Diritti cittadinanza e concordato · Considerazioni sparse che prendono origine dalla recentissima...

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Diritti cittadinanza e concordato Roma, 14 maggio 2003 INTERVENTI DI : (ordine alfabetico) Piero BELLINI Felice Carlo BESOSTRI Lilly CHIAROMONTE Pasquale COLELLA Mario DI CARLO Ida DOMINIANNI Giulio ERCOLESSI Sergio LARICCIA Enzo MARZO Alessandro ODDI Maria Gigliola TONIOLLO Maria Gigliola Toniollo Prima di iniziare i nostri lavori vorrei presentarmi e accennare brevemente al lavoro che svolgo il CGIL. Sono Maria Gigliola Toniollo e dirigo il settore Nuovi Diritti della CGIL Nazionale, questo settore del sindacato nasce con l'intento sostenere la laicità dello Stato e la sua autonomia. Il settore Nuovi Diritti si occupa di realtà che possono sembrare slegate tra loro come: - i diritti di gay, lesbiche, transessuali nel mondo del lavoro e più in generale nella società civile; - il problema della discriminazione in base all'orientamento e all'identità sessuale; - la procreazione medicalmente assistita a livello teorico e tecnico e dell'iter parlamentare della legge; - la tutela delle libertà su Internet; - la laicità dello Stato;

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Diritti cittadinanza e concordato Roma, 14 maggio 2003 INTERVENTI DI : (ordine alfabetico) Piero BELLINI Felice Carlo BESOSTRI Lilly CHIAROMONTE Pasquale COLELLA Mario DI CARLO Ida DOMINIANNI Giulio ERCOLESSI Sergio LARICCIA Enzo MARZO Alessandro ODDI Maria Gigliola TONIOLLO Maria Gigliola Toniollo Prima di iniziare i nostri lavori vorrei presentarmi e accennare brevemente al lavoro che svolgo il CGIL. Sono Maria Gigliola Toniollo e dirigo il settore Nuovi Diritti della CGIL Nazionale, questo settore del sindacato nasce con l'intento sostenere la laicità dello Stato e la sua autonomia. Il settore Nuovi Diritti si occupa di realtà che possono sembrare slegate tra loro come: - i diritti di gay, lesbiche, transessuali nel mondo del lavoro e più in generale nella società civile; - il problema della discriminazione in base all'orientamento e all'identità sessuale; - la procreazione medicalmente assistita a livello teorico e tecnico e dell'iter parlamentare della legge; - la tutela delle libertà su Internet; - la laicità dello Stato;

che, invece, sono strettamente collegate tra perché riguardano le libertà e diritti di tutti i cittadini e di tutte le cittadine. Auguro a tutti e a tutte un buon lavoro e passo la parola a Mario Di Carlo che collabora con il settore Nuovi Diritti e che modererà l'incontro di questo pomeriggio. Mario Di Carlo Buona sera a tutti e a tutte, prima di dare inizio ai lavori vorrei presentare gli ospiti per chiarire la loro provenienza,il loro orientamento culturale e l'approccio alla materia, ciò non significa che farò un curriculum vitae di ciascuno,semplicemente cercherò di dare dei punti di riferimento per chi, ancora, non li conoscesse; mi scuso in anticipo con quelli e quelle che non citerò e prego sin d'ora, prima di intervenire, di dire il proprio nome perché al momento della sbobinatura sarà più facile riconoscere l'oratore o l'oratrice.Comincio dunque, a presentare gli ospiti: - Piero Bellini professore di Diritto Canonico e Storia del Diritto Canonico; - Felice Carlo Besostri avvocato ed ex senatore; - Stefania Boccale avvocato, - Giuseppe Bortone responsabile dell'Ufficio Tossicodipendenze ed Aids della CGIL Nazionale; - Lilly Chiaromonte che si occupa in CGIL Nazionale, di un progetto sui diritti delle donne; - Nicola Coco professore di Diritto Penale presso l'Università di Roma "La Sapienza"; - Ida Dominianni giornalista del Manifesto; - Giulio Ercolessi articolista del periodico "Critica Liberale" e membro della "Fondazione Critica Liberale" - Sergio Lariccia professore di Diritto Amministrativo; - Enzo Marzo giornalista e Direttore della rivista "Critica Liberale"; - Alessandro Oddi avvocato e assistente presso la Cattedra di Diritto Costituzionale del prof. Pace dell'Università di Roma "La Sapienza"; - Stefano Oriano avvocato che segue la parte legislativa e normativa per il settore Nuovi Diritti; - Maria Gigliola Toniollo responsabile del Settore Nuovi Diritti della CGIL Nazionale. - Alessandro Cardente responsabile dell'Ufficio Nuovi Diritti di Roma e del Lazio non è potuto intervenire per impegnisindacali in altra sede; Passo la parola ad Alessandro Oddi per una relazione introduttiva a partire dalla sentenza della Corte di CassazioneSezione Lavoro 2803 del Febbraio 2003 che ha sancito la legittimità del licenziamento dell'insegnante di religione per revoca del nullaosta all'insegnamento della stessa da parte dell'autorità ecclesiastica. Nella cartellina, che avete a disposizione, ci sono:

- la sentenza della Corte di Cassazione Sezione Lavoro 2803; - una sentenza precedente del Consiglio di Stato che invece è piuttosto divergente, di cui poi parlerà il dottor Oddi; - una sentenza della Corte Costituzionale che riguarda la materia - l'articolo 309 del Testo Unico sull'insegnamento nella scuola; - le parti che riguardano l'insegnamento della Religione Cattolica, nel Concordato e nelle Intese e i Protocolli addizionali. Grazie dell'attenzione e di essere intervenuti Alessandro Oddi Facoltà di Giurisprudenza La Sapienza Roma. Ringrazio innanzi tutto la CGIL, in particolare Mario Di Carlo, per l'invito e per l'ospitalità. La mia, più che una relazione introduttiva, sarà una serie di considerazioni in ordine sparso per cui mi scuso fin da ora perché, inevitabilmente, mancheranno di completezza e di organicità. Considerazioni sparse che prendono origine dalla recentissima sentenza n.2803 del 2003 della Corte di Cassazione Sezione Lavoro di cui i giornali hanno parlato a lungo e riportando i termini della decisione in maniera non del tutto corretta. Sui giornali si è letto che una ragazza madre non può insegnare religione e la Cassazione avrebbe confermato tale ipotesi.; non è propriamente così. Infatti chi sostiene tale ipotesi è l'Ordinario Diocesano non la Cassazione.La Cassazione sostiene che l'Ordinario Diocesano può avere questa posizione quindi, non è propriamente la stessa cosa. La vicenda è nota: si tratta di un'insegnante di religione cattolica, nubile ed in stato di gravidanza alla quale l'Ordinario Diocesano decide di revocare l'idoneità all'insegnamento della religione cattolica. Secondo la Corte di Cassazione il venir meno della idoneità da parte dell'Ordinario Diocesano determina la risoluzione del rapporto di lavoro. Questa è in buona sostanza la configurazione giuridica che dà la Cassazione di questo fatto. Che cosa dice più precisamente la Corte? Riassumo per sommi capi i passaggi fondamentali della decisone. La Corte dice, che nell'ambito della propria discrezionalità lo Stato, ha regolamentato lo stato giuridico degli insegnanti di religione prevedendo che la loro nomina abbia efficacia annuale e che si debba intendere riconfermata sempre che persista la idoneità o meglio non venga revocata l'idoneità da parte dell'Ordinario Diocesano. Tale idoneità può essere revocata in qualunque momento, senza alcuna motivazione, perché ciò prevede l'accordo del 1984, precisamente il punto 9 del Protocollo Addizionale, e la successiva intesa stipulata nel 1985 e rivista nel 1990, fra il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e il Ministero della Pubblica Istruzione. Questo è previsto attualmente nella nostra legislazione. Secondo la Corte di Cassazione, il venir meno di questa idoneità, per successiva revoca da parte dell'Ordinario Diocesano, determina una impossibilità giuridica della prestazione assoluta e definitiva, determinando la risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 1463 del C.C.

Dinanzi alla Corte, inevitabilmente, si pone il problema della legittimità costituzionale di questa disciplina. Non è la prima volta che ciò accade. già la Corte Costituzionale se ne era occupata in passato dichiarando l'infondatezza delle questioni che le erano state sottoposte. In buona sostanza la Corte di Cassazione non fa altro che richiamare la motivazione di due sentenze della Corte Costituzionale; si tratta della sentenza 390 del 1999 e prima ancora, della sentenza 343 dello stesso anno.Che cosa diceva allora la Corte Costituzionale e cosa ripete la Corte di Cassazione? La scelta dell'incarico quale strumento di provvista di questo personale docente pur essendo sempre possibili soluzioni diverse che rientrano appunto nella discrezionalità del legislatore non si manifesta arbitraria o palesemente irragionevole anche in relazione alle peculiarità di questo insegnamento, né contrasta con gli articoli n. 4 e n. 35 della Costituzione perché questi, pur imponendo di promuovere le condizioni per rendere effettivo il diritto al lavoro, non assicurano in ogni caso il conseguimento di un'occupazione o la conservazione del posto di lavoro. Vista la Giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, afferma la Consulta non c'è contrasto con l'articolo n. 97 della Costituzione in quanto il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione non impone un modello organizzativo nell'inquadramento del personale; in buona sostanza la stessa cosa l'aveva detta già nella precedente sentenza n. 343. E' significativo che il giudizio della Corte sia imperniato sulla ragionevolezza, sulla non arbitrarietà, sulla non irrazionalità della scelta legislativa. Stabilire cosa sia ragionevole per la Corte Costituzionale è pressoché impossibile; voglio citare una bella frase efficace di Antonio Baldassarre: "La ragionevolezza non è altro che quello che 15 giudici seduti a Palazzo della Consulta in quel momento ritengono essere ragionevole." Carlo Mezzanotte, giudice costituzionale ancora in carica, in uno dei suoi libri più interessanti: "Corte Costituzionale e politica" sostiene che non c'è nulla di più imprevedibile di un giudizio di costituzionalità nel quale venga assunto a parametro il criterio di ragionevolezza. E', infatti, significativo che la Corte si esprima in termini negativi, non dice è irragionevole, dice non è irragionevole; lascia, cioè, aperta la strada a soluzioni diverse. Questo è il tipico esempio di giudizio della Corte Costituzionale che si risolve in quello che gli americani chiamerebbero "deferential revue" cioè un giudizio che muove da una presunzione di costituzionalità delle scelte legislative ed evita di entrare troppo nelle scelte legislative soprattutto quando si tratta di scelte legislative politicamente scottanti: la Corte evita di entrare nel merito e questo è stato l'atteggiamento costante in materia ecclesiastica. A mia memoria non c'è pronunciamento della Corte Costituzionale in cui questo timore, nei confronti del legislatore non si sia manifestata; sin dalla sentenza in cui la Corte Costituzionale ha inventato il principio supremo di laicità dello Stato, la sentenza sull'ora di religione del 1989. Quella è una sentenza di rigetto, interpretativa ed ha aperto la strada al caos normativo e giurisprudenziale. Senza rievocare tutta la vicenda sull'ora di religione, è sufficiente notare che, in questi anni, c'è stato un susseguirsi di circolari applicative, sentenze del TAR e del Consiglio di Stato che si

smentiscono a vicenda. Per non risolvere il problema, in realtà, la Corte ne ha creati di altri tanto è vero che è dovuta intervenire con due successive sentenze, a distanza di poco tempo, per interpretare se stessa sulla facoltatività dell'ora di religione. Il principio di laicità dello Stato è, a mio avviso, una vera e propria invenzione della Corte Costituzionale; non è citato in alcuna parte nella Costituzione, infatti alcuni studiosi negano che lo Stato Italiano si possa configurare come un Stato laico; basti citare Francesco Finocchiaro che afferma chiaramente: "l'Italia non è uno Stato laico". Dalla Torre ne: "Il fenomeno religioso nella Costituzione" sostiene due concetti addirittura in antitesi; dice, infatti, che nella nostra Costituzione sarebbe ravvisabile un certo "favor religionis" e dopo poco che l'Italia è uno stato laico e separatista. Non riesco proprio a capire come questi due concetti siano tra loro compatibili. Quando si introducono principi supremi, quasi sempre non si vogliono applicare le regole, dimostrazione lampante ne la nascita del principio di laicità dello Stato. Tale principio ha una genesi ed una evoluzione del tutto analoga a quello di ragionevolezza. Il principio di ragionevolezza nasce dal principio di eguaglianza, dall'articolo 3; progressivamente se ne affranca ed ora nella giurisprudenza costituzionale, da diversi anni, vive di vita propria senza alcun bisogno del riferimento all'articolo 3 della Costituzione. Il principio di ragionevolezza esiste perché ormai la Corte ha detto che esiste ed è parametro di costituzionalità anche se difetta di una specifica disposizione normativa al quale ricondurlo. Lo stesso procedimento è stato adottato per il principio supremo di laicità dello Stato; la Corte Costituzionale ha individuato gli articoli 2, 3, 7, 8 , 19 e 20, dimenticando, guarda caso, l'articolo 21 sulla libertà antidogmatica, ed oramai quando la Corte invoca il principio supremo di laicità dello Stato non si richiama più a queste disposizioni costituzionali; afferma tale principio supremo senza farsi carico di specificare i riferimenti della Carta Costituzionali ai quali si è ispirata. A partire dalla famosa sentenza 1146 dell'88 introdurre un principio supremo significa, per la Corte Costituzionale, che è sottratto a revisione costituzionale e quindi che non può essere cambiato neanche attraverso la procedura dell'articolo 138. In buona sostanza l'attuale stato giuridico degli insegnati di religione né per la Corte Costituzionale né per la Corte di Cassazione contrasta con la nostra Costituzione ed in particolare con i parametri che ho appena richiamato. La decisione della Corte di Cassazione è una decisione che ha una sua intrinseca coerenza, è giuridicamente ineccepibile nei termini della configurazione del venir meno della idoneità come causa di risoluzione del rapporto di lavoro tra l'insegnante di religione e la scuola. La Corte di Cassazione semplicemente ribadisce una sentenza della Corte Costituzionale: così è e non è incostituzionale C'è da notare che lo stato giuridico degli insegnanti di religione presenta aspetti fortemente derogatori, questa è un'espressione che usa nella motivazione la Corte di Cassazione, che però sono ritenuti giustificati. Qualche anno prima, nel 2000, si era pronunciato in materia anche il Consiglio di Stato, con la sentenza 6133 della sezione VI che conferma una sentenza del TAR Abruzzo sezione di Pescara del 1995 la 107.

Il fatto era pressoché analogo; c'era stata la revoca della idoneità o meglio la mancata conferma della idoneità nei confronti di un'insegnate di religione da parte dell'Ordinario Diocesano. La ricostruzione che fa sotto un profilo giuridico il Consiglio di Stato è profondamente diversa da quella della Cassazione, infatti il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR Abruzzo che aveva annullato quella mancata conferma: va a sindacare la scelta della scuola, non dell'Ordinario Diocesano. Il Consiglio di Stato afferma che le norme concordatarie avendo affidato in via esclusiva al giudizio dei competenti organi ecclesiastici la dichiarazione di idoneità all'insegnamento della religione, ciò comporta l'impossibilità per il giudice italiano di censurare exe l'atto dichiarativo in parola, ma non significa che esso non possa qualificarsi come atto endoprocedimentale finalizzato all'emissione dell'atto di nomina che resta di competenza dell'autorità scolastica italiana. L'escamotage è chiaro se è un atto endoprocedimentale lo si può sindacare appunto perché rientra nel procedimento amministrativo che è destinato a sfociare nel provvedimento di nomina da parte dell'autorità scolastica italiana. Il Consiglio di Stato ha cura nel sottolineare che non sta sindacando la scelta dell'Ordinario Diocesano ma sta sindacando un atto endoprocedimentale o meglio sta sindacando la scelta dell'autorità scolastica italiana alla luce di quell'atto endoprocedimentale che è la revoca della idoneità da parte dell'Ordinario Diocesano. Dice ancora che l'esercizio del potere di emettere il giudizio di idoneità da parte dell'autorità ecclesiastica, con relativo potere di revoca, non può essere sottratto, affinché possa costituire valido presupposto per la legittimità dell'atto di nomina e della sua revoca, ad un riscontro del corretto esercizio del potere secondo criteri di ragionevolezza e di non arbitrarietà. Vero è che qui ci si trovava in presenza di una di un caso particolare perché l'Ordinario Diocesano dapprima aveva revocato la dichiarazione di idoneità nei confronti della persona che aveva fatto appello relativamente alla scuola per cui quella idoneità era già stata concessa ma nello stesso giorno aveva rilasciato nei confronti della stessa persona un'altra dichiarazione di idoneità per una scuola dello stesso ordine ubicata altrove. Quindi questa era un caso macroscopico di sviamento che il Consiglio di Stato ha ritenuto straripamento di potere.Attraverso questo escamotage giuridico il Consiglio di Stato arriva ad annullare la revoca dell'incarico di insegnamento della religione cattolica. Queste sono le due questioni da cui si può trarre spunto per una discussione. Nell'insegnamento della religione cattolica degli ambiti in cui si avverte una evidente frizione tra la disciplina legislativa ordinaria e la Costituzione. Gli altri settori molto importanti in cui si notano problemi non facilmente risolvibili sono quello dell'assistenza spirituale nelle ad esempio nelle forze armate, negli ospedali, nelle carceri. In tutti questi settori, ivi compreso quello dell'insegnamento della religione cattolica si ravvisa una sorta per una tradizione che ormai è secolare, una vera e propria simbiosi mutualistica tra Stato e Chiesa Simbiosi mutualistica nel senso che lo Stato si avvale di prestazioni ecclesiastiche e le incorpora nelle proprie strutture tanto è vero che gli insegnanti di religione cattolica sono stipendiati dallo Stato sono pubblici dipendenti, sia pure precari e lo sono anche coloro che prestano assistenza spirituale nelle carceri; sono pagati dallo Stato, sono controllati dagli apparati statali, lo sono i cappellani militari anzi addirittura l'organizzazione ecclesiastica all'interno delle forze armate ripete la gerarchia militare, questa è una un retaggio storico che ancora permane e così accade anche nell'ambito degli ospedali.

C'è da chiedersi appunto, come si possa ritenere compatibile questo assetto con le disposizioni costituzionali, con il fatto che Stato e Chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani; oppure come si concili questo assetto con il rispetto delle altre Confessioni Religiose; sia che abbiano stipulato o meno un'Intesa con lo Stato italiano. La differenza sostanziale consiste che anche le Confessioni Religiose diverse da quella Cattolica Romana e che abbiano un'Intesa con lo Stato possono impartire l'insegnamento della loro religione nelle scuole ma se lo fanno lo fanno di fuori dell'orario curriculare ed a proprie spese. Questa è una differenza sostanziale, l'insegnamento della religione cattolica invece si inserisce nell'orario currriculare ed è sostanzialmente pagato dallo Stato. Mi limito a sollevare solo questi problemi, queste piccole osservazioni e vi ringrazio per l'attenzione. Mario Di Carlo Ringrazio Alessandro Oddi; vorrei provocarlo ancora perché ha una sua idea sul rapporto fra diritti fondamentali e concordato che mi piacerebbe potesse illustrarci anche brevemente. Prima di dare la parola a Lilly Chiaromonte che ha da aggiungere qualcosa al caso, vorrei chiedere al professor Lariccia di anticipare il suo intervento in quanto dovrà lasciarci tra poco per la lezione conclusiva del semestre. Sergio La riccia Sono Sergio Lariccia, insegno Diritto Amministrativo presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università "La Sapienza" di Roma ma ho insegnato per trent'anni il Diritto ecclesiastico fino al 1992; le mie esperienze di studio del Diritto Ecclesiastico di Diritto Amministrativo mi inducono a guardare a questo problema come ad un problema particolarmente interessante per il quale non sono consentite valutazioni semplicistiche che si possano risolvere nel dire la Cassazione sbaglia o che la Cassazione dice bene. Il problema è molto complesso; come molti problemi che riguardano il fenomeno religioso, i suoi rapporti con lo Stato Italiano, l'aspetto della laicità e della confessionalità e trova un'ancora pesante in molti decenni, addirittura in più di un secolo, e nelle scelte del passato. Scelte per le quali le responsabilità vanno ricercate non solo nei giudici, ma in primo luogo nei legislatori ed in tutti coloro che hanno partecipato a far si che il nostro Stato , al contrario di molti significativi Stati dell'Unione Europea, si possa definire uno Stato realmente laico. Su questo problema un po' tutti sanno che il modo per influire sulla formazione dei giovani e quello per rispondere in maniera favorevole alle istanze di una confessione religiosa, in questo caso della Chiesa Cattolica Romana , è sostanzialmente riconducibile a due aspetti: il problema della scuola privata il problema dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Sono due problemi collegati tra loro; molti ritengono che il legislatore, per lo meno, dovrebbe indicare che non si possono volere tutte le cose insieme un finanziamento della scuola privata, - una libertà della scuola privata che si risolva in una totale autonomia nel circondarsi di persone fedeli a delle ideologie delle scuole nelle quali le persone sono chiamate ad insegnare,

- una presenza di professori chiamati ad insegnare nell'ora di religione non i principi ed i problemi della storia della religione della cultura religiosa ma della religione cattolica. Noi abbiamo una scandalosa situazione di favore nei confronti della scuola privata per la quale non sono stati sufficienti i moltissimi tentativi fatti dai movimenti laici per dimostrare l'assurdità di queste posizioni. Enzo Marzo è testimone delle nostre attività: volte ci siamo riuniti, abbiamo cercato di sollecitare, abbiamo pubblicato un libro in cui sono raccolti gli atti di un incontro, al quale abbiamo partecipato, per dimostrare quanto siano contrastanti con la cultura di uno Stato civile, di un Stato democratico, le scelte che nel corso degli anni sono state fatte a favore della scuola privata in Italia; nonostante il problema dell'insegnamento della religione cattolica è andato nel tempo sempre peggiorando. Noi adesso abbiamo anche un testo di legge nel quale si da per scontato che il problema sia facilmente risolubile, perché nel numero 3 dell'articolo 4 si stabilisce che l'insegnante di religione cattolica, al quale sia stata revocata l'idoneità (dato che si sa che questa idoneità viene spesso revocata e si vuole che per il futuro sia consentita la possibilità di continuare a revocarla), può passare ad insegnare un'altra materia. Questo è qualcosa di letteralmente scandaloso in quanto il provvedimento normativo incide sui diritti degli altri insegnanti, i quali hanno avuto delle storie personali per arrivare ad insegnare le loro materie.Il problema dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica è un problema che affonda le sue radici nel passato. Nella sentenza in questione della Cassazione viene ricordata la sentenza della sezione VI del Consiglio di Stato n. 7885 del 1985 nella quale avevo avuto l'opportunità di svolgere funzioni difensorie ed avevo difeso una posizione identica a quella attuale sostenendo che dal punto di vista del diritto italiano non si poteva ammettere che vi fossero dei provvedimenti immotivati, perché la motivazione cominciava ad essere ritenuta non soltanto un principio giurisprudenziale ma un principio che sarebbe divenuto dopo non molto tempo un provvedimento, una esigenza essenziale di tutti i provvedimenti amministrativi.; noi abbiamo oggi la legge 241 del '90 che, raccogliendo le indicazioni di una cultura giuridica che aveva da tempo sollecitato questa soluzione, afferma che tutti i provvedimenti amministrativi devono essere motivati. Il problema esaminato dalla Corte di Cassazione è un problema nel quale sono stati recepite legislativamente delle soluzioni che fanno parte di tutto ciò che è contrario alla cultura che si è affermata nella società degli ultimi anni; praticamente vi sono stati dei passi avanti, io sono un ottimista il quale ritiene che nonostante le critiche che si possono fare alle Istituzioni vi sono molti settori nei quali c'è stato un processo graduale di sempre maggiore garanzia nei confronti dei cittadini, è significativo che quest'anno per la prima volta il Foro della Pubblica Amministrazione si chiami "Cittadini al servizio dei Cittadini". Oggi certe esigenze, che nel passato non erano ritenute essenziali, sono ritenute del tutto pacifiche nella legislazione che riguarda questo argomento, sono accettate delle soluzioni che potrebbero essere ritenute logiche se le vediamo dal punto di vista di una chiesa; qui pregherei di aggiungere sempre l'aggettivo cattolica dopo la parola chiesa perché non è sufficiente dire i rapporti fra Stato e Chiesa, per fortuna la Costituzione dice giustamente Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica ha una sua ideologia; ha in certe materie delle idee molto ben radicate, molto precise e chiede che gli Stati, in questo caso lo Stato Italiano, si adeguino a queste istanze e chiede che gli insegnanti di religione abbiano una mentalità, un comportamento, un modello di vita, delle idee che siano coerenti con la vera libertà, la vera coscienza, la vera religione insomma che siano coerenti con le indicazioni che provengono dalla Chiesa Cattolica. Il problema riguarda le responsabilità delle istituzioni dello Stato e, naturalmente in primo luogo, le

responsabilità del legislatore; io, Pasquale Coltella, Piero Bellini, Enzo Marzo siamo stati impegnati per anni nel contestare la soluzione della revisione del Concordato del 1929. Il Concordato ce lo siamo trovati all'epoca della Costituzione, il partito comunista ha votato a favore dell'articolo 7 della Costituzione, il partito socialista ha votato contro ed è strano che si possa e si debba parlare di questi problemi oggi per commentare una sentenza della Cassazione. Credo che abbiamo bisogno di essere molto coerenti, certi problemi dell'oggi sono collegati direttamente con le scelte, con gli errori del passato; nella Costituzione è stato recepito un sistema nel quale l'unica disposizione della Costituzione che guardi ad una scelta del passato, alla scelta del fascismo, è quella dell'articolo 7 comma 2 della Costituzione dove si dice che i Patti Lateranensi costituiscono le norme di riferimento per la disciplina del fenomeno religioso. I Patti Lateranensi sono contrastanti con decine di norme della nostra Costituzione eppure ci sono state delle valutazioni favorevoli e la situazione è continuata. Quando si è parlato della revisione del Concordato quante sono state le persone, i gruppi, i movimenti ed i partiti che hanno preso posizione contro quella revisione concordataria. Forse qualcuno di voi ricorda la vecchia polemica ai tempi di Lelio Basso quando si diceva: "attenzione una cosa è dire che in Italia c'è un concordato dell'Italia fascista, una cosa è dire che è stato modificato il concordato dell'Italia fascista con un concordato dell'Italia democratica." Bisogna stare molto attenti, perché se il Concordato dell'Italia democratica contiene disposizioni contrastanti con i principi fondamentale della Carta Costituzionale le conseguenze saranno terribili e così è avvenuto, perché il concordato del 1984 contiene delle indicazioni che sono del tutto inaccettabili. Con la legge n.62 del 2000 tutte le scuole, comprese quelle private, dovevano essere impegnate a favore di un sistema nazionale unitario. Ci sono stati molti commenti, allora nel 2000, ci sono state anche molte resistenze a livello dottrinale, a livello culturale per l'affermazione di quella legge. Quella è una legge, a mio avviso, contraria alla Costituzione, è una legge votata dai partiti di centro sinistra; è un problema che riguarda la scuola privata ma ribadisco che i due temi del riconoscimento dei finanziamenti alla scuola privata dimenticando, come dimentica il Concordato che non esiste un senza oneri per lo Stato. Avete i testi davanti a voi se leggete il testo sulla libertà della scuola privata nell'articolo 9 si dice che è garantita la possibilità per i privati di istituire scuole però poi ci si dimentica, e non è certo una dimenticanza casuale, che nella nostra Costituzione l'articolo 33 terzo comma si dice dopo la virgola, senza oneri per lo Stato. Nessuno si è accorto che la mancanza della clausola, senza oneri per lo Stato, avrebbe determinato quello che sta avvenendo con le legislazioni regionali in materia; la Lombardia e tante altre stanno attuando soluzioni assolutamente contrastanti con la Costituzione. Ha perfettamente ragione Oddi, nel dire che fortissime responsabilità ricadono sulla Corte Costituzionale, la quale è mancata sistematicamente al proprio compito di valutare i problemi della costituzionalità delle leggi in materia religiosa, a cominciare dalle vecchissime sentenze n. 30, 31 e 32 del 1971 sulla legittimità costituzionale delle norme sul Concordato, fino alla famosa sentenza sul caso Corsero; anche qua è ricordata, dalla Corte di Cassazione, la sentenza 195 del '72, e ricordo che allora annotai la sentenza nella giurisprudenza costituzionale. Quella è una sentenza che alcuni hanno condivisa ma è una sentenza che ha direttamente collegamenti con questo principio perché si affermava che la libertà della scuola privata dovesse e potesse prevalere sulla libertà dell'insegnante e che quindi, il principio dell'articolo 33 comma 1

della Costituzione, che è uno degli elementi fondamentali della democrazia, della laicità dello Stato; il principio per il quale l'insegnante ha una sua libertà di insegnamento, non sia praticamente applicabile nelle scuole private in quanto nelle scuole private prevale la libertà della scuola ed infatti la Corte di Cassazione nel 2003, cita quella sentenza, Corte di Cassazione fronte di una questione nella quale ragioni a favore della tesi della ricorrente sono state sempre meno valutate a livello di legislazione per questo profluvio di norme che sono tutte coerenti con l'idea che la Chiesa Cattolica ed i suoi organi possono fare quello che vogliono senza avere il rischio della sindacabilità dei propri comportamenti. E' un po' il discorso dell'articolo 18 per il quale io sono contento che la CGIL abbia ritenuto opportuno di dare l'indicazione per l'estensione e votare si al referendum, perché praticamente, in un sistema in cui c'è questa cultura della verificabilità di tutti i comportamenti dei pubblici poteri, non si può accettare nulla che nell'ordinamento sia praticamente insindacabile e sia sottratto al giudizio ed alla sanzione di chi è chiamato a fare quella verifica. Concludo dicendo che nelle norme dell'ordinamento, nelle precedenti giurisprudenziali ci sono tutti elementi che rendono difficile al giudice arrivare ad una soluzione diversa. Certo, il giudice può scrivere tra le righe, può affermare che ci sono delle norme della Costituzione che devono avere un carattere prioritario, devono avere un'importanza prevalente nei confronti dei principi di legge ordinaria, e quindi, questo discorso della motivazione non dovrebbe sfuggire al giudice. La Cassazione si trova in un ambiente nel quale non vi sono riferimenti per una risoluzione favorevole alla ricorrente; il giudice si trova in una situazione di difficoltà non può far quel che vuole. Il discorso è estremamente complesso, mi farebbe piacere sentire gli amici, i partecipanti che vi sarebbero state delle possibilità per la Corte di Cassazione di arrivare ad una soluzione diversa ma purtroppo ho ritenuto opportuno fare questo discorso allargando forse il tema, ma facendo una riflessione che tenga conto di quello che è avvenuto nel nostro Paese a proposito di questi temi centrali per la formazione di uno Stato laico e democratico. Mario Di Carlo Ringrazio il professor Lariccia e passo la parola a Lilly Chiaromonte che ha il diritto di replica rispetto alla mia errata presentazione. Lilly Chiaromonte Sono molto contenta di seguire questo dibattito anche se non ho alcune competenze tecniche, e quindi apprendo molto La correzione che volevo fare rispetto alla mia presentazione che, in CGIL, mi sono occupata con vari incarichi di politiche di genere, di pari opportunità, di politiche antidiscriminatorie, ed in un periodo che va dal '98 al 2001 ho avuto un incarico di tipo istituzionale presso il Comitato Nazionale di Parità del Ministero del Lavoro, in base alla legge 125, e in quel ruolo ho avuto la possibilità di conoscere il caso che stiamo esaminando, che ormai è arrivato, purtroppo, alla sentenza definitiva; proprio in quella circostanza abbiamo preso atto, con grande fatica, della complessità dei problemi, del fatto che dal punto di vista normativo le possibilità di, affermare, rivendicare i diritti della lavoratrice madre erano ridottissimi, abbiamo avuto difficoltà a fare un parere come collegio istruttorio, che è un organo tecnico del comitato nazionale, però comunque siamo intervenuti.

Ora mi limiterò a portare alcune integrazioni rispetto alla discussione già avviata, rispetto al fatto che anche nella sentenza definitiva è stato un po' trascurato il tipo di rapporto di lavoro, che non è solo il rapporto tra la normativa lavoristica e quella concordataria, ma è un problema anche di norme antidiscriminatorie, che hanno dei principi costituzionali a cui fanno riferimento e che tutelano sia la maternità, con una protezione particolare, e tutelano anche il nascituro ed il neonato: materia questa altrettanto pesante rispetto alle altre questioni che sono state affrontate. In quella circostanza abbiamo dovuto anche faticare ad affermare il diritto della consigliera di parità ad intervenire per rafforzare le posizioni della lavoratrice nonostante la legge consenta questi interventi. Dico questo perché per poter esercitare alcune funzioni, oltre che alcuni diritti, comunque previsti dalla legge, si fa molta fatica e nel caso specifico c'è stata una certa fatica. In quella circostanza abbiamo contestato che ci potesse essere una revoca e quindi una sospensione del rinnovo dell'incarico per gravidanza, perché l'unica ragione era per gravidanza senza matrimonio creando problemi di discriminazione sia rispetto alle insegnanti che invece possono esercitare i loro diritti e le loro tutele della gravidanza se coniugate, regolarmente coniugate, sia rispetto agli insegnanti maschi che non sono esposti a rischio gravidanza; c'era un evidente caso di discriminazione e una evidente sottrazione, con questo mancato rinnovo dell'incarico è stata messa la lavoratrice nella impossibilità di esercitare tutti i diritti anche di tutela anche rispetto all'integrazione salariale che erano elementi di sopravvivenza per donna lavoratrice che aveva già una figlia e che per 10 anni aveva insegnato con la figlia, quindi la revoca, sarebbe stata discutibile in qualche modo, perché non era un fatto nuovo che è intervenuto. La situazione di discriminazione era abbastanza evidente però non è stata presa in considerazione. Per le ragioni già enunciate molto chiaramente in altri interventi e che non ripeto questo ci ha messo in una condizione di grande difficoltà. Siamo intervenuti, peraltro, chiedendo il parere del professor Colella, lei non si ricorda, perché eravamo in grande difficoltà, perché il collegio istruttorio aveva delle competenze, avevamo giuslavoristi, ovviamente, avevamo dei magistrati avevamo altre competenze, economisti, però non avevamo esperti di diritto canonico, abbiamo cercato l'ausilio, peraltro sempre con tempi impossibili, la difficoltà a far pervenire queste cose. Il mio intervento voleva solo aggiungere questo aspetto che è mancata la possibilità di applicare norme non solo del nostro ordinamento, ma già presenti nelle Direttive Europee o per lo meno cominciavano ad esserci, anche con riferimento alla normativa europea internazionale rispetto alla normativa antidiscriminatoria ed alla tutela della maternità.Questioni abbastanza pesanti che fanno riferimento a valori costituzionali rilevanti, non stiamo parlando di cose di poco conto. Mario Di Carlo Questa commissione ha poi elaborato un parere complessivo destinato a cosa al tribunale? No Lilly Chiaromonte A causa di problemi di tempo abbiamo privilegiato l'intervento della consigliera di parità provinciale di Firenze, su questa cosa, peraltro sostenuta dalla consigliera regionale, che è avvocato e quindi lavorava.

Abbiamo fatto un parere che è stato rivolto alla consigliera di parità, che ha utilizzato successivamente quando c'è stato il ricorso; di nuovo la consigliera di parità ha fatto questo intervento di aiuto e di sostegno alle posizioni della ricorrente e in quel caso abbiamo incaricato un nostro consigliere, peraltro magistrato in Toscana, di seguire da vicino con la consigliera l'evoluzione di un processo così complesso per la materia che veniva dibattuta ed abbiamo chiesto un parere di un del professor Coltella, che la consigliera ha utilizzato nei vari atti processuali. Normalmente il collegio istruttorio esprime dei pareri dei pareri che poi servono a chi fa ricorso, a chi contratta, a chi fa altre cose. Mario Di Carlo Se posso aggiungere un briciolo di complessità alla questione, a proposito proprio di Direttive Europee volevo soltanto riferire che una direttiva relativamente recente di cui ci stiamo occupando: la 78 del 2000 è in fase di attuazione in Italia e prevede espressamente, nel preambolo, la salvezza dei rapporti che siano regolati tra lo Stato e le confessioni religiose. Insomma e quindi se a livello di rapporti normativi potrebbe esserci una qualche confusione quando una direttiva andasse a normare un rapporto sottoposto a intesa tra Stato e Chiesa perché a quel punto se per esempio una direttiva europea andasse a normare lo statuto degli insegnanti in generale sarebbe interessante vedere qual è il rapporto tra fonti normative credo che per il momento la questione rimarrà a livello puramente teorico, perché sembra che la Comunità europea sia orientata poi a lasciare questi rapporti allo Stato. Passo la parola a Felice Carlo Besostri che l'aveva chiesta.fatto Felice Besostri Volevo aggiungere rispetto alla tua presentazione, che sono ricercatore presso la Facoltà di Scienze Politiche - Istituto di Dipartimento di Studi Internazionali e mi occupo di Diritto Costituzionale Comparato. Non ho nulla da aggiungere a quanto detto dal professor Lariccia, dobbiamo partire dall'origine dell'applicazioni di queste norme, ed il Concordato, in una certa interpretazione, date alle norme pattizie, perché su quello si è sempre affermato che il controllo di costituzionalità mentre è escluso per le norme del trattato internazionale, non è escluso per le norme pattizie ed allora alla fine non si è riscontrato mai, nel caso concreto, che ci siano violazioni di norme costituzionali e di principi costituzionali. Su questo, si può sicuramente lavorare, ma finché noi abbiamo questo articolo 7 e qui posso dare anche la mia esperienza La battaglia che feci . in commissione I° del Senato nella precedente legislatura, dove sulle questioni Commissione Costituzionale, ero isolato anche nel gruppo dei DS, contro questa sanatoria degli insegnanti di religione non è stata ripetuta in questa legislatura, da ciò si capisce che o c'è una sensibilità o non c'è una sensibilità particolare e certamente sul principio di laicità non c'è certo un indirizzo di carattere politico, che provenga dai partiti anche di sinistra; c'è invece la ricerca del compromesso il più possibile, si è visto anche in alcune legislazioni regionali dove la chiesa studiò l'urbanizzazione; mi ricordo il principio costruito dalla regione Emilia Romagna, per prima tra tutte le regioni italiane, dove c'era la corsa ad essere i primi. Detto questo si capisce che quella sentenza della corte di cassazione è assolutamente. Perciò in linea. Parliamo anche dell'altro aspetto che riguarda i rapporti di lavoro che si costituivano in via privilegiata nel senso che chi veniva nominato insegnante di religione, uomo o donna che fosse

non c'è alcuna distinzione, sceglieva una strada molto più comoda dei suoi colleghi per entrare nella scuola, e mi sembra chiaro che alla fine questo accesso privilegiato e facilitato avesse anche delle ricadute negative che mi sembra uno accettasse, tanto più che questo è già il secondo provvedimento, già si è fatto l'immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica e la revoca della idoneità adesso diventerà lo strumento per riempire la scuola di insegnanti clericali, donne e uomini. Proprio perché questo è uno strumento bisogna lottare perché gli insegnanti di religione sono assunti dalla chiesa cattolica e la chiesa cattolica li paghi sempre, anche in caso di revoca dell'incarico. Sono convinto che sarà un fenomeno di massa perché tra l'altro questa era un'indicazione già data da Comunione e Liberazione, che l'ha anche teorizzato in quanto la scuola era uno dei suoi settori privilegiati maniera massiccia. Certo che qui la violazione dei principi costituzionali è ancora più forte perché prima si ragionava su incarichi annuali, mentre invece adesso il principio viene affermato per incarichi a tempo indeterminato, è l'articolo 3 comma 9 del progetto di legge che sarà approvato e il 29 già calendarizzato per il 29 di questo mese più di metà dell'Ulivo è già a favore. Passerà nel silenzio dell'opinione pubblica e non ci saranno battaglie e neanche una discussione vivace che serva quanto meno a far crescere. Ai motivi di risoluzione del rapporto di lavoro, previsti dalle disposizioni vigenti, si aggiunge la revoca dell'idoneità da parte dell'Ordinario Diocesano competente per territorio, divenuta esecutiva la norma dell'ordinamento canonico, purché non si fruisca della mobilità professionale o della diversa utilizzazione collettiva di cui all'art. 4 comma 3, che era già stato citato prima, dal professor Lariccia. Qui per altro si aprono alcuni problemi innanzi tutto vedere nell'ordinamento canonico quanto è riconosciuto al soggetto cui sia stata revocata l'idoneità, quanto possa opporsi e contrastare E' su questo punto che dobbiamo soffermarci, non su quello che avviene nell'ambito del rapporto tra l'Ordinario sicuramente entrare in merito. Vorrei accennare alla questione interessante delle graduatorie redatte in base alle diocesi. Mi ricordo la norma che c'era nel vecchio trattato laterano, dove si chiedeva alla chiesa di rivedere le sue diocesi in modo che coincidessero con le circoscrizioni amministrative italiane. Invece questa norma, che pure esiste ancora, è stata abbandonata ed si sono adeguate le circoscrizioni amministrative alle diocesi per dare attuazione alla nostra legge. L'ultima notizia che vi voglio portare è questa, non so se èsia una specie di schizofrenia Ho insegnato diritto costituzionale comparato italiano nell'università di Minsk in Bielorussia l'anno scorso nel momento proprio della adozione della nuova legge sulla libertà religiosa in Bielorussia, che dava dei privilegi particolari alla chiesa ortodossa sostenendo che storicamente era la chiesa più presente. Questa legge è stata contestata da tutti i paesi dell'Unione Europea; l'Italia era la capofila insieme agli Stati Uniti nella contestazione di questa legge asserendo che non rispettava gli standard minimi democratici in materia di libertà di religione, in quanto una confessione era privilegiata rispetto alle altre. Il fatto interessante è che invece il nunzio apostolico si è tirato assolutamente fuori da questa opposizione, delle chise protestanti e degli stati dell'Unione Europea, perché evidentemente non voleva mettere in discussione dei principi. La logica seguita è chiara: qui in Bielorussia la chiesa cattolica romana sarà minoranza, però riconosciuta come seconda religione più importante ed avrà un trattamento differenziato rispetto alle altre perché c'è anche coincidenza con una minoranza nazionale polacca. C'è questo strano fatto: l'Italia difende dei principi di non discriminazione in Bielorussia ma nella

sua legislazione c'è invece una differenza di trattamento tra la chiesa cattolica romana e le altre confessioni religiose che hanno raggiunto un'intesa con lo stato, per non parlare di quelle che non hanno ancora nessuna intesa. Mario Di Carlo Ringrazio Felice Carlo Besostri do la parola al professor Coltella mi assento. Pasquale Coltella Ho saputo solo ieri sera di questo fatto dal mio amico Bellini, venivo a Roma per un altro impegno, ma sono ben lieto almeno di dare un piccolissimo contributo prima di andarmene. Voglio fare due o tre osservazioni forse possono sembrare slegate tra loro. Ho la ventura di conoscere due personaggi di questa sentenza. Il primo perché siamo stati copresidenti protempore della sezione lavoro,abbiamo lavorato insieme in commissione ad un concorso in magistratura qualche anno fa. Il secondo, l'estensore dottor Picone, col quale siamo stati per 5 anni insieme alla Procura di Napoli. Debbo dire anche una mia sensazione epidermica, non mi meraviglio del Presidente mi meraviglio dell'estensore perché questo estensore, 20 anni fa fu uno che volontariamente chiese di andare alla sezione lavoro, per applicare lo Statuto dei lavoratori; queste cose vanno ricordate ed in quel momento era un magistrato di punta di Magistratura Democratica. Debbo dire, che da un punto di vista formale la sentenza è corretta e applica la lettera di certe nostre leggi; ha per me una carenza di fondo, indipendentemente da altri fatti, questa carenza di fondo è quella che dimentica che tutte le nostre leggi vigenti, ivi comprese anche quelle rinforzate, ed io ritengo che le leggi concordatarie siano rinforzate, debbono essere confrontate ed armonizzate con la nostra Carta Costituzionale e non viceversa. Questo, non solo manca, ma addirittura è sfiorato e si da per acquisito quello che troppo acquisito non è ed vero che la Corte Costituzionale è stata in questa materia molte volte più papista del papa e più legittimista del re, è vero che ha schivato i problemi, con delle non decisioni. E' pure vero che in molte decisioni la Corte di Cassazione ha aperto qualche spiraglio che sono spiragli e restano; ma è pur vero che chi accetta i privilegi deve accettare anche gli inconvenienti dei privilegi; sono d'accordo con Bellini però nella lotta generale, la Corte Costituzionale qualche spiraglio lo ha aperto e lo ha aperto soprattutto in materia matrimoniale quando ha dichiarato, per esempio, che le dispense per matrimonio non consumato non potevano essere derivate e rese esecutive in Italia perché non erano state emesse da un organo giurisdizionale e in quell'occasione ha detto che nel processo di armonizzazione tra norme costituzionali e norme ordinarie, l'armonizzazione doveva avvenire nel senso che erano le norme ordinarie ad armonizzarsi con la Costituzione e non viceversa. Su questo la sentenza tace, sorvola e da per scontato quello che poi scontato non è. Questa è una lacuna, una omissione da mettere in evidenza; qui il discorso si amplierebbe perché è quello della battaglia contro ogni forma di privilegio e quindi ogni forma di accettazione di privilegio; è questa la vera battaglia da farsi, le altre sono battaglie di retroguardia. Però sono convinto che anche le battaglie di retroguardia servono nella misura in cui si incomincia e che goccia a goccia si può anche scalfire il sistema, in alcuni casi

(voci di sottofondo) con dei rischi ma i rischi fanno parte del gioco, basta esserne coscienti. Farei poi un discorso, ne convengo che non c'entra molto, ma che riguarda anche il mio essere credente ed il mio essere cattolico. Ci troviamo di fronte ad una contraddizione che a mio avviso è macroscopica; in un sistema, soprattutto nell'insediamento di un pontificato in cui si fa della natalità una bandiera con forme anche di terrorismo ideologico e spirituale; si dice che chi non fa certe cose è un assassino, l'interruzione della gravidanza è uguale ad un omicidio e quando ci si trova di fronte ad una donna la quale è nubile, non sposata ma si assume l'onere e l'onore di portare avanti una gravidanza, di non abortire, di non aver voluto ricorrere a contraccettivi, di portare avanti in piena luce una gravidanza e viene sbattuta fuori con un provvedimento immotivato in cui non si giustifica niente e in cui non si da adito anche a quei provvedimenti che in altri casi favoriscono il reinserimento dell'escluso. Questo è previsto per il religioso e la religiosa che vengono espulsi dall'ordine religioso. Si dice nel nuovo codice di diritto canonico che per se questo si comporta bene può avere un "subsidium caritativum" che lo aiuti a reinserirsi nella vita sociale. Questa poveretta non ha avuto nemmeno il suo "subsidium caritativum"; non lo può chiedere perché è discrezionale, perché non è un diritto; lo può chiederemo in via di grazia, può chiedere l'elemosina. Direi di mettere in luce anche l'incongruenza dell'ordine dei valori; se si afferma in un ordinamento che la nascita, che il nato è il valore centrale, che la difesa della vita umana va sostenuta comunque dovunque fino in fondo senza esclusione, in forma assoluta ebbene di fronte ad altre privazioni questo verrebbe prima e dovrebbe avere delle forme di protezione. E' un discorso ... cioè non spetta allo Stato è una contraddizione che un ordinamento in un momento del genere realizza e compie. Mario Di Carlo Ringraziamo il professor Colella, io volevo soltanto aggiungere due cose; la prima per quanto riferiscono le cronache l'Ordinario di Firenze si sarebbe anche interessato al futuro della ragazza così riferivano o meglio così riferiva l'Ordinario attraverso qualche giornale, non so con quale forma di sussidio. La seconda è una personale considerazione su quanto diceva Besostri. Non credo che l'ufficio di collocamento ecclesiastico se dovesse sorgere sarà così irruento nel suo lavoro perché storicamente la chiesa lavora su tempi lunghi e non vorrà suscitare chissà quale clamore; cercherà di fare questa operazione culturale portandola avanti con grande assiduità e coerenza ma senza farsi notare troppo. Questa è la mia personalissima convinzione. Passo la parola al professor Bellini che l'aveva chiesta. Piero Bellini Dirò pochissime cose perché penso sia meglio che si discorra più che fare delle lunghe relazioni. Alla base di tutto c'è il fatto che la normativa sui professori di religione è una normativa di favore; questa signora si è avvalsa di una normativa di favore traendo da questa normativa di favore quelli

che erano gli aspetti positivi; probabilmente avrà risolto il suo problema a scapito di altri che non hanno avuto la stessa opportunità. Quando si assume una situazione di questo genere quando cioè si accetta l'idea di fruire d'una normativa di favore per ciò stesso si debbono accettare anche gli oneri inerenti a questa normativa di favore; non è concepibile proprio sul piano umano, indipendente dagli aspetti caritatevoli che nessuno può metter sul tappeto. A me pare che sia una ragione di coerenza elementare, se io accetto un favore accetto la disciplina inerente a questo favore. Ora qual'è la situazione normativa italiana?. La situazione normativa italiana è quella che alla chiesa cattolica romana si è fatto spazio nella scuola pubblica a spese dello Stato ed a scapito delle altre confessioni religiose che sono in una situazione da questo punto di vista di sfavore, a scapito di coloro che vogliono vivere da atei, che proclamano il loro ateismo e che vedono la loro posizione intellettuale, la loro posizione ideologica messa in condizioni di sfavore rispetto alla chiesa cattolica. Si è aperto alla chiesa cattolica consentendole di svolgere nella scuola pubblica italiana un'attività che noi rappresentiamo come culturale ma che è un'attività di carattere catechistico e tale è dichiarata in una serie di canone del "Codex Iuris Canonici" che si riferiscono in modo specifico all'insegnamento della religione nella scuola pubblica di qualunque tipo anzi, aggiunge il codice canonico, anche della scuola pubblica dei paesi infedeli. Quindi vi è da parte del codice del diritto canonico una puntualizzazione di quello che si richiede all'insegnamento religioso della dottrina cattolica nella scuola pubblica. Questo è un insegnamento che ha un suo carattere autoritario perché si dichiara niente di meno un'autorità rivelata che è quella di Dio, è un insegnamento di carattere normativo in quanto è vincolante per i soggetti ed è vincolante per i soggetti addirittura ad salutem e quindi a carattere diciamo così...logico, riguarda la salute dei soggetti, la salute spirituale dei soggetti ed allora in forza di questo tipo di presenza è cura della chiesa cattolica fare il suo mestiere, è cura della chiesa cattolica scegliere delle persone che abbiano una capacità professionale e che abbiamo il "testimonium vitae" in base a quel vincolo specialissimo si stabilisce tra un docente con un minimo di carisma e gli studenti; gli studenti si rispecchiano, si riflettono in un certo modo nel docente; egli diventa un po' l'esempio della loro condotta di vita e allora se uno insegna una religione piuttosto passatista, quale quella cattolica, non può pretendere di avere un genere di vita personale conosciuto dagli altri che possa in qualche misura turbare questi schemi. Sostengo che qualunque intervento nostro che voglia, in qualche misura, attenuare questi effetti negativi non solo è un danno per coloro che sono rimasti al di fuori del sistema, che non si sono avvalsi, perché non potevano o non volevano, di una normativa di favore, ma in un certo senso razionalizza un sistema che è intrinsecamente contrario alla nostra Costituzione. La Costituzione non è contraria al fatto di prevedere o non prevedere un certo trattamento dei docenti; è contraria al fatto di consentire la presenza ufficiale della chiesa nella scuola pubblica a scapito di tutte le altre formazioni culturali ideologiche o quello che sia che vivono nel paese. Se dobbiamo fare una battaglia non è quella di garantire la sopravivenza a questo o quel soggetto, questo lo faranno i sindacati se lo riterranno opportuno, ma è quella di affrancare la scuola italiana da questo onere, da questo debito nei confronti della chiesa cattolica di privilegiare una presenza di questo genere della chiesa cattolica nella scuola pubblica. Io la penso così! Poi voi la pensate come volete. Mario Di Carlo

Ringrazio il professor Bellini e passo la parola a Giulio Ercolessi. Giulio Ercolessi Non entrerò ovviamente nel merito delle tecnicalitis concernenti; non voglio aggiungere le mie considerazioni di carattere strettamente tecnico-giuridico di fronte ad una parata di pareri così autorevoli. Vorrei cercare di allargare un attimo il campo perché quando si critica in linea generale qualche eccesso di self trent che può avere avuto la Corte Costituzionale credo che questa critica debba essere fatta oggi con estrema prudenza in previsione delle Corti Costituzionali che ci aspettano. La riforma ultima, l'ultima bomba del berlusconismo, sembra essere precisamente una sorta di appropriazione totale della Corte Costituzionale da parte del potere politico. La sinistra italiana ha gravemente sbagliato nel corso di questi mesi e anni perché ha affrontato il problema delle riforme costituzionali per entrare nel merito o per rifiutare di entrare nel merito sempre e soltanto a partire da quella che era l'agenda politica dell'avversario e quindi il discorso sulle riforme costituzionali è stato essenzialmente incentrato sul punto se si debba o no discutere della riforma in senso più o meno presidenzialistico, in senso più o meno plebiscitario, carismatico della forma di governo. Il problema centrale della politica costituzionale in questo paese è che tutti gli organi di garanzia e tutti i quorum previsti dalla Costituzione vigente sono stati pensati sul tacito presupposto che il sistema elettorale sarebbe stato un sistema elettorale proporzionale soprattutto alla Camera ma sostanzialmente anche al Senato. Nel momento in cui questo non è più, la sinistra deve fare una battaglia per le riforme costituzionali ma su un altro piano e deve condurre le sue battaglie costituzionali sul piano della revisione dei quorum per quel che riguarda gli organi di garanzia, per quel che riguarda l'elezione dei giudici costituzionali di nomina parlamentare, per quel che riguarda le modifiche della Costituzione. Oggi siamo in una situazione nella quale questo governo si ritiene titolato a cambiare la Costituzione perché ha avuto la maggioranza relativa dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi; la Costituzione vigente glielo consente, salva l'eventualità di un referendum, e c'è una volontà da parte di componenti di questo governo di "regionalizzare la Corte Costituzionale" il che significa solo una cosa che la maggioranza dei membri di una tale Corte Costituzionale sarebbe dipendente dalla maggioranza politica.Si avrebbe cioè una terza camera in cui si tratterebbe semplicemente di discutere e di dare forbitezza giuridica alle pensate di questa maggioranza. Non porre sul tavolo questi problemi è il principale suicidio costituzionale della sinistra italiana. A questo punto il problema è contrapporre alla volontà di appropriarsi degli organi di garanzia, degli organi di chiusura del sistema una proposta molto semplice; si parla molto di federalismo interno, ebbene negli Stati Uniti per cambiare la Costituzione ci vuole, non solo il voto necessario a due terzi da parte del Congresso, ma anche l'approvazione da parte della maggioranza delle legislature degli Stati membri. Allora se vogliamo essere coerentemente federalisti chiediamo la maggioranza, il voto non solo di un quorum adeguato ma anche della maggioranza delle regioni e sarà un po' più difficile utilizzare la Costituzione come se fosse un regolamento condominiale. Sono reduce da un convegno tenutosi a Vallombrosa, sono stato il rappresentante cattivissimo invitato da un amico protestante ad un convegno che si è svolto ieri e l'altroieri all'Abbazia di Vallombrosa sull'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche; ho conosciuto personaggi di cui ignoravo l'esistenza a causa della separatezza con i circuiti culturali cattolici rispetto a quelli di

noi altri ed ho constatato l'esistenza di quello che viene definito lo scisma sommerso, che contraddistingue il mondo cattolico di questi tempi. Era presente Paier, un docente collaboratore de "Il Regno", una delle autorità nel mondo cattolico in materia di insegnamento religioso; ha svolto una lunghissima relazione in cui ha tracciato un'analisi comparativa del modo in cui l'argomento è affrontato in tutti i paesi occidentali ed ha detto che, secondo lui, i due problemi fondamentali sono: il sistema concordatario, che è una vergogna, e il carattere confessionale dell'insegnamento religioso. Tutti quanti i convenuti concordavano sul fatto che la abissale e totale ignoranza degli italiani per quel che riguarda tutto ciò che ha a che fare, direttamente ed indirettamente, con le conseguenze culturali della presenza delle religioni universali fra i nostri cittadini, è determinata dal carattere confessionale dell'insegnamento della religione cattolica, fino a pochi anni fa addirittura obbligatorio e che diventa inevitabilmente ora di ricreazione. Le ipotesi che sono state discusse erano sostanzialmente tre; una era quella di cercare in qualche modo a partire dalla situazione esistente per provocare una qualche riforma che la renda meno autoritaria; questa proposta è stata respinta da tutti. Era un convegno in cui erano presenti cattolici, non cattolici come quelli con i quali siamo abituati a confrontarci e che hanno rotto in modo esplicito con la chiesa cattolica romana, cattolici che hanno semplicemente, dal nostro punto di vista o almeno dal mio, una incredibile capacità di incassare. Persone che sostanzialmente, almeno in privato, dicono che la provvidenza risolverà le cose perché tutti quanti prima o poi dobbiamo morire; non vi dico ovviamente a chi si riferissero. Mi presentavo sono della "Fondazione Critica Liberale", di "Italia Laica", sono un anticlericale invitato dal protestante Paolo Naso; la risposta è stata che è necessario confrontarsi con voci diverse. E' stata un'esperienza a suo modo straniante perché mentre dal punto di vista dell'esperienza esistenziale mi sembrava in qualche momento di essere rientrato in film come "Todo Modo" dal punto di vista dei contenuti mi sembrava di essere quasi in mezzo a persone più anticlericali della media della sinistra italiana. Il problema è che alla sinistra italiana è cascato il mondo addosso ed essendole cascato il mondo addosso crede di poter individuare soltanto nelle cose che emergono come poteri culturali sopravvissuti e, in particolare in questo papa, l'unica ancora di salvezza che le fornisca qualche chiave eticamente decente per stare al mondo. La sinistra italiana non riesce nemmeno ad entrare in contatto non solo con i cattolici del dissenso, i vecchi cattolici del no del divorzio, i nostri amici che collaborano su posizioni di aperta rottura con la chiesa romana in organizzazioni laiche, ma neanche con queste persone che insegnano alla "Pontificia Università Gregoriana" e che sono assolutamente contrarie a qualunque confessionalizzazione dell'insegnamento religioso: L'ipotesi di rivedere l'insegnamento religioso è stata scartata a priori; le uniche due scelte erano fra l'ipotesi francese alla Deprè che propone che l'insegnamento dei fatti religiosi debba entrare all'interno delle materie curriculari e l'ipotesi invece di istituire una insegnamento ad hoc che riguardi l'impatto delle religioni sul piano storico sociologico e lo studio dei testi in modo aconfessionale che tenga conto del carattere multi religioso del mondo in cui ci troviamo. La sinistra italiana non riesce ad entrare in contatto neppure con costoro che credo siano molto più interessati ad un discorso di rinnovata laicità delle istituzioni che non alle ossessioni antimoderne della chiesa romana nelle sue manifestazioni ufficiali. Chi di voi ha seguito il dibattito in corso proprio nelle scorse settimane in Francia avrà notato che la sinistra non riesce a trovare un modo ragionevole per rapportarsi ai nuovi ed ancor più virulenti e minacciosi fondamentalismi religiosi di importazione.

Erano presenti a questo convegno anche dei rappresentanti islamici, in nome di una certa ecumenical correctness si attenuano i toni si crea questa melassa in cui tutto sommato dobbiamo stare tutti e non si affrontano i nodi cruciali. L'impostazione che si sta dando oggi ai problemi dei rapporti con la chiesa cattolica non potrà non essere rinfacciata, fra qualche anno, a intesa raggiunta o meno, dagli islamici; si badi non dagli islamici maggioritari che vengono con l'idea di integrarsi nei valori delle nostre società secolarizzate ma da quelli non intenzionati ad accettare il nucleo dei valori fondanti della democrazia liberale; da quella componente che fra qualche anno potrà dire: ... noi che vogliamo impedire ai nostri figli di integrarsi nella società secolarizzata ateistica, disgregata, segnata da eccessive libertà, vogliamo essere finanziati per le nostre scuole nello stesso modo in cui voi finanziate le scuole private della chiesa romana. Cosa si potrà rispondere a quel punto, visto che poi non si tratta neppure di materia concordataria, e quindi intesa o non intesa raggiunta con gli islamici il problema sarà esattamente identico? Gli si daranno le scuole islamiche dove, i più fondamentalisti fra gli islamici presenti oggi in Italia quelli che sono sostanzialmente degli estremisti nel loro campo, vorranno impedire ai loro figli di integrarsi nei valori della democrazia liberale. La sinistra non facendo propria l'agenda laica non capisce che non riesce a parlare con la parte giovanile dell'elettorato della destra che è sicuramente liberista, sicuramente corriva rispetto a molti valori deteriori del berlusconismo ma altrettanto sicuramente non è tradizionalista. Allora un'agenda politica come quella del cattolicesimo romano ufficiale che è fondata sulla negazione dei diritti civili legati alla scolarizzazione ovviamente e soprattutto, in materia di vita affettiva e sessuale, è un'arma che la sinistra rinuncia ad utilizzare nei confronti del berlusconismo. Chi ha vissuto la stagione delle battaglie per i diritti civili sul divorzio e sull'aborto ricorderà quale volano quelle battaglie siano state, dopo pochissimi anni, dopo pochissimi mesi, per le grandi affermazione della sinistra negli anni '70. Ultimissimo appunto, e qui vorrei fare una raccomandazione anche a voi proprio della CGIL,. la questione della scuola credo vada tenuta distinta dalle altre questioni che riguardano le questioni del pubblico e del privato. Parlo propriamente della scuola privata e del suo finanziamento rispetto a tutte le altre questioni su cui si dibatte del pubblico e del privato. Qui non si tratta soltanto di questione di politiche economiche e sociali, in genere l'agenda liberista estremista, diciamo alla Milton Freedman, è quella che in genere insiste molto sull'idea che bisogna essere liberi di scegliere; ebbene in materia di scuola, a differenza di quel che si può argomentare, sappiamo che abbiamo moltissimi argomenti da opporre a coloro che fanno questi ragionamenti. Mentre su altre questioni relative alle riforme del welfare si tratta di una posizione che può essere presa come valore facciale per quel che riguarda la scuola questo non può essere fatto perchè in materia di scuola non è l'interessato, l'individuo che sceglie. In materia di scuola non si tratta, come per esempio in materia di privatizzazione della sanità, senza considerare la differenza tra privatizzazione e finanziamento, o in generale di privatizzazione dell'erogazione di alcuni servizi, ad esempio quelli postali, per i quali lo Stato deve garantirne l'erogazione anche dove non sia economicamente conveniente; in effetti all'utente potrebbe non interessare se un dipendente sia pubblico o privato purché il servizio funzioni. Questi discorsi si possono affrontare pragmaticamente e credo sia molto sbagliato, come qualche volta capita, inserire in questa stessa partita la questione della scuola; perché nella questione della scuola possiamo avere come alleati contro l'idea della privatizzazione anche importanti settori di

opinione pubblica che magari possono essere liberisti e questo perché nel caso della scuola non vi è la possibilità di scegliere per l'individuo ed inoltre perché la questione della laicità è connessa alla questione della privatizzazione. La libertà della scuola è qui in contraddizione con la libertà nella scuola. L'individuo che viene mandato alle scuole private è un individuo che non ha la possibilità, per ragioni di età o comunque per ragioni di dipendenza integrale economica dalla famiglia, di compiere scelte in questo senso; raccomanderei che della partita scolastica non si attenui mai la assoluta specificità rispetto a tutte le partite in cui si gioca la riforma del welfare tra pubblico e privato.Con questo invito termino e mi scuso se sono stato come sempre troppo lungo. Mario Di Carlo Ringrazio Giulio Ercolessi passo la parola a Ida Dominianni. Ida Dominjanni Volevo aggiungere alcune cose, pur condividendo quasi tutte quelle che sono state dette; nel caso da cui siamo partiti come in moltissimi casi che riguardano la battaglia per la laicità dello Stato bisogna stare attenti perché spesso il vero fondo oscuro del problema non riguarda tanto, o solo, la laicità dello Stato bensì la libertà femminile. Devo fare una premessa perché quello che ha detto il professor Bellini mi convince molto cioè che la protagonista del caso in questione non poteva pensare di prendere solo gli onori e non anche gli oneri e ciò riguarda anche don Gennari che è un maschio, è sposato ed ha figli dunque non è solo un problema che riguarda la questione femminile. Sono d'accordo con quello che lei diceva; lo dico perché non credo che difendere gli interessi femminili equivalga a fare sempre delle donne delle vittime in quanto penso che le donne vadano trattate da esseri molto responsabili e sono del tutto d'accordo che la protagonista del caso in questione doveva prima farsi i conti. Ciò detto, sul caso in questione molto spesso le questioni che vengono rubricate dai giornali di sinistra e più in genere laici come questione di laicità dello Stato sono più in profondità questioni che riguardano la libertà femminile. Faccio due esempi uno è quello che stiamo analizzando che può essere interpretato anche da questo versante per le ragioni che diceva prima Lilly perché c'è di mezzo una scelta di gravidanza e poi faccio l'esempio della legge sulla procreazione assistita su cui per esempio "La Repubblica" ha fatto una grossa battaglia ad un certo punto e solo ad un certo punto perché gli unici che hanno fatto una lunga battaglia fin dall'inizio siamo noi de "Il Manifesto"; "La Repubblica"; l'ha fatta in termini di laicità dello Stato li era invece, in primo luogo" un problema attinente alla libertà femminile in primo luogo. Spesso le due questioni si sovrappongono: perché? Perché naturalmente in tema di libertà femminile è questo il punto a cui io voglio arrivare prevale sempre sulla scena politica italiana il punto di vista cattolico che è un punto di vista anti libertà femminile. Un cardinale importante, di cui non farò il nome perché non ne ho l'autorizzazione, ha detto di recente ad una mia amica del giornale, che lo ha sentito per varie ragioni, che la chiesa che esce dal pontificato di Woityla ha tre problemi:

il primo è la laicità dello Stato, il secondo è la libertà femminile specialmente sessuale ed il terzo è il sacerdozio femminile. Non è un caso se le due questioni laicità e libertà femminile in moltissimi casi si sommano sempre nelle controversie interne; si sommano non in casi di discriminazione femminile ma nei casi in cui è palese un primato femminile per esempio nella procreazione; li dove andrebbe riconosciuto il primato femminile, nella procreazione, la chiesa è sempre in una posizione ostativa e la sinistra la segue. Non è una questione di far intervenire norme antidiscriminatorie purtroppo, non è una questione di parità è una questione squisitamente di libertà ed è sempre del tutto evidente che è così perché la libertà non può essere codificata come le questioni di parità, la libertà è spesso una; si manifesta non può essere autorizzata dalla legge. Quindi quando c'è un comportamento femminile che poggia su una disparità positiva delle donne, come in materia di procreazione e che fa leva su una libertà di scelta procreativa, spesso, anzi sempre, intervengono due veti incrociati: il veto del cattolicesimo molto integralista che abita questo paese, un cattolicesimo sempre più integralista quello con cui noi abbiamo a che fare rispetto a quando io ero giovanissima, e il veto perbenista della sinistra italiana. Queste due cose sono una tenaglia micidiale e dovunque ci sia in campo una controversia che abbia a che fare anche con un comportamento femminile cade questa mannaia incrociata. Sono molto preoccupata di questa situazione perché è un argomento che entra e non entra in testa al fronte della laicità. Troppo spesso anche il fronte che fa la battaglia sulla laicità è meno presente invece sulla questione correlata, ma non esaurita sul terreno della laicità, della libertà femminileQuesta è una raccomandazione che io faccio per cercare di vedere questi problemi dove si presentano in modo articolato cioè di vedere anche il versante della questione della libertà femminile che ne va di mezzo e che non sempre il fronte laico è disposto a vedereNon ho tempo qui per esemplificare quello che sto dicendo a proposito della legge sulla procreazione assistita ma quella legge quest'ufficio, mi sembra di capire, che l'abbia anche seguita si vede benissimo quello che sto dicendo perché la battaglia di laicità arriva fino ad un certo punto nell'attacco a quella legge ma se non interviene anche un discorso sulla libertà femminile quella legge non si riesce a smontare. E non si riescono a smontare argomenti che sono e della destra e della sinistra e anche del fronte laico che non riescono ad averla vinta su una costruzione giuridica a detta di tutti i giuristi da me interpellati mostruosa. Perché il fondo oscuro di quella legge non è una mancanza di laicità è una misoginia profondissima. Le due cose si sommano ma vanno tenute divise. Questo elemento di misoginia è evidente anche in modo paradossale nella situazione italiana e ormai in maniera abbastanza preoccupante essendo anche l'Italia il paese che ha avuto il femminismo più politico e più fine di tutto l'occidente. Questo è un paese in cui si dà sempre più importanza alla natalità,a parole naturalmente, non sul piano di ciò che servirebbe come politiche sociali, dimenticandosi sempre che qualunque nato è nato da madre e quindi se si vuole difendere la natalità la prima cosa che va difesa è il primato femminile sulla procreazione. Il primato femminile sulla procreazione significa anche libertà femminile sulla procreazione. Questo argomento non entra mai in nessun discorso politico se non in sparute minoranze. Molto brevemente vengo alla questione del rapporto tra non laicità e crisi della sinistra. Qui è stato già detto, ed io concordo, c'è una soggezione etica della sinistra alla chiesa, cioè la sinistra è sempre stata poco laica dal concordato in poi anche per ragioni storiche su cui non torno

naturalmente. Sto all'oggi, oggi che cosa è successo? La sinistra ha inteso un processo proprio di laicizzazione dal mito politico come deresponsabilizzatone etica. La frase che ha il potere di irritarmi profondissimamente pronunciata da leaders della sinistra che normalmente stimo è che di fronte a problemi di carattere etico la politica deve fare un passo indietro. Secondo me ne dovrebbe fare uno avanti invece loro fanno sempre un passo indietro. Tale passo non è un passo indietro di non invadenza è proprio un passo indietro di abdicazione. Ora noi non possiamo abdicare al problema del multiculturalismo succitato, abdichiamo al problema della copresenza delle religioni, abdichiamo al problema della procreazione, cioè abdicheremo a tutto; allora cosa resta alla politica se tutto viene lasciato a scelte etiche considerate superiori perché religiose e confessionali? Naturalmente questo problema ha due facce: una di soggezione ed una di delega perché poi ci ritroviamo nell'ampio campo della sinistra non a caso a doverci rifugiare tutti sotto l'autorità del papa in materie come la guerra. Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che non è solo un deficit di laicità quello che attraversa la sinistra, ma è anche un deficit di autorità, di autorevolezza se preferite la parola meno cattolica. Cioè la sinistra è succube dei cattolici in questo paese su un duplice versante, da una parte perché è troppo poco laica nella difesa delle istituzioni dello Stato; dall'altra troppo poco dotata di autoritas. Questo è quello che volevo dire sul piano delle responsabilità della sinistra senza scendere in ulteriori dettagli già sottolineati sulla scuola pubblica e privata. Mario Di Carlo Passo la parola ad Enzo Marzo che dei richiedenti è l'ultimo che non ha ancora parlato poi ci sono Besostri ed Oddi che vogliono replicare. Enzo Marzo Devo aggiungere pochissime cose nel senso che sono molto contento che si sia fatto questo seminario spero che si ripetano molto spesso perché purtroppo nel mondo laico non si discute, non c'è un confronto e per la prima volta ho sentito molti argomenti che mi interessano; sono venuto per ascoltare ma una cosa la dico perché non è uscita sui giornali, quindi non uscendo sui giornali non esiste, noi come società laica abbiamo presentato a Bruxelles un articolato, una nostra proposta nella convenzione che è stata sottoscritta da moltissimi parlamentari e europei.. Molto in breve bisognerebbe rifare la storia del nostro paese; credo che ci sia stata un grosso regolamento di conti dopo la fine della seconda guerra mondiale e il togliattesimo ha vinto in maniera schiacciante ma ha vinto facendo scomparire l'avversario, cioè facendo scomparire la cultura laico-liberale di sinistra. Io vorrei esaminare solamente tre punti sulla questione della sinistra e della sua soggezione nei confronti della cultura cattolica in generale e dell'egemonia della chiesa cattolica romana. La prima è la questione della libertà religiosa e l'altra è la questione etica; credo che tutto sommato il mondo laico abbia più ragioni, sia più forte nonostante tutte le cose che abbiamo detto prima della sinistra, sulla forza della istituzione chiesa; penso che la forza della secolarizzazione è più forte.

E' più forte perché la il vessillo della libertà religiosa dovrebbe essere tenuto dalle religioni sappiano invece accade esattamente il contrario che i giovani vanno a cercare solamente dei privilegi, lo scontro tra i fondamentalismi può trovare due sbocchi: uno sbocco alla Maggiolini cioè facciamo l'accordo: noi ci prendiamo alcune cose voi ve ne prendete altre; voi vi fate il vostro insegnamento più fondamentalista possibile non ci interessa però ve lo fate chiusi nei vostri ghettucci e noi ce lo facciamo invece nelle scuole private e pubbliche cioè una forma di compromesso che io peraltro vedo anche nella posizione del papa sulla guerra. Il secondo punto lo ha accennato con molta forza Colella; noi siamo più forti dal punto di vista morale, capisco il discorso oneri ed onori e lo tralascio perché sono d'accordo con il professor Bellini, ma sul discorso morale c'è una questione che noi non abbiamo il coraggio di dire: le nostre morali sono più morali Piero Bellini Vorrei sottolineare che da 40 anni a questa parte stiamo cercando di affermare l'autonomia del diritto rispetto alla morale e ora il fare un passo indietro rispetto alla morale significa proprio affermare l'autonomia del diritto, il diritto è pragmatismo, il diritto non deve mettere gli uomini in condizione di essere migliori, non deve rendere gli uomini più buoni, il diritto deve consentire agli uomini di vivere uno accanto all'altro senza ammazzarsi: questa è la funzione del diritto Se noi assumiamo ad un certo momento che il diritto debba alla morale o che la morale debba concorrere al diritto provochiamo dei pasticci tremendi dai quali da generazioni eravamo riusciti finalmente ad affrancarci. Intendo dire che il diritto deve regolare i rapporti che intercorrono tra gli uomini secondo un criterio di stretta utilità, lasciando agli uomini la libertà di esprimere la propria spiritualità così come ritengono (salvo ovviamente che non vengano a danneggiare in modo che sia empiricamente riconoscibile gli interessi degli altri) e allora in una società nella quale vi sia una pluralità di presenze etniche che per giunta hanno una loro carica religiosa lo Stato impone la laicità in chiave podestarile. I potestà erano quelle autorità che venivano chiamate da altre città per evitare che i cittadini della città si ammazzassero tra loro; lo Stato deve avere una funzione di intermediazione, di arbitraggio. Questa è la funzione dello Stato moderno una funzione di neutralità che gli è imposta dal fatto che non possono essere neutrali le singole confessioni religiose. Enzo Marzo Volevo aggiungere solamente due tre cose, i punti erano questi, il discorso della sinistra, il discorso della libertà religiosa, la questione etica. Tengo separata la questione etica dal diritto; il mio era un discorso completamente diverso era un discorso di opinione pubblica, di sforzo da parte del mondo laico di fare una politica in tal senso ma poi soprattutto di sottolineare quelli che sono i movimenti spontanei in questa situazione. Mario Di Carlo Riprende la parola Ida Dominianni

Ida Dominjanni Mi spiace di essere stata evidentemente così poco chiara da suscitare una reazione così appassionata. Uso distinguere tra diritto e politica, non credo che la politica equivalga al diritto, non credo che siano sovrapponibili la politica e lo Stato, sono contraria alla giuridificazione di tutto quindi anche alla giurificazione della politica. Quando ho fatto l'esempio di una politica che si ritrae rispetto ad alcune questioni morali non intendevo dire che il diritto non si deve ritrarre, al contrario penso che bisognerebbe orientarsi ad una forma di diritto minimo (di diritto mite per dirla alla Zagrebeschi), io lo chiamo diritto minimo e so che tra i giuristi c'è un grosso dibattito su questo argomento. Il problema è che la politica che si ritrae dalle questioni etiche a parole poi. come si vede dai testi della legge sulla procreazione assistita, si avvale di un diritto fortissimo e molto repressivo; quindi chi fa il passo indietro politico fa fare al diritto dieci passi avanti. Vorrei che il diritto facesse dieci passi indietro e la politica intesa, come produzione di senso e non solo come produzione giuridica, discutesse di più di queste cose. Spero su questo punto di essermi chiarita. Non spero invece di chiarirmi sul femminismo perché mi si accusa di vittimismo quando io ho premesso che parlavo di libertà femminile e non di vittimismo femminile. Sono una femminista e del tutto antivittimista, ho sempre e solo fatto battaglie di libertà e mai di rivendicazione quindi un fraintendimento che non appartiene a quello che io ho detto ma è un pregiudizio evidentemente. Siccome ha sollevato questo problema del generando, di colui che deve ancora nascere, che non appartiene alla madre ma a tutti ed invece secondo me non appartiene a nessuno, appartiene a se stesso; mi dispiace io su questo non sono d'accordo penso che nella relazione di gravidanza ci sia una relazione particolare che non è riducibile alla grammatica individualistica e che dobbiamo stare molto attenti perché se affermiamo che il non ancora nato è una persona dobbiamo trarre le conclusioni e arrivare al punto di concordare con la chiesa e difendere i diritti del nascituro impedendo l'interruzione di gravidanza perché se il non ancora nato è persona gode dei diritti della persona non lo possiamo ammazzare. ( Alessandro Oddi ?) Io avevo fatto così qualche appunto di carattere tecnico ma la vastità degli argomenti è tale che mi permetto di dire qualcosa su quello che sono stati i massimi sistemi emersi in questo dibattito. Parto proprio da una brevissima considerazione personale sul problema dell'etica e diritto che poi è il nostro perenne travaglio. Professor Bellini sono pienamente d'accordo che l'etica, la morale, la religione dovrebbero essere separati dal diritto formale, dall'ordinamento giuridico dello Stato laico però mi permetterei di dire che ho una gran paura, e l'ho sempre avuta, della morale di Stato. Perché se analizziamo il codice penale dei delitti di opinione vediamo tra le circostanze attenuanti o aggravanti si trovano motivi di particolare valore morale e sociale; anche una legge come quella sugli stupefacenti del 1990 pone a mo' di preambolo che assumere sostanze stupefacenti non è lecito prima ancora che vietato e penalizzato, inoltre uno Stato che fa una legge sulla

dissociazione ideologica, cioè una legislazione di abiura galileiana usa sono cattoliche queste una morale di Stato autoreferenziale che pone dei precetti extra giuridici.. Noi andiamo incontro ad un fondamentalismo etico dello Stato che a me, come e più del fondamentalismo religioso, non piace. Con l'ufficio Nuovi Diritti abbiamo avuto, poco tempo fa, delle esperienze delle avvisaglie tremende per esempio su quello che riguarda il cambio del nome; c'è stato un decreto del 2000 che ha scombussolato il precedente assetto del '41 o '42 sulla disciplina dei registri di stato civile. Abbiamo degli amici che hanno seguito questa cosa e quando uno Stato cosiddetto laico, tra l'altro all'epoca governato ancora dal centrosinistra, vuole per cambiare una legge per una cosa di questo genere significa che non era un problema religioso. Certamente non ho sentito parlare di morale mi fa paura. Non riesco a capire però di che colore questa morale sia (ciascuno a la sua); se uno Stato di per sé ha una morale io lo chiamo Stato totalitario, non ci nascondiamo dietro i nomi, dov'è la giustizia e la giustezza della tutela del bene collettivo nell'impedire ad una persona che voglia cambiare nome chiamarsi da Antonio a Giuseppe o scandalo degli scandali da Giuseppe a Giuseppina. Non credo che lo Stato si sconquassi per questo. Lo Stato che difende solo se stesso è il nuovo principe, non più teocratico bensì laico e fondamentalista nella sua laicità. Io mi ricordo nel lontano 1971 la Corte Costituzionale fece una sentenza in cui legittimava l'uso anche preventivo delle armi da parte delle forze di polizia in applicazione di misure di prevenzione fondate solo sul sospetto asserendo che bastava solo che il sospetto fosse ragionevole. Allora, un po' ragionevolmente, sparo in testa a qualcuno se ho un po' di ragionevole sospetto che stia per commettere reati. La legge Reale del '74 e '75 è la figlia di quella sentenza, certo scaturita col favore di condizioni particolari però voglio dire che non mi sembra siano tutti esempi tranquillizzanti sulla buona salute oggettiva dello Stato di diritto Detto ciò mi permetterei di ritornare al problema della sentenza da cui siamo partiti. Mi sono permesso di ficcare un po' il naso in casa altrui e cioè quella che è la giurisprudenza o almeno alcune sentenze della Cassazione sulle vicende dei rapporti di lavoro negli istituti privati, segnatamente gestiti da religiosi. Mi rifaccio a quanto detto dal professor Colella quando dice la sentenza così com'è sarà criticabile in base ai massimi sistemi, nel senso che lo Stato dovrebbe essere più laico più indipendente più sovrano, però da un punto di vista di impalcatura giuridica logica ed interpretativa èineccepibile. E' una sentenza molto piatta che si limita a stroncare tutto, la legge sulla tutela delle lavoratrici madri, quell le norme sui contratti collettivi, enfatizza il problema che si tratta di precarietà però afferma che si tratta di una precarietà un particolare, è una semiprecarietà che però in questo caso è come fosse completa perché permette di revocare i requisiti e permette il licenziamento; la sentenza afferma che questo concetto di idoneità deve riguardare solo una particolare qualificazione professionale degli insegnanti. La Cassazione non è vero che è sempre così piatta, perché quando poi indaga sulle sentenze che hanno annullato decine di licenziamenti di personale laico dipendente verifica i presupposti, e quindi l'applicabilità o meno dell'articolo 18 o dell'articolo 4 della legge del '90 la 108 che consente la non applicazione delle guarantige del 18 a quelle associazioni, a quelle strutture che non abbiano fine di lucro e siano definite, uso un termine un po' strano, appunto tutti sappiamo organizzazioni di tendenza; la Cassazione ha cominciato a verificare veramente queste strutture sono realmente senza fine di lucro ed ha sentenziato che la retta che si paga, anche soltanto l'ambito di economicità concorrenziale già le inquadra come impresa e quindi sconfina nella piena applicabilità delle guarantige e del 18. La Cassazione parla di licenziamento ideologico quando il licenziamento venga fatto per manifesta incompatibilità ideologica tra le libertà e garantite dai diritti costituzionali e tra questi la libertà

religiosa dei gestori della scuola e l'altra libertà del dissenso ideologico del dipendente dell'insegnante dipendente; e pone dei paletti ed approfondisce le questioni come è accaduto nel '94-'95 e nel '97-'98. Non prende assolutamente in modo automatico, come in questo caso, la mancanza di idoneità come una scatola chiusa; va a vedere se veramente questo dissenso ideologico, questo licenziamento ideologico è giustificato. Ha elaborato due linee interpretative da una parte ha specificato che potrebbero esserci delle materie (esempio insegnanti di educazione fisica) che non coinvolgono assolutamente un contrasto ideologico tra i docenti ed i discenti, dall'altra, con una sentenza più dura del '97, afferma che il giudice deve fare un'indagine caso per caso per stabilire se realmente questo contrasto non soltanto mini il rapporto di fiducia fra datore e prestatore di lavoro ma se sia di dimensioni tali da far dubitare una qualche misura di rappresaglia. Sembra quasi che la Cassazione per un suo orientamento vada con i piedi di piombo, che sia più conformista quando c'è questo intreccio, tra Stato e religione, tra Stato e potere diocesano o potere ecclesiastico di quando si tratta invece di analizzare questioni di evidente inequizia e di ingiustizia che riguardano soltanto quel tipo di situazione. Sconfineremmo nella dietrologia se attribuissimo chissà quali mene o manovre ad una differenza di questo genere, però c'è indubbiamente da dire che si tratta di due orientamenti molto diversi uno dall'altro. E' un dato che molto del ricorso si fonda su motivi puramente formali, quali comparse non depositate, tutte cose che hanno spostato l'attenzione, ma il focus dell'indagine è stato un focus estremamente conformista su tutto. Un'ultima cosa riguarda la Corte Costituzionale ipotetica federale, regionale e l'assetto federalista dello Stato. Se il titolo V, in particolar modo l'art. 117, rimane nell'ultima versione che gli è stata data, si parla di competenza esclusiva delle regioni nelle tre materie: scuola, sanità, polizia locale: A questo punto mi domando, da giurista, nel momento in cui viene confermata questa riformalo Stato centrale, lo Stato ordinamento non ha più potere su quella che è la regolamentazione e la gestione delle tre materie, delegate alle regioni. Nel momento in cui una regione decidesse di darsi uno statuto in cui supera gli accordi pattizzi dello Stato, collegandosi direttamente, senza mediazioni istituzionali, alla Costituzione che è molto più larga di tutta la normativa ordinaria che ha conferito molto maggiore compattezza a questa convergenza Stato Chiesa, che cosa succede? Probabilmente non dovrebbe succedere nulla, e allora io mi domando nel caso della scuola, chi si salva lo Stato laico o quella che potrebbe essere un'autonomia regionale che in questo caso baipasserebbe addirittura la legislazione ordinaria dello Stato ordinamento, dello Stato centrale? Piero Bellini Scusate ma forse viviamo in paesi diversi . Tutte le pressioni fatte dalla chiesa in chiave di privilegio vengono fatte in sede regionale, evidentemente viviamo in paesi diversi. Quando mi parla, mette insieme due problemi che sono radicalmente diversi quello del rapporto di lavoro nelle scuole private e quello del rapporto di lavoro dell'istruzione pubblica, sono cose completamente diverse.

Il rapporto di lavoro nelle scuole private, si svolge per intero nell'ordine proprio dello Stato, e quindi gli organi giurisdizionali, non sono tecnicismi queste cose qua sono fatto di vita reale e sono fatti che riguardano la nostra libertà di cittadini. Quindi per quanto riguarda le scuole private lo Stato ha gli organi giurisdizionali dello Stato hanno una competenza di occuparsi anche di quelli che sono i motivi di un licenziamento, per quanto riguarda invece questa presenza ufficiale della chiesa nella scuola pubblica che dipende dall'autorità ecclesiastica lo Stato non ha la possibilità di sindacare l'autorità ecclesiastica perché secondo il primo comma dell'articolo 7 della Costituzione lo Stato e la chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani, quindi non può esercitare un potere su un provvedimento episcopale che è espressione diciamo così della sovranità ecclesiastica. Nel momento in cui noi continuiamo ostinatamente a porre l'attenzione tutta l'attenzione sulla questione meramente sindacale e meramente di impiego di questa signora, che poi ha risolto i suoi problemi, ed io sono contento di questo, ricadiamo nella trappola perché perdiamo perché perdiamo di vista che il problema non è quello di garantire l'inamovibilità dei professori di religione, ma è quello di non insegnare la religione nelle scuole, e questo persino i suoi interlocutori dove è Stato li nel convegno, lo hanno capito, perché hanno capito che nel momento in cui si ostinano a voler mantenere il monopolio dell'insegnamento religioso nelle scuole domani si scontreranno con la pretesa del fondamentalismo islamico e quindi la necessità di allargare le briglie su questo campo e di passare dall'insegnamento della religione cattolica all'insegnamento di tutte le religioni. Questa è la logica, tutto il resto sono chiacchiere. Felice Besostri Volevo fare un integrazione all'intervento anche per tornare poi al caso dal quale siamo partiti. Ho visto che la sentenza della Cassazione è di febbraio, ora si sta valutando il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ma itempi sono molto stretti nel caso si decida di far questo. Non ho potuto ancora verificare se in sede di ratifica della Convenzione europea, l'Italia abbia fatto una riserva di alcune norme come la fece sulla disposizione transitoria, sulla libertà di movimento dei Savoi. Torno a ripetere quello che avevo detto all'inizio, su questo sono d'accordo con il professor Bellini, che qui siamo di fronte al fatto che in concreto se il licenziamento fosse stato annullato l'insegnante di religione sarebbe stata pagata per non far nulla, c'era sempre il problema di stabilire quale fosse la natura della sua occupazione perché era venuta meno la ragione di insegnare religione. Ci sono delle questioni che sorgono perché la poveretta che aveva diritto ad avere la sanatoria perché insegnante di religione per più di 4 anni; ora l'attuale legge di sanatoria la esclude perché al momento del primo inquadramento bisogna essere sempre in possesso dell'autorizzazione ad insegnare anche se poi è entrato in ruolo e decide di transitare ad un altro insegnamento; questa ragazza si trova a non poter fruire di questa legge dove però il problema di fondo è che questa legge è scandalosa non perché escluda la ragazza ma perché immette in ruolo tutti gli insegnanti di religione che sono arrivati ad insegnare beneficiando di un regime molto particolare: ar salva la religione. Ci sono alcuni Paesi dove c'è una religione di Stato , perciò il problema è presente anche altrove anche se si tratta di confessioni diverse dalla cattolica; basti ricordare la Danimarca o la chiesa ortodossa in Grecia o la chiesa cattolica in Irlanda dove c' addirittura il richiamo alla Santa Trinità; tutto ciò crea dei gravissimi problemi a tutti i noncristiani. Mario Dui Carlo

Ancora due interventi: prima Alessandro Oddi, poi Lilly Chiaromonte, poi Alessandro Oddi Chiedo scusa, solo una brevissima replica mi ricollego a quanto è stato detto da ultimo. Aggiungo di più, l'articolo 1 della legge 512 del '61 riprende testualmente quello che era stabilito dalla legge 77 del '36 dice che il servizio dell'assistenza spirituale presso le forze armate dello Stato è istituito per integrare la formazione spirituale della gioventù che fa parte delle milizie secondo i principi della religione cattolica. Questa è una legge del 1961, quindi non ci stupiamo di quello che accade. Volevo soltanto come manifestare la prima impressione, credo si sia caduti nella trappola, come ha giustamente detto il professor Bellini, abbiamo preso le mosse da un caso concreto e poi abbiamo finito per esserne fuorviati, perché si parla qui di tutela della femminilità, della madre, della lavoratrice, e questo non ci interessala momento. Dal punto di vista dell'insegnamento della religione cattolica non interessa se era donna, uomo o per fare un paradosso perfino un bambino, non interessa che cosa pensi il papa sulla maternità, sulla procreazione. Il problema che credo si debba porre è dal punto di vista dello Stato, con questa Costituzione, con gli articoli 7 e 8 è legittimo che esista l'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica? Questa è la domanda, poi che sia una ragazza madre, che sia sposata, che abbia dieci figli che non ne abbia nessuno, non interessa minimamente; questo è il ragionamento che ha fatto l'Ordinario Diocesano. Il problema che poneva la signora, mi dispiace che sia andata via, non è quello di tutelare la libertà femminile perché la libertà non ha sesso, non è né femmina né maschio, la libertà è libertà, e già quando si comincia a dare un sesso alla libertà è un po' pericoloso. Una cosa che sicuramente è emersa da questo dibattito è che la laicità è un concetto polisenso, ciascuno lo riempie con quello che vuole, per alcuni la laicità è una cosa, per altri un'altra, per la Corte Costituzionale un'altra ancora. Ecco perché sono stato frainteso, ecco perché mi fa rabbrividire, quando la Corte Costituzionale parla di laicità; è uno slogan, è fumo negli occhi è una mera lustras, serve soltanto per fingere per non risolvere i problemi. Dico che è un principio che si inventa per non risolvere il problema, per declinare la questione, perché è politicamente scottante. Ho sentito parlare di diritto mite, che è espressione di Gustavo Zagrebeschi, il diritto mite è il diritto dei più forti, il diritto mite è il diritto di chi ha il coltello dalla parte del manico, è il diritto che annacqua tutto quanto; quando si parla di diritto mite si va a finire inevitabilmente nella logica della teoria dei valori che è aberrante e che è la logica di Gustavo Zagrebeschi e si trova in tutte le sentenze sui reati contro la religioneBasta leggerne qualcuna perché si drizzino i capelli, anche l'ultima, la 508 del 2000, che ha dichiarato la incostituzionalità di vilipendio della religione cattolica, il dispositivo è con divisibilissimo, quello è un reato incostituzionale è incostituzionale, ma la motivazione fa rabbrividire, perché quella motivazione si inserisce in una logica istituzionalistica in cui la libertà di religione si risolve nell'appartenenza confessionale. Questo è il grosso problema: la libertà di religione nel nostro paese, o meglio il soddisfacimento del

bisogno religioso individuale nell'ottica perversa del nostro legislatore, della nostra Corte Costituzionale passa necessariamente attraverso strutture professionali o anche aziendali come le scuole di tendenza, cioè una concezione istituzionalistica della libertà di religione, che porta come conseguenze aberranti l'esistenza dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, la presenza di cappellani militari, ovvero di professionisti dello spirito come sono stati efficacemente definiti. Non mi stupisce che la decisione dell'Ordinario Diocesano sia una decisione del tutto arbitraria ed insindacabile perché è del tutto coerente col fatto che si tratta di un insegnamento di matrice confessionale i cui contenuti devono essere pedissequamente conformi all'ideologia cattolico romana. Nella normativa vigente si dice che l'Ordinario Diocesano deve valutare, la retta dottrina, la testimonianza di vita cristiana e l'abilità pedagogica dell'interessato. E' chiaro che una persona che fa figli fuori dal matrimonio, dal punto di vista della religione cattolica. è una persona che sta in errore e che quindi deve essere sanzionata. E' del tutto coerente, io contesto proprio alla radice quella logica, dal punto di vista dello Stato. Altro punto che francamente mi lascia sempre perplesso, ogniqualvolta si cerca di tracciare una linea di confine netta una volta per tutte tra diritto e morale, è inutile scomodare Alf Ross o Kelsen, credo che implicitamente lo richiamasse il professor Bellini anche John Stuard Mill, sulla concezione utilitaristica della libertà. La mia libertà finisce nel momento in cui danneggio un altro,ma mi rendo conto che questa affermazione non risolve il problema: (dal pubblico) No! La libertà non finisce nel momento in cui si danneggia un altro perché altrimenti si privilegerebbe l'altro, le due libertà devono contemperarsi, e questa è una cosa diversa Alessandro Oddi Questo è vero, ma che succede che inevitabilmente il diritto si appropria di contenuti etici, non può fare a meno di appropriarsene. Autonomia del diritto dalla morale significa, dal mio punto di vista, soltanto questo che non bisogna recepire pedissequamente i contenuti della morale o di una certa cultura, di una certa ideologia religiosa trascendentale o laica che sia. L'autonomia del diritto dalla morale, significa soltanto che da noi non può governare il papa, ma non significa che poi un precetto giuridico non sia anche un precetto morale. Nel momento in cui lo Stato mi punisce perché uccido una persona mi punisce perché dal punto di vista dello Stato quello è un disvalore e lo è prima ancora moralmente, eticamente e poi giuridicamente. Nel momento in cui, in passato si giustificava l'omicidio d'onore è perché in quell'ottica, in quella cultura si riteneva che fosse una giustificazione morale che in certi casi diventava anche etica o sociale.

La teoria del bene giuridico, mi pare assolutamente condivisibile. Non è un caso che sia stata citata per reati squisitamente fascisti, reati di opinione, il vilipendio, l'apologia, l'istigazione a delinquere, ma quei reati erano coerenti con quel tipo di Stato, di chiara matrice hegeliana. In tutti questi anni chi avrebbe dovuto provvedere togliendo di mezzo questi reati palesemente incostituzionali non lo ha fatto, la Corte Costituzionale, li ha giustificati con una serie di funambolismi concettuali ed argomentativi, così come i reati contro la religione che non hanno eguali in altri settori della giurisprudenza costituzionale. La Corte contraddice se stessa senza neppure preoccuparsi troppo di farlo. Piero Bellini La laicità e la secolarizzazione sono la stessa cosa? No1 la laicità è impegno civile, fiducia nella capacità dell'uomo di autodeterminarsi, la secolarizzazione è disinteresse, è noncuranza, è grigiore, come si può notare le due cose ben diverse Lilly Chiaromonte Quando ho conosciuto il caso che abbiamo preso in esame io ho avuto subito la sensazione che fosse un rompicapo giuridico, pur non avendo le competenze che qui avete come dire mostrato con grande abbondanza e dovizia. Il caso ha messo in evidenza una situazione complessa ed il tentativo di rendere compatibili alcune norme con i principi costituzionali. Rimane però il problema di come garantire l'esercizio dei diritti non solo quelli riguardanti il lavoro, ma anche quelli previsti dalla Costituzione, secondo la prospettiva di società una multietnica, multireligiosa, multiculturale che cosa ci comporta, cosa ci impone, sono questioni di prospettiva molto complesse, però volevo dire che in questa situazione gli interrogativi sono tanti ma secondo me emerge con forza che c'è una domanda crescente di laicità. Qui non è vero che non interessa se fosse una lavoratrice invece che un lavoratore, perché qui stiamo parlando di soggetti: I soggetti sono diversi, allora su questo invocare la neutralità credo che sia un tornare indietro. Mario Di Carlo Credo che nel caso di Gennari fosse libertà di manifestazione del pensiero però in questo si tratta anche di chiamiamola anche libertà della donna e procreazione però si può anche pensare ad un peso diverso delle esigenze (dal pubblico) Si possono procreare anche le idee. Come si procreano le regole si procreano i bambini è la stessa cosa. Scusate dobbiamo calarci nella mentalità del vescovo cattolico. Il vescovo cattolico quella mentalità c'ha e non bisogna consentire ai vescovi cattolici di avere voce in politica, voce nella scuola, questo è il problema.

Occorre togliere i vescovi dalla scuola; i vescovi facciano i vescovi non i politici: Mario Di Carlo Una personalissima impressione è quella che se per morale intendiamo la valutazione dei comportamenti, non la morale nel senso individuale, le tecniche secondo cui farla sono particolari e diverse, ed è importante a mio avviso trovare delle tecniche discorsive per riuscire a trovare dei punti di valutazione sociale condivisi anche in società che vanno verso una frammentazione e una diversificazione sempre crescente. Quindi se è vero che la laicità va intesa come il passo indietro della morale individuale, della morale religiosa che diventa poi collettiva, però è anche necessario riuscire a trovare delle tecniche per effettuare una valutazione quando il punto di partenza non è più quello della grande chiesa cattolica, ma di gruppi pesanti che si confrontano. Ringrazio tutti e tutte lascio la parola a Gigliola Toniollo per un saluto. Maria Gigliola Toniollo Mi è piaciuto molto questo dibattito non credo che siamo caduti in trappole perché sinceramente la vicenda di questa lavoratrice o comunque la sentenza della Cassazione era un punto di partenza che portava poi ad un discorso di autonomia, di laicità, di secolarizzazione. Volevamo provocare, volevamo che ci fosse un interessamento, una compartecipazione; temevamo un dibattito che si esaurisse in uno scambio di parole. Il dibattito è stato vivace, io valuto pienamente soddisfacente quest'esperienza. Mi dispiace l'assenza del responsabile della scuola che purtroppo è stato trattenuto da una trattativa non stop. Voglio ricordare che in questa sala in tempi assolutamente non sospetti abbiamo fatto un incontro molto movimentato, anche più di quello di oggi, con Marida Bolognesi e tutti i gruppi contro la sua proposta sul testo unico unificato sulla procreazione assistita. Lo ricordo perché più volte qui si è parlato della insufficienza della sinistra ed è proprio alla sinistra che io spero di riuscire a parlare. Tutte le cose che noi facciamo hanno senso se la sinistra acquista peso, valore, dignità.