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Riflessioni sul fenomeno migratorio nel transitorio attuale caratterizzato da terrorismo internazionale e innovazione tecnologica di Stefano De Falco RISE NUMERO II | 2016 GEOPOLITICA

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Riflessioni sul fenomeno migratorio nel transitorio attuale caratterizzato da terrorismo internazionale e innovazione tecnologica

di Stefano De Falco

RISENUMERO II | 2016GEOPOLITICA

GEOPOLITICA

Stefano De Falco

Direttore del CeRITT Università degli Studi di Napoli Federico IIPresidente AICTTDirettore Osservatorio permanente sulla Innovazione - O.P.I del Centro Europe Direct LUPT Università degli Studi di Napoli Federico II

The current geo-political scenario, characterized by international terrorism phenomena, is determining significant acceleration of migration. In this transitional phase, waiting for new balances, although it is not yet opportune to produce quantitative analysis on a statistical basis, it is interesting to deal with immigration’s phenomena with its possible corollaries in terms of reflections and qualitative analysis, not short-term related to the important theme regarding the resolution of humanitarian emergencies, but extending the analysis to the medium / long term including the development of innovation for contamination between different cultures.The analysis starts from the concept of geographical proximity declination, no more restricted to the traditional areas in which it is developed, that is, those of B2B, R2R and R2B, but regarding the relationship between territories and new groups of individuals that bring insights different knowledge relate to many geographical contexts. Further the analysis deals, complementing the reflection on geographical proximity, with the cultural distance between natives and immigrants. Reasoning on the medium / long term, the gravity model as a cultural driver of choice by the locations where migrants reside is proposed. Finally, the question on quality of life (talk about happiness or achievement would be too abstract) of migrants than natives, it is faced with dilemmatic binomial identity-development / innovation.

SommarioLo scenario geo-politico attuale, caratterizzato da fenomeni di terrorismo internazionale, sta determinando un’accelerazione rilevante dei fenomeni migratori. In questa fase, che sicuramente è una fase transitoria in attesa di nuovi equilibri, benché, quindi, non sia ancora scientificamente conveniente avventurarsi in analisi quantitative su base statistica, ha senso affrontare in termini riflessi e qualitativi il fenomeno dell’immigrazione con suoi possibili corollari, non solo di breve termine legati alla importante risoluzione delle emergenze umanitarie, ma anche di medio/lungo periodo tra cui quello dello sviluppo della innovazione per contaminazione tra culture differenti.L’analisi proposta parte dalla declinazione del concetto di prossimità geografica, non più ristretto ai tradizionali ambiti in cui esso è sviluppato, ossia quelli del B2B, R2R e R2B, ma al rapporto tra territori e nuovi gruppi di individui che portano elementi di conoscenza totalmente differenti e riferiti a contesti geografici molto variegati. Ulteriore elemento di analisi trattato, che complementa la riflessione sulla prossimità geografica nella nuova accezione, è quello della distanza culturale tra nativi e immigrati. In ottica, poi, di ragionamento sul medio/lungo periodo viene impiegato il modello di gravità culturale come driver di scelta da parte dei migranti delle località in cui risiedere. Infine la questione sulla qualità della vita (parlare di felicità o di realizzazione sarebbe troppo astratto) dei migranti rispetto ai nativi, viene affrontata con il dilemmatico binomio identità-sviluppo/innovazione.

1. Prossimità Geografica da immigrazioneIl ruolo della prossimità geografica si spiega con l’importanza delle interazioni fisiche per lo scambio di conoscenza, soprattutto per quella conoscenza che la tassonomia della conoscenza classifica come conoscenza tacita (De Falco, 2014, 2016).Negli ultimi due decenni, molta attenzione è stata dedicata a spiegare il tema della prossimità geografica e l’interesse è sorto in diverse discipline economiche. Sebbene la contestualizzazione tradizionale vuole che il concetto di prossimità geografica sia declinato al rapporto tra imprese ed altre imprese (B2B), al rapporto tra imprese e centri di ricerca ed università (B2R) e al rapporto tra enti di ricerca differenti (R2R), ritenuti i principali attori del processo di trasferimento di conoscenza, è auspicabile ritenere, alla luce dei numeri sul fenomeno migratorio, che in questi prossimi anni la declinazione più opportuna della prossimità geografica sia quella riferita al rapporto tra territori e nuovi gruppi di individui

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che portano elementi di conoscenza totalmente differenti e riferiti a contesti geografici molto variegati.La prossimità, in un lavoro di sistematizzazione dei diversi concetti che la caratterizzano da parte di Boschma (2005), è stata presentata come un concetto multidimensionale, geografica, cognitiva, organizzativa, sociale e con una dimensione istituzionale. In tale ottica, il concetto di vicinanza non è legato esclusivamente ai concetti di prossimità fisica o di vicinanza geografica (Knoben e Oerlemans 2006, 2008). Nonostante le moderne tecnologie di informazione e comunicazione abbiano quasi annullato il vincolo spaziale, la prossimità geografica risulta ancora una variabile di influenza nei processi di trasferimento tecnologico territoriale per le seguenti ragioni:1. la vicinanza geografica rappresenta un fattore di intermediazione tra processi di apprendimento legati al contesto e fondati su conoscenza prevalentemente tacita, flussi di conoscenza e innovazione. Sia la tesi di Lundvall (1992) che quella di Maillat (1991) mettono in evidenza la relazione positiva tra prossimità e innovazione radicale (che prevede principalmente conoscenza tacita);2. la conoscenza tacita è legata al contesto geografico e a interazioni personali. Il processo di codifica della conoscenza implicita può essere paragonato ad un movimento a spirale nel quale la conoscenza tacita viene trasformata in conoscenza codificata in maniera reiterata, perché continuamente si sviluppa nuova conoscenza tacita che necessita di essere esplicitata (Foray e Lundvall, 1996);3. benché l’avvento di tecnologie come internet o intranet abbiano ridotto gli ostacoli spaziali, Morgan (2001) sottolinea come in realtà la capacità dell’ICT di “distruggere” le distanze sia stata sovrastimata. Il contesto geografico non può essere semplicemente considerato spazio fisico, ma necessita di essere inteso come un ambito nel quale si sviluppano relazioni sociali, culturali ed economiche che non saranno mai equivalenti ai rapporti mediati dalle nuove forme di comunicazione. Le tecnologie digitali potrebbero risultare idonee e utili per comunità già ben organizzate e sviluppate. Al contrario, nelle prime fasi di sviluppo di un progetto o di un’organizzazione, in qualunque contesto siano portate avanti, la prossimità diventa necessaria e nessuna tecnologia uguaglierebbe l’efficacia di incontri diretti;4. infine la complementarietà tra prossimità fisica e relazionale non significa che una delle due dimensioni sia migliore delle altre, anzi si tratta di due tipologie di prossimità che dovrebbero evolversi contemporaneamente: se è vero che anche tra soggetti distanti si possono condividere norme, codici, modi comuni di pensare e ideare strategie, è pur vero che tale prossimità organizzativa si realizza con maggiore facilità in presenza della prossimità fisica.Proprio su quest’ultimo punto si è aperto un dibattito nella geografia economica intorno alla possibilità di considerare l’organizational proximity come un surrogato della prossimità geografica. Così come la relational proximity diventa in molti casi più importante della

prossimità geografica (Frasca e Morone, 2007). In realtà essendo le comunicazioni dirette e quelle face-to-face gli unici strumenti per trasmettere conoscenze implicite, si può allora sostenere che la vicinanza relazionale possa al massimo essere considerata un parziale sostituto della vicinanza fisica o complementare ad essa (Morgan, 2001).L’innovazione ed il cambiamento tecnologico che caratterizzano una certa area geografica dipendono dalla creazione e dalla diffusione di nuove conoscenze. Come sottolineato da Nelson (1959), la conoscenza può essere vista come un bene che svolge un ruolo fondamentale come leva di sviluppo di un intero territorio.Dalla letteratura di settore si rileva, pertanto, che, in misura rilevante, la conoscenza può essere efficacemente trasmessa principalmente mediante rapporti diretti tra soggetti localizzati nella medesima area, oppure tra individui caratterizzati da una prossimità “culturale”, pertanto ha senso chiedersi se in un’epoca caratterizzata da prossimità fisica tra individui culturalmente distanti, avverrà o meno lo scambio di conoscenza e se questo sarà un elemento di co-creazione di valore per lo sviluppo del territorio e in generale per l’incremento del livello di innovazione nella accezione più ampia del termine.

2. Distanza Culturale e Gravità Culturale nei processi migratoriIn analogia ai fenomeni oggetto di studio della disciplina elettrotecnica, si potrebbe pensare al flusso di migranti come ad una corrente che circola tra due poli a potenziale differente. I poli sono i diversi paesi coinvolti nel fenomeno migratorio e, per restare all’analogia, affinchè la corrente si riveli fruttuosa e capace, mediante opportuna conversione, di generare, ad esempio, energia motrice, è opportuno che il processo non sia di tipo impulsivo, ossia caratterizzato da alta intensità di corrente nel breve intervallo di tempo, altrimenti di determina un corto circuito distruttivo. Allo stregua di tale schematizzazione, l’energia di migrazione può utilmente essere impiegata come energia motrice dello sviluppo territoriale del paese ospitante, se la dinamica che caratterizza tale processo sia non troppo elevata, anche e soprattutto in funzione della distanza che separa i paesi, nella accezione più ampia del termine, come di seguito analizzato.La distanza tra paesi può essere concepita considerando diverse dimensioni: geografica, culturale, amministrativa ed economica (Della Piana & Vivacqua 2012, Cerrato, 2009). La distanza culturale rappresenta la principale fonte di complessità nelle scelte di espansione internazionale (Capaldo et al., 2012), oltre che una delle maggiori cause di inefficacia dei processi di negoziazione cross-cultural (Della Piana & Testa, 2009). Come evidenziato da Souza & Bradley (2006), in letteratura si é spesso utilizzato il concetto di distanza culturale come sinonimo di distanza psichica, pur essendo tali concetti tra loro distinti . La distanza psichica è qualificabile come la percezione individuale della differenza tra i proprio paese e un altro; essa è soggettivamente

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percepita e può essere analizzata solo a livello individuale. La distanza culturale, invece, è pressocchè oggettivamente determinata ed è analizzabile a livello di cultura nazionale o di cluster culturale. I framework maggiormente usati dagli studiosi di management per misurare la distanza culturale si riferiscono ai seguenti autori: Kogut & Singh ( 1 9 8 8 ) , Hofstede (1980; 2001), Schwartz (1994; 2003), House, Hanges, Javidan, Dorfman & Gupta (2004). Il modello di House et al (2004), relativo alle dimensioni culturali utilizzate (Global Leadership and Organizational Behaviour Effectivness) nel Progetto GLOBE, è considerato uno degli studi recenti meno criticati (Shi, Wang, 2011: 93). L’ambizione del progetto è stata quella di incrementare la conoscenza che risulta essere rilevante nell’interazione cross-cultural; l’obiettivo principale di tale progetto si è sostanziato, infatti, nell’individuazione della relazione esistente tra culture sociali, culture organizzative e pratiche di leadership dei paesi partecipanti al progetto, senza trascurare numerosi indicatori di competitività economica dei paesi studiati e il benessere psicologico dei relativi cittadini (Javidan & Hauser, 2004). Di seguito si elencano le definizioni delle nove dimensioni culturali riportate in “Culture, Leadership, and Organizations: The

Globe Study of 62 Societies” (House, Hanges, Javidan Dorfman and Gupta, 2004): • Power Distance: the degree to which members of an organization or society expect and agree that power should be shared unequally. • Uncertainty Avoidance: the extent to which members of collectives seek orderliness, consistency, structure, formalized procedures, and laws to c o v e r situations in their daily lives.• Institutional Collectivism: level at which a society values and rewards “collective action and resource distribution. • In-Group Collectivism: level at which a society values cohesiveness, loyalty, and pride, in their families and organizations. • Human Orientation: ideas and values and prescriptions for behavior associated with the dimension of culture at which a society values and rewards altruism, caring, fairness, friendliness, generosity, and kindness. • Performance Orientation: level at which a society values and rewards individual performance and excellence. • Assertiveness: a set of social skills or a style of

La copertina di “Culture, Leadership, and Organizations: The GLOBE Study of 62 Societies” di House, R.J., Hanges, P.J., Javidan, M., Dorfman, P.W., & Gupta

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responding amenable to training or as a facet of personality. • Gender Egalitarianism: level at which a society values gender equality and lessens role differences based gender. • Future Orientation: the extent to which members of a society or an organization believe that their current actions will influence their future, focus on investment in their future, believe that they will have a future that matters, believe in planning for developing their future, and look far into the future for assessing the effects of their current actions.Se la distanza culturale può essere considerata la condizione di ingresso del fenomeno migratorio, in termini sistemici, ha senso interrogarsi su quali siano le condizioni di uscita, ossia su quale sia il modello che possa caratterizzare le scelte dei migranti. Ampia parte della letteratura di settore si è orientata sul modello culturale gravitazionale ereditato dall’ambito economico.Il modello gravitazionale in economia è stato fino a poco tempo fa un “orfano intellettuale”, come lo definisce Anderson, disconnesso dalla letteratura scientifica di settore relativa alla teoria economica (Anderson, J. 2010.)L’autorevole sondaggio di Leamer e Levinsohn (1995) a metà degli anni 90’ mise in evidenza la dicotomia di valutazione della teoria della gravità in ambito economico, considerando che gli elementi di tale teoria hanno prodotto alcuni dei più chiari e più robusti risultati empirici in economia, ma che paradossalmente, allo stesso tempo non hanno avuto nessuna influenza in tema di economia internazionale.Negli ultimi anni, ha avuto luogo un aumento di interesse per le implicazioni della migrazione straniera che ha portato alla crescente popolarità della valutazione d’impatto della migrazione mediante tale modello (Nijkamp, Poot, e Sahin 2012; Baycan e Nijkamp 2012a). Un punto importante in questo contesto è la valutazione delle implicazioni socio-economiche della diversità culturale su scala locale. I molteplici effetti dei diversi flussi di capitale umano fra luoghi hanno attirato una crescente attenzione nella ricerca relativa alla immigrazione. Tuttavia, le conclusioni sulla direzione e la significatività degli effetti sul mercato interno di immigrazione sono rimasti controversi a causa di ambigui risultati empirici in tutta la letteratura. Ad esempio, Boeri e Brücker (2005) e Ottaviano e Peri (2005, 2006) hanno messo in evidenza effetti socio-economici positivi, mentre Borjas (1994, 1995, 2003), Collier (2001), e Angrist e Kugler (2003) hanno riscontrato in gran parte il contrario. I diversi studi si trovano a convergere solo sulla considerazione che questi effetti, positivi o negativi che siano, sono determinati dalla diversità culturale. Esiste una contraddizione simile, tuttavia, per quanto riguarda gli effetti della diversità stessa, dove, ad esempio, Herring (2009), Baycan-Levent (2010), e Rodriguez-Pose e Berlepsch (2014) rilevano effetti positivi della diversità, mentre Milliken e Martins (1996), Dronkers e Heus (2010), Putnam (2007), e Dronkers, 2 344 Velden, e Dunne (2011) riscontrano il contrario.

Il transitorio attuale è ancora alquanto enigmatico, tra scenari che vedono la diversità culturale quale driver necessario a creare un effetto positivo di eterogeneità di abilità o scenari meno ottimistici che considerano il fenomeno alla stregua di una torre di Babilonia.Secondo Florida (2002a, 2002b, 2005), l’attrazione geografica del capitale umano creativo è correlata al contesto culturale locale. Questa affermazione è stata sostenuta da vari studi empirici (Boschma e Fritsch 2007; Wojan, Lambert, e McGranahan (2007); Fritsch e Stuetzer 2008; Wedemeier 2012). Tuttavia, il concetto è stato più semplicisticamente usato come argomento per investire in beni culturali e imprese creative. Questo approccio è stato quindi severamente criticato sulla base di risultati provenienti sia da risultati empirici e sia da casi studio relativi ad analisi qualitative su luoghi in cui sono stati attuati modelli politici proposti da Florida (2002a, 2002b, 2005) (Malanga 2004; Kotkin 2004, 2005; Nathan 2007; Markusen e Johnson 2006). Ma il nesso tra impatto culturale locale ed attrazione geografica ha riverberazioni più ampie rispetto al fenomeno della migrazione e del clustering, riferendosi principalmente all’effetto delle reti sociali e dei fattori etnici sulla concentrazione geografica di immigrati ed alla formazione di cluster creativi e culturali (Eigenhüller et al. 2011). Secondo il concetto di neo-weberiano fondato sul concetto di cultura basata sullo sviluppo, la cultura è incrementale rispetto agli incentivi economici, ai servizi, e agli altri specifici attributi del luogo in cui si diffonde (Hofstede 2001; Tubadji 2013a, 2013b, 2014). Il legame con la cultura locale rappresenta per un individuo il proprio capitale culturale, e questo è unico per ogni gruppo diverso di persone, e di immigrati provenienti da una particolare località. Gli immigrati e la cultura locale si incontrano, ed è proprio l'incontro tra luogo ed attitudini del gruppo che si insedia in quello stesso luogo che guida il meccanismo di diversità culturale. Gli effetti positivi o negativi di tale meccanismo dipendono dalla presenza o assenza di atteggiamenti divergenti caratterizzanti i gruppi identificati come diversi per valori etici, sociali, culturali, religiosi, tecnologici.Il capitale culturale che si genera in tale incontro è un concetto multidimensionale che produce effetti differenti sull’attività socio-economica del luogo (Tubadji 2013a, 2013b; Tubadji e Nijkamp 2014; Tubadji e Gnezdilova 2014). Considerando la cultura locale come fattore determinante dei flussi di input per lo sviluppo locale, oltre che driver di mobilità delle persone (Axelrod 1997; Williamson 2000; Hofstede 2001; Tiebout 1956), un suo inquadramento potrebbe essere fatto attraverso la nozione newtoniana di gravità come fattore determinante di flussi sulla base di massa e di distanza. Eppure, la cultura e il capitale umano sono stati, da questo punto di vista, solo in misura limitata affrontati nella letteratura economica (Veblen 1899 Polanyi 1957 1968; Kuznets 1955; Axelrod 1997; Barro, Rachel, e McCleary 2003; Sen 2004; Guiso, Sapienza e

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Zingales 2006; Cavalcanti, Parente, e Zhao 2007; Grogger e Hanson 2008; Beine, Docquier, e Özden 2009; Tabellini 2010). L’interpretazione economica di maggior successo della cultura finora nei modelli gravitazionali mondo passa attraverso il concetto di distanza culturale. In origine il modello gravitazionale ha richiesto un po ‘di tempo per affermarsi come un approccio economico rispettato nel commercio internazionale, nell’ambito dei trasporti, e nell’ambito dei fenomeni migratori (Leamer e Levinsohn 1995) e lo stesso impatto della cultura sulle scelte di migrazione è stato un concetto trascurato soprattutto nella letteratura relativa ai modelli gravitazionali, concentratati principalmente su temi di ricerca aventi ad oggetto materie prime e la distanza fisica piuttosto che la prossimità sociale o culturale. La cultura come fattore determinante nelle scelte di migrazione è stato un argomento solo marginalmente toccato con l’inclusione di variabili come la religione (Helpman, Melitz, e Rubinstein 2008) o la lingua (Tinbergen 1962) ma raramente contestualizzate al fenomeno di migrazione. Approcci alternativi per studiare gli effetti della distanza culturale, come visto al precedente paragrafo in autori come Boschma, sono stati forniti dalla letteratura relativa alla geografia economica in termini di valenza cognitiva, sociale, culturale, ed in termini di vicinanza organizzativa nel processo di trasmissione della conoscenza, (Rallet e Torre 1995; Boschma 2005; Torre 2008; Capello 2009; Rutten

e Boekema 2012; una recente revisione è disponibile in Rodríguez-Pose 2011).Seguendo la tradizione weberiana, la cultura può essere intesa come un fattore che influenza le decisioni di investimento locale per quanto riguarda la scelta del lavoro. Gli argomenti tradizionali di Weber (1930 [1905]) sono che il protestantesimo è contraddistinto da una preferenza per lo sviluppo di competenze in matematica e scienze, e caratterizzato da una maggiore motivazione imprenditoriale. Nella moderna economia aziendale e regionale, (Florida 2002a, 2002b) il concetto del milieu locale (ossia, il sistema di valori locale), proposto da Florida e il suo effetto sulla concentrazione di lavoratori creativi in una località completa la tradizione weberiana. Al giorno d’oggi, l’ambiente culturale è diventato un fattore sempre più popolare per spiegare: come lavoratori creativi (non si parla ancora di migranti) sono attratti da alcune determinate località (Florida 2005; Florida e Mellander 2010); se può essere considerato un facilitatore (Boeri e Brücker 2005; Ottaviano e Peri 2005, 2006); o se può rappresentare una barriera allo sviluppo economico (Borjas 1994, 1995, 2003; Collier 2001; Angrist e Kugler 2003) e, in particolare, per l’attività imprenditoriale (Guerra e Patuelli 2014).Dai modelli offerti dalla letteratura è lecito aspettarsi una corrispondenza forte tra la distanza culturale e la produttività locale, in quanto l’effetto relativo alla distanza

The Wall Museum, al Checkpoint Charlie, Berlino - © European Communities , 2008 / Source: EC - Audiovisual Service /Photo: Thomas Haley

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culturale sembra interessare non solo le decisioni umane per quanto riguarda l’allocazione del capitale produttivo (finanziario o altro), ma anche la riallocazione del capitale umano stesso. Una tale visione è ulteriormente supportata dai contributi di Rose, (Rose 2004a, 2004b, 2005; Rose, Feenstra, e Markusen 2001; Rose e Spiegel del 2004, 2010; Subramanian e Wei 2007). Altro approccio sulla distanza culturale è stato fornito da Tadesse e bianco (2008, 2010a, 2010b 2011 ). In particolare, Bianco e Tadesse (2008a, 2008b) hanno impiegato il concetto di misura di distanza culturale in una ampia varietà di settori di ricerca intendendo tale misura come il grado secondo cui norme e valori condivisi in un paese differiscono da quelli in un altro paese. Tali autori hanno esplorato la relazione esistente tra questa misura a livello locale in termini di immigrati e degli effetti che questi ultimi producono sul commercio internazionale. Interessanti contributi correlati si possono trovare nella letteratura recente sulla migrazione di ritorno, dove la cultura e la familiarità contro l’isolamento sociale sono analizzati in dettaglio (Barrett e Mosca 2011). Tuttavia, non è ancora chiaro esattamente come questi effetti multipli identificati provengono e come possono essere riassunti attraverso un processo che può essere visto come un meccanismo codificato e sistematizzato di impatto culturale.Come suggerito da Tubadji e Nijkamp ( 2015), per spiegare la (trascurata) gravità culturale e le sue relazioni con il capitale umano nella modellazione di distanza culturale, si potrebbe argomentare come segue: la distanza geografica può avvicinare le somiglianze e le differenze culturali tra le località. Ma questa non si rivela una proposta valida universalmente. Ad esempio, Sofia (Bulgaria) e Il Cairo (Egitto) sono separate da una distanza di 1.572 km (977 miglia), e Sofia e Parigi (Francia) sono separate da 1.762 chilometri (1.095 miglia). Eppure, le affinità culturali tra la Bulgaria e l’Egitto sono, nel complesso, piuttosto modeste in confronto alle affinità tra arte bulgara e francese, riguaradanti l’architettura, le strutture istituzionali, o lo sviluppo politico ed economico. Le ragioni di tale vicinanza culturale potrebbero essere endogene nei processi storici e politico-economici. Ma è proprio l’elemento della dipendenza dal percorso storico che rende le differenze culturali tra le località in gran parte esogeno dal punto di vista dei processi spaziali socioeconomici moderni. Nel frattempo, indipendentemente dalle loro distanze geografiche, le località ancora sperimentano diverse combinazioni di eventi storici. Ad esempio, gli stati tedeschi storicamente sono stati differenziati in aree protestanti e cattoliche. Eppure, in tempi moderni, il divario tra la Germania orientale e occidentale si è sviluppato sulla base della ex cortina di ferro. Quindi, sussistono protestanti località della Germania orientale che si sviluppano in modo diverso da protestanti occidentali di aree tedesche e piuttosto simili alle aree Oriente cattolico tedesco, eccÈ la cultura locale specifica, a differenza di qualsiasi altro fattore locale, che forma una combinazione unica sperimentata durante il percorso storico di una località

particolare, e questa combinazione genera il ben noto effetto di dipendenza dal percorso (Puffert 2002; David 2000; Sen 1999; Nelson e Winter 1982; Penrose 1959). Pertanto, al fine di evitare gravi omissioni, quando gli effetti gravitazionali economici sono accostati alla distanza geografica o culturale, il modello gravitazionale dovrebbe anche essere in grado di riflettere sul ruolo della cultura come vettore dipendente dal percorso del tempo e della storia . Il punto di forza di questa dipendenza dal percorso, quindi, si traduce in una questione di forza di aderenza della popolazione locale ai gusti ereditati dalla tradizione locale. Una delle principali ragioni per la mancanza di una corretta modellazione della “gravità culturale” è stata la mancanza di definizioni precise delle nozioni di distanza culturale e il legame tra esse. Il concetto sviluppato di recente, relativo alla cultura basata sullo sviluppo, nel suo acronimo originario CBD (Culture Based Development) (Tubadji 2013a, 2013b) può servire a superare questa carenza. Pertanto, in primo luogo sono necessari alcuni chiarimenti relativi al concetto CBD.Il modello CBD definisce la distanza culturale come un insieme di elementi incompatibili tra cultura locale del destinatario e la cultura dello straniero di origine. In tale ottica la distanza culturale è fondamentalmente l’incentivo/restrizione sociale (in aggiunta a motivi economici) per la migrazione. In altre parole, l’esistenza di incompatibilità tra le culture, crea un rischio culturale che riduce l’attrattiva di una località per gli stranieri, siano essi immigrati o anche investitori, in quanto questi attori potrebbero comportare un costo culturale (di migrazione e di ridistribuzione delle risorse, in generale) (Tubadji 2013a).Dopo Florida e la sua concettualizzazione del milieu creativo, l’approccio CBD definisce l’ambiente culturale come la somma dei valori culturali predominanti che descrivono una località. Questo ambiente culturale può essere caratterizzato sia come il più aperto (cioè, accogliente e ricettivo) nel suo atteggiamento verso ciò che è nuovo, straniero, e innovativo o come un ambiente culturale chiuso, ostile alle differenze e dominato da atteggiamenti fortemente tradizionalisti. Secondo tale approccio, invece di tentare un’enumerazione esaustiva di tutti i possibili elementi culturali atti a quantificare la distanza culturale, l’ambiente culturale si restringe verso il basso per far riferimento al numero medio di attitudini verso l’apertura (o verso la tolleranza, secondo la terminologia di Florida) e al numero medio di attitudini verso la chiusura (o verso l’intolleranza, secondo la terminologia di Florida) in una determinata località. A differenza dell’approccio di Florida tuttavia, l’approccio CBD richiede la considerazione di un più ampio spettro di atteggiamenti che descrivono l’apertura. Piuttosto che concentrarsi, ad esempio, sulla tolleranza per gli omosessuali come attrattore principale (come in Florida), il modello CBD si propone di prendere in considerazione una serie di atteggiamenti verso gruppi di persone diverse svantaggiate, gli immigrati in particolare, favorendo

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atteggiamenti verso l’innovazione e lo sviluppo del lavoro e promuovendo il cambiamento in generale. L’approccio CBD percepisce la funzione dell’ambiente culturale come fattore di spinta di un atteggiamento generalmente chiuso verso una cultura diversa, ed attribuisce all’ambiente culturale la funzione di aumentare la creatività locale e l’efficienza del capitale umano nella località analizzata.Alla luce dei contributi riportati, si rileva che mentre la distanza culturale misura la quantità delle differenze culturali, l’ambiente culturale cattura gli aspetti qualitativi del significato di tale differenza in termini di possibile minaccia o facilitazione. Secondo il concetto CBD, il legame tra distanza culturale (che è la diversità reale in atteggiamenti) e la grandezza di ambiente culturale locale genera congiuntamente un fattore di spinta o di trazione come segue: l’ambiente culturale agisce come un peso (in conformità al modello gravitazionale) per effetto della reale distanza culturale, e questo peso crea l’intensità dell’effetto di gravità dalla distanza culturale attuale. In altre parole, se la distanza culturale tra due località A e B è x unità e tra A e C è x + 1 unità, e se la località B ha una cultura locale più aperta (supposta pari ad y unità) rispetto alla località C ( con apertura pari a y-2 unità), allora l’effetto reale della gravità dalla cultura sarà positivo verso la località B e negativo verso la località C. Il funzionamento di tale meccanismo di gravità culturale è motivato dal fatto che sia la distanza (come fattore di probabilità di insorgenza di conflitti) e sia l’ambiente (come fattore di probabilità di sopravvivenza ad un conflitto) generano un rischio potenziale culturale

per il successo socio-economico degli immigrati nella nuova località. Questo effetto della gravità culturale come meccanismo analitico sarà valido per tutti i gruppi, indipendentemente dal fatto che la distanza culturale specifica per ciascuno di loro sarà diversa, e l’entità economica dell’effetto varierà a seconda della particolare caratteristica culturale di ciascun gruppo di interesse .La funzione del vettore di gravità culturale, secondo la definizione indicata nel protocollo operativo dell’approccio CBD, è il ruolo della cultura locale necessario a: (1) attirare i nativi locali a diverse occupazioni (secondo l’interpretazione weberiana di impatto culturale) e attirare gli immigrati in una località; e (2) necessario a: modificare l’efficienza di interazione capitale umano locale e straniero. Questi meccanismi di attrazione e di interazione costituiscono gli ingranaggi relativi all’impatto culturale e rappresentano l’effetto della gravità culturale sulla produttività locale.Di conseguenza, la gravità culturale determina flussi sia di capitale umano che di investimenti, e imposta inoltre la velocità dello sviluppo economico locale regolando l’efficienza dell’interazione del capitale umano in una determinata località (la dinamica a cui facevamo precedentemente riferimento. Questa vettore di gravità culturale agisce come una forza che provoca attrazione newtoniana e avvia un processo di flusso (che assomiglia alla caduta newtoniana). Sulla base di queste considerazioni, si rileva l’evidenza empirica degli effetti di gravità culturale su due processi socio-economici locali simultanei: la formazione del

Figura 1. Mappa delle rotte migratorie irregolari dall’Africa Ovest verso l’Europa. (Fonte: Europe’s failed ‘fight’ against irregular migration: ethnographic notes on a counterproductive industry) Ruben Andersson

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capitale umano e la generazione di produzione economica. Ciò è necessario dal momento che la migrazione è spesso analizzato per mezzo di modelli gravitazionali tradizionali (Beine et al 2009;. Grogger e Hanson 2008) che caratterizzano i flussi di migrazione solo per quanto riguarda i salari e la massa dei cittadini in una determinata località.

3. Sviluppo locale e identità dei migrantiNell’immaginario collettivo, la migrazione è associata a un aumento del benessere e nella speranza di un futuro migliore trova la sua motivazione per affrontare ostacoli e difficoltà che la caratterizzano.Anche la letteratura scientifica negli ultimi anni si è interessata alla misurazione del benessere soggettivo e alla valutazione dell’impatto della migrazione e dell’integrazione sulla soddisfazione di vita e alcuni studiosi hanno cercato di fornire risposte rispetto alle preoccupazioni che i migranti possano essere meno soddisfatti rispetto alla popolazione nativa. Le tesi iniziali poste a sostegno di tali studi vertevano sulla ipotesi/supposizione che tale insoddisfazione fosse dovuta a fattori culturali, quali i sentimenti di non appartenenza alla nuova comunità in cui andare a risiedere (Card et al., 2012), ossia alla mancanza di identità. Pertanto ampia parte della letteratura di settore ha profilato un atteggiamento delle istituzioni pubbliche nei confronti della politica di immigrazione maggiormente influenzato da preoccupazioni culturali e sociali piuttosto che da quelle economiche. Georgiadis e Manning (2013) hanno ribadito tali convinzioni affermando che le società funzionano meglio se riescono a stabilire un senso comune di identità tra la popolazione e le paure contemporanee in molti paesi nei quali questa identità comune è minacciata.Un recente articolo di Melzer e Muffels (2012) ha utilizzato la riunificazione tedesca come un esperimento naturale per esaminare se la migrazione da est a ovest si è resa responsabile di un aumentato della soddisfazione di vita, concentrandosi sugli effetti di reddito, nonché sul ruolo dei confronti sociali. Amit e Riss (2014) hanno confrontato il benessere soggettivo pre e post-immigrazione tra nordamericani che sono arrivati in Israele nel corso degli ultimi due decenni e ha scoperto che le reti sociali, la motivazione religiosa e la soddisfazione lavorativa hanno giocato un ruolo importante. Bartram (2011) ha scoperto che l’associazione tra reddito e benessere soggettivo è davvero più forte per gli immigrati che per i nativi. Guardando la migrazione economica e la soddisfazione di vita in tutto il mondo, Olgiati et al. (2013) hanno trovato un vantaggio di immigrati distintivo in conversione dei ricavi in una maggiore soddisfazione di vita in alcuni paesi. Graham e Markowitz (2011) nella loro ricerca hanno scoperto che le persone che intendono migrare sono generalmente meno soddisfatte di quelle che non lo fanno (ed il risultato era atteso, come ci si poteva aspettare), tuttavia, più in generale, hanno scoperto che i migranti sono ‘frustrati uomini d’azione’ (come rilevato anche da Olgiati et al. 2013), persone che hanno livelli relativamente

alti di obiettivi di benessere, quali il reddito, ma che sono comunque insoddisfatti delle loro situazioni e cercano di migliorarle tramite la migrazione. Cai et al. (2014) hanno trovato che gli individui con più alto livello di benessere soggettivo hanno aspirazioni più basse di migrazione internazionale e che, a livello individuale, il rapporto tra benessere soggettivo e migrazione sembra essere più solido del rapporto reddito-migrazione. Cavaliere et al. (2007) hanno esaminato la questione in Cina dell’interrogativo sul perché le famiglie di migranti rurali insediate in agglomerati urbani hanno un punteggio medio di soddisfazione di vita più basso di quello delle famiglie rurali ed hanno formulato tre ipotesi: i migranti avevano false aspettative circa le loro condizioni urbane future, circa le loro aspirazioni urbane future o sul loro stesso futuro. La disparità sembra essere guidata sia da alcune caratteristiche di condizioni di migranti (in linea con la letteratura classica sulla psicologia della migrazione) e da alte aspirazioni (in linea con la nozione di “uomini d’azione frustrati”) Graham e Markowitz di (2011). Chindarkar (2014) ha esaminato un campione di paesi dell’America Latina e ha scoperto che la soddisfazione di vita è un driver importante per l’intenzione di migrare all’estero. Lovo (2014) ha esaminato le preferenze sulle mete di migrazione da parte di quei migranti che hanno il desiderio di lasciare definitivamente il paese e ha scoperto che le preferenze delle persone sono correlate ai livelli medi di soddisfazione di vita nel paese di destinazione. Bartlett et al. (2010) hanno evidenziato l’impatto di emigrazione sulla soddisfazione di vita nelle zone rurali. Betz e Simpson (2013), Akay et al. (2014) e Longhi (2014) hanno esaminato l’impatto dell’immigrazione sulla benessere dei nativi.Una serie di recenti lavori hanno guardato il benessere dei migranti, una volta insediate nel paese ospitante e hanno messo in luce l’insoddisfazione relativa degli immigrati rispetto alla popolazione nativa (ad esempio Verkuyten e Nekuee 1999; Baltatescu 2007; Constant et al 2012;. Amit 2010; Bartram 2011; Safi 2010; Gökdemir e Dumadag 2012; Obucina 2013;. Hendriks et al 2014). In sintesi, i risultati più attraenti dal punto di vista del ruolo dello sviluppo locale, soprattutto attribuibile alla innovazione tecnologica sono quelli trovati in una ricerca condotta negli anni 1984-2010 da Kóczán (2016), il quale ha scoperto che, mentre a prima vista gli immigrati sembrano meno soddisfatti rispetto ai nativi, questa differenza può essere spiegata interamente in termini di caratteristiche osservabili, in particolare trovando nelle condizioni di lavoro e nel grado di precarietà del lavoro variabili di grande influenza rispetto alla soddisfazione di vita nel nuovo insediamento. Dalla ricerca, invece, non è emersa alcuna prova a sostegno della preoccupazione che i sentimenti di mancanza di identità e di non appartenenza o di lealtà nei confronti dei paesi di origine degli immigrati possono avere effetti negativi sulla loro soddisfazione di vita e che, anche se nel breve periodo il processo di migrazione comporta ‘lo stress acculturativo’, nel medio/lungo periodo (in contrasto con i risultati della letteratura precedente), una volta che gli immigrati si sono stabiliti,

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non sono meno soddisfatti in media, rispetto alla popolazione nativa. Inoltre, l’effetto di ‘integrazione’ sulla soddisfazione di vita proviene principalmente attraverso fattori economici che i politici possono influenzare, ad esempio con opportune politiche di innovazione, piuttosto che attraverso quelli “culturali” polarizzate solo ed esclusivamente sul discorso identitario.Pertanto, in base all’ormai consolidato effetto moltiplicatore, in base al quale per ogni nuovo occupato ad alta qualificazione nel settore Hi-Tech si generano almeno 5 nuovi posti di lavoro in qualsiasi altro ambito (commercianti, artigiani, medici, avvocati, etc.), rispetto ad un fattore moltiplicativo pari a solo a 3 nel caso di occupazione nel settore manifatturiero, si percepisce l’importanza della innovazione tecnologica nei processi di integrazione di fenomeni migratori.

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In copertina: “Migration” - © European Communities, 2006/Source: EC - Audiovisual Service/Photo: Alain Schroeder