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CORSO INTEGRATO E4 PSICHIATRIA

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CORSO INTEGRATO E4

PSICHIATRIA

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INTRODUZIONE AL CORSO

PRINCIPALI INDIRIZZI IN PSICHIATRIA 1. Indirizzo Biologico I disturbi psichici sono dovuti ad un danno cerebrale determinato da un agente patogeno. I Disturbi Psichici dovuti a affezioni organiche cerebrali (encefaliti, meningiti, tumori, m.degenerative,ecc.) ed extracerebrali (malattie endocrine, epatiche, renali, ecc.) Essi sono correlati a:

o Alterazioni dei neuromediatori e neuromodulatori • Monoamine (Noradrenalina, Serotonina, Dopamina) • Aminoacidi (Gaba, Glutammato, Glicina) • Neuropeptidi (oppiodi, colecistochinine, neurotensina)

o Fattori genetici o Psicoendocrinologia o Neurofisiopatologia

2. Indirizzo Psicologico Analizza le determinanti psicologiche che possono essere alla base dei disturbi psichici, anche alla luce dello sviluppo psicologico dell’individuo (reazione, sviluppo, fissazione, regressione, distorsione cognitiva) Utilizza:

o La Psicoanalisi o La Psicologia sistemica o La psicologia cognitiva

3. Indirizzo Sociale Analizza il ruolo delle componenti educative, interpersonali, familiari e sociali, nel determinismo dei disturbi psichici I disturbi psichici sono ritenuti degli artefatti sociali legati a logiche di emarginazione, alienazione, stigmatizzazione della diversità (modello sociogenetico o antipsichiatrico) Dall’indirizzo sociale si sono sviluppate le indagini di epidemiologia psichiatrica (prevalenza, incidenza, fattori di rischio, distribuzione sociale, di genere e per fasce sociali dei disturbi psichici)

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SEMEIOTICA La semeiotica è la disciplina che si occupa del rilievo e dell’analisi dei sintomi e delle sindromi Sintomo = indizio di malattia In psichiatria si parla più propriamente di segni che devono essere identificati ma anche interpretati nel loro significato diagnostico e umano. Il segno rimanda sempre alla totalità della persona ed è sempre in rapporto con la storia dell’individuo.

Area cognitiva

Area istintualeArea affettivo-emozionale

AREA COGNITIVA

1. Coscienza

o Consapevolezza di se stessi e del mondo che ci circonda. o Il campo della coscienza è il complesso dei fenomeni esperenziali in un dato momento o Lo stato di coscienza è il grado di consapevolezza con il quale vengono vissute le esperienze o La coscienza organizza il campo dell’esperienza integrando correttamente gli stimoli interni

ed esterni o La Vigilanza è una condizione di veglia attenta che permette di essere presenti a se stessi

ed all’ambiente, ed è indice pertanto del grado di lucidità della coscienza. Fanno parte dei disturbi della vigilanza: • Ottundimento: elevata difficoltà a cogliere gli stimoli esterni • Obnubilamento: reattività grossolana agli stimoli; allentamento delle percezioni e

dell’ideazione, deficit della concentrazione • Torpore: marcato intorpidimento dell’attività psichica; risposte lente, imprecise e

disorientate

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• Coma: perdita dell’attività psichica cosciente o L’Attenzione è la capacità di disporsi in maniera attiva verso determinati contenuti di

coscienza (esterni o interni). Si tratta eminentemente di disturbi quantitativi (diminuzione, perdita) dovuti a patologie organiche cerebrali o extracerebrali (traumi cranici, intossicazioni, dismetabolismi). Esistono patologie in cui si rileva un’ incapacità a mantenere un livello costante di attenzione (Disturbo Schizofrenico; Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività del bambino)

Si hanno disturbi qualitativi della coscienza quando viene meno la funzione integrativa della coscienza, le diverse attività psichiche risultano gravemente disorganizzate e si assiste ad una commistione tra stimoli interni ed esterni, tra mondo interno e mondo esterno , tra sogno e veglia. Questi stati, chiamati confuso-onirici o delirium, sono caratterizzati da disorientamento spazio-temporale e verso le persone e le cose, da disturbi delle percezioni e del pensiero. Il paziente può presentare comportamenti disorganizzati (iterativi, afinalistici) o più strutturati (delirio professionale), in preda ad una sorta di stato sognante. Quando si ha un restringimento dello stato di coscienza si parla in questo caso di stato crepuscolare, ovvero di un campo della coscienza limitato a pochi contenuti che condizionano il comportamento dell’individuo. Possono essere conseguenza di shock emotivi, traumi, intossicazioni o correlati a particolari forme di epilessia del lobo temporale La coscienza (l’esperienza) dell’Io è alla base di tutto quello che concerne la vita psichica dell’individuo nella sua interezza: soggiace ad ogni altra esperienza, la determina e le dà significato (Reed). Disturbi dei confini dell’Io: Anomalie dell’esperienza di sé distinto dal mondo esterno. Il disturbo riguarda il livello fondamentale dell’esperienza di sé: la capacità di distinguere tra sé e l’ambiente esterno. Una volta compromessa tale capacità, la persona perde la consapevolezza di sé come essere individuale. Disturbi della coscienza di attività dell’Io: Anomalie dell’esperienza del sé riconoscibile nelle propria attività psichica. L’individuo è conscio di essere un’entità discreta senza tuttavia riconoscere come proprie idee ed azioni che gli appartengono. In questo caso egli è portato ad attribuire alcuni dei suoi pensieri, immagini, atti, a cause diverse da sé stesso. Disturbi dell’esperienza di unità dell’Io: Anomalie dell’esperienza dell’unità del sé. La persona è consapevole di sé come essere individuale e riconosce se stesso come fonte dei propri atti ma esperisce fratture e divisioni dell’unità del sé. Può avere l’impressione di essere separato da sé stesso.

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Disturbi dell’esperienza di realtà: Anomalie dell’esperienza della realtà del sé e dell’ambiente esterno. Per quanto pienamente consapevoli di sé, delle proprie azioni ed in grado di esperire sé stesso come unità, l’individuo non ha tuttavia nessuna convinzione della realtà di sé e/o dell’ambiente che lo circonda. Avverte una spiacevole sensazione di mutevolezza e di estraneità. I disturbi del concernente il me: I pazienti psicotici spesso si lamentano del fatto che i loro pensieri non sono effettivamente tali, ma derivano da qualche fonte esterna. Credono che le loro azioni o i loro impulsi siano influenzati da agenti esterni oppure condivisi da altri individui. Si può parlare di perdita dell’attribuzione personale. Negli stadi iniziali il malato è consapevole di un certo disagio, del fatto che esperimenta la sua attività psichica come estranea, priva di qualità personali. Solo in seguito tende a spiegare questa esperienza attribuendola all’azione di agenti esterni (ipnosi, telepatia, raggi X, trasmittenti radio o televisive, computer, telefonini, microspie, ecc.) Questi disturbi sono stati variamente descritti come alienazione del pensiero,intrusione del pensiero, trasmissione del pensiero. In realtà tali esperienze di passività si possono manifestare in relazione anche all’attività motoria, agli impulsi, ai sentimenti. 2. Memoria La memoria è la funzione psichica che permette di fissare le esperienze e di rievocarle collocandole correttamente nel tempo e nello spazio:

• a breve termine (o di fissazione) consente di fissare le esperienze e rievocare fatti recenti (secondi, minuti, poche ore)

• a lungo termine (o di rievocazione): consente il recupero dei ricordi più antichi (giorni, mesi, anni)

I Disturbi deficitari della memoria vengono chiamati amnesie e sono di frequente riscontro nelle malattie degenerative del SNC (demenze primitive e secondarie). Nelle demenze viene interessata inizialmente la memoria di fissazione (la persona ripete continuamente le cose, perde gli oggetti di uso quotidiano, non ricorda i nomi delle persone o degli oggetti). Questo dato clinico contrasta con un buon mantenimento della memoria di rievocazione. In seguito viene progressivamente persa anche la memoria per fatti remoti e l’amnesia diventa globale. Nelle demenze vascolari o arteriosclerotiche la perdita della memoria avviene a macchia di leopardo, essendo correlata a danni localizzati dell’encefalo. Esistono poi delle amnesie più o meno transitorie legate a traumi cranici, shock emotivi, dissociazione isterica, ecc. Nell’ amnesia anterograda l’individuo perde la capacità di fissare i ricordi da un certo accadimento in avanti. Nell’amnesia retrograda per contro non si ricordano gli avvenimenti che hanno preceduto un dato accadimento.

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3. Intelligenza Esprime la capacità di trovare le soluzioni più efficaci e risolutive alle esigenze che si presentano nell’ambiente. L’intelligenza è di 3 tipi: • Intelligenza astratta: capacità di comprendere, formulare ed elaborare concetti, valutazioni,

idee astratte, simboli • Intelligenza meccanica o pratica:capacità di inventare, maneggiare meccanismi • Intelligenza sociale: capacità di adattamento e plasticità nelle relazioni umane e negli affari

sociali. I deficit intellettivi possono essere:

1. Ritardo Mentale (Oligofrenie): incompleto sviluppo dell’intelligenza e delle altre funzioni psichiche dovuto a fattori prenatali (malattie genetiche, infezioni in gravidanza), perinatali (sofferenza neonatale) e postnatali (meningo-encefaliti) 2. Demenza: perdita dell’intelligenza e di altre funzioni psichiche dovuta in genere a processi degenerativi del SNC, primari ( D. di Alzheimer) o secondari (D. Multinfartuale).

4. Il Pensiero E’ l’attività psichica che permette la valutazione della realtà e la formulazione di giudizi. La strutturazione del pensiero prende il nome di ideazione La strutturazione del pensiero (ideazione) si avvale dei processi di astrazione, associazione, critica, giudizio. L’astrazione consente di tradurre il concreto in simbolico L’associazione consente di collegare concetti che abbiano elementi comuni, secondo le categorie della somiglianza,dell’analogia, dell’identità,del contrasto, della contemporaneità, della contiguità. La critica consente una corretta valutazione della realtà Il giudizio consente di esprimersi sul valore di qualcosa, sul vero e sul falso, sul reale e sull’immaginario, sull’oggettivo e sul soggettivo. Esistono diisturbi Formali del Pensiero:

• Qualitativi; dissociazione, fusione, blocco, particolarismo, verbigerazione e vischiosità • Quantitativi; tachipsichismo, bradipsichismo

Vi sono poi i Disturbi del Contenuto del Pensiero: Il delirio viene considerato (in modo riduttivo) un disturbo del contenuto del pensiero. Si tratta di un grave errore del giudizio che non recede alla critica né all’evidenza contraria dei fatti L’idea delirante è spesso (quindi non sempre) palesemente assurda (inverosimile), non verificabile sul piano di realtà. I deliri inverosimili vengono anche detti bizzarri (l’idea di essere in contatto con gli alieni; di controllare il tempo con il pensiero; di subire cambiamenti nel pensiero, nella volontà, nell’affettività, per l’azione di raggi, onde, ecc.) Argomentazioni logiche non scalfiscono minimamente l’adesione del soggetto alla propria convinzione (assoluta certezza soggettiva) ma vengono utilizzate in modo strumentale fino a fornire ulteriore supporto al delirio.

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Il delirio può essere ben organizzato, con contenuti ricchi e ben articolati fra di loro (delirio sistematizzato) oppure può essere appena accennato, formato da pochi spunti ideativi patologici (delirio frammentario) Il delirio si sviluppa sempre a coscienza integra (delirio lucido). Allorché si osservi uno stato di coscienza alterato si deve parlare di delirium o delirio confuso (vedi psicosi organiche) Nella genesi del delirio si posso spesso cogliere esperienze psichiche particolari quali:

• la percezione delirante • l’intuizione delirante • la rappresentazione delirante

I temi più frequenti sono rappresentati da quelli persecutori (autoriferimento, veneficio, nocumento), ipocondriaci, mistici, di grandezza, di gelosia, di trasformazione, ecc. Nella depressione psicotica si osservano tipicamente deliri di colpa e di autoaccusa, di povertà, di rovina, di possessione demoniaca e nihilistici. 5. La Percezione E’ quella funzione psichica che integra le sensazioni provenienti dagli organi di senso con l’esperienza appresa Le semplici sensazioni o stimoli sensoriali non sono dunque percezioni Falsamento delle percezioni Le illusioni: sono percezioni inadeguate all’oggetto. Sono segni aspecifici osservabili anche in condizioni di normalità. Le più frequenti in psicopatologia sono di natura affettiva o dovute a disturbi dello stato di coscienza Le allucinazioni sono considerate percezioni senza oggetto (stimolo) condivisibile. Hanno particolare rilevanza clinica in psicopatologia perché connotano sempre gravi disturbi psichiatrici (psicosi) Le allucinazioni più frequenti in psicopatologia sono quelle uditive. Il paziente riferisce di udire suoni , frammenti vocali (a. semplici) oppure parole complete o frasi, talora ripetitive (a. complesse). In quest’ultimo caso ci riferisce di udire delle voci. Spesso il paziente localizza le allucinazioni nello spazio esterno (in tal caso va spesso alla ricerca di microfoni o registratori nascosti), altre volte le colloca nel proprio corpo, come se provenissero dallo stomaco, dal torace, da dentro la testa (pseudoallucinazioni) Anche le a. visive possono essere di tipo semplice (punti o linee luminose/colorate) o complesse (oggetti, scene, ecc.). Le allucinazioni visive sono caratteristiche delle psicosi organiche (tumori cerebrali, intossicazioni, abuso di sostanze). Tipiche allucinazioni visive complesse sono le zoopsie (visione di animali) sia in forma di microzoopsie che di macrozoopsie.

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AREA AFFETTIVO-EMOTIVA Per affettività si intende il complesso delle esperienze psichiche strettamente aderenti alla soggettività. Lo stato basale dell’affettività è rappresentato dall’umore, coloritura soggettiva di ogni esperienza psichica che arriva alla coscienza Le emozioni sono stati reattivi, ad insorgenza acuta, intensi e a rapido esaurimento (paura, rabbia, gioia, ecc.) I sentimenti sono stati affettivi più stabili ed esprimono la risonanza affettiva con la quale ci rapportiamo alla realtà corporea, ai processi psicologici, alla socialità (odio, amore, altruismo, autostima ecc.) Disturbi dell’area affettivo-emozionale:

• Depressione dell’umore • Ipertimia/euforia • Disforia • Labilità affettiva • Apatia/anedonia • Ambivalenza • Dissociazione affettiva • Perdita dei sentimenti

AREA ISTINTUALE

L’istinto è un bisogno o una disposizione innata che tende al raggiungimento di un fine. Gli istinti più comuni con i comportamenti patologici correlati sono: fame (anoressia), sete (sitofobia), sessualità (anomalie dell’oggetto, deformazioni dell’atto, impotenza), sopravvivenza (suicidio) Ogni valutazione psichiatrica deve essere correttamente integrata con i dati anamnestici della persona

LA CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI PSICHICI Viene anche chiamata nosografia e, pur con molti limiti, è un requisito irrinunciabile per la diagnosi, la terapia, la ricerca e la comunicazione fra operatori. I sistemi classificatori sono in continua revisione e pertanto cambiano spesso anche i criteri diagnostici per i diversi disturbi psichici. La classificazione dei disturbi psichici (e quindi la loro diagnosi) risente fortemente del fatto che non esistono nella maggior parte dei casi criteri diagnostici esterni o oggettivi conosciuti (ad es. eziologia, fisiopatologia, alterazioni oggettivamente misurabili). La distinzione fra i diversi disturbi si basa su criteri sindromici. Fanno naturalmente eccezione i disturbi psichici determinati da cause organiche note o da abuso/astinenza di sostanze

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I sistemi classificatori più utilizzati sono: ICD X (International Classification of Disease dell’OMS, giunto alla decima edizione), e il DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’APA, quarta edizione). Entrambi non si limitano ad una mera classificazione ma forniscono dettagliate descrizioni (ICD) o criteri diagnostici (DSM) dei singoli disturbi. Il DSM IV, solo per gli adulti individua 15 grandi raggruppamenti diagnostici, ognuno dei quali scindibile in numerose categorie diagnostiche Ad esempio il raggruppamento Disturbi d’Ansia è suddiviso in 12 categorie fra le quali rientrano il Disturbo di Panico, la Fobia Sociale, il Disturbo Ossessivo Compulsivo, il Disturbo Post-Traumatico da Stress, il Disturbo d’Ansia Generalizzato, ecc. Una classificazione grossolana, ma che ha un’indubbia validità pratica, è quella che identifica quattro grandi raggruppamenti: Nevrosi, Psicosi, Stati Deficitari, Disturbi di Personalità.

PSICOSI Tradizionalmente il termine psicosi indica la compromissione del giudizio di realtà con turbe psicopatologiche caratterizzate da deliri, allucinazioni, confusione e disturbi della memoria. Il termine psicotico è anche sinonimo di grave distorsione del funzionamento personale e sociale, ritiro sociale e incapacità a svolgere gli abituali ruoli familiari e lavorativi. Un soggetto con una grave alterazione del giudizio di realtà valuta in modo errato l’accuratezza delle proprie percezioni e dei propri pensieri e trae errate conclusioni sulla realtà esterna, anche di fronte a prove contrarie. Il termine psicotico può essere usato per descrivere il comportamento di una persona in un dato momento oppure un disturbo mentale. Nei sistemi classificatori i disturbi psicotici comprendono ad es. la schizofrenia, il disturbo schizoaffettivo, il disturbo delirante, il disturbo psicotico breve, ecc. Anche alcuni gravi disturbi dell’umore possono avere caratteri psicotici.

NEVROSI

Con questo termine si indicano disturbi non psicotici, cronici o intermittenti, la cui sintomatologia si struttura intorno al sintomo cardine rappresentato dall’ansia. Il termine nevrosi ha perso specificità in questi ultimi anni, ma rimane valido per indicare categorie di disturbi in cui il giudizio di realtà e l’organizzazione della personalità sono intatti. (disturbo fobico, d.ossessivo, d. somatoforme, ecc.)

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LA CONSAPEVOLEZZA DI MALATTIA O INSIGHT L’insight è il grado di consapevolezza e di comprensione che il soggetto ha di essere ammalato Livelli di insight:

• Completa negazione di malattia • Scarsa consapevolezza di essere ammalati e di aver bisogno di aiuto, ma nello stesso

tempo negazione • Consapevolezza di essere ammalato, ma tendenza a colpevolizzare gli altri, fattori esterni

o fattori organici • Consapevolezza che la malattia è dovuta a qualcosa di sconosciuto al paziente • Insight intellettivo: il soggetto ammette di essere ammalato e che i sintomi o insuccessi

nell’adattamento sociale sono dovuti ai propri sentimenti irrazionali o ai propri disturbi, ma non è in grado di applicare questa consapevolezza alle esperienze future

• Insight emozionale vero: consapevolezza emozionale dei motivi e sentimenti nel paziente e nelle persone importanti della sua vita, che può condurre a modificazioni di base del comportamento

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ANSIA E DEPRESSIONE

L’ANSIA NORMALE L’ansia è uno stato affettivo fisiologico con funzioni adattive tese ad aumentare la motivazione, facilitare la concentrazione su un compito, migliorare il rendimento.

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SINTOMI SOMATICI DELL’ANSIA

•Tremori•Sudorazione•Dolori e dolorabilità•Parestesie•Faticabilità•Nausea e vomito•Irrequietezza•Minzione frequente•Palpitazioni•Vampate•Vertigini•Insonnia•Debolezza•Dispnea

SINTOMI SOMATICI DELL’ANSIA

•Tremori•Sudorazione•Dolori e dolorabilità•Parestesie•Faticabilità•Nausea e vomito•Irrequietezza•Minzione frequente•Palpitazioni•Vampate•Vertigini•Insonnia•Debolezza•Dispnea

L’ansia patologica è definibile come un sentimento di

allarme, di apprensione, di

preoccupazione, di aspettativa

negativa (di un pericolo o di una

sventura), accompagnato da sintomi somatici di

tensione

L’ansia patologica è definibile come un sentimento di

allarme, di apprensione, di

preoccupazione, di aspettativa

negativa (di un pericolo o di una

sventura), accompagnato da sintomi somatici di

tensione

ANSIANORMALE O ANSIA PATOLOGICA? Non esiste un limite netto. Sono distinguibili per:

o Frequenza, intensità e durata o Proporzione tra gravità oggettiva della situazione e risposta soggettiva o Grado di sofferenza soggettiva o Grado di compromissione della libertà e dell’adattamento psicosociale

DISTURBI D’ANSIA

o Disturbo fobico specifico o Disturbo da fobia sociale o Disturbo di panico o Disturbo ossessivo-compulsivo o Disturbo d’ansia generalizzato o Disturbo post traumatico da stress

AGORAFOBIA Ansia che insorge in almeno due delle seguenti situazioni: folla, luoghi pubblici, viaggiare lontano da casa o da soli. I pazienti possono evitare o ridurre le attività a causa della fobia. Possono avere difficoltà a raggiungere lo studio del medico, ad uscire per gli acquisti, a fare visita ad altri. Arrivano all’osservazione con sintomi fisici (palpitazioni, fame d’aria, asma). Può essere complicata da attacchi di panico.

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FOBIA SPECIFICA E’ una paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifici (volare; altezza; animali; ricevere un’iniezione, vedere il sangue, ecc.) L’esposizione allo stimolo fobico provoca una risposta ansiosa immediata che può assumere i caratteri di un Attacco di Panico La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole La situazione fobica viene evitata oppure sopportata con intensa ansia e disagio Le fobie interferiscono significativamente con la vita della persona e il suo adattamento sociale FOBIA SOCIALE Ansia che insorge come paura del giudizio di altre persone in situazioni sociali quali parlare in pubblico, mangiare in presenza di altri, incontri con il sesso opposto. Il confronto diretto dello sguardo può essere particolarmente stressante. In genere è associata ad una bassa stima di sé. Può manifestarsi come lamentele relative all’arrossire, al tremore alle mani, alla nausea, all’urgenza di urinare. L’evitamento, spesso marcato, può produrre un isolamento sociale.

ATTACCHI DI PANICO Ricorrenti attacchi di ansia intensa in situazioni in cui non c’è obiettivo pericolo. Improvvisa insorgenza di intensa paura, che può durare solo alcuni minuti. Spesso gli attacchi si manifestano come sintomi fisici, come palpitazioni, dolore toracico, sensazione di soffocamento, malessere gastrico, capogiri. Possono essere presenti sensazioni di irrealtà. Quasi invariabilmente è presente la paura di morire, di perdere il controllo o di impazzire. E’ importante la diagnosi differenziale con malattie come ischemia, aritmie, tireotossicosi.

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Dagli Attacchi al Disturbo di Panico Sviluppo: -esperienze frequenti di attacchi di panico Caratteristiche: -preoccupazione di poter avere nuovi attacchi (ansia anticipatoria) -significativo cambiamenti del proprio comportamento -sensibilizzazione a luoghi e situazioni legate agli attacchi di panico/evitamento

DISTURBO D’ ANSIA GENERALIZZATO

Ansia generalizzata e persistente per alcune settimane che appare liberamente fluttuante. I sintomi sono molto variabili e possono essere:

o tensione psichica (preoccupazione, sensazione di tensione o nervosismo, scarsa concentrazione)

o tensione fisica (irrequietezza, mal di testa, tremori, incapacità a rilassarsi) o iperattività vegetativa (capogiri, sudorazione, palpitazioni, bocca secca, dolori gastrici)

Il decorso è tendenzialmente cronico e può essere scatenato da eventi stressanti.

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DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO Ossessioni: Pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi o inappropriati e che causano ansia e disagio marcati Convulsioni: Comportamenti ripetitivi (rituali) o azioni mentali che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente. Sensazione soggettiva di coercizione (a cui il paziente sente di doversi opporre) a convivere con un pensiero, richiamare alla memoria una determinata esperienza o rimuginare su qualche argomento astratto, a compiere una determinata azione. o OSSESSIONI (idee, immagini, impulsi stereotipati e penosi) o COMPULSIONI (comportamenti stereotipati (rituali) volti a prevenire)

♦ Pensieri e rituali sono: a) riconosciuti come propri dal paziente b) ad almeno uno di essi egli tenta di opporsi c) non sono piacevoli d) sono sgradevolmente ripetitivi

Il dubbio ossessivo:

o ossessioni di dubbio o continui “ritorni indietro” per controllare ogni cosa fatta, pensata o detta o rituali interminabili di controllo o a fine giornata ricapitolazione particolareggiata delle azioni compiute o maggiore frequenza maschile

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DOC per lo sporco: o ossessioni fobiche di contaminazione e sporco o condotte di esitamento che limitano le attività del soggetto o rituali di neutralizzazione e di ripartizione (lavaggi, disinfezioni), volti ad impedire la

disseminazione ed a ripristinare la pulizia o estensione dei rituali di lavaggio anche agli altri o maggiore frequenza nel sesso femminile

Disturbo Post-traumatico da Stress: o Disturbo che consegue:

a) all’esposizione diretta ad un fattore traumatico estremo che possa comportare morte, lesioni gravi o altre minacce a se stessi o ad altri; b) venire a conoscenza della morte violenta e inaspettata, di grave danno o minaccia di un membro della famiglia

o Ricordi spiacevoli ricorrenti ed intrusivi dell’evento o Sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento o Agire e sentire come se l’evento si stesse ripresentando o Condotte di evitamento

Sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti nei disturbi d’ansia

o Sistema gabaergico o Sistema serotoninergico o Sistema oppiode o Sistema dei neuropeptidi (CRF) o Sistema noradrenergico

Psicoanalisi dell’ansia

o L’ansia come segnale o La fobia come spostamento o L’ossessione come isolamento e formazione reattiva

Teorie cognitive L’ ansia come modello comportamentale appreso Trattamenti dei Disturbi d’Ansia

o Trattamenti farmacologici o Psicoterapie

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LA DEPRESSIONE Disturbi dell’Umore Si tratta di disturbi che hanno come caratteristica predominante un’alterazione dell’umore. Disturbi dell’Umore Si dividono in:

o Disturbi Depressivi o Disturbi Bipolari (implicano la presenza (o l’anamnesi) di Episodi Maniacali, Episodi Misti,

Episodi Ipomaniacali, solitamente accompagnati dalla presenza (o anamnesi) di Episodi Depressivi

Disturbi dell’Umore nel DSM IV

o Disturbi Depressivi: a) Disturbo Depressivo Maggiore b) Disturbo Distimico

o Disturbi Bipolari: a) tipo I; b) tipo II; c) Disturbo Ciclotimico

CLASSIFICAZIONE DELLE DEPRESSIONI

ICD - 10 DSM – IV

Episodio depressivo Episodio depressivoEpisodio depressivo lieve, medio, Disturbo Depressivo Maggiore, singolo grave, con sintomi psicotici episodio lieve, moderato, grave,

con caratteristiche psicotiche

Sindrome depressiva ricorrente Depressione maggioreEpisodio attuale lieve, medio, Disturbo Depressivo Maggiore ricorrente grave, con sintomi psicotici, lieve, moderato, grave, con in remissione caratteristiche psicotiche, in

remissione

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Disturbi dell’Umore La prevalenza dei Disturbi Depressivi nella popolazione generale oscilla fra il 12% e il 15% con una percentuale doppia nelle donne rispetto agli uomini. La prevalenza dei Disturbi Bipolari oscilla invece tra tra l’1% e il 3% equamente divisa fra i due sessi. Queste percentuali sembrano in crescita negli ultimi anni. Fattori Genetici Tutti gli studi mostrano un aumentato rischio di morbilità in parenti di I grado di depressi. Tale incremento non dipende dagli effetti dell’ambiente o dalla educazione ricevuta Le influenze genetiche sono particolarmente rilevanti per le forme depressive più severe (depressione bipolare; depressione con melanconia; con sintomi psicotici). Nelle forme depressive meno gravi i fattori ambientali si rivelano più importanti. Disturbi della Neurotrasmissione E’ stato dimostrato che l’alterata azione dei recettori della serotonina (5-HT), della noradrenalina (NA) e della dopamina(DA) è un fattore rilevante nella fisiopatologia della depressione. Disturbi neuroendocrini La depressione è associata ad un aumento dell’ormone ACTH e ad un incremento dei livelli del cortisolo. E’ stato anche dimostrata una ipersensibilità surrenalica stato-dipendente. Fattori Psicosociali

o Personalità (bassa autostima, convinzioni errate su se stessi, gli altri, il mondo) o Esperienze infantili di abbandono o diversità o Esperienze di perdita recenti (lutto, divorzio, ecc.) o Disagio sociale (disoccupazione prolungata, difficoltà economiche, ridotta rete sociale)

La Depressione è uno stato affettivo caratterizzato da:

o Tristezza o abbassamento del tono dell’umore o Perdita degli interessi o della capacità di provare piacere o Astenia o Senso di inutilità e colpa o Ritiro dal mondo circostante o Riduzione di sonno, appetito e desiderio sessuale

Sindrome Depressiva Ricorrente (Depressione Maggiore Ricorrente) Insorgenza nel corso degli anni di episodi depressivi di una certa gravità con periodi di remissione. La frequenza delle recidive depressive, la loro gravità e la durata sono variabili da caso a caso.

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Distimia È caratterizzata da una condizione depressiva non molto grave ma persistente nel tempo: almeno 2 anni. Presenta spesso un decorso cronico ed è accompagnata da sintomi nevrotici (fobie, disturbi ipocondriaci o somatoformi). La funzionalità sociale e lavorativa di solito è poco compromessa. Se vi è un’alternanza con episodi di moderata euforia (ipomania) prende il nome di Ciclotimia Reazioni depressive Condizioni depressive di frequente riscontro la cui durata va da poche settimane a diversi mesi E' sempre identificabile un'evento scatenante, di solito rappresentato da una perdita. La reazione, spesso accompagnata da ansia, rappresenta una risposta fisiologica di adattamento ad una condizione di forte disagio emotivo. L'evoluzione è, in genere, favorevole con remissione spontanea. Nei casi in cui la sintomatologia depressiva e/o ansiosa persiste nel tempo e riveste particolare gravità clinica è indicato un trattamento farmacologico. Sindrome Bipolare Definita un tempo Psicosi maniaco-depressiva, è caratterizzata dalla alternanza di episodi depressivi con episodi di (ipo)mania

• Gli episodi di eccitamento maniacale si manifestano con eccessiva euforia, iperattività, logorrea, idee di grandiosità, aggressività, insonnia, comportamento disinibito.

• Il decorso è cronico, variabile e difficilmente prevedibile.

Stato Misto E’ caratterizzato rapide alternanze d’umore (tristezza, irritabilità, euforia), accompagnate dai sintomi tipici sia dell’Episodio Maniacale che dell’Episodio Depressivo. Sono spesso presenti agitazione, insonnia, disregolazione dell’appetito,manifestazioni psicotiche e ideazione suicida.

SINDROMI AFFETTIVESINDROMI AFFETTIVE

DISTURBO BIPOLAREDISTURBO BIPOLARE

SINDROME DEPRESSIVA RICORRENTE (DEPRESSIONE MAGGIORE)SINDROME DEPRESSIVA RICORRENTE (DEPRESSIONE MAGGIORE)

DISTURBO CICLOTIMICODISTURBO CICLOTIMICO

DISTURBO DISTIMICODISTURBO DISTIMICO

REAZIONE DEPRESSIVAREAZIONE

DEPRESSIVA

EpisodioEpisodio

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Trattamento dei Disturbi dell’Umore o Terapie farmacologiche o Terapie fisiche o Psicoterapie

Terapie Farmacologiche

o IMAO o TRICICLICI o SSRI o SNRI o LITIO e altri stabilizzatori o Altri

Terapie Fisiche

o ECT o Sleep deprivation o Light therapy o TMS (Transcranial Magnetic Stimulation)

Terapie Psicosociali

o Terapia cognitivo-comportamentale o Terapia Interpersonale o Counseling non direttivo o Psicoeducazione

LA SOMATIZZAZIONE

Espressione di una sofferenza personale e sociale attraverso sintomi somatici non riferibili ad una patologia fisica riconosciuta, con conseguente richiesta di intervento medico.

I MECCANISMI DELLA SOMATIZZAZIONE

1.

SINTOMIPSICHICI

Sofferenza psichica

SINTOMIFISICI

Difese psicologiche

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SINDROMI SOMATOFORMI

1. SINDROME DA SOMATIZZAZIONE 2. SINDROME DA DOLORE PERSISTENTE 3. SINDROME IPOCONDRIACA

SINTOMIPSICHICI

Sofferenza psichica

SINTOMIFISICI

Stile di presentazione

I MECCANISMI DELLA SOMATIZZAZIONE

2.

I MECCANISMI DELLA SOMATIZZAZIONE

3.Disagio

psicologico

SINTOMIFISICI

Amplificazione percettiva• alterata elaborazione neuropsicologica dei segnali corporei• riduzione della soglia per il riferimento dei sintomi

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Sindrome da somatizzazione: • Almeno 2 anni di molteplici lamentele fisiche che tendono a fluttuare e a presentarsi

periodicamente. • Più frequente nelle donne, inizia in età giovanile e ha una certa familiarità. • Pochissimi dei disturbi lamentati trovano una adeguata spiegazione medica. • I pazienti rifiutano la spiegazione di una assenza di malattia fisica. • I pazienti si rivolgono agli specialisti della branca medica interessata, dove spesso

ricevono diagnosi inappropriate e accumulano cartelle cliniche • I medici vivono in uno stato di frustrazione. • I sintomi non sono simulati o prodotti intenzionalmente

Sindrome da dolore persistente:

• Dolore persistente (mesi o anni) in uno o più distretti anatomici, non spiegabile in termini di patologia organica o di processo patofisiologico.

• Più frequente nelle donne e può esordire a qualunque età. • La localizzazione non coincide minimamente con le aree di rappresentazione del SNC. • I fattori psicologici hanno un ruolo importante nell’esordio e nel decorso del dolore e nella

sua espressione clinica • I pazienti si lamentano anche di altri problemi fisici, di preoccupazioni per il proprio stato

di salute e per la mancanza di una diagnosi certa • Il dolore causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento

sociale o lavorativo Ipocondria:

• Preoccupazione persistente (almeno 6 mesi) legata alla paura o alla convinzione di avere una malattia grave, basata sull’erronea interpretazione di sintomi somatici

• È presente una continua auto-osservazione del proprio corpo: l’ipocondriaco pensa che la buona salute sia uno stato di assenza di sintomi.

• La preoccupazione persiste nonostante la valutazione e rassicurazione medica appropriata

• La convinzione non è di natura delirante e non è limitata a una preoccupazione circoscritta ad un aspetto fisico

• La preoccupazione causa disagio clinicamente

DISTURBI SOMATOFORMI

Elementi di diagnosi differenziale

Disturbo da somatizzazione Ipocondria

Ideazione Focalizzazione sui singoli sintomi Timore di malattia e delle sue conseguenze

Richiesta Trattamento risolutore Conferma di malattia

Atteggiamento Uso, anche eccessivo, di farmaci Timore di utilizzare farmacisulla terapia

Elementi di diagnosi differenziale

Disturbo da somatizzazione Ipocondria

Ideazione Focalizzazione sui singoli sintomi Timore di malattia e delle sue conseguenze

Richiesta Trattamento risolutore Conferma di malattia

Atteggiamento Uso, anche eccessivo, di farmaci Timore di utilizzare farmacisulla terapia

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significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale o lavorativo Gestione del paziente che somatizza

► Raccogliere un’anamnesi e una descrizione particolareggiata dei sintomi ► Considerare adeguatamente tutte le componenti psicologiche, biologiche e sociali ► Riconoscere gli aspetti psicologici nel racconto del paziente ► Ricercare attivamente i sintomi e i segni psicopatologici ► Escludere una possibile causa organica degli stessi ► Identificare i disturbi psichiatrici che possono coesistere ► Riconoscere e gestire i propri sentimenti di rifiuto e aggressività

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DISTURBO SCHIZOFRENICO Disturbo a eziologia sconosciuta con sintomi rilevanti dell’affettività, del pensiero e del comportamento che compromettono significativamente il funzionamento della persona e il suo adattamento sociale. Lo stato di coscienza e le capacità intellettuali sono di solito mantenuti, anche se con il passare del tempo possono comparire dei deficit cognitivi. Storia del concetto Il primo autore a riunire in un quadro unitario diverse sindromi precedentemente descritte separatamente è stato E. Kraepelin alla fine del XIX° secolo. Kraepelin utilizzò la definizione di Demenza Precoce per indicare varie sindromi (Ebefrenia, Catatonia, Vesania Paranoide) che insorgevano precocemente e che portavano rapidamente a deterioramento mentale. Nel 1909 lo psichiatra svizzero E. Bleuler coniò il termine di Schizofrenia (dal greco schizein=diviso e frenos=mente) che ha rapidamente sostituito quello di Demenza Precoce. Nella concezione di Bleuler il decorso della malattia non era necessariamente demenziale. Disturbo Schizofrenico INCIDENZA: 15 nuovi casi/100.000 persone/anno PREVALENZA: 0,5-1% SEX RATIO: rapporto uomini:donne = 1:1 ETA’DI INSORGENZA: maschi: 15-25 anni; femmine: 28-32 anni Cause Anche se le cause esatte della schizofrenia non sono conosciute, sembra che diversi fattori aumentino il rischio di ammalarsi. Questi fattori interagiscono l'un l'altro ed influenzano lo sviluppo ed il decorso della schizofrenia; inoltre fattori diversi assumono importanza nei diversi stadi dello sviluppo della persona. Eziologia Nessun singolo fattore eziologico può essere considerato la sola e vera causa della malattia 1. FATTORI GENETICI (eredità poligenica) 2. FATTORI BIOLOGICI:

o Ipotesi dopaminergica o Ipotesi glutammatergica o Ipotesi noradrenergica

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o Ipotesi GABAergica o Ipotesi serotoninergica o Ipotesi cannabinoidergica

4. DISTURBO DEL NEUROSVILUPPO 5. TEORIA INFETTIVA 6. FATTORI PSICOSOCIALI E AMBIENTALI Ereditarietà (fattori genetici) I familiari delle persone affette da schizofrenia hanno un aumentato rischio rispetto alle altre persone di sviluppare la malattia. Il rischio è progressivamente maggiore nei parenti che sono geneticamente più simili alla persona con schizofrenia. I parenti di pazienti schizofrenici hanno un rischio di sviluppare la malattia da 5 a 15 volte superiore a quello della popolazione generale. I figli di persone con schizofrenia hanno un aumento simile della prevalenza della malattia sia che vengano cresciuti dai loro genitori biologici che da quelli adottivi. Allo stesso modo, la storia familiare delle persone affette da schizofrenia cresciute dai genitori adottivi rivela un aumento della prevalenza della malattia fra i loro genitori biologici, ma non fra i genitori adottivi Modello multifattoriale a soglia: uno o più geni possono conferire una predisposizione alla malattia, con la suscettibilità genetica influenzata da fattori fisici o sociofamiliari. I fattori ambientali pertanto possono facilitare l’espressione della malattia o esercitare un’influenza protettiva. Rischio di ammalarsi di schizofrenia

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Alterazioni neurochimiche coinvolte nella schizofrenia Iperattività dopaminergica Acido glutammico 5-HT2 GABA L'ipotesi del neurosviluppo Recentemente si ritiene che la schizofrenia possa essere una patologia legata allo sviluppo neurologico. Secondo questi dati, le persone con schizofrenia possono aver sofferto di alcune forme di alterato sviluppo durante il periodo gestazionale, in particolare durante il secondo trimestre. Per una varietà di motivi neurobiologici, la malattia si manifesterebbe solo durante l'adolescenza, quando alcuni sistemi neuronali, che maturano molto tempo dopo la nascita, diventano incapaci di rapportarsi con i vari tipi di stress psicosociali e le vicissitudini della vita. In particolare, si è visto che le complicanze della gravidanza e del parto aumentano il rischio di sviluppare la schizofrenia di due o tre volte, probabilmente a causa del danno a carico del cervello in via di sviluppo L'ipossia perinatale (privazione di ossigeno al feto), che è presente in circa il 20%-30% delle persone affette da schizofrenia paragonato al 5%-10% della popolazione generale, sembra essere un fattore importante. Il rischio di danno cerebrale intrauterino è aumentato se la donna contrae una malattia virale. E' stato visto che il maggior numero di persone schizofreniche sono nate nel tardo inverno o in primavera piuttosto che in altri periodi dell'anno e che la proporzione delle persone con schizofrenia nate in questo periodo aumenta dopo le epidemie virali come influenza, morbillo e varicella. Comunque, le infezioni virali della madre influiscono solo in minima parte nell'aumentare il rischio di schizofrenia Anomalie strutturali del cervello In alcuni pazienti con schizofrenia sono state individuate modificazioni strutturali del cervello. Tali cambiamenti nella struttura e nella funzione del cervello sono state trovati sia con tecniche diagnostiche per immagini (TAC, RMN, SPECT, PET), sia analizzando il tessuto cerebrale dopo la morte Queste anomalie sono rappresentate principalmente da asimmetrie del cervello e del sistema ventricolare dei lobi frontali e dell'emisfero sinistro. Fattori Psicosociali

o Personalità premorbosa o Life Events o Emozioni Espresse (EE) o Tensione nel lavoro o negli studi o Ridotto supporto sociale

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Conclusioni Cause I fattori genetici, le complicanze della gravidanza e del parto possono giocare un ruolo importante nella formazione della predisposizione nel neonato a sviluppare la malattia. Il periodo d'insorgenza della malattia dipende poi da quanto la persona è vulnerabile ed a quali stress è sottoposta. La malattia può essere precipitata da stress che possono essere di natura biologica (es. abuso di allucinogeni) o sociale (es. perdita di un parente). Questi ed altri fattori possono anche interferire sul decorso e l'esito della malattia. Psicopatologia La schizofrenia si manifesta con due diverse e complesse categorie di sintomi: SINTOMI POSITIVI SINTOMI NEGATIVI. Schizofrenia a sintomi positivi

o Deliri o Allucinazioni o Disturbi del pensiero o Comportamento bizzarro

Deliri I deliri sono false credenze delle quali la persona è fermamente convinta nonostante l'assenza di concrete evidenze. Tali false credenze devono essere distinte dalle credenze culturali proprie di interi gruppi o società. Le persone con deliri possono credere di essere perseguitate, avere poteri particolari o possedere talenti speciali, oppure credere che i loro pensieri e le loro azioni siano controllati da forze esterne. I deliri possono essere fantastici o bizzarri (es. essere capace di controllare il clima, essere in comunicazione con gli alieni). Le persone con queste false credenze possono temere che sia fatto loro del male o agire in modo strano proprio a causa di queste false credenze. Allucinazioni Le allucinazioni sono delle percezioni sensoriali senza stimolo. Le allucinazioni più comuni sono di tipo uditivo e la persona sente delle voci immaginarie. Alcune volte gli schizofrenici intrattengono delle vere e proprie conversazioni con queste voci che danno dei comandi o fanno dei commenti sulle caratteristiche e sulle azioni della persona affetta da schizofrenia. Allucinazioni meno comuni sono quelle in cui la persona vede, gusta, odora e tocca cose che sono molto reali per il malato, ma che di fatto non esistono. La persona può percepire i colori e le forme in maniera distorta e sentire che possiedono un significato personale.

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I disturbi del pensiero Le persone con disturbi del pensiero presentano un pensiero confuso che è reso evidente da ciò che dicono e da come lo dicono. Il discorso della persona può essere difficile da seguire perché salta da un argomento all'altro con pochissimo o senza senso logico. Ci possono essere interruzioni del pensiero (blocchi del pensiero). La sintassi può essere bizzarra e sembra aver senso solo per chi parla. In alcuni casi, le persone pensano che i loro pensieri siano trasmessi, rubati, controllati o influenzati da agenti esterni (alieni, demoni). Questi fenomeni vengono riportati come eco, trasmissione, inserimento o furto del pensiero. Nei casi gravi, il discorso può essere così strano e senza significato che è praticamente impossibile da capire. Comportamento bizzarro Alcune persone affette da schizofrenia si comportano in modo strano o trasgrediscono le regole sociali (ad es. si spogliano in pubblico). Possono fare gesti strani, espressioni facciali incongrue, smorfie o assumere strane posizioni con il corpo senza apparente motivo. I sintomi positivi rendono molto difficile il funzionamento sociale e spesso proprio questi sintomi sono la causa del ricovero. Le persone con schizofrenia possono parlare o agire in modo strano e bizzarro suscitando negli altri paura ed evitamento, perpetuando così lo stigma associato a questodisturbo. La gente associa alla "pazzia" un'alterata percezione della realtà, deliri, allucinazioni, disturbi comportamentali. Il comportamento strano delle persone che soffrono di schizofrenia accentua la paura che queste persone possano perdere il controllo. Schizofrenia a sintomi negativi

o Appiattimento emotivo o Perdita di slancio vitale o Ritiro sociale o Povertà del pensiero

Appiattimento emotivo Le persone che soffrono di schizofrenia sembrano spesso essere emotivamente piatte e non rispondere agli eventi che accadono attorno a loro. Non sono in grado di mostrare le emozioni cambiando l'espressione del viso, il tono della voce o con i gesti. Queste persone possono non avere nessuna reazione ad eventi tristi o felici oppure possono reagire in maniera non appropriata. La persona può sembrare senza obiettivi, indecisa, invasiva e spesso impulsiva. Spesso l'intera personalità della persona con schizofrenia sembra cambiare. Perdita di slancio vitale La schizofrenia può ridurre le motivazioni della persona con una diminuzione della capacità lavorativa e della partecipazione alle attività ricreative. Queste persone sembrano essere disinteressate alle attività quotidiane come lavare e cucinare, e nei casi estremi, non curano più l'igiene personale e l'alimentazione.

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L'indecisione, il negativismo e la passività possono essere mescolati ad impulsività improvvisa. Nei casi estremi la persona può diventare agitata, stuporosa o ritirata senza motivo apparente. Ritiro sociale Gli schizofrenici hanno difficoltà a fare e mantenere delle amicizie o conoscenze; possono avere poche relazioni intime. I rapporti con gli altri possono essere brevi e superficiali. Nei casi estremi la persona può evitare in maniera attiva tutti i rapporti sociali. Povertà del pensiero Alcuni schizofrenici hanno una notevole diminuzione della qualità e quantità del pensiero. Di rado parlano spontaneamente e rispondono alle domande in maniera breve e senza fornire dettagli. Nei casi estremi il discorso dello schizofrenico è limitato a frasi brevi come "si", "no" e "non so". Altre volte gli schizofrenici parlano liberamente, ma il loro discorso, anche se comprensibile, non ha nessun contenuto. Possono rispondere alle domande girandoci intorno senza mai giungere al punto. Il discorso può presentare lassità dei nessi associativi, blocchi e deragliamento del pensiero. I sintomi negativi della schizofrenia sono spesso interpretati dagli altri come un segno di pigrizia o come un comportamento rivolto ad infastidire gli altri, piuttosto che come una parte della malattia. Alcune di queste false credenze alimentano ampiamente l'immagine negativa e la stigmatizzazione associata alla schizofrenia. Decorso della schizofrenia Il disturbo generalmente ha: una fase prodromica; una fase acuta; una fase cronica; una fase residua in cui può essere in remissione. Nel decorso della schizofrenia sono presenti esacerbazioni e remissioni. 1)FASE PRODROMICA: può durare da alcuni giorni ad alcuni mesi, talvolta segue eventi stressanti precipitanti. Lento cambiamento del soggetto in senso negativo rispetto al funzionamento sociale, al rendimento scolastico o lavorativo, alla cura di sé. La persona diventa apatica, isolata, anergica, spesso manifesta anomalie comportamentali. 2)FASE ACUTA: i sintomi positivi e negativi diventano chiari e sono spesso ingestibili senza una adeguata terapia farmacologica. 3)FASE CRONICA: i sintomi positivi risultano attenuati mentre permangono i sintomi negativi residui. Si manifestano esacerbazioni acute sovrapposte. 4)SCHIZOFRENIA RESIDUA: permangono stabilmente sintomi negativi e deficitari; spesso in questa fase la terapia farmacologica diviene poco utile.

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Esiti Guarigione completa (15-20%) Guarigione sociale (40-60%) Grave cronicizzazione (15-20%) Il trattamento della schizofrenia Trattamento della schizofrenia nei CSM Il CSM è il contesto organizzativo che possiede le strutture e funzioni necessarie per la gestione dei pazienti con schizofrenia. La funzione dei reparti ospedalieri è limitata al trattamento degli scompensi acuti. Trattamento integrato 1. Case management. Integrazione, emergenze, collegamenti. 2. Trattamento farmacologico. Sintomi psicotici positivi e (negativi). 3. Psicoterapia. Gestione deficit e stressors, compliance, supporto. 4. Riabilitazione. Competenze sociali, autonomia. 5. Informazione e family work. Relazioni familiari. 6. Assistenza economica e sociale. Problematiche economiche abitative, etc. L’equipe multiprofessionale nel trattamento integrato 1. Case management → Medico o infermiere. 2. Trattamento farmacologico → Medico. 3. Psicoterapia → Medico o psicologo. 4. Riabilitazione → Educatore/Infermiere 5. Informazione e family work. → Operatore formato. 6. Assistenza economica e sociale → Assistente sociale. Case management Base essenziale del trattamento su cui ‘poggiano’ gli interventi specifici. Un operatore (medico o non medico) si assume la responsabilità del caso e formula un progetto terapeutico. Il progetto terapeutico integra i bisogni ed i problemi bio-psico-sociali. Altre figure professionali, interne ed esterne al DSM, sono chiamate in causa in base al progetto terapeutico. Prospettiva a lungo termine.

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Trattamenti Farmacologici Farmaci antipsicotici I farmaci utilizzati attualmente per trattare la schizofrenia vengono divisi in due gruppi:

o Antipsicotici standard (prima chiamati neurolettici) o Nuovi antipsicotici (chiamati anche di seconda generazione o antipsicotici "atipici")

Farmaci Neurolettici

o Alleviano i sintomi della schizofrenia o Controllano prevalentemente i sintomi positivi (effetto allucinolitico, deliriolitico ) o Aiutano a prevenire le recidive o Il 30% dei pazienti risponde scarsamente o Hanno un notevole carico di effetti collaterali o Non guariscono la malattia

Uso dei neurolettici

•Sindromi schizofreniche: -episodi acuti -forme croniche •Sindromi schizoaffettive •Fase maniacale delle sindromi bipolari •Psicosi organiche •Psicosi associate all’invecchiamento (m. di Alzheimer) •Sindrome di Gilles de la Tourette •Neuroleptoanalgesia •Emesi, nausea, disturbi motilità tratto gastrointestinale

Neurolettici

o Somministrazione per os o Somministrazione IM e EV o Somministrazione long-acting

Effetti collaterali dei neurolettici tipici SINDROME PARKINSONIANA

o Caratterizzata da rigidità muscolare, rallentamento (acinesia, amimia), tremore. o Frequenza maggiore nei pz. anziani.

CRISI DISTONICHE ACUTE o NEURODISLETTICHE Si manifestano talvolta poche ore dopo la prima somministrazione del farmaco, più frequentemente entro i primi 2-3 giorni. Caratterizzate da spasmi dei muscoli del collo, delle estremità e da crisi oculogire. Frequenza maggiore nei pz. giovani.

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ACATISIA Esperienza soggettiva di instabilità motoria caratterizzata frequentemente da forte ansietà. I pz.colpiti sono a proprio agio solo in movimento e diventano talvolta insonni. Talvolta interpretata come conseguenza dell’ansia e dell’agitazione psicomotoria. DISCINESIA TARDIVA Si manifesta dopo almeno 2 anni di trattamento cronico; incidenza variabile dal 10% al 40%; più frequente nei pazienti anziani. Può evidenziarsi quando il farmaco viene sospeso o quando il dosaggio è troppo alto. Quadro clinico: movimenti involontari di tipo ipercinetico, spesso localizzati alla regione orale; anche testa, tronco e gambe possono essere interessati. SINDROME IPERTERMICA MALIGNA DA ANTIPSICOTICI Potenzialmente letale, mortalità intorno al 10%, incidenza 0,1%. Evolve in 24-96 ore, con rigidità che precede di molte ore la febbre (fino a 41°C) e la disregolazione neurovegetativa, caratterizzata da tachicardia, ipertensione arteriosa, tachipneae sudorazione. Livelli fluttuanti di coscienza con agitazione e/o stupore. Antipsicotici (neurolettici) atipici Considerati ATIPICI perché causano pochi o nessun effetto extrapiramidale. Presentano maggiore efficacia nel trattamento dei sintomi negativi della schizofrenia. Affinità relativamente bassa per recettori D2 Blocco recettori 5-HT2A • Affinità relativamente bassa per recettori D2 • Blocco recettori 5-HT2A Altri Farmaci usati nella schizofrenia

o Antidepressivi o Anticolinergici o Ansiolitici o Stabilizzatori dell’umore

Interazione tra farmaci e terapie psicosociali nella schizofrenia

o I trattamenti psicologici e riabilitativi risultano maggiormente efficaci quando applicati a pazienti relativamente stabili sotto il profilo sintomatologico, mentre risultano scarsamente efficaci nei casi di acuzie psicotiche.

o Interventi psicosociali molto attivi, in assenza di trattamento farmacologico, possono avere risultati controproducenti.

Psicoterapia Sviluppare consapevolezza e comprensione del proprio stato soggettivo e acquisire competenze per facilitare la gestione delle relazioni e delle emozioni. Riabilitazione

o Social skills training per il miglioramento delle competenze sociali e della autonomia. o Lavoro di gruppo e/o individuale.

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o Inserimento lavorativo, in collaborazione con altre agenzie sociali. o Nei casi con importante deterioramento, la riabilitazione è limitata ad interventi di

socializzazione. Informazione

o Informazione al paziente ed alla famiglia. o Gruppi di psychoeducation. o Informazioni fondamentali: o Comportamenti dovuti alla volontà o alla malattia. o Livelli di impegno consentiti al paziente in ciascuna fase. o Basi biologiche, necessità e obiettivi dei farmaci. o Effetti collaterali. o Prodromi dell’episodio psicotico acuto.

Family work

o Riconoscimento del ruolo della famiglia. o Riconoscimento del carico familiare (limitazione delle attività lavorative e sociali, stigma

sociale, danno economico diretto ed indiretto, preoccupazioni). o Gruppi di psicoeducazione con più famiglie. o Interventi sul conflitto nei nuclei familiari (skill training). o Rapporti con le associazioni di familiari.

Assistenza sociale

o Risoluzione di una serie di bisogni concreti, urgenti o di lunga durata: o Residenza. o Alimentazione cura di se. o Problemi economici. o Relazioni e conflitti con terzi.

Il trattamento della schizofrenia

o Farmaci per alleviare i sintomi e prevenire le ricadute o Interventi educativi e psicosociali per aiutare i pazienti e le loro famiglie a risolvere i

problemi, confrontarsi con gli stress, rapportarsi con la malattia e le sue complicanze ed aiutare a prevenire le ricadute.

o Riabilitazione sociale per aiutare i pazienti a reintegrarsi nella comunità e riguadagnare le capacità interattive ed occupazionali

Gestione della schizofrenia

o Stabilire e mantenere una alleanza terapeutica o Monitorare la condizione clinica del paziente o Informare riguardo la schizofrenia ed i suoi trattamenti o Determinare le necessità di trattamento farmacologico ed altri trattamenti specifici e

formulare un piano globale di trattamento

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o Favorire la adesione del paziente al piano di trattamento o Aumentare la consapevolezza e l’adattamento ai problemi psicosociali causati dalla

malattia o Promuovere il riconoscimento precoce di nuovi episodi acuti e dei fattori che possono

precipitare o perpetuare gli episodi psicotici o Intervenire per alleviare il distress familiare e migliorare il funzionamento familiare o Facilitare l’accesso ai servizi e coordinare l’intervento con altri servizi medici e sociali

Riconoscimento e trattamento precoce Sanità

o Sensibilizzazione dei MMG o Collaborazione con consultori o Protocolli di screening precoce

Società

o Scuole o Centri di aggregazione giovanile o Famiglie

I pregiudizi sui disturbi mentali La popolazione in generale, così come i professionisti della salute, tendono a mantenere un'immagine stereotipata delle persone con schizofrenia False credenze o Nessuno guarisce dalla schizofrenia. o La schizofrenia non è un disturbo curabile. o Le persone con schizofrenia sono normalmente violente e pericolose. o Le persone con schizofrenia possono contagiare gli altri con la loro pazzia. o Le persone con schizofrenia sono pigre e inaffidabili. o La schizofrenia è il risultato di una deliberata mancanza di volontà e di carattere ("la persona

potrebbe darsi una mossa se volesse"). o Tutto quello che dicono le persone con schizofrenia è senza senso. o Le persone con schizofrenia non possono riferire in modo affidabile gli effetti del

trattamento o altre cose che accadono loro. o Le persone con schizofrenia sono completamente incapaci di prendere decisioni razionali

riguardo la loro vita (per es. dove vivere). o Le persone con schizofrenia sono imprevedibili. o Le persone con schizofrenia non possono lavorare. o Le persone con schizofrenia si aggravano progressivamente. o La schizofrenia è colpa dei genitori. Ridurre lo stigma e la discriminazione o Modificare gli atteggiamenti della popolazione attraverso programmi educativi

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o Modificare le politiche e le leggi per ridurre la discriminazione e aumentare la protezione legale per coloro che soffrono di malattie mentali

o Aumentare l'utilizzo di strategie di trattamento che controllano i sintomi minimizzando gli effetti collaterali

o Programmare attività educative per la comunità mirate al cambiamento degli atteggiamenti. · Inserire programmi educativi contro lo stigma nella formazione degli insegnanti e degli operatori sanitari.

o Stimolare interventi psicoeducativi dei pazienti e dei familiari sui modi di convivere con la malattia.

o Coinvolgere i pazienti e i familiari nel riconoscere le pratiche di discriminazione. o Aumentare lo sviluppo di farmaci che migliorano la qualità della vita e riducono al minimo gli

effetti collaterali stigmatizzanti.

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DISTURBI DI PERSONALITÀ Personalità Modo costante di percepire, pensare e rapportarsi nei confronti di se stessi e dell’ambiente Modello di Ippocrate (i quattro umori): -sanguigno (ottimista/estroverso) -bile nera (pessimista/melanconico) -bile gialla (ostile/collerico) -linfatico (apatico/flemmatico) Se si hanno modalità costanti di pensare, sentire e agire rigide e non adattative, si ha disagio soggettivo e compromissione nel funzionamento sociale e lavorativo I disturbi di personalità possono coinvolgere prevalentemente la sfera cognitiva, affettiva, interpersonale o il controllo degli impulsi. L’esordio dei disturbi di personalità avviene nell’adolescenza, in seguito il disturbo è stabile e di lunga durata Le tre aree dei Disturbi di Personalità A)Bizzarro:

o Disturbo Paranoide di Personalità; o Disturbo Schizoide di Personalità; o Disturbo Schizotipico di Personalità

B) Esplosivo:

o Disturbo Antisociale di Personalità o Disturbo Borderline di Personalità o Disturbo Istrionico di Personalità o Disturbo Narcisistico di Personalità

C)Ansioso

o Disturbo Evitante di Personalità o Disturbo Dipendente di personalità o Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità

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CONDOTTE SUICIDE Il suicidio si colloca fra la sesta e l’ottava causa di morte nella popolazione generale e come seconda causa di morte nella fascia d’età compresa tra 20 e 30 anni. L’incidenza del suicidio oscilla fra 25 per 100.000 (paesi scandinavi) e 10 per 100.000 (paesi latini) con una media mondiale di 12,0 per 100.000 abitanti. Il rapporto dei suicidi fra maschi e femmine è di 3:1 L’incidenza dei tentativi di suicidio è stimata pari a 8-10 volte quella del suicidio. Il rapporto fra femmine e maschi è di 6:1 Condotte suicide

o Fantasia, desiderio, idea, pianificazione del suicidio o Il tentativo di suicidio: a)suicidio mancato b)tentativo dimostrativo o Il suicidio riuscito o I suicidi mascherati (avvelenamenti, incidenti mortali)

Equivalenti suicidari

o Automutilazioni, rifiuto di alimenti o cure, alcolismo e tossicodipendenza o Il suicidio allargato

Tentato suicidio

o Femmine o <35 anni o Mezzi a basso rischio o Alta possibilità soccorso o Disturbo

dell’Adattamento di personalità Suicidio riuscito

o Maschi o >60 anni o Mezzi ad alta mortalità o Bassa possibilità soccorso o Disturbo

dell’Umore Abuso di sostanze Suicidio e Disturbo dell’Umore Il D. dell’Umore è la categoria diagnostica più rappresentata tra le persone che si suicidano

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Il 15-20% dei pazienti con D. dell’Umore si suicida Condotte Suicide e Schizofrenia

o Il 10% dei pazienti con schizofrenia commette suicidio o Si tratta prevalentemente di giovani di sesso maschile o Il momento critico è quello della remissione clinica o della depressione post-psicotica

Pregiudizi sul suicidio

o Fare domande al paziente su eventuali propositi suicidi è controproducente o Chi lo dice non lo fa o E’ impossibile evitare il suicidio di una persona determinata a farlo

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LA COMPLIANCE

Lo scenario • I Disturbi psichici richiedono spesso trattamenti protratti/lifetime. • I pregiudizi riguardo alle terapie psicofarmacologiche • Il livello di Insight LA COMPLIANCE/L’ADERENZA (al trattamento) può essere definita come il grado di conformità del comportamento del paziente al parere del medico ed ai consigli per la sua salute. Non Compliance • La NC non è un problema specifico del paziente psichiatrico • I tassi variano molto tra pazienti e nel tempo. • Molti pazienti saranno NC in alcune fasi della malattia e del trattamento. • L’informazione e l’istruzione non sono sufficienti a prevenire la non aderenza al trattamento. o Percezione della malattia e dei sintomi. o Percezione del bisogno di trattamento. o Percezione degli effetti collaterali potenziali. o Percezione dell’esito atteso/attendibile. o Percezione degli altri “significativi”. Fattori di rischio di NC

Sesso maschile. Bassa scolarità. Età (giovani/anziani). Comorbidità Disturbi Asse I e II. Malattia. Tipo di trattamento. Educazione. Estrazione sociale.

I fattori della compliance

• La malattia • Il paziente • Il medico • Le cure • La relazione • Il contratto • Il servizio

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I fattori che limitano l’adesione 1. Relativi alla patologia: Presenza di un disturbo cronico, privo di una sintomatologia evidente. Stabilità del quadro sintomatologico. Caratteristiche specifiche del disturbo ( non insight, confusione, distorsione sensoriale, reattività psicologica). 2. Relativi al paziente: o Tipo e gravità del disturbo. o Espressività sintomatologica. o Presenza di disturbi sensoriali. o Mancata comprensione o consapevolezza. o Modelli impliciti di malattia e convinzioni culturali. o Ricorso a medicina omeopatica od altro. o Insoddisfazione verso il medico. o Mancanza di supporto sociale. o Instabilità (economica, familiare, abitativa). o Aspettative esplicite dei familiari verso la terapia. o Apatia e pessimismo. o Conflitto con altri benefici derivanti dal disturbo. 3. Relativi alla relazione terapeutica o Inadeguato livello di comunicazione. o Rapporto conflittuale. o Presenza di atteggiamenti (verbali e non verbali) problematici - di scarso rispetto o di scarsa

stima - sia dell’operatore che del paziente. o Incapacità da parte dell’operatore di far venire a galla le osservazioni critiche relative al

trattamento. o Insoddisfazione del paziente o dei familiari. o Mancanza di verifiche regolari da parte del curante. 4. Relativi al servizio o Caratteristiche del setting. o Assenza di continuità terapeutica. o Lungo tempo di attesa. o Lungo periodo di tempo tra il momento dell’invio e quello della prima visita. o Momento in cui avviene l’invio. o Mancanza di appuntamenti ben definiti. o Cattiva reputazione del servizio o degli operatori. o Distanza e costi. o Mancanza di coesione tra i curanti.

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o Clima od atteggiamento non accogliente nel servizio. o Complessità dello schema di trattamento proposto. o Lunga durata del trattamento. o Grado di cambiamento dei comportamenti e delle abitudini. o Mancato supporto ai familiari ed ai caregiver. Sinonimi o modelli diversi? Compliance – aderenza – concordanza /alleanza 1. COMPLIANCE Adeguamento, passivo, alle indicazioni dell’”esperto”. 2. ADHERENCE Condivisione da parte del paziente di una proposta ben formulata da parte del medico. 3. CONCORDANCE Discussione delle possibili opzioni e condivisione della scelta e della responsabilità che ne deriva. Compliance è ormai un termine che si tende ad evitare perché implica passività, obbedienza. La decadenza del termine ha una radice storica: esso sembra corrispondere ai valori ed alle concezioni di un “welfare state” del periodo precedente la seconda guerra mondiale, fondata su un paternalismo benevolo e sulla piena fiducia dei pazienti nel loro medico. Il prezzo della compliance era la dipendenza. Il prezzo della concordance è la responsabilizzazione: Per il medico, nel garantire l’appropriatezza della diagnosi, del trattamento, delle prove a favore delle proprie scelte, della propria capacità di spiegarle; Per il paziente, nell’assumersi l’onere delle conseguenze della propria scelta. Fattori che possono migliorare la compliance:

o Informazione. o Motivazione (rinforzo dell’autostima). o Abilità comportamentali. o Compliance therapy (Kemp, 1998): focus group.

I dubbi più frequenti

o Diventerò dipendente dai farmaci? o I farmaci mi cambieranno la testa?

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o Mi intossicherò il fegato? o Non bastano un “ricostituente” o delle “erbe”? o Dovrei solo metterci più volontà! o Non basta “parlare”?

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TRATTAMENTI FARMACOLOGICI

TAPPE DELLA PSICOFARMACOLOGIA

1845- L’intossicazione da hashish viene proposta come modello di malattia mentale 1869- Introduzione del cloralio idrato nel trattamento della melanconia 1875- La cocaina proposta come trattamento in psichiatria (Freud) 1882- Introduzione della paraldeide 1903- Introduzione dei barbiturici 1917-Trattamento della psicosi nella sifilide con la malarioterapia 1927-Shock insulinico per la schizofrenia (Sakel) 1931-Introduzione della Rauwolfia Serpentina (reserpina) 1934-Convulsioni indotte da pentilentetrazolo 1936-Lobotomia frontale 1938-Elettroshock 1949-Introduzione del litio 1952-Introduzione della clorpromazina 1958-Introduzione dei triciclici e IMAO 1960-Introduzione del clordiazepossido

Importante notare che fino agli anni 50 non esistevano efficaci terapie farmacologiche e questo è anche il motivo per cui l’elettroshock, una volta messo a punto alla fine della seconda guerra mondiale, si diffuse largamente, cioè per l’assenza di trattamenti farmacologici efficaci. Grazie al boom della ricerca che ci fu negli anni 50, i ricercatori, che stavano studiando tutt’altre cose (farmaci da utilizzare in anestesia) si accorsero che le molecole oggetto di studio davano delle modificazioni comportamentali e quindi fu messo a punto il primo farmaco che prese il nome di neurolettico che fu la clorpromazina (Largactil, Prozin). Da questo poi furono introdotti altri neurolettici fino alla sintesi nel 60 dell’aloperidolo (Haldol, Serenase).

ANTIDEPRESSIVI

Sono noti come antidepressivi, in realtà si utilizzano in tantissime patologie. Esistono varie classi di farmaci antidepressivi:

IMAO-irreversibili; IMAO sono inibitori delle monoamine ossidasi e praticamente distruggono le monoamine a livello dello spazio sinaptico. Quindi se si bloccano le monoaminossidasi con questi inibitori succede che le monoamine rimangono per molto più tempo nello spazio sinaptico. Oggi sono scarsamente utilizzati (in Italia ne esiste solo uno) perché hanno molte limitazioni d’uso, perché bloccano in modo irreversibile le monoaminossidasi (se una persona interrompe il trattamento devono trascorrere 15 giorni prima che se ne formino delle altre) ma soprattutto perché non sono selettive e bloccano le monossidasi anche per esempio a livello intestinale.

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Gli effetti avversi possono essere numerosi: cefalea, tachicardia, nausea, ipertensione, aritmie cardiache, ictus, ipotensione ortostatica, offuscamento della visione, secchezza delle fauci, disuria e stipsi.

IMAO-reversibili; questi farmaci invece agiscono solamente a livello del SNC (selettivi) e poi soprattutto non bloccano le monoaminossidasi per tutta la loro durata, ma solamente fino a che non vengono catabolizzate. Tutto ciò ha reso questi farmaci molto maneggevoli anche se in realtà in psichiatria non sono molto utilizzati, ma si trovano più spesso in altre patologie come il Parkinson.

Triciclici (TCA); sono chiamati così per la loro forma strutturale chimica costituita da tre anelli uniti fra loro con dei radicali diversi fra loro. Dalla fine degli anni 50 agli anni 80 sono stati i farmaci più utilizzati in assoluto, anche se attualmente il loro uso è notevolmente ridotto. I triciclici più utilizzati sono la clorimipramina (Anafranil) oppure l’amitriptilina (Laroxyl) o la nortriptilina (Noritren, Vividyl). Questi farmaci inibiscono il re-uptake delle monoamine. Normalmente in una sinapsi quando i mediatori vengono liberati nello spazio sinaptico si legano ai recettori post-sinaptici con un sistema di autoregolazione, per cui una volta che un recettore viene stimolato, una certa quantità di farmaco viene riacquistata dallo spazio presinaptico, viene recuperata. Se si blocca questo recupero della serotonina o della noradrenalina molte più monoamine rimangono nello spazio sinaptico. Questi farmaci hanno uno spettro di effetti collaterali (dose dipendente) molto vasto: cefalea, stipsi (uno degli effetti anticolinergici), tremori, difetti di accomodamento… La posologia giornaliera varia dai 75 ai 250 mg.

SSRI; sono Inibitori Selettivi della Ricaptazione di Serotonina, cioè inibiscono selettivamente la ricaptazione della serotonina a livello pre-sinaptico nel SNC. Lafluoxetina (Prozac), la paroxetina (Seroxat, Sereupin) e il citalopram (Elopram, Seropram) appartengono a questa categoria. Questi farmaci hanno avuto un gran successo non soltanto sulla depressione, ma in moltissime altre patologie e soprattutto sono privi degli effetti collaterali anticolinergici che hanno i triciclici raggiungendoli però in efficacia. Questi farmaci sono stati efficaci negli attacchi di panico, nei disturbi di ansia generalizzata, nei disturbi del comportamento alimentare (bulimia nervosa), nel disturbo ossessivo-compulsivo.

SNRI; sono inibitori della ricaptazione contemporaneamente della Noradrenalina e della Serotonina, la venlafaxina (efexor) che è un tipico farmaco che viene dato come antidepressivo o per un disturbo dell’ansia generalizzato.

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NARI; inibitori della noradrenalina, come la reboxetina che però non hanno avuto un grosso successo.

SARI; che sono antidepressivi ad azione serotoninergica mista come il trazodone

(Trittico)

Oltre a questi farmaci ce ne sono tanti altri per il trattamento dei disturbi di tipo depressivo che però possono essere utilizzati anche per altre patologie. Oggi si tende a creare un farmaco che funzioni in mono-somministrazione, questo per la compliance. E che quindi il farmaco ideale dovrebbe avere a un indice terapeutico alto, uno spettro di effetti collaterali ridotto, ma anche bassi livelli di interazioni farmacologiche sia dirette che indirette, perché con l’andamento demografico, la popolazione che risulta sempre più vecchia, si assiste ad un aumento delle depressioni senili e come è noto la maggior parte degli anziani fa uso di altri farmaci per altre patologie: comorbosità. Un altro punto fondamentale è quello del tempo di latenza cioè gli effetti del farmaco si iniziano a vedere dopo un tempo variabile, che va dalle 2 alle 5 settimane. Infatti non basta aumentare la quantità di queste monoamine, ma è necessario che i recettori sia pre-sinaptici che post-sinaptici si riadattino per vedere gli effetti del farmaco: ecco perché vi è un tempo di latenza. Questo è molto importante perché studi hanno dimostrato che il 60% delle prescrizioni di antidepressivi fatte dal MMG vengono interrotte dai pazienti nei primi 15 giorni, prima che si possano avere gli effetti del farmaco, cioè prima della fine del tempo di latenza del farmaco. Da ciò si evince che all’utente non vengono date sufficienti informazioni sul farmaco prescritto. Il trattamento di una depressione maggiore dura dagli 8-11 mesi, questo anche quando il pz ha la fortuna di stare meglio dopo un mese di terapia perché si parte dal presupposto che il ciclo della depressione abbia una durata di 8 mesi. Quindi naturalmente una sospensione troppo precoce, anche quando poi c’è un rapido miglioramento della sintomatologia, può determinare una ricaduta perché l’episodio di malattia non è ancora risolto. Quindi un farmaco ideale dovrebbe avere: 1. alto indice terapeutico (mono-somministrazione); 2. ridotto spettro di effetti collaterali; 3. bassa interazione farmacologica; 4. basso periodo di latenza Questi farmaci antidepressivi danno buoni risultati ma questo non significa risolvere il 100% dei casi. Si calcola che circa i 2/3 dei pz trattati con antidepressivi hanno un miglioramento dal punto di vista clinico quindi vi è un 1/3 in cui bisogna attuare terapie incrociate, terapie di rinforzo…, cioè ad altre strategie farmacologiche.

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Quindi capite che ci sono anche altri farmaci atipici che vi capiterà di trovare fra cui il trazodone (Trittico) (utilizzato largamente in ambito geriatrico) per i disturbi del sonno o per i disturbi dell’ansia. Indicazioni terapeutiche:

Disturbi dell’umore Disturbo d’ansia generalizzato Disturbo di Panico Disturbi Fobici Disturbo ossessivo-compulsivo Disturbo Post-traumatico da Stress Disturbo del comportamento alimentare

STABILIZZATORI DELL’UMORE

Sempre nell’ambito dei disturbi dell’umore soprattutto nei disturbi bipolare viene fatto un larghissimo uso degli stabilizzatori dell’umore:

Sali di Litio; sono stati introdotti ancor prima della clorpromazina. Il litio è una sostanza presente nel nostro organismo in quantità molto basse, però dosabile. Naturalmente bisogna somministrarla a dosaggi molto alti affinché abbia una funzione preventiva o terapeutica per i disturbi dell’umore, ma soprattutto viene utilizzata a scopo di profilassi nei soggetti in cura con i Sali di Litio, cioè questi pazienti con il tempo tendono ad avere una stabilizzazione del tono dell’umore, non in senso che guariscono ma von una riduzione delle manifestazioni cliniche, migliorando l’impatto con la vita sociale. Importante da sapere che la biodisponibilità di questo farmaco varia moltissimo da persona a persona, cioè varia molto l’assorbimento e il metabolismo, quindi non esiste uno standard di somministrazione di questo farmaco e ciò rende necessario fare in dosaggio del litio nel sangue: la litiemia. La litiemia viene fatta frequentemente nelle fasi iniziali e successivamente viene fatta 2-4 volte l’anno a discrezione del medico curante per controllare che questo livello si mantenga nei limiti. Mantenersi nei limiti significa che il litio deve essere all’interno di un range terapeutico al di sotto del quale si ritiene che non abbia efficacia e al di sopra del quale si ritiene abbia effetti tossici. L’indice terapeutico è 0,4 -1,2 mEq/l. La litiemia può essere modificata da farmaci che vengono assunti come per esempio i diuretici tiazidici (clortalidone, idroclortiazide) che mi portano a eliminare molto sodio trattengo molto più litio perché il sodio e il litio sono competitori nell’eliminazione a livello renale e quindi succede che gli abbasso la pressione ma lo intossico con il litio. Anche un lungo trattamento con i FANS può provocare un intossicazione da litio con importanti segni neurologici e sistemici.

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Non tutti i pz tollerano i Sali di Litio e poi avendo un indice terapeutico basso deve essere prescritto in più somministrazioni (2-3 ad giorno). Alcuni pz sono anche molto sensibili agli effetti collaterali: possono dare diarrea, polidipsia… Il litio ha come nome commerciale Carbolithium o Litio Carbonato

Antiepilettici; sono farmaci a cui viene riconosciuta una azione stabilizzatrice del tono dell’umore. I più conosciuti in Italia sono:

o la carbamazepina (Tegretol, Carbamazepina) viene somministrata in dosi variabili 600-1200 mg/die. Si può trovare associata con iSali di Litio o con il valproato di sodio nelle forme più resistenti.

o il valproato di sodio (Depakin Chrono). Con gli antiepilettici si devono fare pochi controlli solamente la funzionalità epatica, mentre con i Sali di Litio si deve fare la litiemia.

ANTIPSICOTICI (NEUROLETTICI)

Sono farmaci che vengono somministrati a pz con disturbi di tipo psicotico. Sono nati negli anni 50 con la clorpromazina e sono i farmaci che hanno segnato in modo maggiore il trattamento e la prognosi dei pz con disturbo psicotico. I farmaci antipsicotici sono antagonisti recettoriali della DOPAMINA (recettore D2). Gli antipsicotici si possono dividere in due grandi categorie:

1. Antipsicotici tradizionali (neurolettici) costituiti da 3 grandi gruppi: a. Fenotiazine: questa classe di farmaci agisce mediante il blocco dei recettori

dopaminergici D1 e D2 post-sinaptici e sono rappresentati dalla clorpromazina (Largantil, Prozin), dalla levomepromazina (Nozinan), dalla perfenazina (Trilafon) e dalla promazina (Talofen)

b. Butirrofenoni: questa classe lo stesso meccanismo d’azione delle Fenotiazine, ma sono antipsicotici più potenti con maggiori effetti extrapiramidali, ma meno sedativi. Il capostipite è l’aloperidolo (Haldol-Serenase).

c. Tioxanteni: sono molto simili alle Fenotiazine e attivi nelle sindromi con allucinazioni. Il capostipite è il clopentixolo (Clopixol Acuphase).

2. Antipsicotici atipici o di nuova generazione i cui farmaci più diffusi sono il risperidone (Risperdal), l’olanzapina (Zyprexa), la quetiapina (Seroquel) e la clozapina (Leponex). Sono caratterizzati da minori effetti collaterali ( disturbi extrapiramidali, discinesia tardiva, etc.) e presentano maggiore efficacia nel trattamento dei sintomi negativi della schizofrenia. Hanno affinità relativamente bassa per i recettori D2 e bloccano i recettori 5-HT2A.

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Indicazioni terapeutiche Sindromi schizofreniche: episodi acuti e forme croniche Sindromi schizoaffettive Fase maniacale delle sindromi bipolari Psicosi organiche Psicosi associate all’invecchiamento (m. di Alzheimer) Sindrome di Gilles de la Tourette Neuroleptoanalgesia Emesi, nausea, disturbi motilità tratto gastrointestinale

Modalità di somministrazione

o Somministrazione per os o Somministrazione IM e EV o Somministrazione long-acting: sono farmaci coniugati con acidi grassi che vengono

iniettati per via i.m. il cui effetto si protrae per 3-4 settimane (in media 1 volta al mese). L'impiego di queste formulazioni è di elezione nei trattamenti prolungati di pazienti con scarsa accettazione della terapia. Ricordiamo la flufenazina decanoato (Moditen Depot), l'aloperidolo decanoato (Haldol Decanoas), la perfenazina enantato (Trilafon Enantato) e lo zuclopentixolo decanoato (Clopixol Depot).

Effetti collaterali dei neurolettici tipici

CRISI DISTONICHE ACUTE o NEURODISLETTICHE o Si manifestano talvolta poche ore dopo la prima somministrazione del farmaco, più

frequentemente entro i primi 2-3 giorni. o Caratterizzate da spasmi dei muscoli del collo, delle estremità e da crisi oculogire. o Frequenza maggiore nei pz. giovani.

SINDROME PARKINSONIANA o caratterizzata da rigidità muscolare, rallentamento (acinesia, amimia), tremore; o frequenza maggiore nei pz. anziani.

ACATISIA è un’esperienza soggettiva di instabilità motoria caratterizzata frequentemente da forte ansietà. I pz. colpiti sono a proprio agio solo in movimento e diventano talvolta insonni. Talvolta interpretata come conseguenza dell’ansia e dell’agitazione psicomotoria. DISCINESIA TARDIVA si manifesta dopo almeno 2 anni di trattamento cronico; incidenza variabile dal 10% al 40%; più frequente nei pazienti anziani. Può evidenziarsi quando il farmaco viene sospeso o quando il dosaggio è troppo alto. Quadro clinico: movimenti involontari di tipo ipercinetico, spesso localizzati alla regione orale; anche testa, tronco e gambe possono essere interessati.

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SINDROME IPERTERMIA MALIGNA DA ANTIPSICOTICI o Potenzialmente letale, mortalità intorno al 10%, incidenza 0,1%. o Evolve in 24-96 ore, con rigidità che precede di molte ore la febbre (fino a 41°C) e la

disregolazione neurovegetativa, caratterizzata da tachicardia, ipertensione arteriosa, tachipnea e sudorazione. Livelli fluttuanti di coscienza con agitazione e/o stupore.

Per controbilanciare gli effetti indotti dai neurolettici (sindromi parkinsoniane iatrogene) si possono associare anche anticolinergici quali il biperidene (Akineton) o Orfenadrina (Disipal) Effetti collaterali dei neurolettici atipici Questi tipi di farmaci sono quasi privi di effetti collaterali anche se alcuni pz non tollerano questi tipi di farmaci: per esempio è stato riscontrato in alcuni pz un aumento di spropositato di peso.

FARMACI ANSIOLITICI E IPNOTICI I sintomi d’ansia sono i sintomi più diffusi e li possiamo ritrovare in numerose patologie come la schizofrenia, la depressione ... Quindi è molto importante avere dei farmaci che agiscono sull’ansia. Un tempo i barbiturici erano il principale presidio terapeutico utilizzato per sedare il sistema nervoso e per indurre e mantenere il sonno. Oggi essi sono stati rimpiazzati ampiamente dalle benzodiazepine. Le molecole di benzodiazepine in commercio sono numerosissime, hanno tutte lo stesso meccanismo d’azione (farmacodinamica), ma differiscono come farmacocinetica, cioè come tempo di assorbimento e di eliminazione. Le benzodiazepine più utilizzate sono:

diazepam (Ansiolin, Valium) lorazepam (Control, Lorans,Tavor) clordemetildiazepam (EN) bromazepam (Lexotan, Compendium) etizolam (Depas, Pasaden) alprazolan (Xanax) triazolam (Halcion) lormetazepam (Minias) brotizolam (Lendormin)

Questi ultimi tre sono utilizzati soprattutto come ipnotici. Le benzodiazepine si legano a siti specifici ad alta affinità sulla membrana cellulare, separati ma adiacenti al recettore per il GABA. I recettori per le benzodiazepine si trovano solo sul SNC e la loro localizzazione va di pari passo con quella dei neuroni contenenti GABA(importante neurotrasmettitore “inibitore” del SNC). Il legame delle benzodiazepine fa aumentare l’affinità dei recettori del GABA per questo neurotrasmettitore, provocando un’apertura più frequente degli adiacenti canali del cloruro.

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A sua volta ciò si traduce in un aumento dell’iperpolarizzazione e ulteriore inibizione dell’attività neuronale (quindi inibisce il potenziale di azione). Esistono anche altriansiolitici o ipnoinducenti che non sono benzodiazepine:

buspirone (Buspar), indicato nei disturbi dell’ansia; zolpidem (Stilnox) usato molto come induttore del sonno.

Azioni delle benzodiazepine:

ansiolitica; ipnotica: (il sonno è un problema che tormenta l’uomo fin dalle origini) iltriazolam (Halcion),

lormetazepam (Minias)e ilbrotizolam (Lendormin) sono benzodiazepine utilizzate prevalentemente come ipnotici;

miorilassante: per esempio in caso di contratture; antiepilettica: in caso di convulsioni per esempio viene somministrato il diazepam.

Caratteristiche delle benzodiazepine:

agiscono rapidamente; sono maneggevoli; hanno una scarsa tossicità; danno tolleranza; possono indurre dipendenza.