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Didatticamente Anno III, numero 1, gennaio-giugno 2012 1 1/12 S e il mondo medico internazionale concorda sul ruolo sempre più rilevante della Psichiatria: No health without mental health” e sottolinea l’importanza della diagnosi di comorbilità tra malattie fisiche e psichiche dando, congruamente, maggiore rilevanza alla formazione psichiatrica in medicina, in Italia l’insegnamento della psichiatria è ancora “mortificato” da uno scarso peso formativo. Nel contesto anglosassone l’insegnamento ed il training nei reparti psichiatrici hanno da sempre un ruolo di primo piano, con programmi che prevedono molti crediti e moduli da destinarsi alla nostra disciplina clinica. La formazione stessa dei Family Medicine Residents contempla un ampio percorso formativo di diagnosi psichiatrica, psicoterapia e farmacoterapia. Cosa avviene nel contesto italiano? È noto purtroppo a tutti che la nostra disciplina non ha mai raggiunto quella rilevanza, espressa in termini di crediti formativi (CFU), che le doveva essere riconosciuta e che le è attribuita ovunque. Questo vale ancora di più oggi, nel momento in cui i CFU avranno un peso specifico all’interno degli istituendi Dipartimenti universitari. L’applicazione del D.M. 270/04 obbliga gli psichiatri universitari italiani ad una riflessione, e potrebbe essere l’ultima occasione per “combattere” al fine di un maggiore riconoscimento, sia nella didattica frontale che nel tirocinio. Dobbiamo porci la seguente domanda: la nostra disciplina è rappresentata in modo adeguato negli attuali regolamenti didattici dei nostri Atenei? La risposta è purtroppo negativa. Il quadro sinottico nazionale elaborato nel 2008 (ex D.M. 509/99) attribuiva alla Clinica psichiatrica e discipline del comportamento una mediana di 4 CFU, con sedi che riportavano solo 2 CFU fino ad Università in cui la psichiatria vantava ben 8 crediti (Lenzi A et al., in Med Chir 43, 1816- 1819, 2008). Occorre pertanto interagire con i nostri Colleghi Presidenti dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, sottolineando l’importanza della psichiatria nel contesto europeo ed internazionale, e fare tutto il possibile per fare attribuire alla nostra disciplina quel riconoscimento in termini formativi che le è dato in altri Atenei italiani e al di fuori dell’Italia. Vediamo anche altri modi di incrementare il numero di CFU per la psichiatria. La psichiatria (ex MED/25) dovrebbe comparire, seguendo la Proposta per il RaD 1 – D.M. 270/04 elaborata dalla Conferenza dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, non solo nell’ambito disciplinare “Clinica psichiatrica e discipline del comportamento” (CFU 4-8), ma anche in “Farmacologia, tossicologia e principi di terapia medica(CFU 6-12) ed infine in “Emergenze medico-chirurgiche(CFU 5-8). La necessità della presenza della Psichiatria nella “Farmacologia, tossicologia e principi di terapia medica” è quanto mai evidente, ricordando che farmaci quali antipsicotici, antidepressivi e benzodiazepine sono fra i più prescritti in assoluto. Parimenti la psichiatria d’urgenza/emergenza deve comparire a pieno titolo nel corso “Emergenze medico- chirurgiche”, nel momento in cui circa il 25% delle visite nei reparti di urgenza ha alla base una sofferenza psichica. Da sottolineare inoltre l’importanza e il ruolo della psichiatria nel tirocinio dello studente di medicina. In questo ambito devono essere esplicitati e valutati in modo appropriato gli atti/le capacità/le conoscenze psichiatriche che lo studente deve saper svolgere nell’ambito della psichiatria. Molta attenzione deve essere rivolta all’accoglimento dello studente e al suo training in reparto e/o ambulatorio. Lo studente dovrebbe fare proprie quelle conoscenze psichiatriche di base e quelle abilità così da rispondere in modo appropriato alle necessità dei pazienti che incontrerà nella sua professione di medico di base o di specialista. Occorrerà guidare lo studente verso la comprensione non solo delle patologie psichiche, ma anche degli aspetti emozionali della malattia fisica, fino alla valutazione delle condizioni psicosociali legate alla presa in carico del paziente. In particolar modo va ricordato come le conoscenze psicopatologiche e psichiatriche generali siano fondamentali per poter stabilire un’appropriata relazione medico-paziente. Considerazioni analoghe andrebbero fatte per il ruolo della psichiatria nei Regolamenti didattici di Ateneo delle Professioni Sanitarie. Anche nei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie la psichiatria è scarsamente rappresentata. In molte sedi italiane la psichiatria ha un basso numero di CFU nei Corsi di Laurea di maggior rilievo (Infermieristica) o un numero insufficiente laddove dovrebbe essere maggiormente presente (Educazione Professionale, Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica). È spesso persino assente in diverse sedi italiane in molti Corsi di Laurea in cui il ruolo della psichiatria è ben evidente (Ostetricia, Fisioterapia, Igiene Dentale, Logopedia, Dietistica, Tecniche di Neurofisiopatologia, Assistenza Sanitaria). Un’analisi organica della situazione attuale della psichiatria nelle Professioni Sanitarie è ad oggi mancante, sarebbe importante che ogni sede universitaria facesse un censimento dei propri CFU, fino a costituire un “database centralizzato” nel Collegio di Psichiatria, per poter avere uno strumento capace di colmare tali lacune e contemporaneamente utile per poter esercitare le opportune azioni a livello locale e nazionale per il raggiungimento di un maggior numero di crediti formativi. Alberto Siracusano*, Diana De Ronchi ° *Presidente del Collegio dei Professori di Psichiatria Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Cattedra di Psichiatria, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma °Ordinario di Psichiatria, Istituto “Paolo Ottonello”, Università degli Studi di Bologna 1. Regolamenti didattici d'Ateneo. Realizzato con il contributo di IN QUESTO NUMERO 1 Psichiatria. Il problema dei crediti formativi Alberto Siracusano, Diana De Ronchi 2 Distress e problemi psicologici dei futuri medici: nuove istanze formative in medicina biopsicosociale Secondo Fassino, Matteo Panero 4 Il difficile ruolo della psichiatra nella medicina dei disastri: il caso di L’Aquila Alessandro Rossi, Paolo Stratta 6 Valutazione della qualità della didattica: un questionario autovalutativo e site visit Massimo Casacchia 7 Incremento dell’uso di sostanze tra i giovani dopo il terremoto di L’Aquila Massimo Casacchia, Rita Roncone, Valeria Bianchini, Rocco Pollice 8 Carta o digitale? A colloquio con Carlo Altamura B OLLETTINO DEL C OLLEGIO DEI P ROFESSORI DI P SICHIATRIA DELLE U NIVERSITÀ ITALIANE MED25 Psichiatria. Il problema dei crediti formativi

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Bollettino del Collegio dei Professori di Psichiatria delle Università Italiane. Direttore: Alberto Siracusano

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Didatticamente Anno III, numero 1, gennaio-giugno 2012 1

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S e il mondo medico internazionale concorda sulruolo sempre più rilevante della Psichiatria:

“No health without mental health” e sottolineal’importanza della diagnosi di comorbilità tramalattie fisiche e psichiche dando, congruamente,maggiore rilevanza alla formazione psichiatrica inmedicina, in Italia l’insegnamento della psichiatria èancora “mortificato” da uno scarso peso formativo.Nel contesto anglosassone l’insegnamento ed iltraining nei reparti psichiatrici hanno da sempre unruolo di primo piano, con programmi che prevedonomolti crediti e moduli da destinarsi alla nostradisciplina clinica. La formazione stessa dei FamilyMedicine Residents contempla un ampio percorsoformativo di diagnosi psichiatrica, psicoterapia efarmacoterapia.

Cosa avviene nel contesto italiano? È noto purtroppoa tutti che la nostra disciplina non ha mai raggiuntoquella rilevanza, espressa in termini di creditiformativi (CFU), che le doveva essere riconosciuta eche le è attribuita ovunque. Questo vale ancora dipiù oggi, nel momento in cui i CFU avranno un pesospecifico all’interno degli istituendi Dipartimentiuniversitari.

L’applicazione del D.M. 270/04 obbliga gli psichiatriuniversitari italiani ad una riflessione, e potrebbeessere l’ultima occasione per “combattere” al fine diun maggiore riconoscimento, sia nella didatticafrontale che nel tirocinio. Dobbiamo porci laseguente domanda: la nostra disciplina èrappresentata in modo adeguato negli attualiregolamenti didattici dei nostri Atenei? La risposta èpurtroppo negativa. Il quadro sinottico nazionaleelaborato nel 2008 (ex D.M. 509/99) attribuiva allaClinica psichiatrica e discipline del comportamento unamediana di 4 CFU, con sedi che riportavano solo 2CFU fino ad Università in cui la psichiatria vantavaben 8 crediti (Lenzi A et al., in Med Chir 43, 1816-

1819, 2008). Occorre pertanto interagire con i nostriColleghi Presidenti dei Corsi di Laurea in Medicina eChirurgia, sottolineando l’importanza dellapsichiatria nel contesto europeo ed internazionale, e fare tutto il possibile per fare attribuire alla nostradisciplina quel riconoscimento in termini formativiche le è dato in altri Atenei italiani e al di fuoridell’Italia.

Vediamo anche altri modi di incrementare il numerodi CFU per la psichiatria. La psichiatria (ex MED/25)dovrebbe comparire, seguendo la Proposta per il RaD1

– D.M. 270/04 elaborata dalla Conferenza dei Presidentidi Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia,non solo nell’ambito disciplinare “Clinica psichiatricae discipline del comportamento” (CFU 4-8), ma anche in“Farmacologia, tossicologia e principi di terapia medica”(CFU 6-12) ed infine in “Emergenze medico-chirurgiche”(CFU 5-8). La necessità della presenza dellaPsichiatria nella “Farmacologia, tossicologia e principi diterapia medica” è quanto mai evidente, ricordandoche farmaci quali antipsicotici, antidepressivi ebenzodiazepine sono fra i più prescritti in assoluto.Parimenti la psichiatria d’urgenza/emergenza devecomparire a pieno titolo nel corso “Emergenze medico-chirurgiche”, nel momento in cui circa il 25% dellevisite nei reparti di urgenza ha alla base unasofferenza psichica. Da sottolineare inoltrel’importanza e il ruolo della psichiatria nel tirociniodello studente di medicina. In questo ambito devonoessere esplicitati e valutati in modo appropriato gliatti/le capacità/le conoscenze psichiatriche che lostudente deve saper svolgere nell’ambito dellapsichiatria. Molta attenzione deve essere rivoltaall’accoglimento dello studente e al suo training inreparto e/o ambulatorio. Lo studente dovrebbe fareproprie quelle conoscenze psichiatriche di base equelle abilità così da rispondere in modoappropriato alle necessità dei pazienti che

incontrerà nella sua professione di medico di base odi specialista. Occorrerà guidare lo studente verso lacomprensione non solo delle patologie psichiche,ma anche degli aspetti emozionali della malattiafisica, fino alla valutazione delle condizionipsicosociali legate alla presa in carico del paziente.

In particolar modo va ricordato come le conoscenzepsicopatologiche e psichiatriche generali sianofondamentali per poter stabilire un’appropriatarelazione medico-paziente.

Considerazioni analoghe andrebbero fatte per ilruolo della psichiatria nei Regolamenti didattici diAteneo delle Professioni Sanitarie. Anche nei Corsi diLaurea delle Professioni Sanitarie la psichiatria èscarsamente rappresentata.

In molte sedi italiane la psichiatria ha un bassonumero di CFU nei Corsi di Laurea di maggior rilievo(Infermieristica) o un numero insufficiente laddovedovrebbe essere maggiormente presente (EducazioneProfessionale, Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica). È spesso persino assente in diverse sedi italiane inmolti Corsi di Laurea in cui il ruolo della psichiatria èben evidente (Ostetricia, Fisioterapia, Igiene Dentale,Logopedia, Dietistica, Tecniche di Neurofisiopatologia,Assistenza Sanitaria). Un’analisi organica dellasituazione attuale della psichiatria nelle ProfessioniSanitarie è ad oggi mancante, sarebbe importanteche ogni sede universitaria facesse un censimentodei propri CFU, fino a costituire un “databasecentralizzato” nel Collegio di Psichiatria, per poteravere uno strumento capace di colmare tali lacune econtemporaneamente utile per poter esercitare leopportune azioni a livello locale e nazionale per ilraggiungimento di un maggior numero di creditiformativi.

Alberto Siracusano*,Diana De Ronchi °*Presidente del Collegio dei Professori di PsichiatriaDirettore del Dipartimento di Neuroscienze, Cattedra di Psichiatria, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma°Ordinario di Psichiatria, Istituto “Paolo Ottonello”,Università degli Studi di Bologna

1. Regolamenti didattici d'Ateneo.

Realizzato con il contributo di

IN QUESTO NUMERO

1 Psichiatria. Il problema dei crediti formativiAlberto Siracusano,Diana De Ronchi

2 Distress e problemipsicologici dei futurimedici: nuove istanzeformative in medicinabiopsicosocialeSecondo Fassino, Matteo Panero

4 Il difficile ruolo della psichiatra nellamedicina dei disastri: il caso di L’AquilaAlessandro Rossi, Paolo Stratta

6 Valutazione della qualitàdella didattica: un questionario autovalutativo e site visitMassimo Casacchia

7 Incremento dell’uso di sostanze tra i giovanidopo il terremoto di L’AquilaMassimo Casacchia,Rita Roncone, Valeria Bianchini, Rocco Pollice

8 Carta o digitale?A colloquio con Carlo Altamura

BO L L E T T I NO DE L CO L L EG I O D E I PRO F E S SOR I D I P S I CH I ATR I A D E L L E UN I V ER S I TÀ I TA L I AN E MED25

Psichiatria. Il problema dei crediti formativi

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Distress e problemi psicologici dei futuri medici: nuove istanze formative in medicina biopsicosociale

zia le criticità dell’attuale formazione dei futuri medici.Come è stato sottolineato nel precedente articolo pub-

blicato su questo bollettino, recenti studi clinici ripro-pongono il modello biopsicosociale (BPS) di Engel comebase per la medicina contemporanea. Il modello BPS su-pera i modelli patogenetici unidirezionali lineari e adottail modello della complessità, non solo per la psichiatria,ma per la medicina in toto. Propone per il clinico unatriade metodologica: “osservazione”, ossia vedere fuori;“introspezione”, vedere dentro e “dialogo”, ossia vederetra. Il modello BPS rappresenta lo status quo concettualedella medicina e della psichiatria contemporanea.

Le ultime acquisizioni neurobiologiche sulla psicote-rapia – memoria procedurale, inconscio non rimosso,conoscenza relazionale implicita, embodied simulation, mo-ment of meeting, mindfulness, ecc. –, e sui fondamenti biop-sicologici della personalità hanno evidenziato gli effettibiologici degli scambi interpersonali in psichiatria, nellarelazione medico-paziente, nella primary care e nella me-dicina specialistica. Tale relazione è fondamentale nellacura di patologie legate allo stile di vita quali depres-sione, malattie cardiovascolari, neurodegenerative, abusodi alcol e diabete, che secondo l’OMS saranno nel 2030 leprime 5 cause di disabilità.

Si rende necessaria un’approfondita riflessione sulledifficoltà psicologiche del nuovo medico. Le cause (stres-sors) di tali difficoltà sono comunemente suddivise in“esogene” (che derivano dalla facoltà o dalla pratica cli-nica) ed “endogene” (dovute ai tratti di personalità).

2 Didatticamente Anno III, numero 1, gennaio-giugno 2012

Il disagio in medici e studenti di medicina: fattori esogeniNumerosi studi evidenziano tra i medici e gli studenti

di medicina un’elevata prevalenza di sintomi ansiosi (dal12 al 24%) e depressione (dal 14% al 31%) se comparatialla popolazione generale o a studenti di pari età. Essi mo-strano un disagio psicologico maggiore rispetto alla po-polazione generale. Inoltre il burnout del medico sembraesordire già al tempo dell’università. La competitività, ilperfezionismo, la troppa autonomia associata con la re-sponsabilità e la paura di mostrarsi vulnerabili, l’osser-vazione o la partecipazione a pratiche non etiche sono in-dicati come le più probabili cause, insieme a carico dilavoro, problemi finanziari, pressione psicologica, de-privazione di sonno, partecipazione alle sofferenze e allafine della vita dei pazienti.

Studi longitudinali hanno osservato un aumento deisintomi psicopatologici lungo il corso della facoltà dimedicina suggerendo che il disagio degli studenti siacronico e persistente, venga mantenuto o favorito dalcurriculum universitario e prosegua durante la pratica: in-fatti i medici sono meno soddisfatti della loro vita ri-spetto alla popolazione generale. Secondo una metana-lisi del 2004, il tasso di suicidi nei medici maschi è finoa 4 volte più alto rispetto alla popolazione generale e 2-3volte nelle femmine.

Le conseguenze professionali del disagio psichico Il disagio derivante da stressors esogeni si riflette sulla

qualità delle cure e spinge a comportamenti non profes-sionali o all’abbandono della professione, con un effettonegativo sulla qualità delle cure e sulla compliance. È noto,inoltre, che l’insoddisfazione professionale favorisce lamedicina difensiva e la malpractice e quindi l’aumento deicosti sanitari. In presenza di tali disagi molti autori se-gnalano la difficoltà per gli studenti di medicina di cercareaiuto per sé, affidandosi alle cure di uno specialista.

La personalità: risorsa e fragilitàPer quanto riguarda i fattori di stress endogeni, essi

vanno ricercati nella personalità preesistente dello stu-dente. La personalità interagisce con gli stressors esogenideterminando la resilienza e le abilità di coping. Glenn O.Gabbard affermava, già nel 1985, che il medico “nor-male” (nel senso statistico) presenta una “triade com-pulsiva” di dubbio, senso di colpa ed esagerato senso diresponsabilità. Queste caratteristiche sono alla base diuna corretta professionalità, ma espongono il medicoad una fragilità e ad aspetti maladattivi come difficoltà arilassarsi, a trovare tempo per la famiglia, sensazionecronica di “non fare abbastanza”, confusione tra egoismoe normale cura di sé. Prescindendo dagli aspetti disfun-zionali, è possibile ipotizzare che una certa personalità in-dirizzi verso la facoltà di medicina, tuttavia Gabbard nonesclude che il curriculum formativo del medico favoriscae rinforzi tratti maladattivi preesistenti.

Tra le motivazioni ad intraprendere la professione me-dica sono state descritte: indispensability (desiderio di con-trollo e autorità), helping people (offrire cura, aiuto, com-passione), respect (essere degni di fiducia e prestigio) escience (essere capaci di rimanere sempre aggiornati e va-lutare la ricerca scientifica). Il filosofo Romano Guar-dini nel 1962 sosteneva che i tratti essenziali della perso-nalità del medico sono “la serietà della coscienza diresponsabilità, l’acutezza vigile dell’attenzione, la tra-sparenza della dedizione personale, la forza di concen-trazione, l’impegno dell’autoformazione”.

L’importanza della personalità nelle reazioni indivi-

Numerosi studievidenziano tra i medici e gli studenti di medicinaun’elevataprevalenza di sintomi ansiosi(dal 12 al 24%) e depressione (dal 14% al 31%) se comparati alla popolazionegenerale o a studenti di pari età. Essi mostrano undisagio psicologicomaggiore rispettoalla popolazionegenerale.

Secondo Fassino,Matteo Panero Sezione di PsichiatriaDipartimento di Neuroscienze,Università di Torino

NON VI È SALUTE

SENZA SALUTE MENTALE: UN MONITO PER I MEDICI

ED I LORO PAZIENTI

LANCET, 2007

Medice, cura te ipsum: vale ancora per il nuovo medicoLa Facoltà di Medicina forma i futuri medici attraverso

conoscenze (sapere), competenze (fare) e capacità (es-sere). I tre aspetti devono essere inseparabili nel pro-cesso di apprendimento: davanti al paziente il medicocompie un ragionamento che porta ad una decisione cli-nica (diagnosi, terapia, prevenzione) e costruisce una re-lazione con il paziente attraverso la comprensione em-patica. La competenza del medico sugli aspetti psicologicie psicopatologici – causativi e conseguenti – delle malat-tie è indispensabile per un approccio complessivo al ma-lato che sia appropriato sul piano clinico ed etico.

Il crescente numero di ricerche che si sono occupate deldisagio (distress) provato dai medici nel corso della praticaclinica, spesso già presente durante l’università, eviden-

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duali allo stress e nel successo in una facoltà medica è in-dicata da numerosi studi. Estroversione, coscienziosità estabilità emotiva sono tratti protettivi nei confronti dei di-sturbi d’ansia; l’entusiasmo, le risorse personali e la crea-tività sono stati messi in relazione con il successo scola-stico. Coscienziosità, amicalità ed estroversione sonoassociate con una maggiore soddisfazione dello studentee, rispetto a studenti di altre facoltà, quelli di medicinahanno valori più alti di amicalità ed estroversione.

La personalità influenza l’adattamento sociale, la fa-tigue e l’intolleranza all’incertezza. Quest’ultima è una ca-ratteristica frequente negli studenti di medicina: gli stu-denti si sentono inadeguati; temono di non impararequanto dovrebbero; sono messi in difficoltà dai limitidella medicina e dall’esistenza di malattie incurabili. Unaformazione dall’orientamento prevalentemente biome-dico, che tende a escludere il dubbio in favore di chiari al-goritmi diagnostici, non prepara i neolaureati alle situa-zioni di incertezza presenti nella pratica clinica e all’altaprevalenza di problematiche psicosociali dei pazienti.Tale mancanza indica un vero e proprio deficit formativoche si riflette in un disagio psicologico espresso in parti-colare nei primi anni dopo la laurea.

Inoltre il perfezionismo, la tendenza all’autocritica etratti di personalità dipendenti promuovono la depres-sione tra gli studenti di medicina. È importante notare

come il perfezionismo sia considerato dagli studenti e dailoro professori una caratteristica adattiva se non neces-saria, evidenziandone la doppia natura di forza e fragilità.Fattori come il neuroticismo e la coscienziosità sono se-condo Tyssen et al. stressors endogeni indipendenti, se as-sociati possono rappresentare una tipologia di persona-lità, gli “incubatori” (brooders), fortemente esposta aldisagio.

Ad oggi le ricerche sui tratti temperamentali dei medicisono scarse. La personalità di studenti giapponesi delsecondo anno, valutata attraverso il Temperament andCharactrer Inventory (TCI), mostra che persistenza, au-todirettività e autotrascendenza avevano una correlazionesignificativa con un’alta motivazione accademica intrin-seca. Un altro studio coreano ha rilevato che negli stu-denti di medicina maschi il successo scolastico era cor-relato positivamente con l’autodirettività, con lapersistenza (TCI) ed il polimorfismo del recettore D4della dopamina e negativamente con la ricerca della no-

vità. La personalità (TCI) degli studenti di medicina ri-spetto a quelli di altre facoltà evidenzia una maggiore di-pendenza dalle gratificazioni e una minore capacità em-patica e di identificazione transpersonale, sintomatici diminori risorse emotive e di una conseguente difficoltànell’affrontare le problematiche psicologiche dei pazienti:questi risultati indicherebbero la necessità di specificiinterventi di counseling per orientare e accompagnare glistudenti nel percorso formativo.

Prospettive: il medico futuro prossimoCome può la facoltà di medicina preparare – sapere,

fare, essere – un futuro dottore e renderlo adatto ad inte-grare formazione e personalità per offrire ai pazienti in-terventi appropriati scientificamente, eticamente, ed eco-nomicamente adeguati? Un medico equilibrato, in salute,con buona capacità di resilienza può offrire ai pazienticure e conforto e riuscendo a tollerare lo stress emotivo(burnout e fatigue) che tale pratica richiede. Una recente re-visione della letteratura ha sottolineato la mancanza diun’adeguata attenzione alla struttura complessiva della for-mazione: attualmente tekné e humanitas sono divise dauna eccessiva dicotomia, la seconda è vista come un’ap-pendice del percorso formativo. I corsi che insegnano lescienze umane, la relazione medico-paziente, la psicolo-gia clinica sono spesso presentati come un “di più”,

un’aggiunta opzionale che affianca l’insegnamento scien-tifico. Non è affatto dimostrata la correlazione tra i ri-sultati di uno studente agli esami e la capacità di svolgereuna buona intervista clinica nella pratica. Lo studente sitrova quindi impreparato quando deve affrontare eventiinevitabili come la comunicazione di diagnosi infauste ol’interiorizzazione della perdita di un paziente. Non esi-ste infine un corso di insegnamento sulle dinamichepsico-somatiche e psico-sociali connesse alle patologieorganiche.

Shapiro si domanda addirittura se la facoltà di medi-cina promuova l’alessitimia, sia attraverso il carico allo-statico, gli stressors, le richieste fisiche e psicologiche a cuiè sottoposto lo studente, sia attraverso un’implicita ten-denza a sopprimere piuttosto che ad elaborare le emo-zioni all’interno della relazione con il paziente. Gli attualicorsi di studio (anche implicitamente, attraverso l’in-fluenza del cosiddetto hidden curriculum) non danno im-portanza alla comprensione empatica del paziente. Per un

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medico, invece, la capacità di modulare le emozioni pro-prie ed altrui è un elemento necessario, essendo comu-nicazione interpersonale efficace e trasformante quandoil medico è in grado di sentire, accogliere e comprenderele proprie emozioni e quelle dell’altro. Dalle ricerchesulla neurobiologia dell’empatia è stato osservato cheuna imitazione implicita inconscia reciproca (embodiedsimulation) tra medico e paziente è responsabile del pro-cesso di cambiamento.

In conclusione, numerose ricerche in ambito clinico,etico ed economico sollecitano con urgenza le Istituzionisanitarie ed universitarie ad affrontare il problema di unapiù approfondita preparazione psicologica del medico. Leevidenze di cui sopra sull’insoddisfazione e sui problemidi salute psichica degli studenti di medicina e dei mediciaccrescono ulteriormente la necessità di rivalutare i per-corsi formativi ed il core curriculum nel suo complesso.

Tra la medicina come viene insegnata nelle aule uni-versitarie e la realtà della pratica clinica esiste attual-mente uno iato; il curriculum universitario espone i futurimedici ad un vuoto formativo. Gli studenti si trovano im-preparati ad affrontare il carico emotivo del rapporto coni pazienti e a confrontarsi con procedure cliniche densedi incertezza, stress e disagio. È necessario pertanto in-formare gli studenti sulla natura e la pervasività deglistressors professionali offrendo gli strumenti per control-larli attraverso un percorso formativo ad hoc, in cui sianoaffrontate le dinamiche emotive e le fragilità individuali.La consapevolezza dei rischi e della complessità dellaprofessione può aiutare gli studenti nella scelta della spe-cialità o nell’indirizzare i propri interessi verso una spe-cifica area professionale (ricerca, clinica, educazione am-ministrazione), aumentando la qualità della vita eriducendo il rischio che gli stressors professionali portinoallo sviluppo di sintomi ansiosi, depressivi o burnout.

La medicina BPS è una scienza costitutivamente inte-grativa. Il fondamento scientifico che il modello BPS puòdare alla medicina nel suo complesso è la visione globaledelle interazioni di tutte le discipline. È dunque necessariauna specifica formazione in medicina BPS per cui il focus suiproblemi del paziente promuova un’analisi multilivello, at-traverso la comprensione non solo degli agenti patogenigenetici e biologici, ma anche delle esperienze della primainfanzia, dello status socioeconomico, della personalità,gli agenti stressanti acuti e cronici e lo stile di vita.

Attualmente il numero di crediti che l’Università ita-liana assegna all’insegnamento della psichiatria e dellapsicologia clinica è inadeguato per il ruolo che tali corsirappresentano nel curriculum del medico: la psichiatria,specie nei suoi aspetti riguardanti la psicoterapia e la re-lazione terapeutica, è spesso per lo studente la più favo-revole occasione di apprendere e fare esperienza sui modidi per sé psicoterapeutici di fare e essere un medico, di con-siderare e accogliere il paziente nella sua complessità BPS.Inoltre solo la psichiatria può incoraggiare lo studente aconsiderare le proprie motivazioni a comprendere le pro-prie emozioni e quelle del paziente ed il proprio disagioin relazione alla professione, stimolando maggiore au-toconsapevolezza, capacità empatica ed in definitiva unamaggiore professionalità. •

Bibliografia essenzialeBenbassat J, Baumal R, Chan S, Nirel N. Sources of distressduring medical training and clinical practice: Suggestions forreducing their impact. Med Teach 2011; 33: 486-90.

Dyrbye LN, Massie FS, Jr, Eacker A, et al. Relationshipbetween burnout and professional conduct and attitudesamong US medical students. JAMA 2010; 304: 1173-80.

Fassino S. Psychosomatic approach is the new medicinetailored for patient personality with a focus on ethics,economy, and quality. Panminerva Med 2010; 52: 249-64.

Fassino S, Abbate Daga G. Più psichiatria per la formazionedel futuro medico. Didatticamente 2011; 2: 3-5.

Gabbard GO. The role of compulsiveness in the normalphysician. JAMA 1985; 254: 2926-9.

Shapiro J. Perspective: Does medical education promoteprofessional alexithymia? A call for attending to the emotionsof patients and self in medical training. Acad Med 2011; 86:326-32.

L’articolo corredato da bibliografia integrale può essererichiesto in pdf alla Redazione.

Una formazione dall’orientamento prevalentemente biomedico, che tendea escludere il dubbio in favore di chiari algoritmi diagnostici, non prepara i neolaureati alle situazioni di incertezza presenti nella pratica clinica e all’alta prevalenza di problematiche psicosociali dei pazienti. Talemancanza indica un vero e proprio deficit formativo che si riflette in undisagio psicologico espresso in particolare nei primi anni dopo la laurea.

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Didatticamente Anno III, numero 1, gennaio-giugno 20124

Alessandro Rossi, Paolo Stratta*Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Psichiatria, Università dell’Aquila *ASL 1 L’Aquila - Dipartimento di Salute Mentale

IntroduzioneIl 6 aprile 2009, alle 3:32, un terremoto di magnitudo 6,3

Richter ha colpito L’Aquila, una città con una popolazione di72.000 abitanti. Il terremoto ha causato la morte di 309 per-sone, il ferimento di più di 1600, duecento delle quali gra-vemente e ricoverate in ospedale, e lo spostamento forzatodi altre 66.000. Il 5% è rimasto intrappolato sotto le mace-rie con lievi conseguenze fisiche, il 15% ha perso almeno unapersona conosciuta. Tutti i residenti hanno subito diretta-mente il disastro, anche se con differenze individuali in baseal coinvolgimento nell’evento o alle caratteristiche personali.Gli sfollati hanno trovato alloggio negli alberghi entro 150chilometri dalla città oppure in campi di tende situate inprossimità dell’area urbana. Un anno dopo il terremoto,solo il 25% degli abitanti ha avuto la possibilità di tornarenelle proprie case.

Nel post-terremoto l’assistenza psicologica è stata im-portante fin dai primi momenti per il supporto ed assistenzaai familiari delle vittime. Questa assistenza psicologica e psi-cosociale è stata poi esercitata soprattutto nei campi di tende,affiancando e supportando i servizi territoriali dell’ASL e delComune. Queste attività sono state orientate a rispondere aibisogni della popolazione con particolare attenzione ad an-ziani, minori ed adulti che manifestavano un disagio signi-ficativo relativamente alla condizione che stavano vivendo. I‘casi’ rilevati venivano inviati ai servizi territoriali, il Centro diSalute Mentale (CSM) per le problematiche di interesse psi-chiatrico, i Consultori per quelle sociali, per la presa ‘in ca-rico’. Segue una revisione narrativa focalizzata sugli studicondotti dagli autori1,2 che va integrata con altri studi3.

L’attività del servizio psichiatrico territorialeIl CSM è la struttura alla quale fanno riferimento i resi-

denti de L’Aquila. A causa dei gravi danni subiti dall’edificioche lo ospitava, il lavoro territoriale dopo il terremoto è con-tinuato sotto le tende in un campo vicino alla zona urbana.In questo campo sono state anche allestite tende per acco-gliere pazienti, in gran parte con problematiche psichiatri-che, in parte anche con disabilità fisica e mentale, al fine disupplire all’inagibilità del centro di riabilitazione psichia-trica, del centro diurno, delle case famiglia.

Il Sistema Informativo (SI) della struttura territoriale (GE-SMA, Gestione della Salute Mentale della Regione Abruzzo),che registra i dati relativi alle attività svolte dalla struttura, èstato ripristinato dal 1° luglio, con la perdita quindi dei datirelativi al primo trimestre dopo il terremoto. I dati raccoltihanno fatto rilevare una riduzione (circa il 50%), in numeriassoluti, della popolazione afferente alla struttura con un au-mento però degli interventi domiciliari. Tuttavia, se si con-sidera il numero di sfollati dal territorio della ASL, la per-centuale delle persone afferenti al centro territoriale nei mesisuccessivi, così come nell’anno successivo, il 2010, non èstata così lontana da quella prima del terremoto, comunquenon aumentata.

Diversi fattori possono essere intervenuti su queste os-servazioni: verosimilmente le precarie condizioni lavorativedegli operatori del CSM possono non aver garantito una re-gistrazione dei dati di alta qualità, inoltre l’accessibilità allastruttura è stata ridotta anche a causa dello spostamentodella popolazione in un’area molto vasta. Nelle comunità dinuova costituzione, soprattutto nei campi, che avevano unapopolazione variabile da poche centinaia ad un migliaio dipersone, presidi medici avanzati (PMA) sono stati mantenutiper un lungo periodo. I PMA hanno offerto assistenza sani-taria, anche per la salute mentale, rappresentando di fatto unfiltro per ulteriori interventi specialistici. È inoltre probabileche le persone con problemi psicologici legati al disagio delterremoto abbiano pur esperito dei sintomi riconducibili aldisturbo post-traumatico da stress (PTSD) ma li abbiano ri-tenuti normali, comunque ‘comprensibili’ e comuni, taliquindi da non richiedere l’intervento di uno specialista. Laconsiderazione del contesto può aver quindi modificato lapercezione di un disturbo mentale o la paura di rivivere ri-

l’osservazione medica, sia nelle tendopoli che nelle nuovecomunità di sfollati. Ciò depone per l’opportunità di pro-muovere una pratica prescrittiva più appropriata, che evitieventuali problemi iatrogeni. È probabile che queste pre-scrizioni, delle quali non si conosce attualmente la durata,siano da inserire in una prospettiva a breve termine chedovrà essere monitorata nel tempo. Dati in corso di elabo-razione dello stesso database dopo due anni riportano unastabilizzazione delle prescrizioni verso valori analoghi aquelli pre-terremoto (Trifirò et al. comunicazione perso-nale, in preparazione).

Un’analisi farmacoepidemiologica potrebbe fornire unaguida per i medici di medicina generale ed altre agenzie sa-nitarie, utile per la gestione dei disturbi emotivi in periodipost-emergenziali.

L’impatto del terremoto su persone con disturbi psichiatriciLa letteratura sulla risposta a disastri naturali da parte di

persone che presentano disturbi psichiatrici è limitata8. Al-l’indomani della catastrofe è stato chiesto alle persone che fa-cevano riferimento alle strutture territoriali di esprimere illoro grado soggettivo di ‘adattamento’ all’evento9. In questaprospettiva a breve termine, è stato osservato che le personecon schizofrenia e disturbi dell’umore hanno mostrato unadattamento soggettivo migliore, mentre i soggetti che pre-sentano disturbi d’ansia affermavano di sentirsi peggio. Inuna ulteriore valutazione in una prospettiva a medio ter-mine (13-14 mesi dopo il terremoto), oltre il 60% dei soggettiha riferito di sentirsi “uguale” o addirittura “meglio“rispettoa prima del terremoto, indipendentemente dalla loro dia-gnosi, dalla gravità della malattia, dall’età e dal sesso. È pro-babile che la resilienza abbia avuto un ruolo nell’affrontarele avversità.

La resilienza riflette il versante positivo dello spettro adat-tamento/disadattamento in risposta all’esposizione ad unfattore di rischio10,11. Quanto osservato può dimostrare che lacapacità di resilienza nei soggetti con disabilità psichiatricanon scompaia, bensì persista anche quando viene diagno-sticato un disturbo mentale grave.

L’impatto del terremoto su persone con autismoLa letteratura in merito è ben scarsa. È stato eseguito uno

studio che ha valutato abilità di ‘comportamento adattativo’

Il difficile ruolo della psichiatrianella medicina dei disastri: il caso di L’AquilaLe traiettorie che segnano la comparsa di sintomipsicopatologici nel breve e nel lungo termine dopo un disastro naturale che colpisceuna comunità sono estremamentedifficili da individuare e necessitano di monitoraggiocontinuo e di interventi specifici.

cordi dolorosi può aver indotto a evitare di ricorrere a curespecialistiche. Alcune persone evitano poi il trattamento acausa della percezione dell’alto livello di stigma associato aidisturbi mentali4.

L’utilizzazione di psicofarmaciÈ stato effettuato uno studio per valutare la farmacoepi-

demiologia delle prescrizioni di farmaci antidepressivi eantipsicotici dopo il terremoto attraverso l’esame del data-base amministrativo elettronico del servizio sanitario na-zionale5-7. Le informazioni sulle prescrizioni di questi far-maci dopo i disastri naturali sono in genere limitate. Lavalutazione del numero di prescrizioni può contribuire a sti-mare il livello di disturbi emotivi nel contesto generale delledifficoltà post-evento.

Facendo un confronto tra il semestre precedente e quellosuccessivo al terremoto è stato rilevato un aumento del 37%nelle prescrizioni degli antidepressivi e un aumento del129% in quelle degli antipsicotici, soprattutto nelle personeanziane e nelle donne. È probabile che basse dosi di antip-sicotici siano state prescritte per il trattamento di agita-zione, ansia, disturbi del comportamento legati allo stress,o insonnia. Nelle situazioni d’emergenza, i problemi com-portamentali possono superare i problemi dell’umore, conincremento di comportamenti ‘agiti’, cui può corrisponderel’aumento delle prescrizioni di antipsicotici rispetto agli an-tidepressivi.

Questa osservazione pone però un problema di appro-priatezza della prescrizione dei farmaci ad un gruppo po-tenzialmente vulnerabile come quello degli anziani.Occorre, infine, considerare l’aumento complessivo del-

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nel campione esposto, confermando il comune riscontrodi un indebolimento della fede religiosa in persone chehanno problemi nell’affrontare traumi. È stato inoltre os-servato che coloro che si definiscono maggiormente ‘reli-giosi’, rispetto a persone più ‘spirituali’, hanno meglio fattofronte al disagio psicologico del terremoto. La religiosità,con credenze e rituali condivisi con la comunità più che fat-tori spirituali, è risultata più efficace nello stimolare fattoridi resilienza a seguito del terremoto, verosimilmente graziead un’amplificazione del ‘capitale sociale’.

In un altro studio è stato osservato, un anno dopo il ter-remoto, un aumento dell’ideazione suicidaria nella popola-zione adulta, soprattutto tra le donne19, in associazione ad unaumentato ‘coping religioso negativo’ e a sintomi di PTSD. Il‘coping religioso negativo’ è espressione di conflitto, dubbioriguardo materie di fede, sentimento di essere punito, ab-bandonato da Dio e dalla comunità religiosa, condizione chepuò prevalere in persone esposte a stress prolungati.

ll ruolo delle agenzie formative Se gli interventi sanitari devono essere erogati e valutati

nel breve termine vi è una parte di interventi legati alle agen-zie formative, ad esempio scuola ed università, che dovrà es-sere riformulata in base ai dati della ricerca che stannoemergendo da quando si sono cominciate a studiare le con-seguenze dei disastri naturali nel breve e nel lungo termine.In una società globale gli aspetti della comunicazione e dellaformazione sono imprescindibili da quelli degli interventisocio sanitari. È auspicabile che le agenzie formative dianoun contributo a collegare in reteesperienze di discipline distanti(es. psicologia e farmacologia,ma anche urbanistica ed econo-mia) con corsi universitari e postuniversitari occupandosi di for-nire metodi, strumenti e modelli applicativi diintervento in aree come la valutazione dellostress post-traumatico, la resilienza individualee di comunità, l’individuazione delle popola-zioni a rischio, la connessione sociale, la valu-

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di adolescenti con disturbo dello spettro autistico (ASD),monitorati per un anno dopo la loro esposizione al terre-moto e messi a confronto con un gruppo di coetanei an-ch’essi con diagnosi di ASD ma non esposti all’evento12. Leabilità di ‘comportamento adattativo’ dei soggetti esposti ri-sultavano drasticamente ridotte nei primi mesi dopo il ter-remoto. Un intervento intensivo e tempestivo nel post-ter-remoto ha permesso però una graduale ripresa, benchéincompleta dopo un anno di osservazione.

Un parziale ritorno a delle condizioni di vita relativa-mente stabili, solleciti ed intensivi interventi dopo il disastro,hanno fatto sì che i bambini e gli adolescenti con autismopotessero mostrare la tendenza a recuperare il loro funzio-namento adattativo, anche se un recupero completo richie-derà un tempo più lungo. Questo risultato è incoraggianteed indica che non tutto è perduto dopo un disastro, anche incondizioni oggettivamente difficili. Nei ragazzi con auti-smo, la capacità di resilienza dipende in gran parte dal loroimmediato reinserimento nella routine della vita quotidianae da programmi di riabilitazione per quanto possibile in-tensivi e stabilizzanti.

L’impatto del terremoto nella popolazione generaleLa presenza di conseguenze psicologiche associate al-

l’esposizione al terremoto è stata indagata in campioni dipopolazione generale attraverso questionari di valutazionedello stress post traumatico.

Sono stati indagati, 10 mesi dopo il terremoto, i tassi diprevalenza di PTSD totale e parziale in una popolazione digiovani che frequentavano l’ultimo anno delle scuole supe-riori13. I risultati hanno mostrato una diagnosi di PTSD nel37,5% degli adolescenti reclutati. Inoltre, per un altro 29,9%dei soggetti è stato riscontrato un PTSD parziale. Il generefemminile è stato associato ad una percentuale più alta didiagnosi conclamata di PTSD. Osservando le strategie di co-ping disadattive messe in atto in seguito all’esposizione al ter-remoto, si nota che un numero significativamente mag-giore di donne, quasi il doppio rispetto agli uomini, hariferito di aver smesso di prendersi cura di sé, mentre il con-trario è stato segnalato per l’uso di alcool o di farmaci uti-lizzati per calmarsi o per evitare di incappare in comporta-menti a rischio se non suicidari.

Un altro studio eseguito in un differente campione diadolescenti ha indagato, 21 mesi dopo il terremoto, l’asso-ciazione tra eventi di lutto e PTSD14. I risultati hanno mo-strato una diagnosi di PTSD nel 30,7% degli adolescenti e diPTSD parziale in un ulteriore 31,4% dei soggetti. Anche inquesto studio per il genere femminile vengono riportate piùelevate percentuali di PTSD, sia totale che parziale. I risultaticonfermano gli effetti pervasivi di un disastro per la salutementale negli adolescenti specie se questo ha comporta-tola perdita di un parente o un amico.

Va però rilevato che l’aumento di sintomi di tipo post-traumatico non ha comportato un incremento della vulne-rabilità per la psicosi15 suggerendo che conseguenze post-traumatiche che coinvolgono un’intera comunità possonoavere conseguenze diverse da quelle che coinvolgono l’in-dividuo ed addirittura possano svolgere un ruolo di prote-zione.

L’impatto del terremoto sulla popolazione adulta è statostudiato attraverso il Temperament and Character Inven-tory-Revised (TCI-R) sulla base dell’ipotesi che l’esposi-zione a questo trauma avrebbe influenzato in modo diffe-renziato i domini del temperamento e del carattere16. Unanno dopo il terremoto è stato somministrato il questiona-rio sia ad un campione di soggetti adulti esposti all’eventoche in un gruppo di controllo non esposto. Questo è il primostudio che ha messo a confronto le dimensioni del TCI-R inuna popolazione esposta ad un grave disastro naturale.Adulti in un’età compresa tra i 31 ed i 50 anni hanno mo-strato un indice di ‘persistenza’ (Persistence – P) più elevatoed un ridotto indice di tendenza a ‘evitamento del danno’(Harm Avoidance – HA) rispetto ai non esposti. Le personecon maggiore ‘persistenza’ tendono a percepire la frustra-zione e la stanchezza come una sfida personale, non si ar-rendono facilmente, tendendo persino a lavorare più dura-mente se criticate o messe di fronte a errori nel loro lavoro.La persistenza è stato messa in relazione con la tolleranza aldisagio ed è considerata un costrutto adattivo, un aspetto po-tenzialmente protettivo all’interno del concetto di una per-

sonalità resiliente. In questo campione di adulti l’elevata Pe la bassa HA potrebbero costituire un ‘modello adattivo’ dirisposta al trauma. Al contrario persone anziane esposte alterremoto hanno mostrato un diverso modello di rispostatemperamentale e di carattere, con una bassa ‘autodirezio-nalità’ (Self-Directedness – SD) e tendenza verso più elevativalori di HA rispetto al gruppo di controllo. Alti punteggi diSD possono essere visti come indicativi di una personalitàmatura e ben integrata; la SD è negativamente correlata conansia. HA riflette invece una dimensione della personalità as-sociata con inibizione del comportamento, correlata conansia. Le persone anziane risultano quindi più sensibili al-l’evento stressante e la loro risposta sembra più disadattiva.È interessante notare come questa osservazione sia in ac-cordo con quanto rilevato dalla valutazione farmacoepide-miologica nella popolazione più anziana5-7.

Il suicidioPoiché un importante disagio psicologico dopo un evento

traumatico può portare a problematiche psicopatologiche,e data la maggiore probabilità di suicidio in persone con di-sturbi psichici, ci si può attendere un incremento di suicidinel post-terremoto. Per valutare il tasso di suicidi si è fattoriferimento al database dell’Istituto Nazionale di Statistica(ISTAT) che riporta l’evenienza di morti per suicidio nel-l’ambito delle statistiche giudiziarie. Sono stati esaminati itassi degli anni 2004-2009: il numero e la percentuale di sui-cidi registrati nel 2009 si sono rivelati i più bassi, con una si-gnificativa riduzione rispetto agli anni precedenti, a fronte didati stabili nel resto dell’Abruzzo e in Italia17.

Non è certo la prima volta che in letteratura si osserva undato del genere: riduzione dei suicidi è stata osservata du-rante eventi bellici ma anche dopo catastrofi. Fattori di resi-lienza possono certamente aver avuto un ruolo: durante di-sastri naturali un incremento della coesione nella comunitàpuò infatti limitare fattori di rischio suicidario.

Questa però è un’osservazione nel breve termine che do-vrà essere monitorata. Peggioramento delle condizioni divita quotidiana, disgregazione delle reti sociali che persi-stono nel lungo-termine, possono ben essere associati aproblemi di salute mentale e rischio suicidario.

La spiritualità come fattore di resilienzaIl ruolo della religiosità/spiritualità come fattore di coping

è attualmente oggetto di studio sia nell’ambito della salutementale che della psicologia positiva. La letteratura non for-nisce evidenze conclusive: infatti solo alcuni aspetti della re-ligiosità/spiritualità sembrano rappresentare un fattore diprotezione (come ad esempio partecipare alle attività so-ciali o la meditazione), mentre le convinzioni religiose di persé non sembrano avere impatto sul benessere e la salutementale.

È stata eseguita una valutazione dell’influenza della spi-ritualità e della religiosità, come costrutti della fede reli-giosa, sugli effetti psicologici traumatici del terremoto uti-lizzando la Fetzer Multidimensional Spirituality Measure(Brief Multidimensional Measure of Religiousness/Spiri-tuality – BMMRS – Fetzer Institute 1999), uno strumento dimisura sviluppato per la valutazione delle dimensioni reli-giosità/spiritualità18.

Nessuna differenza è stata vista per la BMMRS tra i sog-getti esposti al terremoto e soggetti non esposti per la di-mensione religiosa, ma dimensioni spirituali invece sono ri-sultate significativamente differenti con punteggi più bassi

Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di piùlarghe ingiustizie. Non è dunque da stupire se quello che avvenne dopo il terremoto, e cioè la ricostruzione edilizia per opera dello Stato, a causadel modo come fu effettuata, dei numerosi brogli frodi furti camorre truffemalversazioni d'ogni specie cui diede luogo, apparve alla povera gente una calamità assai più penosa del cataclisma naturale. A quel tempo risalel'origine della convinzione popolare che, se l'umanità una buona voltadovrà rimetterci la pelle, non sarà in un terremoto o in una guerra, ma in un dopo-terremoto o in un dopo-guerra.

Il dopo-terremoto del 1915Da: Uscita di sicurezza, di Ignazio Silone

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che ha colpito L’Aquila, è una catastrofe che viene nel suocomplesso condivisa dalla popolazione. Il significato socialedell’assistenza e dei soccorsi offerti ai sopravvissuti puòanche avere avuto un ruolo nel migliorare la resilienza per-sonale e della comunità. I meccanismi di resilienza nondevono essere infatti ristretti ad un livello individuale ma es-sere considerati anche come il risultato di una varietà di fat-tori a livello di gruppo. È però da rilevare che questi ‘mec-canismi’ di resilienza sono intervenuti nel periodoimmediatamente successivo al terremoto. La valutazione nelmedio-lungo termine potrebbe essere meno ottimistica. Lemolteplici difficoltà della vita di tutti i giorni e della disgre-gazione delle reti sociali potrebbero essere fattori associatia problemi di salute mentale. La percezione delle inegua-glianze sociali e delle ‘malversazioni di ogni tipo’ rischianodi essere fenomeni destinati ad aumentare dopo la ‘luna dimiele’ dell’immediato post-terremoto. Negozi, bar, circoli,chiese, piazze e altri luoghi di aggregazione, dove le personepotevano trovare un sostegno sociale, sono andati perduti.

Gli studi riportati rilevano le necessità di diverse fascedella popolazione caratterizzate da specifiche modalità di ri-sposta al trauma e differenti combinazioni di fattori rischioe protettivi. Queste osservazioni mettono in evidenza la ne-cessità di favorire la resilienza e ridurre la vulnerabilità, sianelle popolazioni a rischio, come gli adolescenti e gli an-ziani, sia nella popolazione generale. Gli effetti di un disa-stro sono ampi e diversificati e richiedono risposte diversea seconda delle diverse reazioni al trauma, come i disturbipsichiatrici, il disagio generalizzato ed i problemi interper-sonali. Interventi per la salute mentale dopo disastri dimassa dovrebbero cercare di mobilizzare le risorse internedelle persone, rafforzare le capacità di auto-controllo edauto efficacia, migliorare la cura del sé, rafforzare e mobi-lizzare le risorse della comunità, de-stigmatizzare i serviziuscendo dai tradizionali ambiti clinici per essere in grado diintercettare i bisogni di salute della popolazione colpita. •

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tazione e la modificazione degli stili di vita, ecc. Tutto ciò do-vrà far parte di un bagaglio di conoscenze condivise peresperti di discipline che conoscono benissimo il loro lavoroma spesso possono non conoscere quanto accade nella portaaccanto. La psichiatria, disciplina all’incrocio tra scienzemediche e psicosociali, deve svolgere un ruolo centrale svi-luppando modelli di collegamento e di intervento nell’areadella medicina dei disastri in particolare negli interventi alungo termine20. In assenza di questo lavoro di rete non pos-siamo stupirci che la comunicazione venga occupata dagliesperti del nulla, che solitamente rivestono ruoli di respon-sabilità politico-amministrativa che Ignazio Silone quasi unsecolo fa aveva già ben descritto.

ConclusioniLe traiettorie che segnano la comparsa di sintomi psico-

patologici nel breve e nel lungo termine dopo un disastronaturale che colpisce una comunità sono estremamentedifficili da individuare e necessitano di monitoraggio con-tinuo e di interventi specifici. Questo problema rappresentauna sfida enorme per la psichiatria in particolare, ma ancheper le altre discipline mediche, che non può essere elusa.Numerose evidenze sottolineano che le alterazioni psico-patologiche sono strettamente associate a morbilità me-dica come sindromi dolorose, ipertensione, uso ed abuso disostanze, dislipidemia, obesità e malattie cardiovasco-lari21,22.

Sulla base di quanto qui riportato è possibile rilevare, no-nostante l’importante disagio psicologico della popola-zione, una significativa, talora anche inaspettata, capacitàdi resilienza soprattutto in alcuni gruppi di popolazione23,24.

Questa prospettiva mette in evidenza le capacità perso-nali che portano a mantenere o recuperare la salute mentalea dispetto di drammatiche avversità12. A ciò hanno contri-buito verosimilmente anche le caratteristiche del traumache la popolazione ha subito. Un terremoto, come quello

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Valutazione della qualitàdella didattica: un questionario autovalutativo e site visit

C ome è noto anche quest’anno il MIUR hacoinvolto gli specializzandi a esercitare il

loro diritto-dovere di valutare la qualitàdidattica erogata dalla Scuola con un appositoquestionario.

I Direttori delle Scuole di Psichiatria hannosollecitato gli specializzandi a svolgere entro iltermine del 22 gennaio tale valutazione. La compilazione del questionario diautovalutazione era riservata ai medici informazione specialistica iscritti ai primi tre annidi corso (ammessi nell’a.a. 2008/2009;2009/2010 e 2010/2011).

I Direttori ritengono che il monitoraggio dellaqualità della didattica rappresenti un momentoimprescindibile nel processo di miglioramentodel sistema formativo specialistico.

Nell’intento del MIUR, la pubblicazione dei datisarà utile all’Osservatorio Nazionale permettere in campo strategie di miglioramentodella qualità della formazione anche attraversola comparazione delle scuole della stessatipologia.

Come dichiarato dal MIUR e dall’Osservatorio,dopo la fase valutativa, seguiranno le site visitcondotte da un numero ristretto di osservatoriche visiteranno e valuteranno non solo leScuole risultate carenti in qualche parametroma anche alcune scuole a campione. I Direttoridelle scuole in sintonia anche conl’Associazione FederSpecializzandi sono prontiad operare, sulla base anche dei risultati,correzioni per migliorare la formazionespecialistica.

Sul piano pratico sarebbe opportuno checiascuna scuola attraverso una scheda diautovalutazione si preparasse a ricevereeventuali site visit verificando, con una localeautovalutazione, il pieno raggiungimento deirequisiti e degli standard previsti. In secondoluogo sarebbe auspicabile che ciascunatipologia di scuola chiedesse, attraversol’impegno di alcuni Direttori volontari e dispecializzandi, di collaborare alla stesura delquestionario su cui dovrà articolarsi lavalutazione delle site visit.

Infine l’utilizzo in aperto del questionarioministeriale soprattutto nella parte relativaall’organizzazione del tronco comune e allaprogressione step by step verso l’autonomiadello specializzando potrebbe costituire unabase concreta per uniformare obiettiviformativi e procedure all’interno delle nostrescuole.

Si può pertanto concludere che i Direttori dellascuola di specializzazione in Psichiatria sonocoinvolti attivamente nel processo continuo delmiglioramento della qualità nella formazionedegli specializzandi sia per quanto attiene isaperi teorici e sia per quanto attiene lecompetenze pratiche e relazionali necessarieper svolgere nel modo migliore la professionedi psichiatra.

A cura del Prof. Massimo Casacchia

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Tutti i partecipanti hanno fornito illoro consenso scritto e il locale comitatoetico aveva approvato il protocollo di stu-dio.

Per i giovani con accertata diagnosipsichiatrica (n = 314), è stato riferito unincremento dell'uso di alcool, tabacco ecannabis nella fase post-sisma rispetti-vamente per 179 (57%), 128 (41%) e 69(22%) soggetti. È interessante notare chenessuno di loro ne ha ridotto l’uso dopoil disastro. Per coloro che non avevanouna diagnosi di disturbi psichiatrici (n =764), invece, è stato riportato un incre-mento dell’uso di alcool, tabacco e can-nabis da 374 (49%), 289 (38%) e 138(18%) soggetti, rispettivamente.

Nessuno dei giovani intervistati ha ri-ferito una riduzione dell'uso di alcol enicotina, mentre 119 (15,5%) hanno ri-portato una riduzione dell’uso di canna-bis dopo il terremoto: per questi ultimi èstato riscontrato un minor livello di di-stress percepito valutato con il GHQ-12 ri-spetto a coloro che invece hanno riferitoun incremento dell’assunzione (p <0,001).

Anche se il nostro campione di studionon è stato sottoposto ad una indaginespecifica e standardizzata rispetto al con-cetto di Crescita Post Traumatica (PTSDgrowth), nella nostra esperienza clinicaabbiamo potuto osservare che coloro iquali a seguito del disastro hanno ridottol'uso di cannabis, hanno poi avuto un maggior numero direlazioni interpersonali, un cambiamento delle propriepriorità, un maggiore apprezzamento della vita e un au-mento della self-efficacy.

Su tutto il campione, è stata inoltre rilevata una corre-lazione tra l’aumentato uso di alcol e tabacco e il sessofemminile (r = 0,207), mentre il sesso maschile è risultatocorrelato significativamente all’incremento dell’uso di ta-bacco (r = 0,340) e cannabis (r = 0,240).

Infine i giovani con una diagnosi psichiatrica hanno ri-portato un più elevato livello di distress percepito valutatocon il GHQ-12 rispetto a coloro senza diagnosi (p < 0,001).Tra questi ultimi, abbiamo riscontrato un'associazione sta-tisticamente significativa tra i punteggi del GHQ-12 e l’in-cremento dell’uso di nicotina (p <0,04).

I risultati del nostro studio indicano chiaramente unmarcato incremento dell’uso di sostanze tra i giovani so-pravvissuti ad un evento catastrofico come il terremoto di

L’Aquila. Ipotizziamo quindi che i giovani partecipanti allanostra indagine hanno reagito ad un elevato stress emotivoimpiegando come strategia di coping l’uso di sostanze ri-spetto a stili di fronteggiamento dei problemi più adatta-tivi. Anche se non abbiamo ulteriormente esplorato il back-ground di ciò che abbiamo osservato, i nostri risultati sonoin linea con la letteratura internazionale2-7 dimostrando unincremento dell’uso di sostanze tra i giovani dopo graviesperienze traumatiche individuali e collettive. Poiché que-sti dati possono avere importanti e gravi implicazioni nel-l’ambito della salute pubblica, è consigliabile considerarela possibilità di effettuare una valutazione di routine ri-spetto all’incremento dell’uso di sostanze dopo disastri na-turali come un terremoto. •

* Il contributo è la versione tradotta di:Pollice R, Bianchini V, Roncone R, Casacchia M. Marked increase insubstance use among young people after L’Aquila earthquake. Eur ChildAdolesc Psychiatry 2011; 20: 429-30.

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Massimo Casacchia1, Rita Roncone1, Valeria Bianchini1,2, Rocco Pollice1

1. Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di L’Aquila, SPUDC, Ospedale San Salvatore, L’Aquila

2. Scuola di specializzazione in Psichiatria, Università degli Studi di L’Aquila

“D iciotto mesi dopo il terremoto che ha colpito ilcuore dell'Abruzzo, il suo capoluogo di regione,

L'Aquila (città con una popolazione di 72.000 abitanti e conun distretto sanitario di 103.788 assistiti), è ancora unacittà fantasma. Gli edifici e i monumenti sono stati posti insicurezza e tutte le macerie rimosse, ma la cosiddetta zonarossa, nel centro storico della città, è ancora una zona im-praticabile e i residenti, trasferiti altrove, iniziano a dispe-rare rispetto alla possibilità di poter mai tornare nelle pro-prie abitazioni'' (tratto dal “Financial Times” del 3 dicembre2010).

Il terremoto avvenuto a L’Aquila il 6 aprile 2009 (ma-gnitudo della scala Richter 6,3) ha ucciso 309 persone, neha ferite oltre 2500 e ha lasciato senza tetto 28.000 aqui-lani: il bilancio totale è stato di 66.000 sfollati con distru-zione e gravi danni a circa 11.000 edifici (il 65% delle abi-tazioni private).

È stato ampiamente dimostrato in letteratura che l'espo-sizione a distruzione e morte causate dai disastri naturalipossa determinare lo sviluppo di disturbi psicologici ed unaumento dell’uso di sostanze come conseguenza delleperdite sia materiali che spirituali1,2.

Il presente studio fornisce una “fotografia” del cam-biamento nell’abitudine al consumo di sostanze tra i gio-vani sopravvissuti al terremoto che ha colpito L'Aquila il 6aprile 2009.

1078 giovani (età media 21,4 ± 5,6 anni) hanno parteci-pato ad un sondaggio sulla salute mentale condotto tramarzo e dicembre 2010, rappresentando l'8% della popo-lazione nella fascia d'età di 16-30 anni e l’1,5% della po-polazione generale. Sono state tre le sedi di reclutamentodel campione di studio: 323 giovani afferiti presso lo“Smile” (un servizio psichiatrico per i giovani); 123 pressoil SACS (un servizio dell'Università degli Studi di L’Aquila diorientamento e tutorato per gli studenti) e i restanti 632giovani erano studenti universitari e delle scuole superioriche hanno aderito volontariamente all’indagine.

Tutti i soggetti risultati positivi al Personal Health Que-stionnaire-9 items (PHQ-9) e alla Self Assessment of AnxietyState (SAS) sono stati ulteriormente sottoposti ad un’inter-vista clinica semi-strutturata secondo i criteri del DSM-IV(SCID-I) per verificare la presenza di un disturbo psichia-trico.

Per 314 giovani (29,1%) è stata formulata una diagnosipsichiatrica secondo i criteri del DSM-IV: nello specifico, il43% aveva un Disturbo d’Ansia, il 34% un Disturbo del-l'Umore, il 16% un Disturbo Post-Traumatico da Stress(PTSD) e il 7% una Psicosi. Trentuno giovani partecipantial sondaggio hanno riferito una storia personale o familiaredi conseguenze fisiche dovute all’esposizione al sisma.

L’uso di sostanze è stata valutato con una singola do-manda per ciascuna sostanza indagata (alcool, tabacco,cannabis) chiedendo agli utenti se avevano o meno au-mentato l’uso di tali sostanze nella fase post-sisma ri-spetto al periodo precedente. A tale scopo, è stata impie-gata una scala a 4 punti (nessuno uso, meno di prima,uguale a prima, più di prima).

Il General Health Questionnaire 12-item (GHQ-12) è statoutilizzato per valutare il grado di distress percepito.

Bibliografia

Incremento dell’uso di sostanze tra i giovani dopo il terremoto di L’Aquila*

Didatticamente Anno III, numero 1, gennaio-giugno 2012

Page 8: Didatticamente 2012 n. 1

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Direttore Responsabile:Giovanni Luca De Fiore

Redazione:Manuela Baroncini

Progetto grafico:Antonella Mion

Stampa: Arti Grafiche Tris srl, Roma nel mese di febbraio 2012

Anche in questo ambito il dualismo mi sembra più presuntoche reale. È naturale che nel corso di una formazione spe-cialistica come un corso di laurea universitario si procedacon l’insegnamento di una serie di contenuti standard conle modalità che attualmente vanno per la maggiore e chelei ricordava. Tuttavia, nell’ambito dell’insegnamento me-dico, e in particolare di quello delle diverse specialità, laparte pratica (le esercitazioni, la discussione dei casi clinici,la frequenza del reparto e l’esperienza di pronto soccorso)riconduce lo studente a verificare quanto appreso nellarealtà clinica. Molti testi stanno peraltro proponendo que-sto tipo di approccio già nella fase didattica, incorporando

Carta o digitale? Il ruolo dei Manuali nella formazione medica

sezioni estratte da casi clinici reali. Direi che nel complessotale criticità riguarda comunque molto poco l’ambito me-dico-specialistico nel quale la variabilità, la quantità e la di-versità delle discipline e dei relativi docenti offrono al limitemodalità d’insegnamento fin troppo differenti che non vi-ceversa. •

*Si tratta di un Manuale in 2 volumi. 1. Altamura AC, Bogetto F, Casacchia M, Muscettola G, Maj M (eds).Manuale di terapia psichiatrica integrata. Terapie somatiche e psicoterapie.Roma: Il Pensiero Sicentifico Editore, 2011.2. Altamura AC, Bogetto F, Casacchia M, Muscettola G, Maj M (eds).Manuale di terapia psichiatrica integrata. Riabilitazione. Trattamento deiquadri sindromici. Roma: Il Pensiero Sicentifico Editore, 2012.

LE IMMAGINI IN QUESTO NUMERO RIPRODUCONO OPERE DI GEORGE SEGAL (1924-2000): Three people on four benches, 1979 (p. 1); Rush hour, disegno preparatorio 1980 (p. 2); Rush hour, 1983 (p. 3); Depression bread line, 1999 (p. 4); Chancemeeting, 1989 (p. 5); Girl on chair, 1968 (p. 7).

8 Didatticamente Anno III, numero 1, gennaio-giugno 2012

A colloquio con Carlo AltamuraDirettore Clinica Psichiatrica, Università degli Studi di MilanoDipartimento di Salute Mentale, Fondazione IRCCS Ca’ GrandaOspedale Maggiore Policlinico, Milano

“In the evolving worlds of education and technology,printed textbook remain the norm, although there isplenty of experimentation going on with cutting edgeitems such as electronic readers and tabletcomputers”. Ha ancora senso e perché pubblicare unManuale?

Sebbene l’informazione accessibile online sia in continuacrescita anche nel campo della medicina e, di conseguenza,della psichiatria, non possiamo dimenticare come questanon sia ancora accessibile a tutti. Al di là di una serie di mo-tivazioni che stanno indubbiamente privilegiando negli ultimitempi le pubblicazioni online, tra le quali rientrano i costi si-curamente inferiori per queste ultime oltre che la diffusionepiù ampia, occorre fare alcune riflessioni. Una pubblicazionecartacea, nella fattispecie un manuale, ha sicuramente ilvantaggio di rivolgersi ad un pubblico più selezionato veico-lando una serie di contenuti che per quantità e specificità po-trebbe essere non così semplice proporre online. Peraltro, unmanuale* che nasce sotto l’egida di un’importante associa-zione scientifica come la SOPSI dovrebbe essere in grado digarantire al lettore una qualità ed un livello più difficili da re-perire attraverso i vari siti. Vale la pena infine sottolinearecome una modalità non escluda necessariamente l’altra, po-tendo la stessa opera essere proposta in entrambi i formaticome è già stato fatto per il Trattato Italiano di Psichiatria.

Negli Stati Uniti è nata addirittura una “textbookrebellion coalition”: nei suoi studenti e più giovanicollaboratori nota un’analoga insofferenza neiconfronti della carta stampata?

Onestamente no. Anzi, diversi studenti tanto del corso diLaurea che di Specialità esprimono l’esigenza di avere a di-sposizione un formato cartaceo dove poter sottolineare, evi-denziare, ecc.: se anche optassero inizialmente per un for-mato digitale, immagino che procederebbero comunquecon la stampa dei capitoli di maggiore interesse per studiarlia fondo. Non dimentichiamoci, infatti, che una cosa è il sem-plice aggiornamento – anche scientifico – che può essere at-tuato benissimo online, e un’altra questione è lo studio si-stematico di un’intera disciplina finalizzato ad un esame diverifica. In quest’ultimo caso lo studente legge anche piùvolte un determinato volume, selezionando i contenuti piùimportanti anche tramite una serie di annotazioni visive cherinforzano la sua memoria.

Molte università anglosassoni sono accusate diproporre una formazione molto omologata tra uncentro ed un altro, dal momento che sono utilizzaticome materiali didattici dei “pacchetti” che oltre almanuale prevedono la “test bank”, la “image bank”,le presentazioni in powerpoint e così via. Lei pensache sia un bene standardizzare l’insegnamento opiuttosto si augura un’università che preservil’originalità dell’insegnamento di ciascun docente?

Anno III, gennaio-giugno 2012Registrazione del Tribunale di Roma ISSN 2038-4645Il Pensiero Scientifico EditoreVia San Giovanni Valdarno 800138 RomaTel. (+39) 06 862821Fax: (+39) 06 86282250E-mail: [email protected]: http://www.pensiero.it

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