DIGITAL READERS 3 Intervento Caterina Ramonda

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La relazione di Caterina Ramonda "Declinare la lettura nell'era digitale"

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Declinare la lettura nellʼera digitale.La sfida della biblioteca ragazzi.Caterina Ramonda - Rozzano, 5 ottobre 2012

La riflessione di oggi nasce nella scia di un percorso arrivato ormai al suo terzo anno di incontri e costruito, questa volta, partendo dalle esperienze concrete che i ragazzi che sono intervenuti in apertura ci hanno portato. Una formula che mi è subito piaciuta e che forse meriterebbe ancora più spazio, finalmente lʼoccasione per pensare concreto e non parlarci (o scriverci addosso) come ci capita a volte di fare.Quindi, quando ho pensato allʼintervento per questo pomeriggio, ho accarezzato per un attimo lʼidea di una riflessione lampo: una sola immagine, una sola slide per ribadire ancora una volta quel che mi ronza in testa negli ultimi mesi e chiedermi insieme a voi, chiederci non solo se abbiamo idea di dove stiamo andando (in termini di ragazzi, lettura, digitale, biblioteche), di come andare, ma fondamentalmente se abbiamo o no idea di andare da qualche parte.Poi una settimana fa è apparso sul Corriere della Sera un articolo di Cristina Taglietti dallʼinfelice titolo Spegnete sms e tablet. I ragazzi non sanno leggere1.Qualcuno, per descrivere la sensazione repentina che ho provato quando lʼho letto, direbbe “mi sono seduto e ho pianto”. Ecco, io non ho proprio pianto e nemmeno dato sfogo al prurito dei miei pollici, però ancora una volta ho provato una sensazione di sconforto e di voglia di dar battaglia insieme. Una sorta di voglia di battere i pugni sul tavolo e dire basta a tutti i luoghi comuni e a tutti gli stereotipi di cui continuano a essere vittime buona parte di coloro che parlano di ragazzi e lettura insieme.Se quellʼarticolo fosse apparso anni fa, se avesse indagato allora la mia generazione, si sarebbe invocato lo spegnimento della televisione e poi dei videogiochi e così via nella costante ricerca di qualcosa che debba essere il nemico a cui attribuire mancanzadi attenzione, la flessione delle vendite in libreria, la scarsa conoscenza di grammatica piuttosto che di strutture sintattiche.Si continua ad essere vittime dei luoghi comuni secondo cui i ragazzi non leggono e comunque non sanno più leggere.Che i ragazzini leggano ce lo hanno appena dimostrato i blogger tedeschi e italiani che ci hanno preceduti, ce lo dimostrano tutte le videorecensioni appassionate e buffe e molto più professionali di quelli di tanti adulti che i ragazzi realizzano e pubblicano on line (provate a digitare “recensione” su youtube e poi divertitevi. E imparate. Io non so nulla di manga, ma il mio consulente è un credo quattordicenne che posta recensioni professionali sul suo canale youtube).No se trata de como huele el papel, titolava un post di qualche giorno fa su un blog di bibliotecari argentini. Non è questione nostalgica dellʼodore della carta. è questione di rendersi conto dellʼutilizzo dei nuovi media da parte dei ragazzi, di cosa questo comporta, del fatto che la loro capacità di interazione e di considerazione delle cose è differente. Non per nulla diciamo banalmente che sono “visivi” per dire che hanno unʼaltra concezione, unʼaltra VISIONE sì del mondo.Lʼarticolo di cui sopra riportava nellʼocchiello “Gli esperti: colpa anche delle nuove forme di comunicazione: iperveloci e per immagini”. Forse sarebbe il caso di chiedersi perché le nuove forme del comunicare siano iperveloci e per immagini. Perché è diverso il modo di apprendere dei ragazzi. I cambiamenti della didattica non dovrebbero essere una corsa ad avere una lim in classe a tutti i costi. Dovrebbero essere il chiedersi, ad esempio, perché se quel che ti voglio insegnare lo metto in forma di gioco/di videogioco tu, nativo digitale,

1 <http://lettura.corriere.it/spegnete-sms-e-tablet-i-ragazzi-non-sanno-leggere/>

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apprendi di più. Dovrebbero chiedersi quali sono le nuove forme di apprendimento, di lettura, di coinvolgimento in modo attivo (imparare facendo, no?).

Sullʼapp blog del Guardian, pochi giorni fa, Stuart Dredge2 ha affrontato il tema da un punto di vista originale, guardando non tanto al mezzo e alle sue potenzialità tecnologiche ma ai contenuti che i nuovi media mettono a disposizione. Le app di successo sono quelle che offrono ai bambini gli stessi ingredienti dei libri cartacei: una buona storia e personaggi ben costruiti. Inutile quindi, sostiene il giornalista del Guardian, demonizzare i tablet, che rappresentano una modalità di racconto non così rivoluzionaria come si potrebbe pensare. Una modalità destinata non a soppiantare la lettura tradizionale, ma ad affiancarla, dato che “i bambini amano le buone storie e i personaggi riusciti, che siano sullo schermo o su una pagina stampata”. Semplicemente una modalità altra.Il modo in cui i nostri bambini e ragazzi apprendono è cambiato rispetto al nostro in maniera irreversibile. La lettura è diventata unʼattività frammentaria, come la scrittura, disseminata tra vari media ed espressione di un pensiero simultaneo, con un cambiamento che è forse paragonabile a quello che avvenne tra medioevo ed età moderna con il passaggio dalla lettura ad alta voce a quella silenziosa. Henry Jenkins ha sottolineato come in una società dominata dalla rete le competenze che i ragazzi devono sviluppare includono abilità “sociali” acquisite attraverso la collaborazione e le relazioni con gli altri. Che, sottolinea Jenkins, non vanno a sostituire le competenze tradizionali, ma forniscono nuovi supporti e, inevitabilmente, cambiano il rapporto con la lettura e la scrittura, così come lʼavvento della stampa ha cambiato il rapporto dellʼuomo con la parola scritta. Smettiamola di guardare il dito e non la luna.Il problema attuale sta semmai nel fornire ai giovani gli strumenti critici per orientarsi un mondo complesso.Declinare la lettura, diceva il titolo di questo intervento.Torno ancora una volta alla concezione di biblioteca come opportunità per guardare altri mondi, come laboratorio di crescita dove impari a scegliere, a esercitare la tua libertà, a confrontarti e dove impari a leggere nel senso più ampio del termine. Scriveva Luca Ferrieri ne Il lettore a(r)mato che “non potremo mai cambiare la realtà se non (la) sappiamo leggere”. La lettura di quel che ci passa davanti – sia esso una pagina di testo, unʼimmagine, una manifestazione artistica, una novità multimediale, una situazione – è uno strumento efficace ed insostituibile per affinare il proprio senso critico, oltre che per sviluppare conoscenze ed abilità: solo comprendendo appieno i messaggi che ha di fronte, analizzandoli e confrontandoli, ciascuno è in grado di esercitare la propria libertà. A questa idea ampia di capacità di lettura (e di libertà) deve puntare la biblioteca ragazzi.

Parlando negli scorsi anni di promozione della lettura, abbiamo sempre sottolineato come, al di là delle formule, del tipo di attività e anche del nome che vogliamo dare a questa fetta di attività importante per una biblioteca ragazzi, una buona promozione necessitava di libri di qualità (oggi è più giusto dire di prodotti multimediali di qualità) e di adulti che conoscessero quei testi e che conoscessero i ragazzi che avevano di fronte.Una questione di qualità che torna anche oggi.Dal punto di vista degli adulti in biblioteca - perché questo oggi sono chiamata a rappresentare - è inevitabile prendere atto di come sia necessario ripensare la nostra professione. Quella del bibliotecario, ma in primo luogo ancora del bibliotecario per ragazzi, perché le nostre strutture sono le prime ad incontrare i nativi digitali e a considerare le peculiarità, le caratteristiche e i bisogni di questo tipo di pubblico.

2 <http://www.guardian.co.uk/technology/appsblog/2012/sep/25/best-childrens-apps-storytelling>.

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La riflessione che dobbiamo fare non è semplice: la velocità tecnologica dei nuovi supporti, dei nuovi utilizzi non è di certo quella delle nostre istituzioni e del resto i professionisti della lettura pubblica pensano ancora e legittimamente in termini di collezioni, coerenza dei fondi e offerta ragionata. E questa posizione, che fonda la missione di una biblioteca pubblica, va giocata oggi sul come avvicinarsi alle nuove tecnologie, alle nuove modalità di lettura (che mescolano lettura, gioco, informazione, reti sociali), a come integrarle e offrirle in modo intelligente. Un nuovo media non ne scaccia un altro. Le letture rimangono multiple perché le letture sono già multiple. La coabitazione di supporti materiali e immateriali è evidente intorno a noi e la biblioteca continuerà ad avere il suo ruolo fondamentale che è quello basato sullʼoffrire, trasmettere e condividere ed accompagnare nellʼaccesso alla conoscenza. La riflessione che aspetta noi bibliotecari per ragazzi è però una riflessione profonda sulle competenze necessarie, che saranno pedagogiche e letterarie e tecnologiche, con la necessità ancora più forte di lavorare in squadra con chi ha altre competenze, tecniche e tecnologiche nel caso specifico.In Italia si deplora spesso la mancanza di un modello di biblioteca, anche di biblioteca per ragazzi. Io personalmente non amo i modelli, che poi non vanno mai bene per tutte le realtà per tutti i gusti per tutte le stagioni, e devono comunque essere adattati ai singoli e diversi casi. Non amo i modelli, mi piacciono le realtà che funzionano perché conoscono il servizio che vanno a dare e il pubblico a cui lo offrono. A questo dobbiamo lavorare. A essere realtà che funzionano, oggi. E che scardinano i luoghi comuni di cui si diceva sopra. Dobbiamo dimostrare che i ragazzi leggono, che leggono anche grazie ai tablet, e che la biblioteca può avere un ruolo chiave in questo.A Parigi la Biblioteca del Forum des Halles si rinnoverà pensando alla Generazione Y, noi sicuramente discuteremo di riorganizzazione di spazi, di modalità di lettura fisiche, di luce (non solo più quella naturale, ma anche quella dei tablet, degli e-reader) ma soprattutto di competenze nuove.

Dallʼaltra parte abbiamo bisogno di prodotti di buona qualità: di libri, di audiolibri, di e-book, di app; abbiamo bisogno di averli in lingua italiana, abbiamo bisogno che lʼeditoria per ragazzi abbracci quanto noi questa sfida.Che i contenuti trovino (anche) forme nuove, adatte ai nuovi supporti. Spesso le app sono una semplice replica dei libri stampati o sono così infarcite di virtuosismi tecnologici da distrarre il bambino dalla storia. E nel caotico mercato delle applicazioni a vendere sono i prodotti legati ad un brand conosciuto, mentre ottime produzioni di editori indipendenti faticano ad emergere. Ma questa è unʼaltra storia, che però deve essere considerata.

Allora la slide che volevo solitaria portare alla vostra attenzione la metto in chiusa di intervento. Viene da una delle migliori app che siano state realizzate negli ultimi mesi. Si chiama Fish3 ed è una riflessione di Robin Sloan sulla differenza che esiste oggi tra to like e to love in Internet, sulla differenza tra pigiare il pulsante mi piace su una bacheca FB e appassionarsi realmente a qualcosa che scopriamo in rete (appassionarci, quindi non solo lʼutilizzare la funzione “leggi più tardi” che spesso si traduce in un accumulo di riferimenti digitali e articoli in rete a cui comunque non torniamo più e che è il pari digitale della pila di giornali e riviste accantonate sulla scrivania o di libri accatastati sul comodino). Siccome è una riflessione sulle nuove tecnologie, Sloan ne ha fatto unʼapp, un saggio-rubinetto dove non è possibile sottolineare, copiare, saltare pagine. Un discorso che scorre sullo schermo al tocco delle dita del lettore. Un discorso che dice che la differenza è nel ritornare a quello che ci colpisce, che ci appassiona. Il che mi riporta inevitabilmente al lettore che torna in biblioteca perché sa cosa trova e sa che si trova bene.Thereʼs no back button, dice la schermata che avevo scelto.

3 <http://www.robinsloan.com/fish/>.

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Non si può tornare indietro in questa app così come nel processo di evoluzione che le nuove tecnologie dettano. Il pubblico a cui si rivolge il nostro servizio (dei bibliotecari come degli editori) è quello dei nativi digitali. Con loro dobbiamo dialogare e confrontarci, loro dobbiamo accompagnare nella ricerca di informazione e nella scoperta di informazioni e belle storie su carta, su schermo, on line. Non cʼè pulsante per tornare indietro, ma se si sta fermi, si rimane al palo.