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Diritto d’autore e copyright

FEBBRAIO 2019

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 242

Il Previdente è una testata di libera in-formazione senza fini di lucro e conse-guentemente le collaborazioni sono fornite assolutamente a titolo gratuito.

Se vuoi collaborare con la redazione e rendere sempre più ricchi i contenuti e accrescere la qualità del servizio offerto, inviaci articoli, segnalazioni e note per la eventuale pubblicazione.

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Capo redattoreAlessandro Terradura

Vice Capo redattoreMassimo Raffaele Favoloro,Carlo Marino, Patrizia D’Attanasio

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RedazioneRufo, Menelao, Montanaro, Santulli, Petrucci, Riccardi, Nicastro, De Angelis, Cenci, Petri, Luise, Marino, Favaloro, Curatolo, Verini, Severini, Lapiccirella

Hanno collaboratoPatrizia D’Attanasio, Milena Vittucci, Francesca Caracò, Guido Bachetti, Carlo Marino, Gianfranco Nitti, Massimo Petrucci, Asiman Asidov.

Foto Foto di copertina: Celebrazione dei Novanta anni dei Patti Lateranensi (foto Courtesy Carlo Marino)

Sommario

Mensile | Febbraio 2019, n. 24

EDITORIALE 03

NEWS 07

CISL PUBBL IMPIEGO 16

CULTURA 20

VIAGGI 19

CONSULENZA FISCALE 18

PEOPLE 04

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 3

Per la prima volta in Italia, Facebook è stata condannata dal tribunale di Roma per violazione del diritto d’autore e per diffamazione, illeciti commessi ospitando link non autorizzati

sulle pagine della propria piattaforma.

Mediaset avviò la causa contro la piattaforma di social networking, un contenzioso dal valore economico modesto ma cruciale nei principi che intendeva tutelare e dai risvolti delicati per il precedente che crea. Si tratta di una svolta nella giurisprudenza italiana a tutela

del copyright, del diritto d’autore.

Con sentenza n. 3512/2019 del tribunale di Roma, i giudici hanno condannato Facebook sia per diffamazione sia per violazione del diritto di autore. È il primo caso in Italia

in cui si riconosce giuridicamente la responsabilità di un social network per una violazione avvenuta anche solo attraverso il cosiddetto ‘linking’, ovvero la pubblicazione di link

a pagine esterne alla propria piattaforma, recependo l’ormai consolidata giurisprudenza europea in materia di violazioni del copyright.

È auspicabile che la direttiva europea sul diritto d’autore nel digitale venga, quindi, approvata per dare un quadro definitivo alla difesa dei contenuti, frutto dell’ingegno

e della creatività degli editori.

Il dibattito politico è incandescente, e molti governi hanno presentato la loro ricetta.

Questo mese parliamo di copyright e non solo.

EEDITORIALE

di ALESSANDRO TERRADURA

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 244

di CARLO MARINO

PEOPLE

C on la firma dei Patti Lateranensi, accordi stipulati nel 1929 e resi esecutivi con la l. n. 810/1929, si volle porre fine alla cosiddetta questione romana, ossia al conflitto nato tra Stato e Chiesa sulla supremazia e governo della città di

Roma. Numerose furono le polemiche di quanti considerarono tali accordi incostituzionali. Infatti, la Costituzione repubblicana, accanto all’affermazione per cui «lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» (art. 7, co. 1, Cost.; Laicità dello Stato) ha espressamente richiamato i Patti lateranensi all’art. 7, co. 2, Cost., prevedendo, inoltre, che una loro modificazione, accettata da entrambe le parti, non avrebbe richiesto il ricorso al procedimento di revisione costituzionale. A tale proposito, i giuristi si sono divisi sul fatto se la loro menzione abbia comportato una pura e semplice costituzionalizzazione dei Patti lateranensi del 1929, ovvero del c.d. principio concordatario o di quello c.d. pattizio. E fu per tale motivo che con il Governo Craxi si stipulò un nuovo Concordato nel 1984 (reso

esecutivo con la l. n. 121/1985) e un successivo Protocollo del 1984 (reso esecutivo con la l. n. 206/1985). Il nuovo Concordato, pur abolendo una serie di privilegi della Chiesa cattolica incompatibili con uno Stato laico e pluralista (in primis, non viene più riprodotta la previsione della religione cattolica come «sola religione dello Stato»), ne garantisce, nel contempo, gli spazi di libertà (ad esempio, in ambito scolastico). I Patti presero il nome del palazzo di San Giovanni in Laterano, dove furono firmati gli accordi. I Patti furono firmati dal cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per conto della Santa Sede e Benito Mussolini, capo del Fascismo, come primo ministro italiano. I Patti si dividono in tre diversi documenti: un Trattato, una Convenzione finanziaria ed un Concordato. Otre a mettere fine alla questione romana, che dal 1870 aveva causato non pochi disagi alla città di Roma, con questi accordi Mussolini mirava ad allargare il consenso del popolo, mentre la Chiesa riuscì a legittimare la propria indipendenza e libertà autoritaria all’interno del nascente Stato Città del Vaticano.

Il 14 febbraio sono stati celebrati all’Ambasciata Italiana presso la Santa Sede i Novanta anni dei Patti Lateranensi, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del Cardinale Segretario di Stato Parolin e delle più alte cariche istituzionali italiane e vaticane.

VIDEO DELLA GIORNATA https://www.youtube.com/watch?v=rKyoYlugiGw&t=10s

TESTO INTEGRALE http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/archivio/documents/ rc_seg-st_19290211_patti-lateranensi_it.html

CELEBRATI A ROMA I 90 ANNI DEI PATTI LATERANENSI

(foto Courtesy Carlo Marino)

Approfondimenti:

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 5

PEOPLE

La capacità di informare e comunicare in ambito sanita-rio è un fattore fondamentale. In questo settore, adottare tecnologie, che migliorano la comunicazione e la colla-borazione tra operatori sanitari e pazienti è un passo es-

senziale e necessario per facilitare l’accesso ai servizi e al percorso di assistenza, rafforzare la qualità della vita e l’efficacia delle cure, ridurre i costi e aumentare l’efficienza. Quali sono le soluzioni digi-tali idonee a favorire un salto di qualità nel sistema sanitario? Sicu-ramente quelle basate sulla parola d’ordine “integrazione” tra dati, persone, processi e strumenti, che dialogano con esiti sia esterni che interni. Indispensabile per il miglioramento del rapporto tra cittadini-pazienti ed operatori-enti sanitari è l’offerta di un percor-

so-paziente, basato su servizi accessibili e innovativi, per esempio relativi alla prenotazione e gestione di appuntamenti e visite, ai sistemi di telemedicina e assistenza da remoto o d’integrazione dati e automatizzazione dei percorsi di cura. Nei processi interni superare la logica di duplicazione di sforzi amministrativi e spreco di risorse, alleggerendo con l’automazione il tempo impiegato per eseguire attività ripetitive e di routine può consentire agli operatori sanitari di focalizzare tempistica d’intervento ed attenzione nelle attività professionali prioritarie.

Nel Rapporto di coordinamento di Finanza pubblica 2018 della Corte dei Conti la spesa pubblica sanitaria è registrata a 113,6 mld,

di PATRIZIA D’ATTANASIO

Soluzioni digitali integrate per facilitare il colloquio tra cittadini ed operatori sanitari

SANITÀ

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 246

PEOPLE

corrispondente al 6.6% del PIL, che arriva all’8,9% aggiungendo il privato, con una spesa pro capite di 3.391 dollari, sotto la media Ocse di 4.003 dollari insieme a Spagna, i paesi dell’Est, Sud Ameri-ca, Nuova Zelanda ed Israele. Le risorse pubbliche disponibili sono limitate e la spesa sanitaria italiana è tra le più basse d’Europa. I cittadini italiani godono di un’aspettativa di vita elevata, equiva-lente a 83,3 anni (81 anni per gli uomini e 85,6 per le donne), che presenta nel prolungamento degli anni da vivere effetti e con-seguenze per l’insorgenza di eventuali limitazioni nelle attività a partire dai 65 anni d’età: tra gli uomini 10,4 anni (appena sopra la media UE28) e le donne 10,1 anni (in linea con la media UE28) “Health ata Glance: Europe 2018”–OCSE. Nei prossimi anni l’invec-chiamento demografico e l’aumento della speranza di vita faranno ulteriormente crescere la domanda di cura. L’esiguità di risorse del SSN, l’incremento della domanda di cura per la longevità e la cri-si economica possono incidere sull’accesso alle prestazioni con la conseguente riduzione della qualità dei servizi ed il rischio di acuire diseguaglianze sociali e territoriali.

Ma quali sono le opportunità di diagnosi e cura e cosa ne pen-sano al riguardo gli italiani?

Dal 52° Rapporto CENSIS emerge questa rilevazione statistica: il 54,7% degli italiani pensa che in Italia non si abbiano le stesse op-portunità (58,3% dei residenti al Nord-Est, 53,9% al Sud, 54,1% al Centro e 53,3% al Nord-Ovest); il 62,3% è soddisfatto del Servizio sanitario della propria Regione (77% Nord-Ovest,79,4% al Nord-Est, 61,8% al Centro,40,6% al Sud e nelle isole). Il tracciato, da attuare per trovare soluzioni all’emergenza e adeguarsi ai cambiamenti per assolvere le necessità e le richieste dell’utenza, è orientato all’inno-vazione.

Ma come colmare lo spazio tra bisogni e risorse?

Il rinnovamento organizzativo e tecnologico, l’empowerment cioè la consapevolezza del cittadino-paziente, lo sviluppo di nuove competenze tra gli operatori sanitari, l’utilizzo di Telemedicina, Big Data Analytics, Cartella Clinica Elettronica, accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico, App per il monitoraggio della salute e comu-nicazioni con il proprio medico, apprendimento on the job anche per nuove figure professionali come il leader dell’Innovazione in Sanità sono soluzioni per la presa in carico e la continuità di cura. D’altra parte c’è una crescita del 2% della spesa per la Sanità Digi-tale, che si attesta su 1,3 mld di euro, 8 cittadini su 10 non usano ancora i servizi sanitari via web e la maggior parte delle persone preferisce rivolgersi di persona per consulto medico 86%, paga-mento prestazioni 83% e ritiro referti 80%. Solo il 15% comunica per email con il medico, il 13% via sms e il 12% con WhatsApp. I medici sono più digitalizzati: email utilizzata dal 77% di specialisti e 83% medici di famiglia, rispettivamente il 52% e 63% WhatsApp per scambio dati, immagini diagnostiche ed informazioni (Osservatorio ICT in Sanità del PoliMi2018).

Al centro di questa sfida di cambiamento sono le Aziende Sanitarie, fulcro del SSN, sulle quali si concentrano le attese dei cittadini per ottenere risposta alla domanda di salute.

L’Azienda Sanitaria dei prossimi anni quindi dovrà rispondere ai nuovi bisogni di cura di pazienti cronici e alle modalità ed esigenze dei cittadini “digitali”, confrontarsi con il mercato accedendo alle migliori capacità innovative, collocarsi in un sistema di governance collaborativo sia regionale che nazionale, adottare un approccio multidisciplinare, che gestisca aspetti di tipo organizzativo, tecno-logico, culturale, giuridico e clinico.

Le malattie rare incidono per cento milioni all’anno sulla Sanità e la previdenza pubblica

È quanto emerge da un’analisi sui costi sociali delle malattie rare, presentata al Montecitorio Mee-ting Center di Roma. La ricerca è stata condotta dall’ Economic Evaluation and HTA del Ceis (Centre for Economic and International Studies) della Facoltà di Economia dell’Universita’ degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Per approfondire gli aspetti dell’analisi è stato organizzato un workshop - “Dalla parte degli invisibili. Le malattie rare tra tutele e sostenibilità” organizzato dal network PreSa Prevenzione e Salute. La ricerca, coordinata dal Prof. Francesco Saverio Mennini, researcher director Eehta del Ceis, ha preso in analisi 23 malattie rare e 7 tumori rari, avvalendosi della banca dati Inps. Nel periodo considerato (2009-2015) è stata stimata una spesa di circa 600 mln di euro, una media di 100 mln ogni anno. Il gruppo di malattie rare ha determinato, per gli assegni ordinari d’invalidita’, riconosciuti ai lavora-tori con un grado d’invalidita’ tra il 67% e il 99%, un costo medio annuo di 13,5 milioni di euro; con un incremento medio annuo di costi del 6,7%. (ITALPRESS)- 21-Feb-19 15:30

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 7

NEWS

La riforma del copyright è stata proposta nel 2016 dall’al-lora Commissario europeo per l’agenda digitale dell’UE Günther Oettinger ed è stata concepita per adattare la legge sul copyright all’era digitale. Per mesi si sono susse-

guiti dibattiti, soprattutto in Germania. Le associazioni di lobbying hanno messo in guardia contro la censura, contro la fine di Internet e contro la fine della stampa indipendente. Google e Wikipedia si sono schierate pubblicamente contro parti della riforma.

Il Copyright stabilisce una riserva del diritto d’autore, che viene esplicitamente dichiarata dall’editore o dall’autore stesso, anche con la semplice apposizione del caratteristico simbolo ©, in ogni sua pubblicazione, per evitare riproduzioni non autorizzate dell’o-pera.

Nei sistemi giuridici anglosassoni il termine sta ad indicare il diritto di utilizzazione di un’opera dell’ingegno, così come nella legislazio-ne italiana avviene per il diritto d’autore. Secondo la legge statuni-tense, per esempio, per poter godere negli USA del diritto d’autore occorre che la pubblicazione, oltre che essere depositata, faccia esplicita menzione della riserva del diritto stesso (con la formula copyright seguita dalla data dalla quale si intende esercitare il di-ritto).

Nel mese di febbraio 2019 è stato raggiunto un accordo tra i ne-goziatori del Parlamento europeo e del Consiglio che punta a ga-rantire che i diritti e gli obblighi derivati dal copyright si applichino anche a Internet.

http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2014_2019/plmrep/COMMITTEES/CJ24/DT/2019/02-20/1098862FR.pdf

YouTube, Facebook e Google News sono tra le aziende più diretta-mente interessate da tale legislazione. Al momento, le società di internet sono poco incentivate a firmare accordi di licenza equi con i titolari dei diritti, in quanto non sono ritenute responsabili dei con-tenuti che i loro utenti caricano. Sono soltanto obbligate a rimuo-vere i contenuti che violano i diritti su richiesta degli autori. Tale situazione, nondimeno, costituisce un onere per gli autori e non garantisce loro un reddito equo. L’introduzione della responsabilità per le società online aumenterà le possibilità dei titolari dei diritti (in particolare musicisti, interpreti e sceneggiatori, nonché editori di notizie e giornalisti) di ottenere accordi di licenza giusti, con una remunerazione più equa per l’utilizzo delle loro opere sfruttate in forma digitale. La regola generale dell’accordo è che la condivisione di frammenti di articoli non sarà soggetta al diritto d’autore. Tutta-via, l’accordo contiene anche misure per evitare che gli aggregatori di notizie abusino di tale licenza. Il cosiddetto “snippet” potrà quindi continuare ad apparire nel newsfeed di Google News, ad esempio, o ad essere condiviso su Facebook, a condizione che il testo sia “molto breve”.

Il caricamento di opere protette a scopo di citazione, critica, recen-sione, caricatura o parodia è protetto, assicurando che meme e GIF continuino ad essere disponibili e condivisibili sulle piattaforme online.

I co-legislatori si sono inoltre impegnati a garantire che Internet ri-manga uno spazio di libera espressione. I frammenti degli articoli di cronaca potranno così continuare ad essere condivisi senza violare il diritto d’autore, così come le GIF e i meme. L’accordo dovrà esse-re approvato dai rappresentanti del Consiglio, dalla commissione parlamentare per gli affari giuridici e dalla plenaria del Parlamento.

SULLE NUOVE REGOLE UE SUL COPYRIGHT NELL’ERA DIGITALE C’È UN ACCORDO di CARLO MARINO

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 248

La nuova direttiva sul copyright ha l’obiettivo di aggiornare le regole sul diritto d’autore nell’Unione Europea, ferme al 2001 quando In-ternet era una cosa piuttosto diversa rispetto a oggi. L’iniziativa ha il pregio di volere armonizzare le leggi nei singoli stati sul copyright, fornendo basi comuni più chiare sulle quali ogni stato può poi ela-borare i proprio regolamenti. Il problema è che diversi articoli della direttiva sono scritti in modo vago, cosa che potrebbe lasciare spazi a interpretazioni più o meno creative da parte degli stati membri, rendendo più difficile il processo di armonizzazione. Il dibattito si è fatto incandescente soprattutto su due articoli, l’11 e il 13, che per alcuni potrebbero avere conseguenze pericolose per la libera cir-colazione delle informazioni online, mentre per altri sarebbero la giusta soluzione per tutelare i produttori di contenuti come editori e case discografiche.

http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2014_2019/pl-mrep/AUTRES_INSTITUTIONS/COMM/COM/2019/02-20/COM_COM20150634_FR.pdf

Uno degli obiettivi della nuova direttiva sul copyright è il tentativo di equilibrare meglio il rapporto tra le piattaforme online, quali Go-ogle, Facebook e Microsoft, e gli editori, i cui contenuti sono sfrut-tati dalle prime all’interno dei loro servizi. Si tratta di un problema controverso e annoso: da un lato ci sono gli editori che imputano ai social network e motori di ricerca la colpa dell’utilizzo dei loro con-tenuti, per esempio le anteprime degli articoli, senza offrire in cam-bio nessuna forma di compensazione economica. Le piattaforme, a loro volta, sostengono di fare già gli interessi degli editori, visto che il loro traffico arriva in buona parte dalle anteprime pubblicate sui social network, oppure dalle pagine dei risultati dei motori di ricer-ca. Un editore, comunque, può sempre scegliere di farsi escludere dai risultati di Google, per esempio, se non vuole siano sfruttati i suoi contenuti. Comunque la futura direttiva sul copyright sembra essere a favore degli editori.

L’articolo 11 sostiene che ogni stato membro deve assicurarsi che gli editori dei siti di notizie ricevano una “consona ed equa remune-razione” per l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”, cioè da parte delle piattaforme. Il testo è stato cambiato e integrato a fine giugno per chiarire che riguarda in particolar modo le piattaforme e che sono esclusi gli utilizzi privati dei link e il loro uso non commerciale, come avvie-ne nel caso di Wikipedia e degli altri progetti “wiki” di conoscenza condivisa. I chiarimenti sono serviti per evitare che si mantenessero formulazioni troppo vaghe nell’articolo 11, che avrebbero potuto portare a interpretazioni creative da parte dei singoli stati membri, con rischi per la libera circolazione delle informazioni online.

Le proposte contenute nell’articolo 11 sono naturalmente ben vi-ste dalla maggior parte dei gruppi editoriali, che devono fare i conti con la crisi del loro settore e le difficoltà a portare avanti proget-ti redditizi di informazione online. Le cospicue quantità di denaro che le piattaforme potrebbero ricevere ogni anno consentirebbero di compensare le perdite, rendendo più sostenibili i loro modelli di business. Le modifiche all’articolo 11 hanno anche portato a chiari-re che i link inseriti negli articoli e nei testi sono esclusi dal sistema delle compensazioni, e che la direttiva non avrà effetti retroattivi. I promotori della legge, a cominciare da Axel Voss (CDU / Partito Po-polare Europeo), negano che introduca una “link tax”, come è stata

definita dai contrari, e sostengono che aiuterebbe gli editori tute-lando al tempo stesso i cittadini e il loro diritto a essere informati.

In un’alleanza piuttosto insolita, contro l’articolo 11 ci sono sia le grandi piattaforme come Google e Facebook sia le organizzazioni per la tutela della libertà su Internet, a partire dall’Electronic Fron-tier Foundation, di norma sfavorevoli alle grandi aziende online. Google e gli altri non vogliono essere indotti a pagare per le ante-prime, anche perché essendone i principali utilizzatori dovrebbero sborsare molto denaro creando precedenti per il resto del mondo. Essendo molto ricca e potente, Google non avrebbe problemi a pa-gare per le anteprime, le aziende più piccole e le startup potrebbero invece fare fatica.

Se da un lato è vero che Google e Facebook sono i due principali punti di accesso ai siti d’informazione, dall’altro è altrettanto vero che in questi anni le piattaforme hanno ampiamente sfruttato la grande quantità di articoli e contenuti offerti dai giornali per i loro servizi online, sui quali guadagnano grandi cifre grazie alla pubbli-cità. In molti casi agli utenti bastano le anteprime degli articoli vi-ste nel Newsfeed su Facebook o nella sezione Notizie di Google, e non si avventurano nemmeno sulle pagine cui linkano riferimento per approfondire e leggere l’articolo integralmente. Molto traffico rimane quindi sulle piattaforme, cosa che incentiva chi vuole farsi pubblicità a mettere gli annunci direttamente su Facebook e Go-ogle, dove la resa è maggiore rispetto a quella dei siti dei giornali. Il sistema delle compensazioni appoggiato da molti editori ha l’a-spetto di un escamotage che non affronta i problemi strutturali e i temi di sostenibilità di un settore in difficoltà, e che ha fatto fatica ad aggiornare i suoi modelli di business.

L’altro articolo molto discusso della direttiva europea sul copyright è il 13, ed è quello che ha destato le maggiori apprensioni per la libera circolazione dei contenuti. Esso contempla l’esercizio di una sorta di controllo da parte delle piattaforme online su ciò che viene caricato dai loro utenti, in modo da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal copyright e sui quali non si detengono diritti. Il sistema dovrebbe più o meno funzionare come “Content ID”, la tecnologia utilizzata da YouTube proprio per scludere il caricamen-to di video che infrangano il copyright. In tal modo il caricamento potrebbe essere bloccato ancora prima della diffusione di un video, di un file musicale o di altri contenuti, scongiurando la violazione del diritto d’autore.

Gran parte delle più importanti etichette musicali e delle case di produzione cinematografica sono favorevoli all’art. 13, che potreb-be permettere la riduzione della diffusione della pirateria che com-promette i loro affari.

NEWS

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 9

NEWS

(ART.13 ) riguarda la modificazione di una sorta di vuoto legisla-tivo utilizzato da un determinato tipo di business concernente i servizi online che si rifiuta di offrire una licenza equa per contenuti creativi (musica, software, foto, film, giochi, libri, e-book, TV ecc. ). La questione risale all’epoca dell’introduzione della direttiva sul commercio elettronico che stabilì l’assenza di responsabilità per gli intermediari neutrali e passivi (ovvero le telecommunications company dell’epoca) rispetto ai contenuti scambiati dagli utenti. Purtroppo in tale vuoto normativo hanno prosperato anche piat-taforme UUC (user upload content) quali YouTube, che tutto sono tranne che neutrali e passive. Il Value Gap continua a generare danni ed uno squilibrio di mercato vasto e strutturale (YouTube paga 20 volte meno di Spotify per utente all’anno, situazione esa-sperata dal fatto che YouTube ha 2 miliardi di utenti, mentre Spoti-fy ha 70 milioni di abbonati paganti). Si tratta oggi della questione numero uno per le industrie culturali e creative in Europa.

Critiche, tra l’altro, sono arrivate dal Max Planck Institute, in Germa-nia, secondo i cui esperti l’articolo 13 potrebbe minacciare le libertà di espressione e d’informazione contenute nella Convenzione euro-pea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Per il negoziatore del

Parlamento Europeo, Axel Voss (CDU), “La protezione del copyright digitale mette fine al selvaggio West su Internet, dove fino ad oggi i ti-tolari dei diritti sono spesso in situazione di debolezza, mentre adesso possiamo essere all’altezza delle nuove realtà e modelli di business dell’era digitale”. In Germania la Bundesverband Deutscher Zeitun-gsverleger (BDZV- L’Associazione degli editori tedeschi di giornali) e La Verband Deutscher Zeitschriftenverleger (VDZ- l’Associazione degli editori tedeschi di riviste) hanno accolto positivamente l’ac-cordo. Le imprese che abbiano un’attività inferiore a tre anni, con un fatturato annuo inferiore a 10 milioni di euro e meno di cinque milioni di utenti al mese, sarebbero esentate dall’articolo 13. Il Parlamento aveva effettivamente chiesto eccezioni per tutte le so-cietà fino a un fatturato annuo di 20 milioni di euro. Le start-up e le piccole imprese in tal modo dovrebbero essere protette. L’accor-do prevede attualmente che i motori di ricerca di notizie possano continuare a visualizzare collegamenti ipertestuali, parole singole e stralci di testo molto brevi.

Sarà vietato pubblicare titoli o frasi intere.

Dopo la burrascosa parentesi che aveva coinvolto Goo-gle News, lo scorso gennaio, con la minaccia di voler lasciare l'Europa davanti alla tanto temuta quanto atte-sa legge sul copyright, l’accordo sulla direttiva, ad oggi,

sembrerebbe essere stato raggiunto a livello europeo, nonostante la manovra di arresto dell’Italia. La nuova normativa concedereb-be, agli editori, il diritto di richiedere delle somme di denaro per i contenuti pubblicati sulle grandi piattaforme. Tale legge, però, sem-brerebbe esser stata fatta appositamente su misura per i “grandi”: a pagarne le spese, infatti, sarebbero soprattutto le piccole azien-de. Le nuove decisioni, dunque, mirano a spingere le grandi piat-taforme ad accettare soltanto i contenuti prodotti da un ristretto gruppo di grandi aziende. Di lasciare l’Europa, però, non se ne è più parlato per Google News, che è attualmente tenuto a conclu-dere accordi relativi alla questione licenze: la mossa sarebbe stata troppo azzardata perché avrebbe potuto drasticamente impatta-re sul traffico ed avrebbe potuto dare mano libera a concorrenti come Apple News o ad altri canali social (vedi https://www.start-mag.it/innovazione/riforma-europea-copyright-google).

Wikipedia, invece, avrebbe reagito alla “manovra d’assalto” oscu-rando alcune delle sue pagine ed anche Youtube, lo scorso ottobre, avrebbe pesantemente criticato la legge: la piattaforma sembre-rebbe penalizzata, in particolar modo, dal tanto discusso articolo 13 e sarebbe tenuta a siglare intese con artisti e editori. I nuovi ac-cordi raggiunti pochi giorni fa dal Parlamento Europeo, dopo una diatriba durata circa tre anni, garantirebbero maggiori diritti ed una remunerazione più equa a giornalisti, artisti, autori e editori, nei confronti delle grandi piattaforme online come Google, Facebook o Youtube. Il Presidente dell’europarlamento Antonio Tajani, soddi-sfatto, si è così esposto in merito alla questione: "Con l'accordo ap-pena raggiunto sulla direttiva del copyright proteggiamo la creativi-tà europea. Musicisti, attori, scrittori, giornalisti, audiovisivi, avranno diritto a una giusta remunerazione anche dai giganti del web" (vedi https://www.repubblica.it/economia/2019/02/13/news/copyri-ght_accordo_ue-219066270 ).

LEGGE SUL COPYRIGHT Primi passi verso la protezione della creatività europea di MILENA VITUCCI

LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT, ED IN PARTICOLARE LA QUESTIONE DEL “VALUE GAP”

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2410

NEWS

Al centro delle polemiche gli artt. 11 e 16 della Direttiva, al di là dei fronti del “no” e del “si” questo articolo vuole evidenziare le novità e le differenze dal punto di vista giuridico.

Spenta l’eco dell’emanazione del GDPR privacy, il 12 set-tembre 2018 il Parlamento Europeo ha votato a favore della nuova Direttiva Europea sul Copyright, in una nuo-va versione rispetto a quella bocciata a luglio dello stesso

anno. Il testo dell’europarlamentare tedesco Axel Voss ha riscosso 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti. Non si tratta però del testo legislativo finale, perché questo vedrà la sua defini-zione solo al termine dei negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue. Il testo della proposta è stato modificato. Prima di affrontare le correzioni al testo dobbiamo capire quali sono le differenze sostanziali fra copyright e diritto di autore, infatti, impropriamente le due fattispecie vengono usate come sinonimi. In Italia, vige il diritto di origine romana, che in Europa è denomi-nato Civil Law, si basa sul diritto codificato, tende a tutelare i diritti sia sotto il profilo legislativo-parlamentare che sotto l’aspetto della funzione giurisdizionale. Questo modello riconosce il ruolo premi-

nente della legge nel guidare le decisioni della magistratura che deve applicarla. Pertanto, la fonte primaria del diritto è la legge.

Nella fattispecie, la Legge 633 del 22 Aprile 1941 regola e protegge il diritto d’autore La norma tutela i frutti dell’attività intellettuale e consente all’autore e ai suoi eredi di ricevere i compensi attraverso la vendita di copie o l’utilizzo delle opere stesse. L’autore, inoltre, può rivendicare la paternità, disponendone in via esclusiva: può de-cidere se pubblicare o meno, può opporsi ad ogni modifica che altri vogliano apportarvi. Se vi sono più autori tutti si dividono i compen-si e tutti possono intervenire sulle decisioni sopra esposte.

L’articolo 2 della legge 633/1941 elenca le opere protette (N.d.R.: dal sito Normattiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri):

1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religio-se, tanto se in forma scritta quanto se orale;

2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;

3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti;

4) le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia;

5) i disegni e le opere dell’architettura;

6) le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle

IL NUOVO COPYRIGHT Differenze con diritto d’autore, le novità, copyright e privacy

di FRANCESCA CARACÒ

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norme del capo quinto del titolo secondo.

7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analo-go a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II.

8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore. Re-stano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un pro-gramma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.

9) Le banche di dati di cui al secondo comma dell’articolo 1, inte-se come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti si-stematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia im-pregiudicati diritti esistenti su tale contenuto.

10) Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carat-tere creativo e valore artistico.

Nei Paesi anglosassoni (Gran Bretagna – Stati Uniti), invece vige la Common Law, che costruisce il diritto sulle sentenze giurispru-denziali, si è sviluppato infatti nelle Corti Regie di giustizia, gli stes-si giudici, basandosi sulle sentenze del passato, attraverso le loro pronunce, creano ed evolvono il diritto, ponendo quindi vincoli alle sentenze future.

L’istituto del Copyright vede la sua origine nel XVI secolo, con lo Statuto della Regina Anna, è stato introdotto con l’invenzione della stampa. Il cui significato sostanziale del Copyright è il “diritto di co-pia”, diritto dell’editore.

LE NOVITÀ DELLA DIRETTIVA La relazione della Direttiva Europea sul Copyright presenta le mo-tivazioni che hanno spinto il Parlamento Europeo a formulare una nuova regolamentazione su questa materia controversa. Da un lato si vuole continuare a tutelare il diritto di autore, dall’altro sorgono nuovi diritti: quelli degli utenti delle tecnologie digitali che con la loro evoluzione hanno “cambiato il modo in cui le opere e altro ma-teriale protetto sono creati, prodotti, distribuiti e sfruttati Sono emersi nuovi usi, nuovi attori e nuovi modelli di business. Nell’ambiente di-gitale gli utilizzi transfrontalieri sono inoltre aumentati e, per i con-sumatori, si sono aperte nuove opportunità di accesso a contenuti protetti dal diritto d’autore. Sebbene gli obiettivi e i principi stabiliti dal quadro UE in materia di diritto d’autore rimangano tuttora va-lidi, occorre adattarsi a queste nuove realtà. Un intervento a livello dell’UE si rende necessario anche per evitare una frammentazione del mercato interno”.

È stato ritenuto necessario quindi assorbire le differenze tra i diver-si regimi nazionali del diritto di autore e aggiornare in un quadro normativo più moderno e più europeo tale diritto. La Relazione continua evidenziando che “L’evoluzione delle tecnologie digitali ha fatto emergere nuovi modelli di business e ha rafforzato il ruolo di Internet quale principale mercato per la distribuzione e l’accesso ai contenuti protetti dal diritto d’autore. Nel nuovo contesto i titolari di diritti incontrano difficoltà nel momento in cui cercano di concedere

una licenza e di essere remunerati per la diffusione online delle loro opere, il che potrebbe mettere a rischio lo sviluppo della creatività europea e la produzione di contenuti creativi. Occorre perciò garanti-re che gli autori e i titolari di diritti ricevano una quota equa del valore generato dall’utilizzo delle loro opere e di altro materiale.Inoltre, si spiega che sono state contemplate misure volte a mi-gliorare la posizione dei titolari di diritti all’atto della negoziazione e della remunerazione per lo sfruttamento dei contenuti di loro proprietà da parte di servizi online che danno accesso a contenu-ti caricati dagli utenti. È prevista un’equa ripartizione del valore per garantire la sostenibilità del settore dell’editoria giornalistica. Quindi, gli editori di giornali, vedono l’introduzione di un nuovo diritto che mira a facilitare la concessione di licenze online per le pubblicazioni, il recupero dell’investimento e il rispetto dei diritti. Il legislatore ha affrontato anche la questione dell’attuale incertezza giuridica quanto alla possibilità per tutti gli editori di ricevere una quota del compenso previsto per l’utilizzo di opere in virtù di un’ec-cezione. Infine, ha previsto misure volte a migliorare la trasparenza e ad instaurare rapporti contrattuali più equilibrati tra gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori) e coloro cui essi cedono i loro diritti. Il legislatore europeo ha voluto garantire il buon funzionamento del mercato per il diritto d’autore, ottenendo un impatto positivo sulla produzione e sulla disponibilità di contenuti, nonché sul pluralismo dei mezzi di comunicazione, il che, in definitiva, andrà a beneficio dei consumatori.Gli articoli 11 e 13 sono i più controversi della Direttiva e sono stati approvati con modifiche. L’articolo 11 va contro gli interessi dei gi-ganti dei social media, quali Google, Facebook, YouTube, Microsoft ecc. Infatti, la proposta di riforma, denominata “Link Tax”, vuole ri-solvere l’annosa problematica del compenso per le pubblicazioni degli editori su queste piattaforme e propone per loro compensi più consoni ed equi. Inoltre i colossi del web diventano responsabili delle violazioni sul diritto d’autore e dei contenuti da loro ospitati. Le PMI, piccole piattaforme sono escluse dal campo di applicazione della direttiva, così pure Wikipedia, piattaforma dedicata alla cono-scenza condivisa, i cui link hanno un utilizzo non commerciale, ne è esente.Altro articolo discusso, denominato “bavaglio del web”, si riferisce al controllo che i giganti possono esercitare sui contenuti caricati da-gli utenti escludendo la pubblicazione di quelli protetti dal Copyri-ght, sul quale gli stessi utenti non possiedono il diritto d’autore. Su questo si è pronunciato anche il Garante Privacy, Antonello Soro, esprimendo il suo timore che “il testo della riforma Ue rischia di affi-dare ai gestori delle piattaforme social il rubinetto dell’informazione, cambiando così la natura di Internet”. Dal punto di vista del GDPR privacy, è da notare che l’articolo 13 prevede un divieto di identificazione, infatti, è previsto che nel caso in cui i titolari dei diritti non desiderano concludere accordi di licenza, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti cooperano in buona fede per garantire che non siano dispo-nibili nei loro servizi opere o altro materiale protetti non autorizzati. La cooperazione tra i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti non comporta l’indisponibilità delle opere o di altro materiale protetti che non violano il diritto d’autore o i diritti connessi, compresi quelli coperti da un’eccezione o limitazione ai di-ritti d’autore. Tale cooperazione non comporta l’identificazione dei singoli utenti o il trattamento dei loro dati personali.

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ART. 11. Protezione delle pubblicazioni di carat-tere giornalistico in caso di utilizzo digi-tale:1. Gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali i diritti di cui all’art. 2 e all’art. 3, paragrafo 2, della Direttiva 2001/29/CE di modo che gli editori possano ottenere una remunerazione equa e proporziona-ta per l’utilizzo digitale delle loro pubblica-zioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’in-formazione.1.bis I diritti di cui al paragrafo 1 non impediscono l’uso legittimo privato e non commerciale delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei sin-goli utenti.2. I diritti di cui al paragrafo 1 non modifi-cano e non pregiudicano in alcun modo quelli previsti dal diritto dell’Unione per gli autori e gli altri titolari di diritti relativamen-te ad opere e altro materiale inclusi in una pubblicazione di carattere giornalistico. Essi non possono essere invocati contro tali au-tori e altri titolari di diritti e, in particolare non possono privarli del diritto di sfruttare le loro opere e altro materiale in modo in-dipendente dalla pubblicazione di carattere giornalistico in cui sono inclusi.2 bis. I diritti di cui al paragrafo 1 non si estendono ai semplici collegamenti ipertestuali accompagnati da singole parole.3. Gli articoli da 5 a 8 della direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2012/28/UE si applicano, mutatis mutandis, ai diritti di cui al paragra-fo 1. 4. I diritti di cui al paragrafo 1 scadono 5 anni dopo l’uscita della pubblicazione di carattere giornalistico. Tale termine è cal-colato a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione. I di-ritti di cui al paragrafo 1 non si applicano con effetto retroattivo. 4 bis. Gli Stati membri provvedono a che gli autori ricevano una quota adeguata dei proventi supplementari percepiti da-gli editori per l’utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’in-formazione.

Per quanto riguarda l’art. 13 gli emenda-menti sono il 156, 157,158, 159, 160 e 161.

ART. 13. Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di ope-re e altro materiale caricati dagli utenti1. Fatti salvi l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/29/CE, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti onli-ne svolgono un atto di comunicazione al pubblico. Essi concludono pertanto accor-di equi e adeguati di licenza con i titolari dei diritti. 2. Gli accordi di licenza conclusi dai pre-statori di servizi di condivisione di con-tenuti online con titolari dei diritti degli atti di comunicazione di cui al paragrafo 1 disciplinano la responsabilità per le opere caricate dagli utenti di tali servizi di condivisione di contenuti online con-formemente alle condizioni enunciate nell’accordo di licenza, purché detti utenti non perseguano scopi commer-ciali.2 bis. Gli Stati membri dispongono che se i titolari dei diritti non desiderano concludere accordi di licenza, i prestato-ri di servizi di condivisione di contenuti online e i titolari dei diritti cooperano in buona fede per garantire che non siano disponibili nei loro servizi opere o altro materiale protetti non autorizzati. La cooperazione tra i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online e i ti-tolari dei diritti non comporta l’indispo-nibilità delle opere o di altro materiale protetti che non violano il diritto d’au-tore o i diritti connessi, compresi quelli coperti da un’eccezione o limitazione ai diritti d’autore. 2 ter. Gli Stati membri provvedono a che i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online di cui al paragrafo 1 istituiscano meccanismi di reclamo e ricorso celeri ed efficaci a disposizione degli utenti qualora la cooperazione di cui al paragrafo 2 bis conduca alla rimozione ingiustificata dei loro conte-nuti. I reclami presentati a norma di tali meccanismi sono trattati senza indugi e

soggetti a verifica umana. I titolari dei diritti giustificano ragionevolmente le loro decisioni onde evitare che i reclami siano rigettati arbitrariamente. Inoltre, conformemente alla direttiva 95/46/CE, alla direttiva 2002/58/CE e al regolamen-to generale sulla protezione dei dati, la cooperazione non comporta l’identifica-zione dei singoli utenti o il trattamento dei loro dati personali. Gli Stati membri provvedono altresì a che gli utenti pos-sano adire un organismo indipendente per la risoluzione di controversie, oltre al giudice o un’altra autorità giudiziaria competente, per far valere l’applicazio-ne di un’eccezione o di una limitazione alla normativa sul diritto d’autore. 3. A decorrere dal [data di entrata in vi-gore della presente direttiva], la Com-missione e gli Stati membri organizza-no dialoghi tra le parti interessate per armonizzare e definire le migliori prassi e definire orientamenti per garantire il funzionamento degli accordi di licenza e la cooperazione tra i prestatori di ser-vizi di condivisione dei contenuti online e i titolari dei diritti per l’utilizzo delle loro opere o di altro materiale ai sensi della presente direttiva. Nel definire le migliori prassi, si tiene conto in partico-lare dei diritti fondamentali, del ricorso ad eccezioni e limitazioni, garantendo che l’onere gravante sulle PMI rimanga adeguato e che sia evitato il blocco au-tomatico dei contenuti. L’iter della proposta non è finito qui, il Par-lamento Europeo ha dato via libera affinché il Consiglio e la Commissione UE adoperino tutte le trattative necessarie per addiveni-re alla definizione del testo definitivo, che metta d’accordo il Parlamento Europeo e il Consiglio. Tale testo sarà poi votato in seduta plenaria dal Parlamento Europeo. A questo punto gli Stati membri avranno l’obbligo, a scanso di procedura d’infrazio-ne, di recepire la Direttiva, ma proprio per la diversificazione del loro ordinamento, di cui sopra detto, potrebbero apportare delle modifiche da discutere, pertanto, come per il GDPR privacy, dovremo aspettare diversi mesi prima che possa essere promulgata definitivamente sia la Direttiva che la Legge di recepimento.

Dall’analisi del documento P8_TA-PROV(2018)0337 - Il diritto d’autore nel mercato unico digitale ***I “Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 12 settembre 2018, alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (COM(2016)0593 – C8-0383/2016 – 2016/0280(COD))1” gli emendamenti che hanno apportato le modifiche all’articolo 11 sono il 151, 152, 153, 154 e 155.

IN GRASSETTO LE NOVITÀ

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 13

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Indice di percezione della corruzione 2018: Italia al 53° posto nel mondo

L’Indice di Percezione della Corruzione 2018 (CPI) appena pubblicato da Transparency International vede l’Italia al 53° posto nel mondo con un punteggio di 52 punti su 100, di due punti migliore rispetto all’anno precedente. Si conferma il trend in lenta crescita del nostro Paese nella classifica globale e in quella europea, dove ci stiamo gradualmente allontanando dagli ultimi posti. “Il CPI ci dice che, con fatica e lentamente, la reputazione del nostro Paese sta migliorando. Siamo sulla strada giusta ma non dobbiamo assolutamente accontentarci” ha dichiarato Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia “C’è ancora molto da fare, a partire dall’implementazione della recentissima legge anticorruzione, una legge che andrà valutata sulla sua capacità di incidere concretamente nel Paese”.I risultati sono stati commentati nel corso dell’evento di presentazione che svoltosi a Roma, presso la sede dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Sono intervenuti alla presentazione il Presidente di Transparency International Italia, Virginio Carnevali, il Presidente di ANAC, Raffaele Cantone, e la Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, Giulia Sarti.

I RISULTATI 2018Il CPI 2018 si basa su 13 sondaggi e valutazioni di esperti sulla corruzione nel settore pubblico, ognuno dei quali assegna un punteggio da 0 (altamente corrotto) a 100 (per niente corrotto). I risultati completi sono disponibili qui https://www.transparency.it/indice-percezione-corruzione/ . Oltre due terzi dei Paesi analizzati ha un punteggio inferiore a 50. Dal 2012 solo 20 Paesi hanno visto migliorare in maniera significativa il loro punteggio e tra questi vi è l’Italia con uno degli incrementi maggiori (+10 punti). Sono invece 16 i Paesi che hanno subito un forte peggioramento, tra cui l’Australia, l’Ungheria e la Turchia. Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia sono anche quest’anno in cima alla classifica,con rispettivamente 88, 87 e 85 punti. Nessuna sorpresa anche nelle parti basse del ranking: Somalia, Sud Sudan e Siria si posizionano agli ultimi posti con rispettivamente 10, 13 e 13 punti. L’area dell’Europa occidentale e dei Paesi dell’Unione Europea è quella che ha il punteggio medio più elevato (66 punti), mentre la regione dell’Africa sub-sahariana (con 32 punti) e dell’Europa dell’est e Asia Centrale (con 35) sono le aree con il punteggio medio più basso.

DOVE BISOGNA MIGLIORARE“Alti livelli di corruzione e scarsa trasparenza di chi gestisce la cosa pubblica, conflitti di interesse tra finanza, politica, affari e istituzioni, rappresentano una minaccia alla stabilità e al buon funzionamento di un Paese. Le istituzioni, sia nazionali che europee, devono per prima cosa riacquistare la fiducia dei cittadini, mostrandosi trasparenti, credibili e inattaccabili sul piano dell’integrità” ha sottolineato Davide Del Monte, direttore di Transparency International Italia “Le nuove norme sul finanziamento alla politica vanno in questa direzione ma, senza regole sulla trasparenza di chi cerca di influenzare la decisioni pubbliche e quindi delle attività di lobbying, non potranno mai essere pienamente efficaci. Ci auguriamo quindi che il governo intervenga al più presto anche su questo tema”.

I risultati, le grafiche e i materiali di approfondimento sono disponibili sul sito www.transparency.it/indice-percezione-corruzione.

A PROPOSITO DELL’INDICE DI PERCEZIONE DELLA CORRUZIONE Fin dalle sue origini nel 1995, l’Indice di Percezione della Corruzione (Corruption Perceptions Index – CPI) è la più importante pubblicazione di Transparency International ed è diventato l’indicatore globale più noto della corruzione nel settore pubblico. L’Indice offre una fotografia del livello di corruzione percepita nei Paesi che classifica a livello globale. Nel 2012, Transparency International ha rivisto la metodologia utilizzata nella costruzione dell’Indice per permettere la comparazione dei punteggi di anno in anno. Transparency International Italia è il capitolo italiano di Transparency International l’organizzazione non governativa leader nel mondo nella lotta alla corruzione.

Per gli ultimi aggiornamenti: Twitter: twitter.com/transparency_it | Facebook: www.facebook.com/TransparencyItalia | YouTube: www.youtube.com/TransparencyItalia | www.transparency.it

di GIANFRANCO NITTI (giornalista Stampa Estera)

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2414

Italy has decided, from the 1st of January 2019, Law no.23.10.2018, n. 119, to tax all transfers of money to countries outside the European Union with a rate of 1.5%. According to the Italian government the taxable earnings are financial

flows generated in Italy that are transferred abroad. The opinion of the government is that it is right this money is spent in Italy and that, in case it is transferred abroad, it is correct to tax it . There are also other wealthy countries with large numbers of migrants which are considering to tax outgoing money transfers in order to increase their revenue and to discourage illegal immigration. These countries include: Saudi Arabia, Bahrain, the United Arab Emirates, the United States, Kuwait and Oman. In the United States, Oklaho-ma already taxes remittances up to $ 5 for the first $ 500 and 1% beyond; two other states, Georgia and Iowa, are considering taxes that could have a wider scope, since they would not only concern remittances but also other forms of transfer.

The total volume of remittances from Italy in 2017 has to some ex-tent exceeded 5 billion euros. The italian new tax could bring about € 60 million a year into the Italian public coffers but this amount will not ameliorate the precarious Italian public finances. In fact, this would be 0.004% of GDP in 2017. Or again 0.0034% of the Ital-ian public debt (October 2018).

On the other hand, it will further penalize the cost of remittances, already quite high. The law is going to damage migrant workers, a very fragile population, and their families living in generally poor countries that depend on the regular transfer of remittances for their livelihoods. Poor migrant workers are generally very sensitive to the cost of remittances. A tax on remittances will divert these flows into informal and unregulated channels. This law reducing tax revenues, increasing tax administration costs encourages the use of informal financial channels, thus increasing security risks.

Romania is confirmed at the top of the list of countries that re-ceived money flows from Italy. The Romanian community in the Peninsula has sent home about 708 million euros. These re-mittances will not be taxed because Romania is part of the EU. In second place is Bangladesh with 532 million euros, while the third position is held by the Philippines with 325 million euros. There is also a strong risk that with this tax will increase the illegal remittances made through informal channels that are beyond any control.

http://blogs.worldbank.org/peoplemove/why-taxing-remittanc-es-bad-idea

In 2016, remittances from migrant workers to developing coun-tries in the world reached $ 440 billion, more than three times the amount of official development assistance. For many countries, these money transfers are the main source of foreign exchange. In India and Mexico, they exceed foreign direct investment. In Egypt, they exceed the revenues of the Suez Canal. And in Pakistan, they exceed the country’s international reserves.

Since migrant incomes have in principle already been taxed in the country of origin, the taxation of remittances is similar to a dou-ble taxation for taxable migrants. And since these money transfers are generally intended for the poor families of migrant workers who have stayed in the country, they are the ones who will bear the burden of the taxes in the end. A remittance tax will increase the cost of these transactions, which goes completely against the G20’s commitments as well as the Sustainable Development Goal of reducing the costs of remittances. Taxation of remittances would have an impact on the volume of activity of service providers in the sector, which would result in a reduction in the taxes paid by them. A tax on remittances could push also expatriate entrepreneurs and employees to turn to other countries where taxes are lower.

ITALY’S MIGRANT TAX

di CARLO MARINO

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 15

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Khojaly genocide, which was committed by the Arme-nians in the Azerbaijani town of Khojaly on the night of 25-26 February 1992, is considered one of the gravest crimes against humanity in the late 20th century.

On the night of 25-26 February 1992, the Armenian armed forces surrounded Khojaly with tanks and armored carriers and infantry units. Armed with state-of-the-art weapons, the Armenians razed Khojaly to the ground. The town was destroyed and burned by mil-itary hardware, and its civilians were killed with extreme cruelty. Most of them were beheaded, had their eyes gouged out, skinned, and burned alive.

Official figures prove that as a result of the genocidal act in Kho-jaly 613 people were killed, including 106 women, 63 children and 70 elderly. As a result of the massacre, 8 families were completely annihilated, 56 people were tortured to death, 27 families had only one surviving member, 25 children lost both parents, 130 children lost one parent, 230 families lost the breadwinner, 487 people be-came disabled, including 76 minors, 1,275 people were taken hos-tage, 1,165 people were released from captivity, fate of 150 people is still unknown.

By committing genocide in Khojaly with extreme cruelty and tor-

ture, the Armenians wanted to wipe out the ancient settlements of the Azerbaijanis because being an ancient land, Khojaly differed from other areas with its historic and cultural monuments. With the population of more than 7,000 Azerbaijanis, Khojaly was the largest and ancient residential area (926 square km) surrounded by villages inhabited by the Armenians. The ancient monuments in the town had survived to modern time.

When the Armenian armed forces massacred innocent people in Khojaly helped by the Soviet Union`s 366th motor rifle regiment in February 1992, in order to cover their tracks, they resorted to extreme brutality, destroying Khojaly monuments, which had been of unique importance to both the people of Azerbaijan and entire humanity. Khojaly does not differ from horrific tragedies of Katyn, Lidice, Oradour-sur-Glane, Holocaust, Songmy, Rwanda and Srebrenica, which are etched on the minds of people forever. These atrocities went down in the history of wars as genocides of civilians that shook the world.

Commemorates 27th anniversary of Khojaly massacre

AZERBAIJAN

di ASIMAN ASADOVSpecial Correspondent of Azerbaijan in Italy

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2416

PUBBLICO IMPIEGO

Il presente va gestito per costruire un futuro migliore, le difficoltà che oggi affrontiamo come Istituto, che non sono poche e non di facile soluzione, non possono e non devono, essere un ostacolo al cambiamento, anzi, al contrario, sono la prova inconfutabile che

qualcosa di meglio si poteva fare. Poteva fare molto di più la politica nei riguardi dell’Ente Previdenziale per eccellenza, attraverso il quale si dovrebbero concretizzare le politiche sociali dell’intero Paese che la politica stessa dispone. Non abbiamo la pretesa di un trattamento pri-vilegiato, ma di avere la giusta considerazione in funzione del delicato e necessario ruolo che svolgiamo, verso i cittadini e le imprese. I meto-di adottati da qualche tempo a questa parte verso i lavoratori pubblici quali il bastone e la carota o con l’occhio del padrone si ingrassa il caval-lo, a dire il vero più bastone che carota, si sono rivelati ovviamente con-troproducenti nonché fallimentari. Tali criteri possono forse essere fun-zionali in campo zootecnico, ma noi non siamo ovini, di questo siamo certi, pertanto riteniamo che i politici non debbano essere allevatori.

Ripartiamo da ciò che di positivo si è tentato di produrre nei confronti dei lavoratori pubblici come il lavoro agile e cerchiamo di capire le moti-vazioni di tanta diffidenza da parte delle singole amministrazioni.Le finalità sottese sono quelle dell’introduzione, di nuove modalità di organizzazione del lavoro basate sull’utilizzo della flessibilità lavo-rativa, sulla valutazione per obiettivi e la rilevazione dei bisogni del per-sonale dipendente, anche alla luce delle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e del lavoro. A questo riguardo assumono rilievo le politi-che di ciascuna amministrazione in merito a: valorizzazione delle risor-se umane disponibili nell’ottica di una maggiore produttività ed efficienza; responsabilizzazione del personale dirigente e non; ripro-gettazione dello spazio di lavoro; promozione e più ampia diffusione dell’utilizzo delle tecnologie digitali; rafforzamento dei sistemi di misurazione e valutazione della performance; agevolazione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La disposizione consente a ciascuna amministrazione, nell’ambito della propria autonomia or-ganizzativa, di individuare le modalità innovative, alternative al telela-voro, più adeguate rispetto alla propria organizzazione, alle esigenze

di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei lavoratori e al miglioramento della qualità dei servizi.

Il lavoro agile o Smart Working all’interno dell’Inps risponde alle seguen-ti finalità:

• Sperimentare e introdurre nuove soluzioni organizzative che fa-voriscano lo sviluppo di una cultura gestionale orientata al lavoro per obiettivi e risultati che, al tempo stesso, promuo-va l’incremento della produttività e dell’efficienza nonché il miglioramento della qualità dei servizi.

In premessa, abbiamo iniziato estrapolando alcuni passaggi, secondo noi essenziali, dalla Direttiva N. 3 del 2017 della Presidenza del Consi-glio dei Ministri recante le linee guida in materia di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nella Pubblica Amministra-zione. Abbiamo di seguito riportato, l’introduzione del Protocollo di in-tesa in materia di lavoro agile, presentato dalla delegazione trattante Inps alle OO.SS. È evidente la coerenza di principio che accomuna i tre punti cardine del progetto, sotteso nelle linee guida, con l’orienta-mento proposto dall’Inps:

• Esigenza dei lavoratori di conciliare i tempi di vita con i tempi del lavoro;

• Sperimentare, una cultura gestionale organizzativa, orientata al miglioramento dell’efficienza dei servizi nell’ottica di un migliora-mento della qualità delle prestazioni;

• Miglioramento della valutazione della performance individuale e collettiva, che vada oltre la timbratura del cartellino e la perma-nenza fisica sul posto di lavoro.

In linea generale, possiamo dare un giudizio positivo al Protocollo d’intesa in materia di lavoro agile proposto dall’Inps. Certo può essere migliorato nei particolari, infatti le proposte pervenute dai rappresen-tanti dei lavoratori in fase di discussione, nessuna delle quali pregiudi-ziale, sono state mosse in tal senso. Nonostante tutto, nell’incontro del

IL FUTURO È OGGI, E IL LAVORO AGILE?

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CHI HA PAURA DELLO SMART WORKING?Comunicato stampa

Roma, 30 Novembre 2018

Il 3 Dicembre prenderà avvio la sperimentazione del Lavoro Agile presso alcune strut-ture centrali e regionali del nostro Istituto. Come anticipato nel comunicato unita-rio inviato in occasione dell’incontro di presentazione dell’iniziativa, la prevista fase endo-procedimentale ha l’obiettivo di testare l’impatto sull’Ente di tale nuova mo-dalità di svolgimento della prestazione di lavoro e dovrebbe consentire, attraverso attento monitoraggio, di ottenere una prima valutazione del fenomeno oltre che di sviluppare una disciplina regolamentare di dettaglio all’interno dell’Organismo Pa-ritetico per l’Innovazione (previsto all’art. 6 del CCNL 12/2/2018 e costituito in Inail con determina Presidenziale 421 del 29/10/2018) propedeutica all’estensione dello smart working verso tutto il personale dell’Istituto. È evidente che se all’atto della progettazione e dell’avvio della procedura di sperimentazione dello smart working l’Organismo paritetico fosse stato già costituito, le Parti avrebbero potuto confron-tarsi anche sui criteri e sulle modalità di svolgimento della medesima. È anche per tale ragione che con spirito costruttivo e con l’intento di evitare risultanze negative o poco funzionali alla successiva analisi, che la Cisl Fp interviene preventivamente sull’argomento per sensibilizzare l’Amministrazione sull’opportunità ed utilità di ap-portare tutti i correttivi necessari al buon esito della sperimentazione stessa. Siamo, infatti, di fronte ad un processo evolutivo del concetto di prestazione di lavoro che lo stesso Legislatore ha scelto di promuovere (L.124/2015 e s.m.i.) e che se da una parte va incontro alle esigenze di conciliazione vita-lavoro dei colleghi, dall’altra con-tribuisce ad accompagnare i cambiamenti organizzativi in atto nella pubblica ammi-nistrazione insieme con lo sviluppo tecnologico: è, dunque, un percorso ineludibile e in merito al quale possiamo solo scegliere se stare “dietro al volante” guidando il cambiamento o essere meri passeggeri; l’Inail, in altre occasioni simili, ha sempre scelto di essere soggetto attivo e precursore, sottoscrivendo appositi accordi con le OO. SS. seguiti dal pieno supporto responsabile di tutto il personale. Viene da chie-dersi allora da dove nasca la ritrosia di parte della dirigenza nel riconoscere ai pro-pri dipendenti istituti regolamentati da accordi nazionali più che consolidati, come le ore eccedenti a intera giornata o le varie tipologie di telelavoro; viene da chiedersi come sia stato possibile che l’attuale delicata fase sperimentale voluta dall’Ammini-strazione sullo smart working abbia prodotto tante ipotesi di concessione “al ribas-so”, rischiando così di pregiudicare il successivo lavoro di misurazione dell’impatto da parte dell’Organismo. Già, perché diventa alquanto complicato valutare se sia re-alisticamente sostenibile un’innovazione avendo a disposizione dati eccessivamente eterogenei: ci risulta, infatti, che vi siano strutture in cui ad alcuni colleghi sono stati proposti progetti di 3 mesi ad altri, magari dello stesso ufficio, settore o incarico ne sono stati riconosciuti 12; strutture in cui alcune professionalità ammesse alla speri-mentazione dalla nota centrale Inail ne sono state, invece, inspiegabilmente escluse e persino colleghi a cui è stato chiesto di lavorare, pur se in subordine, attività non relative al proprio profilo professionale. La verità, insomma, è che bisogna in primis es-sere pronti al cambiamento per poterlo guidare. Partecipare al progetto di sperimen-tazione comporta la necessità che la dirigenza coinvolta sia pienamente consapevole dell’importanza dello stesso, per responsabilizzare gli smart worker, certamente, ma anche per permettere ai colleghi che al momento non sono direttamente coinvolti di accogliere queste modificazioni del rapporto di lavoro come una naturale evoluzio-ne e non come un nuovo costo da affrontare. Ed è soprattutto per queste ragioni che chiederemo all’Amministrazione l’urgente convocazione dell’Organismo e la puntuale comunicazione sullo stato d’attuazione del progetto.

Il Coordinatore Nazionale Marco Molinari

PUBBLICO IMPIEGO

12 febbraio, il documento non è stato ratificato ed inspiegabilmente, non ha trovato applicazio-ne il principio del buon senso, ma sterili dettagli ai quali cercheremo di dare tutte le dovute at-tenzioni. Sull’argomento siamo stati riconvocati per il 26 febbraio, dovrebbe essere un positivo segnale dell’attenzione che tutti, amministra-zione compresa, riponiamo sul lavoro agile. Noi stessi, nell’articolo il “lavoro flessibile, il lavoro del futuro”, di cui sotto riportiamo un passaggio, abbiamo ricondotto l’introduzione del lavoro agile in un alveo bidirezionale; conciliazione vita/ lavoro > produttività efficace.

Un orientamento culturale, orientato ai bisogni del personale, crea quei presupposti essenziali per rinnovare l’organizzazione del lavoro volta a stimolare concretamente la produttività reale, che non può derivare dalla mera presenza fisi-ca sul posto di lavoro, ma valutata in termini di prodotti finiti e servizi resi. Noi il servi-zio lo forniamo se eroghiamo prestazioni. A questo punto dobbiamo porci una domanda a cui dobbiamo necessariamente trovare una ri-sposta: accertato che i principi e gli obiettivi fon-damentali che sostengono il lavoro agile sono condivisi, come si spiega che nella pubblica am-ministrazione tale dispositivo incontri tanti osta-coli? Come si può motivare questa diffidenza verso un modello agile di gestione del personale che invece nel privato è già da anni largamente diffusa con ottimi risultati, in termini di soddi-sfazione professionale e produttività. Perché, anche in quelle poche realtà della pubblica am-ministrazione in cui viene sperimentato il lavoro agile, l’approccio a tale innovativo istituto non viene affrontato come una leva gestionale inve-ce che un declassamento ad un mero compiti-no di adeguamento statistico alle normative? A nostro avviso le risposte si potrebbero ricavare al punto D della Direttiva N.3, “misure organiz-zative”, che analizzeremo nel prossimo articolo. Quale che siano gli ostacoli, noi sull’argo-mento non molliamo. Il futuro è oggi, se in-dugiamo diviene passato, ora possiamo agire, viceversa domani, possiamo solo rimpiangere.Non vogliamo arrogarci le competenze di dare la giusta interpretazione ai paradossi di Zenone rispetto all’immobilità del movimento, non pos-siamo tuttavia, neppure prenderci la responsa-bilità di tacere di fronte ad un perenne indugiare. Se non ora quando? Se non noi chi?

LA STRUTTURA AZIENDALE CISL INPS DI DIREZIONE GENERALE Il segretario, Corrado Tiberti

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2418

Non sono infrequenti le istanze da parte di ex dipenden-ti pubblici trasferitisi in paesi esteri, con i quali vigono apposite Convenzioni per evitare le doppie imposizio-ni, volte a ricondurre, ai fini della tassabilità, la natura

dell’indennità di buonuscita agli emolumenti di tipo pensionistico previdenziale.

Riguardo a tale problematica l’Istituto ha formulato una specifica richiesta di parere all’Agenzia delle Entrate al fine di accertare il corretto trattamento fiscale a cui assoggettare le somme erogate a titolo di indennità di buonuscita, se al lordo o al netto delle ritenute fiscali ordinariamente previste.

L’articolo 2, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) nell’individuare i soggetti passivi dell’Irpef, stabilisce che per i soggetti fiscalmente non residenti il reddito complessivo è forma-to dai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato. Si considerano tali i redditi derivanti da pensioni, assegni ad esse assimilati e le in-dennità di fine rapporto.

Nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui red-diti sono fatti salvi, tuttavia, gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia, a meno che la disciplina interna non sia più favorevole al contribuente.

In risposta alla richiesta dell’INPS, l’Agenzia delle Entrate, ricono-scendo all’indennità di buonuscita la natura di retribuzione diffe-rita, ha precisato che le somme erogate a tale titolo vanno consi-derate, sotto il profilo dell’inquadramento fiscale, quali indennità

equipollenti al TFR - che in ambito convenzionale non gode di al-cuna disciplina specifica - e quindi riconducibili alle regole previste per i redditi da lavoro dipendente dalle Convenzioni internazionali.

Specificatamente, trattandosi di indennità da erogare ad “un ex dipendente pubblico” a seguito di un’attività lavorativa resa alle dipendenze dello Stato derivante dallo svolgimento di “funzioni pubbliche”, la potestà impositiva è attribuita allo Stato di produzio-ne del reddito in quanto remunerazione pagata da uno Stato con-traente ma diversa dai trattamenti pensionistici. Eventuali deroghe risultano applicabili solo nel caso di svolgimento di servizi correla-ti all’esercizio di “funzioni pubbliche” da parte dell’ex dipendente pubblico nell’altro Stato contraente.

Considerato che le Convenzioni internazionali stipulate dallo Stato italiano sia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito che per prevenire le evasioni fiscali prevedono le mede-sime norme contrattuali, non può che confermarsi per la proble-matica evidenziata, allo stato attuale, l’erogazione dell’indennità di buonuscita al netto delle trattenute fiscali di all’art. 19, comma 2 bis, del TUIR.

Tassazione dell’indennità di buonuscita e richieste di esenzione irpef.di MASSIMO PETRUCCI

CONSULENZA FISCALE

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 19

VIAGGI

La 33a edizione della Fiera internazionale del turismo, MATKA, la principale in Scandinavia, si è svolta di recente a Helsinki, in Finlandia. Il numero totale di visitatori è ammontato a ca. 61.000 (14.000 di loro professionisti) e 1.000 espositori.

Tra gli 80 paesi rappresentati, quest’anno il padiglione italiano ha avu-to un buon afflusso: organizzato dalla sede ENIT di Stoccolma con il supporto dell’Ambasciata d’Italia, il padiglione ha svolto una funzione istituzionale del meglio dell’Italia. Accanto ad esso, altri stand ed agen-zie italiane avevano il proprio stand., come il lago di Como ed il lago Maggiore. L’ambasciatore italiano in Finlandia, Gabriele Altana, è inter-venuto nel nella giornata inaugurale In particolare, nello stand della compagnia aerea finlandese, Finnair, era presente un pannello sulla sua nuova destinazione in Italia, Bologna. Come sempre i temi della Lapponia erano ben promossi nello stand di Inari e Rovaniemi, la casa del vero Babbo Natale. La fiera ha contrassegnato l’inizio dell’annata turistica costituen-do un’opportunità unica per conoscere la Finlandia e il mondo in-tero sotto lo stesso tetto: l’industria dei viaggi finlandese è fiorita negli ultimi anni con solidi protagonisti che puntano su qualità, ef-ficienza e innovazione per offrire la migliore esperienza per i viag-giatori d’affari e di piacere. Quest’anno Matka ha dato soprattut-to spazio a soluzioni di viaggio intelligenti e sostenibili ed a tesori nascosti che evidenziano una nuove ed interessanti destinazioni. Durante un tour dedicato ai rappresentanti della stampa e dei media internazionali, organizzato da BusinessFinland, questi hanno avuto la possibilità di conoscere e visitare hotel e strutture di recente apertura, come l’hotel St. George e il Lapland Hotel di Helsinki, la già famosa bi-blioteca centrale di Oodi nochè esempi culturali della vita urbana della capitale. Il ministro dei Trasporti e delle comunicazioni Anne Berner, che ha fatto la prolusione ufficiale durante la cerimonia di apertura, ha ricordato che il cluster turistico impiega oltre 100.000 persone in

La fiera del Turismo di Matka si conferma leader del Nord Europa

HELSINKI

Testo e foto di GIANFRANCO NITTI (giornalista Stampa Estera)

• Numero di visitatori 63.600, inclusi 14.000 visitatori specializzati (visitatori 2017: 71.000 /visitatori 2016: 68.000)

• Numero di espositori 915 provenienti da 83 paesi.

Nel giorno di Matka Pro Workshop 2019:• Fornitori: 146 tavoli a Meet Finland, 41 tavoli presso il Global

Workshop, per 24 fornitori rappresentati. • Compratori: 291 compratori provenienti da 35 paesi

• 8600 richieste di incontro con un totale di 45 paesi rappre-sentati

• L’Italia aveva 2 fornitori e 11 compratori.

La prossima edizione, la34a, è già in programma dal 17 al 19 gennaio 2020.

Informazioni: https://matka.messukeskus.com/?lang=en

I numeri finali per MATKA 2018

Finlandia, e la scorsa estate l’ammontare delle vacanze all’estero dei finlandesi è aumentato a 3,2 milioni, 1, 5 milioni dei quali sono stati fatti per aereo e 1,2 milioni per nave. Berner ha osservato che la Lappo-nia viene visitata ogni anno da persone provenienti da 140 paesi, il che rende questa regione una destinazione turistica molto internazionale. Il ministro ha sottolineato che “la sostenibilità non è più solo qualcosa che dobbiamo perseguire, ma un impegno che si sta trasformando in un vantaggio competitivo. Ridurre le emissioni di anidride carbonica crea crescenti opportunità in molti settori, compresi i viaggi e i trasporti”.

Secondo un sondaggio commissionato da Matka, nel 2019 i finlandesi progettano di muoversi prevalentemente all’interno del paese e verso le destinazioni europee vicine. Quasi tutti gli intervistati hanno dichia-rato di pianificare alcuni viaggi nazionali nel 2019. La maggior parte prevede anche viaggi all’estero, in particolare verso le città europee e gli stati baltici vicini. Le vacanze marine e le destinazioni sciistiche ri-mangono popolari, così come le crociere sul Mar Baltico. L’anno scorso i pernottamenti degli italiani nelle strutture ricettive finlandesi sono au-mentati di ca. 4% rispetto all’anno precedente. Matka è organizzata da Messukeskus Expo & Convention center, la struttura più grande e ver-satile della Finlandia, che celebra quest’anno il suo centenario. Orga-nizza ogni anno oltre 100 fiere commerciali e di consumo e oltre 2000 incontri e congressi. Nel 2017 ha attirato un totale di 1.200.000 visitatori per tutti gli eventi organizzati.

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2420

Angeli sulla punta di uno spillo

JURIJ DRUŽNIKOV

CULTURA

Nel 2001 Jurij D r u ž n i k o v fu candida-to al premio

Nobel,ma non sempre il Nobel premia i grandi. Dopo essere stato censu-rato in patria per quindici anni, lo scrittore riuscì ad emigrare negli Stati Uniti d’America nel 1987. Ha insegnato presso la University of California, a Davis.

Leggere “Angeli sulla punta di uno spillo”, edito in Italia da Bar-bera Editore ci fa cogliere subito il grande scrittore facendoci ricordare il grande Bulgakov de Il Maestro e Margherita. Ed è un romanzo piacevole da leggere proprio oggi che nella gran-de Russia capitalismo e il comunismo sembrano coesistere in una combinazione sfuggente. C’è il comunismo a rovescio, con i privilegi e la corruzione dei vecchi apparatchiks e un aggressi-vo capitalismo di mercati fatto di operatori commerciali, mafia, racket, tasse indirette, e il rischio di venir assassinati per pochi spiccioli. E, inoltre, ci sono i fascisti: una nuova versione dei co-siddetti comunisti patriottici. Jurij Družnikov è scomparso il 14 maggio 2008 all’età di 75 anni.Il romanzo ci porta a Mosca, sul finire degli anni ‘60. Makartsev, caporedattore della Pravda, è colpito da un infarto vicino al palazzo del Comitato centrale del partito comunista, dove ha partecipato a una importante riunione. Il suo cuore è ormai in-debolito, dopo una vita trascorsa in un continuo stato d’ansia per il tentativo tenace di seguire fedelmente la linea del partito, di fare propaganda ortodossa, di mostrarsi incessantemente come un comunista impeccabile. È ciò che succede al cuore che è costretto a vivere sotto la dittatura. La misteriosa comparsa sulla sua scrivania di un manoscritto clandestino, un samiszad, e, per sovrappiù, un manoscritto sovversivo gli dà il colpo di grazia. Da dove viene? Chi l’ha visto? Che fare? E il Marchese De Custine che irrompe da un’altra dimensione? Questo testo di ottima letteratura, che si pone sulla scia delle grandi opere satiriche russe, ha venduto 250.000 copie nella sua prima edizione ed è stato prescelto dall’Unesco come il migliore romanzo contemporaneo in traduzione.

L’attore Francesco Acquaroli in ER NASO DE GOGOL-LE ha portato in scena il grande scrittore russo Nikolaj Vasil’evič Gogol’ in dialetto romanesco col-to, con testo e regia di Pierpaolo Palladino e in un

teatro ai piedi del Campidoglio: il Teatro della Cometa. “Nos” (Il Naso) è un racconto che Gogol’ cominciò a scrivere tra il 1832 e il 1833 e che completò solo nel 1834. Il naso ebbe la sua prima pubblicazione sulla rivista Sovremennik, dove comparve con una nota di presentazione suggerita da Aleksandr Puškin. E così il Kovalyov, gogoliano diventa trasfigurato dall’abile Fran-cesco Acquaroli l’abatino Corvallone nella Roma del Papa Re. L’abate Corvallone, originario dei Castelli romani, alias l’asses-sore di collegio Kovalyov, svegliatosi una mattina e accortosi di non avere più il naso, teme di veder definitivamente compro-messi i propri rapporti sociali e le future promozioni di carriera, tanto più che il suo organo olfattivo se ne va in giro per la città in carrozza spacciandosi per un cardinale. Falliti i tentativi di mettere un annuncio sui giornali e di ottenere l’intervento del commissario di quartiere per recuperare il naso, Corvallone se lo vedrà restituire da una guardia/ ‘na madama che l’ha arrestato mentre cercava di espatriare. A Corvallone/Kovalèv non rimane che trovare il sistema per far tornare il naso al suo solito posto. L’ambientazione romana ben si presta a raccontare le ansie dell’abate Corvallone che si agita alla ricer-ca del suo naso fuggito all’improvviso per girare libero in città. La curia vaticana sostituisce l’analoga burocrazia zarista, in un mondo in cui la forma e il buon nome in società sono l’essen-za stessa dell’uomo. Nicolaj Gogol fu amante e conoscitore di Roma, dove abitò nel 1836, conobbe Giuseppe Gioachino Bel-li e vi scrisse buona parte del suo incomparabile capolavoro “Le anime Morte”. C.M.

TEATRO

ER NASO DE GOGOLLE

di CARLO MARINO

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 21

CULTURA

CARA CAREZZA

Non ti sembrava vero, eppureti stanno portando via.

Di colpo, luce che si dissolvecome nel lutto del sole,il giorno che si accorcia come in autunno, come nel ricordodel tuo viso nel vortice dell’onda.

Di colpo, ti ritrovi in strada,con l’ingiuria del tempo e del gestoche divide gli uni dagli altri.Ti accompagna il monito perentorio del comando: voi qui, tu là. E tu fa’ presto, prendi le tue cose e corri, vai, vai.

Vai. Stordito, senza piùquella carezza. Cara carezza.

La cartella, il diario appena ricevuto,il sorriso di tua madre e la maestrache ti cerca tra i banchi: tutto si dissolve così, in una mattina di sole inabissatonel buio di un nuovo pellegrinaggio.

(Sgombero CARA, Castelnuovo di Porto 23/1/2019)

NEL VENTO

Siamo lì, in quell’ora che sconforta.Ora come allora, aggrappatialla salvezza della parola;eco di un’umanità perduta.

Separati dal mondo e assiepatisul vorticare del vuotoci cercavamo nel buio fitto del campo di Birkenau.Domandavamo a ogni ramo spoglio la nostra sorte.

Prossima al nulla, tra l’acquascura, i cocci sparsie nell’intreccio del filo spinato,la vita s’era fatta muta.

Solo un trepestio di passi.Lontano e inaccessibile il cielo.

Non eravamo più, e poi solamente fu la luce grigia del vento di Auschwitz.(Shoà 27 gennaio 2019)

Al Piccolo Eliseo in Roma va in scena , fino al 3 marzo, SHA-KESPEA RE DI NAPOLI, composto e diretto da Ruggero Cappuccio e splendidamente interpretato da due istrioni di altissimo livello quali Claudio Di Palma e Ciro Damiano.

Il testo di Ruggero Cappuccio, pubblicato nella collana Classici Einaudi, riporta sulla scena, in una versione comparabile alla versione italiana de “La Tempesta” di Shakespeare eseguita dal sommo Eduardo De Fi-lippo, la lingua napoletana letteraria, senza soluzione di continuità viva fin dall’epoca dei Viceré. La pièce si svolge nei primi anni del Seicento, acme del grande teatro elisabettiano inglese. Ed è una storia che po-trebbe essere verosimile: se a Napoli soggiornò Cervantes, perché non potrebbe esservi passato il Bardo? Desiderio torna a Napoli dopo un avventuroso naufragio e ritrova il suo vecchio amico Zoroastro. A lui racconta di aver vissuto a lungo a Londra e di essere diventato l’inter-prete più affermato dei personaggi femminili del grande drammaturgo inglese. Zoroastro non crede a una parola, immagina che Desiderio stia raccontando una “palla”, una fandonia cui lo ha abituato fin da ragazzo. E così i due dialogano tra altissima poesia e tagliente comi-cità, mentre il mistero si dilata a poco a poco sulle loro vite. Così, nella

POESIA

La poetessa Sonia Giovannetti è nata nel 1963 a Roma, città dove vive e la-vora. Coltiva da sempre l’interesse e lo studio per la letteratura, l’arte e la filo-sofia. Nel suo percorso ha associato la cultura con l’impegno civile, umanitario e ambientale.Questo mese pubblichiamo due poe-sie “civili” della Giovannetti: una sullo sgombero del CARA di Castelnuovo di Porto, vicino a Roma, avvenuto tra le proteste del sindaco, del parroco e di diversi cittadini. E l’altra sulla tragedia della Shoah del popolo ebreo. Per non dimenticare.

Sonia Giovannetti

IN SCENA

storia appaiono misteriosi fotogrammi: le sabbie, il Seicento, la peste, un quadro, un baule, l’inchiostro sbiadito dei Sonetti di Shakespeare. Una nave inabissata. Un anello smarrito. Il tutto risplende in una lin-gua fatta di reconditi suoni. Il palcoscenico si presenta quasi spoglio in modo da lasciare alla parola (napoletana e aulica) e all’immaginazio-ne dello spettatore il compito di ricreare i luoghi dell’azione: il palazzo del Viceré, il Carnevale a Napoli… Il carattere illusorio del racconto co-struito dai due ottimi artisti impegna gli spettatori imponendo una co-municazione intuitiva per chi non è di madre lingua napoletana. I due attori utilizzano con maestria l’intero spazio scenico dove imperversa il serrato confabulare tra Desiderio e Zoroastro. L’azione è organica, ottimamente concatenata ed è sempre integrata pur nel suo svolgersi multiforme. L’ultima sequenza, con l’entrata di una cornice che adorna l’ultima scena, scioglie definitivamente l’azione e scatena l’applauso entusiasta del pubblico. C.M.

SHAKESPEARE DI NAPOLI al Teatro Piccolo Eliseo in Roma

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2422

CULTURA

Dal 1 ° marzo 2019, la Gemäldegalerie presenta un’im-portante mostra con circa 100 opere d’arte sulla produ-zione artistica, messa in relazione da vicino, di Andrea Mantegna (1431-1506 circa) e di Giovanni Bellini (1435-

1516 circa). È una mostra speciale dei musei nazionali di Berlino e della National Gallery di Londra in collaborazione con il British Museum. Nelle collezioni della Gemäldegalerie e della National Gallery di Londra, le opere di Mantegna e Bellini sono presenti in gran numero e qualità. Le opere in mostra includono capolavori dei due artisti che rappresentano tutti i periodi della loro vita creatia. „Mantegna und Bellini. Meister der Renaissance“ è stata curata da Caroline Campbell (National Gallery, Londra), da Dagmar Korba-cher (Kupferstichkabinett - Staatliche Museen zu Berlin), da Neville Rowley (Gemäldegalerie und Skulpturensammlung - Staatliche Mu-seen zu Berlin) e da Sarah Vowles (British Museum).La Repubblica di Venezia nel 1453 era opulenta come non mai e commerciava e vendeva in tutto il mondo beni di valore quali il ve-tro, la seta e il sapone. Sull’Adriatico, erano innovativi e desiderosi di fare affari, e gli Ottomani erano i più importanti partner economici della Repubblica di Venezia, e in tal modo la prosperità della città lagunare prosperò sempre più. Con il denaro in abbondanza si ap-prezzano anche le belle arti.Nel 1452/3, il fiorente pittore Andrea Mantegna, attivo a Padova, si unì alla famiglia Bellini - una delle principali famiglie di artisti di Venezia che poteva vantare contatti nei più prestigiosi ambienti. Le impressionanti invenzioni pittoriche di Mantegna e il suo pervasivo

interesse per l’antichità classica lasciarono probabilmente un’im-pronta profonda sul suo più giovane cognato Giovanni Bellini. Durante questo periodo, il caratteristico stile pittorico di Bellini in-fluenzò anche il lavoro di Mantegna. La reciproca influenza tra Man-tegna e Giovanni Bellini durò oltre cinquanta anni. Ma dopo dieci anni di stretta collaborazione, i due maestri si separarono: nel 1460, Andrea si trasferì a Mantova, dove rimase fino alla sua morte pittore di corte presso la famiglia dei Principi Gonzaga. Giovanni, nato in-torno al 1435, solo quattro anni più giovane di Mantegna, trascorse la sua intera carriera artistica a Venezia. Il giovane Bellini fu influen-zato dall’arte di suo cognato e ne fu molto ispirato. Lavorando in ambienti diversi, i loro stili artistici si svilupparono con orientamenti molto diversi e, per esempio, Mantegna fu probabilmente impres-sionato dal talento di Bellini per la pittura di paesaggi. Fu sicura-mente un dialogo fruttuoso e si possono ancora sentire le tracce di un elegante scambio andato avanti nel corso dei decenni.Inoltre, il Museo delle Stampe e dei Disegni dei Musei di Stato di Ber-lino e del British Museum ospitano una collezione eccezionalmente ricca di disegni di Mantegna, Bellini e delle loro scuole. La loro spon-taneità rende tali disegni importanti per definire l’orizzonte artistico di Andrea Mantegna e Giovanni Bellini. Intorno a questo nucleo, la mostra raccoglie anche un certo numero di prestiti . Sarà possibile analizzare in modo esemplare le differenze e le affinità nel lavoro di questi due geni artistici del Rinascimento. Nuove costellazioni di capolavori ed un interessante raffronto costituiscono il fascino im-mediato di questa mostra berlinese.

ARTE

di CARLO MARINO

Due dei più grandi artisti dell’Alta Italia del Rinascimento a Berlino

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 23

Ab 1 März 2019 präsentiert die Gemäldegalerie eine wichti-ge Ausstellung zum eng miteinander verbundenen Arbei-ten von Andrea Mantegna (um 1431–1506) und Giovanni Bellini (um 1435–1516) mit rund 100 Kunstwerken. Es ist

eine Sonderaustlellung der Staatlichen Museen zu Berlin und der National Gallery London in Kooperation mit dem British Museum. In den Sammlungen der Gemäldegalerie und der National Gallery London, sind Werke von Mantegna und Bellini in großer Zahl und Qualität anwesend. Die Bestände umfassen Meisterwerke der beiden Künstler aus allen Schaffensphasen. „Mantegna und Bellini. Meister der Renaissance“ wird kuratiert von Caroline Campbell (National Gal-lery, London), Dagmar Korbacher (Kupferstichkabinett – Staatliche Museen zu Berlin), Neville Rowley (Gemäldegalerie und Skulpturen-sammlung – Staatliche Museen zu Berlin) und Sarah Vowles (British Museum). Die Republik Venedig im Jahr 1453 war opulent wie nie be-vor und handelte und verkaufte wertvolle Güter wie Glas, Seide und Seifen in die ganze Welt. An der Adria war man innovativ und eifrig, die Osmanen, die bedeutendste Wirtschaftspartnern der Republik Venedig waren und die Prosperität der Lagunenstadt blühte. Mit Geld die Fülle in großer Menge auch die schönen Künste geschätzt wurden. 1452/3 heiratete der in Padua aktive, aufblühende Maler An-drea Mantegna in die Familie Bellini ein – eine der führenden Künstl-erfamilien die in Venedig über Kontakte in die besten Kreise verfügte. Mantegnas eindrucksvolle Bilderfindungen und sein durchdringen-des Interesse an der klassischen Antike hinterließen einen tiefen Eindruck bei seinem vermutlich jüngsten Schwager Giovanni Bellini.

Während dieser Zeit enthüllte auch Bellinis charakteristischer Malstil seine Wirkung auf Mantegnas Schaffen. Aus der Verbindung folgte ein mehr als fünfzig Jahre währender fruchtbarer Austausch zwischen Mantegna und Giovanni Bellini. Aber nach zehn Jahren enger Zusam-menarbeit trennten sich ihre Wege: 1460 zog Andrea nach Mantua, wo er bis zu seinem Tode Hofmaler der Fürstenfamilie Gonzaga blieb. Giovanni, der um 1435 geboren wurde, nur vier Jahre jünger als Man-tegna war, und verbrachte seine ganze Künstlerkarriere in Venedig. Der jüngere Bellini war beeinflusst von der Kunst seines Schwagers und ließ sich stark von ihr inspirieren. In verschiedenen Umkreisen tätig, heranbildeten sich ihre künstlerischen Stile in sehr verschiede-ne Orientierungen. Mantegna war möglich beeindruckt von Bellinis Begabung Landschaften zu malen. Dennoch es war ein fruchtbares Dialog, und die Spuren eines über die Jahrzehnte hinweg eleganten Austausches noch immer nachgefühlt werden kann. Zudem beher-bergen das Kupferstichkabinett der Staatlichen Museen zu Berlin sowie das British Museum eine außergewöhnlich reiche Sammlung von Blättern Mantegnas, Bellinis, ihrer Familie und ihrer Nachfolger bzw. ihres Umkreises. Gerade in ihrer Spontaneität machen diese Zeichnungen die künstlerische Horizont von Andrea Mantegna und Giovanni Bellini deutlich. Um diesen Kern herum versammelt die Ausstellung zudem eine Anzahl überragender Leihgaben. So es ist möglich Differenzen und Affinitäten im Schaffen der beiden bedeu-tenden Renaissancekünstler auf exemplarische Weise zu analysieren. Neue Konstellationen und interessantes Konfrontieren machen die weitläufige Anziehungskraft dieser Ausstellung aus.

KUNST

di CARLO MARINO

Zwei der gröβten Künstler Oberitaliens in der Renaissance in Berlin zu sehen

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 2424

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• Cisl Funzione Pubblica • Febbraio 2019, n. 24 25

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