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ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985 www.aleacafoscari.com Alea News, Giugno 2019 E' vietata la riproduzione del materiale contenuto negli articoli senza autorizzazione scritta dell’autore. 1 Editoriale di Maurizio Beraldo In questo numero pubblichiamo due contributi molto interessanti, uno dedicato ad un esempio di Digital Factory e a Industria 4.0, quindi innovazione organizzativa in generale abilitata da nuove tecnologie, e un secondo contributo relativo alla ricerca di base il cui risultato è stato industrializzato molto rapidamente. Industria 4.0 è nell’interesse sicuramente di grandi gruppi, e non da ora, posizionati geograficamente a livello globale per cui possono sfruttare competenze provenienti da più culture. Un po’ più difficile è per le PMI, alle quali EY fornisce un esempio di Digital Manufacturing nella quale Industria 4.0 è stata applicata in tutte le aree funzionali possibili, dalla progettazione alle varie aree della produzione. Sono possibili, per mezzo delle opportune connessione IoT (e altre tecnologie), avere in tempo reale parametri che indichino la situazione delle linee produttive, visualizzati all’interno di cruscotti, e disponibili in modo diffuso: con un sistema informativo appropriato è possibile avere i valori OEE anche in bilancio, ad esempio, disponibili a chi si occupa di controllo di gestione. Con il secondo contributo, che precede la rubrica Imprese nuove,l’Università Ca’ Foscari di Venezia ha progettato un tipo di pannelli solari DSSC, non basati su dispositivi a stato solido ma di derivazione organica: i pannelli realizzati possiamo definirli DOCG, la sostanza è derivata dagli scarti di lavorazione del vino, i quali passano dalla cantina a sopra i tetti di una azienda vinicola in provincia di Treviso. Potrebbe essere un colpo non da poco.

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Ed

ito

riale

di Maurizio Beraldo

In questo numero pubblichiamo due contributi molto interessanti, uno

dedicato ad un esempio di Digital Factory e a Industria 4.0, quindi

innovazione organizzativa in generale abilitata da nuove tecnologie, e un

secondo contributo relativo alla ricerca di base il cui risultato è stato

industrializzato molto rapidamente.

Industria 4.0 è nell’interesse sicuramente di grandi gruppi, e non da ora,

posizionati geograficamente a livello globale per cui possono sfruttare

competenze provenienti da più culture. Un po’ più difficile è per le PMI, alle

quali EY fornisce un esempio di Digital Manufacturing nella quale Industria

4.0 è stata applicata in tutte le aree funzionali possibili, dalla progettazione

alle varie aree della produzione.

Sono possibili, per mezzo delle opportune connessione IoT (e altre

tecnologie), avere in tempo reale parametri che indichino la situazione delle

linee produttive, visualizzati all’interno di cruscotti, e disponibili in modo

diffuso: con un sistema informativo appropriato è possibile avere i valori OEE

anche in bilancio, ad esempio, disponibili a chi si occupa di controllo di

gestione.

Con il secondo contributo, che precede la rubrica Imprese

nuove,l’Università Ca’ Foscari di Venezia ha progettato un tipo di pannelli

solari DSSC, non basati su dispositivi a stato solido ma di derivazione

organica: i pannelli realizzati possiamo definirli DOCG, la sostanza è derivata

dagli scarti di lavorazione del vino, i quali passano dalla cantina a sopra i tetti

di una azienda vinicola in provincia di Treviso. Potrebbe essere un colpo non

da poco.

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Sommario

EY: una Digital Factory per immergersi nelle logiche 4.0 , di Nicole

Derelli, EY Sviluppo di celle fotovoltaiche DSSC per la produzione di energia elettrica mediante il recupero di sottoprodotti della vinificazione , di

Manuel Meneghetti, Università Ca’ Foscari Venezia

Imprese nuove

Le nanotecnologie entrano in azienda con il progetto Nano-region , di

Flavia Mancini, AREA Science Park, Trieste Glob-Tek: innovazione e ricerca per la sicurezza industriale e ambientale , di Alberta Bazzotti e Enrico Segantin, t2i, Treviso

Matching fund: al via in Trentino il bando che unisce pubblico e privato per far crescere le imprese del territorio, di Martina Dei Cas, Trentino Sviluppo

Wearable device Made in Italy: aumento di capitale di 500.000 Euro per Deed, di Alessandro Tibaldeschi, I3P, Torino

In ALEA

Eletto il nuovo Direttivo ALEA, di Luca Parrella

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EY: una Digital Factory per immergersi nelle logiche 4.0

A pochi passi da Brescia EY dispone di una Digital Factory che prende il nome di

Sfida 4.0 nata nel 2017 per consentire ad aziende, ma anche a studenti, di

conoscere, capire e sperimentare l’applicazione e le logiche del 4.0.

“L’obiettivo”, come spiega Ivan Losio (Partner EY e fondatore del progetto Sfida

4.0) “è aiutare le piccole e medie imprese nei loro processi di miglioramento e di

integrazione delle tecnologie 4.0. Si tratta di un progetto in continua evoluzione

che unisce ricerca e impresa, formazione e lavoro”.

La sfida è stata dunque dare vita a una trasformazione digitale “made in Italy”, in

una logica di “get in touch” che consenta a chi visita Sfida 4.0 di vedere

applicazioni concrete di Industry 4.0 e di provare in prima persona a

implementare le logiche della digital transformation, all’interno di un ambiente

protetto.

La “fabbrica” è composta in tre macro aree, ognuna delle quali rappresenta uno

specifico modello di impresa:

una fabbrica “capital intensive”, un sito produttivo altamente automatizzato il

cui output è un raccordo pneumatico ad attacco rapido, con criticità di tempi

di attrezzaggio delle macchine, eccessivi fermi per guasto, efficacia e tempo

richiesto dai controlli di qualità, overstock di magazzino;

di Nicole Derelli

[email protected]

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una fabbrica “labour intensive”, basata sugli assemblaggi il cui output è una

"bicicletta" per bambini customizzata con accessori, dove si sono individuati

sprechi nei lunghi tempi di assemblaggio e di formazione degli operatori, nelle

attese dovute alla mancanza di materiale, negli eccessivi tempi di

movimentazione interna e, infine, nella scarsa efficacia dei controlli di qualità;

un’ultima impresa, "service intensive", le cui logiche sono assimilabili agli

uffici di un’azienda/ad un’azienda di servizi, rappresentata attraverso un sushi

restaurant, che si trova a misurarsi con lunghi tempi di attesa, frequenti errori

nel servizio, eccessive movimentazioni degli operatori e difficoltà nella

reportistica interna e verso gli uffici centrali.

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Verificate le lacune di una fabbrica “tradizionale”, i percorsi di training

accompagnano i partecipanti in un percorso prima volto all’efficienza di processo,

grazie a un percorso di lean transformation, di cui viene successivamente

mostrato il potenziamento grazie all’integrazione delle tecnologie 4.0:

interconnessione, IoT, intelligenza artificiale e machine-learning, realtà

aumentata, integrazione fabbrica-ufficio, analisi real time del dato, applicazioni

di soluzioni tecnologiche in grado di affrontare al meglio la sfida dei mercati.

In Sfida 4.0, nell’ottica di riprodurre una realtà affine a quella di molte PMI

italiane, che sono spesso dotate di un parco macchine misto, sono stati messi in

linea tecnologie e impianti che non erano nati per lavorare insieme in modo da

potersi adattare al meglio alle realtà italiane, rispettandone le caratteristiche.

Grazie all’interconnessione macchine e tecnologie sono in grado di lavorare

insieme, ricevendo input e restituendo informazioni. Queste ultime sono

elaborate da un sistema di performance management che è in grado di fornire

informazioni in tempo reale circa il funzionamento della fabbrica, con un grado di

dettaglio coerente con l’esigenza informativa dell’utilizzatore: la direzione avrà a

disposizione dei cruscotti sintetici che mostrano l’andamento generale della

fabbrica e i risultati in termini economico-monetari, il controller avrà dati

analitici per monitorare la redditività e la formazione del risultato, il plant

manager potrà conoscere l’efficienza produttiva dello stabilimento e delle singole

linee (OEE).

Il sistema MES (Manufacturing Execution System) installato rende possibile

gestire e controllare la funzione produttiva di ogni singola macchina: la raccolta e

la corretta comprensione dei dati di produzione diventa dunque il driver del

miglioramento della fabbrica.

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L’allestimento della factory è stato possibile grazie a circa 30 partner industriali e

tecnologici, eccellenze nei propri ambiti.

Una quarta zona completa l’esperienza nella Digital Factory di EY ed è nominata

Obeya. Si tratta di un laboratorio costruito per migliorare l’efficienza dei team di

progetto, favorendo la condivisione di progetti strategici e operativi, in logica

“Agile”. Nell’Obeya (in giapponese “grande stanza”) a ogni tipologia di progetto

ricorrente viene associato uno standard work condiviso che semplifica il flusso

tra le varie fasi di sviluppo del prodotto o servizio. L’area è orientata all’efficienza

nella gestione dei progetti, favorendo la condivisione degli obiettivi e dei ruoli,

evitando riunioni dispersive e ridondanti, e sviluppando un’efficace

collaborazione da parte di tutto il team multifunzionale, in un unico luogo fisico,

creando una comunicazione fluida e chiara. Il risultato è una netta riduzione dei

tempi di ideazione, progettazione e delivery dei progetti.

Ad oggi hanno visitato la EY Digital Factory oltre 2.000 addetti ai lavori

provenienti da circa 300 realtà industriali, per lo più del nord Italia, oltre a

studenti che hanno preso parte a percorsi formativi, workshop ed eventi.

Numerose le iniziative realizzate nel primo anno: più di cinquanta visite guidate

dell’hub; oltre 15 workshop su tematiche legate al tema del digitale e

dell’innovazione (fintech, agevolazioni 4.0, privacy nell’era digitale, Big Data e

tecnologie); più di 20 giornate di training esperienziali dedicate ad aziende, ma

anche ad associazioni, istituti scolastici, e start up.

Chi intende conoscere il progetto può partecipare ad una delle visite guidate che

vengono mensilmente organizzate oppure richiedere un incontro personalizzato.

A Sfida 4.0 è inoltre possibile organizzare percorsi di formazione per tutte le

funzioni aziendali, dalla direzione agli operatori, su temi di miglioramento dei

processi, digital transformation e utilizzo delle tecnologie 4.0.

“Industria 4.0 significa tecnologia in grado di cambiare l’approccio al mercato da

parte delle aziende, e quindi personalizzare il servizio. Non è da confondere con la

sola automazione” specifica Losio nell’illustrare il progetto. “L’efficienza

produttiva non è solo effetto di tecnologie più performanti, ma anche e

soprattutto della capacità di monitorare ogni singolo processo e ridurre eventuali

sprechi di risorse e/o tempo”. Non è difficile far comprendere quindi agli ospiti

della factory l’urgenza di adeguarsi ai nuovi standard dettati dalla Quarta

Rivoluzione Industriale, adattandoli alla propria realtà di partenza. È sufficiente

far capire loro che, con gli strumenti e le competenze giuste, è possibile avere un

effetto diretto anche sui valori effettivi di bilancio.

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Sviluppo di celle fotovoltaiche DSSC per la produzione di energia elettrica mediante il recupero di sottoprodotti della vinificazione

Il sistema energetico mondiale è attualmente basato sui combustibili fossili,

composti ad alto contenuto energetico e ricchi in carbonio, formatosi

naturalmente in milioni di anni da sostanze di origine organica sottoposte a

particolari condizioni di temperatura e pressione. Queste risorse presentano due

principali problemi: non sono rinnovabili e la loro combustione emette una

grande quantità di sostanze inquinanti e di anidride carbonica, responsabile

dell’effetto serra.

Negli ultimi anni, a seguito della minore disponibilità di risorse non rinnovabili e

alla crescente richiesta di energia pulita, la comunità scientifica ha spinto la

ricerca a focalizzarsi sempre più sullo sviluppo di risorse energetiche provenienti

da fonti rinnovabili. La radiazione solare è la risorsa principale che la natura ci

offre ed ha un ruolo chiave in questa ricerca, che ha portato ad ottimizzare

materiali, tecnologie e processi con l’obiettivo di impiegare l’energia solare, fonte

rinnovabile e pulita per eccellenza, per la produzione di energia elettrica “green”.

I dispositivi in grado di convertire l’energia solare in altri tipi di energia, che può

essere sfruttata dall’uomo, sono i pannelli solari, che si suddividono in tre

principali categorie: a concentrazione, termici e fotovoltaici. I primi concentrano

la luce solare tramite dei specchi parabolici per riscaldare un liquido termovettore

che aziona un sistema a turbina in grado di generare corrente elettrica. I pannelli

solari termici invece non generano corrente elettrica, ma sono in grado di

incrementare la temperatura dell’acqua destinata ad uso domestico, come l’acqua

calda sanitaria e per il riscaldamento, convertendo l’energia solare in energia

termica e aumentando il risparmio energetico dell’edificio su cui è installato

l’impianto. I pannelli solari fotovoltaici, invece, sono dei dispositivi che

convertono l’energia solare direttamente in energia elettrica tramite l’effetto

fotovoltaico, osservato per la prima volta nel 1839 da Alexandre Edmond

di Manuel Meneghetti

manuel.meneghetti92@gmail.

com

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Becquerel, in cui un elettrone presente nella banda di valenza di un

semiconduttore riesce a superare il relativo band gap e raggiungere la banda di

conduzione, grazie ad un fotone sufficientemente energetico assorbito dal

materiale.

Su questo fenomeno si basa il funzionamento delle celle fotovoltaiche, che

sfruttano quindi un materiale semiconduttore per effettuare la conversione

dell’energia solare in energia elettrica. Esistono molteplici tipologie di celle

fotovoltaiche in funzione del materiale impiegato, con principi fisici di

funzionamento, efficienze e costi molto diversi. Attualmente le celle più

commercializzate sono a base di silicio, che possono essere suddivise in base alla

differente cristallinità del materiale impiegato (monocristallino, policristallino e

amorfo), da cui dipendono naturalmente efficienze, costi e durata dei moduli

fotovoltaici. Sulla base di queste tecnologie la ricerca ha sviluppato celle sempre

più performanti, anche con materiali semiconduttori diversi da quelli tradizionali,

impiegando ad esempio l’arseniuro di gallio (GaAs) o utilizzando una struttura

con diversi strati di semiconduttori, le celle a multigiunzione, in grado di

assorbire lo spettro solare a più ampie frequenze.

Sebbene la maggior parte dei moduli fotovoltaici utilizzi celle basate sul silicio e

recentemente la ricerca si stia indirizzando verso celle a base di perovskiti, un

notevole interesse suscitano le tecnologie basate sull’impiego di materiali di

origine organica per la produzione di energia elettrica. Tra queste, le più

promettenti sono le celle solari sensibilizzate da coloranti organici (dye sensitized

solar cells, DSSCs), che emulano il processo di fotosintesi clorofilliana. Queste

particolari celle fotoelettrochimiche sono state inventate nel 1991 da Michael

Grätzel e Brian O’Regan e, sebbene abbiano efficienze inferiori rispetto alle

tradizionali basate sul silicio, si propongono come un’alternativa interessante sia

per vantaggio economico, sia per metodologie costruttive eco-friendly che

consentono un riciclo a basso impatto ambientale.

Una cella di tipo DSSC, può essere pensata come una sorta di sandwich in cui

ciascun strato di materiale deve rispondere a determinati requisiti in quanto ha

una specifica e ben definita funzione nel processo di generazione della corrente

elettrica.

Una DSSC è costituita dai seguenti layer: controelettrodo, elettrolita per chiudere

il circuito, colorante (dye), semiconduttore (generalmente titania -TiO2- un

ossido non tossico e sintetizzabile a basso costo) e vetro conduttivo.

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Quando la cella viene esposta alla luce, i raggi solari sono in grado di penetrare il

vetro conduttivo e lo strato semitrasparente di titania, raggiungendo lo strato di

colorante adsorbito sul semiconduttore. Se un fotone incidente possiede

sufficiente energia, può portare la molecola di colorante dallo stato fondamentale

allo stato eccitato, promuovendo un elettrone ad uno stato a energia maggiore. Da

questo stato l’elettrone può passare alla banda di conduzione del semiconduttore

e raggiungere il controelettrodo, passando per il circuito esterno che collega il

vetro conduttivo superiore al controelettrodo inferiore. Al controelettrodo

l’elettrone sarà in grado di ridurre l’elettrolita, che a sua volta rigenererà il

colorante ossidato riportando il sistema allo stato iniziale. Poiché il

funzionamento della cella dipende principalmente dall’assorbimento della luce

solare e dall’iniezione di elettroni al semiconduttore, ne deriva che nella cella

giocano un ruolo fondamentale soprattutto il colorante e il semiconduttore.

I dye organici adsorbiti sul semiconduttore possono essere coloranti estratti da

sostanze naturali come more, lamponi, arance, melanzane, olive, ribes e

naturalmente anche uva. Ma da un punto di vista sia economico sia etico non è

corretto pensare di sfruttare questa tecnologia su larga scala utilizzando delle

risorse destinate all’alimentazione. Occorre considerare il concetto di economia

circolare ed utilizzare piuttosto gli scarti del comparto agroalimentare,

trasformandoli in una risorsa e quindi in materia prima valorizzata.

L’idea innovativa alla base di questa ricerca applicata, sviluppata dall’Università

Ca’Foscari Venezia in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine,

l’Università di Malaga e la Vinicola Serena srl, attraverso un Progetto finanziato

dalla Regione Veneto (Progetto 2120-1-11-2018), consiste nel valorizzare,

mediante soluzioni innovative, scarti dei processi di vinificazione di uve rosse e

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bianche per la costruzione di celle solari DSSC. Generalmente al termine della

pigiatura dell’uva, il vino subisce un processo di vinificazione e chiarificazione,

che porta a depositare e sedimentare sul fondo del recipiente uno scarto ancora

ricco di molecole polifenoliche. Tale residuo, costituito anche da tartrati, sostanze

pectiche, lieviti, batteri e in larga parte da bentonite, può essere valorizzato, dopo

opportuna separazione, sfruttandone i coloranti per la costruzione di celle DSSC.

In questo progetto, mediante differenti approcci sintetici low-cost e a basso

impatto ambientale, è stata preparata una titania nanostrutturata ad alta area

superficiale, su cui sono stati adsorbiti i coloranti estratti dai sottoprodotti della

vinificazione. Sono stati realizzati prototipi di celle, su cui sono stati effettuati test

per valutare la potenza e la fotocorrente generata in presenza di luce solare

simulata.

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I risultati raggiunti, sebbene non ancora definitivi, sono molto incoraggianti

poiché comparabili con i valori tipici (riportati nella letteratura scientifica

internazionale) delle celle DSSC realizzate utilizzando estratti di origine vegetale.

Questa particolare cella solare può essere pensata come una macchina molecolare

che lavora nel campo delle nanotecnologie all’insegna della sostenibilità e

l’impiego di tali composti polifenolici come dye nelle DSSC può rappresentare

una soluzione estremamente eco-friendly e a basso impatto ambientale, che

valorizza uno scarto di produzione trasformandolo in una risorsa “green”.

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Le nanotecnologie entrano in azienda con il progetto Nano-region

Finanziato dal programma Interreg Italia-Slovenia, il progetto vede il

CNR-IOM (capofila) in partnership con altri prestigiosi centri di

ricerca e università

Dall’industria alimentare a quella chimica,

dall’automotive alla sanità, sono numerose le

applicazioni delle nanotecnologie che il progetto

europeo Nano-region a guida CNR-IOM (Istituto

Officina dei Materiali) intende rendere disponibili al

mondo industriale. Finanziato con 3 milioni di euro

dal programma Interreg ITA-SLO, Nano-region è tutto dedicato allo sviluppo e

alla diffusione delle nanotecnologie nel territorio. “Quello che vogliamo fare è

mettere in rete diversi laboratori nanotecnologici e rafforzare il loro collegamento

con il tessuto produttivo della macro-regione, nell’ottica di favorirne la crescita

economica”, dichiara Marco Lazzarino del CNR-IOM.

“Le nanotecnologie hanno numerosissime applicazioni nel mondo industriale. -

spiega Mattia Fanetti dell’Università di Nova Gorica, partner del progetto - In

ambito clinico, per esempio, sono utili per progettare le protesi, per trasportare

farmaci nel corpo umano e per migliorare le tecniche diagnostiche. Hanno un

ruolo anche nell’industria alimentare e in quella del packaging, in quella

tessile, dove consentono la progettazione di tessuti funzionalizzati, e in quella

automobilistica, dove contribuiscono a rendere più efficaci i componenti.

Possono servire per aumentare l’efficienza delle batterie e per migliorare le

prestazioni dei nostri telefoni cellulari”. Il cuore di Nano-region sta in una

collaborazione tra diverse realtà scientifiche e tecnologiche dell’area: oltre a

CNR-IOM in posizione di capofila, il progetto coinvolge il Technology Park

Ljubljana, il CENN Nanocenter, il Primorski tehnološki park, l’agenzia

regionale RRA Zeleni Kras e l’Università di Nova Gorica, che costituiscono

i partner sloveni, mentre quelli italiani sono Elettra Sincrotrone Trieste,

Area Science Park, l’Università di Trieste e quella di Venezia Ca’

Foscari, che partecipa con i due dipartimenti di Scienze Molecolari e

Nanosistemi e di Management.

di Flavia Mancini,

[email protected]

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“Queste realtà costituiscono delle vere e proprie eccellenze sul piano europeo ma

capita che vengano percepite come distanti dalla rete industriale del territorio.

Per questo, prima di tutto Nano-region intende attivare sul breve periodo un

dialogo tra aziende e poli tecnologici”, spiega Lazzarino. “Sul lungo periodo –

aggiunge Maurizio Massaro dell’Università Ca’ Foscari - il nostro obiettivo è

quello di individuare con precisione i settori in cui l’apporto delle nanotecnologie

può aumentare la competitività e di favorirne l’impiego. Non vogliamo

semplicemente rispondere a un bisogno espresso dalle aziende, vogliamo

intercettarlo”.

Nano-region richiede dunque un ampio sforzo di comunicazione, da attuare

attraverso i canali convenzionali, ma anche con una serie di attività dimostrative.

Nel corso dei tre anni il progetto guarderà anche ai cittadini e cercherà di

raggiungere gli studenti, con fini anche divulgativi. Tra cittadinanza, mondo della

scienza e realtà industriali, Nano-region costituisce un esempio di come i

finanziamenti europei possano essere usati per unire risorse transnazionali con

un obiettivo comune.

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Per informazioni: Flavia Mancini, responsabile comunicazione CNR – IOM,

[email protected] .

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Glob-Tek: innovazione e ricerca per la sicurezza industriale e ambientale

Glob-Tek è nata come start-up innovativa nel 2014 per

volontà di professionisti senior nel campo della sicurezza

industriale e ambientale, già altamente specializzati ed

apprezzati con un elevato feedback di competenze

specifiche e esperienza nel campo.

È composta dalla Divisione Fisica e dalla Divisione

Chimica e Ambientale con svariate attività interconnesse essenzialmente nel

ramo interdisciplinare delle consulenze scientifiche industriali, militari ‚ civili e di

trasferimento tecnologico.

Glob-Tek effettua innovative valutazioni del rischio di agenti fisici, chimici e

ambientali sia negli ambienti di lavoro che negli ambienti privati, oltre alla

necessaria formazione didattica sui rischi (Radiazioni non ionizzanti, Rischio

Esplosione, Campi Elettromagnetici, Chimico, Amianto, Rumore, Vibrazioni,

Agroforestale, Dissesto idrogeologico, Difesa e Conservazione del suolo).

La società è una realtà imprenditoriale innovativa e di nuova concezione, in grado

di offrire servizi di consulenza ed assistenza completi, professionali e rapidi,

derivanti dall'esperienza acquisita e dalla possibilità di utilizzare strumentazioni

di proprietà sempre all'avanguardia e la rete di laboratori di T2i.

Glob-Tek non si ferma mai alla mera misurazione ma è in grado di andare oltre

fornendo risposte concrete e fattibili alle problematiche legate alla sicurezza,

all’igiene del lavoro, all’ambiente e alla salute anche su settori non normati. La

consulenza non normata è uno dei punti di forza di Glob Tek; l’approccio

scientifico mirato alla ricerca permette di studiare rischi nuovi e non ancora

codificati come per esempio il rischio da nano particelle o da ignoto tecnologico.

di Alberta Bazzotti e

Enrico Segantin

[email protected]

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Fanno parte delle strumentazioni aziendali di proprietà:

Fonometri integratori digitali di classe 1;

Vibrometri a quattro canali;

Centraline microclimatiche;

Misuratori di campi elettromagnetici;

Centraline per la misurazione delle Radiazioni Ottiche Artificiali;

Luxometri;

Dinamometri digitali/bidirezionali;

Campionatori d’aria (per la ricerca di inquinanti sia di tipo chimico sia di tipo

microbiologico, come per esempio il batterio della Legionella);

Contatori di nano particelle;

Termo camere.

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Alea News, Giugno 2019

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Ricerca anomalie di un quadro elettrico tramite Termografie

La sede di Glob-Tek si trova a Rovigo presso la sede di T2i, in Veneto, ubicazione

ideale per permettere una operatività in tutto il territorio nazionale.

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Matching fund: al via in Trentino il bando che unisce pubblico e privato per far crescere le imprese del territorio

È stato varato da Trentino Sviluppo un

nuovo bando a sostegno delle startup e

piccole-medie imprese innovative che fa

leva sul principio del “matching fund”. Le realtà produttive in fase di sviluppo che

sceglieranno la provincia di Trento quale sede operativa, rimanendovi per almeno

cinque anni, potranno infatti contare su un sostegno economico erogato dall’ente

pubblico pari a quello che riceveranno da imprenditori, centri di ricerca privati,

business angel.

Fondamentale, per attivare la leva del sostegno pubblico, è quindi che le aziende

siano accompagnate da un investitore privato “terzo” che le sostenga con una

quota di investimento tra i 25 mila e i 200 mila euro. I settori interessati sono il

green e lo sport-tech, la meccatronica, l’agritech e la qualità della vita, ovvero le

“Specializzazioni intelligenti” individuate dalla provincia di Trento come

traiettorie strategiche di sviluppo. Sulla misura è stato stanziato per il 2019 un

budget pari a 700 mila euro. “Grazie a questo strumento – ha spiegato l’Assessore

allo sviluppo economico, ricerca e lavoro della Provincia autonoma di Trento

Achille Spinelli – ci aspettiamo delle ricadute sul territorio in termini di

valorizzazione dell’innovazione, della ricerca e delle figure manageriali trentine,

nonché nello sviluppo di nuove opportunità occupazionali per il territorio”.

La modalità di erogazione che verrà seguita sarà quella del “pari passu”. Ciò

significa che Trentino Sviluppo si impegnerà ad un finanziamento pari a quello

che saranno in grado di raccogliere da soggetti terzi del mondo privato le singole

startup e piccole medie imprese innovative, costituite come società di capitali da

almeno un anno, che non abbiano ancora distribuito utili e non siano frutto di

scissione o cessione di ramo d’azienda. I finanziatori, che dovranno essere

indipendenti rispetto all’impresa richiedente, potranno essere società di capitali,

fondi di investimento, investitori professionali, ma anche business angel e centri

di Martina Dei Cas,

martina.deicas@trentinosvilu

ppo.it

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di ricerca, purché di natura privata, anche costituti in forma di società consortili.

Saranno ammessi esclusivamente apporti di capitale in denaro. Le domande

verranno valutate sulla base dei curriculum vitae dei partecipanti, dello stadio di

sviluppo dei prodotti e servizi offerti, del grado di innovazione, degli scenari di

sviluppo, del know-how dei richiedenti e della validità del business model. Il

termine per l’invio delle candidature è venerdì 12 luglio.

Il Club trentino degli investitori

Nato nel 2017 da un’idea di Trentino Sviluppo, il Club trentino degli investitori è

un network informale composto da oltre 90 investitori che si sono resi disponibili

a valutare iniziative imprenditoriali trentine per un eventuale finanziamento e

partecipazione nel capitale aziendale. Tra loro vi sono industriali, business angel,

acceleratori, fondi di venture capital e private equity, imprese che hanno come

mission la partecipazione in aziende innovative, intermediari e banche che

gestiscono strumenti di equity. Il network rappresenta inoltre un importante

veicolo per la creazione di contatti, partnership e accordi commerciali tra gli

stessi membri e tra loro e le imprese del territorio. Ad oggi, il Club ha incontrato

ed esaminato 35 startup, contribuendo a 6 campagne di equity crowfunding e 3

operazioni di matching fund, tra cui quella con la realtà marchigiana NTP – Nano

Tech Projects.

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NTP: a Rovereto in Polo Meccatronica il matching per prototipare il

microscopio intelligente che rivela i virus al chirurgo in tempo reale

Nata a Sant’Angelo di Vado nelle Marche sette anni fa da un gruppo di ricercatori

ed esperti nel campo ingegneristico e biomedicale, NTP – Nano Tech Projects ha

scelto Rovereto per sviluppare il Nano-Eye Device, un microscopio intelligente

capace di individuare la presenza di patologie da remoto anche durante un

intervento chirurgico, dando riscontro sui tessuti asportati in tempo reale,

nonché di rilevare la presenza di un virus in modo sostenibile e immediato. NTP

è stata infatti protagonista, la scorsa estate, di un’operazione di matching fund

che ha portato ad un aumento del capitale sociale complessivo pari a 650 mila

euro, per il 70% a carico di investitori privati e per il 30% da parte di Trentino

Sviluppo. Contestualmente, l’impresa marchigiana si è insediata nell’hub

roveretano per la meccatronica, la robotica e l’Industria 4.0 Polo Meccatronica,

dove si è impegnata ad assumere 9 nuovi addetti che si dedicheranno allo

sviluppo dell’automazione del processo diagnostico e all’ingegnerizzazione dei

materiali consumabili.

Scarica il bando: https://tinyurl.com/matchingfundTrentino

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Wearable device Made in Italy: aumento di capitale di 500.000 Euro per Deed

Deed, la startup tutta italiana che punta a

rivoluzionare il mondo dei wearable devices,

ha ottenuto il suo primo Seed superiore ai

500.000 euro. L’aumento di capitale è

stato sottoscritto da un club deal di private

investors e angels, specializzati in

investimenti in startup e aziende operanti

nel settore IT e nuove tecnologie.

Edoardo Parini, CEO e fondatore di Deed, dopo un periodo di 5 anni

trascorso in Svizzera, ha deciso di sfruttare l’esperienza acquisita per tornare e di

investire sull’Italia.

A Torino nel Maggio 2016 insieme al fratello gemello Emiliano, ha fondato Deed,

la risposta italiana al mondo dei wearable device. La scelta di spostarsi a Torino

“non è stata casuale, dal momento che l’I3P, Incubatore d’Imprese Innovative del

Politecnico di Torino, risulta essere una degli incubatori più rinomati e

consolidati nel panorama Europeo”, spiega Edoardo Parini.

L operazione di aumento di capitale “è stata agevolata dall'intervento del

finanziatore toscano Mario Bartolini, in rappresentanza del family office

Corniola, società di investimenti e partecipazioni che ha assunto il ruolo di

anchor investor e di promotore del club deal”, commenta Edoardo Parini.

L’aumento di capitale e i nuovi partner permetteranno a Deed di lanciare nel

corso del 2019 una campagna di crowdfunding sulla piattaforma americana

Kickstarter per introdurre sul mercato internazionale il suo primo prodotto,

get™. “Per poter definire al meglio tutte le funzionalità di get™ - aggiunge

Edoardo - abbiamo coniato la parola smart-bridge, per esprimere il concetto di

un unico dispositivo che offre le funzionalità di uno smart-watch e di un fitness-

tracker”.

Il dispositivo get™ sfrutta la tecnologia della bone conduction, in grado di fornire

di Alessandro Tibaldeschi,

[email protected]

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una nuova esperienza d’uso totalmente immersiva per l’utente: basta avvicinare il

proprio dito all’orecchio per ascoltare i contenuti, rispondere a notifiche o dettare

istruzioni ai differenti assistenti vocali (Siri, Alexa, Google), senza la necessità di

utilizzare auricolari o altoparlanti. Inoltre get™ permette di tracciare l’attività

fisica, il ciclo del sonno ma sopratutto di effettuare pagamenti in tutta sicurezza.

Infatti attraverso il fingerprint, il bracciale è in grado di riconoscere l’identità

dell’utente che lo indossa, preservandone privacy e aumentandone l’affidabilità.

Il bracciale non necessita di alcun display, poiché grazie ad un’apposita

funzionalità è possibile personalizzare un set di gesti è possibile accedere alle

applicazioni desiderate.

Deed ha investito molto sull’estetica, l’ergonomia e il design di get™. Per

conciliare tali caratteristiche, Deed sfrutta tecniche innovative brevettate che

permettono di ottenere prodotti unici, privi di cuciture, leggeri e resistenti

all’acqua. Get™ è costituito da vari strati di tessuto laminati tra di loro in un

processo innovativo di incollaggio pulito ed ecosostenibile, tutto Made in Italy.

“E’ una grande soddisfazione vedere il successo di una startup che si è sviluppata

grazie anche al supporto di I3P e al network che l’incubatore riesce a creare: allo

stesso tempo, rappresenta un esempio e uno stimolo per i giovani imprenditori

che intendono puntare sulle proprie idee”, sottolinea Giuseppe Scellato,

presidente di I3P. “L’aumento di capitale conferma le potenzialità del prodotto

proposto da Deed: la startup è stata in grado di creare una vera e propria

‘piattaforma integrativa’ che può conquistare non soltanto i consumatori, ma

anche le aziende”.

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Eletto il nuovo Direttivo ALEA

Lo scorso 16 maggio 2019 si è riunita l’Assemblea di ALEA in Piazza Zanellato 5 a

Padova. E’ stata l’occasione di effettuare un bilancio delle attività svolte nel

triennio, sintetizzate da un intervento del presidente uscente Christian

Cecchetelli, il quale ha sottolineato in particolare la rilevanza delle iniziative delle

cene in cui sono stati nominati i soci onorari di ALEA (nell’ultima edizione si è

trattato di Enzo Rullani, figura storica della facoltà di Economia di Ca’ Foscari,

e di Fabrizio Zanetti, amministratore delegato di Hausbrandt Trieste 1982)

nonchè dei convegni sul tema “Capitani Coraggiosi”.

Dopo questo importante momento di verifica si è proceduto alla nomina dei

consiglieri del Direttivo per il prossimo triennio (maggio 2019-maggio 2022).

Sono stati eletti ad acclamazione i seguenti consiglieri: Stefano Bianchi, Michele

Bianco, Fabrizio Borin, Elvis Colla, Samuel Mazzolin, Luca Parrella, Federico

Rossi. Sono stati quindi nominati, sempre per acclamazione, i revisori dei conti,

nelle seguenti persone: Maurizio Beraldo (revisore effettivo), e Luca Baseggio

(revisore supplente).

Al termine dell’assemblea si è svolta la prima riunione del nuovo Consiglio

Direttivo, in cui si è effettuato un esteso confronto sui problemi, prospettive ed

opportunità dell’associazione. Nel corso della riunione è stato eletto Luca Parrella

quale presidente dell’associazione; il presidente ha indicato Samuel Mazzolin

come vice presidente, Stefano Bianchi come segretario e Fabrizio Borin come

tesoriere.

Auguriamo al nuovo Direttivo di proseguire con entusiasmo e determinazione

l’opera di sviluppo ed innovazione dell’associazione, puntando ad estendere il

network delle relazioni tra i soci, con le imprese e con il mondo universitario,

nonché a continuare a realizzare iniziative di sviluppo della cultura economico-

aziendale, in una prospettiva di multidisciplinarietà e di contaminazione.