modulo di resistenza di una sezione dicalcestruzzo armato

genera sollecitazioni normali interne agli elementi costituenti, alcune di compressionee altre di trazione, per cui i singoli elementi possono essere calcolati come gia vistoper il pilastro e per il tirante.

Un primo controllo molto semplice per predimensionare l’altezza della travereticolare con vincoli di semplice appoggio consiste nel calcolare il momento flettentecome se si trattasse di una trave ordinaria. Dividendo il momento flettente perl’altezza della trave (l’altezza di una trave reticolare corrisponde alla distanza tra ilcorrente teso e quello compresso) si ottiene la compressione negli elementi superiori ela trazione in quelli inferiori. Con questi valori si puo procedere alle usuali verifiche.

3.4.5 Arco

E’ un elemento strutturale monodimensionale soggetto prevalentemente a carichiesterni agenti perpendicolarmente alla linea d’asse, analogamente alla trave, ma consollecitazioni interne predominanti di sforzo normale. A queste si accompagna unaazione orizzontale dell’arco (chiamata spinta) in corrispondenza di ogni vincolo, chedeve essere idoneo ad assorbirla.

La forma dell’arco e strettamente legata ai carichi che questo deve sostene-re. La configurazione assunta da una fune tesa tra i vincoli dell’arco, quando essaviene caricata con le stesse forze applicate all’arco, si chiama funicolare dei carichi.Ribaltando la funicolare dei carichi si ottiene una curva che rappresenta la lineadelle pressioni nelle varie sezioni dell’arco. Quando piu questa linea si avvicina allalinea d’asse geometrica, tanto migliore e il progetto dell’arco.

Un caso particolare di arco e l’arco a spinta eliminata (Figura 16). In questocaso, tra i vincoli si dispone un elemento (detto catena) in grado di assorbire la spintagenerata dall’arco sui vincoli, che devono quindi reagire solo in direzione verticale.La catena e soggetta a trazione. Nelle costruzioni in cui piu archi simili per formae carichi sono affiancati uno all’altro, l’eliminazione della spinta e una conseguenzadella combinazione delle reazioni dei singoli archi.

3.5 Le fondazioni

Rappresentano la parte dell’edificio che trasferisce i carichi al terreno. Date le grandiincertezze nella conoscenza delle proprieta del terreno di fondazione e le eventualidisomogeneita difficilmente riconoscibili con precisione in fase di progetto, esse gene-

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Figura 16: Arco a spinta eliminata

ralmente sono dimensionate con margini di sicurezza superiori a quelli che si usanoper le strutture in elevazione.

Negli edifici storici in muratura le fondazioni erano realizzate con un sem-plice allargamento della base del muro, in quanto si era osservato che il terreno nonroccioso puo resistere a pressioni piu basse di quelle della muratura. Per terreni diqualita medie si puo assumere una pressione massima di circa 1-2 Kg/cm2.

Sulla base di come il carico viene trasmesso al terreno le fondazioni possonoessere definite dirette o indirette.

3.5.1 Fondazioni dirette

Le fondazioni dirette si usano quando il terreno di buone caratteristiche puo essereraggiunto ad una profondita modesta, con uno scavo normale. In base alla forma edimensione della base di appoggio, le fondazioni dirette possono essere a plinto, atrave rovescia, a platea.

Le fondazioni a plinto (Figura 17) si utilizzano in presenza di carichi noneccessivi e terreni di buone caratteristiche geotecniche, quando le strutture verticalidi elevazione sono costituite da pilastri. I plinti costituiscono un allargamento dellabase del pilastro, allargamento necessario per passare dalla tensione media di circa60-70 Kg/cm2 agli 1-2 kg/cm2 massimi sul terreno. Per ottenere tale riduzione lasuperficie del plinto deve essere circa 35-70 volte quella del pilastro. In zona sismicae buona regola collegare i plinti con cordoli in calcestruzzo armato. Per stimare ledimensioni del plinto si deve effettuare preventivamente una valutazione dello sforzonormale nel pilastro. A questo valore si aggiungono circa 1000 kg, che rappresentanouna stima del peso del plinto, e si calcola la tensione media sul terreno:

σ =N

A

dove si e indicato con N lo sforzo normale (in Kg) e A l’area dell’impronta del plinto(in cm2). La tensione media, come gia detto, non deve superare 1-2 kg/cm2. Sequesto accade e necessario provare con una impronta di dimensioni maggiori.

Le fondazioni a trave rovescia (Figure 18 e 19) si utilizzano in presenzadi carichi elevati e terreni mediamente resistenti, quando le strutture verticali dielevazione sono costituite da pilastri, da setti o da murature. La fondazione continua

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Figura 17: Pianta e sezione di un plinto isolato

offre, rispetto a quella a plinti, una superficie di appoggio maggiore. La fondazioneviene detta a trave rovescia perche funziona al contrario di una normale trave inc.a. di elevazione: nella fondazione infatti i carichi vengono dal basso perche sonol’effetto della reazione del terreno, mentre le strutture di elevazione (pilastro o setti)costituiscono i vincoli della trave. La forma della sezione e generalmente quella diuna T rovesciata.

La fondazione a platea (Figure 20 e 21) e una fondazione continua chesi allarga fino a comprendere tutta l’area occupata dalla costruzione. Si utilizzaquando i carichi sono molti elevati, le caratteristiche del terreno non sono buone enon e possibile realizzare le fondazioni profonde di cui si parlera tra poco.

3.5.2 Fondazioni indirette

Le fondazioni indirette si rendono necessarie quanto non e possibile trasmettere ilcarico della struttura in elevazione direttamente agli strati di terreno superficiali,perche questi hanno scadenti proprieta di resistenza. E’ necessario, allora, interessarei terreni posti a maggiore profondita (generalmente a partire da 8-10 m dal piano dicampagna), che di solito hanno caratteristiche di resistenza migliori. Per questo siricorre ai pali, ovvero elementi monodimensionali (a sezione circolare), generalmenteverticali, che raggiungono gli strati profondi del terreno; la diffusione del carico dellastruttura al terreno avviene in punta (carico di punta) e sulla superficie laterale delpalo (carico laterale) per effetto dell’attrito tra palo e terreno circostante (Figura22). Il diametro dei pali varia generalmente dai 50 ai 200 mm.

In tutte le tipologie sopra esposte, la testa dei pali e collegata alla strutturadi elevazione tramite un dado di calcestruzzo armato che trasferisce il carico dalpilastro al palo o al gruppo di pali che costituiscono la fondazione (Figure 23 e 24).

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Figura 18: Pianta di fondazioni a travi rovesce

Figura 19: Assonometria di una trave rovescia

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Figura 20: Pianta di fondazioni a platea

Figura 21: Assonometria di una platea di fondazione

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Figura 22: Schema di trasferimento al terreno del carico sul palo

Figura 23: Pianta di fondazioni a plinti su pali

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Figura 24: Assonometria di plinti su pali

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4 PREDIMENSIONAMENTO SEMPLIFICATO

4.1 Premessa

Per effettuare la progettazione preliminare di una struttura e essenziale quantifica-re accuratamente i carichi dovuti al peso della struttura stessa (peso proprio) edalle finiture e stimare in maniera attendibile i sovraccarichi. I sovraccarichi sono icarichi dovuti all’uso (arredo, folla, automezzi, etc.) o quelli che possono derivaredall’ambiente (vento, neve, sisma). E’ stato gia detto, infatti, che una strutturaviene progettata in riferimento a certi tipi di carichi e puo cessare di comportarsicome tale se soggetta a carichi del tutto inattesi.

Per gli edifici di solito si fa una distinzione tra carichi verticali e carichiorizzontali. La distinzione dipende dal meccanismo di trasferimento dei carichi alterreno. Per i carichi verticali di solito sono interessati pochi elementi strutturali,seguendo la gerarchia tipica del sistema costruttivo: p. es. travetto-trave-pilastro-plinto-terreno. Per i carichi orizzontali, invece, e essenziale che la struttura esibiscaun buon comportamento di insieme.

4.2 Carichi verticali

Si deve stimare:

• Il peso degli elementi strutturali, tenendo conto dei rispettivi pesi specifici:

– Calcestruzzo 2400 Kg/m3

– Calcestruzzo armato 2500 Kg/m3

– Legno 500 Kg/m3

– Acciaio 7850 Kg/m3

– Laterizio pieno 1800 Kg/m3

• Il peso delle finiture, delle partizioni, degli impianti (di solito si ingloba tuttoin un carico onnicomprensivo di 100-150 Kg/m2)

• Il peso delle eventuali tamponature sugli elementi su cui gravano (900 Kg/m3

per i laterizi forati)

• I sovraccarichi variabili, che dipendono dall’uso degli ambienti (sono discipli-nati dalla normativa):

– Abitazioni 200 Kg/m2

– Locali pubblici 300 Kg/m2

– Locali affollati 400 Kg/m2

– Mercati, librerie 500 Kg/m2

– Balconi e scale comuni 400 Kg/m2

– Sottotetti praticabili per manutenzione 100 Kg/m2

– Coperture non praticabili 50 Kg/m2

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– Parcheggi per autovetture 250 Kg/m2

– Zone carrabili circa 2000 Kg/m2

– Archivi, biblioteche 600 Kg/m2

– Terreno vegetale 1800 Kg/m3

• Il peso della neve (e stabilito dalla normativa e dipende dalle zone e dall’alti-tudine, varia da circa 100 a circa 350 Kg/m2)

4.3 Carichi orizzontali

Come i sovraccarichi verticali variabili, anche quelli orizzontali (vento e sisma) sonostabiliti dalla normativa. E’ difficile effettuare un predimensionamento semplificatodi una struttura a carichi orizzontali, per cui ci si cautela con una buona progetta-zione concettuale. Di questo si e parlato nel paragrafo 2.8, quando si e presentatoil concetto di regolarita strutturale. Questo criterio trova la sua giustificazione nel-l’osservazione dei danni prodotti dai terremoti su edifici progettati senza tener contodelle azioni sismiche: quelli regolari hanno quasi sempre un comportamento migliore,con danni minori rispetto agli edifici irregolari.

4.4 Predimensionamento semplificato di una struttura intelaiata

Si immagina di volere controllare la fattibilita di una struttura molto semplice inc.a., cioe di verificare che le luci e le dimensioni degli elementi costruttivi sianocompatibili con i carichi verticali ipotizzabili.

Nella Figura 25 e riportata una pianta del piano tipo con alcune sezioni lon-gitudinali e trasversali. Le informazioni disponibili prima del predimensionamentosono solo l’interasse dei pilastri nelle due direzioni.

4.4.1 Solai

Si utilizza un prontuario in cui e fornito per ogni tipo di solaio, di altezza e di luce,il momento massimo sopportabile (Figura 26). Si prova con il solaio 3Q di altezza20 + 5 cm. Si calcolano i carichi che gravano su di una striscia di 1 m di solaio:

• peso del solaio (dal prontuario) 325 Kg/m

• finiture 100 Kg/m

• tramezzi 100 Kg/m

• sovraccarico 200 Kg/m

• carico totale p = 725 Kg/m

Per il calcolo del momento flettente massimo da confrontare con quellofornito dal prontuario si adotta lo schema di trave appoggiata (Figura 27) di luce L= 5 m. Il carico p e stato calcolato precedentemente, per cui si ottiene:

M =pL2

8=

725 × 52

8= 2265 Kgm

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Figura 25: Pianta del piano tipo dell’edificio da predimensionare

Ovviamente si possono adottare altri schemi a seconda delle diverse situazioni daesaminare come quello di trave continua su piu appoggi. In generale l’esperienzainsegna che, ai soli fini del predimensionamento, e possibile adottare sempre lo sche-ma di trave appoggiata. In questo modo, infatti, non si stimeranno correttamente lesollecitazioni in ogni sezione della trave, ma comunque si potra giudicare la sua fat-tibilita. Questo non vale nel caso degli sbalzi (travi a mensola), per cui il momentomassimo si calcola con l’espressione seguente:

M =pL2

2

dove p e il carico ripartito e L e la luce dello sbalzo.Dal prontuario si vede che il momento massimo sopportabile dal solaio e di

2877 Kg m, per cui il solaio e fattibile con una altezza strutturale di 25 cm.Ha interesse calcolare anche il carico che il solaio trasmette ad ognuna delle

due travi tra cui e tessuto. Sempre con lo schema di trave appoggiata, si ricava:

A =pL

2=

725 × 5

2= 1812 Kg

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Figura 26: Estratto da un prontuario per la scelta del solaio (per passare da KNma Kgm si deve moltiplicare per 100)

4.4.2 Travi di testata

Si effettua una tentativo attribuendo alla trave (di luce 700 cm) un’altezza di 70 cmed una base di 40 cm. Il carico trasmesso dal solaio, precedentemente calcolato, erelativo ad una striscia larga 1 m. I carichi agenti sono:

• carico trasmesso dal solaio 1812 Kg/m

• peso della trave = 0.7 × 0.4 × 2500= 700 Kg/m

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Figura 27: Schema di calcolo a trave appoggiata

• peso della tamponatura =900 × 0.2 × 2.3= 414 Kg/m

• carico totale p = 2926 Kg/m

Questa volta lo schema e quello di una trave continua su tre appoggi (Figura28), per cui il momento massimo (appoggio B) vale:

M = −

pL2

8= −

2926 × 72

8= 17922 Kgm

Per vedere se la trave sopporta questa sollecitazione con 3 barre del diametro di26 mm calcoliamo prima l’area della sezione di una barra: A

a= π2.62

4= 5.31 cm2.

Quindi calcoliamo il modulo di resistenza (si veda il par. 3.4.3):

W = 0.9 × 65 × 3 × 5.31 = 932 cm2

A questo punto e facile calcolare la tensione nelle barre di armatura. Pre-liminarmente effettuiamo un cambio di unita di misura del momento in modo datrasformare i m in cm:

M = 17922 Kgm = 17922 × 100 = 1792200 Kgcm

σ =M

W=

1792200

932= 1922 Kg/cm2

Si vede che la tensione e inferiore a 2000 Kg/cm2 ed e quindi accettabile. Se cosı nonfosse stato avremmo dovuto aumentare il numero delle barre, oppure aumentarneil diametro (tenendo conto che di solito si usano diametri compresi tra 12 e 26

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Figura 28: Schema di calcolo a trave continua su 3 appoggi

mm), oppure ancora avremmo dovuto aumentare l’altezza della sezione della trave.Quando siamo arrivati ad una situazione che riteniamo accettabile ed il numerodi barre e significativo, e opportuno disegnare in scala la sezione della trave percontrollare che effettivamente le barre possano essere poi disposte nel numero danoi previsto. Nel fare questo dobbiamo fare in modo che le barre esterne distinoalmeno 3 cm dal bordo della sezione, mentre tra una barra e l’altra rimanga unospazio almeno pari al diametro delle barre utilizzate.

Per controllare la tensione di taglio, sempre dallo schema di trave con 3appoggi ricaviamo il taglio massimo:

T = 0.625pL = 0.625 × 2926 × 7 = 12801 Kg

La tensione di taglio risulta:

τ =T

0.9bh=

12801

0.9 × 40 × 65= 5.47 Kg/cm2

Si vede che anche la tensione di taglio e minore di 20 Kg/cm2 e quindi la trave conqueste dimensioni e accettabile.

4.4.3 Travi interne

Si prova con una trave di sezione 40 cm di base per 70 cm di altezza. Il caricotrasmesso dal solaio, precedentemente calcolato, e relativo ad una striscia larga 1m di solaio. In questo caso su di una trave gravano due solai, per cui il caricoprecedentemente calcolato deve essere raddoppiato. I carichi agenti sono:

• carico trasmesso dal solaio = 2 × 1812 = 3624 Kg/m

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• peso della trave = 0.7 × 0.4 × 2500 = 700 Kg/m

• carico totale p = 4324 Kg/m

Anche in questo caso lo schema e quello di una trave continua su tre appoggi, percui il momento massimo vale:

M =pL2

8=

4324 × 72

8= 26484 Kgm

Per vedere se la trave sopporta questa sollecitazione con 5 barre del diametro di26 mm calcoliamo prima l’area della sezione di una barra: A

a= π2.62

4= 5.31 cm2.

Quindi calcoliamo il modulo di resistenza:

W = 0.9 × 65 × 5 × 5.31 = 1553 cm2

A questo punto e facile calcolare la tensione nelle barre di armatura. Preliminarmen-te effettuiamo un cambio di unita di misura del momento in modo da trasformare im in cm:

M = 26484 Kgm = 26484 × 100 = 2648400 Kgcm

σ =M

W=

2648400

1553= 1705 Kg/cm2

Si vede che la tensione e inferiore a 2000 Kg/cm2 ed e quindi accettabile. Per con-trollare la tensione di taglio, sempre dallo schema di trave con 3 appoggi ricaviamoil taglio massimo:

T = 0.625pL = 0.625 × 4324 × 7 = 18917 Kg

La tensione di taglio risulta:

τ =T

0.9bh=

18917

0.9 × 40 × 65= 8 Kg/cm2

Si vede che anche la tensione di taglio e minore di 20 Kg/cm2 e quindi la trave conqueste dimensioni e accettabile.

4.4.4 Pilastri ad area di influenza

Un modo semplice per predimensionare i pilastri e quello di costruire una tabellasulla base delle aree di influenza dei pilastri. L’area di influenza di un pilastro siottiene misurando la superficie delle figure geometriche che si ottengono dall’inter-sezione delle rette tracciate ortogonalmente alla congiungente due pilastri vicini (siveda la Figura 29). Per ogni pilastro si costruisce una Tabella simile alla 1. Sicomincia dal livello3 piu alto e si moltiplica il carico distribuito (1000 Kg/m2 per ipilastri interni tipo A, 1150 per quelli esterni tipo B e 1300 per quelli d’angolo tipoC) per l’area di influenza, ottenendo il carico al livello (in Kg, colonna 5). Quindi siriporta il carico sul pilastro del livello precedente (colonna 6) e si effettua la somma(colonna 7).

3Quando si parla di livelli si intendono quelli corrispondenti a solai dell’edificio, facendo

attenzione a non tralasciare quello piu basso, immediatamente sopra le fondazioni

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Figura 29: Schema per il calcolo delle aree di influenza dei pilastri

A questo punto si prova a definire le due dimensioni della sezione del pilastro(colonna 8) e si calcola l’area (in cm2, colonna 9). Dividendo il carico totale perl’area della sezione si ottiene la tensione nel pilastro (in Kg/cm2, colonna 10). Latensione non deve superare i 60-70 Kg/cm2, altrimenti e necessario aumentare ledimensioni del pilastro. Le dimensioni minime consigliate per i pilastri sono 30× 30cm.

Nella Tabella 1 e riportato un esempio di predimensionamento di tre pilastriin un edificio di 3 piani (4 livelli). I pilastri sono ogni 5 m in una direzione ed ogni7 m nell’altra direzione.

4.4.5 Fondazioni

Consideriamo il pilastro B che, come si vede dalla Tabella 1, e il piu caricato conuno sforzo normale N = 140000 Kg. Ipotizziamo una fondazione a plinto isolatoquadrato, di lato 3 m. L’area di base del plinto in cm2 e A = 300 × 300 = 90000cm2. Il calcolo della pressione sul terreno si effettua semplicemente con la divisione:

σ =N

A=

140000

90000= 1.55 Kg/cm2

Il valore e accettabile, perche nell’intervallo 1-2 Kg/cm2 (si veda anche il par. 3.5).

Tabella 1: Tabella per il predimensionamento dei pilastri

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10Area Carico Carico al Carico Carico Sezione Area Tensione

Pilastro Livello influenza distribuito livello livelli totale (cm × cm) sezione (Kg/cm2)

(m2) (Kg/m2) (Kg) precedenti (cm2)A 4 35 1000 35000 0 35000 30 x 30 900 39A 3 35 1000 35000 35000 70000 30 x 40 1200 58A 2 35 1000 35000 70000 105000 40 x 40 1600 65A 1 35 1000 35000 105000 140000 40 x 60 2400 58B 4 17.5 1150 20125 0 20125 30 x 30 900 22B 3 17.5 1150 20125 20125 40250 30 x 30 900 44B 2 17.5 1150 20125 40250 60375 30 x 40 1200 50B 1 17.5 1150 20125 60375 80500 40 x 40 1600 50C 4 8.75 1300 11375 0 11375 30 x 30 900 13C 3 8.75 1300 11375 11375 22750 30 x 30 900 25C 2 8.75 1300 11375 22750 34125 30 x 30 900 38C 1 8.75 1300 11375 34125 45500 30 x 30 900 51

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