DISPENSA di STORIA classe 2a S T O R I A - … religione dello Stato e proibisce le altre religioni....

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DISPENSA di STORIA classe 2a S T O R I A Storia di ROMA dalle origini alla fine dell’Impero 1. L’ITALIA PRIMA DELLA NASCITA DI ROMA Nell’VIII sec. a.C. l’Italia era abitata da molti popoli chiamati ITALICI nella parte centrale. In Toscana c’erano gli Etruschi, che hanno poi conquistato terre più a nord nella Pianura Padana ed a sud nella Campania. Nel Sud dell’Italia c’erano le COLONIE GRECHE (= dei Greci) in Campania, Calabria e Sicilia e le COLONIE FENICIE (= dei Fenici) in Sicilia e Sardegna. Tra gli Italici si distinguono i LATINI, che vivevano nel Lazio e che fondano Roma. Roma all’inizio era un piccolo villaggio del Lazio: a poco a poco diventa una grande città grazie alla sua posizione, che era molto favorevole per i seguenti motivi: 1. Era vicina al fiume Tevere, nel punto dove c’era l’Isola Tiberina che permetteva di attraversare più facilmente il fiume; 2. Si trovava su dei colli e quindi non poteva essere allagata dal fiume come altri villaggi nella pianura; 3. Era vicina al mare e si trovava al centro di importanti vie di comunicazione e di commerci tra nord e sud, cioè tra Etruschi e Greci. Si trovava tra il mare e l’interno, dove passavano i carri pieni di sale, che hanno dato il nome alla Via Salaria. 2. TAPPE DELLA STORIA DI ROMA 756 a. C - 509 a. C MONARCHIA | 509 a.C. - 31 a.C. REPUBBLICA | 31 a.C. - 476 d.C. IMPERO 3. LA MONARCHIA Durante questo periodo, secondo la leggenda a Roma ci sono stati 7 re. Il primo re fu Romolo, che fondò Roma. Gli ultimi tre sono stati re etruschi e questo dimostra che gli Etruschi hanno conquistato Roma. Nel 509 i Romani cacciarono l’ultimo re e Roma diventò una repubblica. 4. LA REPUBBLICA a) L’Ordinamento dello Stato In questo periodo a Roma invece del solo re hanno il potere diversi magistrati (cioè persone che governano lo Stato). Al posto del re ci sono DUE CONSOLI, poi c’è il SENATO, una assemblea di anziani, che prende le decisioni più importanti. Altri magistrati sono: i PRETORI che amministravano la giustizia; gli EDILI che controllavano l’ordine pubblico, la manutenzione di strade ed edifici; i QUESTORI che controllavano le finanze dello Stato; i CENSORI che registravano i nomi ed i beni dei cittadini ed ogni cinque anni effettuavano il censimento. Se lo Stato si trovava in pericolo eleggevano un DITTATORE che aveva tutti i poteri, ma restava in carica solo sei mesi. b) La società romana In questo periodo la società romana era divisa in 2 classi: 1. i PATRIZI: erano i proprietari delle terre, erano ricchi ed erano i soli a partecipare al governo dello Stato; 2. i PLEBEI: erano contadini ed artigiani, erano poveri, non potevano partecipare al governo dello Stato, non avevano diritti. I plebei lottarono a lungo contro i patrizi ed alla fine ottennero l’uguaglianza di fronte alla legge ed ottennero anche l’elezione dei TRIBUNI DELLA PLEBE, che erano due magistrati che difendevano gli interessi dei plebei e, se una legge danneggiava i plebei, avevano il DIRITTO DI VETO, cioè potevano far cancellare la legge. C’erano poi gli SCHIAVI: erano proprietà dei patrizi che li compravano e li vendevano e li facevano lavorare per loro. Non erano considerati uomini ma oggetti, ed i padroni potevano anche ucciderli. c) Le conquiste di Roma

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DISPENSA di STORIA classe 2a

S T O R I A

Storia di ROMA dalle origini alla fine dell’Impero

1. L’ITALIA PRIMA DELLA NASCITA DI ROMA Nell’VIII sec. a.C. l’Italia era abitata da molti popoli chiamati ITALICI nella parte centrale. In Toscana

c’erano gli Etruschi, che hanno poi conquistato terre più a nord nella Pianura Padana ed a sud nella

Campania. Nel Sud dell’Italia c’erano le COLONIE GRECHE (= dei Greci) in Campania, Calabria e Sicilia

e le COLONIE FENICIE (= dei Fenici) in Sicilia e Sardegna.

Tra gli Italici si distinguono i LATINI, che vivevano nel Lazio e che fondano Roma. Roma all’inizio era un

piccolo villaggio del Lazio: a poco a poco diventa una grande città grazie alla sua posizione, che era molto

favorevole per i seguenti motivi:

1. Era vicina al fiume Tevere, nel punto dove c’era l’Isola Tiberina che permetteva di attraversare più facilmente il fiume;

2. Si trovava su dei colli e quindi non poteva essere allagata dal fiume come altri villaggi nella pianura;

3. Era vicina al mare e si trovava al centro di importanti vie di comunicazione e di commerci tra nord e sud,

cioè tra Etruschi e Greci.

Si trovava tra il mare e l’interno, dove passavano i carri pieni di sale, che hanno dato il nome alla Via

Salaria.

2. TAPPE DELLA STORIA DI ROMA

756 a. C - 509 a. C MONARCHIA | 509 a.C. - 31 a.C. REPUBBLICA | 31 a.C. - 476 d.C. IMPERO

3. LA MONARCHIA Durante questo periodo, secondo la leggenda a Roma ci sono stati 7 re. Il primo re fu Romolo, che fondò

Roma. Gli ultimi tre sono stati re etruschi e questo dimostra che gli Etruschi hanno conquistato Roma. Nel

509 i Romani cacciarono l’ultimo re e Roma diventò una repubblica.

4. LA REPUBBLICA

a) L’Ordinamento dello Stato In questo periodo a Roma invece del solo re hanno il potere diversi magistrati (cioè persone che governano

lo Stato). Al posto del re ci sono DUE CONSOLI, poi c’è il SENATO, una assemblea di anziani, che prende

le decisioni più importanti. Altri magistrati sono:

i PRETORI che amministravano la giustizia;

gli EDILI che controllavano l’ordine pubblico, la manutenzione di strade ed edifici;

i QUESTORI che controllavano le finanze dello Stato;

i CENSORI che registravano i nomi ed i beni dei cittadini ed ogni cinque anni effettuavano il censimento.

Se lo Stato si trovava in pericolo eleggevano un DITTATORE che aveva tutti i poteri, ma restava in carica

solo sei mesi.

b) La società romana In questo periodo la società romana era divisa in 2 classi:

1. i PATRIZI: erano i proprietari delle terre, erano ricchi ed erano i soli a partecipare al governo dello Stato;

2. i PLEBEI: erano contadini ed artigiani, erano poveri, non potevano partecipare al governo dello Stato,

non avevano diritti. I plebei lottarono a lungo contro i patrizi ed alla fine ottennero l’uguaglianza di fronte

alla legge ed ottennero anche l’elezione dei TRIBUNI DELLA PLEBE, che erano due magistrati che

difendevano gli interessi dei plebei e, se una legge danneggiava i plebei, avevano il DIRITTO DI VETO,

cioè potevano far cancellare la legge.

C’erano poi gli SCHIAVI: erano proprietà dei patrizi che li compravano e li vendevano e li facevano

lavorare per loro. Non erano considerati uomini ma oggetti, ed i padroni potevano anche ucciderli.

c) Le conquiste di Roma

Dopo essere diventata una repubblica Roma inizia una serie di guerre vittoriose: sconfigge i Latini e gli altri

popoli italici, poi gli Etruschi ed i Greci delle colonie e nel 270 a.C. è padrona dell’Italia dalla Toscana alla

Calabria (cartina 4). A questo punto si scontra con Cartagine, una colonia fenicia che è diventata la più

grande potenza marittima del Mediterraneo ed ha fondato colonie lungo la costa settentrionale dell’Africa,

sulla costa meridionale della Spagna, in Sicilia ed in Sardegna. Contro i Car-taginesi i Romani combattono

tre guerre dette Guerre puniche dal 264 al 146 a.C. (Punici = Cartaginesi) e le vincono. Con le guerre

Puniche i Romani conquistano: la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, la Spagna; poi conquistano anche la

Pianura Padana (detta Gallia Cisalpina), la Grecia, la parte occidentale della Turchia : nel 133 a.C. Roma è

padrona di molte terre intorno al Mar Mediterraneo (cartina 5). Prima della fine della Repubblica, nel 31

a.C., a queste terre si aggiungono la Francia (detta Gallia Transalpina), le coste dell’Africa dalla Tunisia

all’Egitto, la Siria e la Palestina.

d) Conseguenze delle conquiste Le conquiste portano ai Romani molte ricchezze e terre, ma ricchezze e terre vanno tutte alle classi

aristocratiche che sono già ricche ed hanno molte terre, mentre i piccoli proprietari, a causa della

concorrenza dei grandi proprietari, sono costretti a ven-dere a loro le terre e vanno a Roma in cerca di

fortuna. Qui, insieme agli altri poveri che sono già a Roma, formano la classe dei proletari (che non hanno

altra ricchezza che la prole, cioè i figli). Nelle campagne scompare la piccola proprietà e si for-mano i

latifondi, grandi estensioni di terre che appartengono ad un unico proprietario. I fratelli Gracchi, prima

Tiberio, poi, dieci anni dopo, Caio, tentano di fare una riforma agraria per distribuire le terre in modo più

giusto, ma la riforma fallisce per l’opposizione degli aristocratici che fanno uccidere i Gracchi, uno nel 133

a.C. e l’altro nel 123 a. C.

e) Guerre civili e fine della Repubblica Dopo la morte dei Gracchi a Roma restano forti disuguaglianze sociali che portano ad una serie di guerre

civili. Si formano due partiti: gli ottimati (aristocratici) e i popolari, che comprendono i proletari ed anche i

cavalieri che si sono arricchiti con i commerci e vogliono la distribuzione delle terre per indebolire gli

aristocratici. A capo di questi due partiti ci sono dei generali che con i loro eserciti, dall’88 a.C., fanno una

serie di guerre civili per conquistare il potere a Roma. Prima vince Silla, capo degli ottimati contro Mario,

capo dei popolari, poi vince Cesare, capo dei popolari, contro Pompeo, capo degli ottimati. Cesare diventa

dittatore a vita, fa delle riforme e distribuisce le terre per migliorare le condizioni del popolo e limitare il

potere del Senato, ma poi i Senatori, nel 44 a.C., lo fanno uccidere, perché temono che voglia diventare re e

faccia finire la repubblica. Dopo di lui ci sono ancora lotte tra Ottaviano (figlio adottivo di Cesare) e Marco

Antonio. Nel 31 a.C. Ottaviano sconfigge in battaglia Marco Antonio e diventa padrone di Roma, ma non

accetta il titolo di re o di dittatore a vita e mantiene le cariche della Repubblica; in realtà detiene tutte le

cariche più importanti e quindi ha tutti i poteri ed è chiamato Augusto (= nobile, sa-cro). Ottaviano Augusto

dà inizio ad un lungo periodo di pace, fa costruire templi, teatri, monumenti, strade e fa di Roma la città più

grande, più bella e più importante del mondo allora conosciuto. Con lui finisce la Repubblica.

5. L’ IMPERO

a) Primo e secondo secolo d.C.: espansione dell’Impero Di fatto con Ottaviano Augusto finisce la Repubblica ed inizia l’Impero. Con l’ Impero tutti i poteri erano

dell’imperatore e alla sua morte passavano al figlio. Nei primi due secoli dell’Impero ci sono state diverse

dinastie di imperatori. I primi impera-tori fanno altre conquiste e l’Impero raggiunge la sua massima

grandezza intorno all’anno 100 d.C. con l’imperatore Traiano; allora l’ Impero Romano occupava tutte le

terre intorno al Mar Mediterraneo (cartina 7).

b) Terzo secolo d.C.: crisi dell’impero (anarchia) e crisi economica Nel terzo secolo inizia la crisi dell’Impero. L’esercito acquista sempre più potere e sono i soldati che

eleggono imperatore il loro comandante, ed a volte ci sono due imperatori che combattono tra di loro: in

questo periodo in cinquant’anni ci sono stati venti imperatori, che duravano in carica due o tre anni e spesso

erano uccisi anche dagli stessi soldati che li avevano eletti. Questo periodo è detto periodo dell’anarchia

militare (anarchia = mancanza di potere, quindi disordine). La crisi fu anche cri-si economica: i latifondi

venivano coltivati solo in parte, ed inoltre molti contadini abbandonavano le terre per andare come soldati a

difendere i confini, così le terre producevano meno ed i prezzi aumentavano; gli imperatori avevano bisogno

di molti soldi per pagare i soldati per difendere i confini, perciò imponevano nuove tasse. La conseguenza è

che c’era molta povertà.

c) La diffusione del Cristianesimo e la divisione dell’Impero Già dal I secolo dopo Cristo comincia a diffondersi nell’Impero la religione cristiana. Molti imperatori

perseguitano e fanno uccidere i cristiani, perché si rifiutavano di adorare l’imperatore come un dio e per

questo pensavano che la loro autorità potes-se diminuire. Solo nel 313 d.C. con l’Editto dell’imperatore

Costantino i cristiani sono liberi di professare la loro religione. Nel 380 l’imperatore Teodosio dichiara il

Cristianesimo religione dello Stato e proibisce le altre religioni. Nel 395 sempre l’imperatore Teodosio

divide l’Impero tra i suoi due figli in due parti: Impero Romano d’Occidente con capitale Roma ed Im-pero

Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli.

d) Invasioni barbariche e fine dell’Impero

All’inizio del quinto secolo cominciano le invasioni barbariche: diverse tribù di barbari oltrepassano i confini

dell’Impero Romano, compiono saccheggi, distruzioni ed alcuni arrivano a saccheggiare anche Roma, altri si

stabiliscono all’interno dell’Impero. Nel 476 d.C. il re di una tribù di barbari depone l’ultimo imperatore

romano Romolo Augustolo. Finisce così l’Impero Romano d’Occidente ed in tutta l’Europa occidentale si

formano dei Regni Romano - Barbarici. Resta invece anco-ra l’Impero Romano d’Oriente.

6. CAUSE DELLA CADUTA DELL’ IMPERO ROMANO a) L’anarchia militare b) La crisi economica c) Le invasioni barbariche d) Il Cristianesimo che indebolisce

l’Impero Romano perché ha dei valori contrari a quelli di Roma.

Valori del Cristianesimo: uguaglianza e amore tra gli uomini, pace.

Valori dell’Impero Romano: diversità tra gli uomini (padroni e schiavi), guerra, violenza e conquiste

I L M E D I O E V O

1. CHE COSA SIGNIFICA, QUANTO DURA E COME SI DIVIDE MEDIOEVO significa ETA’ DI MEZZO, cioè in mezzo tra l’ETA’ ANTICA e l’ ETA’ MODERNA (Medio

= mezzo – evo = età ).

Il medioevo inizia con la fine dell’Impero Romano ( 476 d. C ) e finisce con la scoperta dell’America nel

1492.

Si divide in ALTO MEDIOEVO dal 476 al 1000 e BASSO MEDIOEVO dal 1000 al 1492.

2. L’ALTO MEDIOEVO a) Aspetto politico: in Europa al posto dell’Impero Romano nascono i REGNI ROMANO-BARBARICI

governati da re barbari e abitati da popolazioni locali e dai barbari (popoli che non appartenevano all’Impero

Romano: erano Germanici, Slavi, Visigoti, Ostrogoti,Vandali …).

In Italia ci fu prima il Regno degli Ostrogoti, poi quello dei Longobardi e dopo quello dei Franchi.

b) Aspetto sociale ed economico: il Basso Medioevo fu un periodo di guerre, saccheggi, distruzioni, che

provocano carestie (= man-canza di cibo) e di conseguenza epidemie (= malattie che si diffondono per

contagio come la peste che fanno morire migliaia di persone). Tutto questo fa diminuire di molto la

popolazione europea. Gli abitanti abbandonano le città e vanno a vivere nelle cam-pagne, e, per essere difesi

dai saccheggi dei barbari, vanno ad abitare vicino alle ville dei signori chiamate anche corti, che sono grandi

case con intorno le abitazioni dei servi, spesso fortificate da un muro tutt’intorno (diventeranno poi i

castelli). L’insicurezza delle strade e la scarsità dei prodotti dovuta all’arretratezza delle tecniche agricole

fanno diminuire i commerci: ogni corte produce tutto quello che serve ai suoi abitanti. L’economia curtense

(= delle corti) è pertanto un’economia chiusa: ciò significa che non ci sono commerci, che ogni corte (e dopo

ogni feudo) consuma ciò che produce.

3. LA CHIESA ED IL MONACHESIMO In questo periodo di insicurezza e di pericolo la CHIESA con i

suoi VESCOVI sempre più spesso si sostituisce al potere politico, che è ormai incapace di svolgere i propri

compiti, aiuta chi ha bisogno, orga-nizza la difesa contro i barbari. Inizia così, con il papa GREGORIO

MAGNO, il POTERE TEMPORALE (cioè politico) della Chiesa che porterà poi lunghe lotte tra Papato ed

Impero.

In questo periodo molti cristiani, stanchi di guerre e violenze, si ritirano a vivere in solitudine, dedicandosi

alla preghiera e diventano MONACI. In seguito, poi, si uniscono e vanno a vivere insieme nei

MONASTERI, che diventano centri di attività economiche quali bonifi-ca di terreni paludosi e messa a

coltura di terre abbandonate e centri di attività culturali quali la conservazione di testi antichi che i monaci,

detti amanuensi, ricopiavano a mano.

4. IL REGNO DEI FRANCHI, CARLO MAGNO ed il SACRO ROMANO IMPERO

Tra i Regni Romano-Barbarici si distingue il Regno dei Franchi, che prima degli altri si converte al

Cristianesimo e diventa così alleato e protettore del papa. Il re franco Pipino toglie ai Longobardi la

Romagna e le Marche e le dona al papa. Nasce così uno STATO DELLA CHIESA ed il papa diventa il

sovrano di uno stato; il suo potere non è più solo spirituale, ma diventa anche potere temporale, cioè politico

e da questo deriveranno le lotte tra Papato ed Impero, poiché entrambi aspirano ad un potere universale.

Tra i re franchi si distingue CARLO MAGNO, che respinge al di là dei Pirenei gli ARABI, i quali, dopo

aver conquistato l’Africa Setten-trionale e la Spagna, tentavano di occupare anche la Francia e l’Europa.

Carlo Magno conquista poi il territorio dei Sassoni in Germania ed il regno dei Longobardi in Italia, e nella

notte di Natale dell’ 800 viene incoronato imperatore dal papa. Nasce così il SACRO ROMANO

IMPERO. Alla morte di Carlo Magno, a causa delle lotte tra gli eredi, l’impero si divide e si arriva poi alla

fine della dinastia carolingia.

A questo contribuisce anche una nuova ondata di invasioni: da nord i NORMANNI, che conquisteranno poi

la NORMANDIA nella Francia di Nord Ovest ed un regno nell’Italia Meridionale, gli UNGARI da est e nel

Mediterraneo le incursioni dei pirati musulmani.

5. GLI OTTONI ed IL SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO Con la dinastia tedesca degli Ottoni nel 962 si forma di nuovo l’impero, che ora però ha il suo centro in

Germania e per questo viene chiama-to SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO.

6. IL FEUDALESIMO Con Carlo Magno era iniziata la consuetudine, da parte dell’imperatore, di

concedere delle terre ai cavalieri che lo avevano aiutato nelle guerre di conquista. Questi cavalieri sono poi

chiamati FEUDATARI, mentre le terre sono chiamate FEUDO. Il feudatario si impegna ad essere fedele al

sovrano e ad aiutarlo in caso di guerra. Dapprima queste terre, alla morte del cavaliere, tornavano

all’imperatore, ma poi, durante le lotte per la successione nell’impero carolingio, come compenso per l’aiuto

dato, fu concesso il diritto di trasmettere il titolo di feudatario e le terre ai discendenti. Questo indebolisce il

potere del re ed accresce il potere dei feudatari, che hanno nel loro feudo un potere praticamente assoluto:

hanno un proprio esercito, amministrano la giustizia, riscuotono le tasse.

6. a – Le caratteristiche del Feudalesimo

La frammentazione del potere politico in quanto il feudatario, chiamato anche VASSALLO, può a sua volta

concedere una parte delle sue terre ad un VALVASSORE e questi ancora ad un VALVASSINO.

I vincoli personali per cui in questa età ogni uomo dipende da un altro più potente o perché ne è vassallo o

perché ne è servo.

La gerarchia feudale, cioè la divisione della società in una scala di importanza a forma di piramide, in cima

alla quale sta il re, poi i vassalli, i vescovi e gli abati (capi dei monasteri) , poi i valvassori e sotto i

valvassini e alla base i contadini, i servi della gleba (conta-dini legati alla terra), gli artigiani ed i soldati.

6.b – Il Feudo ed il castello

I feudatari vivevano nei CASTELLI, vere e proprie fortezze che sorgevano in cima ad un colle ed erano

circondati da mura e da un fossato e protetti da un ponte levatoio. Questo perché erano frequenti le guerre tra

i feudatari e le incursioni. Intorno, o anche dentro al castello, c’erano le case dei contadini e dei servi e le

botteghe degli artigiani, che in questo modo si sentivano protetti. In cambio, però, di questa pro-tezione il

feudatario imponeva numerose tasse, quando c’era una guerra, per l’uso di servizi come il mulino, per la

raccolta della legna, per l’uso dei ponti, delle strade e pretendeva anche le corvèes, cioè prestazioni

lavorative nelle sue terre. Contadini, servi, artigiani erano molto poveri e non avevano diritti e nessuna

difesa dalle prepotenze dei feudatari.

7. LOTTE PER LA SUPREMAZIA TRA PAPATO ED IMPERO. LA LOTTA PER LE

INVESTITURE

Ottone I, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, per contrastare il crescente potere dei feudatari,

inizia a scegliere come feudatari dei vescovi. In questo modo, alla morte del feudatario, non avendo i vescovi

dei figli, il feudo tornava all’imperatore. Questo, però, viene visto dal papa come una ingerenza dell’impero

negli affari della chiesa. Dall’altra parte c’è il potere politico che il papa ha acquisito con la formazione dello

Stato della Chiesa. Ne deriva una lotta tra Papato ed Impero per affermare il proprio potere come potere

universale. Que-sta lotta è detta Lotta per le investiture, perché riguarda appunto la nomina di vescovi conti

da parte dell’imperatore ed ha il suo culmine dal 1075 con il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV e

termina nel 1122 con un compromesso, per cui al papa spetta la consacrazione religiosa del vescovo e

all’imperatore l’investitura feudale.

8. IL BASSO MEDIOEVO: LA RINASCITA DELL’ECONOMIA DOPO L’ANNO MILLE La cessata paura della fine del mondo che c’era stata prima dell’anno 1000 ed aveva rallentato le attività e la

fine delle invasioni barbariche, porta ad una ripresa dell’attività agricola, grazie all’uso di nuovi strumenti

(quali l’aratro con il vomere di ferro ed il collare rigido per i ca-valli) e di nuove tecniche agricole (come la

rotazione triennale dei terreni). Questo, insieme ad un aumento delle terre coltivate, porta ad un aumento

della produzione. La maggiore quantità di prodotti ed una maggiore sicurezza delle strade portano ad una

rinascita dei commerci e, di conseguenza, delle città, che diventano sede di mercati e di fiere e vedono

aumentare notevolmente gli abitanti ed anche le attività artigia-nali. Molti servi della gleba fuggono dai feudi

e si rifugiano nelle città, dove, dopo un certo tempo, diventano liberi. Tra le città si sviluppano anche alcuni

porti, le cosiddette REPUBBLICHE MARINARE : Venezia, Genova, Pisa ed Amalfi.

9. I BORGHESI E LA NASCITA DEI COMUNI Nelle città che hanno riacquistato importanza si forma

una nuova classe sociale, quella dei BORGHESI, che si sono arricchiti con i commerci e le attività

artigianali e si collocano in mezzo tra feuda-tari (alcuni dei quali sono andati a vivere nelle città) ed i

contadini. Questi riescono ad ottenere dall’imperatore il diritto di darsi delle leggi, di eleggere i propri

magistrati, di amministrare la giustizia. Si formano così i COMUNI, che, approfittando della debolezza

dell’imperatore, di fatto, pur riconoscendone l’autorità, si governano da soli come tanti piccoli stati

indipendenti. E tale indipendenza manterranno anche quando il nuovo imperatore Federico Barbarossa verrà

in Italia con un esercito per ristabilire la propria autorità sui Comuni e sarà sconfitto dai Comuni a Pontida.

10. LE SIGNORIE I Comuni estendono il proprio potere anche sui territori circostanti ed iniziano così le

lotte tra un Comune e l’altro. E lotte ci sono anche all’interno dei singoli Comuni, tra le varie classi sociali: il

popolo grasso (ricca borghesia), il popolo minuto (piccoli artigiani e commercianti) e la plebe cittadina

(contadini e operai). In realtà, quello del Comune è un governo di classe, dove pochi hanno il potere, mentre

le classi escluse lottano per far valere i propri diritti. Tutte queste lotte interne ed esterne ed il desiderio di

pace por-tano, verso la fine del XIII secolo, alla trasformazione dei Comuni in SIGNORIE, nelle quali il

potere era accentrato nelle mani di un Signo-re. Signorie furono quelle dei Visconti, poi degli Sforza a

Milano, degli Estensi a Ferrara, dei Medici a Firenze, degli Scaligeri a Verona.

L’Italia è divisa in tanti piccoli Stati ed i Signori sono come dei re, vivono in palazzi lussuosi, costruiti da

architetti famosi ed abbelliti dai dipinti dei più grandi pittori del tempo, circondati da una corte di nobili,

mentre il popolo vive in grande miseria. Spesso lottano tra di loro per ingrandire i propri territori che sono

veri e propri stati regionali.

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M E D I O E V O - U M A N E S I M O - R I N A S C I M E N T O MEDIOEVO: è messo l’accento sul peccato originale e l’uomo, in quanto peccatore, deve cercare di

procurarsi la salvezza, che è per i medievali il fine principale della vita: da qui deriva l'importanza delle

pratiche religiose, delle penitenze, dei pel-legrinaggi ed anche la paura delle pene dell’Inferno, che in molti

dipinti del tempo sono rappresentate in modo spaventoso.

Simbolo di questo modo di intendere la vita è la DIVINA COMMEDIA di DANTE ALIGHIERI (una delle

prime opere in lingua italiana) che rappresenta un viaggio attraverso il male (INFERNO e PURGATORIO)

che è riflessione e purificazione per arrivare al bene (PARADISO). Nell’Inferno e nel Purgatorio Dante è

accompagnato dal poeta latino VIRGILIO, che è simbolo della RAGIONE, nel Paradiso è accompagnate da

BEATRICE, simbolo della FEDE. Nel Medioevo vengono lette le DIVINAE LITTERAE e cioè la Bibbia, i

testi sacri in genere. Le opere degli antichi greci e latini non sono lette in quanto pagane.

UMANESIMO: è un movimento culturale che si sviluppa in Italia nel 1400.

Con l’Umanesimo cambia il modo di considerare l’uomo e la vita: invece che sul peccato originale viene

messo l’accento sulla grandezza dell’uomo in quanto creato ad immagine e somiglianza di Dio. L’uomo con

la sua intelligenza può fare cose grandi, vuole essere libero artefice del proprio destino, ha un senso gioioso

della vita, apprezza le cose belle. Gli umanisti ritrovano questo modo di vedere la vita e l’uomo nelle opere

degli antichi Greci e Romani, le quali durante l’Umanesimo vengono ricercate, lette, studiate e diventano un

modello da imitare.

RINASCIMENTO: è il movimento culturale e artistico che segue all’Umanesimo nel 1500.

E’ chiamato così perché si ha una una rinascita degli studi classici (cioè degli antichi Greci e Romani) e della

cultura dopo i “secoli bui” del Medioevo. Nel Rinascimento c’è un grande sviluppo della letteratura e delle

arti: pittura, scultura, architettura, specialmente presso le corti dei vari signori, dove si conduceva una vita

lussuosa tra feste e banchetti. Questo genere di vita era un modo per manifestare il proprio potere economico

e politico e per dimostrare la loro superiorità ri-spetto alle classi popolari, che vivevano molto poveramente.

Per lo stesso motivo i principi accoglievano nei loro palazzi e mantenevano alla propria corte i più famosi

artisti del tempo come: Leonardo, Michelangelo, Raffaello. Questo viene chiamato MECENATISMO ed i

principi erano detti MECENATI.

Durante il Rinascimento l’Italia non era solo il centro della cultura e dell’arte europea, ma anche una delle

regioni più ricche e sviluppate dell’Europa.

La storia d'Italia, il Medioevo e i Longobardi

I LONGOBARDI (568-774)

Tra il 568 e il 774 d.C., l'Italia fu nuovamente invasa. I longobardi, spinti verso sud da altre popolazioni,

occuparono prima la pianura padana, poi l'Italia centrale ed infine giunsero fino in meridione. Confiscando

terre e latifondi al dominio della Chiesa, ormai largamente esteso, asservirono gli italici. Instaurarono così

una monarchia, con capitale a Pavia, contornata da diversi ducati minori largamente autonomi. A conquista

ultimata, nel 650 d.C., il territorio italiano di trovava diviso in un Regno, retto dal re Autari, e quattro ducati

principali, praticamente autonomi, che svolgevano una politica indipendente.

I longobardi raggiunsero il loro massimo splendore con il re cattolico Liutprando, che ampliò il dominio, ma

che arrivato a Roma, a causa della sua forte fede religiosa, rinunciò alla conquista dei domini della Chiesa.

Questo fatto contribuì a fortificare la consapevolezza del papato del potere della religione sulla politica.

Quanto fosse pesante l'eredità di Liutprando lo si vide con Ratchis (744-749) che salì al trono appoggiato

dalla corrente filoromana. Egli dapprima attuò una politica di pace (746); costretto poi a prendere le armi

contro Perugia, si trovò di fronte papa Zaccaria e, come Liutprando, non solo cedette, ma abdicò e si ritirò

nel monastero di Montecassino. Prevalse allora la corrente opposta, che pose sul trono Astolfo (749-756):

questi riprese la politica di espansione contro il papato, ma il nuovo papa Stefano II chiese l'aiuto di Pipino il

Breve, re dei Franchi, che doveva la corona a papa Zaccaria e a lui. Sceso in Italia, Pipino sconfisse i

Longobardi, nel 754 e nel 756, costringendo Astolfo a cedere al papa le terre tolte ai Bizantini, che

costituirono il maggior nucleo dello Stato pontificio (legittimato dalla falsa donazione di Costantino, allora

coniata). Ad Astolfo succedette, dopo alcuni mesi di governo di Ratchis, Desiderio, duca di Brescia (756-

774) che strinse alleanza con i Franchi, dando la propria figlia Ermengarda, in sposa a Carlo Magno,

primogenito di Pipino, e chiedendo per Adelchi la mano di Gisela, sorella di Carlo.

Desiderio mosse quindi contro l'Esarcato e la Pentapoli, minacciando, in un secondo tempo, Roma stessa.

Dopo la morte del fratello Carionianno (771), Carlo si impadronì di tutto il Regno franco, ripudiò

Ermengarda e, accogliendo l'appello di papa Adriano I, scese in Italia contro i Longobardi. Vincitore alle

Chiuse di Susa, Carlo pose l'assedio a Pavia e a Verona e piegò la resistenza di entrambe. Adelchi da Verona

fuggì a Costantinopoli, e Desiderio, arresosi a Pavia, fu catturato e chiuso nel monastero di Corbie, in

Francia. Finiva così la dominazione longobarda in Italia.

Carlo assunse la corona di re dei Longobardi e, in un primo tempo, lasciò sussistere gli ordinamenti del

Regno, mantenendo i duchi, da cui volle il giuramento di fedeltà. Essendo scoppiata poi una rivolta nel

Friuli, Carlo sostituì ai duchi longobardi, conti e marchesi franchi e, nel 781, cambiò nome al Regno stesso,

chiamandolo Regno d'Italia. Altrettanto vano fu il tentativo di Adelchi di riprendere il Regno, cosicché alla

fine del sec. VIII rimasero del dominio longobardo in Italia solo i ducati di Spoleto e di Benevento, vassalli

di Carlo Magno.

IL FEUDALESIMO

Il feudalesimo è un insieme di istituti giuridico-economici che ha qualificato un intero periodo della storia

medievale europea (età feudale), dando vita a un sistema di rapporti e di strutture politiche (sistema feudale)

entro il quale la distinzione tra aspetti pubblici e privati nella vita sociale tende a essere quasi annullata o,

almeno, fortemente sfumata.

Se il rapporto feudale caratterizza un periodo della storia europea, qualificandola come età feudale, il vincolo

feudale vero e proprio si presenta in Europa anzitutto nell'ambito del Regno Franco, trovando in un istituto

del mondo germanico l'elemento di dipendenza personale che più lo ha caratterizzato, e cioè il legame che

univa il capo militare col suo seguito. Legame fondato sulla fedeltà dei liberi soldati semplici. Accanto a tale

vincolo di fedeltà "personale" e, rispettivamente, di protezione (detto vassallaggio), esiste, quale premessa al

rapporto feudale, anche un vincolo "reale", che consiste nella concessione di una terra o di altro bene in

usufrutto, in cambio di determinati servizi o prestazioni.

Di derivazione tardo-romana e tipico di un'economia fondata sul latifondo, in un quadro politico e sociale di

crisi dell'Impero, tale rapporto trovò una vasta utilizzazione, oltre che in campo ecclesiastico, anche

nell'ambito della corte franca e nei rapporti economici e sociali.

Quando, a partire dalla metà del sec. VIII, i re franchi della dinastia carolingia dovettero armare a loro volta

un esercito a cavallo - per far fronte alla minaccia arabo-islamica incombente dalla Spagna attraverso i

Pirenei, e per contrastare le incursioni della cavalleria dei Mori- finanziarono dei cavalieri, concedendo loro

in beneficio terre prelevate dal fisco o dai grandi patrimoni ecclesiastici. Nacque così, in ambito militare,

l'incontro dei due rapporti, quello "personale" o vassallatico, legato da giuramento, e quello "reale", affinché

il cavaliere, coi proventi che traeva dalle sue terre, potesse armarsi e crearsi un seguito.

A questa fase militare del feudo, seguì il periodo del feudalesimo che si può chiamare "politico", nel senso

che il rapporto feudale (vassallaggio-beneficio) penetrò nelle strutture politico-amministrative del Regno

Franco, che dall'anno 800 (dopo l'incoronazione di Carlo Magno da parte del papa) era divenuto Sacro

Impero.

L'Impero, che tende a identificarsi con l'Europa, era amministrato localmente da funzionari, militari e civili

allo stesso tempo: conti e marchesi, che inizialmente mantennero un rapporto gerarchico e burocratico con il

Palazzo Imperiale (e per il Regno Italico, ex-longobardo, con il Palazzo regio di Pavia).

Questa organizzazione amministrativa (nella quale i missi dominici funzionavano da collegamento tra centro

e periferia, ispezionando continuamente il territorio dell'Impero), però, non resse a lungo e ben presto, già

con Carlo Magno, subì un'inflessione di tipo, appunto, feudale.

Il rapporto gerarchico si andò cioè rapidamente trasformando in rapporto vassallatico, sicché conti e

marchesi ribadirono il loro rapporto verso l'Imperatore con giuramento di fedeltà, riconoscendosi suoi

vassalli, e ottenendo in cambio la contea o la marca, e cioè raccogliendo i frutti derivati dall'esercizio della

giustizia e dall'esazione dei tributi nell'ambito del loro territorio, senza obbligo di versarli

nell'amministrazione centrale. Questa esenzione, insieme al diritto di essere giudicati da una corte di "pari",

venne chiamata con il termine latino: immunitas, e cioè esenzione da obblighi o tributi. Ecco perché per la

fase "politica" si afferma, e il feudalesimo si compone di tre elementi: vassallaggio, beneficio e immunità.

Il processo di feudalizzazione della società europea medievale, iniziato agli apici, si estese gradualmente

verso il basso, con la creazione di cariche e di funzioni minori, sicché i vassalli maggiori (conti e marchesi)

sottoposero, con vincolo analogo e rispettivo beneficio, i valvassori e, sotto di essi, i valvassini.

Accanto poi a conti e marchesi e agli altri feudatari laici, già nel periodo carolingio, anche vescovi e abati

entrarono a far parte in qualche modo del ceto.

La cerimonia mediante la quale si veniva a creare il vincolo di vassallaggio consisteva nella pronuncia della

formula di giuramento con cui il vassallo si diceva homo del suo signore e prometteva di essergli fedele; ciò

dicendo il vassallo metteva le proprie mani congiunte in quelle del signore. Seguiva da parte del re, per i

feudatari maggiori, la consegna dello stendardo (per i vescovi e abati di un bastone o di uno scettro).

L’impero Romano

Ottavio affermando di voler restaurare la repubblica, che infine rimase formalmente in vita, governò in

realtà come un monarca, col consenso dell’aristocrazia senatoriale, cioè penso bene di non ostentare troppo il

potere acquisito: ogni volta che voleva far votare una legge, la presentava ossequiosamente al Senato che,

pago dell’omaggio formale alla perduta sovranità , approvava senza discutere. Suddivise l’impero in due tipi

di province: quelle senatoriali, strategicamente meno importanti, e quelle imperiali, governante direttamente

da suoi rappresentanti e caratterizzate dalla presenza dell’esercito. L’Egitto non fu inquadrato nel sistema

delle province, ma considerato possesso dell’imperatore e da lui direttamente governato: le grandi ricchezze

provenienti da quelle terre, da cui Ottavio attingeva per finanziare le feste, i giochi, le donazioni alla plebe e

ai soldati, che costituivano un ingrediente fondamentale del suo potere. Augusto attuò una politica di

espansione decisamente più contenuta rispetto al passato. A Oriente l’azione principale fu l’intervento contro

l’impero dei parti per il controllo dell’Armenia, mentre la campagna intraprese a Occidente fissarono il

confine dell’impero lungo il Reno e il Danubio. Ma Augusto non aveva eredi, perchè sia che in famiglia

fossero di salute cagionevole, sia che Livia (seconda moglie) facesse uso abbondante di veleno, i discendenti

di sangue gli erano tutti morti.

Così al trono di Roma, quel trono di cui nessuno ancora voleva ammettere l’esistenza, nel 14 salì Tiberio,

figlio di primo letto di Livia. I romani in Svizzera c’erano fugacemente già stati in precedenza con le

campagne nel 16 d.C. guidate allora dai generali Tiberio e Druso. I Romani vi avevano lasciate pochissime

tracce di insediamenti, rarissime colonie, per il poco interesse che quelle terre avevano suscitato. Una zona

allora totalmente forestificata, quasi tutta disabitata o arcaicamente abitata, che oggi chiamiamo Grigioni e

sud Tirolo. Le popolazioni di quelle valli furono chiamate per la prima volta Reti e ancora oggi esiste un

piccolissimo paese chiamato Retia (in italiano Resia). Claudio con la sua legione ripercorre questo sentiero e

fonda una piccola colonia, Glorenza.

Ma neppure lui morì di morte naturale: il folle Caligola, suo pronipote ed erede, nel 37 lo fece strangolare.

Dopo quattro anni di crudeltà , i pretoriani dissero basta e scannarono Caligola all’uscita del circo.

La famiglia stava estinguendosi. Non rimaneva che il maturo zio di Caligola, Claudio (41). Timido, zoppo e

balbuziente, era in realtà un uomo clemente ed erudito. Diede impulso a grandi opere pubbliche. Quando

l’incauta sposa (Valeria Messalina) cercò di rubagli il trono per regalarlo all’amante, dovette suo malgrado

sopprimerla. Nel 42 si ha l’annessione della Mauritania, nel 44 della Giudea, nel 46 della Tracia. I romani

erano venuti in contatto già nel 50 con i Briganti, una delle più famose tribù dell’isola di Gran Bretagna; che

non era solo una piccola tribù ma una confederazione di tribù. A comandare questa nuova spedizione

troviamo prima Ceriale e poi Frontino. Una campagna la prima che fu contraddistinta da numerosi e violenti

scontri campali, mentre la seconda rivolgendo l’attenzione anche a occidente dell’isola riuscirono a

soggiogare i Siluri, completando così la conquista del Galles. In questa zona i romani dovettero affrontare

una popolazione che non era dedita all’agricoltura, il che impediva l’eventuale saccheggio alimentare che

occorreva ai ribelli per vivere, ma erano tribù che vivevano esclusivamente di caccia o quanto trovavano

nella selvatica vegetazione spontanea. Comparivano e scomparivano in luoghi diversi. Fu quindi necessario

adottare una strategia, costruire una strada militare fiancheggiata lungo il suo corso da postazioni fortificate e

da torri di guardia, poteva essere impiegata per isolare territori difficili e contribuiva al suo effettivo

controllo, spostando velocemente da una posizione all’altra i soldati necessari. Agrippina ansiosa di spianare

la strada al suo unico rampollo, il diciassettenne Nerone, la matrona si liberò in tutta fretta dell’anziano

marito con una porzione di porcini avvelenati e prese il potere, nel 54.

Non concesso alle donne di ricoprire in prima persona le cariche politiche, ma esercitarle attraverso mariti,

figli e amanti, Nerone, accantonate le velleità teatrali, divenne imperatore. Il potere degli imperatori, in

particolare con Caligola e Nerone, assunse caratteri molto autoritari.

Inoltre furono introdotti nel cerimoniale di corte elementi tipici di venerazione per il monarca, secondo l’uso

orientale: per esempio gli inchini e il bacio dei piedi. Per questo motivo Caligola fu ucciso in una congiura e

Nerone fu rovesciato da una ribellione appoggiata dal Senato (68).

Segui un anno di guerre civili, provocate dagli eserciti stanziati nelle diverse province, che tentarono di

imporre come imperatore il proprio comandante. Alla fine del 69, con l’appoggio delle legioni d’Oriente,

ebbe la meglio Vespasiano (69-79), che diede inizio alla dinastia dei Flavi. Vespasiano dovette

inizialmente affrontare il problema della rifondazione del principato. Vespasiano, allora, rinnovò

profondamente il Senato inserendovi molti esponenti delle classi ricche delle province e con il loro appoggio

ottenne l’approvazione per una legge che definiva il potere del principe (legge di Vespasiano sul governo). In

questo modo il principato non si basava più sul compromesso tra l’imperatore e il Senato di Roma, ma

diventava un’istituzione dello Stato romano, riconosciuta dalla legge. Nel 70 distrusse Gerusalemme. Gli

ebrei furono massacrati e i sopravissuti vennero deportati come schiavi dai Romani. Da allora gli Ebrei si

sono dispersi nel mondo dando luogo alla cosiddetta diaspora (dispersione). Giulio Agricola nel 77 sbarca in

Britannia. Con un attacco improvviso si impadronì perfino dell’isola di Mona, il covo dei Druidi.

Nel 96 il Senato mise fine alla dinastia flavia con una congiura contro Domiziano e impose quale imperatore

un proprio rappresentante: Nerva (96-98), dal quale ha inizi la dinastia degli Antonini. Con lui si affermò

come principio di successione l’adozione del migliore: l’imperatore sceglieva come suo successore una

persona di elevate qualità morali e politiche.

Nerva scelse un abile generale spagnolo, Traiano (98-117), che fu il primo imperatore di origine

provinciale. Egli fece giungere l’impero romano alla sua massima estensione nel quale 106 viene annesso il

regno dei Natabei (attuale Siria e Giordania) che diviene la provincia dell’Arabia.

Siamo ormai al tempo del massimo splendore della civiltà latina: sotto Traiano e Adriano (117-138), tutti gli

abitanti liberi dell’impero godono della cittadinanza. Nell’urbe la gente mangia bene, prende il bagno tutti i

giorni, e i più, donne comprese, sanno leggere e scrivere. Gli orfani sono mantenuti dallo Stato, i lavoratori

hanno le ferie. Di laggiù, il cinese Figlio del Cielo saluta col nome di An-tun Marco Aurelio Antonino

(116-180). Ma già l’economia ristagna, i barbari sono alle porte. Mentre Roma è all’apogeo, il tarlo della

decadenza lavora implacabile sotto i marmi del Palatinato.

Le 3 campagne di Marco Aurelio in Germania sono molto importanti, perché sono le prime campagne fatte

da un imperatore per ricacciare nella propria terra dei barbari che invadono il territorio romano. La prima

delle 3 campagne militari condotte da Marco Aurelio incominciò nel 167, tutto a causa di 3 popoli: Catti,

Longobardi e Obii, che mossero contro le quasi sguarnite frontiere dell’impero, non riuscendo ad

oltrepassarle, ma comunque mettendo in seria difficoltà legionari e ausiliari stanziati sul limes a partire

dall’Alto Reno fino al Medio Danubio. Dopo questi eventi tentarono la fortuna contro i Romani anche

numerosi altri popoli, tra cui i Marcomanni, i Quadi, numerose altre popolazioni minori e in piccola parte

anche i Vandali. Il gran numero di tutti questi popoli, insieme, aggiunto alla scarsezza delle difese romane,

permise ai germani di attraversare il confine e di razziare tutto quello che trovavano sul loro cammino. Le

notizie, come era ovvio, arrivarono a Roma con un po’ di ritardo, dovuto ai mezzi dell’epoca, e quindi Marco

Aurelio partì da Roma solo il 15 maggio. Il 1 gennaio del 169 con un impero finalmente libero dai barbari

morì Lucio Vero, mentre l’esercito vincitore tornava a Roma. Dopo aver celebrato i funerali di Lucio Vero e

aver cercato di migliorare la situazione della popolazione, Marco Aurelio dovette ripartire verso nord per via

delle terrificanti notizie che giungevano a Roma. Marco Aurelio decise che questa volta non era solo una

legione ad attaccare, ma l’intero esercito dell’imperatore. Per questo motivo pose il suo quartiere generale in

Pannonia, a Carnuntum, e da qui attaccò il territorio dei Quadi dove si stavano radunando diversi popoli. La

sua strategia era quella di penetrare in profondità e di attaccare tutti i popoli uno alla volta, non permettendo

ai barbari di allearsi e di formare un unico grande esercito; così affrontò, nell’ordine: Quadi, Marcomanni,

diverse tribù germaniche e Sarmati. Verso la metà dell’estate del 174 credeva di aver finito con la sua opera

e pensava che i Germani avrebbero finalmente cessato di attaccare i Romani. La terza e ultima campagna

militare in Germania comincia quando i Marcomanni riprendono a dare problemi ai romani sul confine,

senza però riuscire a sfondare in gran numero; in ogni caso si richiede la presenza dell’imperatore. Marco

Aurelio parte per la Germania nei primi mesi del 178. Marco Aurelio parti con 20.000 uomini e il figlio, alla

volta di Carnuntum (nei pressi di Vienna), dove ad attenderlo c’è il grosso dell’esercito. Una volta arrivato

scopre che non sono solo i Marcomanni ad attaccare, ma anche altri popoli, così deve affrontare nell’ordine:

Sarmati, Buri, Ermunduri, Marcomanni e Quadi. Marco Aurelio si sbarazza velocemente di tutti i barbari che

si oppongono alla sua avanzata e affonda nel territorio della Germania come un coltello caldo nel burro. Le

condizioni poste per la nuova pace furono ancora più gravi delle precedenti e obbligarono i germani a

ritirarsi nelle selve isolati in piccoli gruppi, e soprattutto a pagare tribuni immensi di oro, bestiame e schiavi.

Marco Aurelio morì il 17 marzo del 180 d.C. di malattia, il quale invece lasciò come erede il figlio Comodo.

Quest’ultimo si rivelò incapace di affrontare la crisi che cominciava a indebolire l’impero e governò in modo

autoritario e dispotico. Pertanto suscitò un grave malcontento in particolare nelle classi elevati, che lo

eliminarono infine con un complotto (192). Segui un periodo di lotte civili, dalle quali uscì vincitore Settimo

Severo (193-211), proclamato imperatore dalle proprie legioni. Con lui ebbe inizio la nuova dinastia dei

Severi (193-323), che basò la sua autorità prevalentemente sull’appoggio dell’esercito. A differenza degli

imperatori precedenti, che avevano in genere cercato il consenso del Senato, i Severi lo relegarono ai margini

della vita politica, instaurando una monarchia militare che, se non riuscì a bloccare la crisi dell’impero, ne

difese però con successo il territorio.

Nel 235, i soldati della Germania proclamano imperatore Massimino, il primo barbaro sul trono romano, fino

al 258. Fu ucciso dai suoi soldati. I barbari entravano sempre più nelle file degli eserciti romani.

L’impero raggiunse proporzioni non più governabili. Il tentativo di arginare la crisi dell’impero fu compiuto

da Diocleziano (285-305). Per cercare di rendere governabile l’impero e di regolamentare la successione

imperiale, Diocleziano lo divise in due parti, l’Oriente e l’Occidente. Le due parti dovevano essere governate

da due augusti, affiancati da due collaboratori, detti cesari; dopo vent’anni i due cesari sarebbero succeduti ai

rispettivi augusti, scegliendo a loro volta altri due cesari.

Per i Germani le fertili pianure e le ricche città dell’impero costituiva un forte polo di attrazione. Fin dal II

secolo i romani dovettero fronteggiare periodiche incursioni di tribù germaniche all’interno dei propri

confini. Erano spedizioni che avevano come obiettivo il saccheggio e la razzia. Non si trattava di autentici

tentativi di invasione, perchè i barbari, dopo aver fatto bottino, tornavano alle loro sedi e non avevano

intenzione di stanziarsi in territorio imperiale. Queste misure non riuscivano a frenare le incursioni

barbariche. Soltanto a partire dalla seconda metà del III secolo l’impero ridiede una certa sicurezza alle terre

di confine, dapprima con una serie di vittoriose campagne militari. Inoltre furono arruolati, con crescenti

frequenza, dei volontari barbari. Per tenere a freno le incursioni germaniche, l’impero cominciò a ricorrere

alla diplomazia piuttosto che alle armi. Sempre più spesso concesse l’ingresso pacifico di tribù germaniche

in territorio romano. Alla fine del III secolo colonie di prigionieri barbari furono insediati ad opera dello

stesso impero. La condizione di questi coloni era quella di contadini-soldato al servizio dell’impero.

Contemporaneamente l’impero avviò una politica di alleanze con tribù germaniche insediate a ridosso dei

propri confini. Esse mantenevano la propria indipendenza, ma si impegnavano a difendere i confini

dell’impero da incursioni esterne, in cambio di denaro e di eventuale aiuto o protezione militare. Questi

popoli presero il nome di federati dell’impero.

Le grandi invasioni barbariche

Nell'inverno del 406-407 sul Reno ghiacciato si verifica la più grande invasione

della storia dell'impero romano. Un po' alla volta, nel corso di duecento anni, i

germani si sono spostati dalla Scandinavia fino al confine romano che corre dal

Reno al Danubio. E ora, sotto la pressione degli unni, che arrivano dalle steppe

russe, gli "immigrati del nord" si riversano in massa nell'impero. Mentre le

truppe regolari del comitatus sono impegnate in Italia, quattro grosse

popolazioni germaniche e una asiatica si riversano nel territorio romano,

desolato dopo decenni di guerra, guerriglia e crisi economica. Sotto lo sguardo

impotente dei battaglioni limitanei di frontiera – troppo piccoli per affrontare

una grande massa di gente – gli stranieri («barbari») si insediano, più o meno

violentemente, in territorio imperiale. I burgundi e gli alemanni si stabiliscono

nella Germania romana, subito dopo il Reno, o nella Gallia del centro-nord.

Vandali, svevi e i cavalieri asiatici alani raggiungono la Gallia meridionale.

Vari campi, città e villaggi vengono saccheggiati durante la marcia. L'impero si

dimostra palesemente inefficace nella difesa. I romani bellicosi non ci sono più.

Ora sono "pacifisti" e preferiscono diventare dipendenti a vita dei potenti

locali, piuttosto che rischiare la vita stessa in una guerra senza quartiere. Il

nome di "servo della gleba" – servus glebae – è stato coniato nel IV secolo. Il

valore bellico non si associa più al miles gloriosus dei "bei tempi", ma al

violento barbarus di oggi. Il comandante dell'esercito non è più di nascita

aristocratica, ma è un militare di carriera. Un contadino o un uomo che ha

ereditato il mestiere dal padre. L'esercito romano è totalmente disorganizzato e

i territori si affidano non più alla protezione dell'imperator ma a quella del suo

sostituto, il magister militum. Nemmeno l'esercito "barbarizzato", però, si

dimostrerà sufficiente a fermare la massiccia ondata di "invasioni barbariche".

Come detto, durante l'invasione sul Reno l'esercito regolare era impegnato in

Italia. Qui le truppe, comandante dall'uomo più importante dell'impero, il

comandante in capo dell'esercito – magister militum – Flavio Stilicone,

riescono a respingere i germanici ostrogoti fuori dalla penisola. Nello stesso

momento l'ennesimo gruppo germanico di qualche decina di migliaia di

guerrieri ha attraversato tutta la regione dei Balcani. Si tratta dell'altra grande

stirpe di goti, i visigoti, comandati e probabilmente unificati dal re Alarico, il

cui nome germanico – Alaric – significa "re di tutti". Le truppe si fronteggiano

nuovamente in Italia settentrionale.

L'azione del comandante in capo dell'esercito romano, Stilicho, è stata efficace

per vent'anni, ma ora non ci si fida più di lui. L'accusa è di tramare per

l'acquisizione del potere supremo e così Stilicone, la cui madre era germanica,

viene fatto assassinare dal governo. Il potente magister militum stava

effettivamente cercando un'alleanza con gli avversari, ma la natura di tale

accordo resta oggetto solo di supposizione. Sicuramente li giudicava pericolosi,

ma per vari anni i goti erano stati alleati dei romani e, insediati nei Balcani,

avevano combattuto contro altri stranieri. Magari potevano essere disponibili ad

un nuovo accordo. D'altronde sarà proprio questa la politica adottata pochi anni

dopo dal governo imperiale: i germanici visigoti saranno "accettati" dai romani

e saranno insediati in Gallia con l'impegno di combattere contro le altre

popolazioni, come i burgundi, che avevano passato il Reno. Invece per il

momento, una volta eliminato il valoroso magister militum metà romano e metà

vandalo, niente sarà più in grado di fermare l'irruenza degli invasori.

Nel 410, solo tre anni dopo la tremenda invasione sul Reno, altri guerrieri

germanici, quelli goti comandati da Alaric arrivano fino a Roma. Le mura fatte

costruire da Aureliano nel 274 sono del tutto inutili. La capitale è protetta da

una minuta guarnigione. Gli invasori sono troppi. Le armate imperiali non

hanno più niente a che vedere con un'istituzione a difesa dello stato, basata

sulla disciplina fisica e morale: sono solo truppe mercenarie che dipendono

esclusivamente dal proprio comandante generale e dallo stipendio, o bottino,

che questi riesce a procurar loro. Il popolo è troppo povero e provato per

opporre resistenza. Chi ha dei soldi li investe per la sua esclusiva sicurezza

personale. I ricchi se ne stanno rintanati presso le proprie ville di campagna. La

corte imperiale e le sue guardie personali hanno abbandonato la capitale da

più di cento anni. Inizialmente si erano spostati a Milano per seguire le

campagne militari di quegli imperatores che nel III secolo erano ancora degli

abili e potenti condottieri alla guida dell'esercito "confederale". Ma ora, a causa

della pressante minaccia nemica su Milano, l'Imperatore d'Occidente, che ha

ceduto il comando militare già da venticinque anni al magister militum, si

trasferisce a Ravenna (402-476). La città dell'Emilia viene giudicata più sicura:

era stata spesso utilizzata come luogo di confino grazie alla protezione naturale

di varie paludi malariche. E così Roma, lasciata incustodita da tutti, compreso il

sovrano d'oriente, viene saccheggiata per la prima volta dopo otto secoli.

In seguito a un rapido saccheggio, i germanici visigoti, in cerca di un posto

dove stanziarsi, stipulano finalmente un nuovo trattato di alleanza con l'impero.

Sotto la guida del successore di Alaric ricevono un territorio ufficiale nella

Gallia meridionale e prestano le loro forze alla repressione delle rivolte

contadine, rivolte che da tre secoli cercano di opporsi a modo loro alla

decadenza del regime imperiale. In pochi anni, una volta padroni del territorio,

i visigoti espanderanno il loro dominio – o regno – in Spagna, spingendo ai

margini della penisola le altre tribù germaniche e asiatiche che avevano passato

il Reno, cioè alani, vandali e svevi, e si erano qui insediate.

I vandali poi vengono spinti sempre più a sud, finché, guidati da Jensericus

(forse Jönsenrick in tedesco), attraversano lo stretto di Gibilterra. Infine,

nonostante l'accanita resistenza, conquistano tutta l'Africa romana fino a

Cartagine. Divenuti navigatori per necessità passando le Colonne d'Ercole, ora

si dedicano alla pirateria, arricchendosi a spese dello stato imperiale e

compromettendo in maniera drammatica i rifornimenti alimentari per Roma,

provenienti in massima parte dal mercato più conveniente, che ai quei tempi era

appunto quello africano. In pochi anni l'impero, già gravato da una lunga crisi

istituzionale ed economica, si trova letteralmente in ginocchio. Le città

depredate, la gente affamata. Molti capi germanici, tramando con latifondisti

romani, funzionari o imperatori corrotti, diventeranno i reali padroni del

territorio.

L'insediamento

Dopo una pressione pluridecennale, i popoli germanici hanno sfondato il

confine nel 376 e nel 406-407. In pochi anni ritroveremo decine di migliaia di

persone, comandante da capi tribali-monarchi molto forti militarmente ma

dotati di scarsa autorità, ad occupare direttamente il suolo "romano", insieme a

donne e bambini. Riassumendo i germani occidentali – franchi, alamanni e i più

orientali burgundi – si stabiliscono in Gallia e Germania, subito dopo aver

passato il Reno. Altri loro compatrioti – i vandali, gli svevi e la tribù asiatica

degli alani – giungono sulle sponde del Mediterraneo fino alla Spagna. Una

tribù dei visigoti, una delle popolazioni teutoniche d'oriente storicamente più

aggressive, dalla Romania penetra prepotentemente nei Balcani, attraverso il

Danubio. Nonostante l'opposizione delle armate imperiali, i visigoti devastano

per l'ennesima volta la regione che i romani chiamano Illyria e poi passano in

Italia, saccheggiando la decadente capitale nel 410. Infine si alleano con

l'impero che hanno invaso ormai da trentacinque anni, ne ricevono uno

stipendio e si impegnano contro gli altri invasori. L'esercito "romano" è ora

piccolissimo. E i visigoti, federati con l'impero, sconfiggono gli altri popoli

germanici che erano arrivati in Gallia. I Balcani sono il fronte europeo orientale

contro cui si riversano tutte le invasioni da circa duecento anni e continueranno

ad esserlo anche nei secoli a venire, col sopraggiungere delle popolazioni slave

del primo medioevo e di altre tribù asiatiche più tardi. L'Italia è divenuta il

luogo di passaggio e di sosta momentanea delle truppe imperiali che

continuamente si spostano nei diversi paesi limitrofi. La lontana Britannia è

stata abbandonata in fretta e furia dalle guarnigioni imperiali. La Gallia viene

difesa con vigore, ed è praticamente contesa fra i due poteri politico-militari,

quello germanico e quello imperiale. La Spagna viene occupata dai guerrieri

teutonici. L'Africa occidentale è nelle mani dei capi guerrieri vandali e dei

pochi ricchi cittadini privati. Questo cambiamento era nell'aria da tempo. I

germani premevano alle frontiere. I posti di potere erano per metà occupati da

uomini del nord. L'immigrazione controllata non aveva avuto successo. La lotta

per il potere era divenuta sanguinosa. Ma bisogna pur andare avanti. L'Uomo si

rifugia nella Chiesa, dove vede bellezza ed unità. E le armate germaniche

vengono "accettate" come se fossero degli eserciti regolari: la legge prescrive

che esse occupino le case e i territori imperiali, con le stesse modalità dei

vecchi eserciti romani. Intanto i migliori soldati germanici ricevono delle terre

e delle ville come "pagamento" da parte dei loro re. Si prefigura ampiamente la

situazione del medioevo. Con la fine del mondo antico, dall'unità politica si

torna alla separazione. Dopo l'impero sovranazionale, si passa a nuovi "stati"

nazionali. L'impero e la cultura razionale hanno fallito. Ma non tutto il male

viene per nuocere. Ad esempio, il non dover più sostenere le alte tasse imperiali

reca un relativo beneficio ai contadini gallici e a quelli africani che non sono

mai stati del tutto assimilati, né alla cultura greca né a quella romana.

L'oriente resiste, l'occidente crolla

Trent'anni dopo l'invasione sul Reno, l'impero di Roma produce l'ultimo suo

grande difensore, il generale Ætius. Cresciuto fra gli unni, Ezio utilizza gli

stessi pericolosissimi cavalieri asiatici come mercenari e sconfigge i burgundi,

confinandoli in una regione montuosa disabitata. Ma quando, verso il 444, il

nuovo potentissimo re unno, Attila, cercherà di unire al dominio di tutte le

steppe eurasiatiche anche le provincie occidentali dell'impero, germani e

romani si alleeranno per combattere il nemico comune. Ezio, alla guida di un

grande esercito che include le truppe alleate di visigoti, burgundi e franchi,

nonché le truppe regolari – formate in buona parte da stranieri naturalizzati –

infligge ai cavalieri nomadi una sconfitta talmente pesante da mandare in crisi

tutto l'impero degli unni. In breve tempo, dopo la scomparsa del "flagello di

Dio", la precaria federazione di tribù che ha terrorizzato il mondo intero per

quasi un secolo si disferà completamente mischiandosi con le altri genti. Ma i

germani hanno ormai circondato la vecchia e decadente Italia. Per Roma non

c'è più speranza: anche Ezio viene fatto uccidere dai suoi superiori e, crollato

l'ultimo baluardo dell'impero, il re vandalo Genserico assedia la "città eterna"

saccheggiandola per quindici giorni consecutivi. La pirateria vandala

spadroneggia in tutte le isole del Mediterraneo. I guerrieri germanici sono

ormai i veri protagonisti di ogni vicenda, sia dalla parte dei nuovi regni

indipendenti, sia dalla parte del decadente impero d'occidente. L'imperatore

invece non ha alcun potere reale: la tradizionalista legge che proibisce agli

stranieri di accedere al trono non verrà mai infranta. E così il sovrano sarà solo

la copertura della volontà dei capi stranieri, oppure della corte di

Costantinopoli-Bisanzio. Qui infatti il potere imperiale si mantiene più forte

che mai. Gli imperatori sono riusciti a rimpolpare le esangui armate imperiali

grazie a nuove attive generazioni di contadini e montanari. Agli immigrati

germanici vengono lasciate poche possibilità di emergere. La densità

demografica, bassissima rispetto al giorno d'oggi, è però sufficiente a far

apparire in netta minoranza qualsiasi clan o tribù straniera insediata nel

territorio greco-romano. L'economia si mantiene florida, proprio grazie alla

densità demografica, e alla presenza di grandi agglomerati urbani e piste

carovaniere che si perpetuano dagli albori della storia scritta. La capitale

d'oriente, attiva economicamente, religiosamente e politicamente, viene protetta

da varie cerchie di mura, una più grossa dell'altra, che reggeranno a qualsiasi

tentativo d'assedio anche per tutto il medioevo. L'oriente è ricco. L'occidente

povero. Prima del 476 avvengono due tentativi di Costantinopoli di recuperare

anche la ricca Africa, ma entrambi falliscono. Nel 476 Odoacre, un germano

della tribù degli sciri alleata con gli ostrogoti, depone l'ultimo imperatore

d'occidente, chiamato grottescamente Romolo Augusto. Era il figlio del

generale germanico Oreste e non era nemmeno stato riconosciuto dall'oriente.

Odoacre decide che è ora di finire questa commedia – o tragedia – e riconosce

formalmente l'autorità del sovrano d'oriente Zenone (474-491), agendo

ufficialmente come suo generale o governatore. Questo atto politico è ormai

inevitabile: sebbene Ravenna e la romanità abbia fin'ora offerto una protezione

psicologica a buona parte della popolazione imperiale, Roma e l'Italia hanno

perso il ruolo di leader da quasi tre secoli, tutto l'occidente è in crisi perenne e

l'impero stesso è del tutto ingovernabile, e ingovernato, da vari decenni. Nel V

e VI secolo la romanità in occidente diventerà il sostrato culturale di regni

indipendenti, economicamente arretrati, espressione di aristocrazie guerriere

convertite a un cristianesimo ancora in sviluppo ma già combattivo. In oriente

la società ellenistico-romana si trasformerà nel sistema burocratico e gerarchico

dell'impero bizantino, dedito al culto di Dio e rispettoso dell'autorità imperiale.

Teodosio (383-395) formalizzò anche la divisione dell’impero in due parti, assegnando al figlio Arcadio la

parte orientale e a Onorio la parte occidentale.

La crisi dell’Impero Romano e l’affermarsi del Cristianesimo La gestione dell’Impero ideata da Diocleziano (tetrarchia) invece di facilitare il problema della successione

lo complicò. Costantino, prevalso tra i pretendenti, rinsaldò il potere centrale, riorganizzò in modo efficiente

l’esercito e cercò di porre fine ai conflitti religiosi e culturali.

Con l’Editto di Milano, con cui si concedevano ampie libertà ai cristiani, il destino dell’Impero cominciò a

legarsi a quello della Chiesa. Negli ultimi decenni del IV sec. i Goti, stanziatisi nell’lmpero per concessione

dell’imperatore d’Oriente Valente, sconfissero l’esercito romano, penetrarono in Tracia e minacciarono

Costantinopoli.

La pace fu stipulata dal nuovo imperatore d’Oriente, Teodosio e i Goti si allearono all’Impero fornendo

sempre più soldati all’esercito romano. Teodosio e Graziano (imperatore d’Occidente), con l’Editto di

Tessalonica, fecero del Cristianesimo l’unica religione dell’Impero. Alla morte di Teodosio, il generale

vandalo Stilicone, al servizio di Roma, non riuscì a impedire l’invasione dei Goti e la nascita del primo

Regno barbarico nelle Gallie.

Nel 410 il visigoto Alarico saccheggiava Roma. Anche i Vandali e gli Unni invasero l’Impero, che nessun

imperatore seppe risollevare.

Nel 476 il capo dell’esercito barbaro Odoacre depose l’ultimo imperatore d’Occidente Romolo Augustolo.

L’Impero di Costantino e la diffusione del Cristianesimo Dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano sembrò funzionare il meccanismo della tetrarchia: i due

Cesari divennero Augusti e nominarono altri due Cesari.

Alla morte di Costanzo Cloro si scatenò la lotta alla successione. Tra tutti i pretendenti prevalsero in

Occidente il figlio di Costanzo Cloro, Costantino (che sconfisse il rivale Massenzio nella battaglia di Ponte

Milvio a Roma nel 312) e in Oriente Licinio (nominato da Diocleziano, intervenuto per calmare i contrasti).

Nel 313 i due imperatori, incontratisi a Milano, emanarono un Editto, con il quale concedevano libertà di

culto ai cristiani e promulgavano leggi in loro favore. Quando Licinio prese a perseguitare di nuovo i

cristiani, Costantino gli mosse guerra e nel 324, sconfittolo, divenne unico imperatore e trasferì la capitale a

Bisanzio, chiamandola Costantinopoli. Rese quindi più efficiente l’esercito e ampliò l’apparato burocratico,

inoltre la figura dell’imperatore fu definitivamente assimilata a quella del sovrano assoluto di stampo

orientale, circondato da un’aura sacrale.

Dopo aver sconfitto i Goti nel 332 Costantino morì nel 337 mentre si preparava ad affrontare i Persiani. Nei

confronti del Cristianesimo egli aveva adottato una politica sempre più favorevole, arrivando a esortare i

sudditi orientali ad abbracciare questa religione e affidando ai cristiani incarichi nell’esercito e nella pubblica

amministrazione.

Il Cristianesimo e i motivi delle persecuzioni Le prime comunità cristiane erano sorte in seguito alla predicazione di Gesù Cristo (vissuto ai tempi di

Augusto e Tiberio), degli apostoli e alla predicazione itinerante di Paolo di Tarso.

I centri cristiani più importanti furono Antiochia Corinto, Efeso, Alessandria e Roma. La penetrazione

nell’Impero romano non fu arrestata nemmeno dalle periodiche persecuzioni scatenate dagli imperatori (tra

cui Nerone, Domiziano, Decio, Valeriano e Diocleziano).

Le ragioni delle persecuzioni erano varie: la preoccupazione delle autorità politiche per la forza persuasiva

delle comunità cristiane che, con la loro organizzazione gerarchica, apparivano come uno “Stato nello

Stato”; il rifiuto dei cristiani di riconoscere la divinità dell’imperatore; l’inquietudine dell’opinione pubblica

che vedeva nella crisi dell’Impero una vendetta degli dei. Le cose cambiarono con Costantino e Teodosio,

quando il Cristianesimo divenne elemento costitutivo dell’Impero.

Da Giuliano a Teodosio Alla morte di Costantino gli succedettero i tre figli Costante, Costanzo e Costantino II. Costanzo, prevalso

sui fratelli, scelse come successore Giuliano, il generale che aveva sconfitto gli Alamanni nel 357.

Questi, circondatosi di intellettuali e filosofi pagani cercò di escludere i cristiani dalle cariche dirigenziali e

tentò di restaurare il paganesimo (i cristiani lo soprannominarono l’Apostata, cioè il Rinnegatore, poiché

aveva abbandonato la religione cristiana). Per acquistare prestigio presso il popolo progettò di eliminare

totalmente l’Impero persiano ma morì in battaglia. Verso la fine del IV sec. i Goti, spinti dagli Unni,

arrivarono al confine danubiano e chiesero di essere ammessi nell’Impero.

Valente, imperatore d’Oriente, accettò, sperando di utilizzarli nell’esercito ma i continui saccheggi nelle

regioni imperiali portarono alla guerra. Nel 378 a Adrianopoli, in Tracia, l’esercito romano fu duramente

sconfitto. I Goti dilagarono allora in Tracia, saccheggiando e distruggendo. Graziano, già imperatore

d’Occidente, rimase sul trono, mentre in Oriente fu eletto imperatore un generale spagnolo, Teodosio (379).

Invece di continuare a combattere, Teodosio contrattò la pace, i Goti divennero alleati dell’Impero,

sposarono donne romane ed ebbero incarichi dirigenziali. Graziano e Teodosio, nel 380, promulgarono

l’Editto di Tessalonica, con il quale il Cristianesimo diventava l’unica religione dell’Impero e veniva

cancellata ogni usanza pagana (sacrifici, giochi olimpici, templi).

Il crollo dell’Impero d’Occidente Morto Teodosio, unico imperatore dalla morte di Graziano, gli succedettero i figli Arcadio (a Oriente) e

Onorio (a Occidente) che, ancora giovani, furono affidati al generale di origine vandala Stilicone.

I Goti, controllati tramite concessioni di terre e denaro, divennero sempre più esigenti e decisero di penetrare

in Italia guidati da Alarico. Stilicone, nonostante li avesse sconfitti, patteggiò la pace. Altri barbari

premevano in Gallia e Spagna: Svevi, Alamanni e Vandali. La classe dirigente, trasferita la capitale a

Ravenna e fatto uccidere Stilicone, cercò di affrontare gli invasori.

Alarico, nel 410, saccheggiò Roma; il suo successore, Ataulfo, fondò nelle Gallie il primo Regno barbarico e

sposò la sorella di Onorio. Nel frattempo, i Vandali di Genserico conquistarono Cartagine, impadronendosi

della provincia d’Africa (429).

Nel 430 l’Impero d’Occidente era costituito dall’Italia, da parti della Gallia e da poche terre nei Balcani.

All’inizio del V sec. fecero irruzione in Europa, saccheggiando molte città orientali, gli Unni, popolazione

asiatica guidata dal feroce Attila. Il generale romano Ezio, alleatosi con i Visigoti, li affrontò e sconfisse ai

Campi Catalaunici, nella Francia del nord (451).

Quando Attila tornò in Italia, l’anno seguente, devastando il Veneto, gli fu mandato incontro il papa Leone I,

per contrattare la pace. Colpiti dalla peste, gli Unni si ritirarono e Attila morì nel 453 in Pannonia. Cessato il

pericolo degli Unni, l’Impero era ormai stremato. Capo effettivo, nonostante l’imperatore fosse Valentiniano

III, discendente di Teodosio, era il generale Ezio.

Morto Valentiniano III (455) i Vandali devastarono Roma spogliandola di tutte le sue ricchezze. Dopo un

periodo in cui regnarono vari imperatori controllati dal barbaro Ricimero, il patrizio Oreste fece proclamare

imperatore il figlio Romolo Augustolo.

Dopo pochi mesi, costui fu deposto da Odoacre, capo dell’esercito barbaro al servizio dell’Impero, che

accettò da Zenone, imperatore d’Oriente, di governare l’Italia. Di fatto era la fine dell’Impero

d’Occidente.(476)

Economia e società nell’Impero Romano La fine delle guerre civili e l’instaurazione da parte di Augusto del regime imperiale sono i presupposti

politici fondamentali per comprendere l’evoluzione economica dei secoli successivi. L’unità imperiale e i

lunghi periodi di pace interna che i successori di Augusto riuscirono a garantire allo Stato romano

consentirono una grande crescita della produzione e della circolazione di beni, sia a livello locale e regionale

sia nell’ambito del grande commercio.

Le attività economiche si svolsero infatti all’interno di una cornice unificante costituita da un forte governo

centrale, da un comune sistema monetario e fiscale e da un orientamento generale teso a superare le diversità

etniche e culturali dell’lmpero, che culminò nel 212 con la concessione della cittadinanza romana a tutti gli

abitanti (Constitutio Antoniniana di Caracalla). La mobilità sociale, cresciuta anche all’intemo, ebbe un ruolo

importante nell’economia. Il numero sempre maggiore di liberti alimentò un nuovo ceto di piccoli borghesi,

artigiani, mercanti, banchieri e poi funzionari dello Stato. Il dispositivo militare, collocato in epoca imperiale

lungo le frontiere, oltre ad alimentare scambi economici, provocò nuovi stanziamenti e offri possibilità di

vita decorosa e anche di carriera a molti soldati.

Evoluzione economica nell’Impero A partire dal I sec. si possono delineare nell’Impero diverse aree economiche. In Italia la Sicilia, la Sardegna,

la Corsica, il Settentrione; in Oriente la Grecia, Creta, la Cirenaica, la Palestina, la Siria, la Mesopotamia; in

Africa l’Egitto, Tripoli, il Marocco, Cartagine; e inoltre la Gallia, la Britannia, la Germania occidentale. A

partire dal II sec., il prezzo delle terre, inferiore a quello dell’Italia, attirò sempre più persone in queste

regioni, causando contemporaneamente nella penisola un aumento delle terre incolte e un crescente

spopolamento.

L’unità politica e amministrativa consentì il funzionamento di una complessa e capillare rete di circolazione

fra le province di derrate alimentari (soprattutto grano, vino, olio), materie prime e manufatti di ogni genere.

L’immenso Impero, esteso su tre continenti e comprendente aree geografiche diversissime, ebbe il suo

fattore unificante nel Mediterraneo. Sul grande mare interno gravitavano le poche megalopoli (Roma

Cartagine, Antiochia, Alessandria e, dal IV sec., Costantinopoli) le quali non avrebbero potuto sopravvivere

senza i rifornimenti transmarini.

Il modello di civiltà e di rapporti economici esistente da secoli sulle coste del Mediterraneo si estese nelle

parti continentali dell’Europa e dell’Africa, notevolmente arretrate al momento della conquista. Fra il I e il II

sec. Roma trasformò profondamente queste aree con un’intensa e programmatica opera di “romanizzazione”

il cui strumento principale fu la creazione di città.

Nelle regioni del Maghreb, in Spagna, nell’Europa settentrionale (Gallia e Britannia) e in tutta l’area

danubiana l’urbanizzazione comportò la sistematica riorganizzazione dei territori e la trasformazione, spesso

profonda, delle loro vocazioni produttive.

L’estensione del modello sociale ed economico della città mediterranea implicava, infatti, assoluta

prevalenza dell’agricoltura, sedentarizzazione delle popolazioni nomadi e seminomadi, contrazione

dell’economia pastorale, un articolato sistema artigianale destinato a soddisfare i bisogni delle città, sviluppo

dei commerci, adozione generalizzata della moneta negli scambi.

Crebbero, quindi, i legami fra centro mediterraneo e periferie continentali, divenne intensa la circolazione

delle merci e delle persone, e si fecero complessi i rapporti economici nei quali si inserirono anche le

popolazioni barbariche.

Cambiamenti politici e cambiamenti economici Mentre nel I sec. terminò la supremazia agricola e commerciale che l’Italia aveva esercitato nei secoli

precedenti, crebbero le esportazioni (olearie e vinarie soprattutto) della Gallia meridionale, della

Tarraconense e della Betica.

Col sec. III iniziò per queste province una fase di regresso economico e subentrò una nuova egemonia, quella

africana, fondata sull’esportazione dell’olio e, collateralmente, di ceramiche. Caduto l’Impero d’Occidente e

occupata l’Africa dai Vandali nella prima metà del V sec., iniziarono a prevalere nel Mediterraneo le

esportazioni di merci e derrate provenienti dalle province dell’Egeo, dell’Asia Minore e dell’area

siropalestinese.

In generale, si può dire che l’economia seguì i tempi della politica. Considerato il lungo arco dell’età

imperiale, i secoli I e II furono interessati da un generale movimento espansivo che rallentò ed entrò in crisi

nella seconda metà del sec. III, quando l’Impero fu scosso da alcuni decenni di insicurezza politica e

militare.

Con l’avvento di Diocleziano anche la compagine produttiva recuperò vigore ma all’interno di una forma

autoritaria di governo che interveniva pesantemente nel funzionamento dei meccanismi economici per mezzo

della fiscalità. Il IV sec. segnò in complesso un momento di recuperata floridezza che cominciò a declinare

in Occidente a seguito delle invasioni barbariche del V sec. e seguirà, sia pure con recuperi parziali un

andamento discendente sotto i Regni romano-barbarici dei secoli. Vl-VII.

Società e mobilità sociale In età monarchica e repubblicana la società era formata da pochi ceti prevalenti, i patrizi (che alimentavano

l’esercito e il ceto dirigente), i plebei (soprattutto contadini) e gli schiavi. Al tempo di Augusto i cittadini più

in vista potevano percorrere il cursus honorum, aspirando alle cariche più alte, coloro che possedevano

almeno 400 000 sesterzi, per diritto di famiglia o per concessione dell’imperatore, potevano invece aspirare

alla carriera equestre (i cavalieri erano inizialmente formati da coloro che potevano armarsi per combattere a

cavallo) e diventare governatori di province minori e amministratori del fisco. Il patrimonio dava quindi la

possibilità di aspirare a una classe sociale più elevata.

Esercito e mobilità sociale Inizialmente potevano far parte dell’esercito solo i patrizi che potevano permettersi di comprarsi armi e

armature.

Un importante cambiamento fu introdotto da Mario che ammise nell’esercito anche volontari nullatenenti e

distribuì terre ai suoi veterani. In questo modo, molti poveri cittadini, arruolandosi in un esercito

professionale, trovavano un mezzo di sostentamento.

Con Augusto questa possibilità fu aperta anche ai provinciali che, arruolandosi, diventavano cittadini romani

e potevano fare carriera. In età imperiale inoltre molte truppe furono stanziate ai confini dell’Impero e con

Adriano cominciarono a essere arruolati anche alcuni barbari.

Molti soldati, dopo la ferma, si trasferivano nelle regioni vicine, provocando un certo spopolamento

soprattutto in Italia; molti accampamenti, inoltre, costituirono il nucleo di future città.

La mobilità dei liberti Fin dall’età repubblicana uno schiavo meritevole poteva essere “affrancato”, cioè liberato (pur mantenendo

un vincolo di fedeltà al padrone) e diventare liberto, a tutti gli effetti un cittadino romano.

La presenza dei liberti fu un elemento di dinamismo economico in quanto molti di essi, abili e intraprendenti,

facevano fortuna in attività artigianali, culturali o finanziarie (banchieri, mercanti).

Sotto Claudio molti liberti acquistarono influenza negli affari statali, poiché inquadrati nell’apparato

burocratico dello stato.

La romanizzazione e il valore della cittadinanza romana Erano cittadini di diritto i figli legittimi di un cittadino o i figli naturali di una cittadina. Potevano diventarlo,

invece, gli schiavi affrancati o intere popolazioni assoggettate quando Roma lo avesse deciso. Dopo la guerra

sociale il senato fu costretto a concedere la cittadinanza a tutta l’Italia.

Progressivamente, in età imperiale, la cittadinanza fu estesa a molte province e, nel 212, a tutti gli abitanti.

Ma quale valore aveva diventare cittadini romani? Innanzitutto i cittadini non erano sottoposti a tortura o

fustigati e potevano essere condannati a morte solo da un’assemblea cittadina e non da un semplice

magistrato.

Inoltre, solo i cittadini avevano diritti politici e potevano aspirare a far parte della classe dirigente. In età

imperiale molti funzionari, senatori, consoli e anche imperatori (es. Traiano) furono di origine provinciale.

Concedendo la cittadinanza, Roma assimilava le popolazioni sottomesse e soprattutto legava a sé le loro

classi dirigenti. Questo spiega perché durante l’Impero, a differenza dell’età repubblicana, furono rare le

rivolte dei popoli vinti.

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