Discorso sopra la peste di Venezia del 1630. Recitato ...

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DISCOPvSO

SOPRA

LA PESTE 1)1 VENEZIAdel d630

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Recitato per Laur^^ledica nella R. Università

di Modena

l’ anno ^855

DAL PROF. D.* GIO. BIANCHI

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maialila comparsa da pochi liishl sulle rive del

<iangc die col nome di Cholera e coi caraltcrl di una pe-

stilenza percorse successlvamenle presso che tulla l’Asia e

che introdotta da ultimo in LCurojia ed invasene il Setlenlrio-

iie e l’Occidente ne minaccia presentemente, sehhen da lun-

gi, il mezzogiorno, già mosse in più luoghi le sollecitudini

de’ Governi a contrappone alla ulteiiore di lei propagazione

più fatta di provvedimenti. E frattanto che nella discordanza

delle osservazioni, o piuttosto nella analisi incompleta de’ fatti,

ttl disputa tuttavia tra’ medici se il novello moiho devastatore

jìpparlenga essenzialmente a’ contagiosi c per noi esotici al

pari della peste huhonlea c della lehhre gialla, oppure ai

semplicemente epidemici,

la prima sentenza vuoisi tuttavia

prelerihilc attesa la sua maggiore sicurezza in relazione colle

puhhliche discipline più valevoli alla tutela della vita e della

salute delle popolazioni. Il perchè a’ medici che tutti sento-

no i doveri del loro privalo e pubblico ministero si fa pa-

lese ogni giorno più la utilità anzi la necessità dello studio

di (|ue’ latti, i (jiiali precedettero, accompagnarono e seguiro-

no altra volta presso di noi la invasione c la propagazione

di analoghe pestilenziali malattie, e di (|uelle massimamente

4

che iiìtrodoUe e clih'usc In Italia nelle epoche meno rlrnole

ci lasciarono altresì, per cura de’ più autorevoli scrittori,

istruttivi documenti di loro funesta ricordanza. Nello scegliere

ora, i«) tanta ampiezza della trattazione, un soggetto relativo

che pochissimo, per verità, fu rischiarato finora da libri fatti

di pubblica ragione, non fia quindi inopportuno nè a voi di-

scaro, o giovani ornatissimi candidati, che giovandomi delle

notizie che potei raccogliere da un inedito manoscritto, io vi

trattenga brevemente sul modo con cui fu accolta e diffusa

per l’ultima volta nel i63o la peste bubonìca nella città,

un tempo dominatrice dell’ Adriatico, nella popolosa Vene-

zia. Descrivendo il quale evento, se mi riesca di mettere in

qualche luce alcune gesta commendevoli e poco conosciute

di un benemerito coltivatore della scienza ed arte medica e

nostro concittadino, raggiungerò, io mi lusingo, altresì lo sco-

po di un utile eccitamento a virtuosa emulazione, offeren-^

dovene un illustre modello in quella carriera che vi fu aper-

ta da’ vostri studi! e dal voto de’ sapienti che vi circondano.

Fra le notizie raccolte' dal eh. Tìraboschi nel 2 ^ volume

della Biblioteca Modenese sulla vita e sulle opere di Cecilio

Fuoli o Folio, nativo della terra di Fanano al piè de’ nostri

Appennini, che fu protomedico della veneta Repubblica nel

secolo XVII e distinto per onorevole ricordazione soprattut-

to ne’ fasti della umana anatomia, ci fe’ conoscere il bene-

merito Biografo che il lodato medico ed anatomico avea

lasciata una inedita descrizione della peste occorsa in Vene-s

zia nel prenotato anno i63o, della quale il medesimo Ceci-

lio era stato oculare testimonio. L’ illustratore della nostra

letteratura non vide però giammai il citato autografo mano-

scritto il quale cuuservavasi nell’ archivio del vendo Piolo^^

McdlcalOj e che di là trailo cd offertomi ad esaminare agia-

liamenle, anni sono, dalla somma cortesia di un tlotto rncdi-

co amico, il consigliere Aglietti di Venezia^ confermavami e

chiarivami, in riguardo alle incertezze notevoli presso al Ti-

rabosclii, che il Follo naccpie veramente in Fanano nell’ago-

sto del ì6i47

che nel 1680 era tuttavia vivente in Venezia

protomedico della Pvepuhhlica, e che in tale epoca appunto,

per eccitamento di (piel Senato, compose la scrittura sopra

Sa veneta pestilenza del iG3o. Nella Invasione del (juale

nìorho era Cecllio, avvegnaché giovanetto di 16 anni, già

iniziato ne’ studll e nella pratica della medicina pubblica e

privata, sotto la guida affettuosa c valente dello zio paterno

Glo. Battista Follo, orlondo esso pure di Fanano e ricorda-

to dal Tlraboschi, il quale nel iG3o copriva in Venezia, da

più anni, l’ onorevole posto di supremo medico di quello

stato. Toccando poi la patria di Geclllo non è superlluo,

per noi, il rammentare, che l’ eruditissimo e più recente

storico della medicina, il professore Curzio Spr^jgcl di Hai-

ia, nella sua storia pragmatica della nostra scienza, con du-

plice abbaglio di luogo e di tempo, dichiarò il nostro medi-

co ed anatomico nativo di Udine nel Friuli nel iGi5^ con-

tro al quale dettato stanno, oltre alla fede del citato mano-

scritto, le più diligenti memorie pubblicale dal Tiraboschi,

ed infine altresì i validissimi documenti de’ libri battesimali

della chiesa Fananese, dove la nascila di Cecilie, nelle più

autentiche e compiute forme ed all’ epoca sopraddetta, è

registrata.

In riguardo al modo che tenne la peste bubonica nello

insinuarsi in Venezia nel i63o, le istorie pubblicate e la

Jescrizioue inedita del Folio concordemente ci informano, ebe

il confagio 111 recato cola dalia persona e dagli individui di

accompagnamento di un Cesareo Ambasciatore^ il quale dai

Mantova, largamente infetta di pestilenza, portavasi, in sui

primi di luglio del detto anno, presso il veneto Senato a

trattare di una pace, dopo i bellici contrasti avvenuti per la

successione allo stato Mantovano e la conquista di Mantova

fatta dagli imperiali. E lo storico cav. Nani (i) che scrivea

intorno al i6Go, attribuendo anch’egli l’origine della ve-

neta pestilenza del 3o al morboso seminìo diffuso dagli eser-

citi raccolti intorno a Mantova, riferì la sola parte lodevole

de’ provvedimenti datisi in genere dal suo Governo contro

il nuovo malore, affermando che « nè regole migliori, nè

ordini più pontuali poterono darsi in quel tristo avveni-

5) mento e che in allora gareggiarono, con raro esempio,

5? la carità pubblica e la pietà de’ privati »,

Nè già il veneto Governo,

che lungamente fu illustre

esemplare de’ più savi! divisamenti, e di ottimo regime me-

dico-politico, e che nominatamente in ordine alla peste bu-

bonica od orientale aveaj pel primo in Europa sin dal

»43o (2), a difesa della sua capitale e della Terra ferma,

pel commercio col Levante,

istituite le provvidissime disci-

pline delle contumacie e de’ lazzeretti: il veneto Governo,

che il Muratori (3) intitolò maestro dì tutti nel tener lungi

la peste, non tralasciò totalmente, nel iG3(* all’arrivo delle

sospette persone dell’ Ambasciata Cesarea, di praticare i con-

sueti ordinamenti di pubblica preservazione. Il nostro Cecillci

(1) Hislorin «iella Kep, Veneta in 4.° — Venezia, i663. pag. 43^

(2 ) Manoscrlllo citato del Folio.

(3) Delia Peste - Modenq, 1722,pag. M-

7

Follo ci ricorda inlatti nella mentovata descrizione die, per

comandamento del Senato, 1’ Amliasclalore e con esso P in-

tiero di Ini corteggio, dopo una navigazione e 1 tragitti piìi

diligentemente sorvegliati ad impedirne ogni rapporto di con-

tatto colla città, fu sliarcato nell’ isola di S. Clemente di

lungo tratto disgiunta da (pielle intorno a liialto sulle quali

si erge Venezia* e (juivi gli lii assegnata e stanza e custodia

lino al prescritto termine della cjuarantena. E con altre ac-

concle provvidenze frajiponeansl dal Senato, col mezzo dei

suoi Eappresentanli, i più validi ostacoli alle altre strade di

invasione del contagio, le quali frequentlssinie si aprivano

per l’ampio semirercliio delle comunicazioni de’ sudditi della

Terra ferma colle soldatesche infette del Mantovano. scop-

piata e difusa una volta la peste in Venezia testifica l’A.

del manoscritto a quella inclita dominante la lode di aver

adoperato le più adattate prescrizioni a porre un ultimo fre-

no al corso micidiale e rapidissimo del contagio in quella

città, che per 1’ angustia delle abitazioni c delle vie e la fre-

(jnenza degli abitanti fu poi sempre troppo acconciamente

disposta a promoverlo, c ricorda le cure de' Governanti per

(llstruggere totalmente 1) seme contagioso in snl finire della

epidemia, e per soccorrere largamente gl’ Infelici cittadini

d’ ogni classe travagliati dalla comune sventura. FI medesimo

nostro Fananese Protomedico di Venezia non tace infine

delle speciali disposizioni date dal Senato alla custodia del-

1’ isola di S. Clemente dov’ erano confinate le [)ersone e le

masserizie aggravate dal sospetto di infezione; al quale sco-

po ei ci informa che ne’ (piatirò angoli dell isola colloca-

ronsi altrettante scolte di guardiani che .sorvegliare doveano,

pel rlchlestu Intervallo, ed inibire colla forza delle armi qual-

8

siasi vicendevole relazione tra i cittadini ed i novelli ospiti

dell’ isola.

Ma le esperienze assai lagrimevoli di più secoli e di lui-

li i luoghìj relativamente all’ insidiosissimo e prepotente pro-

cedere del contagio bubonico, laddove esso tende ad invadere

novelle regioni ed a propagarvisi, ammaestrarono già gli stu-

diosi delle dottrine medico-politiche ed i culti Reggitori delle

nazioni, che a tener fronte a quel nemico della salute e del-

la vita umana occorrono i mezzi più poderosi soprattutto di

isolamento e dì dislnfezione delle suppellettili e degli individui

infermi o sospetti^ e vuoisi che nella amministrazione di tali

mezzi, scelti oppoi tuuaniente giusta la varia natura de’ luo-

ghi e delle differenti politiche situazioni, non si reputino giam-

mai soverchie, nè la più scrupolosa oculatezza nel sorvegliar-

ne la necessità e l’ impiego, nè il più fermo ed efficace pro^

ponìmento ed esattezza nell’ adoperarli, nè la più costante

perseveranza nella loro applicazione. Intorno a che tornaro-

no di più guise non bastevoli all’ uopo le cure de’ veneti\

Moderatori della cosa pubblica all’epoca anzidetla del i63o,

allorquando la capitale era minacciata di pestilenza^

sicché

il morbo vinse gli ostacoli e fu apportatore di strage me-

moranda.

Il nostro autorevole testimonio di veduta ne racconta che,

già sequestrati nella prefata isola il pacifico Ambasciatore e

la di lui comitiva, tolleravasi non di meno incautamente che

un falegname insieme ad un piccolo suo figlio colà si recas-«

se per dar compimento agli edlGzìi di guardia, e ciò pur

anche dopo che, trascorsi due giorni dall’ arrivo dell’ inviato

cesareo, crasi questi dichiarato infermo di febbre ardente con

piccoli tumori di bubonica apparenza. E qui avvenne che il

protomedico d’ allora Glo. Battista Follo, 7Ào di Cecllio in

(jjicl tempo suo giovane allievo, visitò per ordine del Senato

il nobile infermo, e non senza praticare severamente le pre-

scritte e volute regole sanitarie. In conseguenza di che non

tardò il Folio seniore a riferire ai supremi Reggitori, die il

morbo dell’ inviato era veramente pestilenziale5

e di tale suo

giudizio che dovea valere, a mlgllaja, le vite de’ cittadini, la-

sciò un autografo documento negli archivi! del Senato, col

proporre in pari tempo nel medesimo [liù severe norme di

preservativo isolamento. E la diagnosi dal Folio dichiarala

ebbe, pur troppo, confcrmamenlo dall’ esito della malattia,

atteso che spiegaronsi rapidamente nell’ammalato, unitamente

all’esantema carbuncolare, gli altri sintomi pestilenziali, e

seguìane la morte in sesta giornata di malattia^ e lo stesso

malore attaccò in breve e léce sue vittime cinque servi tra

gli individui della scarsa comitiva. Malgrado i quali eventi

non si interruppero, come do\easi,

le perigliose comunica-

zioni con quel primo acccndimcnio di contagiosa invasione^

e il falegnarne, col vispo fanciullo, tuttavia recavasi quotidia-

namente all’ isola funesta e mal guardata : lo che tornò ben

presto a ruina del figlio e de’ congiunti più prossimi ed in-

fine, siccome addiviene nel propagarsi di un incendio giusta

la ragione de’ contatti successivi, a ruina infine degli abitanti

d’ ogni angolo della stupenda capitale. Cosi il figlio dell’ in-

cauto o]ìerajo fu il [)rimo a soccombere di febbre esantema-

tica con antraci nella quinta giornata di malattia; indi dallo

stesso morbo in due giorni fii rapita una donzella domicilia-

ta dappresso al primo infermo: e tosto dopo un robusto

barcaruolo, stretto con vincoli di parentela colla famiglia per

la prima attaccata, trapiantò la pestilenza in casa proj)rla

IO

posta in altro quartiere della città^

quivi cessando di vivere’

in sei giorni di decubito col sintomi prenotati, unitamente

alla propria madre in pari tempo e dello stesso morbo am-»

malatasì, la quale per altro si scoprì dipoi avere acquista tq

di soppiatto, da inonesti traficanll parecchi pnnnìlini trafugali

dalla malaugurata isola sede dell’ ambasciata. E guari per ul-

timo non andò che la mortifera lue pestilenziale, furtivamente

e celeremente serpeggiando, attaccò l’intero abitato delle

isole clrcomposte a Rialto, talché nell’ intervallo di meno di

un mese, cioè sulla metà di agosto, la po[)olosa, splendidis-

sima e sollazzevole Venezia fu trasformata in un amplissimo,

squallido e lugubre ricovero di infermi, di moribondi e di

cadaveri. La quale disavventura che indi immerse la città, per

più mesi, nel lutto,

si vide vieppiù chiaramente arrecata

dagli individui mal custoditi nell’ isola predetta di S. Clemente,

siccome Io attesta il nostro Mss., atteso che giusta le rela-

zioni a stampa dì quella pestilenza, e massime quella dei

medico contemporaneo vicentino Imperiali (3), la Terra ferma

più prossima alla capitale e circostante alle lagune che^ più

1 . .

tardi travagliata dallo stesso morbo pei contatti avuti colle

armate del Mantovano, mauteneasene tuttavia immune allor-

quando esso era in Venezia scoppiato e diffuso. E posterior-

mente avvenne di più che la città di Padova, avente con

Venezia per una parte le più prossime e frequenti comuni-

cazioni, e minacciata nell’ opposto lato dalla peste già domi-

nante in Vicenza ed in Rovigo, seppe, malgrado tuttoclò, pre-

servarsi intieramente dal flagello, mediante 1 saggi ed efficaci

provvedimenti di separazione ordinati dal veneto Rappreseli-

(i) Johan. Imperiali. Peslis anni i63o. — in 4-“ Vicentiae, i63i.

colla più opportuna coopcrazione di cpie'* civici Magi-

strali.

L’ esemplo della salvezza di Padova, se più altri ne fosse-

ro mancati, fu bastevole a provare che Venezia [)nr anche

polca difendersi dal tremendo nemico. E la città sedente in

mezzo alle lacune, e divisa internamente in tante separate se-

zioni (pianti sono 1 numerosissimi,

profondi ed ampli canali

di acipie salse che in ogni senso ne spartiscono i varil cpiar-

IumI e le contrade, vieppiù l’acihiiente polca forse preservar'?!

col tavore della sua mirabile posizione. Nè vuol tacersi la

lode dovuta al proto-medico Glo. Battista Folio che egli tut-

ta, allora, adoperasse a si grande oggetto e la sagaeltà di

esperto conoscitore dell’ arte sua, e lo zelo e la fedeltà di

subalterno magistrato ed è debito della storia il rammentare

per (piali ostacoli f opera del nostro Folio non tornasse sgra-

ziatamente a comune benefizio.

L’ inedita relazione di Cecllio ci fa conoscere che, dojio

le antecedenti notizie e consigli dati, sebbene in vano, intor-

no all’ isola di s. Clemente,

il Protomedico,non desistendo

da’ propril officii,

si recò sulle prime traccie del malore

sco[)pialo in Venerzia, e ne fc’ soggetto dì nuove relazioni e

proposte di altri divlsamenti ayipo il sovrano consesso della

lleyiubblica. Ed a rendere più decisivi ed autorevoli i propali

gludlzli,

ei sollecitava dapprima yiresso al Senato la nomina

di altro medico di senno che,

seco lui portandosi presso i

primi ammalali giacenti in Venezia di pestilenza contralta da

rpielli di s. Clemente, vieppiù autenticasse la verità delle siu^

precedenti rimostranze. ìMa scelto, per mala ventura, un me-

dico nel (piale la perizia non rispondeva alla età ottuagcma-

ria,avNcgnachc ei fosse stato testimonio della yH'stc veneta

ì'2

del secolo antecedente nel i5^6, dichiarò questi nella pro=

pria relazione, deposta indi e conservata negli archivii, gli e-

salitemi ed i tumori degli infermi visitati col Protomedico es-

sere d’ indole sifillitica anziché no,

il perchè non suggeriva

i proporzionati energici provvedimenti che richiedevansi alla

pubblica profilassi. Dilatandosi così il contagio pel conflitto

de’ giudizi! medici e 1’ inerzia de’ supremi Magistrati che si

mossero unicamente, e soltanto in seguito, a far trasportare

gli infermi io un apposito Lazzaretto, il Folio provocava indi

un altro medico consesso di cinque esperti, lui compreso tra

quelli, i quali a’ primi d’ agosto concordemente asserivano

scoppiata la pestilenza in più e più case di una contrada

prossima alla prima attaccata. Ma contro la forza e la seve-

rità degli ordinamenti iu allora proposti dagli esperti Commis-

sarìi prevalsero sfortunatamente le tumultuose dicerie di que’

moltissimi che sofFriano discapito, ne’ particolari loro interes-

si, dalle misure necessarie alla comune preservazione. E fu

allora che in solenne adunanza presso i due supremi ProvvC'

ditori alla sanità, Cornaro è Trivisano, ventilandosi cogli altri

medici e col Folio seniore i più acconcii divisamenti ad arre-

stare la corrente del morbo mal dissimulato, il giovane Geci-

lio che era presente, a quanto ei ne racconta, assistendo al-

lo zio nella compilazione delle scritture, chiesta umilemente

ed ottenuta licenza di proferire ciò che in tale emergente in

lui movea da zelo pel comun bene, e da lampi precoci di

buon senso medico-politico valevole a riconoscere i veri ri-

medii al male universalmente minacciato, non esitò a dichia-

rare che col taglio dei ponti e col blocco intorno alle po-

che e remote contrade infette, all’ uopo di barche ben mu-

nite di armati, potea frenarsi la contagione senza mancare

|)erciò di provvedere alle necessità degli infelici bloccali. I\la

il [)rov veditore Cornaro, non apprezzando il consiglloj lo

tpiallficò di troppo violento e conforme alle inclinazioni di

un giovane che da un padre^ morto alcuni anni innanzi in

guerra a prò della Kcpubblicaj aveane in retaggio l’ animo

militare. Per lo clie^ non arrestato, vieppiù propagassi 1’ in-

cendio pestilenziale, contro al quale non cessarono per altro

i benemeriti sforzi del protomedico Folio seniore. La cieca

o maliziosa incredulità, che impugnava T introdotto e dissemi-

nato contagio, rnollipllcavane così, colla stoltezza, colla men-

zogna e col raggiro, di giorno in giorno le vittime^ e lo

stesso volgo più numeroso de’ medici di Venezia negavane

l’esistenza, quando per consiglio del Follo, nominatasi dal

Senato una nuova medica commissione stretta dal sacro vin-

colo del giuramento a riferire la nuda verità dietro visita

prescritta agli infermi del Lazzaretto, il nuovo medico con-

sesso, unitamente al Folio, attestò, con iscrltture ugualmente

deposte ne’ pubblici archlvll, non esservi dubbio che gli in-

fermi visitati giacessero di vera peste bubonica. Ma tra’ mem-

bri della medica commissione, chiamato allora da Padova

dov’ era da più anui lettore primario e meritissimo di me-

dicina, il celebre Sanlorio, il primo illustratore de’ rapporti

della cutanea traspirazione, questi, al dire del nostro Ceciho

che pur non manca di commendarlo nel manoscritto per l’al-

to e vastissimo suo sapere, fu dissenziente da’ colleglli e dal

Protomedico, talché a malgrado della luce di tanti fatti per-

sistettero ne’ Reggitori le incertezze e gli ondegglamentl, e il

morbo continuò, menando strage, a propagarsi. In seguilo a

che la perseveranza del Follo ne’ primissimi suoi giudizii e

pnqiuslc meontrò ostacoli ugualmente pertinaci ed lusupera-

bili altresi per parte de! popolo de’ medici e della pubblica

interessata malevolenza. Conciossiacbè radunata una medica

rappresentanza di trentasette medici^ collegiatl e non collegia»

ti, tutti sottoposti al giuramento, verso il 20 di agosto quan-

do la lue pestilenziale era già largamente diffusa in Venezia,

tanta fu la discordanza delle sentenze e de’ pensamenti, sic-

ché le adunanze non poterono chiudersi se non a capo di

tre giorni^ e discordi infine altresì, ed alcune fin anche non

senza macchia di spergiuro, furono le scritture de’ singoli

al Senato presentate. E per altra parte il tumulto profano

mosso dalle private cupidigie di coloro che negavano, menti-

tamente, esservi in Venezia la pestileiiza, pervenne al segno

che il Follo fu designato, con clamori e con pubblici infa-

manti cartelli, quale ignorante nemico della pubblica quiete

e della patria libertà, e fu reclamalo il di lui esigilo dalla

capitale, o almeno dall’ officio di medico dello stalo, e mi-

nacciato nella di lui vita con notturne aggressioni. Il quale

violento procedere, specialmente ne’ parlari, potè pur anche

cotanto soli’ animo dei più fra i patrlzli Reggitori,

talché al

loro cospetto il Folio da uno di essi fu ammonito di essere

più guardingo ' nel proferire concetti riguardanti e preglud -

cevoli, sì davviclno, a’ negozli de’ cittadini ed alla libertà del-

la patria che la sovranità intendeva, gelosamente,

a conser-

vare. E intorno a ciò ricorda il manoscritto la riverente ed

ingenua risposta data dal Folio: « A Dio pur piacesse fos-

?> sero ingannevoli i miei delti e fallaci nell’ arte le mie co-

« gnizioni in ciò che tocca la salute o la ruina della patria,

?? e potessero queste mie lagrime non attestare il cordoglio

5? che io mi provo per la imminente inevitabile desolazione

Alle quali parole del Folio soggiunse poi, in sullo sciogliersi

del LOiigresso,

Il bcnaLoie rieli o Foscaiiul,

faiiilliarnicnlo

Ionlorlaiido il prolonicdico : « i Padri vollero essere ingan-

» nati, ma tu non Ingniiuasti

Trascorrendo ora sotto silenzio P esposizione lasciataci

nel manoscritto del miseratido s[)etlacolo della pestilenza che

mieteva a Venezia, in pochi mesi, le vite di oltre a cinquan-

t.imila sani e robusti cittadini, debbo però rammentarvi sulla

ledo del medesimo manoscritto, a commendazione del pro-

tomedico Fananese, le solenni prove eh’ ei diede, in cjuel

pubblico disastro, della Irremovibile ed attiva sua fedeltà al

doveri della sua carica, e della egregia sua perizia nello eser-

citarne il magistero. E di vero, se con turpe e pur troppo

reiterato esempio più e più medici, avvegnaché arricchiti dai

proGlti dell’arte nella doviziosa capitale, si sottrassero in al-

lora colla fuga al pericolo vilemente temuto, e più turpemente

ancora lorse, in faccia al pubblico, negato della infezione,

r onorato Protomedico, costante nel suo proposito, tutto

dedicavasi non meno alle cure gravissime e moltiplici del suo

pubblico ministero, che agli officil pressanti e senza numero

da esso Lui, nobilmente e felicemente, adempiuti di privato

esercente. E se i supremi Reggitori, troppo tardi convinti

de’ primi saggi consigli del medico magistrato,

pur nondi-

meno ebbero lode di sapienti ed umanissimi nel frapporsi

in seguito, efficacemente, all’ultimo eccidio della capitale e

nello adoperarsi con frutto ad antivenire il possibile futuro

ritorno di tanta calamità, ciò fu opera, in gran parte, delle

(.ssei vazioni e de’ suggerimenti dati dal zelante e dotto Pro-

touiedico. Intorno a che non saprelibesi poi dubitare della

veracità attribuibile alla Inedita relazione di tali Iodi, atteso

^\\c le distinte beneincrcnze procuratesi dal Folio in occasIo=

oe della Peste veueta del i63o, testiflcaroDsi solennemente da

quel Senato nel medesimo decreto onorevolissimo, già pubbli*,

calo dal Tiraboschi (i), col quale, alcuni anni dopo, anche

pe’ meriti espressamente dichiarati e luminosi acquistatisi dal-

lo Zio in quella luttuosa circostanza, inalzavasi il Nipote Ce-

cilio, tuttavia assai giovane, al grado di cavaliere di s. Mar-

co. D’ altra parte la relazione inedita di Gecilio compilavasi

cinquanta anni dopo, per sovrano comandamento,

da un

oculare testimonio di probità e lumi lodatissimi, e sulla fede

e in accordo con parecchie altre autografe e contemporanee

testimonianze ugualmente depositale ne’ pubblici archivii,

ed

infine da un successore alla stessa carica del lodato, il quale

non potea eccedere il vero nel commendare V operato dello

zio intorno a fatti di ragione pubblica sotto gli occhi dei

sovrani Reggitori, tanto più che rispetto a’ supremi Gover-

nanti di un mezzo secolo prima avea dovuto rammentarne

nella medesima scrittura i malaccorti procedimenti.

Se non che la lode principale che è dovuta al nostro\

protomedico Gio. Battista Folio vuole tutta desumersi ed

equamente misurarsi da’ sapienti e generosi sforzi che da lui

si fecero, nel suo subalterno ministero, ad allontanare da

Venezia quell’ immane sventura, e dal probabile salvamento

della capitale dell’ Adriatico dove, a fronte della minacciata

e non per anche avvenuta calamità, si fosse ascoltata la di

lui voce, e se ne fossero apprezzati, come doveasi, i divisa-

menti ed i consigli. La importanza de’ quali è ben facile di

rilevare al solo riflettere, che il ferocissimo ed insidioso con-

tagio bubonico è pur frenabile da’ provvedimenti umani, e che

(l) Opera e voi. sopraccitato.

^7

r Inclita Venezia meglio non poteva, nel iG3o, evitarne le

stragi che coll’ addottare (juelll appunto che proponevansi

dal Folio.

Del rimanente il profilto scientifico e gli assiomi di pra-

tica utilità che rinchludonsi in seno agli argomenti di una

commendazione piìi compiuta dell’ operato dal Follo nella

peste veneta del i63o, non possono, in tutto il loro com-

plesso, ricavarsi se non se dallo studio e cognizione {)lù am-

pia e profonda, non esauribile al certo in breve ragionare,

che può attingersi soltanto dalla storia non meno dell’ accen-

nato avvenimento, che da fatti consimili e rimarchevoli in

buon numero nelle vicende de’ differenti stali, sì de’ tempi

antichi che de’ moderni. Piacciavi nondimeno,

ornatissimi

candidati, di ricordar meco, in relazione al poco che vi ho

esj:)Osto, di quanto giovamento e primaria necessità torni al

medico quella compiuta analisi patologica che contemplando,

con somma diligenza e indipendentemente da pensamenti

prcconccpitl, tutti gli elementi osservabili intorno a’ morbi, le

loro cause, 1 loro sintomi ed 1 loro esiti, e tutte le attinenze

di codesti clementi tra loro, procura al medico il consegui-

mento del |irlmo ed importantissimo scopo della scienza ed

arte sua, la diagnosi cioè od il conoscimento che all’uomo

è dato di raggiungere della vera natura ed essenza de’ morbi,

de’ quali il medico è chiamato a recar giudizio e ad intra-

prendere la cura. E di quanto momento sia la diagnosi in

genere nel trattamento de’ singoli morbi, lo scorge ogni me-

<llco che desideri la più sicura, sollecita e gioconda guarlgio»

Jie de’ suol infermi:, ma la diagnostica in fatto di malattie

contagiose è di tanto più alta importanza e necessità, di quan-

to è prelerihile la prosperità comune all’ individuale benefizio,

€ cii quanto sono indi superiori ai privati quei doveri e quei

rapporti del medico, massime se rivestito di speciale missione

presso i Governanti, i quali lo stringono inverso la grande

universalità de’ membri dello stato. Lo che se sia o nò di

gravi conseguenze videsi ne’ destini di Venezia sotto la mì-

giaccia della Peste bubonica or sono circa due secoli, e viep-

più chiarivasi dal contrario giudicare e procedere, per una

parte del Protomedico Faoanese Folio, e per l’ altra dell’ il-

lustre Santorio e di una schiera medica incuba e spregevole

per malvagità. Ma i procedimenti e il contegno del Folio

sonovi altresì un nobile esemplare di quelle doti dell’ animo,

dal cumulo ed accordo delle quali formasi il compimento

all’ idea del vero e perfetto medico. Quella attività che in-

sofferente di indugii si è sempre volonterosa a soccorrere i

.simili anche in faccia a’ proprii sacrificii*,

quella perseveran-

za che supera ogni ostacolo, e non va soggetta a stanchez-

za^ quello zelo disinteressato che rende preffrihile al proprio

l’altrui e massime il comune beneficio* quella prudenza che\

a suo tempo dissimula gli abbagli de’ colleghi dove il pale-

sarli non torni più sacro dovere, e che è moderatrice del

medico sì privato esercente che pubblico magistrato onde

non trascorra oltre i limiti de’ suoi officii^

quella modestia,

congiunta a riverenza sì de’ Superiori che de’ Colleglli, che

senz’ ombra dì vile adulazione accompagnasi ad una affabilità

non artificiale e al decoro di tutto l’abito esteriore^ quella

religione intemerata senza della quale non bavvi vera sapien-

za .* tutti questi pregi che uniti al sapere valgono al Medico

F acquisto della comuiie estimazione e beiievolenza, mossero

su tutti i grandi coltivatori della scienza e dell’ arte d’ Ippo-

-prale e ai pur anche nel nostro Follo, non che da felice

lai^^no di natura e di educazione, mossero, o giovani orna-

tissimi, quali fi ulti acquisiti coll’ amore e col culto della sa-

pienza, e [)erciò non sono essi superiori a’ vostri sforzi per

procurarvene il tesoro e 1’ ornamento. Nella pratica carriera

di Gio. Battista Folio non vogliate infine omettere di osser-

vare l)(Mi adempiuto, e di applicare di poi a voi stessi I’ ammo-

nimento di Seneca : zz: Non nohis solimi paranda sed fruenda

sapientia est.

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