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Spedizione in A.P. Art. 2 - Comma 20/c Legge 662/96 D.C. Vicenza 4 Anno LIV - IV trimestre 2015 Periodico trimestrale delle Suore Dorotee Istituto Farina, Vicenza Italia NELLA LUCE di S.M.Bertilla e di S. Giovanni Antonio

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Spedizione in A.P.Art. 2 - Comma 20/c

Legge 662/96D.C. Vicenza

4Anno LIV - IV trimestre 2015

Periodico trimestraledelle Suore DoroteeIstituto Farina, VicenzaItalia

NELLA LUCEdi S.M.Bertilla e di S. Giovanni Antonio

Direttore Responsabile: Giovanni Rumor

Direttore di Redazione: suor Emma Dal Maso

Redazione: suor Mariangela Bassani, suor Elena Scida, suor Adele Requirez, suor Paola Germani, suor Anna Visonà, suor Maria Cappelletto, suor Silvana Miglioranza, suor Valeria Freato, Elisabetta Basso, suor Maria Teresa Thiella

Hanno collaborato a questo numero: suor G. Proia, suor P. Vetere, don Andrea Peruffo, suor C. Posenato

Fotografie: Archivio Istituto Farina, A. Tessari, R. Rossi, E. Scida, L. Cavedon, G. Thiella, A. Righetto, G. Bassani, L. Cucco, A. Di Vietri, www.fioriinliberta.it, www.lamezialive.it, www.asianews.it, www.famigliacristiana.it, http://paolabelletti.wordpress.com, www.h24orenotizie.com, www.livesicilia.it, www.imap-migration.org, www.eunews.it

Riguardo alle illustrazioni, l’Istituto Suore Maestre di S. Dorotea ha richiesto l’autorizzazione degli aventi diritto. Nel caso di irreperibilità resta a disposizione.

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Direzione e Amministrazione:Istituto Farina, via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia)Stampa: Rumor Industrie Grafiche - VicenzaAutorizzazione: Tribunale di Vicenza, n.154 dell’8-2-1962

Imprimatur: Mons. Ludovico Furian, Vicario Generale, Vicenza 2015

La Rivista “Nelle Luce di S. M. Bertilla” viene inviata gratuitamente a quanti ne fanno richiesta. Essa non contiene pubblicità e si sostiene con le offerte dei suoi lettori che possono essere versate sul c.c.p. n.14467369, via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia)

Pubblicazione periodica trimestraledell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea,Figlie dei Sacri Cuorivia S. Domenico, 23 - 36100 Vicenza (Italia)Telefono 0444/202411 - Fax 0444/316776Sito internet: www.sdvi.orgE-mail: [email protected]

SOMMARIO

Apertura pag. 3 Un tesoro da custodire

Giovanni Antonio Farina pag. 4 La pedagogia del Farina pag. 9 Anche tu sei mio fratello S. Bertilla pag. 11 Regina di Carità

Arricchire il cuore pag. 13 La famiglia oggi pag. 15 Il mestiere del vivere

Tempo Giovane pag. 17 Quando il viaggio ci cambia pag. 19 Tutto per il TUTTO pag. 20 Un giorno solenne pag. 21 EXPO Farina

Finestra sul mondo pag. 22 Ma l'Europa non vuol crescere

Vita di Congregazione pag. 24 Cinquant'anni di vita a servizio del carisma educativo pag. 26 Giornata Eucaristica in adorante silenzio e ringraziamento pag. 27 Artigianato, fede, cultura, solidarietà pag. 28 In breve

Nella Luce pag. 29 Grazie sorelle!

Tempo d’uva, miracolo di Dio!

la terra si spoglia tutta,

la casa odora di frutta,

il cielo piange di addio.

Alla prima pioggia si è più soli,

il muro s’insanguina di rampicanti,

sui giorni dorati come santi

la rondine scrive gli ultimi voli.

R. Pezzani

Ricordiamo ai nostri lettori che nella cappella di S. Bertilla a Vicenza, via S. Domenico 23, ogni primo lunedì del mese è cele-brata una S. Messa secondo le intenzioni dei devoti della Santa.

È ormai pronto un numero speciale per il primo anniversario della Canonizzazione di San Giovanni Antonio Farina, a cura di Romina Gobbo. Il titolo è:

GIOVANNI ANTONIO FARINAtalmente uomo da essere santo

Suore Maestre di S. Dorotee, Figlie dei Sacri Cuori, VicenzaVi terremo informati quando sarà disponibile.

TEMPO D'UVA

In questo scorcio di fine anno è facile avvertire lo scorrere inesorabile del tempo e con esso la vita che len-tamente scivola verso traguardi, che in parte ci illumina-no, in parte ci interpellano oppure ci fanno sperimentare un senso di perdita di fronte a ciò che è stato e che non è più. Si tratta di uno stato d’animo spesso accompagnato da sentimenti di tristezza e di smarrimento. In questi casi è importante scrutare la nostra interiorità, per afferrare quel “tesoro” di cui ognuno è portatore e renderlo lumi-noso, operativo al di là dell’età, delle circostanze, degli accadimenti. Nella storia di ogni individuo è presente un mistero d’amore che sempre più avanza verso il compi-mento. Esso si manifesta negli eventi quotidiani a volte carichi di senso, a volte tragici. Ciò che più sgomenta è l’esperienza di una sorta di aridità per il venir meno di risorse personali, che hanno dato consistenza e spessore al nostro esistere. Ci si ritrova quasi a toccare con mano il “nulla”, come una specie di vuoto che provoca vertigine.

S. Bertilla, negli ultimi giorni della sua esistenza, so-leva ripetere: “Tutto è niente, tutto è niente”. Ella però moriva da santa, perché il “niente” di cui parlava era la conseguenza di quel TUTTO perseguito con la decisa volontà di considerare vana ogni altra cosa. Un “Tut-to” cercato, trovato, custodito ed espresso dalle parole: “Gesù mi basta!”. Ecco il suo “Tesoro”! Papa Francesco in più occasioni ci invita a “non lasciarci rubare il teso-ro”! Quale? Ora sembra alludere alla Speranza, ora alla Fede, ora alla Carità. Non si tratta di scoprire quale di questi tre valori costituisca l’autentico tesoro, ma di ap-prendere, mediante l’agire, che soltanto nel loro intreccio si può dare solidità e forma a quel “TESORO” creduto, sperato e amato che assume le sembianze dell’OLTRE.

Se la Speranza proietta il nostro sguardo oltre le oscu-rità dell’esistenza, la Fede infrange le opache barriere del dubbio e fa intravedere “qualcosa” a cui ancorarci

saldamente. La Carità, a sua volta, riscalda, feconda, co-struisce, perché è “paziente, mite, arrendevole, benigna (1Cor. 13, 4-7). La Carità non è soggetta al logorio del tempo, perché sgorga da Dio e a Lui fa ritorno, dopo essersi “incarnata” e accresciuta nei gesti più vari di ser-vizio nell’ambito della “prossimità”.

La Carità, dice S. Paolo, è un riflesso di quel “Tesoro” che noi custodiamo in vasi di creta (Cfr. 2Cor.4,7) e che alimentiamo quotidianamente con la solidarietà, la con-divisione, l’accoglienza.

Nella corsa, a volte affannosa, della vita, la dimensio-ne dell’ “Oltre”, coltivata con l’esercizio del saper tra-scendere ciò che passa: salute, giovinezza, riuscita, è uno “spazio arcano” da custodire, un “Tesoro” prezioso e irrinunciabile. Esso ha il potere di sostenerci nei travagli dell’esistenza, di farci sorridere, amare e sperare anche quando qualche “pezzo” viene reciso dalla nostra storia personale, per essere trapiantato in un “universo” ove la vita non muore.

In questo “panorama”, dagli orizzonti sconfinati, il tempo fluisce nell’Eterno con un salto di qualità che solo la Fede può consentire e giustificare. La Liturgia di “Tut-ti i Santi e dei Fedeli defunti”, nel celebrare “l’Evento dell’Oltre”, prefigura in modo velato il mistero dell’aldi-là. Ci rassicura nelle incertezza riguardo al futuro, ci con-forta nei momenti di solitudine, dà significato al nostro nascere, vivere e morire.

Sullo sfondo dell’anno che volge al tramonto, brilla vivida la LUCE dell’Avvento. Essa contribuisce a rinvi-gorire il “Tesoro” che custodiamo mediante l’ATTESA operosa, perché la grazia di Dio, generata nel grembo della Divina Misericordia, possa manifestarsi a tutti gli uomini nell’anno giubilare che verrà ufficialmente aperto da Papa Francesco l’8 dicembre 2015.

suor Giulia Proia

Un tesoro da custodire

4S. GIOVANNI ANTONIO

Nei primi decenni del 1800, alcuni scrittori e studiosi di problemi pedagogici incomin-ciarono ad avvertire la neces-sità di un rinnovamento nell’e-ducazione e ne scrissero su ri-viste e in qualche opera, ma le loro voci rimasero inascoltate.

Solo poche persone più sensibili, dice A. Gambaro, percepirono la novità del loro pensiero e avvertirono, insie-me, l’urgenza di migliorare la condizione del popolo.

Tra queste c’è il Farina.Giovanni Antonio Farina

viene ordinato sacerdote nel 1827 e nello stesso anno è nominato cappellano nella parrocchia di S. Pietro a Vicenza. Qui inizia il suo contatto con i giovani e le giovinette, in particolare nella catechesi, nella Pia Opera di S. Dorotea, nella scuola di carità iniziata da Baldassarre Porta.

Siamo intorno agli anni '30 del 1800. San Pietro era la più vasta delle parrocchie della cit-tà e tra le più popolose e più povere; era costituita quasi in-teramente da famiglie di mode-stissima estrazione sociale nel-la maggioranza ridotte in mise-ria: su seimila persone almeno tremila mancavano di pane.

Don Antonio Farina, gio-vane, ricco di intelligenza, di sensibilità umana e cristiana, generoso e attento ai proble-mi sociali del suo tempo, ave-

va colto con acuta sofferenza tale situazione di disagio, ma lo angustiava ancora di più la realtà della gioventù povera.

Fu colpito in particolare dalla situazione delle fanciul-le, le più povere tra i pove-ri che, nella estrema povertà e nel disagio familiare, ab-bandonate a se stesse, sen-za istruzione ed educazione, non potevano fare altro che darsi all’accattonaggio e alla vita di strada, dove erano fa-cile preda del vizio. Nella sua sensibilità non riusciva ad ac-cettare che le figlie dell’infi-ma classe fossero costrette a vivere una vita priva di ogni dignità, una vita – dice G. Mantese – che neppur meri-tava un tale nome, tanto era degradata.

Cercò di capire le cause di tale situazione e se fosse possi-bile porre qualche rimedio.

Gli parve di individuare nella grave piaga dell’igno-ranza diffusa e nella mancan-za di educazione, una delle ragioni più rilevanti della de-plorevole situazione che gra-vava sulla donna. Constatò inoltre il disinteresse pubbli-co per la creazione di scuole e per l’educazione specialmen-te della gioventù femminile, e il pregiudizio sociale riguar-do la loro educazione.

Il Farina decise di fare qualcosa per migliorare la si-tuazione delle giovani. Non

era migliore in città la si-tuazione dei ragazzi, tuttavia egli scelse di occuparsi della donna e di impegnarsi a fa-vore della sua emancipazione e a difesa della sua dignità. L’occasione gli viene offerta dalla richiesta di occuparsi della piccola scuola che era in parrocchia e che rischiava di chiudere.

Nei suoi discorsi educativi ci sono prese di posizione for-ti a favore della sua elevazione e contestazioni altrettanto de-cise ai suoi oppositori e deni-gratori. Giunge a dichiarare: bestemmia e ributtante cinismo la posizione di quelli che vor-rebbero allontanata dalle donne ogni forma di istruzione.

E in altro passo riguardo

La pedagogia del Farina

5 S. GIOVANNI ANTONIO

alla donna afferma: non sono anche loro, le donne, membra ben abili di un’unica famiglia? Non partecipano forse al bene della medesima società? Non sono forse corresponsabili nel-la gestione familiare? I bisogni più interni della casa non sono svolti dalle donne? E non è stato Dio a volere che per esse si avesse l’esperienza degli af-fetti più cari? Perché allora dovranno essere non valorizza-te, perché non potranno cono-scere le soglie arcane della sa-pienza, e non potranno salire neppure un gradino della scala degli studi? Sembra davvero un'aperta ingiustizia. Anche le donne sono nel mondo, ed esse pure devono partecipare come

tutti alla vita civile (Rapporto sull'andamento degli Eserci-zi Scolastici, A.I.F., Vicenza, 1845).

In un discorso fatto a Vi-cenza nel 1847 ritorna sull’ar-gomento: Che cosa sono mai le donne perché non abbiano ad essere colte, dignitose, gentili, ed istruite? Che cosa sono mai questi esseri, metà dell’umana famiglia, perché non abbiano ad osservare una morale, una onestà? Perché non debbano conoscere la virtù, ed esercitare un’ azione politica, religiosa?

Stolte follie che si vanno pre-dicando in giorni di tanta luce. E parlando nel 1848 a Thiene continua: non mi si venga a dire che è inutile alla donna una

formazione completa. Perché? Non è ella membro dell’umana famiglia? Non ha ella pure di-ritto alle più delicate attenzio-ni? Non è nostra sorella? Non ha un’anima capace degli stessi affetti, con un medesimo desti-no, acquistata essa pure con lo stesso prezzo di Redenzione?

Egli precisa inoltre che alla donna, che per indole è più intuitiva dell’uomo, ma meno razionale, è anche più necessa-ria che all’uomo l’educazione e l’istruzione.

Attribuisce al Vangelo, alla uguaglianza fra uomo e donna portata avanti dalla religione e al diffondersi della cultura nel suo tempo, il poter parla-re di tale argomento.

Nei suoi discorsi educativi parla alle giovani della donna e le illumina sulla situazione che ella vive in quel tempo, le ren-de consapevoli del privilegio di cui esse godono, ma anche del loro valore, dei loro dirit-ti, dei doveri e dei compiti che le attendono e a cui la scuola intende prepararle. Ciò perché le giovani avevano la mentalità del tempo riguardo la donna.

Con i genitori e le autori-tà pubbliche invece rivendica il diritto della donna all’edu-cazione, ne illustra i frutti e chiede di sostenere la scuola per il bene delle figlie e alun-ne, e perché tale bene si ri-verserà sulle future famiglie e sulla società.

Angrè (Costa D'Avorio), suor L. Martine Abey in classe con i suoi allievi.

6S. GIOVANNI ANTONIO

I criteri che hanno orientato le scelte del Farina

Perché tra le emergenze del suo tempo Giovanni Antonio Farina scelse di operare sulla situazione della donna?

Perché la donna, secondo lui, era la più povera tra i poveri, privata del di-ritto all’educazione e all’istruzione, era ingiustamente sottovalutata rispetto all’uomo ed emarginata nella società, quindi non era considerata nel suo va-lore e nelle sue capacità.

Egli pensava giustamente che attra-verso l’elevazione della donna sul pia-no umano ridandole dignità attraverso l’educazione, offrendole un’istruzione conveniente sul piano culturale, rico-noscendo i suoi diritti nel vivere socia-le e il valore del suo contributo nella famiglia e tutto il bene che ella poteva portare nella società e nel lavoro, si sarebbe potuto realizzare l’elevazione morale, spirituale e sociale delle fami-glie, dei giovani, della società, di un intero popolo.

Sul mezzo il più adatto per realiz-zare tali obiettivi Il Farina non ha dub-bio: è la scuola. Egli è acuto e lungi-mirante nel vedere i frutti che da essa possono venire, la sceglie senza lasciar-si scoraggiare né dalla difficile situazio-ne socio-economica, né dalla mentalità corrente che gli è contro, non si lascia condizionare neppure dalle scelte di altri Istituti del tempo.

Nel 1800 sorgono 185 Istituti reli-giosi con finalità educative o di cura dei malati, quello del Farina è tra i primi a sorgere.

Molti di quelli che sorgono per le

giovani scelgono di aiutarle at-traverso la forma assistenziale of-frendo quanto serviva per vivere, ma curavano poco l’aspetto edu-cativo e per nulla quello istruttivo.

Il Farina non condivide que-sto tipo di intervento che consi-dera solo un palliativo che lascia la situazione com’è; sceglie de-cisamente di operare attraverso la scuola. Qui si inserisce il suo profetismo.

La legislazione imperiale gli apre la possibilità di usare tale mez-zo ed egli coglie la palla al balzo.

Egli sceglie la scuola perché permette di sviluppare la persona nella sua completezza psicofisica e spirituale, offre la sua proposta con continuità e per un tempo prolungato ed ha quindi un effetto duraturo. Inoltre la scuola istrui-sce, cioè illumina la mente e attiva la capacità di valutare e di discernere, di fare scelte personali, consapevoli e responsabili; la scuola educa, cioè in-segna i valori morali, civili e religiosi e aiuta a tradurli in vita, realizzando un bene per la famiglia e la società che si estende nel tempo e nello spazio.

Riguardo all’importanza della scuola e alla responsabilità di chi vi opera scrive ai maestri della sua dio-cesi di Treviso: voi tenete in custodia il più caro dei nostri tesori, il tesoro che forma l’unica speranza per la fu-tura felicità… voi avete in mano le chiavi della sorte dei popoli, e a tutte le future generazioni voi preparate la maturità dei loro destini.

Il Farina si attiva aprendo le sue scuole sia in città, sia in campagna

nei grossi paesi. Egli sostiene l’aper-tura sia di scuole private sia di scuole pubbliche, senza pregiudizio, per-ché vorrebbe che fosse offerta tale opportunità educativa al maggior numero possibile di giovani.

Inoltre egli collabora con i Respon-sabili pubblici per l’apertura di nuove scuole a Vicenza. Si interroga su quale “strumento” sia più efficace per realiz-zare le finalità educative.

Il Farina realizza, dopo alcuni ten-tativi con maestre stipendiate, una as-sociazione di persone, un corpo unico di maestre e collaboratrici che si consa-crano a questo nobilissimo scopo: sono le sue Suore Maestre.

A sostenerle ci sono anche perso-ne laiche. Oggi, nelle nostre scuole come sono presenti i laici? La do-

Vicenza, la Chiesa Sacri Cuori vista attraverso il cancello della Scuola Primaria (fine anni '90)

7 S. GIOVANNI ANTONIO

manda sorge spontanea.Le nostre scuole sono di ispira-

zione cristiana, esse hanno senso nel-la misura in cui i laici che vi operano assumono il progetto educativo cri-stiano cui aggiungono la specificità indicata dal Farina.

Gli obiettivi educativi

Il Farina mette al primo posto l’e-ducazione morale e religiosa perché egli è convinto del valore formativo.

In una circostanza, constatando che alla scuola si tendeva ad attri-buire un compito puramente istrut-tivo, ricorda con fermezza: la nostra vocazione è più elevata. Ha un prin-cipio più nobile, un ministero quasi divino. Essa… non tende ad illumi-nare la mente se non in quanto con essa forma anche il cuore. E aggiun-ge:… ed è proprio in vista di ciò che le mie Suore si consacrarono all'edu-cazione con voti solenni e religiosi. Altri obiettivi particolari li specifica parlando ai genitori di Thiene: Alla fine della scuola - egli dice - trovere-te dunque, nelle educande che oggi ci consegnate, non solo delle ragazze erudite negli elementi della lingua, dello scrivere, dell'aritmetica, ma an-che delle giovani civili e ben educate, obbedienti, docili, impegnate a vive-re nel bene con costanza e con sicuri principi. Con ciò non intendo dire giovani esageratamente impegnate in un sistema di vita ascetico e rigoroso. No, ma persone dignitose, sagge, pru-denti, riservate, aggraziate, socievoli. Giovani dedite, come le vuole la Sa-cra Scrittura, abili nei doveri di casa,

e nel sbrigarli con puntualità, che sanno, se necessario, cavarsi d'impac-cio di fronte alle insidie allettanti del mondo e, senza fuggire da esso, san-no restare libere da quegli inganni in cui le meno caute vengono travolte.

Vivranno, dunque, in famiglia, nel lavoro, in società, ma né la socie-tà, né la casa, né il lavoro diverranno per esse pietra d'inciampo o causa di disonore.

Giovanni Antonio Farina, di-ventato vescovo, propone le stesse finalità e gli stessi obiettivi educati-vi anche a tutti i maestri e maestre delle scuole della diocesi, e inoltra sottolinea l’importanza del loro compito e della loro responsabilità con queste parole: le scuole sono l’argomento più certo per un mi-gliore avvenire, per il risorgimento della società, per la prosperità delle famiglie, per la diffusione della mo-rale pubblica e privata, e per il do-

vuto apprezzamento della virtù, a cui sempre tendevano tutte le nostre pur limitate energie. Insiste anche sulla formazione e il coinvolgimento dei genitori nell’educazione che dice non possono chiedere tutto alla scuola perché pagano e non posso-no sottrarsi al loro impegno con la scusa che sono impreparati, perché è un dovere di natura.

L’ideale educativo del Farina

In sintesi l’ideale educativo del Farina è la realizzazione completa della persona, nella sua realtà uma-na e spirituale. Egli stabilisce però una priorità ed è, cito le sue parole, instillare nelle giovani il Santo Timo-re di Dio, nel quale sta il principio di ogni sapienza, ed in essa la felicità degli uomini - e sottolinea egli stesso - a questa meta tende con vivo desi-derio la nostra missione.

Docenti della Scuola Secondaria durante un consiglio di classe

8S. GIOVANNI ANTONIO

Evidenzia con ciò l’importanza dell’educazione religiosa e di quella morale, cioè la trasmissione di va-lori secondo una visione cristiana della vita. Vengono poi gli obiettivi strettamente scolastici che danno conoscenze, sviluppano l’intelligen-za e creano delle abilità.

Ma il Farina ci tiene a precisare che la sola formazione intellettuale non serve a ben vivere e ad orienta-re la vita. L’intelligenza è uno stru-mento, se non è orientata dai valori: è come un’arma in mano a un pazzo, può diventare un pericolo.

Tale affermazione fa riflettere molto anche oggi. La sua modalità educativa invece può essere raccolta nel motto che ci ha lasciato: e che ha fatto scrivere sulla porta d’entra-ta dell’Istituto: Suaviter et Fortiter, esso indica dolcezza, comprensione

e accoglienza dell’educando, ma pure chiarezza e fermezza nei prin-cipi e valori educativi.

Che cosa ci dice oggi il Farina

L’insegnamento del Farina nei suoi orientamenti di fondo continua ad essere valido anche oggi pur tro-vandoci in situazioni tanto diverse da un punto di vista storico, sociale e culturale rispetto al suo tempo.

Con le sue scelte e con le sue pa-role egli ci insegna ancora un meto-do efficace per la formazione delle persone. Sembrerà strano, ma c’è una consonanza tra quello che ha fatto e detto il Farina e quello che ci insegna Papa Francesco.

Guardiamo all’esperienza del Farina attraverso le parole e le sol-lecitazioni che ci rivolge il Papa.

Il Papa ricorda agli Istituti Re-ligiosi che operano nell’ambito della scuola che l’educazione dei giovani è una emergenza, è una frontiera, una sfida delle più im-portanti e aggiunge che pilastri dell’educazione sono: trasmettere conoscenze, trasmettere modi di fare, trasmettere valori e attra-verso questi trasmettere la fede. (Svegliare il mondo, Colloquio del Papa con i Superiori generali, Civiltà Cattolica, 4 gennaio 2014).

Inoltre il Papa ci invita: a tra-sformare il mondo, ciascuno con il suo proprio contributo; ad uscire da se stessi, a non privatizzare l’a-more, a cercare senza sosta il bene dell’altro; ad andare verso le peri-ferie della vita, le periferie esisten-ziali dove si sperimenta la sofferen-za del vivere; a chinarci con amore, paterno e materno, su chi è povero e debole, su chi ha più bisogno di aiuto; a dare testimonianza della tenerezza e dell’amore con carità umile; ad essere testimoni di un modo di fare, di agire, di vivere di-verso da quello del “mondo”.

E ricorda che i luoghi in cui si elabora e si comunica il sapere sono anche i luoghi in cui crea-re una cultura della prossimità, dell’incontro, del dialogo abbas-sando le difese, aprendo le porte, costruendo ponti. (Cfr. Rallegrate-vi, Libreria Vaticana, Roma, 2014; il Papa ai movimenti ecclesiali, alle aggregazioni laicali e religiose, al clero e ai vescovi, a tutti i cristiani).

suor Irene De Bortoli

India, bambini attenti alla lezione

9 S. GIOVANNI ANTONIO

Anche tu sei mio fratello

Il 23 novembre 2014 Papa Fran-cesco ha proclamato Santo Don Giovanni Antonio Farina, fon-datore della Congregazione delle Suore Maestre di S. Dorotea, figlie dei Sacri Cuori. Per celebrare que-sto straordinario evento, le suore dell’Istituto Giovanni Antonio Fa-rina di Lavello, ed in particolare suor Luigina, ha pensato e propo-sto di mettere in scena un recital dal titolo “ANCHE TU SEI MIO FRATELLO”, con l’intento di far conoscere non solo il Santo ma an-che di far conoscere e ripercorre-re la vita, le opere e le sofferenze del vescovo nativo di Gambellara (VI), Giovanni Antonio Farina.

Il recital, andato in scena il 3 giugno scorso nel Teatro S. Mauro di Lavello (PZ), ha avuto un note-vole successo di pubblico, un risul-tato inaspettato non tanto da parte di chi ha organizzato il tutto, quan-to da chi l’ha messo in scena.

Sì, perché la particolarità di que-sto spettacolo è stata che vi hanno preso parte, come attori, i genitori dei bambini frequentanti l’Istituto Giovanni Antonio Farina di Lavel-lo, ed ex alunni dell’Istituto stesso, catechisti e persone comuni.

Questo ha comportato l’impe-gno di tempo, di lavoro e di fati-ca per arrivare a questo risultato, sia da parte degli organizzatori sia da parte degli attori nelle ve-sti di Giovanni A. Farina, Gesù, gli Apostoli, i ricchi ed i poveri dell’800, le suore, le maestre, le infermiere, gli ammalati, i narra-tori, ecc.. La proposta è stata ac-

colta con en-tusiasmo da tutti, senza pensare né immaginare tanto impe-gno, perché conciliare i propri impe-gni familia-ri, personali e lavorativi con questo progetto non è stato asso-l u t a m e n t e facile.

Nella con-duzione si è instaurato un dialogo aperto e sincero, anche nelle cri-tiche, costruttive, ma sempre nel rispetto reciproco delle persone, in amicizia e con l’intento di aiutare e portare a termine l’opera.

Non è stato per niente sem-plice far lavorare come attori persone che attori professionisti non sono, coordinare tante te-ste, ognuno con i suoi modi di fare e pensare, tenere a bada i bambini impegnati nel recital e quelli che hanno accompagnato i genitori che non potevano la-sciarli a casa da soli. Non sono mancate le difficoltà a causa dei turni di lavoro, per cui le pre-senze non erano complete.

Man mano che i giorni pas-savano, l’impegno e la costan-za dei genitori coinvolti in questo progetto sono diventa-ti sempre più assidui.

Forse pervasi dallo spirito, dal carisma e dalla personalità di san Giovanni Antonio Farina, consa-pevoli dell’importanza della sua opera che abbiamo imparato a conoscere ripercorrendo sul co-pione la storia, la sua vita, ci han-no cambiato, ci hanno reso più consapevoli e responsabili del compito che ci è stato affidato.

Ogni attore ha dato il pro-prio contributo: chi con la pro-pria esperienza professionale nel coordinare lo spettacolo, chi ha procurato le stoffe e cucito gli abiti di scena, chi gli abiti e gli oggetti di scena se li è portati da casa… tutti, ma proprio tutti con spirito di sacrificio e di comunio-ne d’intenti, con umiltà, in un clima di fratellanza, complicità e gioia hanno contribuito.

In questo, come in ogni gior-no di prove, si avvertiva la pre-

Il cast degli attori partecipanti

10S. GIOVANNI ANTONIO

senza, lo spirito di san Giovanni Antonio Farina: quando si ri-deva, si scherzava o si facevano battute ma anche quando ci si arrabbiava un pochino.

Il confronto, il dialogo tra i partecipanti tutti, la determina-zione hanno fatto superare ogni difficoltà, come ha fatto san Giovanni Antonio Farina. Rap-presentare la sua vita, vissuta sull’esempio di Gesù di amore e carità verso i fratelli poveri ed emarginati, ripercorrerla attra-verso le sue opere, le tribolazio-ni e le peripezie del suo tempo, è stata un’esperienza unica e, dal punto di vista di chi scrive, ap-passionante e spiritualmente in-teressante. In molti hanno colto l’occasione per avvicinarsi di più al Signore ed alla figura di san Giovanni Antonio Farina.

Un’esperienza unica, indi-menticabile, che in molti sareb-bero già pronti a replicare pro-prio perché c’è il rammarico che

sia finita. In tanti genitori vi è la consapevolezza di non terminare qui l’esperienza ma di darle un se-guito; il carisma, lo spessore di S. Giovanni A. Farina, il suo amore e la carità hanno riempito i cuori e gli animi dei genitori tutti che vi hanno partecipato, e li hanno contagiati. Un’esperienza che va oltre il semplice stare insieme e divertirsi, carica di spiritualità.

Quanto a chi scrive, sarebbero tante le cose da dire.

Un’esperienza partita per caso, divenuta sempre più impe-gnativa ed importante man mano che, provando, si è presa con-sapevolezza del personaggio di Giovanni Antonio Farina e del-la sua importanza per tutti noi. Esperienza che mi ha permesso di “lavorare” con un gruppo di persone straordinarie, di condi-videre insieme tante emozioni, di vedere e rivedere tante persone quasi dimenticate o sconosciute.

Penso a quelle persone perse di vista per anni, la-sciate ragazzini e rein-contrate come genitori, penso alle persone di cui non sapevo nulla, neanche il nome, ed a quello che ora so di loro… che sono geni-tori come me, vivono le difficoltà del quotidia-no come me, lavorano (fortunatamente) come me, anche se non tutti hanno questa fortuna, condividono gioie e do-

lori … persone fantastiche, che mi hanno accettato fin dal primo giorno come uno di loro, senza pregiudizi, come se mi conosces-sero da sempre o fossi loro amico.

È ancora vivo in me il ricor-do della prima volta che provai la scena della “TEMPESTA” con tutti gli “apostoli”, quando tutti mi hanno riservato un’ac-coglienza fraterna, Molti di loro non li conoscevo, eppure chi mi ha stretto la mano, chi mi ha salu-tato affettuosamente come il più caro degli amici… Ecco… secon-do me il senso di questa rappre-sentazione: vivere serenamente il proprio presente, in pace con se stessi e con gli altri per creare un senso di appartenenza a qualcosa di importante… la nostra vita, nel rispetto degli altri e dei valori cri-stiani di carità, fratellanza e amo-re per le persone.

Questa esperienza è servita anche per ritornare un po’ bam-bino ed in questo, sono convinto, c’è l’opera, la mano del Signore e del suo fedele servo da noi ce-lebrato… san Giovanni Antonio Farina. Egli ci ha insegnato alcu-ni dei valori più importanti per la vita cristiana: l’amore verso Gesù, verso i poveri e gli emarginati, l’attaccamento e la fedeltà verso il ministero della Chiesa, nonostan-te le lotte che ha dovuto affron-tare a livello civile e religioso. È stato, insomma, un vero padre e pastore verso tutti.

Alessandro ColonnaDon Giovanni Antonio Farina accoglie le bambine nel suo Collegio

11 S. BERTILLA

Regina di Carità

La liturgia nella festa di santa Bertil-la, ci fa puntare lo sguardo al vertice della vita cristiana, cioè all’Inno del-la Carità contenuto nella 1a lettera ai Corinzi, al cap. 13.Consideriamo solo qualche verset-to: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che ri-suona o un cembalo che tintinna … la carità tutto copre, tutto crede, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine”. Di fronte alla vana sapienza a cui si appellavano alcuni della comunità dei Corinzi venuti alla fede cristiana, viene proclamato loro l’origine divi-na e il primato dell’amore.Giovanni afferma: “Dio è amore” (1Gv 4,8 ), san Paolo spiega che que-sto stesso amore “… è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spiri-to Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Ora l’uomo è se stesso solo quando vive e opera in conformità all’amore di Dio. Da qui l’affermazione: senza amore, anche se abbiamo la lingua degli angeli, produciamo solo un ru-more vuoto come quello del bronzo.Il criterio per essere i primi e i più importanti nella logica del vangelo è quello del servizio, quello di metter-si a disposizione degli altri, con umil-tà e modestia, (Mt 20, 26- 28). Solo vivendo così l’amore non avrà fine.

Come vive questa pagina la nostra Santa?Possiamo dire che la vive secondo l’appellativo che il Santo Giovanni Antonio Farina, nostro Fondatore, amava dare alle sue Suore: “Voi sie-te regine di carità …; la carità ha un

occhio solo, quello dell’amore … La carità vi faccia tutte a tutti”. E San-ta Bertilla, consapevole che Gesù era il tesoro del suo cuore, viveva da dispensiera a piene mani dell’amore del suo Signore. Amore, che come è noto, ella attinge quotidianamente dal contatto vivo con Lui nella san-ta Comunione e dai suoi colloqui ai piedi del Tabernacolo. “Gesù quanto mi ha amato e mi ama! È morto in mezzo ai più cru-deli martiri per amor mio, e non ancora bastasse, ha voluto restare sempre in mia compagnia e unirsi talmente a me da restare una cosa sola e tutto perché io possa amarlo tanto in questa vita e poi goderlo in paradiso”(Diario). Ed io, come ti amerò Gesù?Nessun dubbio se diciamo che S. Bertilla risponde all’amore di Gesù con il sacramento dell’amore frater-no, amore che si traduce in servizio

incondizionato, come ci rivela la se-guente annotazione nel suo diario:La Carità è il testamento di Gesù; tante volte lo ha raccomandato per-ché vedeva che era difficile la vera carità: “oggi voglio cercare in tutto il comodo delle Sorelle” (Diario). È talmente generosa questa sua espres-sione da rimandarci con immediatezza alla “regalità” e nobiltà del suo cuore tutto posseduto dall’amore di Gesù. Infatti solo un cuore magnanimo e libero, e perciò dimentico di sé, può arrivare a vivere cercando il comodo delle Sorelle, tanto da essere chiamata dalle stesse “suor comodino”.

“Voglio vivere e operare sempre con la carità nel cuore; voglio amare Gesù con i fatti e non con le parole”. I fatti sostanziati dalla carità sono stati tal-mente tanti da ispirare il titolo di uno dei libri sulla sua vita con il titolo: In corsia è passato l’Amore!

La Carità, mosaico di A. Gatto nella cappella S. M. Bertilla

S. BERTILLA 12

La sapienza della croce

“I Santi sono pagine vive ed illustra-te del vangelo” ha affermato Papa Benedetto.San Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi dice: “Voi siete una lettera di Cristo conosciuta e letta da tutti gli uomini … una lettera scritta non con inchiostro, ma con lo spirito del Dio vivente” (2 Cor 3,3).Ora come l’inchiostro fissa il pen-siero dell’uomo sulla carta, così lo Spirito fissa nell’interiorità dei nostri cuori i tratti della vita di Cristo, se-

condo quanto dice lo stesso Gesù: “Lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà”( Gv 16, 13), cioè ve lo farà comprendere, lo fisserà nei cuori ben disposti e lo renderà visi-bile per la gloria di Dio e l’edifica-zione della Chiesa. Nella Liturgia di Santa Bertilla, la prima pagina dell’Ufficio di Lettu-ra ha come sottotitolo: la sapienza della croce.Di questa lettura noi cogliamo il ver-setto che più tratteggia il volto inte-riore di Santa Bertilla. “Nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la

sua sapienza, non ha conosciuto Dio, ma è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della cro-ce” (Cfr 1Cor 1,20b).La sapienza cristiana è credere, è fidarsi di Gesù che ci ama al di là di ogni merito. Per que-sto, ai cristiani di Corinto che si vantano della cultura greca, della sapienza umana e dei ca-rismi, tanto da provocare par-titi e divisioni all’interno della comunità, san Paolo annuncia con forza un’altra sapienza, quella della croce di Cristo con la quale Dio decide di salvare il mondo: la logica dell’amore fol-le, del dono di sé a costo della morte del proprio Figlio.

Ma qual è il taglio di vita sapien-te di Santa Bertilla?Santa Bertilla è una di questi sapienti secondo lo Spirito di cui parla san Paolo; ella ha vis-suto la dimensione della fede pratica, semplice, cristallina,

robusta nel vero senso del suo “ap-poggiarsi” a Dio.

Quale la sua dimensione missiona-ria nell’oggi?

In un mondo un po’ smarrito come il nostro, dove la tentazione più grande è quella di cedere al “pen-siero debole” e frammentato dalle mille proposte, la missione di Ber-tilla continua ad offrire la sua logi-ca essenziale, sicura, fondata sulla pietra angolare che è Cristo Gesù, l’Evangelizzatore sempre vivo nella sua Chiesa, perciò può e sa dire: “Io sono una povera ignorante, ma credo tutto quello che insegna la Chiesa”.E ancora con la serenità dei sempli-ci ama ripetere: “Certe anime sono privilegiate, ma io vado per la via de carri”. E il nostro pensiero va alla via della laboriosità di chi, mosso dall’a-more, sa battere il passo accidentato del sacrificio che poi si rivela il più fruttuoso: il dono di sé agli altri è la piena realizzazione della persona. La statura di donna sapiente, della sapienza della croce, a Santa Bertilla proviene, da una parte dal bisogno unitivo al suo Signore e dall’altra nel sano realismo racchiuso nella seguente espressione che, per lei, ha il sapore del sangue: “Ci vuole fati-ca e sacrificio, ma con il Crocifisso in mano tutto diventa leggero … da oggi in poi mi chiamerò Sr. M. Crocifissa”Per intercessione della nostra santa, il Signore conceda a noi tutti questa sapienza di vita.

suor Pasqualina Vetere

ARRICCHIRE IL CUORE13

La famiglia oggi

Dopo l’indimenticabile incon-tro Mondiale delle Famiglie che si è svolto recentemente a Philadelphia negli Stati Uniti e che ha visto come protagonista principale Papa Fran-cesco e dopo il Sinodo straordinario, svoltosi nell’ottobre dello scorso anno, su Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, dal 4 al 25 ottobre, ha avuto luogo la XIV Assemblea Generale Ordinaria che ha trattato il tema La vocazione e la mis-sione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.

Quest’anno siamo stati tutti coin-volti nel processo di riflessione e ap-profondimento sulla famiglia, anche grazie alla settimanale guida del Papa che, nelle Udienze generali del mer-coledì ci ha illuminato con le sue cate-chesi, evidenziando di volta in volta un aspetto diverso della famiglia, sottoli-neandone il valore senza nascondere le fatiche, anzi a volte suggerendo con molta semplicità delle strategie per af-frontare la vita quotidiana. Il rinnovato interesse per la famiglia, suscitato dal

Sinodo, è confermato dall’ampia at-tenzione riservata ad essa non solo nel-la Chiesa ma anche nella società civile.

La famiglia, oggi più di sempre, è chiamata ad affrontare nuove proble-matiche ma soprattutto è chiamata a prendere coscienza della propria iden-tità missionaria di Chiesa domestica anch’essa “in uscita”.

Il cammino sinodale, come si evince dall’Instrumentum Laboris, ha conside-rato tre aspetti: l’ascolto delle sfide sulla famiglia, il discernimento della sua vo-cazione, la riflessione sulla sua missio-ne. A noi l’impegno di accompagnare con la preghiera questo importante evento della Chiesa e di tenerci aggior-nati sul percorso che il Sinodo propor-rà alle Famiglie, ad ogni famiglia.

Una prima riflessione che viene fatta è quella di prendere atto del fatto che solo una minoranza “vive, sostiene e propone l’insegnamento della Chiesa Cattolica sul matrimonio e la famiglia” Certamente oggi siamo più portati a porre l’accento sulla persona tenen-do meno in considerazione l’aspetto

comunitario, il bene comune e ciò porta ad assolutizzare i diritti del singolo.

Inoltre la debolezza dei legami sociali rende difficile il matrimonio e la vita familiare: spesso i genitori sono soli a gesti-re l’educazione dei figli, senza legami di amicizia e di parentela. Sempre più ci rendiamo conto di quanto siano preziosi i nonni e altre figure ami-

che, non solo nell’organizzazione della giornata dei figli ma soprattutto nella loro formazione. Quanto è vero quel proverbio africano più volte citato (e ripreso anche da Papa Francesco) che afferma “per educare un figlio ci vuole un villaggio”.

Nello stesso tempo si allarga il con-cetto di famiglia e di paternità svuo-tando così di contenuto queste stesse categorie: quanti ragazzi si trovano ad avere due papà (oltre a quello biolo-gico anche il nuovo compagno della mamma) o a vivere in famiglie mono-genitoriale! Sono realtà non facili da vi-vere, che creano disagio e confusione, specie negli adolescenti, in un momen-to in cui si forma la loro identità. Come si afferma nel Documento: “la famiglia rimarrà sempre il pilastro fondamenta-le e irrinunciabile del vivere sociale”. Per questo sarebbe auspicabile una ridistribuire delle risorse economiche da parte della società civile, che possa garantire il giusto lavoro e un soddi-sfacente stipendio per permettere una dignitosa vita familiare nella quale non ci si preoccupa solo delle fondamentali necessità ma dove trova spazio anche il giusto riposo e lo svago insieme, mo-menti che danno il sapore alla famiglia e la rendono più unita.

La seconda parte dell’Instrumen-tum Laboris “il discernimento della vocazione familiare” propone positi-vamente la bellezza e l’importanza del-la famiglia alla luce della rivelazione. Centro di umanizzazione la famiglia è descritta come scuola di socialità, che fa crescere la persona nello sviluppo delle sue capacità di relazione e nella sua possibilità di contribuire alla co-Papa Francesco accarezza un bambino in braccio alla sua mamma

14ARRICCHIRE IL CUORE

struzione della società. Ma la famiglia è da considerarsi anche come scuola di ecclesialità e di fede, dove si conosce e si ama Dio, si impara a pregare ed essere introdotti all’esperienza della comunità cristiana. Nella vita della Chiesa la famiglia viene vista non solo come oggetto e destinataria dell’azio-ne pastorale, ma anche come sogget-to e protagonista di essa: perciò viene evidenziata la costitutiva dimensione missionaria, riconoscendo nella realtà familiare la “via della Chiesa” accessi-bile ai più per conoscere e sperimen-tare la misura divina dell’amore. Inol-tre è dovere della comunità cristiana aiutare la famiglia nella sua crescita, educando i suoi membri alla pratica del perdono reciproco e della miseri-cordia. Un impegno particolarmente importante oggi è quello di sostenere i giovani nell’affrontare la paura di spo-sarsi che spesso li prende, aspetto del timore che si riscontra nelle nuove ge-nerazioni verso gli impegni definitivi, la cui verità e bellezza è legata invece

proprio alla loro irrevocabilità, che con l’aiuto dall’al-to può essere vis-suta come fonte di gioia e consola-zione.

La terza parte dell’Instrumen-tum si occupa del-la missione della famiglia oggi, sof-fermandosi sull’e-vangelizzazione e sulla necessaria formazione. Più in generale la famiglia necessita di un accompagnamento ecclesiale, sia nel cammino verso il Matrimonio, sia nell’educazione all’esercizio quotidia-no della reciproca accoglienza, nutri-to dalla misericordia divina. Infine. un’attenzione peculiare il Sinodo la riserva alla cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze, e alle cosiddette “famiglie

ferite” (separati, divorziati non ri-sposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali: a tutti costoro vie-ne annunciato che Dio non abbando-na mai nessuno!

Concludiamo queste nostre ri-flessioni con le splendide parole di Papa Francesco durante la veglia di preghiera celebrata

in Piazza San Pietro sabato 4 ottobre 2014 in preparazione al Sinodo sul-la famiglia, con le quali ha evocato in maniera semplice e concreta la cen-tralità dell’esperienza familiare nella vita di tutti: «Alla sera si fa volentieri ritorno a casa per ritrovarsi alla stessa mensa, nello spessore degli affetti, del bene compiuto e ricevuto, degli in-contri che scaldano il cuore e lo fanno crescere, vino buono che anticipa nei giorni dell’uomo la festa senza tramon-to. È anche l’ora più pesante per chi si ritrova a tu per tu con la propria soli-tudine, nel crepuscolo amaro di sogni e di progetti infranti: quante persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non del rancore; in quante case è venuto meno il vino della gioia e, quin-di, il sapore – la sapienza stessa – della vita... Degli uni e degli altri questa sera ci facciamo voce con la nostra preghie-ra, una preghiera per tutti».

suor Elena ScidaLe famiglie in pellegrinaggio a Roma

Stare insieme rende la famiglia serena e forte

15 ARRICCHIRE IL CUORE

Il mestiere del vivere

Imparare il mestiere del vivere non è cosa semplice. Ci vogliono molti anni, tanta pazienza e buoni maestri. Se ogni fase della vita richiede di im-parare a viverla perché la affrontiamo per la prima volta è anche vero che certi momenti, certi passaggi, sono più significativi di altri.

In fondo ogni ricerca personale è per capire cosa vogliamo farne della vita, come spenderla per il meglio, come non sprecarla, come poterla vi-vere in pienezza.

Vengono alla mente tutte le conqui-ste dei bambini dalla nascita in poi… il cibarsi, il sorridere, il camminare che poi diventa correre, le prime pa-role… un’esplosione di vita. Ma pen-so anche a quel ragazzo visto alla fer-mata del bus… fermo, immobile con le cuffiette che stava ascoltando qual-cosa, chiuso nel suo mondo, distratto rispetto a tutto quello che gli stava capitando attorno. Era vivo, ma forse dentro era come morto o stava sempli-

cemente sognando una vita diversa!Cliccando su internet si trovano

frasi, poesie, massime di sapienza che ci parlano della vita e del mestiere del vivere. Una mi colpisce: “Accadono cose che sono come domande, passa un minuto oppure anni, e poi la vita risponde” ( Alessandro Baricco, 'Ca-stelli di Rabbia' ).

Mi fa pensare e ripenso alla mia vita, alle mie esperienze. Sembra pro-prio che succeda così. Il mio cercare senso, il mio non voler sprecare la vita spesso è rimasto senza risposte per molto tempo e poi improvvisamente ecco la risposta… Ma come? Con fat-ti, con esperienze. Si la vita risponde non con una chiamata al telefono ma come lei sa rispondere: con esperien-ze, con fatti, con incontri che rispon-dono a quella domanda che ti eri fatto magari molto tempo prima. Fatti che sono domande… e fatti che sono ri-sposte! E per tutti la sfida del saper ascoltare le domande e le risposte.

Con una at-tenzione però perché le rispo-ste non sempre sono quelle che ci aspettiamo… , possono essere di-verse e sconvolge-re le nostre aspet-tative, possono metterci in crisi, possono aprire orizzonti che non volevamo consi-derare o che ci facevano sempli-cemente paura e

che consideravamo adatti per gli altri. Dopo questi pensieri un po’ sparsi

proviamo a mettere un po’ di ordine.L’inizio della nostra vita è legato

al gesto d’amore di due persone che si vogliono bene e che si donano in maniera intima l’uno all’altra gratui-tamente. Questo ci ricorda che la vita l’abbiamo ricevuta in dono; nessuno può decidere di nascere… può even-tualmente decidere di togliersi la vita, ma non di nascere. La vita è un dono ricevuto dentro una relazione d’amo-re. Forse in questo inizio troviamo una chiave d’accesso per imparare quel “mestiere del vivere” che ci sta a cuore.

A livello psicologico la logica del dono non è immediata. Il bambino impara fin dall’inizio a ricevere da-gli altri e per molto tempo pensa che tutto gli sia dovuto senza quasi avere coscienza che dietro alla sue richieste narcisistiche ci sono delle persone che “vivono per lui”, che si donano a lui gratuitamente.

Solo un po’ alla volta, in una cre-scita normale, il bambino riconosce che non tutto gli è dovuto: la vita gli presenta così le sue richieste. Piccole ma importanti per uscire da quel suo mondo autocentrato e onnipotente. Impara che anche lui può dare qual-cosa al suo amico, al compagno di squadra, di banco, di gruppo. Il dono ricevuto diventa così esigenza di dono donato, offerto: la vita si apre a pro-spettive inedite come può essere il sorriso sul volto di una persona cara dopo una tua gentilezza o dopo un consiglio. Che emozione, che gioia. “Sono anch’io capace di gratuità, di far contento un amico!”.La vita è un dono ricevuto dentro una relazione d’amore

16ARRICCHIRE IL CUORE

Non tutto però è semplice perché può accadere di resistere arroccati nella pretesa che tutto sia sempre e solo dovuto a “noi così diversi, unici e speciali”. E allora ci si riempie di cose inutili, di relazioni superficiali, di esperienze sempre nuove: si vive nella sensazione di essere felici ma in fondo al cuore si sente che non è vero. Hai tutto ma ti manca qualcosa o forse qualcuno per cui spenderti perché la vita sia piena davvero.

E poi ci sono le imboscate, le ama-rezze, i lutti, i pianti dove ci si ritrova come bambini nel farsi mille doman-de, mille nuovi perché (dopo quelli dell’infanzia) senza poi trovare rispo-ste veramente convincenti. Ma che vita è questa? Prima ti illude e poi ti delude!

Una frase di Etty Hillesum mi ha fatto riflettere: “Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa”.

Quando lei scrive queste parole si trova in campo di concentramento e

quindi assume un senso parti-colare per noi che invece ci troviamo a vive-re la nostra vita, magari un po’ frenetica ma li-beri di poterci muovere e di scegliere cosa fare. Il suo è un invito a non subire passiva-mente la vita.

Ci sono dei fatti che nascono dal-le nostre scelte e in questo caso siamo pronti ad assumerci le no-stre responsabilità, ma ci sono molti altri fatti che semplicemen-te ci accadono senza averli scelti.

Una persona che ci lascia dopo tanti bei discorsi, una malattia im-provvisa, un lavoro che non arriva,

una giornata di pioggia che ci rovina un weekend pensato e programma-to nei minimi particolari . Cose molto diverse che però diven-tano una sfi-da: cosa fac-cio? Come r e a g i s c o all’imprevi-

sto? Che senso ha, visto che a quella cosa ci tenevo tantissimo?

Quello che ci succede è allora oc-casione per scegliere quello che pos-siamo diventare.

La parola chiave è “scegliere”: si possiamo decidere come rispondere alla vita sia nelle situazioni normali e quotidiane come pure nei fatti più straordinari. Cosa vuoi diventare? Ecco l’appello che la vita ci pone giorno dopo giorno? Scappo dalla responsabilità, do la colpa agli al-tri che non mi capiscono, mi sento vittima dei fallimenti della mia fami-glia, sono arrabbiato perché per me la sorte è stata tanto malvagia?

Oppure mi approprio di quello che succede e divento originale e creativo? Questa è la sfida del “me-stiere del vivere” che ogni giorno ci è offerta.

don Andrea Peruffo

Per imparare il mestiere del vivere ci vogliono molti anni,tanta pazienza e buoni maestri

Ogni adolescente sogna un suo ‘domani’ felice

17 TEMPO GIOVANE

Quando il viaggio ci cambia

È l’esperienza in Kerala di un gruppo di ex studenti dell’Istituto Fa-rina di Vicenza.

L’India, meta agognata, è un sogno per la maggior parte delle persone: so-gno di colori, volti sorridenti, canzo-ni e curry. L’India è questo ma anche molto altro, come abbiamo potuto scoprire quest’estate. Siamo partiti in quattordici da una società in cui non si crede più a nulla, dove i valori sono soppiantati dalla tecnologia; un mondo in cui tutto è permesso, pieno di lussi e sfrenatezze. Siamo dunque arrivati in un paese mistico dove la gente sente ancora la forza della terra pulsare sotto i propri piedi scalzi.

Il Kerala, piccolo stato all’estremo sud dell’India, è stato la nostra casa per due settimane. Lì la natura sem-bra sconfiggere il progresso e si erge incontrastata. Abbiamo risieduto nel convento che si trova a Poovar, un villaggio di pescatori. Quando siamo arrivati nella scuola in cui abbiamo

lavorato una fan-fara ci ha accolto: la banda, i petali lanciati al nostro passaggio, le dan-ze e le canzoni ci hanno colpito.

Le persone erano tutte com-poste: sì, era-no gioiose, ma qualcosa nei loro gesti rievocava ancora la passa-ta stagione del colonialismo bri-tannico. Questa cerimonia ci ha fatto un grandissimo piacere, ma ci ha anche caricato di un onore che non ci aspettavamo, quasi imbarazzandoci.

La svolta è avvenuta con i bambi-ni. Ho provato a rompere il rigido for-malismo con cui pure loro tendevano a interagire con noi: l’ho fatto dando il cinque! La cosa è piaciuta tanto che è

iniziata una gara a chi ot-teneva più “cinque”. Con questa azione il distac-co ha lasciato il posto ad un’ammirazione recipro-ca, che si è espressa com-piutamente al momento dell’addio. La cerimonia di saluto infatti non ave-va più nulla del retaggio coloniale: era qualcosa di affascinante. Ancora oggi rivedo le danze, i muscoli contratti delle ragazze, la pelle luccicante imperlata di sudore, il petto che si

muoveva con affanno ma in armonia con il corpo, i volti concentrati ma adornati da un sorriso gioioso che dicevano: “Guardateci: voi ci avete cambiato. Ora saremo noi con questo spettacolo a cambiare voi”.

Il nostro lavoro non merita troppa attenzione: la mattina ci impegnava-mo il più possibile per fare attività che coinvolgessero gli studenti in modo positivo e non noioso; il pomeriggio scartavetravamo i banchi vecchi della scuola e li verniciavamo. Il lavoro ma-nuale ci ha unito moltissimo, allegge-rendoci dai nostri pensieri personali. Sono state le uscite, tuttavia, che ci hanno permesso di capire a fondo l’India. Il Kerala, più che per le archi-tetture, colpisce per la natura. In tante circostanze abbiamo viaggiato in bar-ca su fiumi o laghi osservando scenari ancora liberi dalla presenza dell’uomo e pieni di vitalità, come la giungla. In altre occasioni, con un senso di impo-

I volontari sono stati accolti con la fanfaradella scuola in cui poi hanno lavorato

Il gruppo di ex allievi Farina e dei loro professori ospiti a Poovar (Kerala)

18TEMPO GIOVANE

tenza, abbiamo contemplato l’oceano, che laggiù sembra regnare sovrano.

Abbiamo visitato anche suggestivi monumenti: dal palazzo reale Padma-nabhapuram, in pietra e legno, im-menso e magnifico, al Vivekananda Rock Memorial, un tempio in onore di un monaco indiano situato sullo scoglio più a sud dell’India, dove lui

si era ritirato a meditare per alcuni giorni. L’esperienza più particolare è stata però la visita al tempio induista Tha-numalayan di Suchindram. Prima di en-trare i maschi hanno dovuto vestirsi tradi-zionalmente, con un panno bianco a copri-

re le gambe ed il petto nudo. Ci ha accompagnato nella visita un india-no incontrato lì fuori. L’impressione che abbiamo avuto era di esplorare qualcosa di mistico e antico. Tutto era oscuro, permeato da un odore acre e da un’aria densa di umidità. Le statue degli dei erano immense ed emanava-no un’aurea di sacralità.

All’ora di tornarsene in Italia, mentre ero a Mumbai, fuori dall'ae-roporto, osser-vavo ciò che avevo davanti, al di là della re-cinzione che ci separava dalla baraccopol i . Un formicaio umano. Guar-davo oltre l'o-

rizzonte e le immagini di tutte e due le settimane mi passavano davanti agli occhi. Il convento, seminascosto da un selvaggio giardino esotico; le suo-re che con timore si sono avvicinate al mare indecise se toccare l'acqua o no, fintantoché è stato il mare a toccare loro; le attenzioni e la curiosità che esse avevano per noi; le loro risate; le nostre; le cene che abbiamo condi-viso; la caccia al topo, nostro vivace coinquilino. Lì, fuori dalla hall, il mio amico Francesco si è avvicinato, chie-dendomi: "Rimpiangi qualcosa? Vuoi rimanere qui, come quando siamo partiti dalla Giordania? Anche que-sta è una casa per te?" Risi perché ero in India e me ne stavo andando; risi perché in un flash avevo compreso. Lì, all'aeroporto, Francesco mi stava indicando ciò che eravamo diventati. In un paese difficile da capire, così diverso dal nostro, intuivo che siamo tutti uguali, esseri umani che necessi-tiamo delle stesse cose.

È stata dura tornare a casa, rien-trare e trovare le persone di sempre. Queste avventure infatti ti cambiano nel profondo: abbiamo visto gente che viveva per strada, che si lavava con i rigagnoli lungo le vie; abbiamo visto baracche con un telo al posto del tetto, confinanti con hotel lussuo-si; abbiamo visto bambine incinte che chiedevano l’elemosina. Siamo torna-ti e nessuno, quando ci ascolta, sem-bra realmente comprendere che non siamo più gli stessi di prima.

Marco MontagninAl momento di partire non può mancare una foto ricordocon le suore e con gli amici di Poovar (Kerala)

La gita in barca

19 TEMPO GIOVANE

Tutto per il TUTTO

Si è concluso da qualche giorno il mese di formazione intensiva per le 10 sorelle juniores presenti in Ita-lia che si sono ritrovate a Vicenza nel mese di agosto: tempo privilegiato per crescere nella Spirito e nella fra-ternità, per assaporare il gusto di una vita spesa per Amore e nell’Amare.

“Tutto per il Tutto!”: titolo em-blematico e insieme significativo per un percorso che ci ha viste appro-fondire la nostra vita di consacra-zione attraverso i consigli evangelici che abbiamo riscoperto essere lo “spazio libero in cui vivere l’unione con Gesù Cristo”, grazie al contri-buto di diverse sorelle, tra cui suor Marisa Scattarelli, che in diversi modi ci hanno accompagnato a ri-flettere e confrontarci sulla dimen-sione antropologica, biblica e spiri-tuale dei voti religiosi.

In questo mese abbiamo vissu-

to momenti di confronto fraterno fra di noi e con le sorelle forma-trici, la prezio-sa settimana di esercizi spiri-tuali, spazi di proposta e di riflessione per-sonale assieme a momenti di fraternità a contatto con la natura.

Particolarmente significativi alcu-ni momenti quali la Giornata Eucari-stica, il 12 agosto, che abbiamo vissu-ta tra servizio di accompagnamento delle nostre sorelle anziane dell’In-fermeria Santa Bertilla, e lo “stare” adorante davanti a Gesù Eucaristia

nella Cappella del Santissimo nella nostra Casa Madre, in comunione con le sorel-le in tutto il mondo.

Altra gior-nata particola-re quella del 15 Agosto, Solen-nità dell’As-sunta in cui abbiamo ce-lebrato il "Sì" rinnovato di due sorelle, suor Maria

Budau e suor Maria Josè Viteri, che nel "Sì" di Maria hanno affidato an-che il loro e abbiamo vissuto quella che da anni viene chiamata “FOR-MATION DAY”, ossia l’incontro tra le sorelle delle diverse tappe di forma-zione, dal postulato al noviziato, dallo juniorato alle sorelle che celebrano particolari anniversari di professione.

Abbiamo così completato il pe-riodo formativo con alcuni giorni in montagna, presso la nostra comunità di Agordo (BL), dove abbiamo speri-mentato la bellezza del “conquistare” la montagna, attraverso la fatica con-divisa, l’aiuto reciproco, la forza della contemplazione del creato.

Dopo un periodo così ricco, non ci resta che ripartire per le nostre comu-nità, con una nuova carica di speran-za, ringraziando Madre Emma, suor Gabriella Zanata e tutta l’équipe for-mativa per quanto ci hanno donato di vivere e condividere in questo mese!

Le sorelle Juniores in ItaliaIl gruppo delle sorelle juniores accompagnano le suore anziane

a pregare nella chiesa dell’Adorazione Perpetua

Il gruppo delle sorelle juniores “sperimentano la montagna”

20TEMPO GIOVANE

È ormai parte delle nostra tra-dizione quella di vivere la Solenni-tà dell’Assunzione di Maria, come occasione di fraternità che riunisce le giovani delle diverse tappe del-la formazione iniziale: giovani nel cammino del postulato, del novi-ziato, dello juniorato e le sorelle che festeggiano 5° e 10° di profes-sione religiosa.

Da alcuni anni questa giornata è soprannominata “FORMATION DAY”, ossia il giorno della forma-zione, momento di festa, di incon-tro all’insegna di quell’”unità nella stessa vocazione” che ci fa cresce-re come sorelle in cammino in una sorta di “cordata”.

Nella bella cornice verdeggian-te della comunità di Casa San Giu-seppe a Vicenza, non c’era inizio migliore che una festosa Celebra-zione Eucaristica in cui due sorelle juniores, suor Maria Budau e suor Maria Josè Viteri, hanno rinnovato il loro "Sì" a Dio nel dono della propria vita.

In quelle mani poste fra le mani di Madre Emma, come segno di do-nazione a Dio at-traverso la nostra famiglia religiosa, anche noi con loro abbiamo offerto la nostra giovane vita a quel Padre che ci chiama a seguire il Figlio come Figlie del Suo Cuore e del Cuore di Maria, donna, discepola e apostola.

La giornata è proseguita con un ricco e intenso programma che ha visto impegnate tutte le giovani nel-la preparazione di un pranzo etnico che ha voluto esprimere e valoriz-zare le ricchezze culturali e culina-rie dei diversi Paesi di provenienza (India, Kenia, Costa d’Avorio, Ro-mania, Polonia, Equador, Italia).

Nel pomeriggio soleggiato le sorelle si sono di-lettate con giochi e gare sportive, in una sorta di “Olimpiadi” in cui mettere “in gioco” energie, gioia di stare in-sieme e tanto di-vertimento.

A Maria, don-na del "Sì", ci sia-mo rivolte con la preghiera del Ro-sario, affidando

al Suo Cuore di madre, le giovani che nelle diverse nostre province religiose stanno vivendo le varie tappe del cammino formativo, per-ché ciascuna accolga la grazia del dono ricevuto della Vocazione e ri-sponda con coraggio e fedeltà alla Sua chiamata nella nostra Famiglia.

Dopo la cena tipicamente italia-na, preparata dalle nostre giovani postulanti e novizie italiane, ab-biamo vissuto una veglia itinerante che ha ripercorso attraverso la Pa-rola di Dio, il significato e l’oriz-zonte di ogni tappa formativa, per concludere davanti a Lui “legate” ad un filo che ci tiene unite e ci fa essere in “cordata”.

Grazie a Madre Emma, alla Su-periora Provinciale suor Pasqua-lina e alle sorelle consigliere che hanno voluto trascorrere questa giornata di gioia con noi.

suor Maria Budau esuor Maria Josè Viteri

Un giorno solenne

Le giovani in cammino vocazionale

Tutte intorno all’altare

21 TEMPO GIOVANE

EXPO Farina

Expo 2015: un avvenimento mondiale che non poteva lasciar-ci indifferenti. Per tale motivo quest'anno il campo scuola dei ra-gazzi dell'Istituto Farina di Vicen-za ha scelto come tematica proprio Expo 2015. Il 2 luglio partiamo, come al solito carichi di bagagli, di scatoloni e di oggetti di ogni tipo: non si contano le chitarre e gli strumenti musicali! Più di qualche passante che attraversa via IV No-vembre si chiede se quella che sta partendo è una comitiva di ragazzi o una band musicale!

Dopo un tranquillo viaggio, du-rante il quale ci lasciamo alle spal-le la frenesia e il caldo della città, ci ritroviamo immersi nel verde e nella bellezza incantevole della Val-le Aurina: una delle ultime vallate dell’Alto Adige.

Facciamo presto a scaldare i motori: la prima serata il gruppo è già molto affiatato anche se siamo una compagnia molto eterogenea! Cinquantaquattro ragazzi dalla quinta elementare alla terza media, più dodici animatori tra i quali vo-lentieri ricordiamo le belle “Giu-

lia”, i simpatici " G i o v a n n i " , Luca e il ma-estro Leonar-do, i fantastici papà (gemelli diversi!) Stefa-no e Riccardo, le mamme Te-resa e Cristina, la prof. Roberta e le immanca-bili suor Alba e suor Elena! E che dire dell’ecceziona-le staff impe-gnato in cucina? Da far invidia ai migliori ristoranti della zona! Im-pagabili davvero! Ci fanno gustare dei pranzetti succulenti e nutrienti: il giusto ristoro dopo le nostre pas-seggiate.

“Una fame più grande” è un percorso che, partendo dall’impor-tanza del cibo e dell’alimentazione ci porta a riflettere sul valore dello stare insieme a tavola, sulla signi-ficatività della condivisione senza dimenticare la buona abitudine di

imparare a ringraziare per “il pane quotidiano” e ad evitare i capricci e le smo-datezze nel mangiare, come anche gli sprechi. Dunque al centro del nostro campo scuola non c’è soltanto il cibo ma anche il rapporto con Dio e con il creato per impegnarci a riscoprire ciò che davvero nutre la nostra vita; e infatti il culmine del-

la nostra riflessione è sulla scelta di Dio di farsi nostro cibo nell’Eu-carestia e sul suo invito a farci noi stessi pane per i fratelli: “date loro voi stessi da mangiare” (Mc 6, 37). Non a caso a fare da fil rouge è il brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci tratto dal Vangelo secondo Giovanni (Gv. 6, 1 – 13).

Momenti indimenticabili, oltre alla costruzione dell’albero della Vita, anche la Visita a Castel Tures e la passeggiata alle fresche Casca-te di Riva ma soprattutto le due giornate immerse nel verde: una al Lago di Braies e l’altra al Klausberg: una zona a 2000 metri di altitudine (raggiunta in funivia) circondata da massicci montuosi che superano i tremila metri: davvero un incanto!

Grazie Signore per la splendida esperienza che ci hai donato! Aiuta-ci a farne tesoro.

I ragazzi del campo scuola Farina

Il folto gruppo dei ragazzi Farina, accompagnati dai loro animatori

L'insegna esposta dai ragazzi

22FINESTRA SUL MONDO

Migranti. Profughi. Emergenza-sbarchi. Scafisti. Naufragi. Morti, tanti morti. Il Mediterraneo ridotto ad un immenso cimitero. Accoglienza sì, anzi no, dipende... È in questo periodo un ritornello quasi paradossale, visto che il fenomeno era noto a tutti. Da anni.

Migranti senza identità e senza

nomi, sul cui volto non è difficile leg-gere la disperazione e l'angoscia per un futuro che non riescono ancora a decifrare, ma che certamente vorreb-bero diverso da un presente infelice e da un passato disgraziato.

Fuggono dalla guerra, dalla so-praffazione e dalla violenza. Cercano

pace, lavoro. Cercano umanità. Bus-sano alle nostre porte. Bussano alla nostra coscienza.

Raccontano storie terrificanti, drammatiche. Un giovane nigeriano ricorda la mamma e la sorella trucida-te per problemi legati al possesso di pochi metri di terra, il padre suicida, la decisione di lasciare tutto e scappare da un inferno, senza immaginare di finire in Italia: sognava un posto migliore. E un altro nigeriano, cacciato dalla Libia, dove era andato in cerca di lavoro, e ca-ricato forzatamente su un barcone...

Racconti di minaccia di morte, di percosse, di speranze frustrate, di fame, di amici o di compagni di sventura an-negati durante il viaggio della speranza.

Storie di bambini dall'infanzia nega-ta e rimasti orfani, salvati a stento da uo-mini di buona volontà che non hanno sparato sulle carrette arrugginite che li portavano lontano dalla loro terra o dai gommoni strapieni, sino ad affondare.

E l'Europa? E l'ONU, visto che il fenomeno riguarda ormai milioni di sventurati e che si tratta di un'emergen-za mondiale dalla fine imprevedibile?

L'Europa e con lei molti stati del cosiddetto benessere, non sono ancora riusciti a liberarsi da vecchi, anacro-nistici populismi, si trincerano dietro la bandiera della demagogia pronta a sfruttare la paura del diverso o della difesa dell'identità nazionale e stentano ad aprire le frontiere innalzando talvol-ta chilometri di filo spinato.

E i politici? Non stanno interpre-tando, molti di loro, un paradossale, ipocrita gioco delle maschere?

La verità è che l'Europa non vuole crescere. Per farlo dovrebbe convincer-

Ma l'Europa non vuol crescere...Il problema dei profughi e il finto gioco a nascondino

Le rotte dell'immigrazione

23 FINESTRA SUL MONDO

si che il modello di una società statica ed omogenea, che ha caratterizzato il pas-sato, è destinato inevitabilmente a mo-rire. L'integrazione – ma libera da qual-siasi deriva propagandistica o di pura facciata – con una cultura diversa, con uno stile che ignora i nostri standard di vita, è ormai un'ineludibile necessità. Di recente abbiamo finalmente assistito ad una svolta attesa e invocata. La te-desca Merkel ha rilanciato nel dibattito

politico europeo l'eco del problema e così la Germania ha aperto i suoi cancelli. Un gesto di civiltà e di giusti-zia, coraggioso anche, dal momento che la cancelliera è tuttora costretta a combattere una patetica schiera di oppositori. Alla fine il bene trionfa. Sempre.

Francesco, dal canto suo, il papa

dei poveri, il papa venuto “dall'altra parte del mondo”, il papa che ama le periferie della miseria, ha aperto le parrocchie e attivato iniziative di acco-glienza. «Le parole del papa ci hanno scossi e non solo perché siamo dei reli-giosi...», confessa uno dei responsabili dei “Fatebenefratelli” di Brescia che hanno aperto la casa a 110 profughi. Un esempio seguito dal Centro San Giovanni di Dio, dalla Caritas ambro-

siana forte di 130 volontari che hanno rinunciato anche al sussidio che lo sta-to italiano prevede per ogni profugo. E così a Maser, nel trevigiano dove la Lega Nord miete vasti consensi, il parroco ha destinato la canonica ai rifugiati, ancor prima dell'appello del papa e ancora nel trevigiano, a Pader-no di Ponzano, don Aldo Danieli ha fatto altrettanto, così in tante, tantissi-me parrocchie d'Europa.

Uomini che vivono il Vangelo non a parole, ma con il cuore in mano. Senza gratificazioni o ricompense.

E non si parli di ingerenza – con buona pace di qualche politico italiano in cerca di consensi – della Chiesa nel-la faccenda dell'assistenza ai migranti. «Non si può parlare di ingerenza, scrive Chistian Albini su “Jesus”, quando in nome del Vangelo la Chiesa si fa voce di vita, dignità, libertà bene per l'uomo sofferente». Forse è il caso di ricordare, a corollario di questo nostro conversa-re, l'esito di un recentissimo sondaggio, apparso sul settimanale “Famiglia Cri-stiana”, sui sentimenti degli italiani in merito all'assistenza ai profughi. Oggi solo il 42% degli italiani vede il pericolo dell'invasione, il 60% vuole l'accoglien-za, il 20% in più di giugno. I dati sono forniti dall'istituto “Demos” e condivisi dal quotidiano “la Repubblica”.

Secondo lo storico Andrea Ric-ciardi, già ministro per la Coopera-zione internazionale e l'integrazione, il tentativo di accogliere i rifugiati che provengono a piedi dall'Unghe-ria, è un segno evidente della stra-grande maggioranza.

Mario Cutuli

Così i profughi attraversano il mare

Profughi in un campo palestinese scappano durante un bombardamento

24VITA DI CONGREGAZIONE

Signore, amo la casa dove dimori e il luogo dove abita la tua gloria

(Salmo 25,8)

Vicenza, fine settembre 1965. Giorno di ritiro spirituale per la comu-nità di Casa Madre, composta da un centinaio di suore, abitualmente im-pegnate in molte attività apostoliche: scuole di vari ordini, convitto, educan-dato, attività parrocchiali e attività di servizi nella Casa. Ma in Italia si sa che “fine settembre” significa conclusione di vacanze e avvio ad un anno nuovo, che non coincide con quello solare, ma è doppiamente importante.

Madre Irma Zorzanello ci convo-cò in aula magna e ci presentò un suo progetto: snellire la comunità centrale creando una comunità di Suore spe-cificamente impegnate nella scuola:

nell’educandato e nella scuola elemen-tare, occupate nella assistenza delle stu-denti della Scuola media e dell’Istituto Magistrale, ospiti per tutto l’anno in Convitto “S: Giu-seppe”. Ciò rispon-deva a problemi educativi, al cam-biamento del siste-ma scolastico, alla organizzazione ge-nerale secondo cui la scuola e le suore assistenti avevano esigenze di orario diverse rispetto alle altre sorelle.

L’ambiente preparato per la nuova Comunità era nuovo e decoroso, al-lettante per certi versi, più vicino alla scuola e funzionale alle esigenze delle Suore Educatrici. Eppure per alcune suore tra le più anziane fu un distac-co, ma “l’obbedienza fu accettata con spirito di fede e di amore”, come viene riportato nel Diario dell’epoca.

Il giorno 30 settembre la Madre presentò la nuova superiora, suor An-gela Francesca Volpato, proveniente dalla comunità di Genova-Certosa. La comunità, così completata, fu denomi-nata “Gesù Maestro”.

Lo spirito di novità per l’avvio della nuova esperienza fu assorbito ben pre-sto dall’attività scolastica, con gli im-pegni e le fatiche di ogni giorno, con le ombre e le luci dello stesso lavoro. Eravamo in 36 suore, tutte impegnate perché la comunità potesse “procedere in armonia verso il suo fine: la gloria di

Dio, la santificazione personale e delle anime” (dal diario dell’epoca). Nelle grandi feste annuali la Madre ci invi-tava in Casa Madre e ciò alleggeriva in parte la distanza quotidiana.

Dopo alcuni anni ci fu un secon-do riordino del sistema educativo, delle strutture scolastiche e, quindi, anche della Comunità di “Gesù Ma-estro”. La scuola Materna, unita con la scuola Elementare, determinò la formazione di una nuova Comunità che fu denominata “Madonna del S. Rosario”, con i propri ambienti e i propri orari. Tale Comunità oggi si dedica alla vita e alla conduzione di quel segmento educativo chiamato in Italia: Scuola Primaria.

La comunità “Gesù Maestro”, anche quando ci furono altre tra-sformazioni nel sistema scolastico italiano, rimase a mantenere accesa la fiamma educativa, presso l’antico focolare, alimentato dalla fiaccola che il fondatore, Giovanni Antonio

Cinquant’anni di vita a serviziodel carisma educativo

Vicenza, Casa Madre: ala dove abitala comunità “Gesù Maestro”

Una balconata fiorita ravviva l’ambiente della comunità

25 VITA DI CONGREGAZIONE

Farina, accese nel lontano 1834: l’e-ducazione e l’istruzione della donna.

Più tardi la scuola – inizialmente

tutta al “femmini-le” - si aprì anche ai ragazzi ed ebbe modo di collabora-re con il Seminario diocesano di Vicen-za. Anche oggi la collaborazione sco-lastica ed educativa continua e realizza quel dialogo educa-tivo assai fecondo che vede insieme persone impegnate a collaborare per l’educazione e per la evangelizzazione

nella Chiesa Locale.Dal punto di vista scolastico i

due ordini di scuola, primaria e se-

condaria, recentemente sono stati fusi nell’Istituto Omnicomprensivo “Farina “, che raccoglie la scuola dell’Infanzia, la scuola Primaria, la scuola Secondaria di I Grado (scuola Media) e la scuola Secondaria di II grado (Liceo Scientifico, Liceo delle Scienze Umane, Liceo Linguistico, Liceo Sportivo).

Con l’evoluzione della scuola camminano con vivacità di propo-ste e di impegno le due comunità S. Rosario e Gesù Maestro, sempre in stretta collaborazione per realizzare l’ideale del santo Fondatore, per so-stenere l’impegno della Chiesa e per preparare culturalmente e spiritual-mente le persone del futuro.

suor Maria Teresa Thiella

La comunità “Gesù Maestro” nel 2015

50° di Fondazione

FIAT!E la Comunità,

dal sacro nome,“GESU’ MAESTRO”,

annunciata, concepita,saldamente edificata

FU!

Lo slancio creatore,di una “Donna” di fede,

portò a compimento,nel cuor di Casa madre,

l’originale “creatura” dalle multiformi

e irrepetibili sembianze.Scia luminosa

di piedi in cammino,

e l’incessante susseguirsidi passi operosi

sui sentieri della vita,tracciano orme

per chi sogna l’avvenire.

50 anni!L’amata comunità

di “Gesù Maestro”, allor nelle vesti

di “giovane fanciulla”,oggi indossa i segni

di una preziosa eredità.

50 anni!Una lunga storia

di alterne stagioni, di abbondanti raccolti,

di sguardi protesi

tra passato e futurosu ali vibranti di speranza.

La sera avanza!!!Nella quiete arcana

di un tramonto di pace,spunta il timor

dell’incerto domani.Nessuno sa checosa accadrà!

Volti dubbiosi,sul far della notte,

contemplano un Cielo popolato di STELLE:

sono gli “Astri lucenti”di BEATE SORELLE.

suor Giulia Proia:30.09.1965 - 30.09.2015

26VITA DI CONGREGAZIONE

Era il 12 Agosto 1897 quando nella Chiesa dei Sacri Cuori iniziava l’Adorazione perpetua privata, successi-vamente resa pubblica per quanti desiderano accostarsi e sostare davanti a Gesù Eucaristia.

“Il Paradiso non è sempre con noi? Se non è nel Ta-bernacolo, dove si trova?” (G. A Farina)

Anche quest’anno, nella Chiesetta “Paradiso”, nella nostra Casa Madre, come in tutte le comunità dorotee sparse nel mondo, si è vissuta la giornata Eucaristica, giorno per esprimere insieme il grazie per il grande dono dell’Adorazione Perpetua, che come fonte inestinguibi-le sostiene la missione di ogni Figlia dei Sacri Cuori.

La Cappella dell’Adorazione, vestita a festa per la solenne occasione, ha visto un susseguirsi di volti e di cuori che nel silenzio della contemplazione hanno sosta-to davanti all’Eucaristia. Le sorelle anziane e ammalate della nostra Infermeria S. Bertilla, hanno potuto godere di una piccola sosta grazie all’aiuto e alla collaborazione per l’accompagnamento delle sorelle più giovani, e così anche questa giornata è divenuta occasione di incontro tra generazioni davanti allo stesso Gesù che ha chiamato e continua a chiamare a sé perché da quel Cuore Eucari-stico partano apostole coraggiose e gioiose. La giornata si è conclusa con la celebrazione solenne dei Vespri, pre-sieduti da mons. Fabio Sottoriva, parroco della Parroc-chia di San Pietro alla quale la Casa Madre appartiene.

suor Anna Visonà

Giornata Eucaristica in adorante silenzio e ringraziamento

Vicenza, chiesa dell’Adorazione Perpetua:alcune suore anziane pregano davanti al a Gesù Eucaristia

Casa Madre, Vicenza: le Juniores accompagnano le suore anziane alla Chiesa Sacri Cuori

27 VITA DI CONGREGAZIONE

Si è concluso con successo il consueto laboratorio estivo della “Scuola di ricamo e pittura” , pro-mosso ed organizzato dalla Con-gregazione di Suore Maestre di S. Dorotea Figlie dei Sacri Cuori di Caronia, in provincia di Messina, che, quest’anno, nella cittadina ne-broidea, è iniziato proprio alla chiu-sura dell’anno scolastico, con una durata maggiore rispetto ai prece-denti anni. Infatti, la laboriosa atti-vità estiva delle trenta ragazze, cir-ca, tra i sette e i quindici anni, del luogo, messa a punto nel percorso formativo, è sfociata, nella seconda settimana di agosto, in una bellissi-ma esposizione-mercato, il cui rica-vato è devoluto in beneficienza ai poveri di Bogotà in Colombia.

Il famoso «albero della solidarie-tà» piantato dall’Istituto dei Sacri Cuori, dove attualmente si trovano la Superiora, Suor Antonella Bor-tolato, Suor Adolfina Greco, Suor Rosa Disclafani, suor Vittoria Sapia, che operano la loro missione anche attraverso la loro scuola dell’infan-

zia, che da oltre un cinquantennio ha sfornato intere ge-nerazioni e che per mancanza di per-sonale, tristemente chiuderà, ha dato i frutti del lavoro, della preghiera, dello svago, della solidarietà sociale. Quest’anno l’ini-ziativa, dal sapore tutto “speciale” ha concorso ai solenni festeggiamen-ti che, per tutto il mese di Luglio, si sono protratti nella cittadina in onore di San Biagio, patrono e pro-tettore di Caronia, a quasi 200 anni di devozione popolare, attraverso appuntamenti religiosi, ricreativi, culturali , sportivi che hanno richia-mato molti fedeli e non del luogo, emigranti, che, proprio nella sta-gione estiva hanno fatto ritorno in Paese e turisti. Ancora, oltre alle vo-lontarie Sigg.re : Carmela Roberto, Anna Valenti, Nunziatina Orlando,

Maria Di Bella, il labora-torio estivo è stato arric-chito dalla presenza del-la prof.ssa Pina Armeri, la quale ha dispensato lezioni di merceologia tessile per favorire, nel-le ragazze, l’apprendi-mento dello studio della produzione dei tessuti, l’origine, la lavorazione e anche la terminologia tessile .

Con semplicità e tanto amore, dunque, i

manufatti, realizzati con materiale povero, hanno trovato posto nella sala per essere ammirati e comprati. Festoso l’impatto con essi, la bellez-za dei ricami, con i vari punti impie-gati e la vivacità dei colori, la pit-tura, i centrini, e, novità dell’anno, le simpatiche borse in fettuccina, erano lì esposte a concedere emo-zioni. Divertente la performance preparata dalle ragazze con balletti e canti armoniosi. Nel giorno del-la cerimonia, iniziato con l’augurio dell’arciprete del luogo, don Anto-nio Cipriano, alle ragazze, gioia, ar-monia, spensieratezza e divertimen-to hanno rinnovato forti emozioni e piacevoli momenti che hanno pro-fumato e insaporito non solo i lavo-ri artigianali realizzati, ma, anche le personalità di ciascuna di loro.

Ancora una volta Caronia rivolge il suo « Grazie» alle Suore di Santa Dorotea, la cui presenza nel luogo, con il loro impegno sociale, la loro missione, è stata ed è, gioiosamente indispensabile per la comunità.

Santina Folisi

Artigianato, fede, cultura, solidarietà

Panorama di Caronia (ME)

Le "artiste in erba" tra i loro lavori

28IN BREVE

Dopo aver fatto il viaggio a Roma con le suore Dorotee di S. Pietro in Cariano (VR) lo scorso 23 novembre 2014, la nonna Tullia Armellini vuole raccomandare la sua nipotina Elisa di tre anni a Santa Bertilla e al santo Giovanni Anto-nio Farina

Suor Adriana Falaguasta ci manda questa foto di Giada a nome dei nonni Nino ed Anna, che sono del Movimento Eucaristico. Questa splendida bambina è figlia di Denise Furlan e di Enrico Quaggiotto di Vicenza-Anconetta. Essi desiderano affidare alla pro-tezione di S. Bertilla questo fiore sbocciato dal loro amore. Invocano dalla Santa, alla quale sono sempre stati devoti, l’aiuto e la grazia di far crescere Giada nella fede e nel progetto che Dio le riserverà. Per questo confidano anche nella protezione del santo Giovanni Antonio Farina.

Mi chiamo Davide Righetto, ho 14 anni, e l’anno scorso, il giorno 23 novembre 2014, ho partecipazione insieme alla mia mam-ma Michela Salvetti alla canonizzazione del santo Giovanni Antonio Farina. Abbiamo provato una grande gioia per cui vogliamo metterci sotto la sua protezione e quella di santa Bertilla. Vogliamo avere anche un pen-siero per il mio papà che dal cielo ci segue e ci aiuta nel nostro cammino di ogni giorno.

I genitori Bruno e Costanza affidano alla protezione di San Giovanni Antonio e di Santa Bertilla le due sorelline Roberta e la piccola Maria Scida, nipoti di suor Elena.

"Ripensando a mamma, non posso fare a meno di pensare alla casa di Marta e Maria a Betania, quella casa in cui Gesù riceveva premurose attenzioni e godeva di un'amicizia sincera. Il paragone può sembrare irriverente ma anche io ho sempre trovato la mia Beta-nia ogni volta che la mamma mi accoglieva con il sorriso e tanto affetto."Queste sono state le parole che il nostro ve-scovo mi ha rivolto ricordando te mia adora-ta mamma...ho tanto supplicato con le suore il Padre Fondatore e Santa Bertilla affinché ci concedessero il miracolo...invece LORO ti hanno aperto le porte del Paradiso perché è arrivato il cuore di una mamma e per me ogni lacrima che bagnerà il mio viso non l'a-sciugherò perché sarà la tua carezza.

Loredana Rodio

29 NELLA LUCE

Grazie sorelle!

n. San Zenone degli Ezzelini (TV) 31.03.1918m. Vicenza 18.03.2015

Suor MariellaRegina Boffo

All'età di undici anni, suor Mariella avvertì fortemente il desiderio di essere accolta fra le "Ancelle di Maria" a Vicen-za, Monte Berico, e vi fu accompagnata dai genitori, che assecondarono la sua vocazione. A diciotto anni entrò in Pro-bandato e il 30 ottobre 1938 emise i Santi Voti consacrandosi totalmente al Signore. Ella stessa raccontò ai familiari quanto fosse stata grande la sua gioia quando ricevette dalla Madre generale la notifica scritta della sua ammissione alla Profes-sione Religiosa: era una gioia incontenibi-le. Anche una sua sorella, suor Elvira, ne seguì l’esempio e un fratello, don Luigi, divenne sacerdote. Suor Mariella conse-guì il diploma di “Abilitazione magistrale all'insegnamento nella scuola materna” e si dedicò con passione a questo apostola-to in varie scuole dell'Infanzia. Era amata dai bambini, che si sentivano seguiti con affetto, valorizzati e ascoltati; era stimata dai genitori che la vedevano gioiosa, sa-piente nel comprendere il carattere dei loro figli e nel condurli all'educazione del cuore. Insegnava catechismo in parroc-chia, intrecciava relazioni serene impron-tate ad ascolto empatico, a consigli dettati dalla saggezza di chi vive con fede e te-stimonia i valori essenziali.Viveva inten-samente il suo rapporto personale con il Signore, attenta agli esempi di Santa Ber-tilla e del Fondatore San Giovanni Anto-nio Farina proponendosi continuamente di imitarli nella radicalità del dono di sé.

n. Schiavon (VI) 31.07.1924m. Vicenza 31.03.2015

Suor AvellinaRosa Pellizzer

È entrata in Congregazione il 16 ottobre 1945 ed ha emesso i Santi Voti il 31 apri-le 1948. È stata inviata dall’Obbedienza in varie comunità annesse a scuole materne parrocchiali ove si distinse per la laboriosità e per la partecipazione attiva alla vita della comunità e della parrocchia.

Persona mite, generosa, intelligente, era amata dalle consorelle e stimata dai genitori dei bambini, dal parroco e dai parrocchiani; insegnava con grande pas-sione, amava i bambini con tenerezza; era delicata e discreta con i genitori con i quali collaborava attivamente, pronta alla com-prensione e al consiglio, a relazioni che scaturivano da una profonda spiritualità e da una grande semplicità.

Si è distinta per la bontà nutrita di pre-ghiera e di silenzio, sempre riconoscente, nell’abbandono fiducioso e nella pace del cuore: il Vangelo è stato il vademecum nella sua vita quotidiana, vissuto con radicalità nelle sue piccole e grandi scelte

All’età di ottant’anni, a causa della salu-te malferma, fu accompagnata nella comu-nità “Accoglienza” di Brendola (VI), dove si ritirava spesso in cappella e si immergeva nella preghiera del cuore: le consorelle che la osservavano, dicevano fra loro: “sembra che veda il Signore”.

Proprio per questo ha amato ogni per-sona che ha incontrato nel suo cammino e ha mantenuto un cuore giovane, perché da Gesù ha imparato ad amare e a servire nel dono di sé.

n. Chiampo (VI) 05.05.1920m. Brendola (VI) 28.04.2015

Suor AngelinaLucia Biolo

Primogenita di dieci fratelli, vivace gioiosa era sempre disponibile ad aiuta-re la mamma nelle incombenze familiari e nel dedicarsi ai fratellini. Accolse la chiamata del Signore ed entrò in Con-gregazione a ventidue anni, il 16 ottobre 1942, nonostante si fosse in pieno periodo bellico. Emise la Professione Religiosa il 27 giugno 1945, fu inviata all’ospedale di Treviso dove acquisì il Diploma di Infer-miera professionale e, successivamente, quello di Abilitazione a funzioni direttive.

Era affabile con gli ammalati: stava loro accanto con compassione, sempre disponibile anche di notte, li incoraggia-va, infondeva loro speranza; era cordiale con i parenti quando doveva trasmettere le condizioni di salute, apprezzata dai me-dici per la competenza e la premura.

Per la salute sempre più precaria e per l’età, 1l 27 settembre 2007 dovette lasciare l’apostolato diretto e fu accolta nella comunità “Accoglienza” di Brendo-la (VI), dove dedicò le sue giornate alla preghiera e a piccoli servizi di infermiera.

I suoi familiari, specialmente le so-relle, andavano spesso a trovarla: lei aveva per tutti una parola buona, una esortazione, un consiglio saggio: si sen-tiva un po’ la mamma dei suoi fratelli che da giovane aveva accudito con cura e affetto. Ha amato la sua vocazione e la sua famiglia religiosa, ha offerto una testimonianza gioiosa, ha lasciato una scia luminosa di virtù e di opere.

NELLA LUCE 30

n. Camposampiero (PD) 29.06.1930m. Vicenza 29.04.2015

Suor ArcangelaRenelda Stocco

Suor Arcangela è stata una persona ret-ta, di intelligenza pronta, di carattere ener-gico, schietta, dava l’impressione di essere impositiva ma, in realtà, manifestava con franchezza il suo punto di vista, convinta di poter, così, aiutare.

È entrata in Istituto il 17 ottobre 1950 ed ha emesso la Professione Religiosa il 25 aprile 1953. È stata inviata all’ospedale di Treviso per studiare “Scienze infermieri-stiche”; ottenuto il diploma di infermiera professionale e, successivamente, di capo-sala.

Ha esercitato il suo ruolo in vari ospe-dali italiani, nella ”clinica Sanz Vázquez” a Guadalajara e nella “Casa sacerdotal” a Sigüenza, in Spagna.

È stata stimata dai Primari per la pre-mura instancabile, per la competenza e ca-pacità organizzativa: si “faceva in quattro” per sollevare i malati, anche moralmente, soprattutto i più deboli, che si affidavano a lei con fiducia e gratitudine.

Conosceva i suoi limiti e chiedeva al Si-gnore di potarla: il “suo tralcio” innestato alla Vite, è vissuto continuamente della Sua linfa, e questo le ha permesso di svolgere la missione affidatale con la fede, con l’in-telligenza e l’ efficacia di chi opera per il Signore e per il prossimo.

Colpita da un male incurabile che ha accettato con straordinaria serenità, si è preparata all’Incontro con tanta pace inte-riore, chiedendo alla Vergine e all’Angelo custode di accompagnarla durante la sua agonia.

n. Casale sul Sile (TV) 26.05.1921m. Vicenza 05.05.2015

Suor RosariaAdelia Ortica

Chi incontrava suor Rosaria, rimane-va colpito dalla serenità del suo volto, da-gli occhi luminosi, dalla gentilezza, dalla sua dedizione costante.

È stata strumento docile nelle mani del Signore in semplicità, competenza, grande umanità, secondo lo spirito del suo Fondatore, san Giovanni A. Farina, che esortava le sue suore ad essere attente a tutti, imparziali, costantemente amabili e pazienti, rivestite di compassione. Dopo la Professione Religiosa emessa il 25 otto-bre 1942, fu inviata nella scuola materna “Prospero Alpino” di Marostica (VI), ove rimase quarantaquattro anni, e poi a Poz-zolengo (VR) per altri quattro. Era, ap-prezzata dai dirigenti, amata dai bambini, dai genitori e dai fedeli della parrocchia dove offriva il suo apporto nella cateche-si e nel servizio liturgico; era affabile ed esigente nello stesso tempo, convinta che le norme etiche temprassero la mente e il cuore dei bimbi. A partire dal 1990 è sta-ta provata dalla malattia e accompagnata a Vicenza “Cuor di Maria”: ha lasciato l’apostolato diretto, ma ha continuato a rimanere ancorata nell’amore a Dio e al prossimo con la preghiera costante, con l’affetto incondizionato alla Vergine Maria.

Al termine della Santa Messa di ese-quie, un suo ex allievo si espresse così: “ Ringrazio il Signore per avercela dona-ta. Quando ero all’asilo ci aveva parlato del Paradiso e ci aveva promesso che ci avrebbe preparato un posto. Ci ho sem-pre creduto”.

n. Noale 10.02.1921m. Vicenza 07.05.2015

Suor BernardaMassimina Scanferlato

Suor Bernarda ha vissuto alla sequela di Gesù nella semplicità del quotidiano e nell’amore al prossimo: intelligente, cor-diale con tutti, laboriosa profonda, tem-prata dalla sofferenza e dai disagi della guerra, in un cammino continuo verso la perfezione della carità.

Ha emesso la Professione Religiosa il 27 aprile 1941 e nel 1942 fu inviata a Ro-ma in aiuto alle Suore della scuola mater-na nel quartiere San Lorenzo.

Proprio qui, nel luglio 1943 la zona fu terribilmente bombardata e lei ne rimase fortemente scossa. Fu guardarobiera nelle comunità di Casa Madre apprezzata per la sua precisione e per la diligenza con cui lavorava, partecipava con gioia alla vita della comunità e si prestava volentieri nel-le rappresentazioni nei giorni di festa.

Madre Natura le donò belle quali-tà, che lei coltivò con perseveranza: era esperta di cucito e di ricamo, aveva una bella voce da “basso” nel coro di Casa Madre al quale partecipava con entusia-smo, aveva imparato a suonare l’armonio da autodidatta per poter solennizzare la Santa Messa nella vicina Casa di Riposo “San Camillo”, della parrocchia di San Pietro di Vicenza. Era una persona dalla preghiera profonda: amava intensamente l’Eucaristia e la Madonna: lei stessa dice-va: “il mio modello è Maria” e si propone-va di fare silenzio in sé per immedesimarsi nei Sacri Cuori. E noi amiamo pensarla cordiale e vivace come sempre “dentro l’ampiezza del Loro Cuore”.

31 NELLA LUCE

n. Valdagno (VI) 28.02.1937m. Vicenza 25.05.2015

Suor AlbinaLina Bertò

Suor Albina ha seguito la chiamata del Signore entrando fra le Ancelle di Maria sull’esempio della sorella Suor Rosaria.

Vivace, entusiasta della vita, amava la musica, il canto, il suono, il ricamo e in Ancellato ha potuto sviluppare queste sue attitudini, potendo offrire, in seguito, un forte apporto nell’animazione delle fun-zioni religiose.

Dopo la Professione religiosa, emessa il 24 ottobre 1957, prestò il suo servizio apostolico in uffici delicati come contabi-le, aiuto farmacia e centralinista di alcune strutture ospedaliere; dal 1990 ha dato il suo prezioso contributo nella comunità dell’Infermeria dell’Istituto con il suo ser-vizio in portineria e con il suono durante le celebrazioni liturgiche.

Sceglieva i canti con cura e si prepa-rava con dedizione all’armonium perché il suono e il canto fosse una Lode al Signo-re: nelle Sante Messe di esequie, suonava i canti che, sapeva, fossero di gradimento alla Sorella defunta, in segno affettuoso di omaggio a lei e di ringraziamento a Dio per avercela donata.

Amava molto la Madonna e, seguen-do il suo esempio, si è lasciata confor-mare allo stile di Gesù affidandosi a Lui nell’Offerta di sé.

Nel suo Testamento spirituale ebbe a scrivere: “La Madonna di Monte Berico, che mi è stata Mamma e guida fin dalla mia fanciullezza, mi sia accanto nell’ultima Ora per presentare alla SS. Trinità l’offerta della vita di questa Sua figlia”.

Suor SebastianaGiuseppina Nioi

Era l’ora serena del crepuscolo di do-menica 31 maggio, festa della Santissima Trinità, quando suor Sebastiana ci ha la-sciato: stava bene con tutte le sorelle, semi-nava gioia in comunità, era forte ed arguta, ottimista e schietta, riusciva a cambiare in sorriso anche un momento di irritazione, smussandolo con le sue battute in romane-sco che piacevano tanto. A 21 anni aveva lasciato papà Luigi e mamma Maria, la so-rella Bruna e il fratello Marcello per entrare nell’Istituto e dire il "Sì" a Cristo Signore il 24 ottobre 1959 nella freschezza della vita e nella consapevolezza gioiosa di essere sta-ta raggiunta dall’amore fedele ed unico di Dio. E con Lui visse, cercandone il volto in quello di innumerevoli altri che l’obbe-dienza le mise accanto: comunità, famiglie, bambini, ragazzi, giovani adolescenti, de-dicandosi ovunque con competenza e pro-fessionalità. Era inconfondibile la sua pre-senza fatta di disponibilità nel servizio, per quanto le permetteva il fisico che, colpito da una malattia degenerativa, la stava gra-dualmente consumando. Ma lei, pur guar-dando con realismo la sua situazione fisica, rimaneva serena, cordiale e vivace, corro-borata dalla preghiera e dall’abbandono fiducioso nel Signore: attraverso i suoi occhi luminosi si intravvedeva il Trascen-dente che la accompagnava verso il defi-nitivo incontro con Gesù, che ha sempre amato intensamente. In quest’ultimo anno le condizioni peggiorarono: fisicamente s’indebolì, ma rimase tenace, serena, ca-pace di continuare a portare serenità e

pace, fiduciosa e forte fino all’impossibile. Circondata di cure e di premure, pron-

ta per il distacco, ci sorprese la sua fine silenziosa e dolce, nell’ora serena dell’ul-timo giorno di maggio, nella festa da lei preferita: quella della Santissima Trinità.

n. Roma 08.02.1935m. Vicenza 31.05.2015

RICORDIAMO

Maria, mamma di suor Caterina Forcinito

Giovanni, papà di suor Filomena Milano

Bertilla Teresa, sorella di suor Teresa Danieli

Egidia, sorella di suor Annalisa Mason

Giuseppina, sorella di suor Niceta Marostica

Lina Sami Odeh, sorella di suor Suha Kamel

Maddalena, sorella di suor Giacomina Borsato

Maria Giovanna, sorella di suor Cristina Pistrelli

Nilla, sorella di suor Daniela Conte

Ottavia, sorella di suor Cesira Bertacco

Alessandro, fratello di suor Pia Candida Secco

Cesare, fratello di suor Cristina Trivellato

Domingo, fratello di suor Socorro dos Santos

Francesco, fratello di suor Tiziana Zanata

Guido, fratello di suor Franca e di suor Gianna Zotti

Lino, fratello di suor Lina Pierobon

Luciano, fratello di suor Idelma Vescovi

Luigi, fratello di suor Bertilla Rancan

Riccardo, fratello di suor Maddalena Rigoni

Alle nostre sorelle toccate dal dolore e ai loro

familiari assicuriamo la nostra partecipazione

e il ricordo nella preghiera.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE Rifiutato DecedutoA VICENZA C.P.O. PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE Indirizzo incompleto SconosciutoCHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA Indirizzo inesatto Trasferito

Periodico «Nella Luce di S. M. Bertilla» - Istituto Farina - Via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia)

Il sentiero dei SantiUna singolare iniziativa ci ha coinvolti nell’ultima domenica del mese di settembre: un pellegrinaggio a cavallo sui sentieri dei nostri Santi, per ricordare san Giovanni Antonio Farina e santa Bertilla Boscardin.

Piazza Duomo: cavalli e cavalieri in posa prima di salutare la città di Vicenza e di far ritorno a Campo Marzio con passeggiata per Corso Palladio e Piazza dei Signori

Ad ogni presidente dei vari gruppi parteci-panti Madre Emma Dal Maso, visibile con il frontino da cavallerizza, dona la medaglia della Canonizzazione di san Giovanni An-tonio Farina.

L’arrivo a Vicenza, in Piazza Duomo, è atteso dalle autorità locali e religiose. È presente anche il sindaco di Vicenza, signor Achille Variati

La discesa da Monte Berico

A Monte Berico i partecipanti sostano da-vanti alla Basilica dove ricevono il saluto e la benedizione di p. Gino Alberto Faccioli O.S.M.

Sosta di riposo per cavalli e cavalieri

A cavallo tra il verde dei colli Berici Si parte da Brendola (VI) con l’augurio di Madre Emma Dal Maso e il saluto degli ospiti del Pensionato

Brendola (VI): i partecipanti si schierano davanti alla casa Natale di S. Bertilla