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Diritto Penale 1 Esplicazione e Appunti M.D.D. Esplicazione liberamente tratta dal Manuale di Diritto Penale Antolisei e integrata con gli appunti del Prof Bellacosa

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Diritto Penale 1 Esplicazione e Appunti

M.D.D.

Esplicazione liberamente tratta dal Manuale di Diritto Penale Antolisei e integrata con gli appunti del Prof Bellacosa

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DIRITTO PENALE PARTE GENERALE NOZIONE DEL DIRITTO PENALE A livello terminologico, quando parliamo di diritto penale facciamo riferimento a quel settore dell’ordinamento giuridico che racchiude e disciplina i fatti costituenti reato. La nozione, dunque, rinvia al concetto di reato. Reato è sinonimo di illecito penale. (MAI DIRE REATO PENALE!) Il reato è l’unico tipo di illecito al quale consegue l’applicazione di una pena ovvero di una sanzione penale; questo è ciò che distingue l’illecito penale dagli altri illeciti. La pena è essenzialmente quella detentiva, ma non certamente l’unica; le sanzioni penali possono infatti essere anche delle sanzioni pecuniarie (come in caso di illecito amministrativo). I reati si distinguono in: 1) delitto 2) contravvenzione. I delitti sono puniti con la reclusione e la multa. (“R+M”) Le contravvenzioni sono punite con arresto e/o ammenda (“2A“) *Differenza fra reclusione e arresto: entrambi alludono alla misura detentiva, ma si distinguono proprio per il tipo di reato commesso cui seguono. In tempi recenti, è discussa la natura penale delle sanzioni rispetto alla sanzione pecuniaria: è pacifica la natura penale della misura restrittiva della libertà personale; quando parliamo della privazione di un bene confiscato o di una sanzione pecuniaria, è difficile ravvisare una evidente natura penale, ed è altrettanto difficile distinguere questa da una natura amministrativa. Quando una sanzione diventa penale? Quando invece rimane amministrativa? È un tema ancora molto discusso. Le corti europee hanno discusso della problematicità dell’argomento. *caso Punta Perotti (BA): procedimento penale si chiude senza condanna ma … la Corte Europea ha stabilito che la confisca con demolizione dell’immobile aveva natura penale, pur essendo state disposte a seguito di un procedimento amministrativo. Ha natura penale per la caratteristica dell’afflittività che comporta, qualità tipica della sanzione. a causa della grande severità della pena, la sanzione è penale (principio dell’afflittività della pena) **caso Grande Stevens: l’accusa era quella di abuso di mercato per aver rilasciato in un comunicato stampa delle notizie false. Si è aperto un procedimento penale e uno amministrativo dinanzi alla Consob, con

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l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie particolarmente severe per lo stesso fatto inquadrante il reato. La Corte Europea ha sancito la violazione del principio ne bis in idem, per cui uno stesso fatto non può essere sanzionato due volte (a titolo amministrativo e a titolo penale). [Sent. 4 marzo 2014] “Con la sentenza della corte europea dei diritto dell’uomo, il doppio binario è arrivato ad un diritto (punto) morto.” [Prof. Flick] La sanzione pecuniaria prospetta difficoltà di distinzione da quella amministrativa, ma mai si confonde con la stessa. Le conseguenze della commissione del reato non sono solo le pene ma anche le misure di sicurezza. Non hanno la natura punitiva della pena, ma sono misure che mirano alla risocializzazione del reo. Hanno, dunque, un raggio d’azione più ampio. PERCHÉ È PREVISTA LA PENA? La previsione della pena ha funzione preventiva. Si parla di: prevenzione generale: si allude alla funzione preventiva rivolta verso i consociati o la collettività in senso ampio e indistinto. La funzione general-preventiva discende dalla minaccia della pena. prevenzione speciale: si allude all’esigenza di prevenzione rispetto al reo, ossia l’autore del reato. Parliamo, quindi, di chi ha già commesso un reato. È mirata al reo. La funzione special-preventiva discende dalla concreta ed effettiva inflizione della pena. Il reo, così, comprende di dover astenersi dalla commissione del reato. Il codice penale (o codice Rocco) è diviso in 3 parti: Dei reati in generale (1-240 c.p.) Dei delitti in particolare (241- 649 c.p.) Delle contravvenzioni in particolare (650-734 bis c.p.) RAPPORTO FRA DIRITTO PENALE E LA MORALE TEORIA DEL MINIMO ETICO: Il diritto penale dovrebbe assicurare il minimo etico, espressione della moralità di un popolo. TEORIA DEL DIRITTO PENALE COME CRISTALLIZZAZIONE DELLA MORALE DI UN POPOLO: Queste teorie sono state affermate prevalentemente nel ‘900. Oggi si rivendica l’autonomia del diritto penale dalla morale, con la conseguenza che un atto immorale non necessariamente è un reato. Dall’altro lato, però, occorre riconoscere come il diritto penale debba dare espressione dei valori morali di

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un popolo. Quindi i beni giuridici si evolvono nel tempo, e ciò giustifica il dinamismo della loro interpretazione. A nuovi valori corrispondono nuovi reati. Nel corso del tempo si sono affermati nuovi valori, i quali hanno portato all’introduzione di nuovi reati. Si è assistito ad un passaggio dai reati tradizionali a reati posti a tutela di valori evanescenti, e non materiali, come accadeva in passato: si pensi all’evoluzione del diritto penale dell’economia. Vengono ad essere tutelati beni giuridici non concreti e non tangibili, ma che tuttavia sono idonei a concretizzare nuovi reati, in concomitanza con l’evoluzione dell’assetto dei consociati, che è in continua mutazione (differenza tra “mala in se”, reati in quanto tali, e “mala quia prohibita”, ovvero reati che sono tali poiché proibiti dall’ordinamento). Il fatto di individuare un nuovo bene giuridico non è sufficiente per introdurre un reato a favore di esso. Bisogna sempre ispirarsi ai principi generali di Sussidiarietà, Meritevolezza e Frammentarietà. QUANDO E PERCHÉ IL LEGISLATORE RICORRE AL DIRITTO PENALE? *Antolisei è fra quanti attribuiscono al diritto penale un ruolo propulsivo: lo strumento per promuovere nuovi valori. È anche l’artefice del progresso di un popolo attraverso l’affermazione di nuovi valori. L’efficienza del sistema giustizia contribuisce comunque alla crescita economica e sociale di una collettività. Questo è però un ruolo discusso. **Gran parte della dottrina moderna sostiene che il diritto penale ha invece “ruolo preventivo”. Il legislatore, e quindi lo Stato, svolge un ruolo di tutore preventivo, mira ad assicurare la pacifica e serena convivenza dei consociati. Lo Stato si fa così tutore e garante dell’ordine pubblico. RUOLO PROPULSIVO DEL DIRITTO PENALE Alcuni (Antolisei) riconoscono al diritto penale un ruolo propulsivo perché esso svolge un ruolo simbolico e stigmatizzante. Mettendo in luce la gravità del comportamento, il valore protetto acquista maggiore importanza. Altri autori, rifiutano questa idea. Sta di fatto che una certa valenza simbolica, il diritto penale la riveste. [depenalizzazione: trasformazione dei reati in altro tipo di illeciti, es. amministrativi] “Se i due tipi di illecito riguardano lo stesso fatto, entra in gioco la possibile violazione del principio: nessuno può essere condannato due volte per lo stesso fatto da diversi ordinamenti giuridici: (“il doppio binario è un binario morto”)

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QUANDO IL LEGISLATORE PENALE INTRODUCE DEI NUOVI REATI? TEORIA DEI BENI GIURIDICI: tradizionale teoria che rinvia all’individuazione dei beni giuridici (beni socialmente rilevanti che, vista la loro importanza, sono ritenuti meritevoli di protezione giuridica in sede penale; es. vita-reato di omicidio, patrimonio-reati di truffa/furto ecc.). Il bene giuridico è un concetto molto adoperato dai penalisti: i vari reati sono classificati in base al bene giuridico tutelato. Svolge, quindi, funzione classificatoria. Ha anche funzione interpretativa, in quanto può contribuire all’interpretazione di una norma (cf. ratio legis). Svolge anche un’importante funzione critica: il concetto di bene giuridico viene utilizzato anche come criterio per la valutazione delle scelte di incriminazione. Esempio: Delitto di simulazione del reato (367 c.p.): si simula un reato. *all’interno di un’autovettura viene rubato un ombrello. Il ladro rompe il parabrezza, prende l’ombrello e scappa via. La vittima del furto denuncia il furto della ruota di scorta (per ottenere il rimborso dalla compagnia assicurativa). Si può parlare di simulazione di reato? Dal punto di vista formale non c’è simulazione di reato, ma dal punto di vista pratico-sostanziale sì. Ecco quindi che rileva la funzione interpretativa del bene giuridico. Ha anche funzione critica: utilizzo del bene giuridico come criterio per orientare le scelte di criminalizzazione. QUALI SONO I BENI GIURIDICI DI RIFERIMENTO DEL PENALISTA? TEORIA COSTITUZIONALMENTE ORIENTATA DEI BENI GIURIDICI:

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I beni giuridici di interesse del penalista sono beni affermati dalla Costituzione. [DIRITTO PENALE DELLA COSTITUZIONE] Questa, infatti, contiene tanti articoli attinenti la materia penale. Tra le varie indicazioni forniteci, il testo costituzionale mette in luce come la scelta penale debba essere di stretta necessità. Le norme che forniscono all’interprete questa interpretazione sono varie: art. 13 Cost. : la libertà personale può essere limitata solo sulla base della legge (riserva di legge) e in virtù di un atto motivato dell’autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione); art. 25, comma 2 Cost. : principio di legalità. Occorre la legge per prevedere un reato; art. 27 Cost. : responsabilità penale e funzione rieducativa della pena; art. 2 Cost. : diritti inviolabili della persona, violati in caso di commissione di un reato. La tradizionale teoria costituzionalmente orientata dei beni giuridici mette in luce che il bene giuridico di rilievo per il penalista è anche quello non affermato esplicitamente dalla Costituzione (beni di rilievo costituzionale in forma implicita). *La fede pubblica, ad esempio, (valenza probatoria assegnata a determinati atti, documenti, segni, ect.) è un bene pubblico in

forma implicita, come anche la privacy (nella costituzione non vi è un riferimento esplicito a questo bene giuridico).

I beni giuridici vanno intesi in senso dinamico. Non è un’interpretazione rigida e fissa, ma si evolvono in chiave dinamica a seconda delle esigenze emerse nella realtà economica e sociale. *oggetto giuridico del reato è il bene giuridico tutelato dalla previsione del reato stesso. CRITERI DI CRIMINALIZZAZIONE (*integrazione del libro) 1. PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ: uno dei principi fondamentali mette in luce come il diritto penale interviene in chiave sussidiaria come extrema ratio. 1.1 Si ricorre allo strumento penale quando gli strumenti di tutela offerti da altri rami dell'ordinamento risultino insufficienti. Ad esempio, per il patrimonio c'è già una efficiente tutela offerta dal diritto civile, ma se l'offerta di tutela predisposta da altri

settori dell'ordinamento risulta insufficiente a dare adeguata tutela, è allora che interviene l'ordinamento penale. (anche il diritto

penale può dunque occuparsi della tutela del patrimonio, questo quando è necessaria una tutela rafforzata. cf. reato di bancarotta.

Nella legge fallimentare, salvaguardano anche interessi di tipo patrimoniale)

1.2 Inoltre, il ricorso alla pena deve essere conforme allo scopo di tutela perseguito. Proprio perché la pena è così invasiva, incidendo sulla libertà personale, la sanzione deve davvero apparire come uno strumento utile. E' quindi doveroso il ricorso agli studi criminologici, i quali consentono di evidenziare sia l'effettiva dannosità sociale dei comportamenti criminali, sia l'utilità e l'efficacia degli strumenti repressivi adottati.

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Anche il principio di sussidiarietà è espressione del più generale principio di proporzione. PRINCIPIO DI PROPORZIONE: il ricorso a misure restrittive della libertà e della garanzia dei singoli sia ammesso nei casi di c.d. stretta necessità. E' richiamato anche a proposito della pena, la quale deve essere giusta e proporzionata alla gravità del reato. In dottrina, questo principio può essere inquadrato in due diverse concezioni, una più stretta e una più ampia. -- Secondo la concezione ristretta, il rinvio a questo principio implica che lo strumento penale non debba intervenire qualora siano efficaci le sanzioni extra-penali. -- Secondo una concezione più ampia dello stesso principio, anche qualora vi siano sanzioni extra-penali efficaci, sarebbero comunque utili sanzioni di carattere penale per una più forte protezione di quel bene. Questa concezione ampia si spiega in riferimento alla c.d. funzione stigmatizzante (o valenza simbolica) del diritto penale. L. 190/2012, reato di corruzione privata (o fra privati) (2635 c.c.): reato societario, introdotto nel 2002 che all'epoca si chiamava infedeltà => il cambio terminologico ha portata stigmatizzante. [Un altro reato è quello di infedeltà patrimoniale, alludendo al fatto che chi, avendo una carica all'interno di una società, anziché fare il bene della società, tiene un comportamento infedele alla società perché ha interessi confliggenti con quelli della società.] La prevalenza della dottrina italiana accoglie il principio di sussidiarietà nella concezione ristretta. 2. PRINCIPIO DELLA MERITEVOLEZZA DI PENA: la sanzione penale deve essere prevista nei casi in cui l'aggressione al bene giuridico raggiunga un livello di gravità tale da risultare intollerabile. Siamo sempre nell'ottica di circoscrivere l'intervento penale nei casi in cui questo sia utile e opportuno. Questo principio affianca e rafforza i principi precedenti. La pena segue a comportamenti vietati particolarmente gravi in relazione al bene giuridico. La meritevolezza di pena è valutabile in relazione ai beni giuridici di riferimento per il penalista, affermati a livello esplicito o implicito, con valenza massima o minore, nella Costituzione. 3. PRINCIPIO DI FRAMMENTARIETÀ: opera a 3 livelli (implica tre concetti): 3.1 La fattispecie penale (il reato/figura criminosa) tutela il bene giuridici di riferimento soltanto

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rispetto a specifiche forme di aggressione. E perciò si dice che l'intervento penale è frammentario. Tale principio seleziona specifiche modalità di offesa al bene tutelato. es. patrimonio: il diritto penale, in aggiunta al diritto civile, si occupa della protezione del patrimonio in extrema ratio, ma per il

diritto penale non costituisce reato qualsiasi lesione del patrimonio, ma solo quelle realizzate con specifiche modalità di offesa.

(es. rapina)

3.2 L'area del penalmente rilevante è più circoscritta rispetto a ciò che è antigiuridico. Nell'ampio concetto di antigiuridico rientra l'illecito civile (es. inadempimento contrattuale). 3.3 Il settore del penalmente rilevante non coincide con il moralmente riprovevole. cfr. indipendenza fra diritto penale e morale/etica. RICONOSCIMENTO DELL'AUTONOMIA DEL DIRITTO PENALE In passato era messa in dubbio l'autonomia del diritto penale, e si diceva che esso aveva una funzione meramente sanzionatoria di precetti sanciti da altri rami del diritto. Quindi non faceva altro che prevedere sanzioni per comportamenti disciplinati da altri ordinamenti. Oggi la situazione è ben diversa. Il diritto penale è riconosciuto come un autonomo ordinamento, sebbene operi in extrema ratio. La secondarietà è un aspetto della sussidiarietà, e non della dipendenza del diritto penale da altri ordinamenti

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giuridici. AUTONOMIA DEL DIRITTO PENALE Si può oggi ritenere superata la concezione che relegava il diritto penale ad un ruolo meramente sanzionatorio di precetti e regole fissati da altri rami dell’ordinamento. Oggi si riconosce comunemente l’autonomia del diritto penale, anche se vi è una valenza secondaria. Può essere inquadrato come un ramo dell’ordinamento che interviene in via secondaria esclusivamente per riconoscere il modo di operare del principio di sussidiarietà. Abbiamo due esplicite conferme dell’autonomia del diritto penale: 1) Principio di frammentarietà: il diritto penale seleziona specifiche modalità di aggressione al bene da tutelare. Se il diritto penale interviene in modo frammentario, questo implica necessariamente una sua autonomia. 2) Alcune nozioni proprio di altri rami dell’ordinamento, quando vengono utilizzate nel diritto penale, hanno significato peculiare e diverso.

Es. NOZIONE DI POSSESSO. Agli effetti penalistici la nozione è molto importante per la distinzione tra furto e appropriazione

indebita. La differenza si radica proprio nel possesso, perché nel furto il ladro non ha il possesso della cosa mobile altrui (art. 624)

presupposto: il ladro non abbia il possesso; nell’appropriazione indebita il soggetto attivo ha già il possesso del bene e realizza

la condotta esecutiva appropriandosi indebitamente del bene, come se fosse il proprietario.

La nozione civilistica di possesso: art. 1140 “Il possesso è il potere sulla cosa …”. Rileva sul piano oggettivo e soggettivo.

Sempre sul piano civilistico è molto ampia la nozione di detenzione. Questa nozione civilistica contrasta con la tradizione

interpretativa del diritto penale. la nozione di possesso, nel diritto penale, deve assumere significato autonomo autonomia del

diritto penale.

STUDENTE LUISS che:

- consulta un libro in biblioteca, approfittando di una distrazione dell’addetto, nasconde il libro nella borsa e se lo prende furto

perché persiste una sfera di controllo da parte del proprietario.

- prende in prestito per 30 gg ma non lo restituisce appropriazione indebita

REATO DI OMESSA COMUNICAZIONE DEL CONFLITTO DI INTERESSI, art. 2629 bis c.c.: l’omessa comunicazione è un

reato di infedeltà patrimoniale. L’amministratore che viola gli obblighi ex. art. 2391 c.c.., il quale prevede che l’amministrazione

in conflitto deve presentare la sua condizione agli altri. Disciplina gli interessi degli amministratori e le regole da seguire in caso

di conflitto di interessi.

La regola fondamentale è che

Un reato scritto tramite la tecnica del rinvio alla violazione dei precetti di cui all’art. 2391 c.c. .

Possiamo riconoscere l’autonomia del diritto penale, ricordando però che talvolta lo stesso diritto penale rinvia ad altri rami dell’ordinamento. NORMA PENALE NORMA PENALE ha:

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1) CARATTERE IMPERATIVO perché prescrive comportamenti e ne vieta altri. 2) FUNZIONE VALUTATIVA perché la norma penale giudica i comportamenti vietati come antisociali, contrari ai fini dello Stato 3) CARATTERE STATUALE perché proviene solo dallo Stato. La norma penale si compone di due parti: 1) Precetto: il comando o il divieto di tenere una certa condotta; il comando, talvolta, è implicito, sanzionando la condotta contraria a quella che si sarebbe dovuto tenere 2) Sanzione: conseguenza giuridica per l’infrazione del precetto. Carattere primario e autonomo delle norme penali.

Dato che la norma penale si compone del precetto e della sanzione, e dato che quest'ultima è essenziale in quanto altrimenti la norma sarebbe priva di ogni efficacia obbligatoria, un'antica affermava che il diritto penale avrebbe carattere meramente sanzionatorio, nel senso che contiene soltanto le sanzione di comandi stabiliti negli altri rami del diritto.

Più recentemente anche il Grispigni ha parlato di carattere sanzionatorio sostenendo che ogni fatto proibito dal diritto penale è in precedenza dettato da un’altra norma di diritto privato o pubblico, così che la sanzione penale rafforza un'altra sanzione giuridica.

Entrambe le opinioni non possono ammettersi in quanto palesemente esistono fatti che sono vietati esclusivamente da questo ramo del diritto (ad esempio il maltrattamento di animali, art. 727).

Perciò la tesi della natura sanzionatoria del diritto penale va ripudiata.

TIPI DI NORME La norma incriminatrice è la norma penale in senso stretto, che racchiude in sé sia il precetto che la sanzione. Altre norme, che possiamo considerare penali in senso lato, non li comprendono entrambi. Le norme incriminatrici sono generalmente diffuse nella parte speciale del diritto penale. Nella parte generale del diritto penale vengono prese in considerazione norme penali di altro tipo (es. direttive, interpretative, di attuazione, etc.). I DESTINATARI DELLE NORME PENALI I destinatari delle norme penali sono: tutti i consociati, ovvero i soggetti tenuti a rispettare le norme penali, indipendentemente dalle condizioni dei singoli;

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i giudici, soggetti che devono applicare le norme penali. Non c’è motivo di escludere i soggetti incapaci di intendere e di volere. => vedi imputabilità. FONTI DEL DIRITTO PENALE Quando parliamo di fonti del diritto penale facciamo riferimento alle cc.dd. fonti di cognizione: mezzi di cui si avvale lo stato per manifestare la sua volontà volta a disciplinare determinati comportamenti o fenomeni. Con l’espressione fonte del diritto si intende il modo di manifestarsi, la forma che il diritto assume all’interno della società; sono dette altrimenti fonti di cognizione; sono perciò o mezzi con i quali la volontà dello stato si palesa(legge, decreto, regolamento ecc...) Generalmente le fonti di cognizione si distinguono in: 1. Immediate: manifestazione della volontà diretta dello stato 2. Mediate: atti dello stato che precisano o integrano le prescrizioni della legge penale. Unica fonte di produzione del diritto penale è chiaramente lo Stato, in quanto la norma penale è sempre manifestazione del potere sovrano dello Stato.

Le fonti immediate. Sono fonti immediate o dirette: -leggi in senso proprio o formale (atti emanati dagli organi tipici dello Stato che esercitano funzioni legislative): costituzione, leggi costituzionali, legge ordinaria. Per legge regionale la corte ha più volte negato che le regioni possano legiferare in materia penale, nonostante quanto previsto dall'art.9 L 689/81 c1, il quale è contraddetto dalla c2. -leggi in senso materiale (provvedimenti emanati per delega del potere legislativo da organi diversi da questo): decreti legge, decreti legislativi, ordinanze e bandi durante lo stato di guerra. Non sembra però che tra le fonti immediate possano oggi collocarsi gli stessi regolamenti normativi delegati, se non a determinate condizioni. Lo stesso vale per le ordinanze e di crediti urgenza di prefetti, questori o sindaci. Anche le norme di diritto internazionale pattizio non possono operare direttamente dell'ordinamento italiano secondo la dottrina maggioritaria. Tuttavia i regolamenti dell’ UE, avendo efficacia immediata e diretta, possono modificare la sfera di previsione di una norma penale che a questi si riallacci.

Le fonti mediate. Queste sono: -gli atti amministrativi: legittimi in ambito penale allorché costituiscano i presupposti o le condizioni di applicabilità di determinate norme; -le convenzioni e usi internazionale: sono fonti mediate e allorché il diritto penale fa riferimento ad esse per

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la nozione di qualche presupposto o condizione di applicabilità delle sue norme -il diritto straniero: fonte mediata quando la legge penale fa riferimento ad esso in modo esplicito (es. art 300 c.p.) Non sono fonti mediate del diritto penale: -principi generali dell'ordinamento giuridico -diritto naturale -giurisprudenza -equità

CONSUETUDINE E PRINCIPIO DI LEGALITA' La consuetudine: E’ la ripetizione generale, uniforme e costante di comportamenti (elemento oggettivo), accompagnata dalla convinzione della sua corrispondenza ad un precetto giuridico (elemento soggettivo). La dottrina è unanime nel negare alla consuetudine la capacità di creare nuove norme incriminatrice (consuetudine innovatrice); infatti la art.1 c.p. riserva solo alla legge il potere di determinare i fatti sanzionabili. Inoltre alla consuetudine non si può riconoscere neanche l'efficacia di abrogare una disposizione legislativa (consuetudine abrogatrice).

Secondo Antolisei nel diritto penale, è ammessa l’opera della consuetudine integrativa, ove si risolva a favore del reo, cioè qualora dia vita a nuove cause di giustificazione o di non punibilità (conclusione appoggiata dalla relazione al Progetto Definitivo del codice).

CONSUETUDINE: ripetizione costante e generale di un comportamento accompagnata dalla convinzione circa la conformità a un precetto giuridico. Nell'ambito penale, visto il principio di legalità, si ritiene che la consuetudine non possa avere né funzione incriminatrice né funzione abrogatrice. I reati sono introdotti e abrogati solo dalla legge. Anche se un reato e di nulla applicazione, la mancata applicazione dello stesso non può portare ad un'abrogazione. Si ammette invece una FUNZIONE SCRIMINANTE, perché soprattutto rispetto alle cause di giustificazione, è ammissibile che queste siano intese in senso ampio sulla base della consuetudine.

Dobbiamo subito richiamare il fondamentale PRINCIPIO DI LEGALITÀ. È un principio di derivazione illuministica sancito dal brocardo nullum crimen, nulla poena sine lege, ovvero nessun reato e nessuna pena senza la legge, brocardo ottocentesco coniato da Feuerbach, criminalista tedesco. Art. 25, c.2. Cost.: Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

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Questa norma è l’affermazione sul piano costituzionale del principio di legalità. Lo stesso principio è previsto dall’art. 1 c.p.: Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, nè con pene che non siano da essa stabilite. Il principio di legalità vige anche rispetto alle misure di sicurezza, affermato sia dall’art. 199 c.p. sia dall’art. 25, c.3. Cost.. Il principio di legalità si specifica in 4 “sottoprincipi”: -riserva di legge -tassatività / determinatezza della fattispecie penale -irretroattività della legge penale -divieto di analogia Questi quattro fondamentali principi del diritto penale formano il “super principio” di legalità. *domanda d’esame: similitudine e differenza fra art. 25, c. 2 Cost. e art. 1 c.p.

DIFFERENZA:

Art. 25 Cost.: ciò che viene messo in luce è che la legge deve essere preesistente. L’articolo enuncia il principio di legalità con

riguardo al principio della irretroattività.

Art. 1 c.p.: l’incipit è il medesimo, ma mentre il 25 c. 2 vira verso l’irretroattività, questo articolo enuncia il principio di legalità

con uno sguardo di favore al principio di tassatività/determinatezza (ciò lo si deduce dall’avverbio “espressamente”). C’è, inoltre,

un allargamento del principio di legalità alle pene.

Diversa epoca in cui queste formule sono state scritte. La Costituzione (1948) è sovraordinata nelle gerarchie, ma è posteriore al

codice penale (1930).

RISERVA DI LEGGE: per punire un fatto a titolo di reato occorre che il reato sia previsto da una legge preesistente che lo abbia stabilito.

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Funzione della riserva di legge: più che un’esigenza di certezza del diritto, viene in risalto una funzione di garanzia, la garanzia che il reato sia introdotto attraverso un procedimento legislativo in Parlamento. Questo perché nel Parlamento ci sono tutte le forze politiche, anche le minoranze, rappresentative di tutti gli elettori a livello nazionale. Nel Governo, invece, sono presenti solo le forze politiche di maggioranza. Ecco il motivo del soddisfacimento di una fondamentale esigenza di garanzia. Il principio della riserva di legge implica che le scelte di criminalizzazione siano fatte all’interno del Parlamento, il che significa anche che la riserva di legge assicura la massima rappresentatività della volontà popolare. Massima rappresentatività significa anche massimo contraddittorio delle forze politiche, perché al dibattito, in merito all’introduzione delle fattispecie criminose, partecipano tutte le forze politiche. Vista la delicatezza della materia, il diritto penale incide anche sulla libertà personale, materia da gestire con la massima attenzione. L’affermazione di detto principio evita l’arbitrio del potere esecutivo e giudiziario. È la legge a decidere cosa è penalmente rilevante e cosa invece non lo è. La dottrina si è chiesta se si tratti di una riserva assoluta o relativa. È ammesso il contributo di una fonte normativa secondaria? Si risponde dicendo che la riserva di legge è assoluta, ma, entro limitati spazi, il potere regolamentare può intervenire in particolare per fornire specificazioni di natura tecnica. Con riguardo al principio della riserva di legge, e nello specifico al termine “legge”, viene innanzitutto in considerazione la c.d. legge formale (la comune legge ordinaria come espressa dagli art. 70-74 Cost.), ma si ritiene compatibile con la riserve di legge anche il rinvio alla c.d. legge in senso materiale, ossia i decreti legge e le leggi delegate. - I decreti legge (art. 77, 2-3 c. Cost.) sono emanati dal governo in situazioni di necessità ed urgenza, entrano subito in vigore ma devono essere convertiti in legge entro 60 gg, col rischio che la mancata conversione determini la decadenza ex tunc degli stessi decreti. - La legge delegata (art. 76 e art. 77, 1 c. Cost.). Le leggi in senso materiale sono considerate compatibili con il principio della riserva di legge perché anche in questi casi vi è l’intervento del Parlamento, dopo nel decreto legge, prima nella legge delegata fissando principi e criteri direttivi nella legge delega. Non mancano perplessità. In merito alla legge delegata, il Governo a volte si muove forzando i principi e criteri direttivi della legge delega, rischiando di concedere al Governo il potere di scegliere autonomamente criteri di criminalizzazione. Rispetto al decreto legge, la maggiore perplessità è un abuso dell’istituto. L’art. 77 prescrive che il decreto sia emanato “in casi di necessità e di urgenza”. Questi risultano oggettivamente in contrasto con l’esigenza di ponderazione dei criteri di criminalizzazione.

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LEGGE REGIONALE, può intervenire in materia penale? => NO! La riserva di legge implica l’impossibilità per la legge regionale di intervenire in materia penale. Anche l’art. 117 Cost., dopo la riforma costituzionale del 2001, cita alla lettera “L” l’ordinamento penale, facendolo rientrare nella competenza esclusiva della legislazione nazionale. Un tempo si giustificava ciò alludendo ad esigenze di uguaglianza, evitando che ci fosse diversità fra le varie regioni. Quest’idea è oggi superata. Non viene in gioco il principio di eguaglianza, ma viene in considerazione la circoscritta rappresentatività di cui è espressione la legge regionale. Questa è sì emanata dal Consiglio Regionale (alias Parlamento a livello nazionale), ma le forze politiche sono rappresentative della volontà popolare solo a livello locale. È richiesto il massimo livello di rappresentatività nella scelta dei criteri di criminalizzazione! Corte Cost. sent. 487/1989: “nella legge regionale manca una visione generale dei bisogni e delle esigenze dell’intera società” la rappresentatività delle regioni è circoscritta a livello locale. *domanda frequente: funzione della riserva di legge

POSSIBILI MODELLI INTEGRATIVI FRA LEGGE E FONTI NORMATIVE SUBORDINATE 1- NORMA PENALE IN BIANCO: il precetto esiste ma a contenuto generico, precisato e specificato grazie all'ausilio di una fonte normativa subordinata. Normalmente compare anche la sanzione.

es. contravvenzione art. 650 c.p. - INOSSERVANZA DEI PROVVEDIMENTI DELL'AUTORITA': sanziona l'inosservanza di un

provvedimento dell'autorità legalmente dato per ragioni qualificate; questo reato viene specificato nel suo precetto solo grazie

all'intervento della singola autorità amministrativa, che con proprio provvedimento specifica l'ordine rivolto al cittadino. Il

precetto è l'obbligo di tenere il comportamento prescritto da un provvedimento legalmente dato da un'autorità amministrativa. Ha

una valenza generica e assume la sua concretezza solo quando la singola autorità amministrativa emana il singolo provvedimento.

Era stata sollevata una questione di legittimità costituzionale con l'art. 25, c.2 Cost.. → Corte Costituzionale, Sent. 168/1971: ha respinto la questione di legittimità costituzionale affermando che il principio di legalità è rispettato se, come nell'art. 650 c.p., la legge dello stato indica caratteri,

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presupposti, contenuto e limiti dei provvedimenti dell'autorità amministrativa. Per rispettare la riserva di legge è necessario che la valutazione di incriminazione sia compiuta dalla legge. E' sempre il legislatore a svolgere la valutazione sui criteri di incriminazione, senza lasciare carta bianca all'autorità amministrativa, e lo fa fissando dei paletti che consistono nel “legalmente dato” e nella motivazione del provvedimento. Il contributo dell'autorità amministrativa è in termini di specificazione alla luce di un precetto specificamente fissato dalla legge. Il provvedimento amministrativo deve perciò essere motivato da interessi di carattere generale (“giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene”). 2- FONTE NORMATIVA SECONDARIA CONTRIBUISCE ALLA CONFIGURAZIONE DEL FATTO DI REATO Es. contravvenzione art. 659 c.p. - DISTURBO DELLE OCCUPAZIONI O DEL RIPOSO DELLE PERSONE: nel comma 2 è

prevista una contravvenzione per il reato di attività rumorosa, il quale viola le prescrizioni dell'autorità;

Caso simile a quello della norma penale in bianco, con la differenza che non vengono posti dei paletti delimitativi. Le perplessità della dottrina sono maggiori, ma è considerato un modello normativo ai limiti del principio della riserva di legge in quanto la tolleranza è richiesta dalla esigenza di avere, per determinati settori, l'intervento di una disciplina extra-penale. In questo tipo di modello normativo sembra che si lasci grande spazio all'autorità amministrativa, perché qui davvero il legislatore sembra dare carta bianca all'autorità amministrativa. Il legislatore sembra spogliarsi del compito di valutazione della scelta dei criteri di criminalizzazione. Ciò potrebbe concretizzare una violazione del principio della riserva di legge ex artt. 25 Cost. e 1 c.p.. È tuttavia tollerabile, secondo la dottrina, per la considerazione dell'estrema necessità di una disciplina extra-penale rispetto a settori particolari, disciplina che possa così garantire il migliore istituto repressivo per quella determinata situazione (è difficile pensare ad una legge penale che disciplini la durata di uno spettacolo). 3- FONTE NORMATIVA SECONDARIA SPECIFICA SUL PIANO TECNICO ELEMENTI PREVISTI DALLA LEGGE (contributo di natura tecnica della fonte subordinata) es. LEGISLAZIONE SUGLI STUPEFACENTI: La legislazione, prevedendo determinati reati (traffico di sostanze stupefacenti,

possesso di grandi quantità destinate alla cessione-anche gratuita, es. feste), sanziona determinate condotte rinviando alla nozione

di sostanze stupefacenti e psicotrope fornita da un decreto ministeriale che continuamente aggiorna l'elenco di tali sostanze. → la

legge penale compie la scelta di incriminazione (“decide” il reato), mentre al decreto ministeriale (fonte secondaria) si affida solo

un compito di specificazione tecnica.

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Questo modello sembra rispondente al principio della riserva di legge.

*USURA (art. 644 c.p.): la legge italiana, con una riforma del L. 108/'96, ha fissato numericamente il tasso “soglia” al di sopra del

quale il tasso diventa usuraio. La disciplina penale sull'usura risulta una norma penale in bianco il cui precetto rinvia ad un

precetto di natura tecnica, consistente nella tabella contenente i tassi di interesse medi fornita trimestralmente dalla Banca d'Italia

o dal Ministero dell'Economia.

→ vale sia per il primo che per il terzo modello

PRINCIPIO DI TASSATIVITA'/DETERMINATEZZA DELLA FATTISPECIE PENALE La fattispecie penale deve prevedere ed indicare con sufficiente previsione il comportamento penalmente sanzionato. Questo sotto-principio del principio di legalità non attiene più alla gerarchia delle fonti (come il p. della riserva penale), quanto alle tecniche di formulazione delle fattispecie criminose. Che si tratti di un sotto-principio è confermato dallo stretto coordinamento, perché se la norma penale non fosse tassativa e determinata, il principio di legalità sarebbe altamente eluso e disatteso. Il principio di tassatività/determinatezza è una proiezione del p. di legalità, il quale sarebbe eluso qualora la legge esprimesse il reato in termini generici. D'altronde è collegato al principio di frammentarietà: il diritto penale seleziona specifiche modalità di aggressione al bene tutelato. Questo implica una selezione di comportamenti punibili, quindi è strettamente legato perché l'applicazione dei due principi implica la descrizione con precisione delle modalità aggressive selezionate da legislatore penale. FUNZIONE: 1) si mira essenzialmente a prevenire gli abusi del potere giudiziario; se il reato fosse scritto in termini generici, ogni giudice potrebbe applicarlo a suo piacimento, aprendo la strada al libero arbitrio del magistrato. 2) Oltre a questa, il principio di tassatività/determinatezza risponde ad una fondamentale esigenza di garanzia dei cittadini, perché è fondamentale per consentire ai consociati di sapere e distinguere ciò che ha rilievo penale da ciò che si può liberamente fare senza incorrere nel rischio della sanzione penale. (assicurare la tutela della libertà personale). es. esistono reati che fanno riferimento al disturbo e fastidio delle persone (reato di diffamazione, minaccia, disturbo della quiete,

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etc.), ma non c'è un reato genericamente descritto in termini di “arrecare fastidio ad altri”. L'effetto di un reato così generico

sarebbe quello di far vivere tutti i cittadini con il timore di commettere un reato. Questo banale esempio fa emergere l'importanza

del principio in questione: il cittadino ha bisogno di conoscere con precisione ciò che lo porta a commettere reato. Il diritto di

libertà personale ex. art. 13 Cost. Significa prima di tutto libertà di movimento, di fare, muoversi; questo sarebbe messo a

repentaglio qualora i reati non fossero scritti in osservanza del principio → PRINCIPIO LEGATO ALLA TUTELA DELLA

LIBERTA' PERSONALE EX. ART. 13 COST.

Esigenza di certezza del diritto si ricollega al principio di legalità. 3) Ha anche una proiezione processuale: da un lato consente di verificare il rispetto del principio di obbligatorietà dell'azione penale (obbligo di esercizio dell'attività penale). Assicura il diritto di difesa. Il diritto di difesa, anch'esso previsto e sancito dalla Costituzione art. 24, l'accusato può difendersi solo se ha modo di conoscere con precisione l'accusa e i termini precisi della fattispecie di reato che gli viene confessata. es. sent. 96/1982, Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la fattispecie criminosa di plagio ex. art. 603 c.p. - Plagio= fatto di chiunque sottopone una persona al proprio potere in modo di ridurla a totale stato di soggezione. Reclusione da 1 a 15 anni. La formula normativa “totale stato di soggezione” non è conforme al principio di tassatività/determinatezza, ed è stata dichiarata incostituzionale. Formula troppo generica che non fornisce al magistrato un effettivo parametro di valutazione,

TECNICHE DI REDAZIONE DELLE FATTISPECIE CRIMINOSE In linea di massima, una fattispecie penale, per essere rispondente al principio di tassatività/determinatezza dovrebbe usare soprattutto i c.d. ELEMENTI DESCRITTIVI: elementi che traggono il loro significato dai dati dell'esperienza sensibile, o da dati desunti dal mondo esteriore all'uomo. Il termine “morte”, “cosa”. Elementi descrittivi di facile compressione. Ci sono delle eccezioni: “totale stato di soggezione” di plagio, ma l'effetto ultimo che ne consegue è un alto grado di indeterminatezza. Il discorso diventa più problematico quando si fa ricorso a i c.d. ELEMENTI NORMATIVI: elementi che devono essere integrati, nella loro portata e nel loro significato, attraverso il rinvio ad una norma, ovviamente diversa da quella incriminatrice. Si distinguono in due tipi: - giuridici: quando si rinvia ad una norma giuridica (es. concetto di altruità della cosa); - extra-giuridici: quelli in cui il rinvio è a norme sociali o di costume (es. concetto di pubblica decenza, ai fini della contravvenzione dell'art. 726 c.p.) La fattispecie di usura sta attraversando un grande dibattito normativo che richiama non solo il principio della riserva di legge, ma

anche della tassatività/determinatezza. Bisogna valutare l'influenza o meno di determinate voci contrattuali. La Banca d'Italia, dal '97, ha emanato le istruzioni rivolte ad operatori bancari e finanziari. Ogni 3 mesi pubblica i tassi medi.

Tante sentenze della giurisprudenza penale giungono a conclusioni differenti, specie per l'usura bancaria. Prospettano un quadro

estremamente variegato. La norma è costruita come una norma penale in bianco, ma l'incertezza interpretativa che ne consegue fa

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emergere un dubbio di violazione del principio di legalità, sia nella forma della riserva di legge sia in quella della

tassatività/determinatezza della fattispecie penale.

DIVIETO DI ANALOGIA ANALOGIA: procedimento di integrazione dell'ordinamento giuridico per cui, ad un caso non disciplinato dalla legge, si applica la regolamentazione di un caso simile che invece è regolato, in virtù del presupposto della identità della ratio legis. → Ubi eadem ratio, ibi eadem legis dispositio

L'analogia così intesa, detta analogia in malam partem, è vietata nel diritto penale, perché sarebbe una palese violazione del principio di legalità. Il divieto in questione è implicitamente sancito dall'art. 25 Cost.. Lo stesso art. 14 delle Preleggi prevede esplicitamente il divieto dell'analogia in mala partem per le leggi penali (incriminatrici), oltre che per quelle che fanno eccezione a regole generali o altre leggi. DUBBIO: può essere ammessa un'analogia in bonam partem? Possono essere applicate in modo analogico disposizioni penali a favore del reo (es. scriminanti)? L'analogia in bonam partem è ammessa perché non è in violazione del principio di legalità, che vale rispetto alle norme di incriminazione. Tuttavia, l'art. 14 delle Preleggi vieta l'analogia anche per norme eccezionali. Bisogna verificare se la norma a favore sia identificabile come norma eccezionale. Le norme sulle cause di giustificazione non sono eccezionali perché anch'esse sono espressione di principi generali (es. vim vi repellere licet. Necessitas non habet legem: brocardo a cui si ispira lo stato di necessità), e per questo motivo può essere applicata l'analogia in bonam partem. Le immunità sono norme di favore, ma queste sono considerate eccezioni al principio di obbligatorietà dell'azione penale, quindi per esse non può essere applicata l'analogia. Il divieto di analogia è un DIVIETO RELATIVO.

L’EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE

SEZ. I – LIMITI TEMPORALI Le norme penali, al pari di tutte le norme giuridiche, come nascono, si estinguono: cessano di essere in vigore. Il procedimento della loro estinzione è identico a quello delle altre norme appartenenti agli altri ambiti del diritto, secondo i principi sanciti dall’art.15 delle Disposizioni sulla legge in generale, in osservanza, comunque, delle norme costituzionali. Quando una norma si estingue e l’altra le subentra ci troviamo di fronte al cosiddetto fenomeno della successione delle leggi penali. L’art.11 delle Preleggi dispone: “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. ciò costituisce il c.d. principio della irretroattività della legge, il quale importa che la norma giuridica non si applichi a fatti o rapporti sorti prima che la medesima entrasse in vigore. A questo principio è correlato il c.d. principio della non ultrattività, il quale statuisce che la legge non si applica a fatti verificatisi dopo la sua estinzione. Questi principi rispondono al superiore principio del tempus regit actum, il quale implica che l’efficacia della legge sia circoscritta al tempo in cui questa è in

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vigore. Viene in considerazione qui l’art. 2 del nostro codice penale, il quale afferma che: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali. Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135. Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti. Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti.”. L’art.2 del nostro codice penale accoglie il principio della irretroattività della legge, statuendo però anche il principio della retroattività della legge più favorevole al reo, in deroga al brocardo tempus regis actum. Questi due principi, intrecciandosi, danno vita a tre ipotesi: Nuove Incriminazioni: Primo comma art.2 c.p.; una legge posteriore crea una figura di reato che prima non esisteva. Vale, in tal caso, il principio dell’irretroattività della legge penale. Ratio: Qualora le nuove norme incriminatrici avessero efficacia retroattiva, nessuno potrebbe mai avere la sicurezza di non subire in seguito sanzioni penali per gli atti compiuti nella consapevolezza della liceità dei medesimi. I cittadini devono sapere, o, per lo meno, poter sapere, prima di agire, quello che è permesso e quello che è vietato. Abolizione d’incriminazioni precedenti: Secondo comma art.2 c.p.; Una legge posteriore non considera più come reato un fatto che in precedenza era punito. Vale, in tal caso, il principio della retroattività della legge più favorevole al reo. Ratio: Lo Stato e la coscienza sociale non ritengono più il fatto come antisociale, e quindi non più meritevole di punizione e rilievo penale. Nuove disposizioni soltanto modificative: Terzo comma art. 2 c.p.; Norme che stabiliscono per fatti

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precedentemente puniti un trattamento penale diverso. In caso di modificazioni sfavorevoli al reo, si applica la legge precedente; in caso di modificazioni favorevoli al reo, si applica la legge stessa la quale, in conseguenza, ha efficacia retroattiva. È necessario far riferimento però, in tal caso, al sesto comma dell’art. 2 c.p. **Significato di disposizione più favorevole: una volta stabilita quale sia la norma più favorevole, essa deve essere applicata nella sua integrità; è più favorevole la disposizione che, in ordine alla medesima ipotesi, conduce a conseguenze meno rigorose e per il reo. L’art. 2 c.p., al suo quarto comma, afferma che esso non si applica alle leggi eccezionali e temporanee. Ratio: sapendosi in antecedenza che sono destinate a cessare dopo un certo periodo di tempo, gli autori dei reati in pratica avrebbero la possibilità di eludere le sanzioni, specialmente per i fatti commessi nell’imminenza dello scadere del termine o verso la fine dello stato eccezionale. Tale possibilità determinerebbe gravi ingiustizie e affievolirebbe notevolmente l’efficacia ammonitiva della legge È erronea l’opinione dottrinale che vorrebbe applicare l’ultrattività in materia di leggi eccezionali e temporanee; deve infatti ritenersi che di ultrattività si può parlare solo nel caso che si applichi una legge non più in vigore a fatti commessi successivamente alla sua estinzione. Nelle leggi eccezionali e temporanee la legge che si applica è quella che vigeva al momento in cui il fatto fu commesso; il principio tempus regit actum, pertanto, non è derogato.

Il tempo del commesso reato (tempus commissi delicti): 3 teorie: Teoria dell’attività: si deve tener conto del tempo in cui è stata compiuta l’azione o l’omissione; Teoria dell’evento: considera il reato commesso nel momento in cui si è verificato il risultato esteriore della condotta umana; Teoria mista: si ha riguardo indifferentemente alla condotta e all’evento, nel senso che il reato si considera commesso tanto nel momento in cui si è svolta la prima, quanto in quello in cui si è verificato il secondo. Sono da scartare le ultime due teorie; la teoria dell’evento è da rigettare poiché porterebbe, ad applicare retroattivamente la legge nel caso di nuove incriminazioni, quando la condotta si sia svolta sotto l’impero della vecchia legge e l’evento si sia avverato dopo l’entrata in vigore della nuova. Non può accogliersi neppure la teoria mista, perché non sembra logico considerare un fatto come commesso contemporaneamente sotto l’impero di due leggi diverse. Deve accogliersi invece la teoria dell’attività. Il tempo del commesso reato: varie teorie (attività, evento, mista)=> attività. È in quel momento in cui c’è la ribellione del reo alle regole dell’ordinamento e l’esigenza dello Stato di punirlo.

Principio della irretroattività della legge penale. Quando parliamo di tale principio c’è un collegamento al fenomeno della successione delle leggi nel tempo: si ha quando una norma si estingue ed un’altra norma le subentra.

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Com’è disciplinato tale fenomeno? Art.11 Preleggi: “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Tale articolo fissa in termini generali il principio di irretroattività della legge: la norma non si applica a fatti o rapporti sorti prima della entrata in vigore della medesima norma. Questo principio si combina con il principio della non ultrattività: la legge non si applica ai fatti verificatisi dopo la sua estinzione. Irretroattività e non ultrattività sono i due grandi principi che disciplinano la successione delle leggi e che si ricollegano al principio più ampio e generale del tempus regit actum : l’efficacia della legge/norma è circoscritta al tempo in cui essa era in vigore. Tematiche successorie in ambito penale: => referenti normativi: il principale è art. 25 comma 2 Cost., che sancisce il principio di legalità nell’ottica della irretroattività della legge penale. La punizione deve essere prevista dalla legge, e si mette in luce il principio della irretroattività. Qual è la funzione specifica svolta da tale principio all’interno del principio di legalità? Funzione: garanzia della libertà personale dei cittadini. Ottica del favor libertatis=> perché la libertà dei cittadini sarebbe gravemente compromessa qualora fosse possibile per il legislatore introdurre un reato con efficacia retroattiva. I cittadini sarebbero terrorizzati di commettere oggi un reato che sarebbe tale solo domani: ciò condurrebbe i cittadini all’inazione: astensione da qualsiasi comportamento; verrebbe compromessa la libertà dei cittadini nel significato basilare della libertà di movimento. Convenzione europea dei diritti dell’uomo (1955): art.7 (nessuna pena senza legge): principio di legalità+ principio di irretroattività della legge penale. Tale art. è stato oggetto del ricorso da parte di Berlusconi alla corte europea dei diritti dell’uomo. È stato condannato in cassazione per frode fiscale nell’agosto del 2013. La legge Severino prevedeva la decadenza dai pubblici uffici( non è l’interdizione) per determinati reati. Ci si chiedeva se tale legge potesse applicarsi per fatti commessi tanto tempo prima( reato del 2004). Silvio ha fatto ricorso per questo, perché c’è stata violazione della irretroattività. La corte di Strasburgo ha dichiarato la non inammissibilità del ricorso. Si aspetta la risposta. È un ricorso in salita, perché la legge Severino non prevede la pena, ma solo una sanzione amministrativa. Per questo non incontra il limite della irretroattività della legge penale. Va aggiunto l’art.2 del codice penale (successione di leggi penali): vale in termini generali quando non ci sia una espressa e specifica disciplina transitoria. L’art. 2 si ispira non solo al principio di irretroattività della legge penale incriminatrice, ma anche al principio della retroattività della legge favorevole. La dottrina, nel tempo, si è interrogata in merito ad un possibile contrasto tra tale art. e l’art.25 della Costituzione; a tala quesito bisogna però rispondere nel senso di una non sussistenza di tale contrasto, perché il principio della retroattività della legge favorevole si combina con quello della irretroattività sempre nell’ottica della garanzia di libertà dei cittadini(favor libertatis). Anzi il principio della retroattività della legge favorevole risponde anche al principio di uguaglianza sancito dall’art.3 della Cost., in quanto mira ad evitare ingiustificate disparità di trattamento.

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3 principali situazioni. Primo comma: nuova incriminazione: la legge penale introduce un reato che prima non c’era. (delitto di usura art.644, prima non c’era nel codice Zanardelli). Pieno rinvio al principio della irretroattività della legge penale. Ripetizione rigorosa e piena di tale principio. Esigenza: giustizia+ favor libertatis. Secondo comma: abolitio criminis: principio della retroattività della legge più favorevole. Viene meno la punizione, e se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali. (esempio: adulterio o turpiloquio, ora non sono più reati). Tale principio si spiega con il rinvio alle modificate valutazioni dello Stato=> lo Stato non considera più il fatto contrario ai propri interessi, e quel fatto non è più accompagnato dalla riprovevolezza sociale, è tollerato dalla comunità, senza che venga considerato reato ai fini della legge penale. Ciò si traduce nel venir meno della pena e del rilievo penale del fatto. È in questo comma che viene in considerazione il principio di non ultrattività. Quarto comma: nuova disposizione soltanto modificativa: ciò che era reato continua ad esserlo ma con una modifica nella disciplina. Vige il principio della retroattività della legge più favorevole al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Viene fatto salvo il principio della intangibilità del giudicato. Esigenza: tutela della libertà oltre al principio di uguaglianza, per evitare ingiustificate disparità di trattamento. È giusto che il nuovo trattamento più favorevole al reo abbia efficacia anche per il passato. Come si valuta la disposizione più favorevole al reo? È una valutazione in astratto oppure sul piano concreto, ovvero rispetto al caso concreto? Valutazione in concreto; 2 tipi di approfondimenti: 1) la nuova legge prevede il massimo della pena più alto ma il minimo della pena più basso. Tale norma è più favorevole o no? Dipende dal caso concreto, a seconda se il giudice dovesse applicare il minimo o il massimo. La norma più favorevole è quella che nel caso concreto comporta conseguenze giuridiche più favorevole al reo. 2) il passaggio da delitto a contravvenzione. La legge che degrada il delitto a contravvenzione sembra a prima vista una legge più favorevole al reo, però la valutazione va fatta in concreto; non è escluso che nel caso concreto risulti peggiorativa ( es.: delitto punito a titolo di dolo; nuova contravvenzione punita sia titolo di dolo che a titolo di colpa. Se nel caso concreto il giudice dovesse condannare per colpa, sarebbe più favorevole il delitto precedente rispetto alla contravvenzione. nella dottrina più recente si è detto che una nuova norma che introduca una contravvenzione che introduca la colpa per un delitto precedente che prevedeva solo il dolo, si tradurrebbe in una nuova incriminazione nell’ambito dell’inserimento di nuove contravvenzioni; sarebbe, più che altro una nuova incriminazione ex primo comma=> è spesso problematico l’inquadramento in un comma piuttosto che in un altro.). Il principio del quarto comma vale anche rispetto alle condizioni di procedibilità, ovvero condizioni dalle quali discende la procedibilità in sede giudiziaria; una di queste è la querela; per alcuni reati è necessario fare una querela per poter procedere contro il reo. Il legislatore vuole che la perseguibilità di quel fatto sia rimessa alle valutazioni dell’offeso. (querela= istanza di punizione, richiesta che sia punito il colpevole. Se c’è la

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richiesta, c’è la querela). A volte la nuova norma cambi il regime di procedibilità per un determinato reato. Se la querela viene introdotta dopo, e prima non è stata fatta la querela, allora bisogna fare l’immediato proscioglimento del reo per mancanza di querela. Il quarto comma può riguardare anche l’introduzione di condizioni di procedibilità. Terzo comma, introdotto nel 2006: deroga al principio della intangibilità del giudicato, rispetto al caso in cui la condanna pregressa era a pena detentiva e la nuova condanna è a pena pecuniaria. Introduce un temperamento al principio dell’intangibilità del giudicato => il reo in carcere ha diritto di uscire dal carcere pagando una somma in denaro. In tanti casi pratici è difficili stabilite in presenza di quali situazioni ci troviamo. È controverso che una modifica normativa introduca una vera e propria modifica o una abrogazione (esempio reato abuso d’ufficio). Spesso quesiti problematici, è difficile capire in che situazione ci si trova.

COME CI SI ORIENTA IN CASI PROBLEMATICI IN CUI DIFFICILE DISTINGUERE IN QUALE IPOTESI CI SI TROVA? [Difficoltà di distinguere le fattispecie dei comma 2 e 4]

Si adoperano 2 criteri principali: 1. CONTINUITÀ DEL TIPO DI ILLECITO si mettono a raffronto i due illeciti per vedere se vi sia tra i due continuità o omogeneità, guardando essenzialmente all'interesse protetto e alle modalità di aggressione al bene. È il criterio utilizzato nel 1990 dalle sezioni unite della Cassazione (323 e 324) il vecchio interesse privato e abuso d'ufficio erano omogenei, continui. 2. RAPPORTO DI CONTINENZA FRA LE FATTISPECIE, VISTI I RISPETTIVI ELEMENTI STRUTTURALI Verificare se fra le due fattispecie (vecchia e nuova) vi sia una relazione da genere a specie, al quale qualcuno aggiunge il caso inverso. L'aggiunta di questo elemento specializzante consente all'interprete di individuare un rapporto da genere a specie. È un ulteriore indice per individuare una modifica di disciplina. Reato di false comunicazioni sociali, e la nuova legge prevede il reato di false comunicazioni sociali rivolte all'esterno. Il delitto di abuso di ufficio, oltre ad essere riformulato nel 1990, è stato modificato nel 1997. si è posto un ulteriore problema di successione nel tempo. La giurisprudenza ha ravvisato una specialità bilaterale o reciproca. Il raffronto fra gli elementi strutturali ha portato la giurisprudenza a considerare la nuova

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disciplina come modificativa. Ai due criteri si aggiunge la mediazione del caso concreto. Questo tipo di giurisprudenza è nella modifica dei reati tributari 2000. quando si parla di frode fiscale si allude a due reati (art. 2 e 3 d. lgs. 2000). Le sezioni unite hanno affermato continuità di disciplina. False comunicazioni sociali (art. 2621, 2622, ss.): il c.d. Falso in bilancio è un aspetto del più ampio reato di false comunicazioni sociali. Quando nel 2002 c'è stata una riforma, la Cassazione a sezioni unite nel 2003 ha

confermato che si tratta di una disciplina modificativa.Quinto comma: le disposizioni di cui sopra non valgono rispetto alle leggi eccezionali e temporanee. Eccezionali: legge emanata per fronteggiare particolari situazioni di anormalità. Temporanee: prevedono un termine di durata. Ratio: le precedenti disposizioni non vengono applicate in tal caso perché se non vi fosse questa previsione, l’autore del reato potrebbe agevolmente eludere la norma penale, in particolare realizzando il crimine in prossimità della scadenza del termine di durata o della fine dello stato eccezionale. Ciò perché i cittadini possono prevedere il termine di cessazione degli effetti di tali leggi e quindi trovare il modo per eluderle. Sesto comma: decreti legge non convertiti e leggi incostituzionali. L’art.2 sesto comma afferma che in tali casi si applicano le disposizioni degli altri commi; tuttavia la sentenza 51/1985 della Corte Costituzionale ha affermato che ciò non è possibile. Le ragioni della Corte vanno innanzitutto ricercate in un dato storico. L’art.2 è del 1930; all’epoca il decreto legge non convertito perdeva efficacia ex nunc, quindi solo dal momento in cui il decreto non veniva convertito. Con l’entrata in vigore della Costituzione(1948), ed in particolare con la formulazione di cui al terzo comma dell’art.77 della Costituzione, il decreto legge non convertito perde la sua efficacia fin dall’inizio, quindi con effetto ex tunc. Quando è stato scritto l’ultimo comma vi era un problema di successione di leggi nel tempo, problema che è sparito con l’entrata in vigore della Costituzione. Problema: se il decreto legge non convertito prevedeva una disciplina più favorevole per il reo, l’eventuale applicazione della regola della caducazione con efficacia ex tunc rischia di creare delle conseguenze sfavorevoli per il reo, delle conseguenze, dunque, in malam partem. Sorge dunque un contrasto con il secondo comma dell’art.25 della Cost.. La perdita di efficacia ex tunc, applicata in modo rigoroso, determina una conseguenza in malam partem. Da un lato l’art.77 dovrebbe negare l’applicazione del decreto legge non convertito, anche se la disciplina è più favorevole per il reo; dall’altro lato c’è l’art. 25, che sostiene il favor libertatis, e quindi il principio della retroattività della legge più favorevole al reo. Il contrasto si risolve attraverso dell’applicazione del principio della irretroattività della legge penale più sfavorevole al reo, facendo prevalere l’esigenza di cui all’art. 25 rispetto a quella dell’art. 77.=> a seguito della mancata conversione il reo ha comunque diritto ad ottenere il

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trattamento più favorevole, anche se il decreto legge non è stato convertito, applicando il principio della irretroattività della legge più sfavorevole. Di qui la sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo l’art.2 c.p. ultimo comma; ciò perché la disposizione renderebbe applicabile il decreto legge non convertito anche ai fatti pregressi al decreto medesimo. La censura di incostituzionalità riguarda i fatti pregressi al decreto legge; per i fatti concomitanti la questione è diversa: è qui che deve prevalere il favor libertatis rispetto al cittadino che commette il fatto quando è consapevole che non vi è un rilievo penale per quel determinato fatto; ha perciò diritto di vedersi riconosciuta la retroattività più favorevole. Tale regola, sancita dalla sentenza della Corte, si applica, dunque, solo ai fatti pregressi. Lo stesso ragionamento deve essere fatto per le leggi dichiarate incostituzionali solo in un secondo momento. Esempio giurisprudenziale in tema di successione delle leggi penali nel tempo: Cassazione a Sez. Unite Penali 12228/201414 depositata il 14/03/2014. Questa sentenza tratta della tematica successoria tra vecchio e nuovo reato di concussione, che è stato suddiviso tra concussione e induzione indebita. => La concussione (art.317 c.p.) è una sorta di corruzione fatta da un pubblico ufficiale che costringe il privato ad una dazione indebita di denaro a vantaggio della pubblica amministrazione. Il vecchio delitto prevedeva il reato di concussione nelle due forme di concussione per costrizione e di concussione per induzione: Costrizione: comportamento prevaricatore del pubblico ufficiale connotato da violenza o minaccia. Induzione: forma di concussione più morbida, per esempio comportamenti allusivi o ostruzionistici, senza connotazione di violenza o minaccia che caratterizzano la costrizione( es.: allusione, ostruzione). Con la riforma Severino è avvenuto il il così detto “spacchettamento” della concussione: in essa resta solo la costrizione realizzata dal solo pubblico ufficiale, e non c’è piu l’ufficiale di pubblico sevizio. L’induzione ( art.319 quater) è contenuta in un'altra norma: induzione indebita a dare o promettere utilità; è punita meno gravemente. Il comma due di questo art. afferma che vi è punibilità anche nel privato, può essere punito anche il privato=> ma tra vecchia concussione, che inglobava le due figure, e spacchettamento della concussione, che prevede anche la punibilità del privato, c’è continuità normativa o si tratta di abolitio criminis? (Caso Rubi: concussione per costrizione o induzione?; dopo legge Severino: si può ancora applicare la norma?) => Sezioni Unite Penali Cassazione, 14/03/12014: hanno accolto la tesi della continuità normativa; l’unica novità è la punibilità del privato. La cassazione ha affermato che vi è identità tra le due fattispecie legali astratte delle due norme, la vecchia e la nuova, basandosi su un confronto strutturale sugli elementi costitutivi per vedere se vi è uno spazio comune tra le due norme, ed è stata riscontrata un’area comune di forte convergenza. La novità della punibilità del privato non intacca l’omogeneità strutturale delle due norme.

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SEZ. II - LIMITI SPAZIALI La legge penale non incontra limiti soltanto nel tempo, ma anche nello spazio. La sua forza obbligatoria si esplica in una determinata zona della superficie terrestre. Vari criteri: Principio di universalità o extraterritorialità assoluta, secondo cui le leggi penali dovrebbero applicarsi a tutti gli uomini, in qualunque luogo si trovino; Principio della personalità attiva o statuto personale del reo, per il quale ad ogni autore di reato si dovrebbe applicare la legge dello Stato a cui esso appartiene; Principio della difesa o personalità attiva o tutela, che importa l’applicazione della legge dello Stato a cui appartiene il soggetto passivo del reato; Principio della territorialità, il quale afferma che la sfera di efficacia della legge penale è delimitata dal territorio dello Stato, obbligando tutti coloro che vi si trovino, siano essi cittadini, stranieri o apolidi. Lo Stato italiano ha adottato quest’ultimo criterio, ma con vari temperamenti: principio della territorialità

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temperata. Art.6 c.p. : “Chiunque commetta un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione od omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se vi è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione.” Definizione di territorio dello Stato: art 4 c.p.: “agli effetti della legge penale è territorio dello Stato il territorio della Repubblica ed ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato.” Vanno prese qui in considerazione le norme di diritto internazionale riguardanti il mare territoriale, la giurisdizione sulle navi ed aeromobili, le norme in materia di missioni diplomatiche e agenti consolari ed, infine, i Patti Lateranensi del 1929 , che disciplinano i rapporti tra lo Stato Italiano e lo Stato Pontificio. Territorio per fictio iuris: quello richiamato dalla seconda parte art.4 comma 2, legge della bandiera. Stato vaticano: c’è un regime speciale per piazza San Pietro, lì c’è giurisdizione italiana(vicenda attentato al Papa). Va precisato che, secondo il codice penale, in alcuni casi la punibilità è incondizionata e la procedibilità assoluta. Art.7c.p.: “È punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati: 1) delitti contro la personalità dello Stato; 2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto; 3) delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano; 4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;

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5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana. È necessario precisare che, secondo il codice penale, è punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico non compreso fra quelli indicati al numero 1 dell’art.7. Art.8 c.p.: “Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell’articolo precedente, è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia. Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela. Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.” È delitto politico diretto quello che offende un interesse politico dello Stato: per tale deve intendersi quello che attiene alla vita dello Stato nella sua essenza unitaria. È invece detto delitto politico indiretto quello che offende un diritto politico del cittadino. Ai reati politici veri e propri vengono equiparati i delitti soggettivamente politici, cioè quei reati comuni che siano determinati in tutto o in parte da motivi politici. In alcuni casi e a certe condizioni la legge italiana si applica anche a delitti comuni commessi all0estero. Bisogna distinguere in proposito secondo che il reato sia commesso dal cittadino o dallo straniero. In ambedue i casi si ritiene, come condizione essenziale, che il reo sia presente nel territorio italiano, perché solo tale circostanza giustifica l’intervento dello Stato. Delitti comuni commessi dal cittadino all’estero: art. 9 c.p.: “Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena di morte (1) o l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato. Se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di minore durata, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che la estradizione di lui

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non sia stata concessa, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto.” Delitti comuni commessi dallo straniero all’estero: Se il reato è commesso a danno dello Stato o di un cittadino italiano, è prevista la reclusione di minimo un anno su richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia, ovvero su querela della persona offesa; se il reato è commesso a danno di uno Stato o di un cittadino estero, il fatto è punibile in Italia solo se per esso sia stabilita una pena non inferiore a tre anni di reclusione. In tal caso, oltre che alla richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia, occorre che l’estradizione del colpevole non si stata concessa, ovvero non sia stata accettata né dal governo dello Stato in cui il delitto è stato commesso, né da quello a cui il reo appartiene. Deroghe al principio della territorialità: a volte reati commessi all’estero sono punibili secondo la legge italiana dallo stato italiano Art.7= reati commessi all’estero e punibili incondizionatamente in Italia: reati particolarmente gravi che offendono “interessi vitali” dello Stato. Art.8= delitti politici commessi all’estero: punibilità condizionata da richiesta Ministro della giustizia(condizione di procedibilità). Delitto politico: art.8 comma 3: 3 punti: 1) delitto diretto= offende interesse politico dello Stato=interesse alla vita dello Stato vista nella sua essenza unitaria; non è un delitto politico il reato contro la pubblica amministrazione o autorità giudiziaria; 2) delitto indiretto= offende un diritto politico del cittadino= offende il diritto del cittadino a partecipare attivamente alla vita dello Stato; 3) delitto soggettivamente politico: delitto comune determinato in tutto o in parte da motivi politici= il motivo politico è quello che attiene alla vita, esistenza, funzionamento, dello Stato. Il reato politico non deve essere confuso con il reato ministeriale, il quale non è necessariamente politico. Il reato è politico solo se risponde alle categorie dell’art.8 comma 3. Art.9-10: delitti comuni commessi all’estero da cittadino o straniero: condizione comune: il reo deve essere presente sul territorio italiano. Non c’è necessariamente una limitazione di gravità, anche i più lievi. È sufficiente che ci sia la querela dell’offeso. Allo scopo di una più stretta solidarietà tra gli Stati nella lotta alla delinquenza, il codice attuale ha ammesso il riconoscimento delle sentenze straniere per alcuni effetti, nelle ipotesi tassativamente indicate dall’art.12 del cod.pen., in coordinazione con la legge 305/1977. A tale scopo risponde l’istituto dell’estradizione, la quale consiste nella consegna di un individuo, imputato o condannato, che si trova nel territorio dello Stato, ad un altro Stato, affinché in questo venga giudicato (estradizione processuale) o sottoposto all’esecuzione della pena( estradizione esecutiva). Essa si distingue attiva e passiva, secondo che lo Stato chieda la consegna di un individuo che si trova all’estero o riceva da uno Stato straniero domanda di consegna di un individuo che si trova nel suo territorio. Condizioni di estradabilità: art.13 c.p.: “L’estradizione è regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali. L’estradizione non è ammessa, se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione, non è