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bimestrale di informazione in Baviera anno 18° N. 3/2010 rinascita flash La pozione magica del federalismo Il precariato, la nuova normalità Macht e potere: concetti e etimologia La scuola di tutti i colori

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bimestrale di informazione in Bavieraanno 18° N. 3/2010rinascita flash

La pozione magica del federalismo

Il precariato, la nuova normalità

Macht e potere: concetti e etimologia

La scuola di tutti i colori

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S O M M

A R

I O

editoriale

Eppure il vento soffia ancora pag. 2

La pozione magica del federalismo pag. 3

Nichi Vendola, “l’extraterrestre” pag. 4

La partita Italia-Padania pag. 5

Il precariato, la nuova normalità pag. 6

Coprire non si può più pag. 7

Abbiamo toccato il fondo? pag. 9

Macht e potere: concetti e etimologie pag. 11

Storia, geografia ed immigrazione pag. 12

La scuola di tutti i colori pag. 14

Il futuro nella polvere pag. 16

“Perché le donne hanno smessodi lottare?” pag. 18

Il Presidente della Repubblica,la speranza e la fiducia pag. 19

Un mondo di fraternità e amoreè possibile pag. 20

Cheratosi attinica pag. 21

Leccarsi i baffi pensando a zia Bruna pag. 22

Appuntamenti / mostre pag. 23

Appuntamenti pag. 24

in copertina: Tanz um den Maibaum

C’è troppa polvere nei cieli, e non soltanto. La crisi piùrecente è stata causata da un vulcano e improvvisamentetutto l’occidente si rende conto che il benessere può dipen-dere anche da quel metaforico battito d’ali di farfalla che ilmatematico statunitense E. Lorenz ritenne “in grado di pro-vocare un uragano dall’altra parte del mondo”. Lorenz è lostudioso che sviluppò quella Teoria del Caos che trovò, etrova ancora, precisi riscontri, mentre noi, passando al pro-saico quotidiano, viviamo proprio in mezzo alla realtà piùconfusa, sregolata e sconnessa che una democrazia moder-na possa offrire.

In un’Europa che mostra le sue crepe e i suoi limiti, inuna fase in cui la rinnovata “normalità” del precariato riportaalla mente la storia postbellica, se non addirittura gli alboridell’industrializzazione, in Italia sembra si stia sgretolandola coalizione di governo, a soli pochi giorni dal voto ammini-strativo che l’ha rafforzata numericamente. Dopo aver idea-to e varato la legge “Bossi-Fini” sull’immigrazione ed averaccettato per anni la deriva xenofoba dell’Italia, di cui lacittadina di Adro nel bresciano è l’esempio più attuale e av-vilente, improvvisamente il Presidente della Camera Gian-franco Fini si rende conto che gli elettori preferiscono pre-miare l’originale leghista, anziché il doppione pidiellino, ecoglie quest’attimo per esprimere il suo dissenso. La ragio-ne? Mancanza di dialettica democratica all’interno del parti-to da lui fondato con Berlusconi. Staremo a vedere che cosane penserà l’italiano medio di questo nuovo scossone allastabilità del partito che governa il Paese, una replica di de-stra dell’instabilità imputata al governo di centrosinistra.

Pare non sia più possibile neanche insabbiare la colpevo-le reticenza della Chiesa riguardo agli abusi di preti pedofiliche per decenni hanno goduto impunità e omertà da partedel Vaticano: gli altarini scoperti ormai quasi dovunque sonoparecchio ingombranti e molto espliciti.

Altra polvere si solleva anche da tante attività umane,avvelenandoci, come ci spiega in un’intervista il dott. Mon-tanari, uno dei massimi esperti mondiali nel campo dellenanopatologie.

Nonostante tutto, però, qualche spunto per un cauto ot-timismo si può trovare fra novità che arrivano difficilmentein prima pagina, ma che si spera, invece, possano fare lastoria. Sono notizie di associazioni e movimenti, di laborato-ri sociali come quelli già esistenti in Puglia; sono modellireali d’integrazione come la scuola “Federico Sclopis” di To-rino, una “scuola di tutti i colori”. Quando il potere politico el’autorità religiosa non esprimono l’integrità di cui un Paesee un popolo hanno bisogno, se molte coltri di polvere nonhanno soffocato le coscienze, è la società stessa che prendel’iniziativa: come cantava Pierangelo Bertoli, “eppure il ven-to soffia ancora”. (Sandra Cartacci)

Eppure il vento soffia ancora

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politica

Quando una votazionepremia i partiti al governo, èsegno che gli elettori sonosoddisfatti. Come questo siapossibile nel Paese che fra ipiù industrializzati sta mag-giormente patendo la reces-sione economica, è misterodegno di analisi. La crisi nonè parola astratta, né meroelenco di cifre tecniche (0,8percento di crescita del PILcontro l’1,2 tedesco e l’1,5francese; disoccupazionedall’8 al 9 percento in unanno), bensì sconvolgimentodell’orizzonte quotidiano. Èciò che manda ricercatori suitetti e chiude operai dentro carceridismesse, che lascia bimbi a panee acqua in una mensa scolastica eaccompagna disoccupati e impren-ditori all’ultimo gesto disperato. Lacrisi sta cambiando la vita di tutti,inclusi gli elettori leghisti. Anzi alnord si fa sentire di più. Ma la Legadi governo fa il pieno. Perché?

La Lega di Bossi è per la terzavolta al governo nazionale a fiancodi Berlusconi. Se si chiedesse a cen-to leghisti quale profitto politicoessa abbia spuntato per loro incambio dei 15 anni di berlusconi-smo pagati da tutto il Paese, pochisaprebbero dare la risposta giusta:niente. Ed è proprio questa la suaforza. Sia detto senza ironia: Bos-si, dietro la ieraticità rauca del guer-riero lumbard, è uno stratega tan-to imbevuto di scaltrezza levantinaquanto una cortigiana orientale.Come la fiabesca Sherazade sedu-ceva il sultano con una storia nuo-va ogni notte per rimandare la pro-pria esecuzione, così Bossi da quin-dici anni abbindola il suo popolo confavolette sul federalismo per rinvia-re la sua fine politica.

Perché un fatto è certo: qualun-que movimento politico si identifi-

chi completamente in una missio-ne, è destinato a esaurire il suo sen-so il giorno stesso in cui quella mis-sione si realizza. La Lega vive allespalle del centralismo romano: comeuna specie di parassita trasforma ledisfunzioni mediterranee in retoricarivoluzionaria con cui condire la po-lenta alle feste di paese. Il nemicopiù pericoloso dei suoi ambiziosiquadri è il federalismo: una voltaraggiunto, essi si troverebbero comesoldati senza nemico.

Il federalismo, o l’ancor più mi-steriosa “devolution”, è come lapozione del druido di Asterix. Tra-sforma i nani in giganti, le pecorein leoni, i poveri in ricchi, i disere-dati in cittadini residenti, i figlidegli immigrati del sud in armigericeltici a difesa del territorio pada-no. È come il carnevale: dà a cia-scuno la possibilità di mascherarsicome gli pare. In tempi di crisi èuna pozione che vale oro.

È così che inizia la guerra framorti di fame, dei poveri contro ipoveri, da sempre strategia vin-cente del ricco per tenere le manidegli affamati giù dalle sue pro-prietà. Come altro andrebbe inter-pretata la baruffa dei poveracci di

Adro, il paesino bresciano chenon dà la refezione ai figli deimorosi? Da una parte degliextra-comunitari, dall’altradegli Italiani: tutti accomunatidalla cassa integrazione e dal-l’accento bresciano; divisi da-gli oneri finanziari che la nonitalianità impone sul ticketdella mensa. Come giudicarealtrimenti l’annunciato favo-reggiamento degli insegnanti“residenti” in barba alle gra-duatorie assolute? Ecco la po-zione del “federalismo”, va-riante leghista del privilegioclientelare, dividere la classemortificata e bistrattata degli

insegnanti pubblici in due catego-rie: chi ne beve mantiene il posto,gli altri a casa.

Bossi, cortigiana dall’astuziaaraba, questi trucchi li conosce eli usa da sempre. Ma siccome è piùsveglio di una volpe del deserto,da un po’ di tempo ha capito chepure le zucche più dure della bas-sa potrebbero stancarsi di insegui-re miraggi. Dare la colpa a Fini pergiustificare l’ennesimo fallimentodella campagna federalista sareb-be un déjà vu. E così ha incomin-ciato a mettere fieno in cascina.La sua. Il figliolo ottuso è siste-mato al Pirellone. Le mani del-l’esercito monarchico leghista sonoin quasi tutte le amministrazionidel nord, enti locali e aziende mu-nicipalizzate. Restano le fondazio-ni bancarie, le casseforti del nord.Ma il Senatur ha già avvertito chese le prenderà presto, “la gente celo chiede”. La nuova accezione delconcetto mobile del federalismoleghista si chiama sequestro dibeni privati a fine di redistribuzio-ne sociale su base etnico-politica?Non si era già visto qualcosa delgenere negli anni ‘30 del secoloscorso? (Marcello Tava)

La pozione magica del federalismo

Sherazade - impressionpaper.com

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politica

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Verantwortlicher Redakteur undAnzeigeverantwortliche:S. Cartacci, Hollandstr. 2,80805 München

Druck: FM-Kopierbar GmbH,Kaulbachstr. 41, 80539 MünchenPhoto: C. Tassinari, M. Veltri, A.Coppola, C. Paroli, R. Vincenzi.

Druckauflage 3/2010: 400

rinascita e.V.,Kt. Nr. 616318805BLZ 70010080Postbank NL München

Le recenti elezioni regionali inItalia hanno confermato l’arretra-mento del centrosinistra, che hadovuto cedere nuovamente alcuneregioni conquistate nelle preceden-ti consultazioni elettorali. Vi è un’ec-cezione, però, che merita qualcheparola in più perché – sono in moltia dirlo – rappresenta il nuovo.

Il nuovo per diversi motivi, di cuialcuni talmente clamorosi che vie-ne da chiedersi se il presidente del-la Puglia Nichi Vendola, confermatodai cittadini che ha governato percinque anni, sia per caso un extra-terrestre piovuto nella politica ita-liana da qualche pianeta remoto.

Sgombriamo subito il campo da-gli stereotipi: la Puglia è nel sud,vale a dire nella parte del Paese

spesso considerata in tuttii sensi “arretrata”, ma sipermette di fare esperi-menti – ora, dopo la ri-conferma, non sono piùtali – che si possono con-siderare quasi rivoluzio-nari. Perché? In primoluogo perché Nichi Vendo-la è un uomo politico di-verso che usa un linguag-gio diverso, senza dubbiopiù poetico che politiche-se. In secondo luogo per-ché è un presidente regio-nale che alle promesseelettorali ha fatto seguiredei i fatti e si tratta di fat-ti inconfutabili. Facciamouna breve cronistoria.

Già cinque anni fa, il primo even-to incredibile fu che un politico del“profondo sud”, omosessuale dichia-rato, vincesse le primarie del cen-trosinistra. Il suo linguaggio direttocolpì il cuore dei pugliesi, lo senti-rono uno di loro e non un opportu-nista che sarebbe andato a occupa-re una sedia solo per perpetrare lostatus quo, con minimi cambiamenti.Dopo la vittoria di quelle primarie,tutti gli osservatori politici si sbrac-ciarono ad affermare che Nichi Ven-dola avrebbe poi perso le elezioni,perché troppo di sinistra, troppo ra-dicale. Si sbagliarono, in quelle pre-visioni, e la Puglia è diventata laprima regione italiana a essere pre-sieduta da un rappresentante dellasinistra denominata “radicale”, doveradicale è un appellativo che nonsignifica rivoluzionaria, sovvertitri-ce del sistema, ma semplicementecon un programma chiaro e non di-sposto a inciuci con la destra.

In questi cinque anni, in effetti,la politica dell’amministrazione pu-gliese non è stata rivoluzionaria nésovvertitrice del sistema, ma tal-mente innovativa e riformatrice –

teniamo ben presente che si trattadi una regione del sud – da rappre-sentare un caso unico nel panora-ma italiano. I suoi temi fondamen-tali sono stati l’occupazione, la lot-ta al precariato, l’istruzione, lo svi-luppo delle energie alternative, ladifesa dell’acqua pubblica, la lottaagli sprechi, i notevoli investimentidestinati allo sviluppo economico ealla cultura. Dove lo Stato ha ta-gliato, la Regione è intervenuta ef-ficacemente con mezzi propri so-stenendo e migliorando settori chealtrimenti sarebbero stati annichi-liti. I pugliesi hanno osservato, han-no registrato, hanno vissuto in pri-ma persona questi miglioramenti enon si sono fatti influenzare dallapropaganda delle televisioni nazio-nali, al contrario.

Ciò nonostante, prima delle ele-zioni, il PD ha giocato ogni carta percercare di togliere di mezzo lo “sco-modo” presidente di sinistra, per rim-piazzarlo con un proprio uomo, va-lutando addirittura una possibile co-alizione con il CDU, senza il quale, aparere di Massimo D’Alema – indub-biamente grande conoscitore dellaPuglia e, si dice, “intelligente” –, la

Nich i Vendo la , “ l ’ ex t ra te r res t re ”

Nichi Vendola

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coalizione di centrosinistra nonavrebbe vinto le elezioni. Nelle pri-marie che ne sono risultate, la vit-toria di Nichi Vendola è stata cosìnetta, che certi analisti (incluso l’in-telligente Massimo di Gallipoli)avrebbero fatto meglio a nasconder-si senza aprir più bocca almeno perun decennio. Tanto più che, pochesettimane dopo, Nichi Vendola havinto in modo netto anche le elezio-ni. Forse i pugliesi hanno dato pesoanche al fatto che un assessore PD,coinvolto in uno scandalo sanitariodurante i cinque anni precedenti, erastato dimesso senza esitazione daVendola, prima ancora di essere in-dagato ufficialmente: un segnale dipulizia e rigore che manca in quasitutta l’Italia, a tutti i livelli e in quasitutti i partiti.

Nella sua campagna elettoraleNichi Vendola è andato fra la gen-te e ha creato oltre cento cosid-dette “Fabbriche di Nichi”, vale adire organismi di base che propon-gono, creano e verificano: si trat-ta di associazioni sul territorio,gruppi online e circoli. Recente-mente, da un palco, Nichi Vendolaha annunciato: “Le Fabbriche de-vono provare a espandersi. Perchéil cantiere, ora, è quello dell’ItaliaMigliore”. “Le Fabbriche – precisal’ex deputato Peppe De Cristofaro– hanno una diversa soggettivitàpolitica: non sono un partito. E nonsi presenteranno alle elezioni.Aspirano a essere un luogo dovefar confluire anche persone chenon fanno riferimento ai partiti oche militano in altre formazioni delcentrosinistra: sono cioè un comi-tato di scopo, uno spazio di parte-cipazione democratica”.

Anche dopo le elezioni, NichiVendola ha fatto capire quali saran-no le linee della sua politica. “LaPuglia, per essere laboratorio poli-tico, deve essere innanzitutto labo-

Finalmente! Ecco cosa servivaal Paese: giovani, idee nuove! Viale vecchie cariatidi della politica:rinnovare deve essere la parolad’ordine!

Il giovane virgulto padano hadato subito prova di sé, durantela prima intervista da consigliereregionale a Radio24, sfidando lanazionale di calcio italiana con la“sua” nazionale “padana”. Quellache sembrava in un primo momen-to, ai più, un’emerita fesseria èstata subito spiegata dal “Sena-tur” in persona: “Non capite chesiamo di fronte ad un progettopolitico molto acuto e lungimiran-te?”, ha spiegato Bossi senior difronte ad una platea di fedelissimialquanto imbarazzati, “la sfida frale due nazionali ergerebbe la Pa-dania a nazione a se stante, a Sta-to nello Stato, spazzando via de-finitivamente gli ultimi singulti diUnione”. “Ecco l’idea geniale: faredi una partita di calcio una svoltaepocale nascondendola nelle pie-ghe dell’amore per il calcio che dasempre caratterizza il popolo ita-liano”. Bossi junior, si è subito af-frettato ad annuire con ampi mo-vimenti della testa, lasciando co-

munque trasparire lui stesso unacerta sorpresa nel sorriso imba-razzato. Del resto le qualità delBossi neo eletto sono state chia-re fin dai tempi della scuola, du-rante i quali, a più riprese, ha datoprova di intelligenza e capacità,appena appena intaccate da qual-che fortuito incidente di percorsoquali le due bocciature consecu-tive agli esami di maturità scien-tifica (per colpa di insegnanti “su-disti”, a detta del padre).

Insomma: il nord è in buonemani, mani capaci di svolte signi-ficative, e per i prossimi decenniavrà il suo Bossi quotidiano an-che dopo la dipartita (politica)dell’originale. Il “Senatur” puòessere soddisfatto: è riuscito a si-stemare un figlio che non gli era“riuscito” poi benissimo e la Pa-dania in modo ottimale. E gli ita-liani? Gli italiani sono sistematigià a dovere: una parte (lamaggioranza) festeggia la nuo-va vittoria elettorale del “Po-polo dell’Amore” e del suo “Ca-valiere” e la rimanente, sem-pre più confusa, festeggia co-munque: la Santa Pasqua, finoalla prossima quaresima.(Lucio Rossi, [email protected])

La partita Italia-Padania del neo-elettoBossi Junior

ratorio sociale. E allora continuerònell’iniziativa già sperimentata con-tro la precarietà”. Nichi “l’extrater-restre” farà ancora molto in Puglia,è fuori dubbio, e non è escluso chequesto modello di fare politica erealizzare progressi tangibili, diver-so perché a contatto con la gentegrazie a tematiche e interventicomprensibili e condivisibili, pos-sa attecchire in tutto il Paese. Sa-rebbe la vera svolta di cui l’Italiaha bisogno. (Claudio Paroli)

Ogni martedìdalle 15.45 alle 18

ed ogni venerdì dalle 9.45alle 12 è aperta

la biblioteca dellaMissione Cattolica

Italiana(Lindwurmstr. 143,tel. 089/74 63 060).

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politica

Mentre fino a qualcheanno fa il lavoro fisso era laregola, oggi sempre più per-sone si guadagnano da vive-re con lavori saltuari, occu-pazioni a tempo determina-to o part-time. Se l’epoca for-dista richiedeva una forte estandardizzata disponibilità dimano d’opera, l’attuale siste-ma produttivo richiede al con-trario sempre più flessibilità.Vari fattori hanno portato aquesta situazione. L’apertura deimercati in seguito alla globalizza-zione ha accentuato la concorren-za fra le imprese e la tendenza aridurre i costi della produzione, fracui quelli del lavoro. Oltre a tra-sferire stabilimenti in Cina e in al-tre parti del mondo, dove i salarisono irrisori, la produzione vieneridotta e frammentata, il persona-le aumentato o diminuito in basead esigenze momentanee. Un tipi-co fenomeno è quello della dipen-denza di piccole aziende da com-messe variabili alle quali vieneadattata la produzione e l’assun-zione del personale, che deve es-sere sempre pronto a iniziare osmettere di lavorare.

Il lavoro flessibile può consiste-re di volta in volta in contratti atempo determinato, part-time, perapprendisti in formazione o stagi-sti. Ogni Paese ha poi una sua spe-cificità: in Italia per esempio per-sone con contratto fisso vengonolicenziate e continuano poi comeliberi professionisti per la stessaazienda a condizioni peggiorate; inGermania i licenziati vengono rias-sunti a metà stipendio per mezzodi ditte interinali, spesso apparte-nenti alla stessa “casa madre” cheha attuato i licenziamenti. Il costodella flessibilità è enorme, non solosul piano materiale, ma anche suquello umano, in quanto insieme

al lavoro cambia anche tutto il mon-do personale. La flessibilità infattiporta all’estremo una tipica carat-teristica del sistema produttivo ca-pitalistico, in cui, a differenza di epo-che passate, l’economia è la sferadominante e l’ordine sociale solo unafunzione di quello economico. Inquest’ottica la sottooccupazione nondiventa libertà ma povertà: invecedi diventare superfluo il lavoro, gra-zie alle nuove tecnologie, diventa-no superflui i lavoratori. Va anchericordato che la flessibilizzazione dellavoro è potuta avvenire solo graziead altrettanti modifiche legislative,che legittimano forme di lavoro untempo impensabili. In Italia, tantoper fare un esempio, è stata pro-mulgata già nel 1977 la legge cheregolarizza le prestazioni attraver-so ditte interinali e il cosiddetto “con-tratto a chiamata”. Anche la pubbli-ca amministrazione, non meglio deldatore di lavoro privato, da sempreapprezza queste forme di lavoro(basti pensare ai più di 400.000 in-segnanti precari, ai ricercatori, ecc.),e ha ora introdotto la figura dei “tec-nici a contratto” che vengono assuntida tre a cinque anni.

Sul piano europeo il contrat-to di Lisbona, che vuole fare del-l’UE il mercato numero uno mon-diale: la Commissione ha fattosapere al Parlamento, in una co-municazione, che “la flessibilità

favorisce la competitivitànella globalizzazione”, favo-rendo e incoraggiando cosìforme di lavoro insicuro einstabile. Il fenomeno è ac-centuato da altr i fattoricome la fine delle politichekeynesiane, le privatizza-zioni, l’outsourcing, ecc. Ilrisultato è che la precarie-tà del lavoro ha assunto di-mensioni dilaganti. Secon-do lo studioso Luciano Gal-

lino i posti di lavoro instabili ediscontinui in Italia sarebberoaddirittura 10-11 milioni e sareb-bero quadruplicati negli ultimivent’anni. I contratti atipici, sem-pre in Italia, riguardano il 50percento delle nuove assunzioni.E in Germania i lavori a tempodeterminato sono attualmente2,7 milioni, ovvero il 9 percentodei posti di lavoro in generale. Ilfenomeno del precariato è diffu-so nei più svariati settori: puli-zie, trasporti, ristorazione, turi-smo, sorveglianza, scuola, colla-borazione domestica, uffici pub-blici, raccolta della frutta. Più dialtri ne sono colpiti donne, gio-vani in cerca di prima occupazio-ne, immigrati. In Germania soloun terzo dei candidati fra i 18 e34 anni trova un lavoro a tempopieno dopo gli studi.

I costi della flessibilizzazione sonomolto alti sia sul piano materiale chesu quello psicologico. I precari han-no un reddito inferiore e, sempresecondo Gallino, chi lavora a tempodeterminato a parità di orario e dimansioni guadagna solo l’80 percen-to. I precari hanno meno mensilitàpagate, meno ferie e gratifiche na-talizie; fanno meno carriera, hannopensioni inferiori e faticano più deglialtri ad ottenere un credito o unmutuo. Anche le conseguenze per lasalute sono devastanti: più incidenti

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sul lavoro (i precari svolgono lavo-ri più rischiosi e ricevono mentoistruzioni sulla sicurezza), piùstress, malessere, insicurezza psi-cologica, malattie psicosomatichee un peggioramento generale: incasi estremi anche suicidio, comeè avvenuto in Italia di recente, daparte di chi non riesce a reggere idanni economici e morali di que-ste condizioni. Solo per una mino-ranza la flessibilità significa un mi-glioramento, per esempio perchési svolgono nuove attività, si puòessere più creativi e conoscere dicontinuo gente nuova. Secondoindagini e testimonianze, la mag-gior parte al contrario ha la sensa-zione di venire trascinata, di nonavere il controllo sulla situazione,di perdere equilibrio e stabilità, percondizioni non create liberamentema subite.

Il progresso tecnico e scien-tifico, invece di liberare l’indivi-duo, lo espropria delle sue ca-ratteristiche positive. In questoquadro è solo attraverso una pre-sa di coscienza di un sistema pro-duttivo che ha come scopo prin-cipale non la soddisfazione deibisogni, ma la realizzazione disempre maggiori profitti, che puòdelinearsi una qualche alternati-va. Già ora esistono gruppi poli-tici, sindacati di base e altre ini-ziative che si oppongono in varimodi a queste condizioni. Anchele recenti proteste degli studen-ti in vari Paesi europei sono unulteriore segno che molti giova-ni non vogliono rassegnarsi adavere davanti un futuro di incer-tezze e instabilità. Anche perché,come sosteneva il filosofo fran-cese André Gorz, le risorse cisarebbero, andrebbero solo usa-te razionalmente e distribuite inmodo equo. (Norma Mattarei)

Le regole dei media sono chiare:un fatto esiste se si ha notizia di esso,una notizia mai data corrisponde adun fatto mai accaduto. In questo mon-do globalizzato in cui ogni avvenimen-to può fare il giro del mondo in pochiminuti, una notizia data e commenta-ta più volte si irradia a macchia d’olioarrivando in pochi istanti in ogni ango-lo del pianeta. Per questo di certe coseè meglio non parlarne; se le notizienon arrivano, i fatti non esistono.

Ed è questo che la Chiesa ha ten-tato di fare negli ultimi decenni sul-l’argomento preti e pedofilia, solo cheil calderone sembra stia finalmenteper esplodere, per quanto si continuiinutilmente e con ogni mezzo a ten-tare di coprirlo.

Una delle accuse più forti degli ul-timi mesi arriva a papa Ratzinger di-rettamente dagli USA, con tanto di do-cumenti ufficiali che proverebbero laresistenza dell’allora prefetto della Con-gregazione per la dottrina della fedealla riduzione allo stato laicale di Ste-phen Kiesle, sacerdote della diocesi diOakland accusato di aver abusato dicentinaia di bambini.

È il 1987 e il reverendo GeorgeMockel, del tribunale ecclesiale delladiocesi di Oakland, spiega a StephenMiller Kiesle - il sacerdote allora giàcondannato a tre anni per abusi - chea frenare la sua richiesta di rimette-re la tonaca è il futuro Pontefice inpersona.

La prima segnalazione è del 1981.In una lettera indirizzata al pontefice,il Vescovo di Oakland mons. Cummin-gs lo mette al corrente del fatto cheKiesle è stato arrestato con l’accusa diaver fatto sesso con almeno sei ragaz-zi tra gli 11 e i 16 anni. Il vaticanotace. Negli anni successivi dalla Cali-fornia continuano ad arrivare nuove esempre più pesanti accuse. Ma al diqua dell’oceano continua ad essercisolo silenzio e voglia di non vedere.

La risposta tanto attesa arriva solo

nel 1987 ed è negativa. Quello che silegge nella missiva inviata dalle stan-ze vaticane è a dir poco agghiaccian-te. Il senso è più o meno questo: Caropedofilo ci dispiace, ma non possiamodispensarti dal tuo servizio sacerdota-le, il cardinale Ratzinger vuole che con-tinui a fare il prete, se poi nei prossimianni ci saranno altre vittime non è unproblema, l’essenziale è che non ci si-ano scandali per noi e non venga alza-to nessun polverone se non necessa-rio. Ma la polvere prima o poi tornafuori anche se si tenta di nasconderlasotto al tappeto.

Nella lettera indirizzata al vescovoMockel e firmata dall’allora cardinalJoseph Ratzinger si chiede più tempoper esaminare meglio la situazione ecapire se la laicizzazione del prete pe-dofilo sarebbe stato un bene, non tan-to per lui o per le sue povere vittimeinnocenti, ma per l’immagine dellaChiesa stessa.

Questo non è l’unico caso che ne-gli ultimi tempi ha riportato agli onoridella cronaca l’argomento abusi daparte di sacerdoti.

Il New York Times ha recentemen-te accusato il papa e l’attuale segreta-rio di stato cardinal Bertone di averinsabbiato il caso di padre Murphy, unprete del Wisconsin, accusato di averabusato di oltre 200 bambini audiolesitra 1950 e 1974. L’avvio dell’inchiestarisalirebbe addirittura al 1962, ma solonel 1996 il segretario di Stato Vatica-no Tarcisio Bertone avrebbe disposto

segue a pag. 8

Coprire non si può più

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un processo canonico segreto perun’eventuale sospensione del sacerdo-te. Tutto sarebbe stato poi bloccato inseguito a una lettera in cui il prete pen-tito chiedeva a Ratzinger di poter ri-manere all’interno della Chiesa.

Si stima che, su oltre 100.000 sa-cerdoti cattolici americani, più di 4.000siano stati accusati di relazioni sessualicon minorenni.

Nel frattempo anche in Irlanda sonovenuti a galla altri episodi simili e an-che in questo caso si è parlato di reti-cenze e di omertà da parte delle auto-rità cattoliche.

Ulteriori scandali anche in Germa-nia. A partire dalle violenze a cui era-no soggetti i ragazzi del coro delle vocibianche di Ratisbona, fino ad arrivaread un sacerdote della Diocesi di Es-sen. Anche qui stessa storia, o perlo-meno molto simile alle altre. Il fatto inquesto caso risale agli anni 70. Il reli-gioso, riconosciuto dai suoi stessi su-periori come un soggetto pericoloso,fu benevolmente reintegrato nelle suefunzioni parrocchiali in una sede diver-sa dalla precedente, dove avrebbe poinuovamente commesso gli stessi cri-mini tra gli anni 80 e 90.

In Italia hanno fatto scalpore leparole del procuratore aggiunto di Mi-lano Pietro Forno il quale si è detto aconoscenza di molti casi di pedofiliariguardanti sacerdoti, che oltretuttonella maggior parte dei casi non rischia-no nessuna denuncia da parte delleautorità ecclesiali.

Il Ministro della Giustizia AngelinoAlfano ha in tutta risposta garantito laverifica delle parole del magistrato,sospetto di dichiarazioni infondate edanticlericali.

La difesa dei preti pedofili sta più omeno sullo stesso piano delle prese diposizione di alcuni politici su argomenticome aborto, divorzio o matrimoni gay.L’equazione è semplice: più simpatietra i cattolici uguale più voti.

C’è chi addirittura attribuisce la col-

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pa della pedofilia all’omosessualità oalla rivoluzione sessuale, ma non nevedo il nesso. Non capisco comel’amore verso una persona dello stes-so sesso o una gonna un po’ più cor-ta possano indurre un essere umanoa costringere un bambino a tali similioscenità.

Anche il settimanale cattolico Fa-miglia Cristiana difende, ovviamente,a spada tratta il Pontefice titolando“Preti pedofili: per il Papa un grandedolore”. E il dolore dei bambini?

Il dolore che hanno vissuto e checontinueranno a portarsi dentro pertutta la vita?

Famiglia Cristiana sottolinea tra l’al-tro come importanti studiosi interna-zionali di sociologia abbiano dimostratoche tra i pastori protestanti la percen-tuale di condannati per abusi sui mi-nori è doppia di quella tra i sacerdotied è addirittura dieci volte più alta frai professori di ginnastica e gli allenato-ri di squadre sportive giovanili. C’è diche stare contenti! Sarà che se mandoun figlio al catechismo vorrei stare unattimo più tranquilla piuttosto che sedecido di mandarlo in palestra o a gio-care a calcio, no?

Nel frattempo altre verità sugli abu-si stanno continuando a venire a gal-la. L’ultima e più eclatante quella ri-guardante decine di bambini e ragazzisordi violentati e molestati in un istitu-to di Verona dagli anni 50 in poi. Dopodecenni di sofferenze gli ex allievi han-no trovato il coraggio e la forza di de-nunciare quanto accaduto loro. Di farei nomi di quei sacerdoti che li hannoabusati, sacerdoti che in molti casi sonoancora lì.

Per oltre un secolo l’Istituto Anto-nio Provolo era diventato un vero eproprio simbolo della carità cristiana,aiutando i piccoli, malati e in condizio-ni economiche disagiate, a crearsi unfuturo, ma a quanto raccontato dagliex alunni tra quelle mura avvenivanocose terribili.Solo oggi decine di ex

ospiti hanno trovato la forza per veni-re allo scoperto e denunciare la lorodrammatica esperienza. Accuse sotto-scritte da oltre 60 persone, bambini ebambine che hanno vissuto nell’Istitu-to, e che ora scrivono: “Abbiamo su-perato la nostra paura e la nostra reti-cenza”. Sono pronti a elencare una lun-ga lista di vittime e testimoni, ma nonpossono più rivolgersi alla magistratu-ra: tutti i reati sono ormai prescritti,cancellati per la legge, ma sicuramen-te non per loro. Gli abusi di cui parla-no sarebbero proseguiti per almenotrent’anni. Le vittime sostengono dinon essere interessati né alle condan-ne penali né ai risarcimenti economi-ci. Vogliono soltanto evitare, scrivo-no, che altri subiscano quello che han-no subito loro. Una decina dei religio-si che accusano sono oggi anziani, marestano ancora in servizio nell’Istitu-to. Per questo, dopo essersi rivolti alVescovo di Verona e ai vertici del Pro-volo, quindici ex allievi hanno inviatoa L’espresso le testimonianze dellaloro esperienza.

Documenti sconvolgenti, che po-trebbero aprire uno squarcio su unodei più gravi casi di pedofilia in Italia:gli episodi riguardano 25 religiosi, levittime potrebbero essere almeno uncentinaio.

Nella lettera indirizzata al Vicariogenerale mons. Mazzoni si legge:“Nella stanza adibita a confessionaledella chiesa di Santa Maria del Piantodell’Istituto Provolo, alcuni preti

Benedetto XVI

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politica e morale

La domanda non riguarda ovvia-mente la politica italiana, perché inquesto caso dovremmo chiederci aquale profondità sia giunta la trivel-lazione del suolo. No, la questioneriguarda qui i comportamenti dellachiesa cattolica, ed è una domandache a qualcuno potrebbe perfino ap-parire retorica, ma che vale comun-que la pena di porsi, andandosi conl’occasione a rileggere gli avveni-menti che negli ultimi tempi hannovisto protagonista o comprimario ilsoglio di Pietro.

Iniziamo dalla falsa informativasul direttore dell’Avvenire Dino Bof-fo, quella che lo presentava come“omosessuale attenzionato dallaPolizia di Stato”. Come più tardi Fel-tri ci ha fatto sapere, quel falso do-cumento, da lui pubblicato, gli erapervenuto da ambienti vaticani (leg-gi la Segreteria di Stato) per asse-stare un colpo alla Conferenza Epi-scopale Italiana, da qualche tempopoco docile alle direttive delle ge-rarchie vaticane. Pronte ovviamen-te le smentite del cardinal Bertone;ma è piuttosto raro che un sicarioaccusi se stesso e al tempo stessoinventi il nome del mandante. Feltripoi si gloria del ruolo di guardaspalledel suo editore, ed è abituato a gon-fiarsi il petto ogni volta che un ag-guato gli riesce. Chi avesse la me-moria corta, vada a vedersi le fotoin topless di Veronica Lario, pubbli-cate su Libero, che Feltri allora diri-geva, quando la signora denunciòle frequentazioni del marito.

Ma torniamo alla Chiesa. Scop-piato lo scandalo della ProtezioneCivile, veniamo a sapere che Ange-lo Balducci, uno dei maggiori re-sponsabili della distribuzione degliappalti (appalti che grazie a uno sta-tuto speciale possono essere asse-gnati senza gara) è stato addirittu-ra insignito da Giovanni Paolo II delprestigioso titolo di Gentiluomo di

Sua Santità, lo stesso del quale sifregia del resto anche l’impagabi-le Gianni Letta. Restando allo scan-dalo della Protezione Civile, eccoche salta fuori il tesoro della “cric-ca”. E chi, si scopre, lo custodisce?Un certo don Evaldo Biasini, pa-dre spirituale dell’imprenditoreDiego Anemone. Dunque chi, gra-zie alle sue amicizie altolocate siarricchiva sulla tragedia del terre-moto, affidava la sua coscienza eil prodotto delle sue attività truf-faldine, a un sacerdote il quale, aquanto risulta, gli accudiva volen-tieri la prima e altrettanto volen-tieri gli custodiva il secondo. Mala cosa non finisce qui. Il primodei suddetti gentiluomini papalinirisulta coinvolto anche in una sto-ria di prostituzione maschile. E chigli procurava i baldi giovani, fra iquali uno che, ci informa il pro-cacciatore “ci avrà 15 centimetri,occhi azzurri, e è un Cristo di duemetri”? Un certo Chinedu ThomasEhiem, laico, grazie a Dio, ma checanta nel coro della Cappella Giu-lia, uno dei cori del Vaticano. Ov-viamente la Chiesa non può con-trollare la condotta né tanto menole attività “imprenditoriali” dei suoicoristi. Potrebbe però evitare di lo-dare sperticatamente un inquisito

Abbiamo toccato il fondo?

segue a pag. 10

approfittavano per farsi masturbare epalpare a loro volta da bambine e ra-gazze sorde..

I rapporti sodomitici avvenivano neldormitorio, nelle camere dei preti e neibagni sia all’Istituto Provolo di Veronache al Chievo e durante il periodo del-le colonie. Come se non bastasse, ibambini venivano sottoposti a vessa-zioni, botte e bastonature. I sordi pos-sono fare i nomi dei preti e dei fratellilaici coinvolti e dare testimonianza”.Seguono le firme: nome e cognome disessantasette ex allievi.

Recentemente anche il noto pro-gramma televisivo Le Iene è interve-nuto sull’argomento dei preti pedofili.Una donna, fingendosi madre di unbambino abusato, tentava un inutilepellegrinaggio tra diverse parrocchiecon la speranza di riuscire a trovareun religioso che potesse finalmenteconsigliarla di denunciare il fatto alleautorità giudiziarie. Speranza vana. Ilconsiglio era sempre lo stesso: tenerela cosa nascosta e non denunciarla allapolizia. Fino ad arrivare a chi la incol-pava addirittura di essere una pecca-trice, responsabile lei stessa dei pro-blemi di suo figlio.

C’è chi dà la colpa della pedofiliaall’omosessualità, chi alla tv, chi a Sa-tana come padre Amorth noto esorci-sta, chi addirittura alla massoneria.

Per il cardinal Sodano invece cos’èla pedofilia? Semplice chiacchiericcio.Migliaia di abusi e casi accertati? Chiac-chiere di paese.

Non so di chi sia la colpa. Forse cene sono tante, forse nessuna. La solaed unica verità è che la Chiesa dovreb-be finalmente assumersi le sue respon-sabilità nell’affrontare l’argomento esoprattutto nel garantire giustizia atutte quelle povere vittime. Non puòpiù continuare a tenere coperta quellapentola per sempre, perché oramail’acqua bolle troppo forte e se si tentadi coprirla ancora provocherà danni benmaggiori. (Rita Vincenzi)

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politica e morale

dalla magistratura italiana, almenofinché non siano state concluse leindagini preliminari. E invece eccoche Benedetto XVI, ricevendo inudienza Guido Bertolaso (che an-cora una volta si è presentato conla consueta polo autopromoziona-le) ha elogiato il sottosegretario “pertutto quello che fa”. E già, Bertola-so è l’uomo del fare. E tra le attivitàdel suo ministero, c’è stata anchequella di occuparsi del quattrocen-tesimo anniversario della nascita diSan Giuseppe da Copertino, anni-versario dichiarato grande evento(e quindi emergenza nazionale),forse perché “Fratel Asino”, comelo chiamavano i fratelli conventualia causa della sua ignoranza, ognitanto si alzava in volo fra le muradel suo convento. Si fosse ripetutoil miracolo, ci sarebbe voluto un Ber-tolaso per riacciuffare il santo e ri-portarlo nel sepolcro. Benedetto hacomunque espresso il suo ringra-ziamento in un discorso di due car-telle, mostrando dunque una certaloquacità. Loquacità che diventainvece laconicità quando si tratta dichiarire le circostanze che deciseronel 1980, quando cioè Benedettoera arcivescovo di Monaco e di Frei-sing, l’accoglienza in Baviera di un

da pag. 9

prete pedofiloproveniente dalNord Reno-Westfalia, e diassegnargli poicompiti analo-ghi a quelli nel-lo svolgimentodei quali le suetendenze pedo-file si erano ma-nifestate.

Ultima perladi questa anto-logia filistea è lasmentita daparte della CEI

di monsignor Mogavero, il quale siera permesso di criticare l’ultima(per ora) porcata di questo gover-no: il decreto salva liste.

Nel Vangelo di Matteo (e an-che in quello di Luca) si raccontacome Gesù nel discorso della Mon-tagna abbia ammonito i propri fe-deli. “Nessuno – dice il Nazareno– può servire due padroni; perchéo odierà l’uno e amerà l’altro, oavrà riguardo per l’uno e disprez-zo per l’altro. Voi non potete ser-vire Dio e Mammona”, dove con iltermine aramaico Mammona ci siriferisce al denaro.

Chi Santa Romana Chiesa do-vrebbe servire, lo dicono i vangeli.Chi effettivamente serve, lo dicono,purtroppo, i fatti. (Corrado Conforti)

ComitesComitato degli Italiani all’Estero

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Gentiluomo di Sua Santità

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politica e morale

All’improvviso, quando meno telo aspetti, scopri che le parole chefino a ieri usavi senza pensarci comesemplici strumenti di lavoro, rivela-no una loro sorprendente sapienza,un tesoretto di conoscenza che covadentro di loro, dietro la loro inso-spettabile neutralità.

Vivere tra due lingue non è sem-pre facile. Si ha spesso l’impressio-ne di star correndo dietro di loro af-fannosamente. Eternamente a cac-cia della parola che vorremmo espri-mere nella nuova lingua, ci accor-giamo tristemente di aver dimenti-cato anche quella della nostra lin-gua madre. E cadiamo nel vuoto. Avolte facciamo degli strani collage,dove, nell’urgenza del dire, s’intes-sono le une alle altre in un pasticciodesolante che verifichiamo nelle fac-ce interroganti di chi ci sta ascol-tando. Ricominciamo da capo cer-cando di separare con energia queidue mari di parole che “spiaggiano”nella nostra testa ininterrottamentecome le onde sulla riva. Che fatica!Sono questi i momenti in cui si rim-piange quel “dire” naturale che cisgorgava dal cuore quando erava-mo innocentemente monolingue.Era un “dire” fluido da cui spesso ilpensiero era esiliato e di certo neavremo dette di sciocchezze, primadi partorire una bella frase intelli-gente che ci ha meritato un buonvoto a scuola.

Eppure i vantaggi della nostrasituazione non sono trascurabili evale la pena di annotarceli in un ca-lendarietto. Io lo faccio. Al 2 di gen-naio 2010 risale questa piccola notadi cui vorrei parlarvi. Non è da esclu-dere che qualche rimanenza di spu-mante del capodanno non abbiaavuto un suo peso nella mia mode-sta scoperta, ma sempre di spiritosi tratta. Dunque, riflettevo sui casidella nostra disastrata politica.Come molti di voi è da tempo che

mi lambicco il cervello per capirecome sia mai possibile che gli italia-ni si scelgano e votino politici cosìtragicamente impresentabili al mon-do, e a noi stessi. Nel tempo ho rac-colto decine di cause che in genereesibisco agli increduli amici tedeschiche non si stancano di farmi sem-pre la stessa sopraccitata doman-da, una domanda che mi addoloraogni giorno di più. Siccome quelle“cause” sono ormai assai logore, aforza di usarle, è ovvio che mi ralle-gri ogni volta che posso aggiunger-ne una nuova. Di questo si tratta. Il2 gennaio 2010 ho finalmente potu-to sommarne una che ho chiamato“causa etimologica”. La questione èsemplice ma ricca di conseguenze esta nel fatto che tra “Macht” e “pote-re” c’è una differenza semantica abis-sale. Avete capito anche voi? MentreMacht viene da machen, fare, realiz-zare, produrre, costruire ecc., pote-re (verbo e sostantivo sono uguali)indica soltanto una mera possibilità,una probabilità, “una facoltà di fareo di non fare una cosa”, come recitail vocabolario. Vi invito a leggerequelle due voci, è questione di pochiminuti e vedrete quante cose vi sa-ranno finalmente chiare. Non vorreiqui enumerare le decine di conse-guenze che ne ho tratto io: ve nedico soltanto due.

1. Macht può venire soltanto dalun participio passato: gemacht, cioèda quello che è stato fatto, dimo-strato, verificato in un tempo defi-nito; potere, invece, è un infinito,ossia una potenzialità che si esten-de senza limiti di tempo e che s’im-pone per l’eternità. Ed eterni sem-brano essere i nostri politici.

2. Osserviamo inoltre che laddo-ve i tedeschi, per effetto della solaparola, sono invitati a votare i “fat-ti”, i risultati concreti e su questi s’in-centra il loro interesse; gli italiani,al contrario, sono sollecitati a vota-

re le promesse, le chiacchiere, lepotenzialità non mai provate e diquesta tragica semantica si nutre eprospera l’arroganza dei nostri poli-tici. (Miranda Alberti)

Macht e potere: concetti e etimologie

“Il Consiglio dei Ministri hadeciso di differire, in attesa delriordino della materia, al 31 di-cembre 2012 il termine entro ilquale svolgere le elezioni per ilrinnovo dei Comitati degli italia-ni all’estero e del Consiglio ge-nerale degli italiani all’estero”. Èquanto si legge in una nota dellaFarnesina in cui si confermaquanto dichiarato dal sottosegre-tario agli esteri Alfredo Manticadurante l’audizione di mercoledìscorso in Senato.

I Comites – e di conseguen-za il Cgie – come noto doveva-no essere rinnovati l’anno scor-so. Il termine era stato sposta-to alla fine di quest’anno, comeinizialmente previsto dal Mille-proroghe del dicembre 2008.Oggi viene confermato l’enne-simo rinvio che, come aveva det-to Mantica, farà sì che i nuoviComitati saranno eletti solodopo la riforma degli istituti dirappresentanza, al momento al-l’esame del Senato. (aise)

Elezioni del Comitesr inviate entro i l 31dicembre 2012

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12 rinascita flash 3/2010

immigrazione e integrazione

Vorrei tornare su un brutto fattoormai dimenticato negli archivi deigiornali, anche se accaduto solo unpaio di mesi fa, sepolto da nuoviscandali nostrani: in un luogo di-menticato da Dio e dagli uomini, Ro-sarno, cittadina calabra popolata dacirca 15.000 abitanti ufficiali e daun numero imprecisato di immigrantiillegali, che però molti stimano siaoltre 5.000, un giorno, dal finestri-no di un’auto che sta transitando peruna strada principale, vengono spa-rati inaspettatamente numerosi colpidi fucile a pallettoni contro un grup-po di immigranti, ferendo gravemen-te due di loro. Sul motivo dell’acca-duto non si sa e forse non si sapràmai nulla. Fatto è che la forza lavo-ro clandestina a Rosarno non vienegestita dall’ufficio di collocamento,bensì dalla ‘Ndrangheta, dato che daquesta è gestita quasi tutta l’agri-coltura locale. Regolamento di con-ti? Avvertimento? Sgarbo? O “sem-plicemente” noia? Chissà. In ognicaso, poco dopo, quasi tutti gli im-migrati si ribellano e in poche ore siscatena una vera e propria guerracon feriti da parte degli abitanti, de-gli immigrati, delle forze dell’ordi-ne, di chi si trovava lì per caso. Bar-ricate, sparatorie, vetri frantumati,auto incendiate. Gente ignara, ma-dri, bambini, anziani barricati in casa

per giorni, terrorizzati da questa vio-lenza improvvisa. Stiamo parlandodi Rosarno, non del Rwanda duran-te la guerra civile. Siamo in Italia.

Quello che però mi ha ancora piùcolpito è stato il “dopo”: vedere lefoto di come questi immigrati vive-vano (e ancora vivono in chissàquante altre “Rosarno”). Capanno-ni fatiscenti, senza servizi igienici,con liquami e spazzatura ovunque,senza letti, senza acqua potabile,figuriamoci la doccia, “abitati” dauomini costretti ogni giorno a stri-sciare per strada alla ricerca del la-voro per la giornata, sfruttati e sot-topagati, in concorrenza tra loro perottenere il pane, come le bestie. Vin-ca il più forte. Pensare che molti diloro sono istruiti, e alcuni hannopersino una preparazione universi-taria. Quasi tutti sono in Italia perdare un futuro a loro stessi e alle leloro famiglie lontane, per trovareuna decorosa occupazione, magariin un magazzino o una pompa dibenzina, e mai e poi mai avrebberolontanamente pensato che potesseesistere una situazione così “bestia-le” come quella in cui si sono trova-ti. Molti si sono nascosti il viso da-vanti alle telecamere. Sapete per-ché? Non perché fossero pregiudi-cati e non volessero farsi identifica-re dalle forze dell’ordine. Niente af-fatto: si sono coperti il viso per non

farsi riconoscere dalle proprie fami-glie lontane, alle quali avevano men-tito dicendo loro di aver trovato unlavoro decoroso in Italia, nascon-dendo la verità dei ghetti dove dor-mivano, il modo in cui venivano trat-tati, l’ufficio di collocamento della‘Ndrangheta, nel dubbio che maga-ri laggiù, in Africa, la propria mo-glie, i figli o qualche conoscente po-tessero riconoscerli in televisione altelegiornale della sera. Sì, la televi-sione esiste anche in Africa, ed an-che i telegiornali, per chi ancora nonlo sapesse.

Ora, pur condannando i fatti diRosarno e la violenza che si è crea-ta, provo ad immaginare cosa sa-rebbe stato se una cosa del generefosse accaduta a noi italiani, quan-do eravamo noi gli “africani” ed era-vamo noi quelli che andavano a bus-sare alle porte in Svizzera, in Bel-gio, in America. Conosco molte sto-rie di immigrazione (in questo casodi “emigrazione”) e certo i bocconiamari che noi italiani abbiamo in-goiato e, in modo sottile, ancora in-goiamo quando ci poniamo all’este-ro alla pari dei Paesi considerati sto-ricamente più “civili”, fanno ancoraindignare. Però, con tenacia e co-raggio, abbiamo saputo imporci al-l’estero e creare lì comunità che for-se neppure noi stessi possiamo im-maginare. Sapete quanti sono gliabitanti, oggi, nella metropoli bra-siliana di Sao Paulo, che hanno ori-gine italiana? Sei milioni e mezzo,più del doppio degli abitanti diRoma, e lo “slang” paulista ha tut-t’ora forme e parole che si ispiranoai dialetti napoletano e calabrese. Enoi siamo invece impegnati a ghet-tizzare gli immigrati, facendoli spa-rire nella notte in tuguri inimmagi-nabili senz’acqua potabile. E anzi-ché cercare di semplificare la nostralingua, rendendola accessibile a tut-ti, proprio come l’inglese negli

Stor ia, geograf ia ed immigrazione

CONTATTOedito da:Contatto Verein e.V.Bimestrale per laMissione CattolicaItaliana di Monaco

Lindwurmstr.14380337 MünchenTel. 089 / 7463060

la rivolta di Rosarno

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rinascita flash 3/2010 13

immigrazione e integrazione

Stati Uniti è una forma semplifica-ta dell’inglese “della Regina” per es-sere accessibile ad ogni ceto, eccoche noi invece sviluppiamo lo stu-dio dei dialetti a scuola, in modoche poi non riusciremo a capircineppure tra noi stessi. Eppure glialbanesi, che così bene parlano escrivono la nostra lingua, non han-no appreso l’italiano all’istituto Dan-te Alighieri o all’Istituto Italiano diCultura locale, ma dalla nostra te-levisione, captando illegalmente laRAI, rischiando, all’epoca della dit-tatura comunista, fino a quattroanni di galera. Sì, installavano prov-visoriamente l’antenna dietro unafinestra aperta e la smontavanoprima di andare a dormire. Quattroanni di prigione per vedere la RAI,ci pensate? E vedendo i nostri beiprogrammi, con giochi, moda,show, bella vita, telenovelas nostra-ne, ecco che in Albania, ma anchein Marocco, in Tunisia e poi via viain molti Paesi è nato il “sogno ita-liano”. Sogno che per alcuni di loro,oggi, è diventato un incubo.

E già che stiamo parlando di Pa-esi stranieri, vicini e lontani, colgol’occasione per affrontare un altroargomento che mi sta a cuore, cheè la geografia. O meglio, la progres-siva eliminazione della geografia daiprogrammi scolastici. Cosa c’entracon l’immigrazione? C’entra. La pa-ura nasce dall’ignoranza: c’è la pa-ura dell’immigrato perché parla unalingua che non capiamo, e c’è l’as-soluta impreparazione a prevederei flussi d’immigrazione, che sonostoricamente e geograficamenteinevitabili. Basterebbe tornare in-dietro di 10, 100, 1000 anni pervedere come alcune situazioni sia-no ripetitive e quindi prevedibili.Prendiamo ad esempio i Balcani ela ex-Iugoslavia: da Sarajevo è co-minciato non solo lo sfascio dellaIugoslavia ma anche il primo con-

flitto mondiale, ci sono guerre direligione da secoli, la questione al-banese è una questione oggi anco-ra aperta, data la fortissima pre-senza della popolazione in Paesiconfinanti, come la Macedonia e ilKosovo. Ma ogni volta che succedequalcosa, ci sorprendiamo se poiarrivano immigrati alla ricerca di unlavoro e di un futuro migliore. Ep-pure non sono marziani, abitano quia due passi da noi. In auto, da Tri-este, si arriva più velocemente a Sa-rajevo che a Rosarno. Eppure an-che in Paesi civilissimi come gli StatiUniti, alla domanda, al tempo dellaguerra dei Balcani, se la NATO do-veva bombardare il Kosovo o meno,la maggioranza degli americani harisposto di sì, e alla domanda suc-cessiva, “ma dov’è esattamente ilKosovo?” in moltissimi hanno rispo-sto: in Africa. Ignoranza colletti-va? No, solo mancanza dell’ora digeografia a scuola. La stessa man-canza “anglosassone” della geo-grafia, per cui un direttore marke-ting di una nota catena alberghie-ra britannica continuava a man-darmi lettere indirizzate Vienna/Switzerland, e anche per cui uncollega americano che voleva an-dare a Vienna ha prenotato il voloper Zurigo pensando fosse lì a duepassi. Io, a scuola, non abolirei

la geografia, al contrario mette-rei una materia unica: “storia,geografia ed immigrazione”.

Tornando all ’ immigrazione:questo tema viene spesso trattatoin modo populista e non viene fat-to alcun programma sensato perpianificare questa “migrazione” co-stante. La ‘Ndrangheta i suoi pianili ha fatti e sfrutta al meglio le ri-sorse della forza-lavoro illegale. Gliaffari sono affari. Mentre lo Statosi dibatte su come respingere iflussi di immigrati che costante-mente invadono il Paese. Eppureil nostro Paese ha bisogno di forzalavoro. E migliaia di immigrati di-sperati in fuga dai loro Paesi, perguerra, dittatura o mancanza dilavoro, non si possono fermare perdecreto. E poi, siamo tra i più espo-sti in Europa, sia per la vicinanzachilometrica con l’Africa e l’EstEuropeo, sia per la vicinanza cul-turale e linguistica con l’AmericaLatina. Gli immigrati sanno esat-tamente dov’è l’Italia, mentre gliitaliani non sanno spesso dove si-ano i Paesi dai quali gli immigratiprovengono, né la loro storia, néil perché loro sono qui. Se noi fos-simo davvero un Paese civile, do-vremmo studiare e pianificare ilflusso di immigrazione e regolarcidi conseguenza, come hanno fat-to sicuramente meglio Paesi piùprogrediti in questo senso, comeGermania, Olanda, ma anche lostesso Brasile. Forse, anziché oc-cuparci solo di dialetti friulani etradizioni padane, a scuola do-vremmo occuparci anche di Geo-grafia, quella con la G maiuscola.Forse cominceremmo a vedere gliimmigrati più come “persone” emeno come “alieni”. E un giorno,spero non troppo lontano, po-tremmo cominciare a cancellare lavergogna di fatti come quelli diRosarno. (Massimo Dolce)

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14 rinascita flash 3/2010

immigrazione e integrazione

A Torino c’è una scuola elementa-re pubblica dove gli alunni sonoper la maggior parte stranieri.Vengono rispettate le loro tradi-zioni, culturali, religiose e alimen-tari. Una scuola dove le maestrefanno la fila per andarci ad inse-gnare e i genitori per iscriverci ifigli. Una scuola dove la parolad’ordine è davvero “integrazione”

Non c’è riforma che tenga, nel-le scuole italiane di ogni ordine egrado, senza la passione e l’entu-siasmo di tutti – ma proprio tutti –i protagonisti che la vivono, ognigiorno, in ogni aula, in ogni lezio-ne, in ogni assemblea di istituto. Ildirettore, la preside, gli insegnan-ti, gli studenti, i genitori degli stu-denti, le segretarie, persino i bidelliche suonano la campanella. Quan-do tutto questo funziona, ecco chenascono belle storie (e belle scuo-le) come la “Federico Sclopis” diTorino, una scuola primaria, che faparte della Direzione Didattica “Gia-cinto Pacchiotti”; in una delle zonepiù popolari del centro-città, ad altotasso di immigrazione. Una scuolaelementare dove gli alunni sono perla maggior parte stranieri. Unascuola dove vengono rispettate leloro abitudini e tradizioni: cultura-li, religiose e alimentari. Una scuo-la dove le maestre fanno la fila perandarci ad insegnare e i genitorifanno la coda per iscriverci i figli,grazie ad una retta d’iscrizione as-sai economica. Una scuola dove laparola è davvero “integrazione”.

“Per diversi anni, ho chiesto iltrasferimento proprio alla ‘Sclopis’,racconta con entusiasmo LorettaGraglia, maestra in una classe pri-ma, “e poi finalmente l’anno scor-so l’ho ottenuto. E ne sono felicis-sima! E pensare che prima insegna-vo nella scuola del mio paese eandavo al lavoro a piedi, mentre

adesso ho mezzora di treno perarrivare a Torino., Ma non c’è para-gone! Per un’insegnante, qui c’è lapossibilità di lavorare benissimo, èun’avventura stimolante, anche sedifficile, soprattutto all’inizio. Nellamia prima elementare, quest’anno,siamo in 21: 14 stranieri (di 8 Pae-si diversi) e 7 italiani. Molti di que-sti bambini stranieri arrivano il pri-mo giorno di scuola senza nemme-no conoscere una parola di italia-no. Ma appena hanno cominciato afidarsi di me, sono diventati cosìricettivi, assorbono come spugne.E i loro genitori sono i più assidui avenire a parlare con noi maestre…”.

Bambini originari del Marocco,della Tunisia, della Romania, del-l’Albania, del Perù, dell’Ecuador,della Cina, dal Brasile, dal Ghana,dal Senegal: la scuola “FedericoSclopis” è come un grande mappa-mondo, di quelli che si studianodurante le ore di geografia. Bastafarlo girare, e puntare il dito versoun Paese a caso, e sicuramente unalunno di quella nazione, qui, lotrovate. Ed è bello provare a farsentire ognuno a casa propria.Come? Anche con le piccole cosequotidiane di una scuola “persona-lizzata”, cucita a misura di bambi-no, ognuno a modo suo. Si posso-no scegliere due opzioni didattiche:o soltanto l’orario mattutino o il“tempo pieno” prolungato fino alle

5 del pomeriggio, compresa lamensa. E, qui, a tavola, il menùvaria a seconda delle esigenze edelle tradizioni. Ai bambini mu-sulmani, per esempio, niente car-ne di maiale. “Ogni occasione,ogni compleanno, ogni ricorren-za, è un modo per stare insie-me”, spiega la maestra Loretta,“e i bambini e i loro genitori sonoinvitati a portare qualcosa di ti-pico della loro cucina, spaghettio kebab, e dei loro dolci. Ci si

diverte un mondo e si mangia be-nissimo!”.

Ma non solo cibo, certo che no:lo studio della lingua italiana èfondamentale per i bambini stra-nieri. Ma anche i compagni di clas-se italiani saranno coinvolti ad ap-prendere, di volta in volta, qual-che parola e qualche frase in al-tre lingue: in arabo, in cinese, inromeno, in francese, in inglese,persino in swahili. Senza limiti,senza frontiere, senza pregiudizi.Fin dall’inizio.

Il Crocefisso, invece, resta lì, alsuo posto, sopra la cattedra e difianco alla fotografia del presidenteNapolitano. “Qualche mugugnoc’era stato, anche qui, da parte dialcuni genitori musulmani”, raccon-ta la maestra Loretta, “ma poi liabbiamo convinti ad accettarlo, peril bene dell’educazione dei loro fi-gli. La scuola, tuttavia, sarebbestata irremovibile sul Crocefisso.In ogni caso, nell’ora di religione,i bambini che non sono cattolicipossono lasciare l’aula e restare inun’area-giochi per loro. Natural-mente non sono i bambini a decide-re, bensì mamma e papà. Cosi comeper le lingue, noi vorremmo parlareanche di altre religioni. Troppo com-plicato per bambini di 6 anni? Se losi fa con il metodo giusto, non è maitroppo presto, anzi”. E questo gra-zie alla collaborazione con alcune

La scuola di tutti i colori

La scuola elementare Federico Sclopis

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immigrazione e integrazione

cooperative sociali operanti suTorino e dintorni, in special modonella zona di Porta Palazzo, doveormai molti torinesi – a torto –non vogliono nemmeno più met-ter piede.

Questa multietnicità della scuo-la “Sclopis”, del resto, non era pia-ciuta subito a tutti: all’inizio della“nuova era” della scuola, una deci-na di anni fa, numerose famiglie ita-liane non avevano gradito granchéquesta “invasione” di stranieri nel-le classi dei loro figli e si era regi-strato un autentico fuggi-fuggi dialunni verso altre scuole, pubblichee private. Da due anni a questa par-te, viceversa, la tendenza si è ca-povolta: le iscrizioni di bambini stra-nieri si sono mantenute stabili,mentre sono in netta ripresa le iscri-zioni di bambini italiani. Finalmen-te i genitori hanno capito che ladiversità – anche quella della loroscuola – è una ricchezza. Non piùuna scuola solo per stranieri. Mauna scuola per tutti. La scuola ditutti i colori. Una scuola che è purediventata un museo. Sì, proprio unmuseo. Il “Museo della Scuola pri-maria Sclopis”. I bambini sono sta-ti indirizzati verso ricerche storichee testimonianze dirette per cono-scere il passato della loro scuola e,in questa attività, si è inserito lo

stretto rapporto di amicizia che siè venuto a creare tra gli alunni dioggi e i gli alunni di ieri, che ades-so sono adulti. Passato, presente,futuro.

Tutto troppo bello per esserevero? Nessuna magagna? La per-fezione non è di questo mondo, maqui alla “Sclopis” sembra filare tut-to liscio. Non è una scuola di “fe-nomeni”, è una scuola per tutti, unascuola dove all’intervallo i bambinigiocano al pallone e le bambine pet-tinano le bambole. Una scuola dovele maestre (uniche!) leggono le fa-vole e i fumetti e raccontano miti eleggende. Una scuola “straordina-riamente normale” e “normalmen-te straordinaria”. Una scuola che havinto il concorso “Adotta un monu-mento” e tira avanti con i proprimezzi e le proprie idee. Semmai ibastoni tra le ruote potrebbe met-terceli proprio il ministero dell’Istru-zione: il ministro Maria Stella Gel-mini ha confermato che sta studian-do gli aspetti tecnici per introdurreun limite del 30 percento di pre-senza di alunni stranieri in ogni clas-se. Possibile? Diremmo assai impro-babile, perché indietro non si tor-na, soprattutto nelle grandi città.Lo dimostra il caso della “Sclopis”di Torino, ma anche di altre scuole,come la elementare “Pisacane”, nelquartiere di Tor Pignattara di Roma.Quest’anno è stata frequentataquasi esclusivamente da alunnistranieri, circa il 97 percento degliiscritti: su 180 bambini solo 6 sonoitaliani. Lo stesso a Milano, dovealla scuola elementare “Radice”, su96 alunni, 93 sono immigrati. Qui,e altrove, non serve né la riforma,né la contro-riforma. Servono sol-tanto lavoro, organizzazione e unamassiccia dose – quella sì – di buonsenso. (Crist iano Tassinari ,[email protected])

58. Festspiele EuropäischeWochen Passau 2010:Frauengestalten - Frauengestalten Organizza: FestspieleEuropäische Wochen Passau, incollaborazione con Istituto Italianodi Cultura.Per maggiorni informazioni:www.ew-passau.de

giovedì 10 giugno in Resi-denzplatz (Passau) ore 19.30concerto Volkslieder aus Ne-apel con la Nuova compagniadi Canto Popolare di Napoli

giovedì 17 giugno nella Ka-thol ische Pfarrk i rche (Rose-naue r s t r. 1 , G ra f enau ) o re19.30 concerto FranzösischeChansons und italienischeMadrigale des 16. und 17.Jahrhunderts con Ar i annaSaval l , Petter Udland Johan-sen e l’Ensemble Il Desiderio

domenica 20 giugno nel laS t i f t sk i r che Enge l s ze l l (En -gelhartszell / Oberösterreich)ore 19 .30 concer to StabatMater und Magnificat (vonA. V iva ld i und J .S .Bach)con Jul ie Comparini, Christ i-ne Brandauer, Veronica Krö-ner, Sabine Lier e SalzburgerHofmusik

lunedì 21 giugno a l C ine-plex (Nibelungenstr. 5, Pas-sau) ore 20.30 fi lm Die Na-cht (M.Antonioni, Ital ia/Fran-cia, 1960)

lunedì 28 giugno al Cineplex(Nibelungenstr. 5, Passau) ore20.30 film Bellissima (Luchi-no Visconti, Italia, 1951)

gioved ì 15 lug l io n e lSch loß innenhof (Or tenburg)ore 19.30 concerto Madriga-le der venezianischen Kom-ponist in Barbara Strozz i(1619-1664) con l’Orlando diLasso Ensemble.

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intervista

Stefano Montanari, bo-lognese, 59 anni, laureatoin Farmacia nel 1972 conuna tesi in Microchimica, èuno dei massimi espertimondiali nel campo dellenanopatologie, vale a diredelle patologie causate dapolveri ultrafini. Dal 1979collabora con la moglie An-tonietta Gatti a numerose ri-cerche sui biomateriali einsieme dirigono il labora-torio Nanodiagnostics diModena in cui svolgono ri-cerche e offrono consulen-ze di altissimo livello sullenanopatologie. Da annisvolge un’intensa opera di divulga-zione scientifica nel campo dellenanopatologie, soprattutto perquanto riguarda le fonti inquinantida polveri ultrafini.

rinascita flash (rf): Prof.Montanari, può spiegare ai lettoricosa si intende con i termini “na-noparticelle”, “nanopatologie” e“nanopolveri”?

Montanari (Mon): Non sonoprof ma dott. Prof significherebbeche io ho intrapreso la carriera uni-versitaria, e farlo in Italia vorrebbedire essere entrati a far parte di isti-tuzioni elefantiache in cui si fa car-riera nella maggior parte dei casisolo in maniera priva di fair play eche ormai sono incapaci di partori-re anche il classico topolino. Se nonsapessi che chi mi chiama profes-sore lo fa in buona fede, mi senti-rei offeso.

Nanoparticella è un termine nonsempre chiaro nel suo significatoperché ogni disciplina e, non di rado,anche ogni autore lo intendono amodo loro. Per noi nanoparticella èun granello di polvere il cui diame-tro è inferiore al micron, cioè al mil-lesimo di millimetro. Nanopolvere è

null’altro che un sinonimo. Nanopa-tologie, invece, sono un nome co-niato da mia moglie, la dott.ssa An-tonietta Gatti, per definire le malat-tie generate dall’interazione di que-ste particelle con l’organismo, e que-sto in seguito alla sua scoperta av-venuta tra il 1997 e il 1998 che di-mostra come queste polveri, se nonbiodegradabili, una volta entrate nelcorpo possono esserne sequestratee restarvi per sempre, generando,appunto, malattie, soprattutto, dinatura cardiovascolare, ma ancheparecchi tipi di cancro, malattie en-docrine come il diabete o le tiroidi-ti, malattie infiammatorie come legranulomatosi, malattie del sistemanervoso come il Morbo di Alzheimer,stanchezza cronica, malformazionifetali, ecc. A proposito del terminenanopatologia, può essere curiosonotare come questo sia ormai adot-tato universalmente in campo scien-tifico con l’eccezione dell’accademiaitaliana o, almeno, di parte di essa,che non è ancora arrivata ad accor-gersi della loro esistenza.

rf: Quali sono le maggiori sorgen-ti di nanoparticelle e nanopolveri?

Mon: Se intendiamo polveri in

generale, le sorgentisono naturali (vulcani,sabbia, incendi boschivi)o antropiche, cioè uma-ne. Tra queste ultime lefonti principali sono quel-le ad alta temperatura: imotori a scoppio, i ce-mentifici, le fonderie, lecentrali elettriche ad olipesanti, a carbone o abiomasse, gli incenerito-ri comunque li si vogliachiamare (quelli di ulti-ma generazione sono ipeggiori), e molte fabbri-che in genere.

rf: In percentuale,quante nanopolveri sono di origineantropica?

Mon: La Natura produce pochis-sime nanopolveri, essendo quasitutte piuttosto grossolane e, perquesto, molto meno aggressive perla salute. Tanto per fare un esem-pio, le eruzioni vulcaniche raramen-te producono polveri più piccole diqualche micron e le sabbie più sot-tili misurano addirittura qualche de-cina di micron di diametro. Così, sipotrebbe dire che le nanopolveri,così come le intendiamo noi, inor-ganiche, non biodegradabili e nonbiocompatibili, sono quasi tutte diorigine antropica.

rf: Come avviene “l’ingresso”delle nanoparticelle all’interno delcorpo umano?

Mon: Le vie d’ingresso sono di-verse, ma le più comuni sono l’ina-lazione e l’ingestione.

rf: Quali sono i danni alla nostrasalute nel breve e nel medio-lungoperiodo?

Mon: Nel breve periodo, se l’ina-lazione di nanopolveri è massiva, sipossono avere affezioni paragona-bili a bronchiti o tracheiti. Comuneè anche la febbre a temperature non

I l f u t u r o n e l l a p o l v e r eIntervista al dott. Montanari, esperto di nanopatologie

Il dott. Stefano Montanari

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intervista

elevate e la diarrea, situazioni chevengono confuse con una normaleinfluenza. Alla lunga, le conseguen-ze sono le malattie di cui ho dettoalla prima risposta. È importantesapere che le nanopolveri si ferma-no a livello alveolare, vale a direnella parte più profonda del polmo-ne, solo poche decine di secondi, perpoi passare al sangue e, in pochedecine di minuti, a tutti gli organi. Ilfatto è ampiamente dimostrato (esi-ste, tra i tanti, un articolo ormai di-ventato classico pubblicato nel 2002da Circulation a firma di un gruppodell’università belga di Lovanio) an-che se la nozione pare non avereancora raggiunto gran parte dell’ac-cademia nostrana che si agita in unbuio patetico.

rf: Qual è la differenza tra lenanopolveri e il famigerato PM10 cheattanaglia le nostre città?

Mon: Le polveri PM10 sono tuttii granelli che hanno un diametrouguale o inferiore a 10 micron. Lenanopolveri sono tutte quelle infe-riori al micron.

rf: Prof. Montanari, nellahome page del suo sito(www.stefanomontanar i .net)c’è un richiamo molto forte all’arti-colo 32 della nostra Costituzione chesancisce come dovere della Repub-blica la tutela della salute dell’indi-viduo come bene di primaria impor-tanza. Secondo Lei oggi questo di-ritto è sempre tutelato? E la classepolitica italiana ha preso coscienzadegli enormi danni alla salute e deirelativi costi sociali causati dall’in-quinamento o no?

Mon: La classe politica italianasemplicemente non esiste. Quelliche noi ci ostiniamo a chiamare po-litici non hanno la più pallida idea diche cosa significhi la parola stessapolitica, un concetto che indica laconduzione virtuosa della polis, della

città, della casa comune. I nostripoliticanti non fanno nulla di tuttociò e si limitano a perseguire gli in-teressi propri e delle cosche che rap-presentano, che li sostengono e cheli hanno piazzati dove sono. Tuttoquesto grazie ad un’operazionemolto efficace di anestesia dellemasse cui si è fatto credere che nonesista alternativa alla situazione eche si debba per forza vivere così.Le ultime elezioni ne sono una pro-va lampante. Dopotutto, anche Hit-ler andò al potere con il consensodemocratico popolare. Se esistequalche eccezione, si faccia avanticon voce forte.

rf: Cosa può fare ognuno di noiper contribuire a ridurre l’emissio-ne di nanopolveri nell’atmosfera e,più in generale, per salvaguardaremaggiormente l’ambiente che cicirconda?

Mon: Ci si fa una cultura indi-pendente dalle fesserie che spara-no certi politecnici, certe universitàe certi politici; si guarda con spiritocritico la TV e con lo stesso spiritosi ascolta la radio e si leggono i gior-nali; si compra solo ciò che è tolle-rabile dall’ambiente; si compra solociò di cui si ha realmente bisogno;si riusa e si ricicla tutto ciò che èpossibile senza buttare mai ciò chepuò ancora servire; si evitano perquanto possibile imballi e confezio-ni inutili, specie se di materie pla-stiche; si preferiscono i prodotti sfusi

rispetto a quelli confezionati; si com-prano di preferenza prodotti di filie-ra corta, cioè che provengono davicino e che subiscono il minor nu-mero possibile di passaggi di mano;ci si sposta di preferenza con mezziecologici (es. la bicicletta o le gam-be); si manda a casa tutta la classepolitica attuale a rischio di elimina-re anche qualcuno di buono.

rf: Ci sono speranze per l’Italia?Mon: La speranza è, come si

suol dire, l’ultima dea, ma io la vedodurissima. Mi pare di essere sul Ti-tanic che sta affondando mentre ipasseggeri continuano a ballare.Eppure, basterebbe una semplicis-sima presa di coscienza per ribalta-re la situazione, e questa presa dicoscienza non può che partire dallacultura, l’arma di legittima difesa piùefficace che esista. Se la gente aves-se la preparazione sufficiente perridere in faccia a certi pseudo-scien-ziati che si lasciano affittare permentire senza pudore, e punisse ipolitici che la prendono per i fon-delli, molte cose cambierebbero dra-sticamente. Negli ultimi decennil’ignoranza popolare è già stata re-sponsabile di tragedie della cui por-tata e, forse, della cui stessa esi-stenza, nemmeno si rende conto:l’amianto, il piombo-tetraetile, i clo-ro-fluoro-carboni, il DDT… e potreicontinuare. In tutti quei casi, indu-striali e politici avevano affittatocosiddetti scienziati che si presta-vano all’operazione per mentire allagente e far credere che tutta quellaroba era perfettamente innocua. Ilrisultato è sempre stato quello dimilioni di malati e di morti. Oggi sista ripetendo la farsa tragica conquelli che noi chiamiamo abusiva-mente “termovalorizzatori”, un er-rore che pagheremo a carissimoprezzo noi e, soprattutto, i nostri fi-gli. (a cura di Franco Casadidio)

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cultura

Proprio in questi giorni, sulCorriere della Sera, si è sviluppa-to un vivace dibattito, in seguitoa un articolo di Susanna Tamaro,pubblicato il 17 aprile a pagina 56del quotidiano.

La Tamaro parte dalla suaesperienza personale di donnaappartenente “alla generazioneche ha combattuto”, per passa-re all’individuazione di compor-tamenti e iniziative di alcune suecoetanee negli anni settanta,per approdare infine alla descri-zione di caratteristiche di omo-logazione delle giovani di oggi.I titoli scelti dal “Corriere”, perospitare l’intervento della Tama-ro, parlano di “femminismo chenon ha liberato le donne” e dimessaggi che “si concentranosul corpo: siamo passati dall’an-gelo del focolare alla misticadella seduzione”.

A parte la necessariaparzialità dei titoli, quasisempre insufficienti perracchiudere tutte le lineeessenziali di un ragiona-mento che si svolge inmolte centinaia di paro-le, l’articolo ha scatenatouna serie di reazioni. Lapedagogista e docenteuniversitaria Barbara Ma-pelli per esempio, bollal’intero articolo fra il“semplicistico e superficiale” e il“tendenzioso e manipolatorio”. Ma-ria Laura Rodotà parla invece di don-ne meno libere di vent’anni fa, difemminismo che non ha completa-to il proprio ruolo, la propria lotta,per colpa delle stesse femministeche “invece di battersi per quote sullavoro e asili nido, hanno passatosvariati anni a discutere di pensierodella differenza”.

Come dire che di fronte ai pro-blemi non ancora risolti, si è persotempo attorno a battaglie marginali.

L’argomento non è nuovo; ilruolo della donna, le conquiste ot-tenute in seguito a decenni di lot-te e la discussione sul movimentofemminista costituiscono una par-te non trascurabile del dibattitoculturale in Italia.

All’interno di questi argomenti,la casa editrice Feltrinelli, nel feb-braio scorso, con successo premia-to già da una seconda edizione, hapubblicato un libro della giornalistaCaterina Soffici intitolato “Ma le don-ne no. Come si vive nel paese piùmaschilista d’Europa”, con la prefa-zione illuminante di Nadia Urbinati.

È interessante conoscere la sto-ria di questo libro. Dice l’Autricenell’introduzione, di essersi dedica-ta, senza uno scopo preciso, allaraccolta di numerosissimi articoliusciti nel corso degli ultimi dieci

anni. Fino al momento in cui ha com-preso che gli scatoloni “conteneva-no una serie infinita di articoli cheraccontavano l’Italia come un’ano-malia nel panorama delle democra-zie occidentali, perché la condizio-ne femminile è lo specchio di unasocietà”.

Il testo che ne è venuto fuori, èdifatti (anche) un saggio sociologi-co. Ma non solo. La domanda prin-cipale che ha innescato la decisionedi ricavarne un libro è per sua stes-sa ammissione, più o meno la se-guente: “perché le donne italianehanno smesso di lottare?”

Il percorso iniziato negli anni set-tanta si è interrotto, senza alcunevento traumatico, ma solo attraver-so “un rallentamento impercettibi-le”, fino ad ingranare “addirittura unapericolosa retromarcia”. Esistonoalcune leggi che sono puntualmen-te disattese: con l’eccezione delledipendenti statali, le donne a paritàdi lavoro “guadagnano il 26% inmeno di colleghi maschi”. La doman-da relativa al matrimonio e alla vo-lontà di avere figli, continua ad es-sere posta alle donne che cercanolavoro, sebbene non sia consentito.Le iniziative a favore dell’introduzio-ne delle cosiddette quote rosa sonostate sabotate in modo più o menosotterraneo, per esempio con l’as-senza del numero legale in Aula al

“Perché le donne hanno smesso di lottare?”“Invece la ragazza carriera l’ha fatta. E adesso è capace di parlare anche per un intero minuto, con qualcheintoppo e senza dire assolutamente niente, ma questo non conta.”

Caterina Soffici

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cultura

momento della votazione. Il “velini-smo”, ormai ampiamente codificatoe praticato volontariamente è un fe-nomeno che trova successo e con-ferme, critiche e avversione. La pub-blicità, argomento particolarmentecomplesso al quale l’Autrice dedicamolte pagine, rivela la permanenzadi tutta una serie di stereotipi, in altripaesi espressamente vietati. Mater-nità e paternità sono protette da for-mule legislative insufficienti. L’Ita-lia resta un paese maschilista, nelquale gli uomini hanno 81 minuti emezzo di tempo libero in più al gior-no rispetto alle donne. Non è il casodi domandarsi con quale algoritmosia stato calcolato questo tempo; ilrisultato sembra piuttosto preciso,visto che si parla senza approssima-zioni anche del minuto e 30 secon-di, ma ciò non inficia la validità deldiscorso. La domanda di partenza(perché le donne hanno smesso dilottare?), posto che abbia motivo diessere formulata, non trova una ri-sposta veramente esaustiva se nonquella secondo cui, probabilmente,le donne sono ormai convinte di averraggiunto la libertà e che lottare nonsia più necessario. Forse è davverouna questione di mentalità comepare suggerisca l’Autrice. Eppuresono numerose le differenze dell’Ita-lia rispetto ad altri paesi progrediti,di cui Caterina Soffici riporta pun-tuale, storie ed esempi. In ultimo,provocatoriamente, cinque propo-ste, e l’invito a formularne altre,ognuno dal proprio punto di vista.( L o r e n z o P e l l e g r i n i ,[email protected])

Caterina Soffici, Ma le donne no.Come si vive nel paese più maschi-lista d’Europa, Feltrinelli, Milano,2010

In occasione della ricorrenzadell’8 marzo, il Presidente Napo-letano ha detto: “Le donne rap-presentano una ragione di speran-za e di fiducia per il nostro Paesee di speranza e di fiducia, in que-sto momento, abbiamo bisogno”.Vero: gli italiani hanno bisogno disperanza e di fiducia, ma avreb-bero bisogno anche della certez-za che le leggi fossero rispettateda tutti e, soprattutto, che il pri-mo garante della Costituzione edella legalità, che in Italia è il Pre-sidente della Repubblica, fossesempre schierato a margine in-valicabile per quanti intendesse-ro metterla in discussione. Suquesto principio è basata la no-stra democrazia e la nostra sto-ria ed in questo senso l’operatodel nostro Presidente risulta disempre più difficile interpretazio-ne: come è possibile, ci si chie-de, abbia potuto firmare il decre-to “Salva-Liste”? Come ha potu-to macchiarsi di un atto così pro-fondamente “di parte”? Come hapotuto avallare anche questa pa-lese violazione alla legge?

Se si va a ritroso nelle ultimevicende che lo hanno chiamato in

causa (partendo dalla firma delLodo Alfano, in chiara violazioneall’artico 3 della Costituzione di cuidovrebbe essere garante), ci siaccorge che la sua posizione è an-data via via modificandosi fino adivenire, allo stato attuale, incom-prensibile per quanti lo ritengonoin buona fede e chiarissima perquanti non credono più in questa.Molti di quelli che credono nellabuona fede cominciano a pensareche gli anni siano ormai troppi perpermettergli di recitare ancora lu-cidamente la parte che la legge ela storia gli assegnano. Gli altri,cosa forse ancora più grave, sonoorientati a credere che, visto il suoesempio, le leggi possono esseremodificate ed adattate alla biso-gna, interpretate a seconda dellenecessità di chi è al governo, cosa,per altro, già fermamente credutae voluta dal Presidente del Consi-glio. Siamo forse al punto di nonritorno ed una domanda per il no-stro Presidente della Repubblicasorge spontanea: se la sente diavallare questa convinzione inquanti credono ancora in lui?(Lucio Rossi, [email protected])

Il Presidente della Repubblica, la speranzae la fiducia

Il Presidente Giorgio Napolitano

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mondo

Dal 5 all’8 di aprile di quest’annosi è svolto a Cuba il IX Convegno In-ternazionale di Cubasolar, la Societàcubana che propone di proteggerecon amore la natura. Per questo èimportante scegliere un’alimentazio-ne corretta sia per i singoli individui,utilizzando prodotti naturali, e un’ali-mentazione solare per la societàumana, abbandonando poco a pocol’utilizzo delle fonti di energia fossile(in particolare il petrolio), escluden-do tassativamente la via pericolosis-sima del nucleare e scegliendo la viadel Sole con l’utilizzo di tutte le fontipulite che ci offre, come le fonti dienergia solare diretta (termica e fo-toelettrica) e indiretta (acqua, ven-to, biomassa), utilizzate ovviamentein forma corretta come lui ce le in-via, decentralizzate, in accordo conle condizioni ambientali di ogni Pae-se, cosicché si protegga globalmen-te il medio ambiente e tutti possanodare il loro contributo, evitando lostrapotere delle multinazionali.

Oltre a un gran numero di cubanidi tutte le province, hanno partecipa-

to una cinquantina di stranieri del-l’America Latina, del Canada, degliStati Uniti e dell’Europa, tra cui alcuniItaliani. Tutti siamo rimasti entusiastied al termine del Convegno abbiamoaffermato che non ci saremmo maidimenticati di questi giorni. Perché?

Innanzitutto il Convegno si è svol-to in buona parte nel comune di Bar-tolomé Masó, nella provincia Granma,dove si sta sviluppando un progettodi solarizzazione energetica con lapartecipazione di tutta la popolazio-ne. Non ci si è fermati alle parole,come normalmente avviene, ma si èpassato la maggioranza del tempo incontatto con gli abitanti del luogo checi mostravano le realizzazioni. In par-ticolare, nella città studentesca CamiloCienfuegos, che accoglie più di 5000studenti, loro stessi illustravano levarie opere Solari già in funzione.

All’ingresso di questa città studen-tesca siamo stati accolti da uno spet-tacolo commovente, con musica e can-zoni solari bellissime, fatto dai ragazzidi una scuola per disabili, e ci siamoritrovati con le lacrime agli occhi. Un

Un mondo di fraternità e amore è possibile

ragazzo paralizzato, che muove a sten-to le mani, ha presentato, nel Centrodi Studi Solari di questa città, opered’arte in miniatura meravigliose, rela-zionate con l’energia solare, ed è sta-to possibile così rendersi conto dell’in-telligenza e dell’amore con cui sonostate realizzate. Era bello vedere du-rante tutti gli incontri con gli abitantidel comune, la gioia che esprimevanoi loro occhi per il camino intrapreso e icubani di altri comuni e province diCuba hanno espresso chiaramente l’in-tenzione di impegnarsi per intrapren-dere un camino simile a questo.

Alla fine del Convegno, noi insie-me a tutti i partecipanti abbiamoespresso la convinzione che, senza al-cun dubbio, un mondo nuovo basatosulla fraternità e l’amore è possibile, epuò tradursi in realtà. (Enrico Turrini)

Questo il pensiero dei partecipanti al Convegno Cubasolar 2010

Ritornati a casa gli operatori,completamente scagionati dall’accu-sa di avere fatto parte di un’organiz-zazione per uccidere il governatoredi Helmadd, Emergency si è già po-sta un obiettivo: riaprire l’ospedaledi Lashkar Gah per ritornare a cura-re i feriti della guerra e nello stessotempo querelare “Il Giornale” e “Li-bero” che in questi giorni hannomesso in dubbio l’innocenza dei trearrestati, scrivendo che avevano con-fessato e mettendo in dubbio la tra-sparenza dell’Ong. “Nostro obiettivoè ritornare a Lashkar Gah per riaprireil nostro ospedale” ha detto Gino Stra-da spiegando che contatti sono già

avviati con le autorità afgane: “Il re-sponsabile di Emergency in Afghanistanieri ha incontrato il vicepresidente cheha garantito l’impegno delle autorità perla riapertura dell’ospedale”. Sulla pos-sibilità di un ritorno di Emergency si èespresso favorevolmente anche il mi-nistro degli esteri Franco Frattini, se-condo il quale non ci sono “ostacoli pre-giudiziali” alla riapertura dell’ospedaledi Lashkar Gah.

Quando da Roma è arrivata la no-tizia che la Procura aveva aperto un’in-chiesta contro ignoti per calunnia ag-gravata e continuata, Strada avevaannunciato che Emergency si sarebbegarantita legalmente “contro i calun-

niatori italiani che, a differenza diquelli afgani, sono noti”. In confe-renza stampa il fondatore dell’Ongha mostrato due prime pagine delGiornale di Vittorio Feltri con titoliche annunciavano la confessione diMarco Garatti, Matteo Dell’Aira eMatteo Pagani. “Noi ci aspettiamo -ha spiegato mostrando una primapagina virtuale con il titolo “Liberiperché innocenti” - che pubblichinoquesto ma non lo faranno perché an-dranno avanti a fare il loro sporcomestiere. Questa è spazzatura maabbiamo querelato anche la mini-spazzatura che è Libero”. (GRTV/Redazione)

Emergency, Strada: “Nostro obiettivo tornare a Lashkar Gah”

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rinascita flash 3/2010 21

salute

Finalmente questo lungo, uggio-so inverno ha lasciato spazio allaprimavera e tutti, avidi di sole, siabbandonano ai suoi dolci raggi,tanto più che una bella abbronzatu-ra esercita un fascino particolare. Mal’esposizione non protetta o non pro-tetta adeguatamente e prolungataal sole può provocare effetti danno-si alla nostra pelle. Macchie, rughee invecchiamento della pelle sonoeffetti dei raggi solari che si distin-guono in UvA, UvB e UvA. Gli UvAhanno una lunghezza d’onda eleva-ta e, penetrando negli strati profon-di dell’epidermide, sono responsa-bili dell’accelerazione del processod’invecchiamento della pelle, poichéalterano l’elastina e il collagene, cioèle strutture che garantiscono elasti-cità e compattezza dei tessuti cuta-nei. In dosi elevate, aumentano an-che il rischio di tumori della pelle.Gli UvB hanno una lunghezza d’on-da più corta e quindi non penetranoin profondità ma sono più potenti econtribuiscono all’invecchiamentocutaneo e alla comparsa di tumoridella pelle. Gli UvC sono i più peri-colosi ma, fortunatamente, vengo-no filtrati dalla fascia di ozono checirconda la terra. Una delle malattieprovocata da un’esposizione al soleincontrollata e prolungata nel tem-po, è la cheratosi attinica che simanifesta con piccole chiazze di-squamanti che si trasformano, inseguito, in crosticine aderenti allapelle. Le desquamazioni possonodurare anche diversi anni e, di soli-to, si alternano in periodi in cui siattenuano ad altri in cui si riacutiz-zano. Le chiazze cheratosiche sonodi piccole dimensioni, tra i 3 e i 6millimetri, danno pizzicore o pruritoin corrispondenza delle macchie ecompaiono soprattutto nelle zonepiù esposte al sole, cioè la fronte, illabbro inferiore, il dorso delle mani,il padiglione auricolare.

La ragione per cui la cheratosiattinica è scatenata da un esposi-zione prolungata al sole è dovuta alfatto che le radiazioni solari, a lun-go andare, possono alterare il DNAdelle cellule. La cheratosi attinicanon è un inestetismo, bensì una verae propria malattia. Ecco perché ènecessario curarla tempestivamen-te e soprattutto prevenirla, tanto piùche le cifre non sono tranquillizzan-ti. Ne è affetto il 60 percento dellepersone dalla pelle chiara dopo i 40anni e l’80 percento dopo i 60 anni.Essendo la malattia la conseguenzadi una prolungata esposizione alsole, raramente compare nei giova-ni. A rischio di sviluppare una che-ratosi attinica sono persone che han-no pelle e occhi chiari, capelli rossio biondi, persone che hanno efelidie persone che svolgono un’attivitàall’aperto, come contadini, murato-ri o marinai che lavorano molte oresotto il sole.

Quando si nota la presenza dipiccole croste sulle mani o sul voltoche non scompaiono con le normalicreme idratanti, è consigliabile rivol-gersi al dermatologo, dato che lacheratosi attinica può rappresenta-re un primo stadio di tumore cuta-neo. Al medico, in genere, basta unavisita accurata per diagnosticare lamalattia che viene curata a secon-da della grandezza e della profondi-tà delle parti lese. Se le chiazze del-la cheratosi attinica sono piccole,superficiali e non interessano molte

aree, si procede a cure locali conpomate che favoriscono la desqua-mazione e ammorbidiscono la pel-le. In questo modo vengono eli-minate le cellule morte e, conesse, anche la cheratosi. Oltre allecure locali è indicata quella immu-nologica con creme a base di Imi-quimod, una sostanza che poten-zia il sistema di difesa e lo rendepiù aggressivo verso le cellule al-terate. La tecnica indicata per lemacchie più grandi e profonde èla diatermocoagulazione che per-mette di bruciare le crosticine sen-za intaccare gli strati più profondidella pelle, o il laser che, rispettoalla diatermocoagulazione, ha ilvantaggio di danneggiare meno itessuti sani circostanti.

Essendo questa una malattia alconfine con l’epitelioma, il derma-tologo può approfondire la sua vi-sita ricorrendo alla dermoscopia.Con il dermatoscopio - uno stru-mento che ingrandisce la pelle finoa 10 volte - il medico è in grado diosservarla anche in profondità.L’epitelioma è un tumore dellapelle che compare, di solito, in etàavanzata e si localizza soprattut-to sulla parte superiore del voltoe all’attaccatura frontale dei capel-li. Se il dermatologo sospetta lapresenza di un epitelioma, in ge-nere, decide di intervenire chirur-gicamente, asportandolo in ane-stesia locale. La pelle asportataviene poi sottoposta all’esameistologico che valuta se la lesioneè benigna o maligna. Anche l’epi-telioma è provocato dai raggi so-lari e può essere una conseguen-za della cheratosi attinica. Preve-nirla è semplice: basta applicareuna protezione solare quandosi esce di casa, scegliendo unprodotto con filtro solare cali-brato in base alla tipologia del-la propria pelle. (Sandra Galli)

Cheratosi attinica

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22 rinascita flash 3/2010

parliamo d’altro

Le elezioni sono finite, e con esselo shock post-elezioni. Ed è rimastal’amarezza.

Ma, come mi sembra abbia dettoDi Pietro: “bisogna prenderne atto”.

Ed io prendo atto del fatto chequesta è l’ultima pagina, dove non siparla di politica, ma d’altro. E d’altroparliamo. Ad esempio del fatto cheanche la Pasqua è finita. Ed è rimastoun po’ di cioccolato.

Se poi vi sono rimaste anche delleuova fresche che non sapete comeutilizzare, allora la Pasqua continua,almeno in senso lato e solo sulla no-stra tavola imbandita.

Vi chiederete perché questo titolostrano. Ve lo dirò subito. Alzi la manochi non ha perlomeno una zia Brunanel parentado. La mia poi, non pervantarmi, è speciale. Cuoca eccezio-nale, piccola e snella, sempre in mo-vimento, di purissimo sangue emilia-no, ha riscoperto la cosiddetta cucinapovera italiana per la crème de la crè-me milanese e da diversi anni cucinanelle migliori case, quelle di alto gri-do insomma, e non voglio fare nomiperché non so se il segreto professio-nale valga anche per le cuoche, e nonsolo per medici, avvocati, fiscalisti emafiosi. Questi ultimi c’entrano comecavoli a merenda, ammetto, e qui iomi accorgo che sto uscendo dal se-minato, visto che oggi non di cavolivolevo parlare ma di un dolce.

Torno dunque alla zia. Ogni voltache ci vediamo, mi rivela ricette e ri-cettine, facendomi sbavare dalla vo-glia impellente di provarle tutte in unavolta, mi dà poi delle dritte che nes-sun libro di cucina insegna, insommale serate risuonano dei nostri cicalec-ci, espressione obsoleta ma onoma-topeica e molto azzeccata, ed è go-duria piena. Più per noi e meno perchi si deve sorbire gli ah e oh e chemagari, per disperazione, deve tro-vare un compagno e farsi una brisco-la dopo l’altra. Non faccio nomi altri-

menti lo zio si incavola.Comunque è la zia che l’altro gior-

no mi ha passato una chicca per comesfruttare al meglio le uova ed il cioc-colato di Pasqua rimasti. Stavolta laricetta è prevista per più persone poi-ché io credo che una tale delizia vadagoduta in compagnia. Se poi invecevi ritrovate come la Littizzetto e cioèsoli come un gambo di sedano, do-vrete vostro malgrado badare a di-mezzare le dosi. Oppure mettere ilgelato in piccoli contenitori di plasti-ca che possano andare nel congela-tore, così da averne sempre una pia-cevole ed utile scorta all’occorrenza.Per eventuali attacchi di tristezza chesolo, e ripeto, solo una bella scorpac-ciata di cioccolata, potrebbe far pas-sare. Quindi, per chi desideri un umoreda vispa Teresa, eccovi il mio

GelatoPer 8 – 10 persone: 8 uova fre-

schissime, 7 cucchiai di zucchero,mezzo litro di panna da montare, unpizzico di sale, cioccolato a scelta.

Dividere i tuorli dagli albumi.Sbattere energicamente i tuorlicon lo zucchero fino a che saran-no ben gonfi. Montare a parte glialbumi con un pizzico di sale. Mon-tare anche la panna. Grattugiareo spezzettare a piacere il ciocco-lato ed unirlo ai tuorli. Aggiunge-re poi delicatamente gli albumi ela panna montata, badando a nonsmontarli. Se avete ospiti e vole-te fare una figura alla Bocuse po-treste mettere il gelato in uno

stampo da Gugelhupf. Quello conil buco in mezzo, tanto per inten-derci. Dopo una notte o almeno seiore nel freezer di casa, il nostro ge-lato sarà ora pronto per essere ca-povolto sul piatto di portata risve-gliando e scatenando la nostra fan-tasia, che noi femmine italiche pos-sediamo in abbondanza. Si potreb-be ad esempio riempire il buco confrutti di bosco di colore scuro, tipomore o mirtilli, mettendo fragole olamponi intorno al piatto, forman-do un tripudio di sapori e colori,visto che il nostro occhio, ormaiabituato al meglio, vuole la sua par-te. Oppure preparare a parte melecotte o altra frutta a piacere aro-matizzata con cannella o anice stel-lato, zucchero, un bicchiere di buonvino bianco e buccia di limone, far-ne una purea (dopo aver tolto lespezie, naturalmente) e servirlacon il gelato, a parte o sempre tap-pando il buco di cui sopra. Se pro-prio di cioccolata non ve n’è rima-sta, potreste unire ai tuorli bengonfi e prima di aggiungere albu-mi e panna montata, degli amarettispezzettati ed eventualmente im-bevuti del vostro liquore preferito.O marrons glacés (quelli in pezzicostano meno).Oppure, a voi lascelta.

Qualcuno potrebbe obiettare chele uova in questo modo vengono sìsottoposte a shock da freezer ma noncotte, ed ai più drammatici potrebbe-ro venire in mente scene truci consalmonellosi, peste aviaria, listerello-si ed altre malattie contagiose ed in-fettive. Io personalmente godo anco-ra di ottima salute ma magari la pros-sima volta, per evitare anche even-tuali gelosie, vi passo la ricetta di miamadre, quella con le uova cotte, altri-menti per me sono cavoli amari. Behdi quelli parlerò un’altra volta, chissà.

Ma prima di tutto, come sempre,buon appetito! (Marta Veltri)

Leccarsi i baffi pensando a zia Bruna

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appuntamenti

55 Jahre “Deutsche Vita”Arbeitsmigration in Deutschland.Su questo tema si terrà la mostrafotografica promossa dalla SPD-Fraktion il 18 maggio alle ore 19nella sede del BayerischerLandtag

Il 20 dicembre del 1955 Italia eGermania Ovest sottoscrivono iltrattato per la regolamentazionedell’entrata dei lavoratori italiani inGermania. Dopodiché viene rego-larizzato l’afflusso della manodo-pera con i Paesi Spagna e Grecia(1960), Turchia (1961), Marocco(1963), Portogallo (1964), Tunisia(1965) e Iugoslavia (1968). Quan-do si risolse la necessità di mano-dopera straniera, nel 1973, si con-cluse ufficialmente il periodo deicosiddetti “Gastarbeiter”. Ma moltidei lavoratori temporanei sono ri-masti, hanno portato qui i loro fa-miliari e vivono ormai insieme a noi

La vita degli altri

 Il progetto fotografico, partito nella

primavera del 2008, verte su tre te-matiche: le nuove generazioni immi-grate in Italia, la condizione del lavo-ro e “Album di famiglia”.

Le persone e i luoghi fotografatida Luca Gambi comprendono scuole(dagli asili ai licei), cantieri, ospedali,attività lavorative, luoghi di culto,

mense per i poveri, abitazioni, dor-mitori, gruppi di famiglia.

Quest’ultima sezione si è amplia-ta notevolmente in itinere, mentre lamostra toccava i vari luoghi che elen-chiamo sotto.

“Album di famiglia” è il tentativo dipresentare immagini di migranti e na-tivi tramite le foto conservate per annidalle persone e che spesso raffigura-no i luoghi e le famiglie di origine.

Ci proponiamo di creare conoscen-za sulla società italiana contempora-nea in fase di profondo cambiamen-to, con realtà multietniche e multicul-turali sempre più estese.

Intendiamo anche contrastare lacampagna mediatica demagogica erazzista iniziata da tempo contro gliimmigrati, che abitano nel nostro pa-ese da anni, lavorano qui, mandano ifigli a scuola ma non hanno voce al-cuna nella nostra società.

“La vita degli altri” è testimonian-za, è esperienza, è racconto figurato,è il complesso vissuto dei migranti

nella fatica del quotidiano.Il progetto è stato parte integran-

te della campagna nazionale antiraz-zista “CGIL stesso sangue stessi di-ritti” svoltasi negli ultimi mesi.

La mostra, il relativo libro foto-grafico e il DVD sono disponibili neiprossimi mesi a chi ne farà richiesta,contattandoci:[email protected] 335 [email protected] 348 2900992www.flickr.com/photos/luca_gambi/

Il 4 giugno 2010, a Berlino,presso la sede della Akademie derKünste di Hanseatenweg, sarà presen-tata la mostra fotografica La vita de-gli altri, che durerà fino al 12 giugno.L’iniziativa culturale è organizzata dal-la Literaturwerkstatt e sostenuta dal-l’IIC di Berlino all’interno del Poesiefe-stival Berlin 2010: curatore MaurizioMasotti ([email protected]), fonda-tore dell’Associazione A.M.I.C.I. diRavenna che si occupa di mediazioneinterculturale in Emilia-Romagna.

da tre generazioni.L’evoluzione di queste vite viene

significativamente illustrata in una

raccolta di immagini diAntonino Tortorici. Que-sta raccolta di fotografieracconta frammenti diesistenze, dal momentodell’arrivo degli emigran-ti, fino ad illustrare lecondizioni di vita vissuta,sul lavoro e nel quotidia-no, nella nuova terra.

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appuntamenti

venerdì 14 maggio ore 19 in EineWeltHaus(Schwanthalerstr. 80 Rgb, München) sala U20 film Si puòfare (da vicino nessuno è normale) regia GiulioManfredonia, in occasione dell’entrata in vigore della leggeBasaglia. Ingresso libero. Organizza rinascita e.V.

domenica 16 maggio ore 10.30-11.15 (per i piccolini,fino a 5 anni e mezzo), ore 11.15-12.30 (per i grandicelli,dai 5 anni e mezzo a 10 anni) in Haus-Olymp (Elisabeth-Kohn-Str. 29, München, tram 27 e 12, bus 53 e 154) Illaboratorio dell’italiano. Lo scopo delle attività è migliorarele competenze linguistiche, sociali e culturali dei bambini dibilinguismo (o plurilinguismo) italiano. Per maggioriinformazioni rivolgersi a Marinella Vicinanza-Ott (tel. 089/3070 76 35 - [email protected]). Organizza: rinascita e.V.

martedì 18 maggio ore 20 al Gasteig,Vortragssaal der Bibliothek (Rosenheimerstr. 5,München) per la rassegna Italien neu verstehen: Calcio.Vom Fußball im Land des Weltmeisters con BirgitSchönau, corrispondente dall’Italia del settimanale “Die Zeit”Ingresso: € 6,-. Organizza: Münchner Volkshochschule.

mercoledì 19 maggio ore 19.30 al KinoBreitwand Starnberg (Wittelsbacherstr.10, Starnberg,Tel: 08151-971800, www.breitwand.com) nell’ambitodella rassegna Il Cinema Italiano introdotto ecommentato da Ambra Sorrentino, film Tutta la vitadavanti (Regia: Paola Virzi, Italia 2008, 93').

21 maggio-10 ottobre BayerischeLandesausstellung 2010: “Bayern-Italien, mostre:Kaiser, Kult und Casanova a Füssen, EhemaligesKloster St. Mang, Lechhalde 3, ore 9-17.30. Künstlichauf welsch und deutsch ad Augsburg,Maximilianmuseum, Philippine-Welser-Str. 24, ore 9:-17.30. Sehnsucht, Strand und Dolce Vita adAugsburg: Bayerisches Textil- und Industriemuseum (tim),Provinostr. 46, ore 9-17.30. Il programma è disponibileall’indirizzo: www.bayern-italien.hdbg.de. Organizza:Haus der Bayerischen Geschichte, Stadt Augsburg, StadtFüssen, Bayerisches Textil- und Industriemuseum.

10 giugno-18 agosto alla BayerischeStaatsbibliothek (Ludwigstr. 16, München), lunedì-venerdì ore 10-17, giovedì fino alle 20, sabato edomenica ore 13-17, in occasione della BayerischeLandesausstellung 2010, Bayern-Italien: Bellafigura. Italienische Buchmalerei in der BayerischenStaatsbibliothek. Organizza: BayerischeStaatsbibliothek, Istituto Italiano di Cultura.

domenica 13 giugno ore 10.30-11.15 (per i piccolini,fino a 5 anni e mezzo), ore 11.15-12.30 (per i grandicelli,dai 5 anni e mezzo a 10 anni) in Haus-Olymp (Elisabeth-Kohn-Str. 29, München, tram 27 e 12, bus 53 e 154) Illaboratorio dell’italiano. *Vedi domenica 16 maggio

lunedì 14 giugno ore 19 al Gasteig, VHS Zi. 3140(Rosenheimerstr. 5, München) per la rassegna Italienneu verstehen: Scontro di civiltà per un ascensorein piazza Vittorio (e/o 2006) e Krach der Kulturenum einen Fahrstuhl an der Piazza Vittorio(Wagenbach 2009). Incontro con lo scrittoreitaloalgerino Amara Lakhous. In italiano e tedesco.Ingresso: € 9,-/7,-. Organizzatori: Libreria Itallibri eMünchner Volkshochschule.

venerdì 18 giugno ore 19 in EineWeltHaus(Schwanthalerstr. 80 Rgb, München) sala U20,Letteratura spontanea a rinascita, un incontro con ilgruppo fondato da Giulio Bailetti “Se hai una poesia, unpiccolo racconto o anche un pensiero, un sogno o un’idea,che vuoi leggere o raccontare, vieni che sarai il/labenvenuto/a”. Ingresso libero. Organizza rinascita e.V.

lunedì 21 giugno ore 19 al Gasteig,Vortragssaal der Bibliothek (Rosenheimerstr. 5,München) per la rassegna Europa und derNationalsozialismus: Die Resistenza ist tot, eslebe Onkel Mussolini! Beobachtungen zumGeschichtsrevisionismus im Italien Berlusconiscon Prof. Dr. Aram Mattioli, storico. Ingresso libero.Organizza: Montagsforum im Gasteig.

mercoledì 23 giugno ore 19 all’Istituto Italianodi Cultura (Hermann-Schmid-Str. 8, München) serata:Totò-der italiensiche Prinz des Lachens-Einmultimediales Event. Moderatore: Massimo Fiorito.Performance musicali, video, interviste con artisti.Ingresso libero. Organizza: Massimo Fiorito incollaborazione con la Città di Napoli, Valentin KarlstadtMusäum, Filmmuseum des Münchner Stadtmuseums,Istituto Italiano di Cultura.

24 giugno-14 ottobre al Valentin KarlstadtMusäum (Tal 50, München) mostra: Totò-deritaliensiche Prinz des Lachens-Ein multimedialesEvent. Organizza: Massimo Fiorito, Città di Napoli,Valentin Karlstadt Musäum, Filmmuseum des MünchnerStadtmuseums, Istituto Italiano di Cultura.

25 giugno-3 luglio Filmfest München 2010. Perinformazioni: www.filmfest-muenchen.de. Organizza:Filmfest München, in collaborazione con Istituto Italianodi Cultura e Cinecittà Luce SpA Roma.

domenica 27 giugno ore 10.30-11.15 (per ipiccolini, fino a 5 anni e mezzo), ore 11.15-12.30 (peri grandicelli, dai 5 anni e mezzo a 10 anni) in Haus-Olymp (Elisabeth-Kohn-Str. 29, München, tram 27 e 12,bus 53 e 154) Il laboratorio dell’italiano. Lo scopodelle attività è migliorare le competenze linguistiche,sociali e culturali dei bambini di bilinguismo (oplurilinguismo) italiano. *Vedi domenica 16 maggio

venerdì 9 luglio ore 19.30 in EineWeltHaus(Schwanthalerstr. 80 Rgb, München) il Gruppo teatraleEos presenta La moglie di Mussolini, dall’omonimolibro di Marco Zeni. Interpreti: Mara Da Roit e PierpaoloDalla Vecchia. Musiche di Emanuele Zottino. Regia diLorenzo Merlini. Organizzano rinascita e.V. e Itallibri.

Incontri di letteratura spontaneavenerdì 14 maggio, venerdì 11 giugno, venerdì 9luglioore 18 all’Istituto Italiano di Cultura (Hermann-Schmid-Str. 8, München). Chiunque può leggere unapiccola poesia, un racconto, una storia o anche soloparlare di qualcosa o domandare o ascoltare gli altri.Ingresso gratuito. Per informazioni: Giulio Bailetti, tel/fax 089-98 84 91. Organizza: www.letteratura-spontanea.de.