Dipartimento di Scienze Economiche Universit a degli Studi di ......Marchi, denominazioni e...

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Marchi, denominazioni e reputazione. Alcune considerazioni economiche Angelo Zago Universit` a degli Studi di Verona Dipartimento di Scienze Economiche ‘Le norme vitivinicole alla prova dei fatti’ Polo Zanotto, Universit` a di Verona 26 ottobre 2018 A. Zago (UniVR) L’economia dei marchi Verona - 26/10/2018 1 / 34

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  • Marchi, denominazioni e reputazione.Alcune considerazioni economiche

    Angelo Zago

    Università degli Studi di VeronaDipartimento di Scienze Economiche

    ‘Le norme vitivinicole alla prova dei fatti’Polo Zanotto, Università di Verona

    26 ottobre 2018

    A. Zago (UniVR) L’economia dei marchi Verona - 26/10/2018 1 / 34

  • News dal mondo: le IG hanno parecchie questioni...

    La secessione della Rioja, ma anche la fusione nella Languedoc...

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  • In Italia, la saga dei Supertuscans e di Bolgheri (1968-1994) e lanuova DO ‘Pinot Grigio delle Venezie’

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  • La differenziazione all’interno delle denominazioni

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  • La riclassificazione entro le ‘sottozone’ - il caso Montagny inBorgogna

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  • La coesistenza di diversi marchi: individuali, collettivi, combinati

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  • Le controversie sulle scelte di qualità nei marchi collettivi

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  • ...non solo per i vini ... o in Italia ...

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  • ... nonostante ciò, le IG sono imitate ed esportate

    Bordeaux va in Cina...

    La ‘Montagna di Helan’ prima PDO (2003)

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  • Traccia della presentazione

    Inutile spiegare in questo consesso cosa siano le indicazioni geografiche (omarchi collettivi o reputazioni collettive). Ma è lecito chiedersi:

    1 I marchi collettivi sono importanti?

    Diffusione ed impatto economico in altri ambiti.Evidenza empirica.Dati sulle esportazioni.

    2 A cosa servono? Secondo la teoria economica, perché esistono e comefunzionano i marchi

    individuali,e collettivi?

    3 Quali problemi devono affrontare i marchi collettivi?

    dimensione, eterogeneità, divisioni,costi da condividere e suddividere,tradizione o innovazione?

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  • 1. Importanza economica delle indicazioni geografiche

    Le IG sono nate per prime nel settore del vino, in Europa.

    Si sono però poi diffuse

    In altri continenti. Per esempio, negli USA – il campione del modellobasato sui vini varietali – ci sono le American Viticultural Areas (AVA).Per altri prodotti. Per esempio, circa il 52% del numero complessivo diIG NON sono relative al vino.

    Sono ritenute importanti anche per i Paesi in via di sviluppo edemergenti (FAO & EBRD, 2018). Per esempio,

    per il tè (del Darjeeling, India),il caffè (di Kona, Hawaii),lo zafferano (di Taliouine, Marocco),il pepe (di Penja, Camerun),il cavolo (di Futog, Serbia).

    Nel caso del vino, poi, c’è ampia letteratura (es. Costanigro et al.)che mostra gli effetti sui prezzi di vendita dei prodotti.

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  • Indicazioni Geografiche in Italia e nel mondo - 2018

    Fonte: http://www.qualigeo.euA. Zago (UniVR) L’economia dei marchi Verona - 26/10/2018 12 / 34

  • I prezzi medi delle esportazioni

    Fonte: Ns. elaborazioni su dati EurostatA. Zago (UniVR) L’economia dei marchi Verona - 26/10/2018 13 / 34

  • Fonte: Ns. elaborazioni su dati Eurostat

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  • Fonte: Ns. elaborazioni su dati Eurostat

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  • 2. Perché i marchi

    Il tipico caso – da libro di testo – di mercato concorrenziale èprobabilmente quello dei produttori di grano.

    Producono lo stesso prodotto, di qualità paragonabile,nessuno ha dimensioni tali da influire sul prezzo di equilibrio.

    ⇒ Per queste ragioni il mercato del grano funziona bene.L’unico livello di informazione necessario è quello del prezzo del grano,che è sufficiente per guidare le decisioni dei diversi attori coinvolti.

    Ci sono però altri mercati nei quali le condizioni sopra elencate NONsono verificate. Un esempio è il mercato del vino:

    la qualità può essere molto diversa ⇒ differenziazione del prodotto,non tutti gli attori economici dispongono dell’informazione sul prodottoin egual misura ⇒ asimmetria informativa.

    In questi casi, il mercato da solo NON funziona ⇒ servono altresoluzioni.

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  • Una di queste soluzioni è la reputazione, ovvero quanto si aspettano icompratori visto il comportamento passato di un venditore.

    Non posso distinguere cosa mi vendi oggi – si parla di beni esperienza –ma mi posso basare su quanto hai venduto in passato.Le vendite passate delle imprese possono poi essere legate

    al tipo di impresa, es. zona di provenienza, oppureal loro comportamento vero e proprio.

    In un contesto dunque nel quale compratori e venditori si trovanoripetutamente sul mercato, un’impresa può fare un investimento sullaqualità per vederne riconosciuti i frutti in futuro.

    Questo investimento può essere fatto

    a livello di singola impresa – reputazione individuale – come il caso diApple, Amazon, Coca Cola, ecc.,anche a livello collettivo – reputazione collettiva – come il Made inItaly, gli orologi Made in Switzerland, le auto tedesche, i vini con DO(Champagne?), ecc.

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  • I migliori marchi individuali - 2018

    Fonte: www.Interbrand.comA. Zago (UniVR) L’economia dei marchi Verona - 26/10/2018 18 / 34

  • 2.1 La reputazione collettiva: perché?

    Perchè si stabilisce un marchio collettivo?Perché si condivide origine geografica tra diverse imprese,per ridurre i costi, visto che spesso si tratta di imprese piccole.

    Come sono nati storicamente i marchi collettivi? Nello Champagneè emblematico di come questi fenomeni sono nati;è simile ad altri casi di AOC, perchè tutto ebbe inizio come reazione aduna crisi dei prezzi che si ebbe agli inizi del 900;mostra dei tratti comuni anche ad altri casi.

    Infatti, a seguito di una crisi di prezzi, nello Champagneconcorrenza di uve provenienti da zone diverse utilizzate dalle casevinicole per aumentare la redditività,le case (maisons) produttrici di Champagne avevano potere economico,i viticoltori invece costruirono potere politico,

    dapprima con manifestazioni e scontri (1910 e 1911) e poivedendo riconosciute le loro istanze a livello normativo, con

    l’istituzione dell’AOC che restringeva l’uso alle sole uve locali perprodurre Champagne dal 1927.

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  • 2.1 La reputazione collettiva: evoluzione

    Storicamente, come si originano ed evolvono i marchi collettivi?

    Si inizia con un produttore o gruppo di produttori (‘leader’) che sidistinguono e cercano di separarsi dagli altri ⇒ separazione.Ad un certo punto, ottengono un riconoscimento formale o normativodel loro essersi distinti ⇒ riconoscimento.Se queste differenze pagano, sono imitati da altri produttori checercano cos̀ı di aumentare a loro volta la propria reputazione⇒ imitazione.Ci potrebbe essere poi riconoscimento allargato della zona⇒ allargamento.Se molta eterogenità tra produttori, ci potrebbero essere conflitti⇒ conflittualità.

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  • 2.1 La reputazione collettiva: tratti comuni

    Quali sono dunque i tratti comuni nel loro funzionamento?

    1 Vi appartengono molti produttori, che possono essere eterogenei.

    Quindi, possibili problemi di free-riding, che aumentano con il numerodi produttori. Ampia letteratura al riguardo (es. Castriota eDelmastro).

    2 Oltre alla dimensione economica, hanno una dimensione politica: ledecisioni sono prese aggregando le preferenze di tutti con regole‘democratiche’,

    Maggioranza semplice, qualificata, o unanimità? Distorsioni (es. Zago,1999)?Chi vota, la testa o la produzione? Letteratura (es. Plakias &Goodhue).

    3 Vi appartengono soggetti economici con interessi diversi.

    Produttori di uva, produttori di vino, imbottigliatori, ecc.Caso dell’Oltrepò Pavese?

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  • 3. Le problematiche3.1 Le sottozone

    Uno dei quesiti chiave è legato alla dimensione ottimale delledenominazioni di origine, dove abbiamo che:

    grande è bello, visto che permette di ripartire gli elevati costi fissi delleattività di promozione e di quelle di accesso ai mercati esteri; ma anchepiccolo è bello, soprattutto se ci sono produttori diversi (eterogeneità).

    Allora, forse un modo di trovare la quadratura del cerchio è diriconoscere le differenze tra sottozone. Ha senso farlo?

    Nel caso NON si facesse, quali sarebbero le alternative per iproduttori?

    Solo la reputazione individuale (RI),solo la reputazione collettiva (RC), oppureuna combinazione tra le due (RI+RC, o ‘nested names’). Esisteletteratura empirica su questi ultimi (v. es. Costanigro et al.).

    Quali sono la logica e gli effetti dei nested names?

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  • 3.1 Le sottozone

    In un recente lavoro, Yu et al. considerano:1 consumatori distinti tra

    esperti, che riconoscono le differenze tra RI;non esperti, che al massimo arivano a distinguere tra RC;

    2 produttori eterogenei distinti traquelli che producono vini di qualità elevata (HQ), equelli che invece producono vini di qualità medio-bassa (LQ), e

    3 scelte basate sulla maggioranza semplice dei produttori.

    Si mostra che, nel caso i produttori di qualitù medio-bassa siano inmaggioranza,

    adotteranno un’unica denominazione (RC) cos̀ı da beneficiare degliinvestimenti fatti dai produttori di alta-qualità (→ free − riding);questi ultimi comunque potrebbero lo stesso unirsi ai primi, perchècos̀ı possono ‘raggiungere’ i consumatori non-esperti ed,indirettamente, indurre i produttori della maggioranza LQ ad adottaredisciplinari più rigorosi.

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  • Ma quando le differenze (eterogeneità) tra produttori aumentano,

    allora i produttori di qualità elevata troveranno più convenienteinvestire su un marchio individuale (RI);addirittura, in certi casi, potrebbero scegliere di NON usare la RC masolo la RI (→ ‘secessione’).

    Mutatis mutandis, possiamo ottenere risultati simili considerando lesottozone invece delle RI.

    Quale dunque la morale della storia?

    La RC consente di raggiungere consumatori o mercati non esperti,suddividendo i costi fissi tra diverse imprese;quando però le differenze tra produttori sono elevate e/o il mercato dei‘consumatori esperti’ è importante, allora diventa naturale distinguerele diverse zone o imprese attraverso le RI (o le sottozone).

    Si va tanto più a riconoscere una ‘partizione fine’, quanto più

    il potenziale di qualità è elevato,i consumatori sono esperti e disposti a pagare la qualità,i costi fissi per costruire e promuovere il marchio sono bassi.

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  • 3.2 L’esperienza altrui - La Francia

    Ci sono (almeno) tre possibili modelli di riferimento:Bordeaux,Borgogna,Champagne.

    E’ interessante ricordare che le classificazioni – tuttora utilizzate – diBordeaux e Borgogna risalgono al 1855.

    A Bordeaux, per l’Esposizione Universale di Parigi, il Re chiese diavere una selezione dei migliori vini.

    I commercianti allora stilarono una lista con la classifica dei migliorichateaux.

    Nella Borgogna, lunga tradizione (monaci già nel 1200) di studio deidiversi appezzamenti per vedere quali davano vino costantemente dibuona qualità.

    Nello Champagne, si parte più tardi (1927) e l’enfasi viene posta sulvillaggio (échelle des crus).

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  • Tabella: Principali caratteristiche delle diverse DO francesi

    Variable Bordeaux Borgogna ChampagneAnno 1855 1855 1927Estensione Solo Medoc Intera regione Intera regioneFocus su Aziende (Chateaux) Vigneto ComuniClassifica (Top) Premier cru Grand cru Grand cru

    Deuxieme cru Premier cru Premier cruTroisieme cru Appelation Village –Quatrieme cru Appelation regionale –

    (Basso) Cinquieme cru – –Sull’etichetta (x top) Chateaux Vigneto Produttore

    Premier Cru Grand Cru Grand Cru (?)Origine Chateaux Frammentazione MaisonsImitato da Cina Douro; Barolo

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  • Quale giudizio su questi tre diversi sistemi francesi?

    Alcuni ritengono il sistema della Borgogna migliore,

    perché basato su uno studio accurato del terroir, vista l’imprevedibilitàdei suoi vini; inoltre,il sistema è basato sugli appezzamenti,è un ordinamento completo, cioè classifica tutta la regione,è più fine (dettagliato) dove più elevato è il potenziale per la qualità,cioè nella Côte d’Or.

    ⇒ In altre parole, “la validità del sistema gerarchico della Borgogna ètuttora confermato dal mercato” (Lewin, 2010).

    Il sistema del Bordeaux, invece, viene visto

    più come uno “strumento di marketing”, se non addirittura come“una sconfitta della realtà, che potrebbe danneggiare la reputazionedella regione stessa” (Lewin, 2009).

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  • Fonte: Ns. elaborazioni su dati Eurostat

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  • La piramide in Borgogna

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  • 3.3 La ripartizione dei costi

    Quando ci sono produttori eterogenei, difficile determinare una ripartizionedei costi equa.

    Il Consorzio di Tutela del Bordeaux (CIVB) effettua investimenti nelmarketing, nella promozione e accesso ai mercati esteri per conto deiproduttori, commercianti e imbottigliatori tutti.

    Queste attività – che hanno dei costi rilevanti - sono finanziateattraverso i contributi richiesti alle aziende associate:

    dai 5.65e per hl (Entre-deux-Mers) ai12.43e per hl a Margaux.

    Gergaud et al. hanno stimato che alcune sottozone guadagnano unafetta maggiore dei benefici netti delle attività di promozione.

    ⇒ I problemi di inefficienza e iniquità nel sudidvidere costi e beneficidelle denominazioni aumentano con l’eterogeneità...

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  • 3.4 Tradizione o innovazione?

    Una delle prerogative chiave delle DO è il rispetto delle tradizioni.

    A volte però si aprono opportunità, che possono rappresentare dellebuone occasioni commerciali, ma con incerti effetti sulla qualità.

    Che fare allora, innovazione o tradizione?Nel caso del formaggio, per esempio, pastorizzazione o no?

    Risolverebbe problemi di igiene alimentare,ma potrebbe togliere la ‘tipicità’ di alcuni formaggi.

    Nel caso del vino, per esempio,

    produciamo per le ‘marche bianche’ della distribuzione?torniamo ai lieviti spontanei?

    Risposta non sempre facile. Bene allora

    considerare da quale livello di reputazione si parte, eavere un’idea di come la stessa reputazione (per la buona qualità)possa essere influenzata dall’innovazione.

    Super-Tuscans e Bolgheri: un’innovazione di successo?

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  • 4. Conclusioni

    Uno dei principi basilari in economia vuole che l’efficienza aumentitrattando agenti diversi tenendo conto della loro diversità.

    Nel caso in esame, si tratterebbe di riconoscere dunque le differenzetra sottozone. E’ sempre cos̀ı?Andare molto nel ‘dettaglio’ del territorio potrebbe (forse) pagare.

    Ma sono scelte che hanno dei costi,devono essere riconosciute dai consumatori (‘information overload’).Inoltre, effetti sulla conflittualità.

    Quale la regola per analizzare e risolvere queste problematiche?La reputazione è come un investimento nello stock di capitale: puòavere effetti positivi per molti, ma va tutelata e non se ne deve abusare.La metrica da usare è il benessere economico complessivo, quindi diproduttori e consumatori.Italia ha fatto scelte ‘politiche’ diverse dalla Francia (v. Carter).

    Idealmente, analisi sia giuridica che economica per entrare nel meritodelle questioni, ovvero “conoscere per deliberare”.

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  • Bibliografia essenziale I

    Carter, “Constructing quality. Producer power, market organization, and thepolitics of high value-added markets”, Max-Planck-Institut for the study ofsocieties, 2015.

    Castriota & Delmastro, “The Economics of Collective Reputation: Evidence fromthe Wine Industry”, Am. J. of Agric. Economics, 2015.

    Costanigro, McCluskey & Goemans, “The economics of nested names: namespecificity, reputations, and price premia’, Am. J. of Agric. Economics, 2010.

    FAO & EBRD, “Strengthening sustainable food systems through geographicalindications. An analysis of economic impacts”, FAO report, 2018.

    Gergaud, Livat, Rickard & Warzynski, “Evaluating the net benefits of collectivereputation: The case of Bordeaux wine”, Food Policy, 2017.

    Jefford, “Everything you always wanted to know about the Champagne arearevisions but were afraid to ask”, Andrew Jefford’s Blog, 2008.

    Lewin, “The 1855 classification: on the mark or marketing ploy?”, Decanter,7/12/2009.

    Lewin, “The classification system in Burgundy”, Decanter, 10/06/2010.

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  • Bibliografia essenziale II

    Marette & Zago, “Advertising, collective action and labeling in the European winemarkets”, J. of Food Distribution Research, 2003.

    Plakias & Goodhue, “Producer heterogeneity and voting power in mandatory USagricultural marketing organisations”, Eur. Rev. of Agric. Economics, 2015.

    Yu, Bouamra & Zago, “What’s in a name? Information, Heterogeneity, andQuality in a Theory of Nested Names”, Am. J. of Agric. Economics, 2018.

    Zago, “Quality and Self-Regulation in Agricultural Markets. How do ProducerOrganizations Make the Rules?”, Eur. Rev. of Agric. Economics, 1999.

    Zago, “A Nonparametric Analysis of Production Models with MultidimensionalQuality”, Am. J. of Agric. Economics, 2009.

    Zago, “Collective reputation in agricultural markets”, Economie Rurale, 2015.

    Zago & Pick, “Labeling policies in food markets: Public intervention, privateincentives, and welfare effects”, J. of Agric. & Resource Economics, 2004.

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