Diritto Privato Comparato

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DIRITTO PRIVATO COMPATO (Appunti) Il diritto comparato è un metodo che ci consente di confrontare sistemi giuridici diversi e ci da una bussola per muoverci all’interno di questi sistemi. Per far ciò il giurista comparatista deve avere degli strumenti, che sono 3: 1- conoscenza dei sistemi giuridici 2- conoscenza linguistica 3- conoscenza storica Al contrario del diritto internazionale privato o diritto straniero, il diritto privato comparato non è volto ad insegnare una soluzione di conflitto di norme, ma è un modo di ragionare diverso. Non cerca soluzioni, ma compara norme giuridiche appartenenti a sistemi giuridici diversi. Il giurista comparatista: è colui che studia e confronta le interpretazioni date dagli studiosi di ciascun ordinamento senza darne valutazioni proprie; di fronte al giurista comparatista si pongono però diversi problemi: - FORMANTI ALL’INTERNO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO. I formanti sono di tre specie: 1. legislativo = norme dettate dalla legge 2. giurisprudenziali = norme dettate dai giudici 3. dottrinali = norme dettate dai giuristi Il problema del giurista comparatista è cercare quale sia il formante prevalente nei vari ordinamenti e compararli tra loro. -FORMANTI NON ENUNCIATI, NON VERBALIZZATI. Ad esempio la presenza nei modelli occidentali dell'eurocentrismo, del considerare altri ordinamenti. Questo tipo di formante è chiamato criptotipo, cioè regole esistenti nella società che non sono espresse. - LA LINGUA. La lingua è un altro problema che si pone di fronte al giurista comparatista, in quanto comparando ordinamenti diversi troviamo il problema della traduzione dei diversi termini e del suo significato. Appunto per questo è nata la “scienza della traduttologia” che cerca di dare risposte ai problemi della traduzione (ad es. la parola “contract” francese ha un significato diverso rispetto al contract inglese). Il problema della lingua è da ravvisarsi anche nella struttura linguistica ( quella italiana è molto complessa ). Bisogna sottolineare

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DIRITTO PRIVATO COMPATO (Appunti)

Il diritto comparato è un metodo che ci consente di confrontare sistemi giuridici diversi e ci da una bussola per muoverci all’interno di questi sistemi. Per far ciò il giurista comparatista deve avere degli strumenti, che sono 3:1- conoscenza dei sistemi giuridici2- conoscenza linguistica3- conoscenza storica

Al contrario del diritto internazionale privato o diritto straniero, il diritto privato comparato non è volto ad insegnare una soluzione di conflitto di norme, ma è un modo di ragionare diverso. Non cerca soluzioni, ma compara norme giuridiche appartenenti a sistemi giuridici diversi. Il giurista comparatista: è colui che studia e confronta le interpretazioni date dagli studiosi di ciascun ordinamento senza darne valutazioni proprie; di fronte al giurista comparatista si pongono però diversi problemi:

- FORMANTI ALL’INTERNO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO. I formanti sono di tre specie:1. legislativo = norme dettate dalla legge2. giurisprudenziali = norme dettate dai giudici3. dottrinali = norme dettate dai giuristiIl problema del giurista comparatista è cercare quale sia il formante prevalente nei vari ordinamenti e compararli tra loro.

-FORMANTI NON ENUNCIATI, NON VERBALIZZATI. Ad esempio la presenza nei modelli occidentali dell'eurocentrismo, del considerare altri ordinamenti. Questo tipo di formante è chiamato criptotipo, cioè regole esistenti nella società che non sono espresse.

- LA LINGUA. La lingua è un altro problema che si pone di fronte al giurista comparatista, in quanto comparando ordinamenti diversi troviamo il problema della traduzione dei diversi termini e del suo significato.Appunto per questo è nata la “scienza della traduttologia” che cerca di dare risposte ai problemi della traduzione (ad es. la parola “contract” francese ha un significato diverso rispetto al contract inglese).Il problema della lingua è da ravvisarsi anche nella struttura linguistica ( quella italiana è molto complessa ). Bisogna sottolineare però che vi sono parole e termini che il giurista comparatista non traduce, ma vengono utilizzate nella lingua madre.

LE TECNICHE DELLA COMPARAZIONE.Per svolgere il suo lavoro il comparatista usa delle tecniche, proprio perché la comparazione può essere fatta su due livelli:

1- MACROCOMPARAZIONE = è la comparazione fra idee fondamentali che stanno alla base dei sistemi giuridici. Dove per SISTEMA si intende un complesso di norme che regolano i rapporti di una determinata comunità ( si utilizza il termine “comunità” al posto di “Stato” perché come ad es. gli Stati Uniti sono formati da stati federali aventi ciascuno proprie leggi ).

2-MICRCOMPARAZIONE = è la comparazione tra i singoli istituti nei vari ordinamenti ( ad es. il contratto ).

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LA FAMIGLIA.Il giurista comparato raggruppa gli ordinamenti in famiglie; esattamente in quattro famiglie, secondo la somiglianza, l’originalità e la derivazione.

1. FAMIGLIA DI RENé DAVID ( ANNI ’60 ): egli nella sua opera “I grandi sistemi giuridici contemporanei” individua 3 grandi famiglie più una residuale. 1) romano-germanica2)common law3)socialistaLa “quarta” famiglia residuale invece riguarda tutti i sistemi misti ( islamici, induisti ).

Analizzando la prima famiglia, essa è caratterizzata dall’influenza del diritto romano, ed inoltre dall’importante ruolo della dottrina e dall’idea che il diritto sia un modello di organizzazione sociale. Gli ordinamenti facenti parte di questa famiglia sono quelli “codificati”, ossia gli ordinamenti CIVIL LAW ( la legge è fonte del diritto ). La seconda famiglia, invece, è caratterizzata dall’impermeabilità del diritto romano, perché il giurista formatosi negli ordinamenti COMMON LAW non ha studiato il diritto romano, ma si è formato con la pratica del diritto. Il common law si caratterizza anche dall’importanza dei giudici all’interno dell’ordinamento giuridico ed inoltre dall’idea del diritto pubblico, prevalente rispetto a quello privato. Questa famiglia comprende gli ordinamenti delle colonie inglesi, India, Inghilterra, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia e molti paesi africani. La terza famiglia comincia ad esistere quando prende il potere Lenin, che determina ad esempio la statalizzazione dei mezzi di produzione industriale. Questo modello riguarda l’Unione Sovietica, Cina, Vietnam.La “quarta” famiglia residuale invece è molto criticata perché ritenuta troppo egocentrica e si inserisce anche il diritto sud americano.

2. FAMIGLIA DEI TRE GIURISTI – ARMINJON, NOLDE, WOLFF – ( ANNI ’50 ):Questi tre giuristi hanno proposto nel loro trattato “ Droit comparèe” un raggruppamento di famiglie non solo per la loro somiglianza ma anche per la loro derivazione. Essi individuano 7 famiglie:1) francese 2) germanica3) scandinava

4) inglese5) russa6) islamica7) induista

La famiglia francese viene richiamata per l’importanza del Code Civil ( voluto da Napoleone ). Questo codice infatti ha rivestito un’importanza non solo in Francia ma in molti paesi, anche distanti territorialmente come ad esempio l’America. Nella seconda famiglia si ricomprendono esperienze diverse: tedesche, austriache e svizzere. Sono molto importanti perché hanno coinvolto diversi Paesi come ad esempio i Paesi Balcanici e i Paesi dell’Est.La famiglia scandinava invece è caratterizzata da proprie codificazioni, è una famiglia a sé stante.La quarta famiglia è anch’essa a sé stante perché caratterizzata da un diritto giurisprudenziale.La famiglia russa è caratterizzata dall’importanza che il governo attribuisce all’economia. La famiglia islamica è caratterizzata e fondata da antiche tradizioni religiose e culturali.L’ultima famiglia, induista, presenta le caratteristiche della famiglia islamica.

3. FAMIGLIA DI ZWEIGERT E KOTZ: Questa teoria offerta dai due tedeschi Zweigert e Kotz è esposta

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nella loro opera intitolata “Introduzione al diritto comparato”, dove propongono una classificazione improntata sul sistema giuridico di ciascun ordinamento.

Individuano 8 famiglie:1) germanica2) romanistica3) scandinava4) common law5) socialista6) estremo oriente7) islamica8) induistaK. Zweigert e H. Kötz propongono quale criterio distintivo delle varie famiglie giuridiche l’idea di stile. Lo stile è un termine convenzionale che racchiude elementi già considerati in varia misura da altri studiosi.Tali elementi ( o fattori ) sono 5: 1- origine ed evoluzione storica 2- conformazione del pensiero dei giuristi3- istituti più caratterizzanti di ciascun sistema 4- fonti di diritto e dalla loro interpretazione 5- fattori ideologi

1. Il primo fattore è il più importante. Per rappresentare questo fattore i due giuristi tedeschi pongono in confronto Francia e Germania. 2. Il secondo fattore riguarda la differenza che troviamo nel giurista del civil law e il giurista di common law.3. Nel terzo fattore si richiamano le differenze degli istituti che sono presenti in alcuni istituti ed estranei ad altri.4. Fonti del diritto e metodi per la loro interpretazione: nelle varie famiglie giuridiche il rapporto tra le fonti varia e diverse sono le regole di interpretazione.L’esempio classico è quello del diverso valore del diritto giurisprudenziale delle famiglie di common law e di civil law.5. Ideologia: intesa come dottrina politico-economica, oppure come credenza religiosa incidente sul diritto.Tutti questi fattori oggi sono piuttosto superati, in quanto la distinzione di civil law e common law è più teorica che pratica.

4. FAMIGLIA DI UGO MATTEI ( italiano ): Mattei nel suo Saggio “Verso una ripartizione non eurocentrica dei sistemi giuridici” analizza e critica le problematiche che raffiguravano le altre classificazioni. La classificazione di Mattei è rappresentata con un triangolo: D D = diritto

P = politica T = tradizione

T P

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Famiglia caratterizzata dall’egemonia del diritto come modello di organizzazione sociale (Rule of Professional Law).E’ la tradizione giuridica occidentale ad essere caratterizzata dall’egemonia professionale, dalla separazione tra diritto e politica, dalla secolarizzazione del diritto cioè dall’autonomia tra diritto e tradizione religiosa o filosofica.In questo quadro la classica dicotomia common law – civil law sfuma e si pone piuttosto come sottodistinzione all’interno di una famiglia dotata di un notevole tasso di omogeneità.Famiglia caratterizzata dall’egemonia della politica come modello di organizzazione sociale (Rule of Political Law).La famiglia contiene tutti i sistemi in cui non vi è stata separazione tra diritto e politica, quindi soprattutto i sistemi socialisti dell’Unione Sovietica e dei Paesi dell’Europa orientale durante il XX secolo. Oggi tale indirizzo è presente in alcuni Paesi ex-socialisti della stessa Europa orientale, in molti Paesi in via disviluppo africani, asiatici e latino-americani, dove il diritto è funzionalizzato al raggiungimento di obiettivi prefissati.Famiglia caratterizzata dall’egemonia della tradizione religiosa o filosofica come modello di organizzazione sociale (Rule of Tradition).Qui invece non c’è stata separazione tra diritto e tradizione religiosa o filosofica.Si tratta di sistemi che pur diversi tra di loro sono accomunati dall’egemonia della tradizione, dalla prevalenza del principio gerarchico su quello democratico, dall’enfasi sui doveri piuttosto che sui diritti. Comprende i Paesi musulmani, i Paesi indù, i Paesi dell’estremo Oriente a tradizione confuciana, buddista otaoista come Cina, India e Giappone.L’aspetto interessante e innovativo della classificazione, è dato dal suo carattere dinamico: ciò vuol dire che un ordinamento può muoversi lungo i lati di un ipotetico triangolo i cui vertici sono segnati da Diritto, Tradizione e Politica, a seconda che l’evoluzione politica, economica e sociale lo allontani da una famiglia e lo avvicini ad un’altra, secondo cioè l’evoluzione di ciascun ordinamento.

INNOVAZIONE DELLA CLASSIFICAZIONE DI MATTEI: egli attribuisce evoluzione agli ordinamenti e pone gli istituti di civil law e common law nella stessa famiglia; questo significa che i due ordinamenti stanno convergendo ( anche se ovviamente non sono uguali ).

EVOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO ( italiano ): le forme giuridiche più complesse che oggi conosciamo sono derivate da forme giuridiche elementari. Infatti anche il diritto italiano tra il 1865 e il 1930 era un “diritto derivato” dal modello francese. Successivamente però, dal 1900, i giuristi italiani sono stati attirati dalla scuola pandettistica tedesca, non solo per il loro pensiero ma anche per il linguaggio e lo stile giuridico tedesco. Ed è proprio grazie a quest’influenza che noi oggi conosciamo i termini “negozio giuridico” e “fattispecie”. I fattori che sicuramente hanno contribuito all’evoluzione del nostro diritto sono da ravvisarsi :- motivi economici, politici e sociali ( come ad es. l’affermarsi dei valori etici nel nostro Paese, o in altri Paesi i valori religiosi ). Tutti valori che hanno determinato, sotto il profilo giuridico, un’innovazione.- altro fattore è la diffusione culturale: verso confini geografici diversi dall’area in cui appartenevano; grazie infatti a questo il diritto di una determinata area poteva mutare per recezione di diffusione di un modello esterno. Ci possono però essere delle diffusioni chiamate “imitazioni”, che avvengono per due ragioni:1) per il prestigio che rappresenta il modello originale;2) modello imitato che cerca di diffondere il proprio modello culturale e il proprio potere ( come sicuramente il Code Civil di Napoleone, lui stesso voleva che si diffondesse il più possibile ).Al di là di un’imitazione possiamo anche parlare di una uniformazione ( in determinate aree si sta cercando di uniformare il diritto ).

CONVERGENZA DELL’ORDINAMENTO DI COMMON LAW E CIVIL LAW.

Common law : con questo termine ci riferiamo alla tradizione che raggruppa al suo interno le esperienze che hanno le loro origini nel diritto inglese; si tratta evidentemente della tradizione

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giuridica anglosassone, che accomuna con le varie differenze preesistenti : Inghilterra, Canada ( ad esclusione del Quebec ), Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda.

Civil law : raggruppa esperienze nate all’epoca medioevale dell’Europa continentale; questa tradizione appare meno egemone rispetto a quella di common law, in quanto all’interno del civil law troviamo diverse famiglie ( nordiche, latino-americane, ecc..)

LA METAFORA DELL’ALBERO.Generalmente queste due tradizioni vengono rappresentate con una metafora: l’ALBERO.La tradizione del common law rappresentata in un albero, vede nel tronco il diritto sviluppatosi in Inghilterra dell’epoca di Guglielmo I “ Il Conquistatore” del 1066. Questo diritto inglese era appunto il diritto delle Corti istituite dai conquistatori per controllare il territorio.Mentre nel civil law, la metafora dell’albero vede nel tronco il diritto romano.N.B.: attualmente da molti giuristi questa distinzione- civil law e common law- sembra ridicola, perché non è possibile ritenere nell’ordinamento civil law la legge come unica fonte di diritto. Quest’ultima infatti non può essere l’unica fonte di diritto poiché oggi ha un forte ruolo la giurisprudenza nella creazione delle stesse norme giuridiche. Viceversa, anche nel sistema common law, durante il XX sec., vi è stata un’evoluzione giuridica che ha prodotto l’emanazione di leggi dal Parlamento e non dai giudici. Per quanto concerne questi due ordinamenti non vi sono differenze nel formante giurisprudenziale, soprattutto per il “modus operandi”.Per quanto invece riguarda le fonti di questi due ordinamenti, vi sono sicuramente 2 aspetti da tenere in considerazione: 1- l’avvento del costituzionalismo;2- l’emersione dei sistemi misti.

1. Storicamente abbiamo come punto di riferimento il XX sec., periodo nel quale è venuto meno in molti Paesi una caratteristica ottocentesca, ossia il principio dell’onnipotenza della legge. Legge intesa come unica fonte di legittimazione del diritto nazionale. La supremazia della legge è venuta meno grazie all’adozione di molti Paesi di una costituzione “rigida”, con il quale può essere fatto un controllo di insindacabilità delle leggi.Il tramonto dell’onnipotenza delle leggi in Italia viene segnato con il ruolo fondamentale che ricopre l’Unione Europea ( ruolo di supremazia rispetto agli ordinamenti statali ).

2. Per sistemi misti intendiamo riferirci a quei sistemi che sono frutto di una sovrapposizione di modelli, alla cui origine vi è sicuramente un’imposizione coloniale come per la Scozia, la Louisiana, il Quebec, Cipro e il sud Africa.

La contrapposizione di questi due sistemi si ebbe con la Rivoluzione francese che terminò con la codificazione, che non raggiunse mai la Gran Bretagna e di conseguenza il common law. La visione classica che puntava alla divisione common law- civil law, è derivata da ragioni storiche che ci offrono tutt’oggi delle importanti differenze:

CIVIL LAW: si sviluppò dal diritto romano, dal Corpus Iuris giustinianeo; storicamente è caratterizzato dalla predominazione del diritto scritto: è la legge che detta le regole generali ed astratte che esprimono le soluzioni ritenute generalmente preferibili; ne deriva che dal civil law si ricava un metodo deduttivo, perché le regole generali vengono applicate ai casi concreti. Queste regole generali ovviamente devono essere conosciute da tutti, e questo avviene con la pubblicazione dei provvedimenti legislativi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

COMMON LAW: si sviluppò sulla base di consuetudini, che si fondavano sulla decisione del singolo caso; si distingue dal civil law per l’approccio casistico, in quanto il giudice è vincolato dalla regola del precedente, che non sono altro che le decisioni prese da un altro giudice di rango superiore, e che devono essere applicate dallo stesso giudice che in un secondo momento si trova a risolvere un caso analogo. A questa regola però vi sono delle eccezioni.

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Anche nel common law ci sono delle regole di produzione da parte del Parlamento; queste regole sono gli status, alla quale si sta cercando di dare forza di legge.Il common law quindi prescrive un metodo induttivo, perché si procede dal caso particolare per arrivare al caso generale.

Civil law = nasce da una metamorfosi accademica, metamorfosi di un insegnamento che diviene ordinamento. Nel XI-XII sec. era fortemente avvertito un desiderio di regole comuni che potessero garantire un ordine, tra l’altro sentito in tutta Europa. Rinasce, infatti, la scienza giuridica al fine di garantire l’ordine al progresso. E’ un ambiente però di schiere umane molto ristrette che si muovono in un ambiente dominato dalle fonti. La prima sede in cui si sviluppò lo studio del diritto fu Bologna. Il primo maestro riconosciuto fu Irnerio, dove nel 1088, attorno a lui, si raggrupparono diversi studenti giunti da tutta Europa. Tanti studenti hanno portato alla divisione dell’organizzazione in universitates:

- Citramontani = gli studenti provenienti dall’Italia, soprattutto dal sud delle Alpi.- Ultramontani = gli studenti provenienti dal nord delle Alpi.

I primi raggrupparono 13 naziones europee, ma man mano che gli studenti aumentavano formarono un collegio. Persino i professori erano raggruppati in un “collegio doctorum”.Questo modello di università nato a Bologna, fu poi spostato in altri luoghi come ad es. la Francia. A Bologna si studiavano il diritto in maniera scientifica. Si studiava il diritto romano del Corpus Iuris Civilis, pubblicato da Giustiniano tra il 529 e il 534. Ma perché si studiava il codice giustinianeo?Perché Giustiniano aveva spazzato via tutte le codificazioni precedenti, e perciò il codice risultava l’unico diritto che poteva essere utilizzato. E’ per questo motivo che l’università di Bologna prese in mano il Corpus Iuris Civilis. Quest’ultimo è un testo autorevole, scritto in latino; poteva essere utilizzato per diffondere e per trovare nel suo interno quelle regole che rispondevano a quella necessità di ordine. L’ordine, in particolare, riguardo all’amministrazione.Lo scopo dell’università di Bologna era quello di formare dei giuristi sapienti e non pratici, ed infatti gli studenti terminavano gli studi con una terminando docendi.Il giurista rinasce in Europa come interprete, esattamente interprete dotto. Il suo lavoro infatti, non era quello di trovare soluzioni, poiché queste si trovavano già nel testo autorevole del Corpus. Essi non divennero oratori della parola, ma interpreti. Il Corpus era un testo ricco ed articolato in grado di soddisfare una società ben più articolata di quella medioevale. In esso era racchiuso tutto il diritto civile. Il diritto in Europa nacque quindi come un diritto esaustivo. L’interpretazione del testo di Giustiniano non poteva essere un’interpretazione delle parole, ma doveva essere un lavoro filosofico e sistematico del testo poiché la norma racchiusa nel Corpus poteva divenire operativa solo attraverso l’interpretazione ( il lavoro dei giuristi era improntata sull’interpretazione della norma giuridica per renderla attuale ). Questo fu un lavoro che fecero per primi i glossatori; oltre a questi anche la scuola dei commentatori, nel XIV sec., secolo nel quale la cultura giuridica si era liberata della soggezione alla romanità.La scuola dei commentatori si differenziava dalla scuola dei glossatori, perché i commentatori oltre all’interpretazione, cercavano di spiegare il principio giuridico racchiuso nel testo, detto anche “sensus”.A proposito del diritto romano comune, esso rimase una tradizione culturale transazionale e sostanzialmente unitaria, unitaria sino al sec. XVII. Questo secolo segna la crisi del diritto comune; alla radice di questa crisi possiamo riscontrare alla base l’avvento del giusnaturalismo: infatti a partire dal XVII sec. accanto al diritto comune si affiancò la seconda scolastica e la scuola …Il massimo esponente del giusrazionalismo fu Ugo Grozio, tra l’altro il primo studioso riconosciuto di diritto internazionale moderno. Secondo Grozio il dato di partenza è che l’uomo è portato ad organizzare i propri rapporti sociali, ed è per questa ragione che l’uomo esce dallo stato di natura per entrare nei rapporti civili.Un esempio è quello di Pufendorf. (…)Grazie alla teoria del giusrazionalismo si arrivò alle codificazioni, codificazioni che coincisero con il tramonto dello ius commune e la nascita dell’ideologia della legislazione, esplosa con l’avvento dell’Illuminismo.

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ILLUMINISMO:L’illuminismo riteneva che un meccanismo razionalmente predisposto poteva dominare la vita sociale guidandola verso esiti detti “felici”. Questo nuovo ragionamento poteva avvenire senza il rispetto delle tradizioni, e da questo ne deriva il concetto della tabula rasa. La tabula rasa, rappresentata da un terreno perfettamente disboscato, su cui l’umanità giunta all’età della ragione doveva costruire il suo habitat naturale e sociale disconoscendo qualsiasi valore nel sapere fino ad allora accumulato. Grazie a questi pensieri nacque la “ codificazione francese”, infatti l’avvento dell’Illuminismo è uno dei fattori prodromici all’unificazione del diritto privato.Sotto il profilo giuridico l’Illuminismo predicava la necessità di una riforma; una riforma che eliminasse la molteplicità di leggi che danneggiavano la sicurezza dei diritti. L’illuminismo chiedeva una legge chiara, unica, semplice e uguale per tutti, ed è proprio per questa ragione che doveva essere motivo di espressione della ragione e superiore anche al sovrano.Per questo motivo i principi dell’Illuminismo possono essere riassunti in 3 punti:1) diritto positivo: doveva essere produzione della volontà del legislatore ispirata alla ragione;2) sistema: doveva essere caratterizzato dalla certezza del diritto;3) interpretazione della legge: doveva essere solo dichiarativa, senza aggiungere o togliere nulla alla legge stessa.I rappresentanti di questo movimento in Francia furono 3: Montesquieu, Voltaire e Rousseau.

MONTESQUIEU: secondo lui la legge doveva essere ben scritta, chiara, semplice e precisa nella sue prescrizioni al fine di garantire i diritti individuali. Secondo Montesquieu l’interpretazione del diritto era assolutamente esclusa e il giudice rappresentava semplicemente la “ bocca della legge” e si doveva attenere al testo, alla regola di diritto.

VOLTAIRE: egli non si distaccò molto dall’idea di Montesquieu, ma attaccò, in nome della libertà, i ceti privilegiati, sostenendo la necessità di una giustizia razionale ed universale.

ROUSSEAU: egli a differenza dei due colleghi, ebbe una posizione autonoma; i tre postulati di Rousseau sono: 1- sovranità popolare.2- supremazia del potere legislativo.3- considerazioni della legge come espressione della volontà generale.Rousseau lasciò però al giudice un margine di discrezionalità, perché secondo lui, solo nel caso in cui la legge fosse lacunosa, i giudici potevano interpretarla secondo la ragione e il buon senso.Anche lui sostenne la necessità di una legge chiara, semplice e uguale per tutti.

Prima di arrivare alla codificazione vera e propria dobbiamo tracciare delle linee storiche: infatti la Francia fu da sempre scissa tra nord e sud. Il nord della Francia era rappresentato dai paesi di diritto consuetudinario, mentre il sud dai paesi di diritto scritto. Nel sud della Francia si ebbe una grossa influenza della scuola dei glossatori, ed in seguito anche dei commentatori; grazie a quest’ultimi si iniziò a studiare il diritto romano così come insegnato all’università di Bologna. Il metodo francese però era diverso da quello italico, in quanto quello italico era un metodo esegetico ( mos italicus ), mentre quello francese era un metodo sistematico ( mos gallicus ). Questa divisione tra nord e sud della Francia impedì la formazione di un diritto privato francese. Il superamento di questo stallo si ebbe grazie a diversi fattori:

1 fattore: Illuminismo 2 fattore: concentrazione del potere nelle mani del re; questa concentrazione fu importata perché

determinò il superamento de frazionamento feudale. 3 fattore: la creazione di un’unica giurisdizione regia, dove al vertice fu insediato un unico organo

( il Parlamento di Parigi ). 4 fattore: redazione delle consuetudini per iscritto; infatti grazie a questa redazione si venne a

creare la premessa per la formazione di un diritto consuetudinario francese comune. Si ebbe perciò

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una fusione tra diritto consuetudinario e diritto scritto, senza la quale il codice francese del 1804 non sarebbe potuto essere realizzato.

5 fattore: contributo dato dai giuristi che iniziarono a redare dei commenti alle consuetudini, confrontando le varie consuetudini vigenti e a seguito del confronto ne sottolineavano le differenze cercando di esaltare le affinità, contribuendo in questo modo all’emersione di nuovi principi di diritto comune francese. Tra questi giuristi uno dei più importati fu Doumolent, il quale commentò per primo il libro della consuetudine di Parigi, evidenziandone i principi comuni all’interno della stessa. Erano dei giuristi molto pratici, il ceto comprendeva avvocati, periti ecc..

Dal XIV sec. il Parlamento di Parigi fu composto dai giudici di professione borghesi e non più prelati o nobili. Nel XVII sec. vennero pubblicate alcune opere sulla codificazione: Domat e Phortier. Domat : era filosofo, che scrisse le leggi civili nel loro ordine naturale; poneva in particolare a fondamento della scienza giuridica il diritto divino e l’equità naturale. E’ stato considerato precursore della scuola dei pandettisti e secondo la dottrina più autorevole l’opera di Domat fu la migliore introduzione al codice civile.

Phortier : fu importante perché la sua opera ebbe un’influenza più diretta sul codice. Egli conosceva bene il diritto romano, il diritto canonico e il diritto consuetudinario. La sua influenza nel codice si ebbe grazie a una serie di Trattati sui temi delle obbligazioni, delle ipoteche e delle locazioni, scritti in maniera chiara, ordinata e orientati all’uso e all’esigenza della pratica.

APPROFONDIMENTO SULL’ILLUMINISMO:Così posto l’Illuminismo affidava un potere ai sovrani: il potere di dettare le leggi e quindi a determinare l’assetto dei rapporti sociali basilari, in particolare alla famiglia, alle successioni e alla circolazione dei beni.Dall’ideologia illuministica ne discende un altro fattore prodromico: l’accentramento del potere centrale da parte del potere legislativo e quindi del re. Questo potere legislativo, in Francia, si esplicava mediante l’emanazione di ordinanze ( “ordenance” ). Ordinanze che a partire dal XVII sec. cominciarono ad interessare grandi aree del diritto ( in particolare il diritto privato ), con disposizioni destinate ad essere trasfuse nei testi legislativi. Ad esempio la prima ordinanza del primo trentennio del ‘700 fu quella di D’aguessan. Egli era un cancelliere al servizio di Luigi XV; fu importante per l’apporto che diede alla codificazione del 1804.Altro fattore fu la creazione di un’unica giurisdizione regia a partire dal regno di Filippo Il lungo nel 1316, ove al vertice della giurisdizione fu insediato un unico organo: il Parlamento di Parigi che controllava tutta la Francia del nord, ad eccezione della Bretagna e della Normandia.Successivamente furono creati anche otto parlamenti per controllare tutto il territorio.A questo fattore deve aggiungersi la concentrazione del potere nella mani del re. Gli altri due fattori invece sono: il contributo dei giuristi e la redazione delle consuetudini ( “coutumes” ).La creazione delle consuetudini per iscritto venne a creare un diritto consuetudinario comune e di conseguenza fu la premessa per la fusione del diritto scritto e il diritto consuetudinario.Il problema che si riscontra prima di questa fusione, è che il diritto consuetudinario veniva tramandato oralmente dovendo ricorrere ad una procedura particolare chiamata “ enquete par turbe”.Questa situazione venne risolta grazie a Carlo VII nel 1454; Carlo VII emanò un’ordinanza chiamata “montils lez tours”, attraverso la quale decretò che le consuetudini fossero redatte per iscritto. Il procedimento della redazione delle consuetudini per iscritto fu macchinoso e lungo, compreso di diverse commissioni, esperti e rappresentanti del re. Dopo questa ordinanza il lavoro non fu portato a termine; si rese necessario il lavoro delle consuetudini per iscritto e solo nel XVI sec. si riuscì a codificare le principali consuetudini.Tuttavia la frammentazione all’interno della Francia rimase, tanto è vero che all’alba delle codificazioni erano vigenti 60 consuetudini generali e 300 locali; questo significa che quelle locali potevano prevaricare su quelle generali e soprattutto poteva accadere che una fattispecie presentava momenti di collegamenti tra una pluralità di coutumes.La redazione delle consuetudini per iscritto fu molto importante perché impedì la recezione massiccia del diritto romano ( come invece avvenne in Germania ).Il maggiore contributo all’unificazione lo diede la redazione della consuetudine di Parigi del 1510, basata sulla giurisprudenza del Parlamento di Parigi e venne pubblicata una seconda nel 1580 con un’appendice.

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L’ultimo fattore connesso alla redazione per iscritto fu il contributo dato dai giuristi per l’unificazione; infatti una serie di giuristi pratici cominciarono a redigere commenti alle consuetudini, raffrontando le varie consuetudini francesi e in questo modo sottolinearono le differenze e ne esaltarono le affinità, contribuendo all’emersione di nuovi principi di diritto comune francese.Tra questi giuristi fu importante Doumolent che commentò per primo la consuetudine di Parigi. L’altro giurista, Coquille, anche lui come Doumolent, scrisse sulla prima consuetudine di Parigi e sulla seconda, facendo tra queste una comparazione. Questi sei fattori sono molto importanti, introduttivi alla codificazione e precedenti al diritto rivoluzionario o diritto della rivoluzione.

IL DIRITTO RIVOLUZIONARIO:è detto “droit intermediere” e rappresentò un momento di rottura. Il diritto rivoluzionario si colloca tra il 1789 e il 1799. 1789: anno della prima riunione dell’Assemblea Costituente;1799: anno dell’ascesa al potere di Napoleone.In questo breve periodo si pose in Francia un diritto rivoluzionario; questo diritto in soli 10 anni sovvertì l’Ancieme Regime con il disegno di creare una nuova società illuminata, centrata sull’individuo e sullo Stato; riconoscendo allo Stato il dovere ( o meglio il potere ) di liberare i cittadini dai vincoli posti dalle autorità feudali, ecclesiastiche e familiari. Liberare i cittadini da questi vincoli al fine di concedere eguaglianza a tutti. Furono dunque promulgate molte leggi che smantellarono il vecchio ordine. L’obiettivo principale era quello di dare attuazione ai principi previsti dalla Costituzione del 1791 ( due anni dopo la prima riunione dell’Assemblea Costituente ). L’Assemblea Costituente eliminò per decreto tutti gli ordini feudali, senza alcun indennizzo per li deteneva. In particolare i principi previsti dalla Costituzione del 1791 era 3:1) la supremazia dell’individuo su uno Stato assoggettato alla legge;2) il diritto di proprietà;3) il diritto naturale all’eguaglianza.Grazie a questi principi vennero aboliti anche i rapporti che legavano il re ai nobili, al clero e ai giudici. In seguito furono anche soppressi i diritti legati alla primogenitura e tutti i privilegi connessi all’età e al sesso. Fu modificato anche l’istituto della divisione ereditaria, che secondo i principi dettati dall’Assemblea, doveva essere diviso in maniera uguale sia per gli eredi di sangue sia per le successioni testamentarie ( lo scopo di tutto ciò era quello di frammentare il più possibile la proprietà ). Durante il periodo del diritto intermedio o rivoluzionario vennero aboliti la capacità di testare e di donare e le commissioni fedecommissarie. Nel 1793, si consentì di disporre pienamente solo di una quota del proprio patrimonio e solo a favore di estranei alla famiglia. Questa quota era stabilita in 1/10 se vi erano eredi diretti e 1/6 negli altri casi. Sempre grazie al lavoro dell’Assemblea, nel diritto di famiglia venne abolita la patria potestà, dove nel diritto scritto era esercitata anche nei figli maggiorenni; inoltre l’Assemblea ridimensionò gli ostacoli al diritto canonico, come l’esclusione del consenso dei genitori nel matrimonio. Il matrimonio dall’Assemblea venne considerato un contratto sociale e ne fu consentito lo scioglimento per sette cause e per incompatibilità di umore e carattere.Nel 1794 un decreto liberalizzò il divorzio, permettendo al singolo coniuge di ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale allegando la semplice separazione di fatto superiore ai sei mesi. Tutti questi movimenti furono prodromici alla codificazione. Inizialmente però la codificazione passò attraverso 3 progetti di codici: tre progetti redatti da Cambaceles, un giurista definito molto abile.

1 progetto-1793: progetto formato da 719 articoli e diviso in tre libri nell’ordine di persone, cose, contratti. Questo progetto venne comunque respinto perché ritenuto troppo complesso perché raccoglieva i principi del diritto romano.

2 progetto-1794: sempre diviso in tre libri nell’ordine di persone, cose e contratti, ma conteneva 297 articoli. Questo progetto venne accantonato perché rappresentava un manifesto giacobino.

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3 progetto-1796: seguiva sempre la solita ripartizione di quelli precedenti, ma era costituito da 1104 articoli. Questo progetto venne respinto perché appariva come epilogo della rivoluzione e prologo della reazione.Successivamente tra il 1798-1799, un altro giurista di nome Jacqueminot elaborò un robusto progetto di 900 articoli distribuiti in 9 titoli. Questo progetto era caratterizzato da un forte spirito conservatore e fu molto importante perché la maggior parte delle sue disposizioni vennero trasfuse con mille variazioni lessicali nel codice del 1804. Questi progetti sono molto importanti, perché senza questi non si sarebbe potuto sviluppare in soli quattro anni ( 1800-1804 ) un codice composto da 2281 articoli. Per la stesura definitiva del codice fu molto importante la figura di Napoleone; infatti in questo periodo il potere era assegnato a tre consoli, di cui Napoleone rivestiva la carica di primo console e gli altri due fungevano da consiglieri. I consoli proponevano i progetti di legge al Consiglio di Stato ( era presieduto da un console, generalmente Napoleone) ed era quest’ultimo che elaborava le leggi in maniera definitiva per poi sottoporle al Tribunato. Il Tribunato poteva però solo approvare o respingere la legge, ma mai modificarla. Una volta approvata, veniva sottoposta al Corpo legislativo ma l’ostacolo maggiore rimaneva il Tribunato. Il Corpo legislativo era formato di membri favorevoli a Napoleone, al contrario invece del Tribunato dove vi erano dei soggetti oppositori di Napoleone e fu per questa ragione che il primo progetto fu rigettato dal Tribunato.Veniva nominata una commissione ad hoc per predisporre il progetto; la commissione veniva nominata da Napoleone e inizialmente nominò una commissione composta da quattro membri ( 1800), ossia: Tronchet ( esperto di diritto consuetudinario ), Bigot ( consigliere della Corte di Cassazione ed esperto di diritto romano ), Malville ( giudice della Corte di Cassazione e anch’egli conoscitore di diritto romano), ed infine Portalis ( funzionario, considerato il vero motore della commissione; egli veniva dalla Provenza-regione del sud, quindi dei paesi di diritto scritto ).L’importanza di Portalis sta nel fatto che cercò di conciliare il vecchio e il nuovo diritto, ed egli enunciò questa frase: “ conservate tutto ciò che non è necessario distruggere”.Dopo quattro mesi di lavoro, la commissione elaborò il primo progetto: esso incontrò forti critiche, tanto che Napoleone lo ritirò ( queste critiche non erano rivolte verso il testo, bensì erano critiche politiche rivolte a Napoleone ). Dopo un anno (1801), Napoleone sostituì gli elementi del Tribunato che egli riteneva ostili e diede a questo istituto meno potere: gli diede un potere di esprimere parere e non successivo. Si lavorò per questo progetto per tre anni (1801-1804).Il Code civil venne infatti promulgato nel 1804, attraverso 36 leggi unificate e poi con la legge 36 del 31 marzo 1804. Di questa legge è importante ricordare l’art. 7, che recita “ a partire dal giorno in cui queste leggi entrarono in vigore, le leggi romane, le ordinanze, le consuetudini generali o locali, gli statuti, i regolamenti cesseranno di avere forza di legge generale o particolare nelle materie oggetto delle predette leggi componenti il presente codice”; questo articolo è quindi inteso a voler abrogare tutte le leggi precedenti fonti del diritto, pietra tombale al precedente diritto.Tutti gli storici sono concordi nel ritenere che senza Napoleone il codice non sarebbe stato elaborato così rapidamente; infatti fu molto importante che egli fu presente a 57 sedute su 102 al Consiglio di Stato. A lui si deve in particolare, il ruolo di aver spostato l’attenzione da ruoli cavillari di mero diritto alla vista reale, troncando i discorsi astratti per riportare i codificatori alla dimensione concreta.A lui poi si deve l’utilizzo di termini semplici alla portata di tutti e sintetici: è infatti il linguaggio semplice e sintetico che fa del Code civil un capolavoro stilistico.C’è da aggiungere che Napoleone non partecipava solamente alle sedute del Consiglio di Stato, ma in queste chiedeva continue spiegazioni ai commissari e su alcune materie ( es. diritto di famiglia ) fece pesare tutto il suo potere. Inoltre egli considerava il codice come mezzo di glorificazione del proprio trionfo e anche come strumento per regnare “ instrumentum regni”. Napoleone per questo disse: “ la mia gloria non è di avere vinto quaranta battaglie, ma quello che rimarrà nel mio codice”.

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SISTEMATICA DEL CODE CIVIL

Dall’anno della sua pubblicazione (1804) all’anno 2006, il codice ha avuto una struttura tripartitica in quanto era diviso nell’ordine di persone, cose e obbligazioni, più un Titolo preliminare. Nell’anno 2006 è stata emanata un’ordinanza numero 346, attraverso la quale l’istituto della garanzia è stato estrapolato dal terzo libero in un nuovo libro, il quarto. È anche stato aggiunto un quinto libro dedicato ai territori oltremare francesi.

1 LIBRO ( art. 1-514 ): disciplina le persone ( la capacità giuridica, lo stato civile, il domicilio e l’assenza, diritto di famiglia)

2LIBRO ( art. 515-710 ): disciplina i beni ( mobili ed immobili, la proprietà, i beni reali minori, le servitù prediali ).

3LIBRO ( art. 711-2283 ): fino al marzo del 2006, disciplinava e regolava varie materie, quali l’acquisto della proprietà, le successioni ( testamenti e donazioni ), obbligazioni, contratti, la prescrizione e il possesso. Questo libro però è stato molto criticato perché disciplinava svariati diritti. Il futuro di questo libro è rappresentato dai modi di acquisto della proprietà che non andavano confusi con la disciplina sulla proprietà del secondo libro.

4LIBRO ( art. 2284-2488 ): è stato introdotto nel 2006, ha riscritto la disciplina delle garanzie estrapolandola dal libro terzo.

5LIBRO ( art. 2489-2534 ): è stato introdotto anch’esso nel 2006, e contiene poche norme che disciplinano le disposizioni codicistiche applicabili a Mayotte ( territorio oltremare, situato tra il Madagascar e il Mozambico ).

Titolo preliminare: è importante perché tratta della legge in generale; è rilevante l’art. 1 che dispone l’irretroattività delle leggi. E poi gli artt. 4-5 che disciplinano i poteri del giudice: in particolare l’art. 4 recita “ il giudice che non decide invocando il silenzio o l’oscurità della legge è colpevole del delitto di denegata giustizia” – divieto del non liquet. L’art. 5 invece: “ è vietato effettuare pronunce in via generale o regolamentare” – questo articolo vieta al giudice il potere di interpretare la legge, e in questo il codice francese si distacca dalle correnti illuministiche; secondo l’Illuminismo, infatti, il giudice è la bocca della legge “ bouche de la lois”. Mentre però abbraccia la versione di Rousseau dove in caso di lacune il giudice poteva interpretare la legge. Questo concetto fu ribadito molte volte da Portalis, il quale spiegò che il legislatore e il magistrato dovevano usare due scienze diverse: il legislatore doveva scegliere i principi più idonei a realizzare i beni comuni; il magistrato doveva applicare alla realtà questi principi estendendoli con saggezza e ragionevolezza nei casi di silenzio ( questo significa che Portalis sposò a pieno il pensiero illuministico di Rousseau).Questo è dovuto al fatto che non si tratta di un codice casistico, ma al contrario un codice molto sintetico ( ad es. la disciplina dell’illecito civile è incluso in 5 artt. 1382-1386. Questa sinteticità dà largo spazio alla giurisprudenza e di conseguenza all’interpretazione evolutiva; si può dunque affermare che l’aggiornamento del codice è passato attraverso l’opera dei giudici, infatti il codice nonostante sia stilisticamente perfetto è comunque un codice lacunoso.È rilevante che all’interno di esso si trovano interi istituti di creazione giurisprudenziale, come ad esempio sulla responsabilità oggettiva per fatto altrui e cose proprie, la giurisprudenza ha dettato tutta la disciplina dei rischi da attività industriale e la giurisprudenza francese ha preceduto la direttiva comunitaria. In tema di diritto del lavoro, l’art. 1740 recita semplicemente “ il lavoratore non può legarsi con il datore di lavoro”; tutto il resto della materia è stata creata dalla giurisprudenza. Un istituto di cui si parla molto in Italia, è l’abuso del diritto, è stato elaborato in Francia e poi esportato in tutta Europa applicato in tutti i settori dove si parlava di abusi del diritto.

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C’è un affermazione del giurista Ripert, dove afferma che il diritto francese ha smesso senza accorgersene di essere diritto scritto per diventare common law.

In via generale possiamo sostenere che il codice è fondato su 2 pilastri:

1- la garanzia della libertà personale, intesa come libertà economica, imprenditoriale che si sostanzia nell’ampia autonomia contrattuale riservata ai privati. La garanzia delle libertà personali, l’autonomia contrattuale è concepita come mezzo di trasferimento della proprietà; quindi il contratto è l’istituto che prevede la libertà individuale nel campo economico. Riguardo ai contratti, l’art. 1134 dice: “ i contratti legalmente conclusi hanno forza di legge tra le parti contraenti e possono essere revocati per mutuo consenso e nei casi previsti; inoltre devono essere attuati secondo correttezza”. L’unico limite posto all’autonomia contrattuale è offerto dall’art. 6 delle Preleggi: è un limite che si sostanzia nell’ordine pubblico e nel buon costume.In tema contrattuale, è significativo anche l’art. 1108 che indica le condizioni necessarie alle validità del contratto e sono: -il consenso delle parti; - la capacità delle parti di contrarre; - l’oggetto del contratto; - la causa lecita, non del contratto ma dell’obbligazione. Per questo appunto riguarda la causa del contratto, essa è differente da quella del nostro codice ( art. 1325 c.c. ), perché la causa in questo caso è riferita al contratto e non all’obbligazione come invece accade per il codice civile francese.

2- il diritto di proprietà, con particolare riferimento della proprietà immobiliare; la proprietà è sancita nell’art. 544 del Code, secondo la quale è il diritto di godere e di disporre delle cose nella maniera più assoluta, poiché non se ne faccia un uso proibito dalla legge o dai regolamenti. Il successivo articolo 545 recita: “ nessuno può essere costretto a cedere la sua proprietà se non per una causa di pubblica utilità e con il giusto indennizzo”. Questi articoli qualificano la proprietà come sacra e inviolabile. L’art. 544 è infatti l’art. 832 del nostro codice civile.

È importante sottolineare anche alcuni aspetti del diritto di famiglia, su cui fu importante l’apporto di Napoleone. Il divorzio, in particolare, è disciplinato dagli artt. 299-311 del Code; questi articoli prevedono la possibilità di divorziare per 3 cause:- adulterio;- condanna a pene infamanti;- sevizie o ingiurie gravi.Questo nel caso in cui, ovviamente, non si tratti di divorzio consensuale ( mutuo consenso ), ma del c.d. divorzio giudiziale. Inizialmente non era ammesso il divorzio non prima del secondo anno di matrimonio e non dopo il ventesimo anno, a questo veniva aggiunto il limite di età posto per il marito a venticinque anni e per la moglie ventuno. La matrice del Code civil è senza dubbio l’Illuminismo, con appunto i suoi esponenti: Montesquieu, Voltaire e Rousseau. Per i primi due il giudice doveva applicare la legge senza interpretarla, doveva essere solo “la bocca della legge”, mentre per Rousseau la legge, qualora fosse lacunosa, poteva essere interpretata. Da queste ideologie ne discende che in caso di lacune i giudici potevano intervenire, ma senza proclamazioni vistose, per non dare l’idea di un’interpretazione libera. Questo tipo di interpretazione data dai giudici francese, la ritroviamo nello stile delle sentenze, già all’indomani della promulgazione del Code ( 1804 ) sino ad oggi.La struttura delle sentenze francesi dovrebbe essere una raffigurazione o meglio un’applicazione esemplare dello schema sillogistico; si compone di tre parti, ovvero: la premessa, il fatto e la sintesi, dove all’interno della prima si dovrebbe sempre indicare la norma che si applica alla fattispecie, mentre al fatto dovrebbe seguire la sintesi che sostanzialmente è il dispositivo.

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SENTENZA = PREMESSA – FATTO – SINTESI

Nella realtà, però, non è così perché la sentenza viene riassunta in poche frasi senza seguire questo schema; significa che oggi nelle sentenze francesi viene indicata semplicemente la norma di riferimento senza nessuna spiegazione relativa alla interpretazione elaborata dallo stesso giudice.La conseguenza è che l’interpretazione si può solo desumere dal dispositivo e dunque il c.d. itinerario ermeneutico, utilizzato dal giudice per attribuire alla norma di legge il significato assunto nella decisione, non è mai verbalizzato ( quindi questo significa che esso si può solo desumere ).Anche il fatto storico non viene mai ricalcato dai giudici, ma vengono ripercorsi i fatti che loro considerano rilevanti ai fini della decisione. Riportando solo questi fatti, significa che il lettore della sentenza non può ripercorrere e controllare la sentenza effettuata dal giudice. Un ruolo importante nella giurisprudenza è dato anche dall’organizzazione giudiziale francese: essa è un’organizzazione piramidale con al vertice la Corte di Cassazione. Quest’ultima svolge la stessa funzione nomofilatica della nostra Corte; questo significa che qualora una legge presenti una lacuna, la Corte detta un orientamento che dev’essere rispettato da parte di tutte le corti inferiori: nel caso in cui una corte inferiore non si adegui alla Corte di Cassazione essa “cassa” la corte inferiore.Nonostante le lacune presenti nel codice, esso si presenta chiaro, stringato ed elegante; infatti la formulazione delle norme in maniera stringata è dovuta al fatto che esse non scendono nei particolari, ma gli stessi codificatori hanno escluso il ricorso a norme generali ( ad es. nel Code non è infatti contenuto il principio della buona fede ). L’unica eccezione, di una norma generale presente nel codice, è nell’art. 1382 che sostanzialmente contiene la disciplina della responsabilità extracontrattuale, ed è appunto il principio c.d. neminem laedere. Questo principio deriva dall’esperienza giusnaturalistica, dove Portier nel suo trattato sulle obbligazioni, affermava che la legge naturale prevedeva che ciascun……………Un’altra particolarità del Code risiede nel fatto che esso rappresenta il primo esempio di monolinguismo legislativo: ovvero il code è scritto solo in francese, è frutto del pensiero rivoluzionario in base al principio per cui “ a casa di un popolo libero la lingua dev’essere una e la stessa per tutti”. Grazie all’articolo 7 delle Preleggi, vengono abrogate tutte le leggi precedenti e quindi non era più possibile utilizzare leggi scritte in latino e in dialetti locali.Con l’imposizione di un’unica lingua nazionale ne discende il dovere da parte del cittadino di capire il legislatore, e del legislatore di utilizzare un linguaggio semplice, chiaro e alla portata di tutti. Dall’utilizzo del linguaggio ne deriva un altro problema: il problema delle lacune; gli studiosi dell’epoca dicevano che le lacune erano dovute a causa di movimenti sociali ed economici, sostanzialmente si trattava di mutamenti non prevedibili all’epoca di Napoleone. Questo riferimento storico non è del tutto giusto o errato, perché non è realisticamente possibile il solo pensare di redigere un codice………………… essendo necessarie integrazioni da fonti esterne. Per vedere le lacune nel Code basta prendere i tre pilastri che lo sostengono, ossia: la proprietà, il contratto e la responsabilità civile. Per quanto riguarda la proprietà, la formulazione dell’art. 544 bisogna dire che essa è stata oggetto di attenzioni in riferimento al termine “cose”; ci si è infatti chiesti se questo termine dovesse indicare solo un oggetto corporale oppure qualsiasi oggetto di appartenenza o di titolarità ( comprese quindi anche le cose immateriali ). A questa domanda non fu possibile attribuirle una risposta unica, ma attualmente sembra preferirsi la seconda spiegazione ( cosa= qualsiasi cosa ).Nel contratto, il Code contiene una sequenza di norme: l’artt. 1108-1131-1133. Il 1108 richiama i quattro requisiti essenziali per la validità del contratto che sono appunto: il consenso, la capacità di contrarre, l’oggetto del contratto e la causa lecita dell’obbligazione. Il 1131 ribadisce che “ l’obbligazione senza cause o fondamenta su una causa falsa e illecita non può avere alcun effetto”. Il 1133 recita “ la causa è illecita quando è contraria alla legge, al buon costume, all’ordine pubblico”.Da questi tre articoli ne discende che il contratto è nullo se la causa è illecita; ma il vero rompicapo relativo al contratto riguarda il problema di individuare con precisione le nozioni di buon costume e di ordine pubblico. Sicuramente queste due nozioni possono essere collegate al fattore tempo, quindi diciamo che l’articolo sulla nullità del contratto è un vero rompicapo.Nella pratica è stata la giurisprudenza a dare una spiegazione ai termini buon costume e ordine pubblico.

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In tema di responsabilità civile, nell’art. 1382 viene utilizzato il termine “faute”, che letteralmente tradotto significa “colpa”. Questo termine, tuttavia, non viene spiegato ne in nessuna articolo del Code, ne in alcun’altra disposizione. Anche per l’interpretazione di “colpa” è stata determinante la giurisprudenza. Si può, dunque, affermare che le lacune all’interno del codice sono tante, ma allora bisogna chiedersi come mai esso viene considerato un capolavoro. Probabilmente che il codice sia un capolavoro è una leggenda, perché è il frutto del lavoro svolto dai commentatori del Code; commentatori che si trovarono inizialmente ad operare in un contesto molto particolare, marcato da una forte polemica verso gli studiosi: infatti nel periodo rivoluzionario furono chiuse d’autorità tutte le università e insieme ad esse anche gli ordini professionali. La posizione perciò adottata dai primi commentatori francesi fu una posizione molto prudente, e anziché utilizzare un metodo …, seguirono un metodo interpretativo esegetico, da cui viene……………. Questi commentatori cercarono di riprodurre e rafforzare l’ideologia ufficiale del nuovo ordine, per cui tacquero su tutti i problemi e sulle lacune presenti nel Code. I commentatori proclamarono le fedeltà ai valori simbolici del nuovo ordine: fedeltà alla formulazione letterale del testo e all’unificazione………..infatti partivano dall’idea della indipendenza del testo per non lasciare dubbi circa le loro fedeltà ed una concezione statalistica del diritto.L’equazione = se il diritto coincide con la legge, e la legge è l’espressione della volontà dello Stato ne consegue che l’unico diritto di cui il giurista deve interessarsi è quello che proviene dallo Stato.Quindi i commentatori bandirono…………… … elaborando la propria opinione su ogni problema riferibile al codice; si poterono quindi riscontrare opinioni contrapposte. Addirittura c’è stato chi………………Leggenda creata al fine di accreditare al codice con una qualità inesistente mirata tuttavia a legittimare la loro opera. Un esempio del lavoro di questi giuristi lo possiamo trovare nell’art. 1382, dove il principio della colpa, così inteso, poteva spalancare le porte ad un’area enorme di responsabilità. Il lavoro di questi commentatori fu quello di ricorrere ad una serie di argomenti, al fine di ribaltare il senso della norma e ricondurla al criterio della tipicità. L’opinione fornita da questi commentatori partiva con lo spiegare che l’art. sopra citato si inseriva in un capitolo del codice dedicato ……………………; perciò secondo il ragionamento di questi studiosi, al fine di qualificare un atto illecito, era necessario che fosse proibito da una norma di legge ( come appunto annuncia il nostro principio “ tutto ciò che non è espressamente violato è permesso”).L’art. 1382 appare quindi come una norma secondaria, perché al fine di ascrivere ad un soggetto………….. è necessario che una norma di legge qualifichi come illecita l’attività del soggetto agente. I principi di questa scuola ( scuola esegetica ), furono notevoli e furono anche riconosciuti prima in patria poi all’estero; addirittura già nel XIX sec. le loro opere venivano citate nei fori come testi paralegislativi. Concludendo, si può sostenere che il successo di queste opere è legato alla pratica del diritto perché il codice è ……………..Hanno un ruolo fondamentale la giurisprudenza, la dottrina e le novelle del Code, ovvero i due libri aggiunti al codice ( il quarto e il quinto -2006-).Un ultimo dato da ricordare è che oggi tutta una serie di rapporti giuridici sono disciplinati oltre che dal codice, da altre fonti che sono sostanzialmente testi unici ( ad esempio la proprietà agraria è disciplinata dal codice rurale e i contratti assicurativi……….)I testi unici sono divisi in due parti: una legislativa e una regolamentare; essi sono soggetti a frequenti novelle dovute all’accelerazione imposta dalla società moderna.

La tradizione giuridica occidentale si ramificata in due famiglie, appunto il common law e il civil law. Quando il diritto comparato ha iniziato ad essere studiato in maniera scientifica erano gli inizi del ‘900; gli studiosi hanno messo in risalto le comparazioni tra gli ordinamenti common law e civil law, ma in realtà queste differenze, seppur nette, oramai si riscontrano solo all’interno dei libri, poiché in effetti nella pratica, come ad esempio nei tribunali, esse non sussistono. Le distinzioni più importanti tra il common law e civil law sono:

- Il codice- Il principio del precedente giudiziario vincolante- Università

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Riguardo al codice, esso è lo strumento della famiglia civil law, mentre nel common law non esisteva ( sino a poco tempo fa ) un codice che raccogliesse con in testi unici delle norme proprio perché la sua matrice era la consuetudine. Questa netta distinzione però ora non è più così tanto giustificata: negli Stati Uniti, ad esempio, vi è un codice che disciplina la materia del diritto commerciale.Il principio del precedente giudiziario vincolante, invece, faceva parte del common law perché all’interno del civil law questo principio non risulta essere vincolante, seppur bisogna aggiungere che ad esempio un avvocato per vincere una causa non può andare contro la Corte costituzionale.Per quanto riguarda l’ultima differenza, ora vi è una convergenza anche in questo campo, in quanto nelle università di Oxfort e Cambridge essa ha preso piega nella formazione del giurista; precedentemente, infatti, l’avvocato si formava all’interno della bottega con metodi pratici, al contrario invece del sistema civil law dove la formazione dell’avvocato avveniva e avviene all’interno delle università, con approcci indubbiamente diversi. Nel common law anche il processo è diverso da quello che si svolge nell’ordinamento del civil law: infatti il giudice del civil law è un giudice inquisitore, mentre il giudice common law non dirige il processo; il processo common law è un processo “adverse”, un processo accusatorio. È importante sottolineare, che queste differenze elencate, ora non sono più nette ma bisogna ovviamente non confondere le due famiglie della tradizione giuridica occidentale.

COMMON LAW: la distinzione tra le due famiglie, e quindi l’origine del common law risale al 1066, quando Guglielmo il Conquistatore alla guida di un manipolo di cavalieri ( circa 2000 ), parte dalle coste francesi della Normandia e sbarca in Inghilterra; egli caccia i Sassoni e conquista il Regno, preoccupandosi di ripagare i cavalieri con la terra appena conquistata: divide il territorio in tante parti quanti sono i cavalieri ( sistema feudale ), ed è così che si creò una piramide gerarchica con a capo il sovrano. Il problema di questo sistema feudale è che la piramide comportò delle spinte centrifughe, ovvero una difficoltà del sovrano di governare tutto il territorio. A questo punto Guglielmo creò una forte organizzazione accentrata con il catasto ( registro in cui venivano registrati tutti i procedimenti del regno con i rispettivi proprietari, imposte, tributi – un vero e proprio strumento di controllo ). Oltre il catasto stabilì alcune regole: Guglielmo volevo che i signori che si trovavano gerarchicamente inferiori dovevano rendere conto a lui invece che al sovrano. Egli poi conservò il potere di polizia, attraverso una figura che era quella dello sceriffo ( procuratore de re nelle province ), che aveva una funziona statale e non dei baroni. Anche l’esazione fiscale fu affidata ai religiosi, ai chierici, cioè a coloro che al tempo sapevo scrivere; infine per conservare il potere sulle province decentrate il re mantenne il potere e dovere di giudicare quando fosse messa in pericolo la pace e la giustizia del regno. Questa giustizia avveniva tramite la “Curia regis”; la cosa fondamentale è che il re manteneva sempre la titolarità personale, ovvero in ultima analisi egli poteva gestire lui una controversia. La giustizia del re era una giustizia sussidiaria, cioè egli interveniva quando fosse messa in discussione la pace del regno; era una giustizia neutrale e a pagamento: cioè per ottenere audizione presso le corti regie era necessario pagare una somma di denaro. Guglielmo non faceva venire a Londra tutti coloro che richiedevano giustizia, ma egli viaggiava in tutto il territorio tramite dei giudici suoi collaboratori ( giustizia itineraria ). Quest’ultima era però molto complessa, e allora Guglielmo stabilì che cinque giudici che viaggiavano in tutto il territorio, si stabilirono a Westminster : questi giudici formavano tre corti:

1) la corte di Exchequer, si occupava delle entrate fiscali;

2) la Court of Common pleas, si occupava anche di competenze che non riguardavano controversia di ordine pubblico ed aveva una competenza generale.

3) la terza corte, la più importante, prendeva il nome di King’s Bench e si occupava delle questioni che riguardavano la pace e la giustizia del regno.

Ma in che modo si poteva adire a queste corti? Innanzitutto era necessario procurarsi il c.d. Writ ( tradotto sta a significare “breve”-documento), e bisognava farne richiesta alla Cancelleria del re dietro il pagamento di una somma di denaro. Esisteva per

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ogni tipo di pretesa un Writ diverso; esso conteneva un ordine che era rivolto al signore locale o allo sceriffo locale ( procuratore del re ). Quando l’ordine contenuto nel Writ era indirizzato direttamente allo sceriffo, la procedura giudiziaria era svolta sotto il controllo dei giudiziari regi. Per ottenere giustizia dalle corti di Westminster era necessario procurarsi appunto un Writ ad hoc. I Writs infatti si distinguevano in base al procedimento che potevano dare origine ed erano pertanto di due tipi:

1) quello che serviva per ottenere un rimedio di tipo contrattuale ( ad es. il Writ of Covenant ).

2) il Writ of Trespass, il più importante di questa categoria e serviva per ottenere tutela per l’illecito extracontrattuale.

I primi erano in forma “precipe”, prevedevano un processo con forma arcaica e complessa, invece i writs della seconda categoria avevano forme più leggere e prevedevano l’intervento di una giuria popolare che era visto come strumento di garanzia. Per ogni tipo di pretesa doveva, quindi, essere rilasciato un apposito Writ e perciò già nel 1300 hanno raggiunto il numero di cinquecento. Il problema era di tipo politico, perché riconoscere che ogni tipo di pretesa aveva un Writ diverso significava affermare un diritto alla base; ci furono pertanto degli scontri tra le corti di Westminster con le corti del re, e si arrivò ad un duro scontro che terminò con un compromesso, o meglio un armistizio suddiviso in tre documenti:

1- Magna Carta ( 1215 ) : conteneva i diritti dei signori e dei baroni locali che non potevano essere soppressi dal re. Conteneva una clausola, all’art. 39, che sanciva il principio di legalità. I punti fondamenti infatti della Magna Carta sono i rapporti tra baroni e re messi per iscritto e la clausola 39 che segnava una previsione del principio di legalità, ed anche per questo motivo considerata come una protocostituzione.

2- Provisions prov Oxfort ( 1258 ) : con questo documento venne stabilito che la cancelleria del re non poteva emanare nuovi Writs.

3- Statute of Westminster 2: con questo documento si mitigò la regola della Provision prov Oxfort, infatti veniva affermato “ il congelamento dei writs” ma quelli esistenti potevano essere utilizzati per casi analoghi.

Il Writ of traspass è stato poi utilizzato anche in materia contrattuale; al writ si attribuisce tutela contrattuale sulla base di un ragionamento analogico: Writ of traspass on the case assumpisit. La questione dell’ambivalenza secondo il quale un fatto può dare vita a una questione contrattuale o extracontrattuale avviene anche nel nostro ordinamento. L’inadempimento contrattuale che avesse ad oggetto un “fare” può provocare un problema; l’inadempimento infatti può avvenire per mancanza ( omissione ) o per sbagliato adempimento. Ad esempio: in una compravendita, dietro pagamento di una somma di denaro per l’ottenimento di una casa io non ricevo le chiavi dell’appartamento o la casa non è stata ancora costruita ( omissione ) o le chiavi sono errate ( sbagliato adempimento della compravendita ). Nel common law riceverò solo il risarcimento del danno e non l’esecuzione in forma specifica ( l’ottenimento della casa ), questo perché il risarcimento del danno, insieme all’arresto ecc, erano delle forme delittuali per il common law.Bisogna ricordare che l’origine della tutela contrattuale del common law è un origine di tutela extracontrattuale.

Nonostante l’analogia mitigò la regola delle Provision of Oxfort, la “cristallizzazione” dei writs determinò una chiusura e una rigidità del common law. Questa rigidità comportò che i sudditi cominciarono a rivolgersi al re come accadde all’inizio nella giustizia itinerante. Il popolo tornò a chiedere giustizia al re in persona, ma sulla base della regola dell’equità: è proprio da questo momento che prende vita “l’equity”, che è uno strumento di amministrazione della giustizia parallelo a quello delle corti di Westminster.

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L’equity è un corpo di regole complementari rispetto a quella di common law di origine giurisprudenziale ed è caratterizzato da rimedi processuali estranei al rigore della common law stessa.Materialmente però, la richiesta di giustizia non viene rivolta al re bensì alla cancelleria del re, dove a capo vi era un vescovo che appunto era il custode della coscienza del re. Infatti nella corte di cancelleria, tramite la regola dell’equity, si ottiene giustizia sulla base di un ragionamento di equità morale e cristiana.

SCHEMA:

RE

CURIA REGIS

MAGNUM CONCILIUM CORTI DI WESTMINSTER CORTE DI CANCELLERIA( baroni: futuro parlamento ) ( common law: writs ) ( equity ) -Exquecer -Court of common pleas -King’s bench

La curia regis era infatti composta da tre strutture principali, e il Magnum concilium, composto da baroni, classe dirigente ecc, diventò l’attuale parlamento. Mentre a capo della corte di cancelleria chi è il vescovo, al quale si rivolge il popolo per chiedere giustizia; anche il processo ivi si svolge è diverso da quello delle corti di Westminster, proprio perché i suoi processi erano canonici, non era prevista la giuria popolare, era un processo verbale e addirittura segreto, non vi erano termini processuali, il cancelliere aveva ampi poteri inquisitori a differenza del common law dove il giudice aveva invece un ruolo passivo. Soprattutto i provvedimenti emanati dal cancelliere erano di tipo diverso dalle sentenze emanate dalle corti di Westminster. La corte di cancelleria poteva obbligare a fare o non fare qualcosa, trovava un rimedio in “forma specifica”.Tutte le volte in cui in Inghilterra nasceva una nuova forma di giurisdizione avvenivano crisi politiche, ed infatti con l’instaurazione della corte di cancelleria che assunse ampi poteri essa giunse ad allearsi con il magnum concilio,ovvero il Parlamento. Uno dei rimedi introdotto dall’equity della corte di cancelleria fu il Trust, che tradotto letteralmente significa “fiducia”. Il trust è un negozio unilaterale inter vivos e mortis causa, attraverso il quale un soggetto detto “disponente o settlor” trasferisce la proprietà di uno o più beni ad un altro soggetto. Quest’altro soggetto è denominato “trustee” ( fiduciario ), a vantaggio e nell’interesse di un altro soggetto terzo che è il beneficiario oppure viene trasferito per il perseguimento di un determinato scopo. Il disponente è una persona fisica o giuridica che ha la capacità di disporre di propri beni e attraverso questa capacità dà vita al trust ( momento che conferisce beni in trust ), perde la disponibilità del bene o dei beni stessi però può mantenere determinati poteri ( ad es. la nomina o la revoca del guardiano ). Il trustee invece è colui il quale riceve la proprietà formale del bene o dei beni e si obbliga a gestirli secondo quanto contenuto nell’atto istitutivo del trust. Egli inoltre si occupa a gestirli soprattutto nell’interesse del beneficiario oppure per il perseguimento dello scopo del trust. Può essere trust qualsiasi soggetto capace di agire: una persona fisica o giuridica, ad es. negli Stati Uniti ci sono delle società che nascono apposta per essere trustee. Il disponente e il trustee possono essere la stessa persona e in questo caso si viene a creare una separazione patrimoniale all’interno dello stesso patrimonio del disponente. Il beneficiario è il soggetto nei confronti del quale il trustee può fare ottenere vantaggi economici. Quando parliamo di beneficiario intendiamo una varietà di posizioni giuridiche: questo perché in via generale il beneficiario può essere determinato o determinabile. I beneficiari si distinguono comunemente in coloro che hanno diritti o aspettative sul patrimonio e in questo caso viene chiamato “capitale del fondo in trust”. I beneficiari poi possono essere nominati o revocati dal disponente, anche nel corso del trust stesso.

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Il “trust di scopo” ( ovvero quando non c’è il beneficiario ), è nato per il conseguimento di uno scopo come ad es. negli ordinamenti inglesi sono quegli scopi volti a realizzare interventi a favore della povertà.L’altra figura rilevante è il guardiano: egli è una figura eventuale perché può esserci o non esserci. Nel caso in cui è presente, è nominato dal disponente o nell’atto istitutivo del trust o in un contemporaneo atto separato. Il guardiano svolge una funzione di controllo sull’operato del trustee. Può essere investito dal disponente di poteri che riguardano la gestione del trust. Se il guardiano investito di questo potere può anche revocare il trustee: in questo caso oltre a revocare può anche impartire direttive o istruzioni al trustee circa il compimento di specifici atti.

SETTLOR TRUSTEE BENEFICIARIO

Settlor = fiduciante Trustee = fiduciario

Il settlor attribuisce a tiolo gratuito al trustee un bene, a sua volta il trustee deve amministrare quel bene che gli è stato attribuito; questo meccanismo avviene per scopi specifici, come ad esempio per versare le rendite al beneficiario, ma non è come la donazione. Dal Trust si ottengono due vantaggi: 1- non risultare più proprietario del bene; 2- i beni possono essere amministrati secondo le direttive del proprietario che cede il bene a titolo gratuito ( riservatezza ).Questo rimedio era sconosciuto dalle corti di Westminster, perché nel common law il trustee, ovvero il fiduciario, non era riconosciuto come tale bensì come proprietario. L’istituto del trust si caratterizza per essere costituito da due negozi giuridici funzionalmente collegati:- negozio istitutivo unilaterale: è quello posto in essere dal disponente che contiene l’espressa volontà e le regole concernenti il trust;- negozio dispositivo: attraverso questo negozio, funzionalmente collegato all’altro, si persegue la finalità di dare attrazione al trasferimento del bene o dei beni dal settlor al trustee.Qualsiasi trust, poi, crea segregazione: questo significa che il trustee diviene il nuovo proprietario dei beni che gli sono stati trasferiti. Questi beni che vengono trasferiti diventano una massa di beni separati dai beni personali del trustee; questo comporta che i beni in trust sono insensibili a qualsiasi vicenda personale/patrimoniale interessi il trustee. Quindi per questo i beni in trust sono inattaccabili dai creditori. Il trust poi, per effetto della segregazione, sono anche inattaccabili anche dal creditore o dai creditori del disponente, salvo l’ipotesi di una revocatoria. Per quanto riguarda la posizione del trustee si è discusso molto in dottrina:- dottrina maggioritaria: ritiene che il trustee sia il titolare di un ufficio di diritto privato, essendo investito di un potere che principalmente è un dovere, di amministrare, gestire e disporre dei beni oggetti del bene del trust e secondo le disposizioni elencate nell’atto istitutivo del trust. Ovviamente poi per averne la titolarità è richiesta l’accettazione da parte del trustee e questa accettazione avviene con la sottoscrizione dell’atto nel quale il trustee viene nominato.Nell’esercizio delle sue funzioni, al trustee, è richiesto un elevato grado di diligenza, unitamente ad una posizione di imparzialità che si realizza in particolare nel divieto di agire in conflitto di interessi con il beneficiario o con lo scopo del trust. Accanto a questi obblighi poi ce ne sono altri specifici, in particolare il trustee deve rendicontare nella propria attività ai beneficiari deve attenersi alle prescrizioni indicate nell’atto istituto del trust, sono il potere di discostarsene quando salvo il potere di discostarsene quando questa sia previsto dall’atto stesso o da una norma di legge. Tra gli obblighi del trustee è previsto che egli deve assicurare l’integrità dei beni, cioè non solo custodirli ma provvedere ad eventuali azioni di manutenzione sia ordinaria sia straordinaria; poi il trustee ha l’obbligo di distribuire i frutti e beni capitali dei trust tra i soggetti legittimati.Infine il trustee non può trarre alcun vantaggi dal trust, se non il proprio compenso già istitutivo nell’atto del trust. Dai diritti e dei doveri ne discende che la figura del fiduciario non corrisponde alla fiducia intesa nel nostro ordinamento: questo perché nel nostro ordinamento il fiduciario è legato da un rapporto obbligatorio con il disponente. La differenza nel nostro ordinamento risiede nel fatto che il trustee non è legato da alcun

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rapporto obbligatorio con il settlor e nessuno può impedire direttive al trustee se non quando al trustee si sia rilevato questo potere nell’atto istitutivo del trust. In definitiva il trustee è un fiduciario ( common law ) egli non opera secondo un rapporto obbligatorio bensì opera in completa autonomia.Vi è un punto di vista completamente diverso dal nostro, in particolare il trustee non risponde al settlor ma ai beneficiari oppure eventualmente, sia nominato, al guardiano. Per quanto riguardo l’estinzione dal rapporto vi sono diverse cause:- morte del trustee: e in questo caso non vi è la successione sui beni in trust. - il trustee si dimette- revocaOgni atto istitutivo di trust contiene disposizioni che assicurino sempre che vi sia un trustee.

DISCIPLINA CHE REGOLA IL TRUSTIl trust può essere regolato o dalla legge scelta dal settlor oppure qualora non sia scelta da alcuna legge, viene regolato con la legge con la quale il disponente ha più stretti legami, tenendo conto del luogo dell’amministrazione del trust, della situazione dei beni, della residenza o sede degli affari del trustee, o dei luoghi nei quali il trust dev’essere realizzato.In via generale però la normativa generale è la Convenzione dell’Aja adottata il 1 luglio 1985, ratificata in Italia con la legge 364/1989 ed entrata in vigore il 1 gennaio 1992. La Convenzione dell’Aja prende atto della convergenza tra civil law e common law, tenendo di addivenire ad un compromesso tra le due tradizioni giuridiche. In questa prospettiva si è osservato che la Convenzione risponde a 3 finalità:1- persegue un interesse pedagogico, fornendo ai giuristi civil law uno strumento che gli permette di comprendere l’istituto del trust.2- riconoscimento del trust esteri.3- uniformare il diritto dei trust o perlomeno cercare di raggiungere regole comuni in materia di trust.Il trust viene definitivo all’art. 2 della Convezione, che recita: “ ai fini della presente Convenzione per trusts si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona ( il disponente ) con atto tra vivi o mortis causa, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”. La disposizione prosegue indicando quali sono le caratteristiche dell’istituto, in particolare le caratteristiche che consentono di ricorrere alle norme nazionali. Queste caratteristiche sono indicate in 3 punti:1) la configurazione dei beni del trust è patrimonio separato;2) l’intestazione dei beni del trust a nome del trustee;3) l’obbligo a carico del trustee di gestire o disporre dei beni del trust, secondo i termini e le norme di legge previste in ciascun ordinamento.In quest’ambito è stato rilevato che la definizione del trust è abbastanza ampia, tale da ricomprendere figure appartenenti a tradizioni giuridiche differenti, tanto che si è parlato di trust “amorfo”, volendo con tale espressione sottolineare come l’istituto previsto dai redatori della Convenzione si possa indifferentemente riferire ad una serie di strumenti appartenenti sia ai sistemi di civil law sia di common law.

DIATRIBA TRA COMMON LAW ED EQUITYI giudici di common law ( corti di Westminster ) accusavano la Cancelleria di gravi lacune, tra queste l’accusa di “equità cerebrina” ( accusa principale ).La Corte di Cancelleria veniva accusata di subordinazione dal re; la contrapposizione di caratterizzava in Corti di Westminster da una parte e dall’altra la Corte di Cancelleria ( re ).Ma chi aveva l’ultima parola su una questione giudiziaria?Le corti di Westminster erano più indipendenti; l’equity invece che era nato come un diritto poco formale, ha iniziato a irrigidirsi e a percorrere la strada del common law ( ad es. le procedure seguire in equità venivano ad essere standardizzate ).Entrambe sono nate come giurisdizioni alternative, ma essere hanno finito per irrigidirsi e chiudersi.Nel XIX sec. accadde un evento storico, ossia la rivoluzione industriale che complicò ulteriormente le cose sia da un punto di vista sociale ma soprattutto economico. Questi stravolgimenti hanno richiesto delle

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risposte o meglio nuove risposte al diritto ( ad es. alla fine del 1800 infatti iniziarono a lavorare in fabbrica le donne ). Mentre in alcuni paesi tipo l’Europa continentale, l’evoluzione avvenne in maniera drastica, in altri come in Inghilterra avvenne in maniera progressiva. Ma alla fine del 1800 tre riforme molto importanti vennero comunque fatte: 1 - si unificarono le giurisdizioni di common law ed equity ( la giurisdizione di equity venne affidata alle corti di Westminster ).2 – i tribunali locali nel 1800 esistevano ancora, ma ormai l’unica giurisdizione era a Londra. Allora la giurisdizione venne accentrata definitivamente a Londra tramite tre corti ( primo grado, secondo grado, terzo grado ).3 – vennero aboliti i writs, e vennero sostituti con un normale atto di accettazione. L’abolimento dei writs creò dei problemi ai giudici di common law, che infatti erano abituati a ragionare in maniera rigida e quindi non seppero più come gestire la giustizia: perciò nacque la “teoria dichiarativa”.Quest’ultima dichiara “ il diritto che noi applicheremo da questo momento in poi non è il diritto precedente, ma quello che creiamo ora, è quello consuetudinario, quello sempre esistito nella natura delle cose”; questo implica da parte dei giudici una dichiarazione del diritto non una creazione o una nuova formulazione. Il giudice prende atto, lo verbalizza, e questo provoca una conseguenza: il principio del precedente giudiziario vincolare è il corollario ( la conseguenza ) della teoria dichiarativa. In Inghilterra la teoria dichiarativa e il principio del precedente giudiziario sono sempre stati forti ( più degli Stati Uniti ), tuttavia i giudici mitigarono il principio del precedente giudiziario tramite due tecniche:

1) distinguish : per sapere se il caso sottoposto all’altro giudice deve andare a controllare la “ratio decidendi” del giudice precedente; se i fatti apparivano differenti egli poteva agire diversamente.Il distinguish è uno strumento nelle mani del giudice “successivo”.

2) overrunning : in base alla quale un giudice successivo di grado inferiore si discosta dal precedente giudiziario, perché è certo del fatto che anche la Corte di grado superiore cambierà l’orientamento che precedentemente aveva espresso. In realtà questa tecnica è stata utilizzata pochissimo in Inghilterra, soprattutto dalla House of Lords (simile alla nostra Corte di Cassazione ). Nel 1966 la House of Lords ha dichiarato di non sentirsi più vincolata dai propri precedenti giudiziari pur tenendoli in considerazione: questa affermazione è importantissima perché mise fine alla teoria dichiarativa.

CETO FORENSE Il sistema dei writs richiedeva una certa perizia, e per questo accanto ai giudici si formò una cerchia di avvocati. I giudici infatti inizialmente erano dei religiosi, dei chierici, e quindi man mano attorno ad essi si formò una cerchia di avvocati. I giudici quindi venivano scelti tra gli avvocati più importanti, che sono quelli che venivano chiamati “ narratores” : gli unici a poter interloquire con i giudici. Un gruppo di questi narratores formò un “corporazione dei serjeant”, dove ci si accedeva tramite cooptazione. Essi vivevano tutti insieme in una “bottega”. Mentre i “barrister” sono gli eredi dei serjeant; il sapere giuridico veniva tramandato di generazione in generazione. Oltre a questa categoria, esistono anche i “ solicitors”, che però stanno in un gradino inferiore ai barrister, in quanto hanno un rapporto diretto con il cliente ma non possono sostenere udienze nelle corti superiori. I giudici quindi vengono recuperati tra i barrister. Nel XX sec. ha iniziato a prendere piede la formazione giuridica tramite corsi universitari, ma sebbene anche questa partecipazione non sia fondamentale per svolgere una professione legale.

Esistono anche una serie di istituti che marcano le differenze tutt’ora esistenti tra gli ordinamenti di civil law e common law:

- il diritto di proprietà: la proprietà che riguarda i beni immobili ( real property ) distingue nettamente il common law dal civil law.

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- leasehold : corrisponde alla locazione; anche la leasehold rientra nella real property; mentre la personal property invece riguarda i beni mobili, dove in questo caso la proprietà è del cittadino, del proprietario. Ma perché in Inghilterra vengono chiamati beni personali e beni reali, invece che beni mobili e beni immobili? Questo perché la proprietà dipende dall’azione posta in essere: bene immobile ( writ in forma precipe ), bene mobile ( writ of traspass ).In Inghilterra non esiste la differenza tra proprietà e possesso, come le conosciamo noi, ma sono la stessa cosa. TECNICA DI PLEADING : muoversi tra quattro alternative.