DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA - unina.it · 2 lezione del 5 aprile 2017 organi giurisdizionali...

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1 Scuola di specializzazione per le professioni legali Università degli studi di Napoli Federico II I anno-I corso DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA I procedimenti davanti alla Corte di Giustizia e al Tribunale di prima istanza Avv. Anna Iermano

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Scuola di specializzazione per le professioni legali

Università degli studi di Napoli Federico II

I anno-I corso

DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

I procedimenti davanti alla Corte di Giustizia

e al Tribunale di prima istanza

Avv. Anna Iermano

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Lezione del 5 aprile 2017

ORGANI GIURISDIZIONALI DELL’UNIONE EUROPEA

TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA

TITOLO III

DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE ISTITUZIONI

Articolo 13

1. L’Unione dispone di un quadro istituzionale che mira a promuoverne i valori, perseguirne gli

obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri, garantire la coerenza,

l'efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni.

Le istituzioni dell'Unione sono:

– il Parlamento europeo,

– il Consiglio europeo,

– il Consiglio,

– la Commissione europea (in appresso “Commissione”),

– la Corte di giustizia dell'Unione europea,

– la Banca centrale europea,

– la Corte dei conti.

2. Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le

procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione.

3. Le disposizioni relative alla Banca centrale europea e alla Corte dei conti figurano, insieme a

disposizioni dettagliate sulle altre istituzioni, nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

4. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono assistiti da un Comitato economico e

sociale e da un Comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive.

Articolo 19

1. La Corte di giustizia dell'Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i

tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati.

Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale

effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.

2. La Corte di giustizia è composta da un giudice per Stato membro. È assistita da avvocati

generali.

Il Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro.

I giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia e i giudici del Tribunale sono scelti tra personalità che

offrano tutte le garanzie di indipendenza e che soddisfino le condizioni richieste agli articoli 253 e 254 del

trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati

membri per sei anni. I giudici e gli avvocati generali uscenti possono essere nuovamente nominati.

3. La Corte di giustizia dell'Unione europea si pronuncia conformemente ai trattati:

a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica o giuridica;

b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull'interpretazione del diritto

dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni;

c) negli altri casi previsti dai trattati.

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TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA

TITOLO I

DISPOSIZIONI ISTITUZIONALI

Sezione 5

La Corte di giustizia dell'Unione europea

Articolo 251

La Corte di giustizia si riunisce in sezioni o in grande sezione, conformemente alle regole previste a tal fine

dallo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea.

Ove ciò sia previsto dallo statuto, la Corte di giustizia può riunirsi anche in seduta plenaria.

Articolo 252

La Corte di giustizia è assistita da otto avvocati generali. Ove ciò sia richiesto dalla Corte di giustizia, il

Consiglio, deliberando all'unanimità, può aumentare il numero degli avvocati generali.

L'avvocato generale ha l'ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena

indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo statuto della Corte di giustizia

dell'Unione europea, richiedono il suo intervento.

Articolo 253

I giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia, scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di

indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l'esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte

funzioni giurisdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria competenza, sono nominati di comune

accordo per sei anni dai governi degli Stati membri, previa consultazione del comitato di cui all'articolo 255.

Ogni tre anni si procede a un rinnovo parziale dei giudici e degli avvocati generali, alle condizioni previste

dallo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea.

I giudici designano tra loro, per tre anni, il presidente della Corte di giustizia. Il suo mandato è rinnovabile.

I giudici e gli avvocati generali uscenti possono essere nuovamente nominati.

La Corte di giustizia nomina il proprio cancelliere, di cui fissa lo statuto.

La Corte di giustizia stabilisce il proprio regolamento di procedura. Tale regolamento è sottoposto

all'approvazione del Consiglio.

Articolo 254

Il numero dei giudici del Tribunale è stabilito dallo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea. Lo

statuto può prevedere che il Tribunale sia assistito da avvocati generali.

I membri del Tribunale sono scelti tra persone che offrano tutte le garanzie di indipendenza e possiedano la

capacità per l'esercizio di alte funzioni giurisdizionali. Essi sono nominati di comune accordo per sei anni dai

governi degli Stati membri, previa consultazione del comitato di cui all'articolo 255. Ogni tre anni si procede

a un rinnovo parziale. I membri uscenti possono essere nuovamente nominati.

I giudici designano tra loro, per tre anni, il presidente del Tribunale. Il suo mandato è rinnovabile.

Il Tribunale nomina il proprio cancelliere, di cui fissa lo statuto.

Il Tribunale stabilisce il proprio regolamento di procedura di concerto con la Corte di giustizia. Tale

regolamento è sottoposto all'approvazione del Consiglio.

Salvo quanto diversamente disposto dallo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, le disposizioni

dei trattati relative alla Corte di giustizia sono applicabili al Tribunale.

Articolo 255

È istituito un comitato con l'incarico di fornire un parere sull'adeguatezza dei candidati all'esercizio delle

funzioni di giudice e di avvocato generale della Corte di giustizia e del Tribunale, prima che i governi degli

Stati membri procedano alle nomine in conformità degli articoli 253 e 254.

Il comitato è composto da sette personalità scelte tra ex membri della Corte di giustizia e del Tribunale,

membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza, uno dei quali è

proposto dal Parlamento europeo. Il Consiglio adotta una decisione che stabilisce le regole di funzionamento

di detto comitato e una decisione che ne designa i membri. Esso delibera su iniziativa del presidente della

Corte di giustizia.

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Articolo 256

1 Il Tribunale è competente a conoscere in primo grado dei ricorsi di cui agli articoli 263, 265, 268, 270 e

272, ad eccezione di quelli attribuiti a un tribunale specializzato istituito in applicazione dell'articolo 257 e di

quelli che lo statuto riserva alla Corte di giustizia. Lo statuto può prevedere che il Tribunale sia competente

per altre categorie di ricorsi.

Le decisioni emesse dal Tribunale ai sensi del presente paragrafo possono essere oggetto di impugnazione

dinanzi alla Corte di giustizia per i soli motivi di diritto e alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo

statuto.

2. Il Tribunale è competente a conoscere dei ricorsi proposti contro le decisioni dei tribunali specializzati.

Le decisioni emesse dal Tribunale ai sensi del presente paragrafo possono eccezionalmente essere oggetto di

riesame da parte della Corte di giustizia, alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo statuto, ove sussistano

gravi rischi che l'unità o la coerenza del diritto dell'Unione siano compromesse.

3. Il Tribunale è competente a conoscere delle questioni pregiudiziali, sottoposte ai sensi dell'articolo 267, in

materie specifiche determinate dallo statuto.

Il Tribunale, ove ritenga che la causa richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere l'unità

o la coerenza del diritto dell'Unione, può rinviare la causa dinanzi alla Corte di giustizia affinché si pronunci.

Le decisioni emesse dal Tribunale su questioni pregiudiziali possono eccezionalmente essere oggetto di

riesame da parte della Corte di giustizia, alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo statuto, ove sussistano

gravi rischi che l'unità o la coerenza del diritto dell'Unione siano compromesse.

Articolo 257

Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono istituire

tribunali specializzati affiancati al Tribunale, e incaricati di conoscere in primo grado di talune categorie di

ricorsi proposti in materie specifiche. Il Parlamento europeo e il Consiglio deliberano mediante regolamenti

su proposta della Commissione e previa consultazione della Corte di giustizia o su richiesta della Corte di

giustizia e previa consultazione della Commissione.

Il regolamento sull'istituzione di un tribunale specializzato stabilisce le regole relative alla composizione di

tale tribunale e precisa la portata delle competenze ad esso conferite.

Le decisioni dei tribunali specializzati possono essere oggetto di impugnazione per i soli motivi di diritto o,

qualora il regolamento sull'istituzione del tribunale specializzato lo preveda, anche per motivi di fatto,

dinanzi al Tribunale.

I membri dei tribunali specializzati sono scelti tra persone che offrano tutte le garanzie di indipendenza e

possiedano la capacità per l'esercizio di funzioni giurisdizionali. Essi sono nominati dal Consiglio, che

delibera all'unanimità.

I tribunali specializzati stabiliscono il proprio regolamento di procedura di concerto con la Corte di giustizia.

Tale regolamento è sottoposto all'approvazione del Consiglio.

Salvo ove diversamente disposto dal regolamento sull'istituzione del tribunale specializzato, le disposizioni

dei trattati relative alla Corte di giustizia dell'Unione europea e le disposizioni dello statuto della Corte di

giustizia dell'Unione europea si applicano ai tribunali specializzati. Il titolo I dello statuto e l'articolo 64 del

medesimo si applicano in ogni caso ai tribunali specializzati.

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PROCEDURA DI INFRAZIONE/RICORSO PER INADEMPIMENTO DELLO STATO

Articolo 258 TFUE

La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti

in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di

presentare le sue osservazioni.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può

adire la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Articolo 259 TFUE

Ciascuno degli Stati membri può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea quando reputi che un altro

Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati.

Uno Stato membro, prima di proporre contro un altro Stato membro un ricorso fondato su una pretesa

violazione degli obblighi che a quest'ultimo incombono in virtù dei trattati, deve rivolgersi alla

Commissione.

La Commissione emette un parere motivato dopo che gli Stati interessati siano posti in condizione di

presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali.

Qualora la Commissione non abbia formulato il parere nel termine di tre mesi dalla domanda, la mancanza

del parere non osta alla facoltà di ricorso alla Corte.

Articolo 260 TFUE

Quando la Corte di giustizia dell’Unione europea riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli

obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che

l’esecuzione della sentenza della Corte comporta.

Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso le misure che l'esecuzione della sentenza della

Corte comporta‚ la Commissione, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può

adire la Corte. Essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato

membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze.

La Corte, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa

pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

Questa procedura lascia impregiudicate le disposizioni dell'articolo 259.

La Commissione, quando propone ricorso dinanzi alla Corte in virtù dell'articolo 258 reputando che lo Stato

membro interessato non abbia adempiuto all'obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva

adottata secondo una procedura legislativa, può, se lo ritiene opportuno, indicare l'importo della somma

forfettaria o della penalità da versare da parte di tale Stato che essa consideri adeguato alle circostanze.

Se la Corte constata l'inadempimento, può comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una

somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell'importo indicato dalla Commissione. Il pagamento è

esigibile alla data fissata dalla Corte nella sentenza.

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Procedura di infrazione ex art. 258 TFUE attivata per violazione della sentenza Traghetti del

Mediterraneo* e conclusasi con la seguente sentenza:

SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA (Terza Sezione)

24 novembre 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Principio generale della responsabilità degli Stati membri per violazione del

diritto dell’Unione da parte di un loro organo giurisdizionale di ultimo grado – Esclusione di qualsiasi

responsabilità dello Stato per interpretazione delle norme di diritto o per valutazione di fatti e prove da

parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado – Limitazione, da parte del legislatore nazionale, della

responsabilità dello Stato ai casi di dolo o colpa grave dell’organo giurisdizionale medesimo»

Nella causa C-379/10,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proposto il 29 luglio 2010,

Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra L. Pignataro e dal sig. M. Nolin, in qualità di agenti, con

domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. G. De

Bellis, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský, dalla sig.ra R. Silva de

Lapuerta, dai sigg. T. von Danwitz (relatore) e D. Šváby, giudici,

* Corte di Giustizia, sentenza del 13 giugno 2006, causa C‑173/03, Traghetti del Mediterraneo SpA, in liquidazione c.

Repubblica italiana: Il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la

responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto

comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa

risulta da un’interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale

organo giurisdizionale. Infatti, escludere, in simili circostanze, ogni responsabilità dello Stato equivarrebbe a privare

della sua stessa sostanza il principio secondo il quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni cagionati ai singoli

da violazioni manifeste del diritto comunitario derivanti dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo

grado, in quanto una siffatta esclusione non garantirebbe ai singoli una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che il

diritto comunitario conferisce loro (v. punti 33, 36, 40, 44, 46 e dispositivo). La responsabilità dello Stato membro per i

danni arrecati ai singoli a causa di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale

nazionale di ultimo grado può sorgere nel caso eccezionale in cui tale organo giurisdizionale abbia violato in modo

manifesto il diritto vigente. Tale violazione manifesta si valuta, in particolare, alla luce di un certo numero di criteri

quali il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere scusabile o inescusabile dell’errore di diritto

commesso, o la mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio

pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE, ed è presunta, in ogni caso, quando la decisione interessata

interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in materia. A tal proposito, se non si può escludere

che il diritto nazionale precisi i criteri, relativi alla natura o al grado di una violazione, da soddisfare affinché possa

sorgere la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale

nazionale di ultimo grado, tali criteri non possono, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla

condizione di una manifesta violazione del diritto vigente, quale precisata ai punti 53‑56 della sentenza 30 settembre

2003, causa C‑224/01, Köbler. Pertanto, il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che limiti la

sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse

ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata

commessa una violazione manifesta del diritto vigente (v. punti 42‑44, 46 e dispositivo).

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avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il proprio ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che:

– escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una

violazione del diritto dell’Unione imputabile ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora

tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o di valutazione di fatti e prove effettuata

dall’organo giurisdizionale medesimo, e

– limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave,

ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati

nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati (GURI n. 88, del 15 aprile

1988, pag. 3; in prosieguo: la «legge n. 117/88»), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa

incombenti in forza del principio generale della responsabilità degli Stati membri per violazioni del diritto

dell’Unione da parte di un proprio organo giurisdizionale di ultimo grado.

Contesto normativo nazionale

2 Ai sensi del suo art. 1, la legge n. 117/88 si applica «a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria,

amministrativa, contabile, militare e speciali che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla

natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria».

3 L’art. 2 di tale legge così recita:

«1. Chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento

giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per

diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di

quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale.

2. Nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione

di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove.

3. Costituiscono colpa grave:

a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

b) l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente

esclusa dagli atti del procedimento;

c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente

dagli atti del procedimento;

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d) l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure

senza motivazione».

Fatti

4 L’art. 2 della legge n. 117/88 ha costituito oggetto, a seguito di un rinvio pregiudiziale, della sentenza 13

giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo (Racc. pag. I-5177).

5 In tale sentenza la Corte ha affermato, ai punti 33-37, quanto segue:

«33 Considerazioni (…) connesse alla necessità di garantire ai singoli una protezione giurisdizionale effettiva

dei diritti che il diritto comunitario conferisce loro, ostano (…) a che la responsabilità dello Stato non possa

sorgere per il solo motivo che una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale

nazionale di ultimo grado risulti dall’interpretazione delle norme di diritto effettuata da tale organo

giurisdizionale.

34 Da un lato, infatti, l’interpretazione delle norme di diritto rientra nell’essenza vera e propria dell’attività

giurisdizionale poiché, qualunque sia il settore di attività considerato, il giudice, posto di fronte a tesi

divergenti o antinomiche, dovrà normalmente interpretare le norme giuridiche pertinenti – nazionali e/o

comunitarie – al fine di decidere la controversia che gli è sottoposta.

35 Dall’altro lato, non si può escludere che una violazione manifesta del diritto comunitario vigente venga

commessa, appunto, nell’esercizio di una tale attività interpretativa, se, per esempio, il giudice dà a una

norma di diritto sostanziale o procedurale comunitario una portata manifestamente erronea, in particolare alla

luce della pertinente giurisprudenza della Corte in tale materia (v., a questo riguardo, sentenza 30 settembre

2003, causa C-224/01, Köbler, Racc. pag. I-10239, punto 56), o se interpreta il diritto nazionale in modo da

condurre, in pratica, alla violazione del diritto comunitario vigente.

36 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, escludere, in simili circostanze,

ogni responsabilità dello Stato a causa del fatto che la violazione del diritto comunitario deriva da

un’operazione di interpretazione delle norme giuridiche effettuata da un organo giurisdizionale equivarrebbe

a privare della sua stessa sostanza il principio sancito dalla Corte nella citata sentenza Köbler. Tale

constatazione vale, a maggior ragione, per gli organi giurisdizionali di ultimo grado, incaricati di assicurare a

livello nazionale l’interpretazione uniforme delle norme giuridiche.

37 Si deve giungere ad analoga conclusione nel caso di una legislazione che escluda, in maniera generale, la

sussistenza di una qualunque responsabilità dello Stato allorquando la violazione imputabile ad un organo

giurisdizionale di tale Stato risulti da una valutazione dei fatti e delle prove».

Il procedimento precontenzioso

6 In data 10 febbraio 2009 la Commissione inviava una lettera alla Repubblica italiana in cui dichiarava

che, escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di

una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo

grado, qualora tale violazione risulti dall’interpretazione di norme di diritto o di valutazione di fatti e

prove effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, e limitando tale responsabilità ai soli casi di

dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge n. 117/88, la Repubblica italiana era venuta

meno agli obblighi ad essa incombenti in considerazione del principio generale di responsabilità degli Stati

membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di un proprio organo giurisdizionale di ultimo grado.

7 Il 9 ottobre seguente la Commissione trasmetteva alla Repubblica italiana una lettera di diffida che restava

senza risposta.

9

8 Con lettera del 22 marzo 2010 la Commissione faceva pervenire alla Repubblica italiana un parere

motivato, invitandola ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro il termine di due mesi a

decorrere dalla sua ricezione. Atteso che tale parere motivato restava parimenti senza risposta, la

Commissione decideva di proporre alla Corte il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

9 La Commissione deduce che le menzionate disposizioni della legge n. 117/88, che hanno già costituito

oggetto di esame da parte della Corte nella citata sentenza Traghetti del Mediterraneo, sono incompatibili

con la giurisprudenza della Corte relativa alla responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto

dell’Unione da parte di un proprio organo giurisdizionale di ultimo grado, in particolare con la menzionata

sentenza Köbler.

10 A sostegno del ricorso la Commissione deduce, sostanzialmente, due addebiti. Da un lato, contesta alla

Repubblica italiana di avere escluso, ai sensi dell’art. 2, secondo comma, della legge n. 117/88, qualsiasi

responsabilità dello Stato italiano per i danni causati a singoli dalla violazione del diritto dell’Unione da

parte di un proprio organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione derivi da

un’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo

giurisdizionale medesimo. Dall’altro, la Commissione contesta alla Repubblica italiana di aver limitato, in

casi diversi dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e prove, la possibilità di

invocare tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave, il che non sarebbe conforme ai principi

elaborati dalla giurisprudenza della Corte.

11 L’istituzione fa valere, a tal riguardo, che, al punto 42 della menzionata sentenza Traghetti del Mediterraneo,

la Corte, richiamandosi alla citata sentenza Köbler, ha rammentato che la responsabilità dello Stato per i

danni arrecati ai singoli a causa di una violazione del diritto dell’Unione imputabile ad un organo

giurisdizionale nazionale di ultimo grado può sorgere solamente per violazione manifesta del diritto vigente

compiuta da tale organo giurisdizionale. La Commissione ricorda che tale violazione manifesta viene

valutata, in particolare, alla luce di determinati criteri, quali il grado di chiarezza e di precisione della norma

violata, il carattere scusabile ovvero inescusabile dell’errore di diritto commesso, ed è presunta, in ogni caso,

quando la decisione interessata interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in

materia. Inoltre, a parere della Commissione, non può escludersi che il diritto nazionale precisi tali criteri,

criteri che non possono, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione

della manifesta violazione del diritto vigente.

12 La Commissione deduce che, nella menzionata sentenza Traghetti del Mediterraneo, la Corte ha affermato,

da un lato, che il diritto dell’Unione osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la

responsabilità dello Stato membro interessato per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del

diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione derivi da

un’interpretazione di norme di diritto o da una valutazione di fatti e prove operate dall’organo giurisdizionale

medesimo. L’istituzione ricorda, dall’altro, che la Corte ha parimenti dichiarato l’incompatibilità di una

limitazione di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione

conduca ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia

stata accertata una violazione manifesta del diritto vigente.

13 La Commissione aggiunge che dalla motivazione e dal dispositivo della menzionata sentenza Traghetti del

Mediterraneo emerge, conseguentemente, che la Corte ha ritenuto che la normativa italiana in questione

determinasse, al tempo stesso, un’esclusione della responsabilità dello Stato nel settore dell’interpretazione

delle norme di diritto o della valutazione di fatti e prove nonché una limitazione della responsabilità negli

altri settori di attività giurisdizionale, quali la nomina di tutori o le dichiarazioni di incapacità. In tal senso,

nella causa da cui è scaturita la detta sentenza, la Corte avrebbe, da un lato, respinto l’interpretazione

sostenuta dalla Repubblica italiana all’udienza, secondo cui la legge n. 117/88 conterrebbe unicamente una

10

clausola limitativa della responsabilità per tutti i settori dell’attività giurisdizionale, e, dall’altro, rilevato

l’incompatibilità con il diritto dell’Unione delle disposizioni di cui trattasi.

14 Il tenore dell’art. 2 della legge n. 117/88 sarebbe d’altronde inequivocabile a tal riguardo, in quanto la

nozione di «colpa grave» figurerebbe ai commi 1 e 3 di tale articolo, ma non al secondo comma del

medesimo.

15 Per quanto attiene al secondo addebito, la Commissione deduce che la giurisprudenza della suprema Corte di

cassazione, fermo restando che essa non riguarda disposizioni connesse con l’interpretazione del diritto

dell’Unione, ha interpretato la nozione di «colpa grave» in termini estremamente restrittivi, il che, in

contrasto con i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte, determina una limitazione della

responsabilità dello Stato italiano, anche in casi diversi dall’interpretazione di norme di diritto o dalla

valutazione di fatti e prove.

16 A tal riguardo, la Commissione richiama due sentenze di detto giudice, pronunciate, rispettivamente, in data

5 luglio 2007, n. 15227, e 18 marzo 2008, n. 7272, secondo cui tale nozione sarebbe stata interpretata,

sostanzialmente, in termini tali da coincidere con il «carattere manifestamente aberrante dell’interpretazione»

effettuata dal magistrato. In tal senso, la Commissione menziona, in particolare, la massima della seconda

delle menzionate sentenze in cui la suprema Corte di cassazione avrebbe affermato che i presupposti previsti

dall’art. 2, terzo comma, lett. a), della legge n. 117/88 sussistono «allorquando, nel corso dell’attività

giurisdizionale, (...) si sia concretizzata una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma

stessa ovvero una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico o l’adozione di scelte

aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore o la manipolazione assolutamente arbitraria del

testo normativo».

17 A parere della Commissione, la responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell’Unione da

parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado non può essere quindi fatta valere negli stessi

termini stabiliti dalla giurisprudenza della Corte e risulta, in pratica, difficilmente invocabile.

18 Conseguentemente, sembrerebbe che, malgrado la pronuncia della menzionata sentenza Traghetti del

Mediterraneo, il testo della legge n. 117/88 sia stato mantenuto inalterato e che la suprema Corte di

cassazione non abbia modificato il proprio orientamento giurisprudenziale restrittivo, e ciò nonostante il fatto

che detta sentenza abbia operato una «rielaborazione evidente» della normativa di cui trattasi.

19 La Repubblica italiana contesta l’inadempimento addebitatole.

20 A suo parere, la Commissione interpreta erroneamente la legge n. 117/88. L’art. 2 di detta legge conterrebbe

unicamente una clausola limitativa della responsabilità, a prescindere dall’attività giurisdizionale in

questione. Infatti, i presupposti fissati al primo comma dell’art. 2 della legge medesima, precisati, con

riguardo alla nozione di «colpa grave», al successivo terzo comma, si applicherebbero parimenti nell’ambito

del secondo comma dell’articolo stesso, relativo all’interpretazione di norme di diritto ed alla valutazione di

fatti e prove.

21 Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, nella menzionata sentenza Traghetti del

Mediterraneo la Corte non avrebbe respinto l’interpretazione dell’art. 2 della legge n. 117/88 sostenuta dalla

Repubblica italiana, bensì si sarebbe limitata a rispondere alla questione pregiudiziale formulata dal giudice

del rinvio.

22 Inoltre, in tale sentenza, la Corte non si sarebbe espressamente pronunciata sull’incompatibilità della legge

n. 117/88 con il diritto dell’Unione. Orbene, la legge italiana non sarebbe di per sé in contrasto con la

giurisprudenza della Corte, atteso che ai giudici nazionali sarebbe consentito procedere ad un’interpretazione

di tale legge conforme ai requisiti del diritto dell’Unione e, in particolare, a quelli fissati nelle menzionate

sentenze Köbler e Traghetti del Mediterraneo. Infatti, la nozione di «colpa grave» contenuta nella normativa

italiana in esame coinciderebbe, in effetti, con la condizione della «violazione grave e manifesta del diritto

dell’Unione», quale definita dalla giurisprudenza della Corte.

11

23 La Repubblica italiana deduce che un inadempimento potrebbe essere dichiarato solamente qualora la

giurisprudenza nazionale interpretasse la legge n. 117/88 in termini non conformi a tali requisiti. Orbene, la

Commissione non sarebbe stata in grado di dimostrare l’esistenza, successivamente alla pronuncia della

menzionata sentenza Traghetti del Mediterraneo, di sentenze della suprema Corte di cassazione che

accolgano un’interpretazione dell’art. 2 della legge n. 117/88 che presenti un collegamento con il diritto

dell’Unione né, tanto meno, di sentenze che accolgano un’interpretazione di tale legge differente da quella

sostenuta dal governo italiano.

24 Infatti, le due sentenze della suprema Corte successive alla citata sentenza Traghetti del Mediterraneo,

richiamate dalla Commissione, non riguarderebbero una violazione dei principi del diritto dell’Unione.

Inoltre, dette sentenze dimostrerebbero che la suprema Corte di cassazione ha inteso il terzo comma,

dell’art. 2 della legge n. 177/88 quale strumento interpretativo del precedente secondo comma e che

quest’ultimo comma non può essere pertanto inteso nel senso che costituisca una clausola di esclusione della

responsabilità.

25 A sostegno di tale argomento, la Repubblica italiana sottolinea che la menzionata sentenza della suprema

Corte di cassazione del 18 marzo 2008 non fa alcun riferimento all’art. 2, secondo comma, della legge

n. 117/88, laddove, secondo la tesi sostenuta dalla Commissione, l’applicazione di tale disposizione avrebbe

peraltro consentito alla suprema Corte di respingere il ricorso nella causa oggetto della sentenza stessa. Dalla

mancata menzione di detto secondo comma dell’art. 2 deriverebbe che tale disposizione non può essere, in

realtà, intesa nel senso che costituisca una clausola di esclusione della responsabilità.

26 L’errore di interpretazione della Commissione sarebbe parimenti evidenziato dall’affermazione, contenuta

nella citata sentenza della suprema Corte di cassazione del 5 luglio 2007, secondo cui le «ipotesi specifiche»

previste dall’art. 2 della legge n. 177/88, «hanno quale comune fattore» una negligenza inescusabile. Ne

conseguirebbe che tale articolo dovrebbe essere complessivamente inteso nel senso che subordina il sorgere

della responsabilità dello Stato al compimento di una negligenza di tal genere da parte del giudice nazionale.

Giudizio della Corte

27 Si deve rilevare, in limine, che la Repubblica italiana non contesta l’applicabilità dell’art. 2 della legge

n. 117/88 alle azioni di responsabilità proposte da singoli nei confronti dello Stato italiano per violazione del

diritto dell’Unione da parte di uno dei suoi organi giurisdizionali di ultimo grado.

28 Le parti dissentono, tuttavia, sulla questione della conformità di tale articolo con il diritto dell’Unione e, in

particolare, con la giurisprudenza della Corte.

29 Come rammentato da costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento per inadempimento ex art. 258

TFUE, se è pur vero che incombe alla Commissione dimostrare l’esistenza del preteso inadempimento,

spetta allo Stato membro convenuto, una volta che la Commissione abbia fornito elementi sufficienti a

dimostrare la veridicità dei fatti contestati, confutare in modo sostanziale e dettagliato i dati forniti e le

conseguenze che ne derivano (v. sentenze 22 settembre 1988, causa 272/86, Commissione/Grecia,

Racc. pag. 4875, punto 21; 7 luglio 2009, causa C-369/07, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5703, punto

75, e 6 ottobre 2009, causa C-335/07, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I-9459, punto 47).

30 Si deve rilevare che, al di fuori dei casi di dolo e di diniego di giustizia, l’art. 2, primo comma, della legge

n. 117/88 prevede che la responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell’Unione può sorgere

qualora un magistrato abbia commesso «colpa grave» nell’esercizio delle proprie funzioni. Quest’ultima

nozione viene definita nel successivo terzo comma, lett. a), quale «grave violazione di legge determinata da

negligenza inescusabile». Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, nell’esercizio delle funzioni

giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’interpretazione di norme di diritto né la valutazione dei fatti e

delle prove.

31 In primo luogo, la Commissione contesta alla Repubblica italiana di escludere, per effetto dell’art. 2,

secondo comma, della legge n. 117/88, qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni causati a

12

singoli derivanti da una violazione del diritto dell’Unione compiuta da uno dei suoi organi giurisdizionali di

ultimo grado, qualora tale violazione derivi dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione dei

fatti e delle prove effettuate dal giudice medesimo.

32 A sostegno di tale primo addebito la Commissione deduce che tale disposizione costituisce una clausola di

esclusione di responsabilità autonoma rispetto al disposto di cui ai commi 1 e 3 del medesimo art. 2.

33 Si deve ricordare, a tal riguardo, che, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 117/88, la normativa italiana in

materia di responsabilità dello Stato per i danni causati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie prevede, da

un lato, ai commi 1 e 3 di tale articolo, che tale responsabilità è limitata ai casi di dolo, di colpa grave e di

diniego di giustizia, e, dall’altro, al secondo comma dell’articolo stesso, che «non può dar luogo a

responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove».

Dall’esplicito tenore di quest’ultima disposizione emerge che tale responsabilità resta esclusa, in via

generale, nell’ambito dell’interpretazione del diritto e della valutazione dei fatti e delle prove.

34 Negli stessi termini il giudice del rinvio ha d’altronde esposto l’art. 2 della legge n. 117/88 nelle questioni

pregiudiziali sottoposte alla Corte nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Traghetti del

Mediterraneo, come emerge dal punto 20 della medesima.

35 Orbene, ai punti 33-40 di tale sentenza, la Corte ha affermato che il diritto dell’Unione osta ad una

legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni

arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale

di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulti da un’interpretazione delle norme

giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale.

36 La Repubblica italiana deduce, richiamandosi alle due sentenze della suprema Corte di cassazione

menzionate supra al punto 16, che l’interpretazione dell’art. 2 della legge n. 117/88 operata dalla

Commissione è erronea.

37 Tuttavia, a prescindere dal significato da attribuire al fatto che la motivazione della sentenza della suprema

Corte di cassazione del 18 marzo 2008 non fa riferimento all’art. 2, secondo comma, della legge n. 117/88

nonché al passo della sentenza della Corte medesima del 5 luglio 2007, secondo cui le «ipotesi specifiche»

previste all’art. 2 di tale legge hanno quale «comune fattore» una negligenza inescusabile, si deve rilevare

che, a fronte dell’esplicito tenore dell’art. 2, secondo comma, di tale legge, lo Stato membro convenuto non

ha fornito alcun elemento in grado di dimostrare validamente che, nell’ipotesi di violazione del diritto

dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado, tale disposizione venga

interpretata dalla giurisprudenza quale semplice limite posto alla sua responsabilità qualora la violazione

risulti dall’interpretazione delle norme di diritto o dalla valutazione dei fatti e delle prove effettuate

dall’organo giurisdizionale medesimo, e non quale esclusione di responsabilità.

38 Il primo addebito della Commissione deve essere conseguentemente accolto.

39 In secondo luogo, la Commissione contesta alla Repubblica italiana di limitare, in casi diversi

dall’interpretazione delle norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove, la possibilità di invocare la

responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi

giurisdizionali di ultimo grado ai soli casi di dolo o di colpa grave, il che non sarebbe conforme ai principi

elaborati dalla giurisprudenza della Corte. A tal riguardo, la Commissione sostiene, segnatamente, che la

nozione di «colpa grave», di cui all’art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 117/88, viene interpretata dalla

suprema Corte di cassazione in termini coincidenti con il «carattere manifestamente aberrante

dell’interpretazione» effettuata dal magistrato e non con la nozione di «violazione manifesta del diritto

vigente» postulata dalla Corte ai fini del sorgere della responsabilità dello Stato per violazione del diritto

dell’Unione.

40 Si deve ricordare, a tal riguardo, che, secondo costante giurisprudenza della Corte, tre sono le condizioni in

presenza delle quali uno Stato membro è tenuto al risarcimento dei danni causati ai singoli per violazione del

13

diritto dell’Unione al medesimo imputabile, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a

conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente caratterizzata e, infine, che esista un

nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi

(v. sentenze 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame,

Racc. pag. I-1029, punto 51; 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 36, nonché 24

marzo 2009, causa C-445/06, Danske Slagterier, Racc. pag. I-2119, punto 20).

41 La responsabilità dello Stato per i danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di

ultimo grado che violi una norma di diritto dell’Unione è disciplinata dalle stesse condizioni, ove la Corte ha

tuttavia precisato che, in tale contesto, la seconda di dette condizioni dev’essere intesa nel senso che

consenta di invocare la responsabilità dello Stato solamente nel caso eccezionale in cui il giudice abbia

violato in maniera manifesta il diritto vigente (v. sentenza Köbler, cit., punti 52 e 53).

42 Dalla giurisprudenza della Corte emerge, inoltre, che, se è pur vero che non si può escludere che il diritto

nazionale precisi i criteri relativi alla natura o al grado di una violazione, criteri da soddisfare affinché possa

sorgere la responsabilità dello Stato in un’ipotesi di tal genere, tali criteri non possono, in nessun caso,

imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto

vigente (v. sentenza Traghetti del Mediterraneo, cit., punto 44 nonché la giurisprudenza ivi citata).

43 Nella specie, si deve rilevare che la Commissione ha fornito, alla luce, segnatamente, degli argomenti

riassunti supra al punto 16, elementi sufficienti da cui emerge che la condizione della «colpa grave», di cui

all’art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 117/88, che deve sussistere affinché possa sorgere la responsabilità

dello Stato italiano, viene interpretata dalla suprema Corte di cassazione in termini tali che finisce per

imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di «violazione manifesta del diritto

vigente».

44 In risposta a tale argomento della Commissione la Repubblica italiana si limita, sostanzialmente, ad

affermare, da un lato, che le sentenze della suprema Corte di cassazione menzionate supra al punto 16 non

riguardano una violazione del diritto dell’Unione e, dall’altro, che l’art. 2 della legge n. 117/88 può essere

oggetto di interpretazione conforme al diritto dell’Unione medesimo e che la nozione di «colpa grave» di cui

al detto articolo è, in realtà, equivalente a quella di «violazione manifesta del diritto vigente».

45 Orbene, indipendentemente dalla questione se la nozione di «colpa grave», ai sensi della legge n. 117/88,

malgrado il rigoroso contesto in cui essa si colloca all’art. 2, terzo comma, della legge medesima, possa

essere effettivamente interpretata, nell’ipotesi di violazione del diritto dell’Unione da parte di un organo

giurisdizionale di ultimo grado dello Stato membro convenuto, in termini tali da corrispondere al requisito di

«violazione manifesta del diritto vigente» fissato dalla giurisprudenza della Corte, si deve rilevare che la

Repubblica italiana non ha richiamato, in ogni caso, nessuna giurisprudenza che, in detta ipotesi, vada in tal

senso e non ha quindi fornito la prova richiesta quanto al fatto che l’interpretazione dell’art. 2, commi 1 e 3,

di tale legge accolta dai giudici italiani sia conforme alla giurisprudenza della Corte.

46 Alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 29, si deve concludere che la Repubblica italiana non ha

confutato in termini sufficientemente sostanziali e dettagliati l’addebito contestatole dalla Commissione,

secondo cui la normativa italiana limita, in casi diversi dall’interpretazione di norme di diritto o dalla

valutazione dei fatti e delle prove, la responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell’Unione

da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado in modo non conforme ai principi elaborati

dalla giurisprudenza della Corte.

47 Alla luce delle suesposte considerazioni, il secondo addebito della Commissione deve essere accolto ed il

ricorso dalla medesima proposto deve ritenersi fondato.

48 Conseguentemente si deve dichiarare che:

– escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una

violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora

14

tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o di valutazione di fatti e prove effettuate

dall’organo giurisdizionale medesimo, e

– limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave,

ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge n. 117/88, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad

essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto

dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado.

Sulle spese

49 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne

è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha concluso in tal senso, la Repubblica italiana, rimasta

soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana,

– escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una

violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado,

qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove

effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, e

– limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave,

ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati

nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, è venuta meno agli

obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per

violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

15

Procedura di infrazione ex art. 260 TFUE

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione), 2 dicembre 2014, causa C-196/13, Commissione europea c.

Repubblica italiana

1) La Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza

Commissione/Italia (C-135/05, EU:C:2007:250), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in

forza dell’articolo 260, paragrafo l, TFUE.

2) La Repubblica italiana è condannata a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie

dell’Unione europea», a partire dal giorno di pronuncia della presente sentenza e fino all’esecuzione

della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), una penalità semestrale calcolata, per il primo

semestre successivo alla presente sentenza, alla fine di quest’ultimo, a partire da un importo iniziale

fissato in EUR 42 800 000, dal quale saranno detratti EUR 400 000 per ciascuna discarica contenente

rifiuti pericolosi messa a norma conformemente a detta sentenza ed EUR 200 000 per ogni altra

discarica messa a norma conformemente a detta sentenza. Per tutti i semestri successivi, la penalità

dovuta per ciascun semestre sarà calcolata, alla fine dello stesso, a partire dall’importo della penalità

stabilita per il semestre precedente, applicando le predette detrazioni per le discariche oggetto

dell’inadempimento constatato messe a norma nel corso del semestre.

3) La Repubblica italiana è condannata a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie

dell’Unione europea», la somma forfettaria di EUR 40 milioni.

4) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

16

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21

PROCEDURE DI INFRAZIONE-ITALIA

http://www.politichecomunitarie.it/struttura/15815/struttura-di-missione

Con DPCM del 28 luglio 2006 è stata istituita, presso il Dipartimento Politiche Europee, una Struttura di

missione con i compiti di prevenire l’insorgere del contenzioso comunitario e di rafforzare il coordinamento

delle attività volte alla risoluzione delle procedure d’infrazione.

Per quanto riguarda il primo dei due aspetti, la Struttura si propone un intervento il più possibile

anticipato, perfino anteriore all’apertura formale delle procedure, operando per garantire il tempestivo

recepimento del diritto comunitario e attivandosi presso la Commissione già in fase di reclamo.

In relazione al secondo profilo, la Struttura svolge una funzione di assistenza e di coordinamento delle

Amministrazioni nazionali e di cura dei rapporti con la Commissione. In questo modo, contribuisce

attivamente alla risoluzione delle procedure d’infrazione e alla complessiva riduzione dell’incidenza del

contenzioso comunitario, obiettivi che costituiscono una delle priorità della politica europea del Governo.

La Struttura di missione ha impresso un nuovo impulso alla gestione delle procedure d’infrazione, rendendo

più ordinato ed agevole il dialogo con la Commissione che ora può contare su un interlocutore sicuro nella

trattazione delle procedure di infrazione. In tal senso, particolarmente significative sono le sempre più

numerose decisioni della Commissione di autorizzazioni di contatti tra i suoi Servizi e le autorità italiane, per

la ricerca congiunta di soluzioni idonee a porre rimedio alle procedure di infrazione.

Sul versante interno, la creazione della Struttura di missione mira ad un miglior coordinamento della

posizione da presentare alla Commissione in risposta alle richieste di informazioni, alle lettere di messa in

mora e ai pareri motivati, tramite la convocazione sistematica di riunioni con le amministrazioni interessate.

Un altro importante strumento è quello delle riunioni pacchetto con le quali si procede, sotto la presidenza

del Dipartimento Politiche Europee, ad un esame congiunto tra la Commissione e le Amministrazioni

interessate di un certo numero di procedure di infrazione o di casi ancora allo stadio di reclamo afferenti ad

uno stesso settore. Grazie al dialogo informale che le caratterizza ed alla conseguente possibilità di fornire in

via diretta i necessari chiarimenti e informazioni, le riunioni pacchetto consentono un dialogo costruttivo e la

ricerca di soluzioni condivise, così agevolando una positiva conclusione di molte procedure già aperte o

ancora allo stadio di reclamo.

La Struttura di missione si fa anche carico di organizzare e coordinare numerosi incontri a Bruxelles tra

amministrazioni centrali o locali e i Servizi della Commissione per la discussione di singole procedure

d’infrazione, incontri che rappresentano un'utile occasione per fornire chiarimenti e assumere impegni con

l’istituzione comunitaria. Nei rapporti con le amministrazioni interessate da procedure d’infrazione una

particolare insistenza viene posta sulla necessità della canalizzazione attraverso il Dipartimento della

22

corrispondenza in materia con la Commissione, anche in vista della creazione di un Archivio informatico

nazionale delle procedure di infrazione, la cui predisposizione è in fase di avanzata progettazione.

EUR-Infra

EUR-Infra è l'archivio informatico nazionale delle procedure di infrazione realizzato dal Dipartimento

Politiche Europee per rendere più efficiente la trattazione dei casi di non conformità dell'ordinamento interno

rispetto al diritto comunitario.

É la prima volta che viene realizzato uno strumento che raccoglie tutte le procedure di infrazioni aperte e

consente di effettuare ricerche secondo diversi parametri di interesse, quali il tipo di violazione, la materia, lo

stadio della procedura e l'Amministrazione capofila, offrendo informazioni utili sia a fini statistici che operativi.

Ma EUR-Infra rappresenta anche un nuovo strumento di lavoro per tutte le amministrazioni coinvolte nelle

procedure di infrazione che avranno la possibilità di accedere (sezione del sito non visibile al pubblico) a

informazioni relative allo stato della procedura e a tutta la documentazione in forma digitalizzata della

pratica.

In tal modo, sarà possibile gestire con maggiore efficacia le procedure e poter contare su dati e informazioni

completi, attendibili ed ufficiali sulla situazione delle procedure d'infrazione a carico dell'Italia, grazie ad

un'attività di costante aggiornamento curata direttamente dai responsabili dei dossiers.

EUR-Infra è stato presentato nel corso di una conferenza stampa l'8 gennaio 2008.

I numeri delle infrazioni

Il numero delle procedure a carico del nostro Paese scende da 75 a 72, di cui 52 per violazione del diritto

dell'Unione e 20 per mancato recepimento di direttive.

Aggiornamento al 15 febbraio 2017

Ambiente 16

Affari economici e finanziari 7

Affari interni 6

Concorrenza e aiuti di Stato 6

Fiscalità e dogane 6

Salute 5

Trasporti 5

Agricoltura 3

Appalti 3

Giustizia 3

Libera prestazione dei servizi e stabilimento 3

Affari esteri 2

Tutela dei consumatori 2

Comunicazioni 1

Energia 1

Libera circolazione delle merci 1

Libera circolazione delle persone 1

Pesca 1

Totale 72

23

LEGGE 24 dicembre 2012, n. 234

Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione

e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea

GU n.3 del 4-1-2013. Entrata in vigore del provvedimento: 19/01/2013

Art. 14

Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l’Italia

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei, sulla base delle

informazioni ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni tre mesi alle Camere, alla Corte

dei Conti, alle regioni e alle province autonome un elenco, articolato per settore e materia:

a) delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea relative a giudizi di cui l’Italia sia stata parte o

che abbiano rilevanti conseguenze per l'ordinamento italiano;

b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione

europea da organi giurisdizionali italiani;

c) delle procedure d'infrazione avviate nei confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 258 e 260 del

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con informazioni sintetiche sull’oggetto e sullo stato del

procedimento nonchè sulla natura delle eventuali violazioni contestate all’Italia;

(….).

Art. 15

Controllo parlamentare sulle procedure d'infrazione riguardanti l'Italia

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei comunica alle Camere,

contestualmente alla ricezione della relativa notifica da parte della Commissione europea, le decisioni

assunte dalla stessa Commissione concernenti l'avvio di una procedura d'infrazione di cui agli articoli 258

e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Della comunicazione viene informato il Ministro

con competenza prevalente, nonchè ogni altro soggetto pubblico il cui comportamento sia messo in causa

dal ricorso o dalla procedura d'infrazione di cui al primo periodo.

2. Entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, il Ministro con competenza prevalente è

tenuto a trasmettere alle Camere una relazione che illustra le ragioni che hanno determinato

l'inadempimento o la violazione contestati con la procedura d'infrazione, indicando altresì le attività

svolte e le azioni che si intende assumere ai fini della positiva soluzione della procedura stessa. La relazione

è trasmessa contestualmente al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro per gli affari europei. Le

Camere possono assumere al riguardo tutte le opportune deliberazioni in conformità ai rispettivi

Regolamenti.

3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei informa senza ritardo le Camere

e la Corte dei conti di ogni sviluppo significativo relativo a procedure d'infrazione basate sull'articolo 260 del

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

……………………………..

Art. 30 Contenuti della legge di delegazione europea e della legge europea

1. La legge di delegazione europea e la legge europea, di cui all'articolo 29, assicurano il periodico

adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea.

2. La legge di delegazione europea, al fine dell'adempimento degli obblighi di cui all’articolo 1, reca:

a) disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa volta esclusivamente all'attuazione

delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire nell'ordinamento nazionale, esclusa ogni altra

24

disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi

europei;

b) disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare

disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità

dell’ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all’Italia dalla Commissione europea ai sensi

dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea o al dispositivo di sentenze di

condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea;

(…)

3. La legge europea reca: a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in

contrasto con gli obblighi indicati all'articolo 1; b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni

statali vigenti oggetto di procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della

Repubblica italiana o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea; c) disposizioni necessarie

per dare attuazione o per assicurare l'applicazione di atti dell’Unione europea; d) disposizioni occorrenti per

dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea; e)

disposizioni emanate nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 117, quinto comma, della

Costituzione, in conformità ai principi e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 41, comma 1, della presente

legge.

(…)

Art. 41 Poteri sostitutivi dello Stato

1. In relazione a quanto disposto dagli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della

Costituzione, fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i

provvedimenti di attuazione degli atti dell’Unione europea possono essere adottati dallo Stato nelle

materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio

all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione ad atti dell’Unione europea. In tale caso, i

provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e per le province autonome nelle quali non sia

ancora in vigore la relativa normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per

l'attuazione della rispettiva normativa dell’Unione europea e perdono comunque efficacia dalla data di

entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I

provvedimenti statali recano l’esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del

carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute. I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo

esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano.

2. Nei casi di cui all'articolo 37, qualora gli obblighi di adeguamento ai vincoli derivanti dall'ordinamento

dell'Unione europea riguardino materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle

province autonome, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei informa gli

enti interessati assegnando un termine per provvedere e, ove necessario, chiede che la questione sia

sottoposta all’esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano per concordare le iniziative da assumere. In caso di mancato tempestivo

adeguamento da parte dei suddetti enti, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro

per gli affari europei propone al Consiglio dei Ministri le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri

sostitutivi di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, ai sensi del

comma 1 del presente articolo e delle altre disposizioni vigenti in materia.

Art. 43 Diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di

violazioni del diritto dell’Unione europea

1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 258 e seguenti del

Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province

autonome, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a

porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti

dalla normativa dell'Unione europea. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi

derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 260, paragrafo

1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

25

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della

violazione degli obblighi derivanti dalla normativa dell'Unione europea o che non diano tempestiva

esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, i poteri sostitutivi necessari,

secondo i principi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dall'articolo 41

della presente legge.

3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla

Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del

Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e

degli altri fondi aventi finalità strutturali.

4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1

degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ai

sensi dell’articolo 260, paragrafi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

5. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 10:

a) nei modi indicati al comma 7, qualora l’obbligato sia un ente territoriale;

b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria

provinciale dello Stato, ai sensi della legge 29 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici,

diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

c) nelle vie ordinarie, qualora l’obbligato sia un soggetto equiparato e in ogni altro caso non rientrante nelle

previsioni di cui alle lettere a) e b).

(…)

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Illecito dello Stato italiano-legislatore per violazione del diritto dell’UE

Sulla natura della responsabilità: Corte di cassazione, Sezioni unite civili, Sentenza 17 aprile

2009, n. 9147

4.8. Sulla base del descritto complesso di principi e regole, va data continuità all'indirizzo della

giurisprudenza da ultimo richiamata, secondo cui i profili sostanziali della tutela apprestata dal

diritto comunitario inducono a reperire gli strumenti utilizzabili nel diritto interno fuori dallo

schema della responsabilità civile extracontrattuale e in quello dell’obbligazione ex lege dello Stato

inadempiente, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, che il giudice deve determinare in

base ai presupposti oggettivi sopra indicati, in modo che sia idonea a porre riparo effettivo ed

adeguato al pregiudizio subito dal singolo. La qualificazione in termini di obbligazione indennitaria,

del resto, consente di assoggettare allo stesso regime giuridico sia il caso, come quello in esame, di

attuazione tardiva di una direttiva senza alcuna previsione di riparazione del pregiudizio per

l'inadempimento, sia quello dell'intervento legislativo specifico, preordinato alla disciplina

dell'obbligazione risarcitoria (come avvenuto, ad esempio, con il d.lgs. n. 80 del 1992, art. 7,

comma 2, in tema tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, su cui

la citata Cass. n. 8110/2002). E ciò in linea con il principio secondo cui la qualificazione della

situazione soggettiva dei privati deve farsi con esclusivo riferimento ai criteri dell'ordinamento

giuridico interno (cfr. Cass., sez. un., 27 luglio 1993, n. 8385), imponendo l'ordinamento

comunitario soltanto il raggiungimento di un determinato risultato.

4.9. In conclusione, per realizzare il risultato imposto dall'ordinamento comunitario con i mezzi

offerti dall'ordinamento interno, si deve riconoscere al danneggiato un credito alla riparazione del

pregiudizio subito per effetto del c.d. fatto illecito del legislatore di natura indennitaria, rivolto, in

presenza del requisito di gravità della violazione ma senza che operino i criteri di imputabilità per

dolo o colpa, a compensare l’avente diritto della perdita subita in conseguenza del ritardo

oggettivamente apprezzabile e avente perciò natura di credito di valore, rappresentando il danaro

soltanto l'espressione monetaria dell'utilità sottratta al patrimonio.

4.10. Ne consegue che la pretesa risarcitoria azionata dal C., insorta nel momento in cui il

pregiudizio si è verificato, è assoggettata al termine di prescrizione ordinaria (decennale) perché

diretta all'adempimento di un'obbligazione ex lege (di natura indennitaria), riconducibile come tale

all’area della responsabilità contrattuale.

Ciò comporta il giudizio di infondatezza dell'eccezione di prescrizione, considerato che la sentenza

impugnata afferma che, in ogni caso, la prescrizione decorreva solo dal conseguimento dell'attestato

di specializzazione (5 novembre 1992), ritenendo maturato il credito risarcitorio a questa data; che

questa affermazione non ha formato oggetto di contestazione da parte del ricorrente; che la

domanda giudiziale - tra l'altro preceduta da atto interruttivo del 22 giugno 2000 (fatto riferito dal

ricorrente) - è stata proposta il 25 gennaio 2001.

Sulla prescrizione: Corte di cassazione, sez. III civile - sentenza 17 maggio 2011, n.10813

1. Nel caso di direttiva comunitaria sufficientemente specifica nell’attribuire diritti ai singoli, ma

non self-executing, l'inadempimento statuale alla direttiva determina una condotta idonea a

cagionare in modo permanente un obbligo di risarcimento danni a favore dei soggetti che

successivamente si vengano a trovare in condizioni di fatto tali che, se la direttiva fosse stata

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adempiuta, avrebbero acquisito il o i diritti da essa riconosciuti, con la conseguenza che la

prescrizione decennale del relativo diritto risarcitorio non corre, perché la condotta di

inadempimento statuale cagiona l'obbligo risarcitorio di die in die.

2. Qualora, nel caso di direttiva comunitaria sufficientemente specifica nell’attribuire diritti ai

singoli, ma non self-executing, intervenga un atto legislativo di adempimento parziale della direttiva

sotto il profilo oggettivo verso tutti i soggetti da essa contemplati, dall'entrata in vigore di detto atto

inizia il decorso della prescrizione decennale dell'azione di risarcimento danni di tali soggetti per la

parte di direttiva non adempiuta.

3. Qualora, nel caso di direttiva comunitaria sufficientemente specifica nell’attribuire diritti ai

singoli, ma non self-executing, intervenga invece un atto legislativo di adempimento della direttiva

che sia parziale sotto il profilo soggettivo, nei senso che, o provveda solo per il futuro, o provveda

riguardo a determinate categorie di soggetti fra quelle cui la direttiva era applicabile, accomunate

esclusivamente dal mero dato temporale della verificazione delle situazioni di fatto giustificative

dell'acquisto del diritto o dei diritti per il caso che la direttiva fosse stata attuata tempestivamente, il

corso della prescrizione per i soggetti esclusi non inizia, perché la residua condotte di

inadempimento sul piano soggettivo continua a cagionare in modo permanente il danno e, quindi, a

giustificare l'obbligo risarcitorio.

4. Qualora, nel caso di direttiva comunitaria sufficientemente specifica nell’attribuire diritti ai

singoli, ma non self-executing, l'atto di adempimento parziale sul piano soggettivo concerna alcuni

dei soggetti riguardo ai quali si erano verificate situazioni di fatto giustificative dell'acquisto del

diritto o dei diritti per il caso che la direttiva fosse stata attuata tempestivamente, scelti, però, sulla

base di circostanze fattuali diverse dal mero dato temporale che li accomuna, la condotta di

inadempimento per i soggetti esclusi non può più dirsi cagionare in modo permanente la situazione

dannosa nei loro confronti, con la conseguenza che riguardo ad essi inizia il corso della prescrizione

decennale del diritto al risarcimento.

5. Il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva

delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, insorto a favore dei soggetti che avevano seguito

corsi di specializzazione medica negli anni dal 1 gennaio 1983 all'anno accademico 1990-1991 in

condizioni tali che se detta direttiva fosse stata adempiuta avrebbero acquisito i diritti da essa

previsti, si prescrive nei termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in

vigore dell'art. 11 della l. n. 370 del 1999.

LEGGE 12 novembre 2011, n. 183 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e

pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012), in GU n. 265 del 14-11-2011 - Suppl.

Ordinario n. 234.

Art. 4 , co. 43

Riduzioni delle spese non rimodulabili dei Ministeri

Comma 43. La prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento

nell’ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace, in

ogni caso, alla disciplina di cui all'articolo 2947 del codice civile* e decorre dalla data in cui il

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fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si

è effettivamente verificato.

*prescrizione quinquennale

Vedi Cassazione 1850/2012: Tale norma non essendo di natura interpretativa, vale solo per i fatti

verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore. Pertanto, per i fatti verificatisi prima si

applica il termine di prescrizione decennale.

Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 08.02.2012 n° 1850

In tema di responsabilità dello Stato per mancato recepimento di direttive comunitarie, la norma

introdotta dall'art. 4, comma 43, della legge n. 183 del 2011, secondo la quale la prescrizione del

diritto al risarcimento del danno soggiace al termine quinquennale ex art. 2947 cod. civ., vale

soltanto per i fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore, poiché essa non evidenzia i

caratteri della norma interpretativa, idonei a sottrarla al principio di irretroattività; ne consegue che,

per i fatti anteriori alla novella, opera la prescrizione decennale, secondo la qualificazione

giurisprudenziale nei termini dell'inadempimento contrattuale. (Principio affermato in fattispecie

relativa al danno da omesso recepimento delle direttive CEE sui compensi dei medici

specializzandi).

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria del 23 ottobre 2015, n. 21654 - La

Cassazione rimette gli atti al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di assegnare alle Sezioni

unite la seguente questione: se il diritto al risarcimento in favore dei medici specializzandi per

inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno

1975, n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, spetta o no a coloro che abbiano iniziato i corsi

anteriormente al 1° gennaio 1983.