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201 SCAVI SULLA ROCCA DI GARDA (VR) di GIAN PIETRO BROGIOLO, CHIARA MALAGUTI, NICOLA MANCASSOLA, PIETRO RIAVEZ, TATIANA SCARIN INTRODUZIONE Le indagini sui castelli tardoantichi altomedievali costitu- iscono uno degli indirizzi principali di ricerca dell’archeolo- gia medievale in Italia settentrionale fin da quando, nel secon- do dopoguerra, il Bognetti scoprì Castelseprio e ne promosse gli scavi. Se in una prima fase queste indagini hanno interessa- to i castelli in sé, ricercandone gli aspetti urbanistici ed archi- tettonici o le relazioni con altre fortificazioni per comprender- ne il significato complessivo, con il progetto Garda l’obiettivo principale riguardava lo studio dei processi di trasformazione dell’insediamento tra età romana e Medioevo in rapporto al- l’inserimento e allo sviluppo del castello. Geograficamente, il territorio del Garda orientale cor- risponde ad un corridoio tra l’Adige e il lago, che ebbe gran- de rilevanza in età medievale, perché metteva in comunica- zione la via della Valle dell’Adige con quella benacense, mai abbandonata neppure in età romana e tornata in auge nel periodo successivo, come collegamento tra la pianura ed i passi alpini. Da questo punto di vista, il progetto Garda è parte di una ricerca più estesa, focalizzata anche sulle Giudicarie esteriori trentine (COLECCHIA 2001), l’Alto Gar- da bresciano (progetto in corso dal 2001), e la bassa pianu- ra veronese (SAGGIORO in questo volume). Nello specifico, quantunque alcune indagini siano state sviluppate in gran parte della Giudicaria gardense, il pro- getto archeologico vero e proprio, in accordo con la So- printendenza, è stato limitato al territorio dei comuni di Garda, Bardolino, Costermano, attiguo a quello di Cavaion, precedentemente investigato con uno specifico progetto. Nella prospettiva più generale sono stati indagati: l’in- sediamento tra età romana e medioevo e il paesaggio stori- co attraverso il confronto tra documenti medievali, carto- grafia di XVIII secolo e foto aeree; i castelli tra alto e basso medioevo; le architetture in elevato databili tra alto medio- evo ed età romanica. Nell’area campione, oltre ad indagini sistematiche (MANCASSOLA, SAGGIORO 1999; 2000b), sono stati avviati sca- vi sulla rocca di Garda, nella fortificazione altomedievale di Castion e nella chiesa, pure altomedievale, di S. Croce costruita su una villa rustica romana. Ne è uscito un quadro storico (MANCASSOLA, SAGGIORO 2000a) che vede una colo- nizzazione agricola fin dal I secolo a.C., con ville rustiche insediate nei pianori intermorenici, punti di riferimento del- l’organizzazione rurale anche nelle epoche successive: lo suggeriscono le piccole chiese, probabilmente oratori fune- rari costruiti dai proprietari sulle ville romane, come quelle di San Vito e Santa Croce di Bardolino. Le necessità di difesa che, soprattutto nel V secolo, tro- vano espressione nel rafforzamento delle mura di Verona (CAVALIERI MANASSE 1993; CAVALIERI MANASSE, HUDSON 1999) e portano alla fondazione del grande castello di Gar- da, indussero altresì ad una parziale concentrazione del po- polamento in altri siti fortificati, come nel caso del castello di Castion (VI-VII sec.). D’altra parte, gli scavi nel castello di Garda, di cui si dà conto in questa sede, avevano specifici elementi di inte- resse suggeriti dalle fonti scritte: un possibile riferimento in Giorgio Ciprio tra i castelli ancora in mano bizantina at- torno al 580 (nell’interpretazione di LA REGINA 1988), una sicura menzione tra le civitates non longe ab Alpibus nel- l’Anonimo Ravennate alla fine del VII secolo (An. Rav., IV, 30), una ricca documentazione pubblica e privata a partire dal IX secolo che attesta la presenza di importanti monaste- ri (S. Colombano, S. Giulia, S. Zeno) accanto a proprietà della Chiesa di Verona e ad un’aristocrazia legata all’impe- ro (CASTAGNETTI 1983; VARANINI 1983). Presenze da valuta- re in rapporto alla ricchezza di beni fiscali plausibilmente determinata dall’importanza strategica di questo territorio tra tarda antichità e altomedioevo. Gli scavi, dopo una preliminare valutazione dei depo- siti nelle prime due campagne (1998-1999), si sono con- centrati in tre distinti settori: la chiesa con l’area cimiteria- le circostante, gli edifici in un’area privilegiata e le case di abitazione (CROSATO 2001). Il ritrovamento di tre monete di V secolo (tra cui un tremisse aureo dell’imperatore Zenone) e di una fibula gota d’argento di forma circolare con teste d’aquila consentono di fissare nel V secolo la fondazione del castello, mentre la presenza di ceramica longobarda ne conferma la vitalità nei secoli successivi. G.P.B. AREA 5000 Nell’Area 5000 è in corso di scavo un edificio di culto del quale viene proposta una sequenza provvisoria, in quanto alcune strutture risultano maggiormente indagate (edificio di culto della Fase II), altre solo documentate e parzialmen- te scavate (struttura attribuita alla Fase I), altre ancora in pessimo stato di conservazione o quasi del tutto distrutte in antico. La situazione è inoltre complicata dal fatto che in epoca bassomedievale si procedette ad una demolizione in- tenzionale degli edifici superstiti con conseguente rimozio- ne di gran parte dei livelli d’uso. Il risultato è che spesso ci si trova a lavorare con elementi strutturali non chiaramente associati a piani di calpestìo coevi. Fase I (?) Sono riferibili ad un edificio in tecnica povera un lacer- to di muratura orientato nord-sud (Fig. 1), formato da pie- tre di medio piccole dimensioni legate da terra, associato ad un solco presente sulla roccia naturale (us 5319), proba- bile alloggio per una trave lignea orizzontale. Da segnalare la presenza anche di altri probabili resti di muri e di tagli nella roccia (us 5361; 5352; 5353; 5354; 5355) che creano degli allineamenti paralleli o perpendicolari agli elementi strutturali sopra descritti. In fase con queste strutture è un focolare (us 5357) ad- dossato alla muratura principale, delimitato sui restanti lati da pietre di medio piccole dimensioni e con base formata da due laterizi, collegato ad un livello di battuto ricco di nume- rosi frammenti di ceramica, ossa, laterizi, reperti in ferro, pie- tra ollare, anfore. In un momento successivo il focolare, co- perto dall’accrescimento del livello d’uso interno, venne spo- stato in un altro settore. L’edificio si estendeva plausibilmente verso ovest, ol- tre la facciata della chiesa. Uno strato assai simile, ricco di manufatti antropici, è stato infatti documentato sia nel fon- do della tomba in cassa litica (infra), sia sotto una grossa lastra in pietra posta all’esterno dell’edificio di culto. L’ipotesi di una anteriorità rispetto al luogo di culto va tuttavia considerata con cautela, in attesa della conclusione dello scavo. Fase II (V-inizi VI sec.) Un edificio di culto (orientato est-ovest) ad aula unica e abside semicircolare indistinta dai perimetrali (Fig. 2) è co- struito in fase con il muro di fortificazione in prossimità della seconda porta di accesso alla Rocca. I perimetrali, con- servati fino ad un massimo di tre corsi, sono costituiti da due paramenti esterni di pietre calcaree sbozzate e da un emplecton di ciottoli e bozze, legati da una malta di buona qualità con piccoli inclusi.

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SCAVI SULLA ROCCA DI GARDA (VR)

diGIAN PIETRO BROGIOLO, CHIARA MALAGUTI,

NICOLA MANCASSOLA, PIETRO RIAVEZ, TATIANA SCARIN

INTRODUZIONE

Le indagini sui castelli tardoantichi altomedievali costitu-iscono uno degli indirizzi principali di ricerca dell’archeolo-gia medievale in Italia settentrionale fin da quando, nel secon-do dopoguerra, il Bognetti scoprì Castelseprio e ne promossegli scavi. Se in una prima fase queste indagini hanno interessa-to i castelli in sé, ricercandone gli aspetti urbanistici ed archi-tettonici o le relazioni con altre fortificazioni per comprender-ne il significato complessivo, con il progetto Garda l’obiettivoprincipale riguardava lo studio dei processi di trasformazionedell’insediamento tra età romana e Medioevo in rapporto al-l’inserimento e allo sviluppo del castello.

Geograficamente, il territorio del Garda orientale cor-risponde ad un corridoio tra l’Adige e il lago, che ebbe gran-de rilevanza in età medievale, perché metteva in comunica-zione la via della Valle dell’Adige con quella benacense,mai abbandonata neppure in età romana e tornata in augenel periodo successivo, come collegamento tra la pianuraed i passi alpini. Da questo punto di vista, il progetto Gardaè parte di una ricerca più estesa, focalizzata anche sulleGiudicarie esteriori trentine (COLECCHIA 2001), l’Alto Gar-da bresciano (progetto in corso dal 2001), e la bassa pianu-ra veronese (SAGGIORO in questo volume).

Nello specifico, quantunque alcune indagini siano statesviluppate in gran parte della Giudicaria gardense, il pro-getto archeologico vero e proprio, in accordo con la So-printendenza, è stato limitato al territorio dei comuni diGarda, Bardolino, Costermano, attiguo a quello di Cavaion,precedentemente investigato con uno specifico progetto.

Nella prospettiva più generale sono stati indagati: l’in-sediamento tra età romana e medioevo e il paesaggio stori-co attraverso il confronto tra documenti medievali, carto-grafia di XVIII secolo e foto aeree; i castelli tra alto e bassomedioevo; le architetture in elevato databili tra alto medio-evo ed età romanica.

Nell’area campione, oltre ad indagini sistematiche(MANCASSOLA, SAGGIORO 1999; 2000b), sono stati avviati sca-vi sulla rocca di Garda, nella fortificazione altomedievaledi Castion e nella chiesa, pure altomedievale, di S. Crocecostruita su una villa rustica romana. Ne è uscito un quadrostorico (MANCASSOLA, SAGGIORO 2000a) che vede una colo-nizzazione agricola fin dal I secolo a.C., con ville rusticheinsediate nei pianori intermorenici, punti di riferimento del-l’organizzazione rurale anche nelle epoche successive: losuggeriscono le piccole chiese, probabilmente oratori fune-rari costruiti dai proprietari sulle ville romane, come quelledi San Vito e Santa Croce di Bardolino.

Le necessità di difesa che, soprattutto nel V secolo, tro-vano espressione nel rafforzamento delle mura di Verona(CAVALIERI MANASSE 1993; CAVALIERI MANASSE, HUDSON1999) e portano alla fondazione del grande castello di Gar-da, indussero altresì ad una parziale concentrazione del po-polamento in altri siti fortificati, come nel caso del castellodi Castion (VI-VII sec.).

D’altra parte, gli scavi nel castello di Garda, di cui sidà conto in questa sede, avevano specifici elementi di inte-resse suggeriti dalle fonti scritte: un possibile riferimentoin Giorgio Ciprio tra i castelli ancora in mano bizantina at-torno al 580 (nell’interpretazione di LA REGINA 1988), unasicura menzione tra le civitates non longe ab Alpibus nel-l’Anonimo Ravennate alla fine del VII secolo (An. Rav., IV,30), una ricca documentazione pubblica e privata a partire

dal IX secolo che attesta la presenza di importanti monaste-ri (S. Colombano, S. Giulia, S. Zeno) accanto a proprietàdella Chiesa di Verona e ad un’aristocrazia legata all’impe-ro (CASTAGNETTI 1983; VARANINI 1983). Presenze da valuta-re in rapporto alla ricchezza di beni fiscali plausibilmentedeterminata dall’importanza strategica di questo territoriotra tarda antichità e altomedioevo.

Gli scavi, dopo una preliminare valutazione dei depo-siti nelle prime due campagne (1998-1999), si sono con-centrati in tre distinti settori: la chiesa con l’area cimiteria-le circostante, gli edifici in un’area privilegiata e le case diabitazione (CROSATO 2001).

Il ritrovamento di tre monete di V secolo (tra cui untremisse aureo dell’imperatore Zenone) e di una fibula gotad’argento di forma circolare con teste d’aquila consentonodi fissare nel V secolo la fondazione del castello, mentre lapresenza di ceramica longobarda ne conferma la vitalità neisecoli successivi.

G.P.B.

AREA 5000

Nell’Area 5000 è in corso di scavo un edificio di cultodel quale viene proposta una sequenza provvisoria, in quantoalcune strutture risultano maggiormente indagate (edificiodi culto della Fase II), altre solo documentate e parzialmen-te scavate (struttura attribuita alla Fase I), altre ancora inpessimo stato di conservazione o quasi del tutto distrutte inantico. La situazione è inoltre complicata dal fatto che inepoca bassomedievale si procedette ad una demolizione in-tenzionale degli edifici superstiti con conseguente rimozio-ne di gran parte dei livelli d’uso. Il risultato è che spesso cisi trova a lavorare con elementi strutturali non chiaramenteassociati a piani di calpestìo coevi.

Fase I (?)Sono riferibili ad un edificio in tecnica povera un lacer-

to di muratura orientato nord-sud (Fig. 1), formato da pie-tre di medio piccole dimensioni legate da terra, associatoad un solco presente sulla roccia naturale (us 5319), proba-bile alloggio per una trave lignea orizzontale. Da segnalarela presenza anche di altri probabili resti di muri e di taglinella roccia (us 5361; 5352; 5353; 5354; 5355) che creanodegli allineamenti paralleli o perpendicolari agli elementistrutturali sopra descritti.

In fase con queste strutture è un focolare (us 5357) ad-dossato alla muratura principale, delimitato sui restanti latida pietre di medio piccole dimensioni e con base formata dadue laterizi, collegato ad un livello di battuto ricco di nume-rosi frammenti di ceramica, ossa, laterizi, reperti in ferro, pie-tra ollare, anfore. In un momento successivo il focolare, co-perto dall’accrescimento del livello d’uso interno, venne spo-stato in un altro settore.

L’edificio si estendeva plausibilmente verso ovest, ol-tre la facciata della chiesa. Uno strato assai simile, ricco dimanufatti antropici, è stato infatti documentato sia nel fon-do della tomba in cassa litica (infra), sia sotto una grossalastra in pietra posta all’esterno dell’edificio di culto.

L’ipotesi di una anteriorità rispetto al luogo di culto vatuttavia considerata con cautela, in attesa della conclusionedello scavo.

Fase II (V-inizi VI sec.)

Un edificio di culto (orientato est-ovest) ad aula unica eabside semicircolare indistinta dai perimetrali (Fig. 2) è co-struito in fase con il muro di fortificazione in prossimitàdella seconda porta di accesso alla Rocca. I perimetrali, con-servati fino ad un massimo di tre corsi, sono costituiti dadue paramenti esterni di pietre calcaree sbozzate e da unemplecton di ciottoli e bozze, legati da una malta di buonaqualità con piccoli inclusi.

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La zona presbiteriale, delimitata da un arco trionfalepoggiante su due pilastri, è divisa dalla navata da una recin-zione di cui restano solo tre grosse pietre orientate nord-sud. La pavimentazione più antica nell’area del coro è co-stituita da un pavimento musivo di cui si è conservato unpiccolo lacerto di treccia a tessere policrome di sei diffe-renti colori, che per la buona qualità di esecuzione è da da-tare a non oltre l’inizio del VI secolo. Le tessere poggiava-no su di uno strato preparatorio di calce gialla-rosata a gra-na abbastanza fine. In questa fase le pareti absidali si pre-

sentavano intonacate con affreschi dipinti, testimoniati daalcuni frammenti rinvenuti nel vespaio sottostante una piùrecente pavimentazione in cocciopesto (us 5302).

Al centro dell’area absidale è stato rinvenuto un taglionetto e regolare nel pavimento (us 5344), che sembrerebbesuggerire la presenza di un altare rimosso dopo l’abbando-no della struttura.

Nella navata, le cui pareti erano ricoperte da un unifor-me intonaco bianco, si è conservata solo una limitata por-zione del livello pavimentale (us 5310) formato da uno strato

Fig. 1

Fig. 2

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Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

compatto di calce, appoggiato su un vespaio di pietre e la-terizi (us 5349).

Lungo i perimetrali dell’edificio, sia internamente, siaesternamente si sono individuate alcune deposizioni fune-rarie. All’esterno del perimetrale sud sono state localizzatetre sepolture in fossa terragna. Addossata alla facciata dellachiesa vi è una tomba in cassa litica con copertura realizza-ta in embrici di tipo romano. All’interno della tomba sonostati rinvenuti tre inumati.

All’interno dell’edificio di culto sono state individuate tretombe: lungo il perimetrale sud in prossimità dell’angolo conla facciata, una tomba alla cappuccina (us 5018) con alcuneossa di bambino e resti di corredo (frammenti di pettine inosso, alcuni frammenti di ceramica depurata ed una fibula gotaa teste d’aquila a cloisonnè che trova un puntuale confronto inquelle famose rinvenute a Villa Clelia di Imola, Fig. 3); sulperimetrale opposto, speculare a questa sepoltura, è stata indi-viduata una tomba contenente più deposizioni in parte rime-scolate (us 5309), essendo il livello della rasatura delle mura-ture ad una quota inferiore; lungo lo stesso perimetrale è stataposta in luce la base di un sarcofago in pietra apparentementein situ (us 5362).

Fase III

Di questa fase ci restano poche tracce in quanto il livellodi demolizione bassomedievale ha asportato quasi integralmen-te i piani d’uso. Sono state individuate una serie di buche dipalo (Fig. 2) che tagliano sia i livelli pavimentali, sia le mura-ture perimetrali della chiesa. Associata a queste buche di paloè una massicciata composta da pietre di medie e piccole di-mensioni frammiste a terra di colore bruno scuro.

In base ai reperti è difficile stabilire la cronologia e lafunzione di queste evidenze, riferibili ad una struttura li-gnea che in parte doveva sfruttare lacerti di muratura dellaprecedente chiesa.

Fase di demolizione intenzionale (epoca bassomedievale)

In un momento ascrivibile genericamente all’epoca bas-somedievale (XIII-XV secolo) e per il momento non megliodefinibile, si assistette alla demolizione intenzionale di quelloche restava dell’edificio di culto. Non abbiamo alcun strato dicrollo. I piani di calpestìo sono conservati solo dove la quotadella demolizione delle murature si mantenne ad un livello piùalto; in più punti si raggiunse la roccia naturale. Molte tombe,

specialmente quelle lungo i perimetrali, sono state violate op-pure in gran parte asportate. Esemplificativa a tal riguardo è lasepoltura in sarcofago di cui resta solo parte della base. Diret-tamente su questo livello di rasatura si è individuato il piano dicalpestìo della demolizione. Successivamente, la zona dellachiesa fu colmata con un livello omogeneo di terreno di ripor-to utilizzato per creare il terrazzo che è rimasto fino ai giorninostri.

N.M.

AREA 6000

Fase 1

1.a. La fase più antica è caratterizzata dalla presenza di strut-ture murarie (Fig. 4) accomunate da una tecnica edilizia dibuona qualità. Le porzioni di muratura conservatesi, realiz-zate in conci litici sbozzati di medie dimensioni, legati da

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Fig. 6

Fig. 7

malta a granulometria fine, hanno paramenti intonacati. Atali strutture sono riferibili livelli d’uso in battuto, a matri-ce limo/argillosa, che hanno restituito invetriate in mono-cottura e ceramiche ad impasto refrattario (V-VII sec.), uni-tamente a materiali d’importazione e a scorie di fusione delferro che lasciano presumere una qualche attività manifat-turiera nell’area.

Fase 2

Le murature di prima fase vengono tagliate da un corpodi fabbrica (Figg. 4, 5) che ridefinisce radicalmente gli as-setti planimetrici dell’area. L’edificio è articolato in alme-no tre vani; non è stato possibile individuarne i perimetraliad est, probabilmente collocati in corrispondenza di banchidi roccia affiorante. Le porzioni di muratura conservatesipresentano corsi sub-orizzontali con bozze di dimensionivariabili e zeppe in pietra e raramente in laterizio, occasio-nalmente è stato possibile identificare residui d’intonaco.

I livelli individuati all’interno dell’edifico, nel vano cen-trale, sono costituiti da pietrame scheggiato disposto inmaniera caotica, frammisto ad una matrice limosa. Si trat-ta, con ogni probabilità, di apporti finalizzati all’orizzonta-mento dell’area per la creazione di piani d’uso: i reperticonsentono di avanzare una prima ipotesi di datazione adetà altomedievale (VII-VIII/IX secolo ca.). A tali livelli nonsono associabili superfici di frequentazione, forse asportatein seguito agli interventi agricoli di XV/XVI secolo (vd.infra). Nel vano settentrionale, presso l’angolo nord-orien-tale, è stato invece possibile identificare una sequenza dilivelli d’uso ed accumuli di riporto, sempre databili all’alto

medioevo. Superfici d’uso sono state identificate anche al-l’interno del vano meridionale. In quest’area si sono con-servati residui di crollo, sporadicamente individuati, daiquali sono emersi frammenti laterizi ed abbondanti tracced’intonaco. Tale crollo copriva, localmente, una fascia a forteconcentrazione di tegole, residuale dei sistemi di copertura.

La presenza sulla spianata di evidenti ed estesi tagli nellaroccia, potenzialmente correlabili tra loro e funzionali al-l’innesto dell’opera muraria, lascia aperta l’ipotesi sull’ori-ginaria esistenza di un grande edificio planimetricamentecomplesso.

C.M.

Fase 3

3.a. Sui livelli d’uso identificati nel vano settentrionale del-l’edificio di Fase 2, in seguito ad un momento di defunziona-lizzazione, si formano depositi organici con residui di legan-ti e tracce d’intonaco, tagliati da una fossa d’inumazione for-temente perturbata da interventi di epoca post-medievale (Fase4.b). Gli scarsi resti scheletrici, non associati ad elementi dicorredo, sono frammisti a laterizi originariamente impiegaticome rivestimento e copertura. Un’altra inumazione, sempresconvolta, è localizzata immediatamente a nord dell’edificiodi Fase 2, in un’area esterna. Anche in questo caso sono ab-bondanti i resti di elementi di rivestimento in laterizio. Loscavo della fossa ha intaccato livelli di scarico e depositoricchi di materiali ceramici, vetri e metalli, cronologicamen-te eterogenei (V-VIII/IX secolo) disposti a colmare le cavitànaturali ed artificiali della roccia in posto.

L’utilizzo del settore sommitale della Rocca di Gardacome area di necropoli, in seguito all’abbandono dell’edi-ficio di Fase 2, è dunque molto probabile, come testimonia-no altre inumazioni rinvenute nel corso di saggi effettuatinel pianoro a nord dell’area di scavo.3.b. In un momento successivo all’abbandono dell’edificiodi Fase 2, al di sopra del vano meridionale, si imposta unacostruzione in materiali deperibili. Il contesto stratigrafico

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appare fortemente perturbato. È stato tuttavia possibile in-dividuare i resti di una fondazione in pietrame scheggiato,blocchi litici di reimpiego con tracce di lavorazione, fram-menti di tegole e residui di leganti. Sulla fondazione si im-postano lacerti dei piani d’uso in battuto a matrice limoso/argillosa. È stato possibile individuare un’unica buca di palo.Gli accumuli di crollo, distribuiti caoticamente in areale,non consentono di avanzare ipotesi affidabili circa l’artico-lazione planimetrica della struttura; sono caratterizzati dal-la presenza di diffusi grumi di argilla concotta, rossastra egiallognola, frequentemente con tracce d’incannucciato,frammisti a residui di travi o pali ed abbondanti frustoli car-boniosi. Gli evidenti segni di combustione testimoniano ladistruzione in seguito ad un incendio di quella che sembraessere una capanna.

I livelli identificati documentano un momento di cesu-ra: alcuni ambienti delle fabbriche di Fase 2 vengono com-presi in un’estesa area cimiteriale; scompare l’edilizia inmuratura e le nuove attività costruttive prevedono l’usoesclusivo di materiali deperibili. La capanna sembra esserestata edificata in un’epoca non di molto successiva all’ab-bandono o alla defunzionalizzazione parziale dell’edificiodi Fase 2, probabilmente inserito in nuovi sistemi edilizi dinatura parassitaria.

Fase 4

4.a. In seguito alla distruzione per incendio della capanna, ilivelli di combustione vengono tagliati da fosse d’inumazio-ne (Fig. 6) nel vano meridionale dell’edificio di Fase 2. L’im-piego di lastre litiche di rivestimento è solo occasionale ed iriempimenti sono in terra e ciottoli. È stata indagata la sepol-tura congiunta di un adulto ed un bambino che non ha restitu-ito elementi utili all’inquadramento cronologico.4.b. Successivamente tutta l’area di scavo viene coperta dauno strato di terreno a forte componente organica, ricco dimicroframmenti di ceramica graffita inquadrabili tra il XVed il XVI secolo. Questo livello è probabilmente riferibilead interventi agricoli che hanno perturbato i depositi archeo-logici dell’intera area di scavo, con l’eccezione degli stratipiù profondi di Fase 1.

P.R.

LA “CHIESETTA DI ADELAIDE”

Con il nome di “Chiesetta di Adelaide”, la regina diBorgogna la cui storia è legata dalla tradizione alla Roccadi Garda (GOLINELLI 2000, p. 63), viene indicata una grottasullo strapiombo meridionale della Rocca, lunga ca. m 7,5per m 2,3 di larghezza, con un orientamento nord-ovest/sud-est. L’accesso, da nord/ovest, era probabilmente in pas-sato chiuso da strutture semovibili in legno, delle quali nonè però rimasta traccia. La parete di fondo, a sud-est, nellaquale era ricavata l’abside, è stata sfondata in età modernada una serie di trincee. Sulla base delle strutture conservateè possibile dire che la cappella, nella sua fase d’uso, eracostituita da un’aula unica in cui:La parete nord è ricavata direttamente nella roccia che èstata scalpellata e resa verticale, lasciando evidenti traccedi lavorazione con andamento sia verticale che obliquo;La parete sud, per via dello sfaldamento della roccia in sito,è stata contraffortata con la costruzione di un muro aventeuna doppia funzione: come rinforzo della parete contro cuiera stato costruito e come punto d’appoggio e scarico dellavolta soprastante. Il muro si conserva per un massimo di 4

corsi regolari e per m 1,2 di altezza dopo i quali si sviluppaverso sud-ovest, all’interno della parete rocciosa, per unaprofondità di m 1,5 (Fig. 7). Ha una lunghezza massima dim 8,2 con andamento rettilineo e orientamento nord-ovest/sud-est. È costituito in prevalenza da pietre squadrate, al-meno su 5 lati, e da pietre bugnate rifinite con cura e construmenti diversi; la tecnica costruttiva utilizzata è riferibi-le al periodo romanico (XII sec.?).La copertura è ricavata dalla lavorazione della roccia resaconcava per formare una volta a botte lasciando linee dilavorazione modulari a brevi distanze le une dalle altre (3-4 cm). Nella parte centrale della volta la grotta è percorsa,per tutto il suo senso longitudinale, da una fessurazione dinotevoli dimensioni, ma che doveva essere già presentequando la cappella venne realizzata.

T. S.

BIBLIOGRAFIA

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