Un’Accademia Europea per l’Imperatore Massimiliano I d ... · termine politica un significato...

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l’Imperatore è dunque l’uomo che rende al termine politica un significato tanto sacro da fare del rito d’investitura e del buon governo una imprescindibile unità. Basterebbe riflettere, con la necessaria sapienza dei fatti e l’opportuno buon senso, su alcune sue azioni e decisioni, all’apparenza discontinue o bizzarre per riuscire a cogliervi il “vero senso riposto”. Quel vero senso velatamente espresso nei linguaggi allegorici e simbolici dei Minnensänger, dei Trobadours, dei Fedeli d’Amore Stilnovisti. Da Wolfram Von Eschenbach a Dante degli Alighieri. Questo il mondo e l’avventura ideale, nonché reale, nella quale si muove in modo quasi ieratico l’Ultimo Cavaliere ed in quanto cavaliere, cavaliere combattente e mistico partecipe dei reconditi segreti della cabalerie alchimistica e religiosa ed in quanto Rex, re sacralmente investito alla maniera di Melchitzedeq, re‐ sacerdote. Status che egli percepiva in se diveniente Imperator Universalis, in armonia con la terra ed i suoi popoli. Der Weiss Kunig, il giovane re dealbato della tradizione alchemica che, attraverso l’impresa condotta nel sogno reale del “mondo magico degli eroi”, incide a lettere di fuoco l’arcaico pentagramma o pentalfa pitagorico restituendogli come un costruttore di cattedrali quel senso che il vecchio re dealbato gli aveva comunicato: A, E, I, O, U, exotericamente significanti Austria Est Imperare Orbi Universo. Austria e Roma assumono nel suo pensiero la valenza di un unico mistero mistico che si identifica nella cavalleria del Miles Christi e nel sacerdozio regale di un Pontifex Maximus. Egli è dunque l’Hercules Germanicus che compie le dodici fatiche ed, in veste di novello Sigfrido, conquista per i re burgundi il leggendario Oro del Reno, divenendo erede e detentore di quella Toison d’Or che trasmetterà alla sua discendenza, non sempre in grado di coglierne i misteriosi poteri. Grandi ed incomprese, le gesta dell’Ultimo Cavaliere che, trasformando profondamente l’Europa, dischiude con una strategia metatemporale le porte di nuovi mondi 1 di CLAUDIO TESSARO DE WETH usurocrati, aveva aperto al futuro nuove vie con la genialità dell’intuizione e la folgorazione iniziatica. Nessuno, infatti, al suo tempo, fu più di lui abile ed intuitivo stratega, poliedrico esperto estimatore di arte, scienze e profondo conoscitore del cuore e dei sentimenti umani, ma nel contempo anche ferrea ed intransigente sentinella delle porte dell’Impero tradizionale e sacro. Nessuno più di lui promotore del progresso moderno con uno sguardo attento ai valori della conoscenza interiore e della spiritualità viva, cosa che gli fece pronunciare sprezzanti giudizi sulle pretestuose dispute che s’annunciavano nella cristianità e che avrebbero di fatto devastato, dopo di lui, l’intera Europa. Non quindi superficialità di giudizio, ma senso di consapevolezza di una realtà meschina ed avida che, ben camuffata, già tendeva il suo agguato. Osterrichi, dominio di Ostara, divinità primaverile del Sole nascente sull’orbe universale – Austria, una terra che collima con l’acronimo hermetico del vecchio Weiss König, Federico III, un binomio antico da approfondire, Roma‐ Austria; un’origine di famiglia nell’Argau, cantone di Zurigo, ove si trovano i resti del castello di Habsburg e l’abbazia di Königsfelden, due monumenti legati alle memorie di famiglia. Il castello si chiamava in origine, Habichtsburg e, solo nel tempo, fu chiamato Habsburg. La denominazione deriva etimologicamente dal verbo tedesco haben che vuol dire “avere”, “possedere”. Esso si trova in territorio svizzero, vicino alla confluenza dei fiumi Haar e Reus; se ne può ammirare oggi soltanto quel che ne rimane, una poderosa torre quadrata, ma le vere origini della famiglia sono in Alsazia ed i primi veri successi di essa si dovettero a Werner, vescovo di Strasburgo nel 1020 che fece costruire la sopraddetta fortezza e conferire al nipote Werner II il titolo di Conte di Asburgo. In tal modo cominciò l’ascesa della famiglia che, in un crescendo d’importanza, divenne proprietaria di nuove terre in Alsazia e Svizzera. La città di Zurigo diviene uno dei loro caposaldi, in quanto contea nel XII secolo con Alberto III. Costui, cavaliere di gran valore, entra in profonda confidenza con l’Imperatore Federico II di Hoenstaufen col quale era anche lontanamente imparentato. Suo figlio, Rodolfo, diviene figlioccio di Federico II che lo tiene a battesimo. È questo nuovo rampollo che porterà gli Asburgo sul trono del Sacro Un’Accademia Europea per l’Imperatore Massimiliano I d’Austria Le recenti celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della proclamazione imperiale a Trento di Massimiliano I d’Austria (4 febbraio 1508), tenute in contemporanea con Bolzano ed Innsbruck, nel quadro culturale della formantesi euregio, meglio nota come regione europea del Tirolo storico, impongono la necessità di una riflessione profonda sulla natura di questo personaggio e sul suo operato politico e culturale. Uomo appartenente al tempo che Johann Huizinga definì “autunno del Medioevo”, l’Imperatore Massimiliano I d’Austria detto anche “der Lezte Ritter” si presenta alla posterità della moderna Europa non solo dotato di una personalità veramente europea per genealogia e per pensiero ante litteram, ma contemporaneamente sovrano tradizionale, statista moderno, mecenate ed umanista egli stesso, in quanto fervente promotore di cultura e geniale poliedrico pensatore. Tant’è che nasce, da comuni intenti associativi territoriali che non disdegnano l’impegno profuso negli anni addietro dallo stesso Ateneo tridentino nel ricordo del celeberrimo personaggio, il progetto di una Academia Maximilianea di portata territoriale locale ed europea volta ad un serio approfondimento delle attività di Massimiliano I nel campo delle scienze, delle arti, della conservazione del pensiero tradizionale e nella promozione di quello moderno. Kaiser Maximilian der Erste, “der Lezte Ritter” è un nome che spicca come un emblema dalla storia dell’Occidente e dell’Europa in un periodo di importantissima transizione socio‐ culturale e storica. Ultimo cavaliere ed Imperator Romanorum che tuttavia continuerà a firmare epistole e scritti come Maximilanus Rex. Grande conoscitore ed estimatore della lingua latina e delle lingue romanze, introdurrà alla corte d’Austria l’uso della lingua francese sospingendolo fino all’Europa orientale e facendone in tal modo indirettamente linguaggio cortese e diplomatico ancor più dei re francesi spesso suoi rivali. Massimiliano, “aquila bicipite”, che fieramente spinge il suo sguardo ad occidente ed ad oriente di un rinnovato Sacro Romano Impero, che egli riafferma, in definitiva, sotto l’egida di Casa d’Austria, nel nucleo di una Mitteleuropa antica e variegata. In una nuova Europa ante litteram, già dotata di una sua interessante Ostpolitik, visibili ed invisibili similmente ad un novello faraone “Signore delle due Terre”: il misterioso ed oscuro Occidente ed il luminoso Oriente. Gustav Meyrink, celebre scrittore boemo farà dire, ad un bizarro ma celeberrimo mecenate imperatore, successore di Massimiliano, a proposito della conoscenza alchemica: “Per possederla bisogna avere due teste, come l’Aquila del blasone della mia casata”. Maximilian conquista come il Sigfried dell’antico poema nibelungico la Borgogna col valore delle armi e con l’amore per Maria, sua principessa, poi amata sposa e dama, e compie le fatidiche fatiche d’Ercole valicando le Mitiche Colonne del “non plus ultra”. Il suo giovane erede, Carlo V, potrà a giusta ragione dire: “Sul mio Impero non tramonta mai il Sole”. Ma il Sole nascosto resterà Maximilian I, ultimo cavaliere di un tempo passato e primo cavaliere di un tempo venturo. Egli contemplerà gli autentici raggi del Sole oscuro con occhi iniziatici, in senso metaforico e reale (ovvero regale) come egli stesso ebbe a dire: “senza mai smontare da cavallo, ho fatto della sella del mio cavallo la mia casa, il mio studio, il luogo del mio riposo, la mia reggia.”. L’Hercules Germanicus porta a termine le dodici emblematiche fatiche del Sole per conquistare e compiere la conoscenza dell’Adepto, svelarne l’ultimo segreto prima di lasciare con silenziosa solennità questa dimensione materiale! Cercò e trovò: “Petra autem eram Christus”. Una biografia completa di Massimiliano I d’Austria che sia oggetto di approfondito studio non può più relegare, vista con occhio positivista, questi aspetti della personalità del sovrano come aneddoti sulle capricciose bizzarie di un mitomane spendaccione ed edonista, giudizio purtroppo cinicamente coniato proprio da grandi pensatori italiani suoi contemporanei i quali, forse sprezzanti di quella Filosofia profonda che aveva illuminato ed illuminava molti loro celebri connazionali, chiosavano con sufficienza ed ironia su di un sovrano che, molto più dei suoi avversari pragmatici ed Massimiliano, “aquila bicipite”, che fieramente spinge il suo sguardo ad occidente ed ad oriente di un rinnovato Sacro Romano Impero

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l’Imperatore è dunque l’uomo che rende al termine politica un significato tanto sacro da fare del rito d’investitura e del buon governo una imprescindibile unità. Basterebbe riflettere, con la necessaria sapienza dei fatti e l’opportuno buon senso, su alcune sue azioni e decisioni, all’apparenza discontinue o bizzarre per riuscire a cogliervi il “vero senso riposto”.  Quel vero senso velatamente espresso nei linguaggi allegorici e simbolici dei Minnensänger, dei Trobadours, dei Fedeli d’Amore Stilnovisti. Da Wolfram Von Eschenbach a Dante degli Alighieri. Questo il mondo e l’avventura ideale, nonché reale, nella quale si muove in modo quasi ieratico l’Ultimo Cavaliere ed in quanto cavaliere, cavaliere combattente e mistico partecipe dei reconditi segreti della cabalerie alchimistica e religiosa ed 

in quanto Rex, re sacralmente investito alla maniera di Melchitzedeq, re‐sacerdote. Status che egli percepiva in se diveniente Imperator Universalis, in armonia con la terra ed i suoi popoli. Der Weiss Kunig, il giovane re dealbato della tradizione alchemica che, attraverso l’impresa condotta nel sogno reale del “mondo magico degli eroi”, incide a lettere di fuoco l’arcaico pentagramma o pentalfa pitagorico restituendogli come un costruttore di cattedrali quel senso che il vecchio re dealbato gli aveva comunicato: A, E, I, O, U, exotericamente significanti Austria Est Imperare Orbi Universo. Austria e Roma assumono nel suo pensiero la valenza di un unico mistero mistico che si identifica nella cavalleria del Miles Christi e nel sacerdozio regale di un Pontifex Maximus.  Egli è dunque l’Hercules Germanicus che compie le dodici fatiche ed, in veste di novello Sigfrido, conquista per i re burgundi il leggendario Oro del Reno, divenendo erede e detentore di quella Toison d’Or che trasmetterà alla sua discendenza, non sempre in grado di coglierne i misteriosi poteri. Grandi ed incomprese, le gesta dell’Ultimo Cavaliere che, trasformando profondamente l’Europa, dischiude con una strategia metatemporale le porte di nuovi mondi 

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di CLAUDIO TESSARO DE WETH

usurocrati, aveva aperto al futuro nuove vie con la genialità dell’intuizione e la folgorazione iniziatica. Nessuno, infatti, al suo tempo, fu più di lui abile ed intuitivo stratega, poliedrico esperto estimatore di arte, scienze e profondo conoscitore del cuore e dei sentimenti umani, ma nel contempo anche ferrea ed intransigente sentinella delle porte dell’Impero tradizionale e sacro. Nessuno più di lui promotore del progresso moderno con uno sguardo attento ai valori della conoscenza interiore e della spiritualità viva, cosa che gli fece pronunciare sprezzanti giudizi sulle pretestuose dispute che s’annunciavano nella cristianità e che avrebbero di fatto devastato, dopo di lui, l’intera Europa. Non quindi superficialità di giudizio, ma senso di consapevolezza di una realtà meschina ed avida che, ben camuffata, già tendeva il suo agguato. Osterrichi, dominio di Ostara, divinità primaverile del Sole nascente sull’orbe universale – Austria, una terra che collima con l’acronimo hermetico del vecchio Weiss König, Federico III, un binomio antico da approfondire, Roma‐Austria; un’origine di famiglia 

nell’Argau, cantone di Zurigo, ove si trovano i resti del castello di Habsburg e l’abbazia di Königsfelden, due monumenti legati alle memorie di famiglia. Il castello si chiamava in origine, Habichtsburg e, solo nel tempo, fu chiamato Habsburg. La denominazione deriva etimologicamente dal verbo tedesco haben che vuol dire “avere”, “possedere”. Esso si trova in territorio svizzero, vicino alla confluenza dei fiumi Haar e Reus; se ne può ammirare oggi soltanto quel che ne rimane, una poderosa torre quadrata, ma le vere origini della famiglia sono in Alsazia ed i primi veri successi di essa si dovettero a Werner, vescovo di Strasburgo nel 1020 che fece costruire la sopraddetta fortezza e conferire al nipote Werner II il titolo di Conte di Asburgo. In tal modo cominciò l’ascesa della famiglia che, in un crescendo d’importanza, divenne proprietaria di nuove terre in Alsazia e Svizzera.  La città di Zurigo diviene uno dei loro caposaldi, in quanto contea nel XII secolo con Alberto III. Costui, cavaliere di gran valore, entra in profonda confidenza con l’Imperatore Federico II di Hoenstaufen col quale era anche lontanamente imparentato. Suo figlio, Rodolfo, diviene figlioccio di Federico II che lo tiene a battesimo. È questo nuovo rampollo che porterà gli Asburgo sul trono del Sacro 

Un’Accademia Europea per l’Imperatore Massimiliano I d’Austria

Le recenti celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della proclamazione imperiale a Trento di Massimiliano I d’Austria (4 febbraio 1508), tenute in contemporanea con Bolzano ed Innsbruck, nel quadro culturale della formantesi euregio, meglio nota come regione europea del Tirolo storico, impongono la necessità di una riflessione profonda sulla natura di questo personaggio e sul suo operato politico e culturale. Uomo appartenente al tempo che Johann Huizinga definì “autunno del Medioevo”, l’Imperatore Massimiliano I d’Austria detto anche “der Lezte Ritter” si presenta alla posterità della moderna Europa non solo dotato di una personalità veramente europea per genealogia e per pensiero ante litteram, ma contemporaneamente sovrano tradizionale, statista moderno, mecenate ed umanista egli stesso, in quanto fervente promotore di cultura e geniale poliedrico pensatore. Tant’è che nasce, da comuni intenti associativi territoriali che non disdegnano l’impegno profuso negli anni addietro dallo stesso Ateneo tridentino nel ricordo del celeberrimo personaggio, il progetto di una Academia Maximilianea di portata territoriale locale ed europea volta ad un serio approfondimento delle attività di Massimiliano I nel campo delle scienze, delle arti, della conservazione del pensiero tradizionale e nella promozione di quello moderno.   Kaiser Maximilian der Erste, “der Lezte Ritter” è un nome che spicca come un emblema dalla storia dell’Occidente e dell’Europa in un periodo di importantissima transizione socio‐culturale e storica. Ultimo cavaliere ed Imperator Romanorum che tuttavia continuerà a firmare epistole e scritti come Maximilanus Rex. Grande conoscitore ed estimatore della lingua latina e delle lingue romanze, introdurrà alla corte d’Austria l’uso della lingua francese sospingendolo fino all’Europa orientale e facendone in tal modo indirettamente linguaggio cortese e diplomatico ancor più dei re francesi spesso suoi rivali. Massimiliano, “aquila bicipite”, che fieramente spinge il suo sguardo ad occidente ed ad oriente di un rinnovato Sacro Romano Impero, che egli riafferma, in definitiva, sotto l’egida di Casa d’Austria, nel nucleo di una Mitteleuropa antica e variegata.  In una nuova Europa ante litteram, già dotata di una sua interessante Ostpolitik, 

visibili ed invisibili similmente ad un novello faraone “Signore delle due Terre”: il misterioso ed oscuro Occidente ed il luminoso Oriente.  Gustav Meyrink, celebre scrittore boemo farà dire, ad un bizarro ma celeberrimo mecenate imperatore, successore di Massimiliano, a proposito della conoscenza alchemica: “Per possederla bisogna avere due teste, come l’Aquila del blasone della mia casata”. Maximilian conquista come il Sigfried dell’antico poema nibelungico la Borgogna col valore delle armi e con l’amore per Maria, sua principessa, poi amata sposa e dama, e compie le fatidiche fatiche d’Ercole valicando le Mitiche Colonne del “non plus ultra”. Il suo giovane erede, Carlo V, potrà a giusta ragione dire: “Sul mio Impero non tramonta mai il Sole”. Ma 

il Sole nascosto resterà Maximilian I, ultimo cavaliere di un tempo passato e primo cavaliere di un tempo venturo. Egli contemplerà gli autentici raggi del Sole oscuro con occhi iniziatici, in senso metaforico e reale (ovvero regale) come egli stesso ebbe a dire: “senza mai smontare da cavallo, ho fatto della sella del mio cavallo la mia casa, il mio studio, il luogo del mio riposo, la mia reggia.”. L’Hercules Germanicus porta a termine le dodici emblematiche fatiche del Sole per conquistare e compiere la conoscenza dell’Adepto, svelarne l’ultimo segreto prima di lasciare con silenziosa solennità questa dimensione materiale! Cercò e trovò: “Petra autem eram Christus”.  Una biografia completa di Massimiliano I d’Austria che sia oggetto di approfondito studio non può più relegare, vista con occhio positivista, questi aspetti della personalità del sovrano come aneddoti sulle capricciose bizzarie di un mitomane spendaccione ed edonista, giudizio purtroppo cinicamente coniato proprio da grandi pensatori italiani suoi contemporanei i quali, forse sprezzanti di quella Filosofia profonda che aveva illuminato ed illuminava molti loro celebri connazionali, chiosavano con sufficienza ed ironia su di un sovrano che, molto più dei suoi avversari pragmatici ed 

Massimiliano, “aquila bicipite”, che fieramente spinge il suo sguardo

ad occidente ed ad oriente di un rinnovato Sacro Romano Impero

prosapia di quest’ultimo, ha grande importanza anche il bisnonno materno, Enrico il Navigatore, Re del Portogallo che presenta evidenti aspetti esoterici e di iniziazione cavalleresca, uniti alla sete di conoscenza e di scoperta di nuove e misteriose terre, alimentato dal fatto che grande rilievo ed importanza ebbe nel suo regno l’Ordine dei Cavalieri Templari, il quale non conobbe colà inquisizione, processo o persecuzione, ma reale continuità che quasi nulla tolse alla denominazione originale dell’Ordine, continuando a chiamarsi Ordine dei Cavalieri del Christo. La giovanissima ed avvenente Principessa Lenora di Portogallo, madre di Maxmilian, trasferirà al fanciullo un profondo amore per la Santa Cavalleria e per l’avventura. È evidente dall’autobiografia reale e leggendaria che si concreta nell’opera letteraria di Massimiliano, Der Weiss Kunig, mirabilmente illustrata 

Romano Impero. Eletto nel 1273, Re dei Romani, Rodolfo si impadronirà dell’Austria e della Stiria, fissando la capitale a Vienna. Da questi eventi, agli Asburgo deriverà il nome di Casa d’Austria. Il padre di Massimiliano, Federico V, Duca di Stiria e di Carinzia, Federico III come Imperatore, impersona nella leggenda autobiografica maximilianea, il vecchio bianco re “dealbatus”. Nella storia, egli sposò Cimburgis di Mazovia, sorella maggiore del Principe‐Vescovo di Trento. Federico cominciò a governare nel 1437, una volta dichiarato maggiorenne e resiedeva a Graz, capoluogo della Stiria. Federico III era un grande cultore della Magia Naturalis, dell’Alchimia, dell’Astrologia ed anche un valente ornitologo. In particolare si dedicava all’Alchimia avendo allestito un proprio attrezzatissimo laboratorio, ove praticava devotamente la nobile arte del tutto schivo dalle cure mondane. AEIOU, pentagamma pitagorico è la segreta cifra che il vecchio re dealbato trasferirà iniziaticamente all’ardimentoso giovane  Weiss Kunig, Massimiliano I. È certo che l’Austria geografica, Osterrichi, non è da prendersi nel contesto in senso letterale, ma come ben altro, nella semplicistica traduzione del motto: Austria Est Imperare Orbi Universo. Massimiliano si concentrerà su questa misteriosa formula introiettandola come un vero e proprio sigillo hermetico di valore non certo inferiore al vello d’oro, simbolo del cavalierato alchemico del Toison d’Or, né  della croce dell’Ordine sovrano e militare dei Cavalieri di San Giorgio: “non per divertirsi o per giocare/ ma perché possa essere lodato/ Dio prima di tutto lodare/ e ai buoni gloria e onore meritato”, recita coi suoi versi a proposito un poeta quattrocentesco. Il prestigioso ordine alchemico del Toison d’Or venne invece istituito da Filippo il Buono Duca di Borgogna, padre di Charles Le Temeraire e nonno di Maria di Borgogna, sposa e dama amatissima del giovane Weiss Kunig, Maximilian. Nella 

dalle vivaci e movimentate incisioni ad opera di Hans Burgkmair, che egli consideri della massima importanza sul piano iniziatico l’eredità speculativa ed operativa; nonché l’educazione trasmessagli dai genitori, “acquisita con il latte materno e con l’esempio paterno” sia stata una vera formazione interiore destinata ad evolvere nella sua persona.  Federico III, in occasione del suo matrimonio, coincidente con il rituale di incoronazione a Sacro Romano 

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Imperatore della Nazione Germanica, opera con l’ausilio di notevoli esperti del suo tempo una peritissima ricostruzione, nei minimi dettagli, dell’antico rituale carolingio rivalutando attentamente la magica sacralità del rito di investitura. Egli conia dei detti sapienziali in forma magico‐alchemica, ove la talismanica A carolingia, ultima lettera del nome ROMA e prima lettera dei nomi AMOR et AUSTRIA, ricompare nelle cinque lettere vocaliche del pentagamma pitagorico o pentalfa. Questa propensione di costruttore iniziato dell’Imperium trasmigra in tal modo con la tradizione dal 

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ricerca profonda (peraltro fraintesa da una parte dei suoi sudditi, a suo tempo), per la materia biblica in comparazione delle antiche saghe germaniche, il vecchio re dealbato mirava più all’essenza delle cose e dei fatti più che alla lettera. Egli osservava con attenzione, soprattutto l’antica genia dei Kazari, che costituivano in origine una misteriosa mistura di popolazioni caucasiche convertitesi all’ebraismo al solo scopo di sfuggire alla cooptazione 

arabo‐islamico o bizantino‐cristiano dal punto di vista politico. Costoro presentavano una interessante integrazione su usanze cabalistiche ed occultismo biblico. Inoltre questo singolare popolo di stirpe caucasica, rimosso dalla sua terra originaria dalla spinta dei mongoli e dei Rus nell’alto Medioevo, aveva finito per mescolarsi con ungari, bulgari e magiari, costituendo per via della sola acquisita nuova religione la futura falange degli askenaziti dell’est Europa. Tuttavia, tale importante propensione da attento studioso fu ritenuta, all’epoca, una sottigliezza trascurabile se non addirittura qualcosa da osteggiare fortemente. Concludiamo col dire che Federico III non era certo un personaggio superficiale. Resta famoso nei suoi annali l’impresa di un suo periglioso viaggio in Terrasanta, sulle orme dei crociati, ansioso di baciare la terra 

santificata dalle orme del nostro Redentore. ROMA, 

AMOR, AEIOU, AUSTRIA ed ALCHIMIA furono senz’altro intesi sotto forma di acronimi sacri, i cardini ed i motti emblematici della ricerca del vecchio re dealbato. Facendoli suoi nel corso della sua opera regale, egli li diffuse doviziosamente nella sua stessa famiglia. Una famiglia tradizionale ed iniziatica dove era stato acquisito ed infine perfettamente compreso il messaggio di Dante Alighieri riguardante l’Impero Universale e la sua Divina Origine: il sacerdozio regale secondo l’ordine di Melchitzedeq. Il termine Weiss, bianco indica, infatti, una precisa fase dell’opera alchemica quando raggiunto il nero perfetto la materia prima passa alla sua esaltazione rivestendosi, poco a poco, di una luce che perviene al candore abbagliante ed infine culmina, passando pei colori cangianti nella rubedo o porpora gloriosa dei re, pietra angolare dei filosofi, della regalità perfetta nell’uomo: “Petra autem eram Christus”.  La nota di un cronista tedesco ad una quarantina d’anni dalla morte di Federico III riporta queste parole: “Noi pazzi tedeschi non abbiamo né compreso né notato il suo saggio governo che nessuno ha saputo poi riprendere. Però egli fu un savio principe, un giusto Salomone pacifico; governò bene, fece volentieri la pace e condusse poche guerre, ma la sua storia resta di gran lunga trascurata, perché al posto di combattere lasciò a ciascuno il suo e conservo il proprio”. Tale fu la portata del personaggio Federico III, padre di Maximilian I. Una vita volta alla speculazione esoterico‐filosofica più ancora che guerriera, ma che stabilizzerà nel figlio l’immancabile convergenza che cavalleria ed alchimia costituiscono tanto spesso sulla Via Tradizionale. Le opere stesse di Maximilian sono ricchissime, come le sue frequentazioni operative, di profonde speculazioni alchemiche ed il suo “cavallo” è molto più di una cavalcatura volgare; egli tende al compimento dell’Opera divenendo Hercules 

Germanicus: l’iniziato, ipostasi del 

vecchio  Weiss Kunig, al giovane Massimiliano, suo continuatore nell’opera che “cristallizza”, per così dire, il mistero imperiale diginificando la potestà asburgica fino al suo tramonto. Enea Silvio Piccolomini, amico e saggio confidente di Federico III, dirà di lui e della casata che egli rappresenta: “I Principi della sublime casa d’AUSTRIA che annovera tra i suoi membri molti Re ed Imperatori si consideravano sicuri del successo solo quando servivano fedelmente e costantemente l’Ente Supremo”. Singolare è anche l’interesse, scevro da pregiudizi ed articolato a mo’ di 

VOX POPULI trimestrale d’informazione www.vxp.it SPECIALE MAXIMILIAN I Anno VII • settembre 2010 Direttore responsabile: ALESSIO MARCHIORI Hanno collaborato: CLAUDIO TESSARO DE WETH Abbonamenti annuali: € 15,00

Autorizzazione del Tribunale di Trento Registro Stampa n. 1175 decreto del 17/4/03 C.P. 113 - Ufficio postale di Pergine Valsugana Progetto grafico a cura di: Fabio Franceschini Stampa: Tipografia Pasquali - Fornace (TN)

progettazione e l’esecuzione al cesello di alcune statue degli 

antenati mitici e regali che circondano il suo imponente mausoleo nella Hofkirche di 

Innsbruck tra i quali un 

significativo ritratto del Rex 

Arturus.  La sacralità degli avi e 

dell’Impero è un tema che egli condivide addirittura con Dürer 

nello studio degli antichi poemi germanici insieme a conoscenze arcane ad essi 

sacro. Affermerà pertanto: “L’Imperatore non è che un uomo, solo che Dio gli ha fatto più onore”. Come avviene per il vecchio  Weiss Kunig, così anche per il giovane, molti atti della vita assumono un valore profondamente rituale che gli proviene da una vasta schiera di antenati, dalla propria cultura e dai rituali d’iniziazione cavalleresca ed hermetica, in particolare quella della Toison d’Or di cui diviene l’erede e lo ierofante.  È fuor d’ogni dubbio che l’ordine cavalleresco della Toison d’Or è un ordine dedicato e fondato per la conoscenza e lo studio della scienza alchemica, così anche l’Ordine di San Giorgio, a similitudine dei Cavalieri del Cristo in Portogallo, presenta una certa diretta filiazione dai Templari di Stiria e Carinzia, Templari che furono tesorieri dei re d’Ungheria all’acme della potenza dell’ordine e della nazione magiara cristianizzata. Nei momenti liberi dalle imprese guerresche, l’Alchimia e la speculazione esoterica occupano un posto non secondario della vita del giovane re dealbato incrementandosi, con ogni probabilità, dopo la perdita dell’amatissima dama e sposa, Maria di Borgogna.  La sua corte sarà frequentata da studiosi di magia naturale ed alchimisti quali l’abate Tritemio, Enrico Cornelio Agrippa da Nittesheim, da un non ben identificato ma alto maestro alchimista che lavorerà ai fuochi con l’Imperatore nel laboratorio paterno e che tenterà un calcolo cabalistico‐alchemico sul bouleversement (capovolgimento dei poli) e sul finis mundi e con il quale approfondirà il lavoro della pietra o fatiche d’Ercole, siccome il Rex è un Ercole verace sia nelle imprese belliche e politiche, sia nelle complesse operazioni della triplice scienza alchemica, secondo le regole de l’Ancienne Guerre des Chevaliers. Amicizia e solida comunità di pensiero lo unirà con il sommo artista ed esoterista Albrecht Dürer, massimo esponente del rinascimento germanico al quale commissionerà opere stupende inclusa la 

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legate, rievocando le gesta nibelungiche degli antichi re ed i magici poemi del Nord, quelli che gli stessi monaci medievali avevano, del resto, conservato insieme ai classici quale fertile ed utile preparazione allo sviluppo dell’Umanesimo. Sotto questa spinta poderosa, lo stesso Dürer cambierà il proprio appellativo da Albrecht Dürer Noricus ad Albrecht Dürer Germanus. Quanto esposto in questa inedita trattazione non mancherà di concludersi con l’importante iniziativa nota come Solidalitas Danubiana o Academia Celtis che l’umanista Konrad Bikel, detto Celtis fondò in onore dell’Imperatore Ultimo Cavaliere ed Adepto, come primo circolo letterario di Vienna; né ci sembra questa fondazione estranea del tutto alla persona 

di Johann Von Heidenberg (1462‐1516), alias abate Giovanni Tritemio, monaco benedettino di Sponheim, alchimista e maestro di magia naturalis, che aveva, nella sua erudita giovinezza trascorsa all’Università di Treviri, fondato insieme ad altri studenti una società iniziatica denominata Sodalitas Celtica (Confraternita Celtica).  L’Ultimo Cavaliere lascerà delle ragguardevoli opere tanto nel Weiss Kunig, più volte citato, come saga familiare, trascritto dal suo segretario Marx Treitzsauerwein, quanto nel Theuerdank, autentico poema autobiografico d’iniziazione cavalleresca, trascritto da Melchior Pfinzig.  Petra autem eram Christus.