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ENUNCIAZIONE NEL TESTO

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ENUNCIAZIONE NEL TESTO

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Discorso • Chi parla? • Come? Si appalesa o si nasconde? • Si assume la responsabilità di ciò che dice oppure la

delega ad altri?

• A chi? • A qualcuno che vuole sapere o che deve sapere?

• Che rapporto c’è tra questi due soggetti? •  Di accordo, fiducia, collaborazione oppure conflitto, attrito

• Come si costruisce il patto comunicativo?

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Livello della discorsività •  «L’enunciazione è l’istanza di mediazione tra langue e parole che si

manifesta nel concreto atto comunicativo, ma che in qualche modo è prevista dalla lingua» (Marrone, p. 97, a proposito di Benveniste)

•  4 coordinate fondamentali (marche linguistiche):

•  Enunciatore = simulacro testuale di chi ha prodotto l’enunciazione •  Enunciatario = simulacro testuale di colui al quale è rivolta l’enunciazione •  Momento dell’enunciazione •  Luogo dell’enunciazione

•  La comunicazione faccia a faccia costituisce la forma non marcata: io-qui-ora (deittici o embrayeurs); «ogni allontanamento da questa “origine” ha effetti pragmatici» (Antelmi, p. 89).

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Origine deittica dell’enunciazione •  L’origine deittica dell’enunciazione, il punto zero delle coordinate deittiche, è

il parlante. Benveniste lo chiama “istanza enunciativa”.

•  L’origine deittica è composta da “io, qui, ora” (Bühler, Sprachtheorie, 1934)

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“L’enunciato contenente io appartiene a quel tipo o livello di linguaggio che Morris chiama pragmatico e che include, con i segni, coloro che se ne servono” (Benveniste, La natura dei pronomi, in Id., Essere di parola, Mondadori, pp. 138-139)

Il pronome io non ha una referenza fissa, oggettiva e costante, ma ne

assume una ogni volta differente in ciascuna delle situazioni di discorso in cui un individuo si designa come io: “Io significa ‘la persona che enuncia l’attuale istanza di discorso contenente io’” (p. 139)

L’unica realtà alla quale i pronomi personali di prima e seconda

persona fanno riferimento è la realtà del discorso: essi appartengono alla situazione del discorso o al “processo di enunciazione linguistica”. La deissi è contemporanea alla situazione di discorso.

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Débrayage •  Débrayage enunciazionale: riproposizione dell’atto di enunciazione

nell’enunciato attraverso il ricorso alle forme «io», «qui», «ora» (es. autobiografia)

> enunciazione enunciata (riportata)

•  Débrayage enunciativo: cancellazione dell’atto di enunciazione nell’enunciato attraverso il ricorso alle forme «non-io», «non-qui», «non-ora»: cioè al pronome personale di terza persona o all’impersonale, ai tempi del passato e del futuro

> enunciato enunciato (oggettivato)

•  Embrayage: identificazione tra il soggetto dell’enunciato e il soggetto dell’enunciazione; ritorno indietro a categorie precedentemente installate; ritorno a un simulacro (es. nel tg il conduttore passa la parola all’inviato, che la passa all’intervistato, poi l’inviato ripassa la parola al conduttore; il personaggio di un film guarda in macchina; il set delle riprese è messo in scena).

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Debrayage spaziale •  Produzione dello spazio oggettivo dell’enunciato, distinto dallo spazio

dell’enunciazione (virtuale e presupposto).

•  Esempi di categorie topologiche •  Categoria tridimensionale che comprende orizzontalità, verticalità,

prospettività •  Categoria dei volumi: inglobante/inglobato •  Categoria delle superfici: circondante/circondato

•  Localizzazione spaziale del racconto a partire dallo spazio di riferimento (spazio topico o spazio zero), che comprende lo spazio utopico (dove si svolgono le azioni) e gli spazi paratopici (dove il soggetto acquisisce le competenze)

•  Gli spazi adiacenti allo spazio topico sono gli spazi eterotopici.

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Debrayage temporale •  Tempo dell’enunciazione: ora •  Tempo enunciativo: non ora, allora (localizzazione temporale: presente nel

racconto)

•  Debrayage enunciazionale: proiezione nel discorso di un ‘ora’ che produce un simulacro dell’istanza di enunciazione.

•  Aspettualità: •  Incoatività: fuoco sul momento iniziale dell’azione •  Duratività: fuoco sullo svolgimento dell’azione •  Terminatività: fuoco sul momento conclusivo dell’azione

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Due macro-strategie enunciazionali

Effetti di referenzializzazione Effetti di oggettivazione

Stile soggettivante (débrayage enunciazionale): l’enunciatore si annuncia in modo più marcato ed esplicito, orientando il discorso da uno specifico punto di vista. Stile oggettivante (débrayage enunciativo): tende a presentare il discorso senza, almeno apparentemente, intermediazioni soggettive. La prima strategia tende a costruire un effetto di illusoria e parziale identificazione tra i soggetti empirici dell’enunciazione (il lettore di un testo) e i soggetti dell’enunciato, la seconda, al contrario, produce un effetto di maggiore distanza.

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Débrayage nei testi visivi

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Leonardo da Vinci, Annunciazione, 1472

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•  «Il volto di profilo è distaccato dall’osservatore e appartiene […] ad uno spazio condiviso con altri profili posti sulla superficie dell’immagine. Per dirla nelle grandi linee, è come la forma grammaticale della terza persona, l’impersonale ‘egli’ o ‘ella’ con la forma verbale concordata e appropriata; mentre al viso rivolto all’esterno viene accreditata un’attenzione uno sguardo latentemente o potenzialmente rivolto all’osservatore e corrispondente al ruolo dell’ ‘io’ nel discorso, con il suo complementare ‘tu’: sembra esistere per noi e per sé in uno spazio virtuale contiguo al nostro ed è pertanto appropr ia to ad una f igura s imbol ica o che por ta un messaggio» (Shapiro, Per una semiotica del linguaggio visivo (1973), Meltemi, 2002).

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Éduard Manet, Déjéuner sur l’herbe, 1862-3

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Campagna di arruolamento nell’esercito statunitense, 1917

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Trasparenza e opacità Marin, Della rappresentazione, Meltemi, 2001

• Trasparenza dell’immagine l’immagine è la presentificazione di qualcosa di assente Quadro come finestra sul mondo (Leon Battista Alberti)

• Opacità dell’immagine l’immagine presenta l’atto della rappresentazione di qualcosa Messa in scena del carattere artificiale della rappresentazione, discorso metapittorico Strumento primario della opacità è la cornice: traccia di una riflessione metapittorica.

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Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, 1474

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Cornice

«Nel quadro la cornice è ciò che definisce l’identità della finzione. Dare a un quadro, oltre alla sua cornice, anche una cornice dipinta significa elevare la finzione alla seconda potenza. Il quadro con cornice dipinta, in quanto rappresentazione, ha una forza di affermazione doppia: è l’immagine di un quadro. […] mentre la cornice della finestra o della porta rivela il contesto della genesi dell’opera, la rappresentazione della “cornice” […] rende immagine una porzione del contesto espositivo dell’opera» (Stoichita, L’invenzione del quadro (1993), il Saggiatore,1998: 65)

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Rappresentazione dell’enunciatore La figura dell’enunciatore all’interno dell’enunciato è un modo per sottolineare l’attività enunciativa Il pittore si può variamente rappresentare nella sua opera:

•  Come autore testualizzato: ad esempio nelle miniature medievali spesso il miniatore si rappresenta all’interno di un capolettera che sta dipingendo

•  Come autore mascherato, nella parte di un personaggio: es. Caravaggio che dà la sua fisionomia alla testa di Golia

•  Come visitatore: l’autore è presente nella rappresentazione ma non nelle vesti di un personaggio: è un estraneo che osserva dall’esterno la rappresentazione senza essere visto dagli altri personaggi

•  Come autore in autoritratto riportato: nella rappresentazione c’è l’autoritratto del pittore; il pittore può rappresentare se stesso nell’atto di dipingere (cfr. Polidoro, Che cos’è la semiotica visiva, 2008: 72-3)

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Diego Velázquez, Las Meninas, 1656

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Costruzione enunciativa dell’identità aziendale

Studio di Costantino Marmo sulla tipologia delle strategie enunciative nei siti web aziendali: L’instabile costruzione enunciativa dell’identità aziendale in rete, «Versus», 94,95,96, 2003, pp. 133-146. La costruzione dell’identità e dell’immagine di un’azienda passa attraverso complessi processi di scelta dei valori e di enunciazione che coinvolgono attori sociali e operatori della comunicazione.

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Strategia oggettivante, distanza indefinita (non pedagogica) • «Il caffè è un piacere. Se non è buono, che piacere è?» • «Dove c’è Barilla c’è casa» • «Dash. Più bianco non si può» • «C’è la birra e c’è la Grölsch» • «Grana Padano. Formaggio d’autore»

• “Oggi Lavazza è leader nella qualità ed è riconosciuta nel mondo come il simbolo dell’espresso italiano e della italianità» (Lavazza)

• L’enunciato non manifesta tracce dell’enunciazione; lascia all’Enunciatario la massima libertà di identificarsi o non identificarsi con l’Enunciatario implicito;

• L’Enunciatore non è rappresentato ma può essere oggettivato nel Soggetto dell’enunciato

• Il contratto enunciativo si gioca sul piano del far sapere; manipolazione di tipo cognitivo e non-persuasorio

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Strategia della distanza istituzionale

«Crediamo nell’Italia e nel futuro delle famiglie e delle imprese» (Banca Popolare di Bari) «Il consumatore è al centro del sistema e delle nostre azioni. La ricerca continua di una relazione con lui ci serve a migliorare la nostra capacità di orientarlo e soddisfarlo» (Caffè Illy). «Portare l’aroma e la qualità dell’espresso italiano nel mondo è da sempre il nostro principale obiettivo» (Lavazza)

•  Proiezione nell’enunciato di un simulacro dell’Enunciatore (I pers. sing. o

plur.); piena assunzione di responsabilità verso i contenuti enunciati e i valori espressi.

•  Presenza di un Enunciatario implicito; l’Enunciatario non è mai interpellato direttamente; l’Enunciatario empirico è libero di aderire o meno al contratto enunciativo e ai ruoli tematici rappresentati nell’enunciato.

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Strategia dell’ ammiccamento

«Come te. La prima assicurazione che non ti vede così» (Genertel) «Chiamami Peroni, sarò la tua birra» «Fai vedere chi sei» (Ministero della Istruzione) «E tu di che Lumberjack sei?» «Quanti soldi butti via con il tuo conto?» (Conto arancio) «Conti perché non sei solo un conto» «Ikea vicino a te / Se stai cercando un’occasione di lavoro, Ikea può essere il posto giusto per te»

•  Interpellazione informale (II pers. sing. o plur.) dell’Enunciatario, che è così rappresentato nell’enunciato.

•  Presenza di un Enunciatore implicito che si può talvolta identificare con uno degli attanti dell’enunciato > maggior coinvolgimento dell’Enunciatario, al quale sono attribuiti ruoli tematici precisi, competenze e valori di cui il Soggetto dell’enunciato si fa portatore.

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Strategia della prossimità (o della distanza pedagogica) «Con il nostro Mobile Banking hai più tempo anche per fare jogging» (Unicredit)

•  Rappresentazione di entrambi gli attanti dell’enunciazione nell’enunciato; •  Realizzazione di un débrayage enunciazionale nella forma di primo livello io/tu, o della

costruzione di un enunciatore collettivo attraverso un dispositivo proiettivo di secondo livello in cui si confrontano un “noi esclusivo” e un “voi”

Strategia della complicità

«Il nome. L’unica cosa che so di lei. Ma sento che tra poco la sento» (Cercafacile Omnitel) «Affidiamoci ai nostri valori» (Banca del Sud)

•  Presa di parola da parte dell’Enunciatario attraverso un débrayage enunciazionale, oppure

•  “noi inclusivo”, che presuppone l’accettazione del contratto enunciativo da parte dell’Enunciatario

Naturalmente l’esame delle strategie di enunciazione verbale deve essere integrato dall’analisi della enunciazione visiva, dalla messa in pagina (aspetti grafici e di strutturazione dei contenuti) all’uso di immagini (foto, disegni, grafici, animazioni).

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Nel discorso politico •  Il discorso politico non è (o almeno è solo in parte) discorso rappresentativo.

Non è un insieme di enunciati in rapporto cognitivo-referenziale con il reale. •  Anziché mirare ad una rappresentazione fedele degli eventi, il discorso

politico costruisce il suo soggetto in forma attanziale (Greimas 1966), cioè come un sistema di ruoli in correlazione al suo antisoggetto (la figura del rivale, dell’antagonista). (Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini, Fare comunicazione, 1999:394)

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Embrayage attanziale (o debrayage enunciazionale): identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore; ricorso a citazioni, repliche, negazioni, confutazioni

Discorso polemico,

e in generale propagandistico Ma anche ricerca di coesione e di identificazione!

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Débrayage attanziale (o debrayage enunciativo): cancellazione dell’enunciatore attraverso i tratti formali del discorso descrittivo e oggettivo (prevalenza della III persona e della forma impersonale o passiva)

Discorso didattico

Effetto di distanziamento che si raggiunge anche quando in un discorso politico il parlante fa riferimento a se stesso in quanto ruolo istituzionale. Risultato: enfatizzazione dell’importanza e della sacralità del ruolo e deresponsabilizzazione del soggetto.

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Embrayage: •  Il noi nel modello del contatto: Mussolini, Primo anniversario della marcia su Roma, 28 ottobre 1923:

Camicie Nere! Noi ci conosciamo; fra me e voi non si perderà mai il contatto

uso pletorico del noi inclusivo e aggregante

•  Mussolini, Al popolo di Mantova, 25 ottobre 1925: I miei non sono discorsi, nel senso tradizionale della parola: sono allocuzioni, prese di contatto tra la mia anima e la vostra, tra il mio cuore e i vostri cuori. I miei discorsi non hanno quindi nulla di comune con i discorsi ufficiali e compassati pronunciati in altri tempi da uomini in troppo funeree uniformi, uomini che non potevano parlare direttamente al popolo perché il popolo non li comprendeva e non li amava

Ricorso privilegiato al campo semantico del sentimento (anima, cuore, spirito, fede)

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•  Esaltazione del rapporto immediato e quasi corporeo tra il capo del governo e la comunità (processo di rispecchiamento). La comunità preesiste all’individuo che le appartiene in modo necessario (evocazione dell’identità collettiva). Questo è il principio organizzatore dello stile di Mussolini: espressione di una identificazione sentimentalizzata (non argomentata) tra oratore e uditorio

•  Svilimento della parola come strumento di mediazione e di

rappresentazione ed esaltazione di una immediatezza irriflessa, istintiva ed emozionale che trascina all’azione

•  Molteplicità di atti linguistici esercitivi

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Fedel, Il linguaggio politico nel Novecento: il caso di Benito Mussolini, in Id., Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999: Elementi del discorso agitatorio di Mussolini

•  Andamento paratattico della retorica mussoliniana: •  stimolo all’azione •  espressione di una appartenenza naturale •  Perentorietà, sottrazione al dialogo (Mussolini si presenta come l’unico portatore della

verità e dei valori) •  Assenza di problematicità; certezza che intensifica l’adesione dell’uditorio e

l’orientamento all’azione •  Componente ritmica (asemantica)

•  Obiettivo: far sentire l’esistenza della comunità •  Spinta emotiva •  Drammatizzazione: rappresentazione scenica dell’azione, del gesto, della parola

•  Presenza abbondante di tropi: •  Metafore religiose •  Metafore belliche •  Metafore medico-chirurgiche

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• Modello del contratto

Campagne socialiste dal 1979 in poi (Craxi): manifesta enunciazione di contratti programmatici ed esplicita richiesta di mandati fiduciari:

abbiamo proposto agli elettori un contratto. Se ci daranno forza, promettiamo in cambio di lavorare per garantire al paese cinque anni di stabilità e governabilità (Craxi, intervista al Messaggero, 13 maggio 1979)

•  Noi esclusivo •  Insistenza sull’atto commissivo (tipico della propaganda politica)

cfr. Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini 1999

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Strategie del discorso oggettivante •  Spersonalizzazione del discorso (cancellazione delle marche della enunciazione) •  Astrazione (cancellazione dei deittici riferiti a un tempo e a uno spazio definiti) •  Oggettivazione del sapere (enunciati modali aletici, che fungono da vere e proprie

fonti di autorità) •  Débrayage •  Discorso riportato, enunciatori delegati: citazioni con funzione di avvaloramento

delle posizioni esposte (stipulazione di autenticità: Mortara Garavelli 1985) •  Presupposizioni Il carattere interpretativo di un testo viene mascherato, nascosto sotto una

sembianza di oggettività (simulacro di un sapere oggettivo e dimostrativo)

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Caratteri dei discorsi didattici •  Sequenze referenziali e veridittive: trasmissione del sapere e del far-credere

•  Uso della terza persona e della forma impersonale: il soggetto dell’enunciazione è occultato all’interno del proprio enunciato: débrayage attanziale (o enunciazionale)

•  Forme discorsive descrittive, scientifiche, storiche

•  Assenza di confronti con altri enunciati

•  Il fine è spingere il ricevente a identificarsi con i contenuti dei messaggi

•  L’adesione dell’uditorio è presupposta

•  Gli oggetti di accordo restano impliciti Un discorso oggettivo con stile neutro in terza persona può essere altrettanto persuasivo di

un discorso soggettivo

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Esempio di discorso didattico Enrico Berlinguer: prosa austera di tono quasi scientifico, sequenze argomentative centrate sui rapporti di

causa-effetto, mezzo-scopo

Discorso del 20 settembre 1981: struttura di tipo elencativo, forma della enumerazione: I guasti profondi che tensione e guerra fredda producono nel mondo di oggi: -  limitano e soffocano l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità di un numero grande di

popoli e stati; -  Portano, nelle forme più varie, a restringere e a coartare in tutti i sistemi sociali la libertà e i

diritti democratici -  Complicano la soluzione dei problemi economici e sociali all’interno di tutti i paesi, da

quelli più poveri a quelli più ricchi -  Avvelenano gli animi, generano paura e odi tra gli uomini e fra i popoli, alimentano

sfiducia, spengono la ragione e sfibrano le energie; -  ………. -  Pace e sviluppo, dunque: due obiettivi che possono e debbono essere comuni a tutte le

forze, le istituzioni, le organizzazioni che hanno a cuore le sorti dell’uomo.(cit. in Desideri, p.181)

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Discorso polemico •  Molto frequente, in linea con la natura competitiva della politica •  Esplicitazione degli oggetti di accordo •  Confronto con la parola degli avversari (spesso manipolata):

•  Strategie della citazione: allusione, replica, negazione, confutazione, obiezione

•  Strategie di embrayage attanziale (debrayage enunciativo) finalizzate alla identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore

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Esempi del discorso polemico Alcide De Gasperi (discorso al Senato, 22 luglio 1948, polemico con il

socialista Giua): polemica garbata con l’avversario politico, tono interlocutorio:

L’onorevole Giua ha accennato alla concezione originaria cristiana, che renderebbe facile la collaborazione con i comunisti, paragonati da lui ai cristiani e specialmente a quella frazione di cristiani del tempo di Tertulliano. Egli ha detto che il Cristo storico è un liberatore di schiavi. No! È una concezione errata…. (cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, p. 174)

Più aspro il tono del discorso alla Camera del 28 luglio 1953 (presentazione del suo VIII e ultimo governo)

…ma voi opposizioni, siete forse d’accordo tra voi? Voi vi unite in un atto negativo; ma siete capaci di unirvi in un atto positivo?

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Aldo Moro; forti accenti polemici nei confronti degli avversari interni alla Dc (dorotei); uso frequente del paradosso, dell’antitesi e dell’ossimoro

Discorso del 18 gennaio 1969 Non credo che occorra aggiungere altro, per dire che significato io intendo dare

alla sollecitazione al Congresso, all’invito pressante ad aprire finalmente le finestre di questo castello nel quale siamo arroccati, per farvi entrare il vento che soffia nella vita, intorno a noi. Non è un fatto di politica interna di partito, di distribuzione o redistribuzione del potere. Io non so che fare di queste cose (cit. in Desideri, p. 178)

Discorso del 29 giugno 1969, XI Congresso della Dc Sarebbe un grave errore, un errore fatale, restare in superficie e non andare

nel profondo; pensare in contingenza, invece che di sviluppo storico. Tocca alle forze politiche e allo Stato creare in modo intelligente e rispettoso i canali attraverso i quali la domanda sociale e anche la protesta possano giungere a uno sbocco positivo, ad una società rinnovata, ad un più alto equilibrio sociale e politico (cit. in Desideri, p. 177)

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Linguaggio della provocazione

•  Contesta le regole del gioco politico •  Pannella:

•  toni di voce acuti, ritmo martellante; •  particolari modalità espressive e riformulazione semantica; parole chiave:

sfascio, ammucchiata, silenziamento (per parlamento), scippare, imbavagliare, sgovernare.

•  Ricorso all’iperbole e al paradosso •  Teatralizzazione della propria immagine

•  Bossi:

•  semplificazione semantico-grammaticale, invettiva verbale •  centralità del dialetto nella duplice funzione di collante etnico per

l’autoriconoscimento delle genti lombarde e di rottura con la lingua italiana standard come codice ufficiale dello statalismo.

•  Fallacie: “stia bene attento il presidente Scalfaro...noi facciamo lo sciopero fiscale” (argumentum ad baculum)

•  Formule: “uomo avvisato mezzo salvato”

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Il linguaggio della semplificazione

•  Berlusconi (1994, in Galli de’ Paratesi, La lingua di Berlusconi): Nel 1993 c’era una gran voglia di cambiamento, una voglia di rinnovamento del modo stesso di far politica, una voglia di rinnovamento morale, una voglia anche del modo di esprimersi della politica in maniera diversa. Non più quel linguaggio da templari che nessuno capiva: si sentiva il bisogno di un linguaggio semplice, comprensibile, concreto.

•  Il linguaggio diviene un esplicito elemento di propaganda: semplificazione semantica e sintattica; scarso il ragionamento dialettico e la riflessione politica

•  Appello enfatico all’affetto, sentimentalismo, pietismo, condivisioni emotive; metafore religiose

•  Fallacie: “Prodi ha la faccia larga e pastosa di un dottor Balanzone” (attacco alla persona dell’avversario: argumentum ad hominem)

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Grillo •  Cornice: guerra alla politica

•  Siamo in guerra, Arrendetevi, siete circondati •  Nomignoli per gli avversari

•  Psiconano (Berlusconi), Topo Gigio (Veltroni), Alzheimer (Prodi), Salma (Fassino e poi Napolitano e poi Berlusconi), Azzurro Caltagirone (Casini), “il nano Bagonghi con gli occhialini rossi” (Maroni); i media sono barracuda, Monti è Rigor Montis, Bersani: Bersanator (zombi), un morto che parla

•  Critica del linguaggio della politica, definito oscuro, contorto e fuori della realtà, semplificazione

•  Teatralizzazione, messa in scena degli eccessi •  Metaforica morte/vita (tipica del vitalismo e del totalitarismo), bellica: traditori,

cadere in trappola, ecc. •  Fallacie dell’argomentazione: ad hominem, inversione dell’onere della prova •  Nascondimento e silenzio (Oracolo: “non dice né nasconde ma manda

segni”), R. Simone, «Repubblica», 14.3.2013

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Fedel, Il concetto di demagogia, in Id. Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999: 161-180 •  Struttura uno/molti: la demagogia ha una struttura oratoria obbligata a due

poli: l’oratore e l’uditorio: uno che parla e molti che ascoltano. !•  funzione motivante del linguaggio. Nella situazione demagogica l’efficacia

del discorso non dipenderà dai contenuti di verità, dalla razionalità o dalla validità logica delle parole, ma dal fatto che esse sappiano stimolare in modo adeguato il complesso motivazionale degli individui (valori, sentimenti, interessi, credenze) per controllarne l’agire. Ne deriva: semplificazione, illogicità, indifferenza alla verità, drammatizzazione. !

•  L’emotività come requisito della ricezione del linguaggio. I sentimenti fanno parte delle componenti motivazionali dell’agire, di conseguenza il discorso del demagogo farà presa anche (e soprattutto) sui sentimenti per produrre gli effetti voluti. !

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Ethos

“L’ethos oratorio è l’impressione che l’oratore produce di sé per mezzo di ciò che dice: la parola detta deve essere in sintonia con la personalità di chi la enuncia, la deve veicolare. Più che l’individualità e la personalità reale dell’oratore, esso costituisce il “personaggio” che l’oratore viene a rappresentare nel suo discorso, che deve rispettare certe caratteristiche e certi clichés, che deve assumere atteggiamenti e comportamenti in linea con un sistema di valori facilmente riconoscibile e condiviso”. (Parodi Scotti, Ethos e consenso nella teoria e nella pratica dell’oratoria greca e latina, Pitagora, 1996, p. 4)