di Giacomo Rizzolatti, Leonardo Fogassi e Vittorio...

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www.lescienzeit LE SCIENZE 55 7. § IDECCI-11 nell a MENTE Una speciale classe di cellule del cervello, i neuroni specchio, riflette il mondo esterno, rivelando come l'uomo capisce, stabilisce rapporti con i suoi simili e impara di Giacomo Rizzolatti, Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese M arco guarda Anna che prende un fiore. Marco sa ciò che sta facendo Anna - sta raccogliendo il fiore - e sa anche perché. Anna sta sorridendo a Marco, il quale prevede che lei gli rega- lerà il fiore. Questa semplice scena dura pochissimo, ma Mar- co capisce quasi all'istante che cosa sta accadendo. Come fa a comprendere così facilmente l'azione e le intenzioni di Anna? Fino a una decina d'anni fa, i neuroscienziati e gli psicologi avrebbero at- tribuito la nostra comprensione delle azioni degli altri, e specialmente delle loro intenzioni, a un rapido ragionamento, più o meno identico a quello che usiamo per risolvere un problema logico: un sofisticato apparato cognitivo nel cervello di Marco elabora l'informazione incamerata dai suoi organi di senso e la confronta con le esperienze archiviate in memoria. Ecco come Marco può dedurre ciò che Anna sta facendo, e perché. Ma anche se talvolta si verificano operazioni deduttive di questo tipo, specie quando il comportamento di qualcuno è difficile da decifrare, la faci- lità e la rapidità con cui in genere comprendiamo azioni semplici suggerisce una spiegazione molto più diretta. All'inizio degli anni novanta, il nostro gruppo di ricerca all'Università di Parma, di cui all'epoca faceva parte anche Luciano Fadiga, scoprì quasi per caso la risposta in una classe di neuroni del cervello di scimmia, che si attivano quando un individuo esegue sem- plici azioni motorie dirette a uno scopo, per esempio afferrare un frutto. Ma l'aspetto sorprendente fu che quegli stessi neuroni si attivavano anche quando l'individuo vedeva un suo simile compiere la stessa azione. Poi- ché questo insieme di neuroni appena scoperti sembrava riflettere le azioni eseguite da un altro soggetto direttamente nel cervello dell'osservatore, li abbiamo chiamati «neuroni specchio». 54 LE SCIENZE 460 /dicembre 2006 LE AZIONI COMPIUTE da una persona possono attivare nel cervello di un'altra i circuiti motori responsabili dell'esecuzione della stessa azione. La seconda persona capisce automaticamente ciò che sta facendo la prima perché questo meccanismo a specchio le permette di sperimentarla nella propria mente.

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www.lescienzeit LE SCIENZE 55

7.§

IDECCI-11nella

MENTEUna speciale classe di cellule del cervello, i neuroni specchio,

riflette il mondo esterno, rivelando come l'uomo

capisce, stabilisce rapporti con i suoi simili e impara

di Giacomo Rizzolatti, Leonardo Fogassi

e Vittorio Gallese

M

arco guarda Anna che prende un fiore. Marco sa ciò che stafacendo Anna - sta raccogliendo il fiore - e sa anche perché.Anna sta sorridendo a Marco, il quale prevede che lei gli rega-lerà il fiore. Questa semplice scena dura pochissimo, ma Mar-co capisce quasi all'istante che cosa sta accadendo. Come fa a

comprendere così facilmente l'azione e le intenzioni di Anna?Fino a una decina d'anni fa, i neuroscienziati e gli psicologi avrebbero at-

tribuito la nostra comprensione delle azioni degli altri, e specialmente delleloro intenzioni, a un rapido ragionamento, più o meno identico a quello cheusiamo per risolvere un problema logico: un sofisticato apparato cognitivonel cervello di Marco elabora l'informazione incamerata dai suoi organi disenso e la confronta con le esperienze archiviate in memoria. Ecco comeMarco può dedurre ciò che Anna sta facendo, e perché.

Ma anche se talvolta si verificano operazioni deduttive di questo tipo,specie quando il comportamento di qualcuno è difficile da decifrare, la faci-lità e la rapidità con cui in genere comprendiamo azioni semplici suggerisceuna spiegazione molto più diretta. All'inizio degli anni novanta, il nostrogruppo di ricerca all'Università di Parma, di cui all'epoca faceva parte ancheLuciano Fadiga, scoprì quasi per caso la risposta in una classe di neuronidel cervello di scimmia, che si attivano quando un individuo esegue sem-plici azioni motorie dirette a uno scopo, per esempio afferrare un frutto.Ma l'aspetto sorprendente fu che quegli stessi neuroni si attivavano anchequando l'individuo vedeva un suo simile compiere la stessa azione. Poi-ché questo insieme di neuroni appena scoperti sembrava riflettere le azionieseguite da un altro soggetto direttamente nel cervello dell'osservatore, liabbiamo chiamati «neuroni specchio».

54 LE SCIENZE 460 /dicembre 2006

LE AZIONI COMPIUTE da una

persona possono attivare nel

cervello di un'altra i circuiti motori

responsabili dell'esecuzione della

stessa azione. La seconda persona

capisce automaticamente ciò che

sta facendo la prima perché questo

meccanismo a specchio le permette

di sperimentarla nella propria mente.

1COMPRENDERE 'AZIONEIn test iniziali, un neurone nell'area premotoria FS,

associata con atti della mano e della bocca, diventava

molto attivo quando la scimmia afferrava l'uvetta

in un piatto (1). Lo stesso neurone rispondeva

intensamente quando era uno dei ricercatori ad

afferrare l'uvetta mentre la scimmia lo guardava (2). Risposte dei neuronispecchio della scimmia

2 (

ISchermo

DISTINGUERE COBIETTIVOUn neurone specchio dell'area F5 scaricava intensamente quando

la scimmia osservava la mano del ricercatore che si muoveva

per afferrare un oggetto (1), ma non quando la mano si muoveva

senza avere alcun oggetto come obiettivo (2). Lo stesso neuronerispondeva a un'azione diretta a uno scopo quando la scimmia

sapeva che un oggetto era nascosto da uno schermo opaco, anche

se non vedeva il completamento dell'atto (3). Il neurone rispondeva

debolmente quando la scimmia sapeva che dietro lo schermo non

c'era alcun oggetto (4).

Visione deimovimenti dellamano da partedella scimmia

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DISTINGUERE L'INTENZIONENel lobo parietale inferiore, le registrazioni da un neurone

mostravano una scarica intensa quando la scimmia afferrava

un frutto per portarlo alla bocca (1). La risposta del neurone

era più debole quando la scimmia prendeva il cibo per metterlo

in un contenitore (2). Lo stesso neurone specchio rispondeva

intensamente anche quando la scimmia osservava un ricercatore

che eseguiva il gesto afferrare-per-mangiare (3) e debolmente

nel caso dell'azione afferrare-per-mettere-nel-contenitore (4).

In ognuno dei casi, la risposta era associata al movimento di

presa, segno che l'attivazione iniziale del neurone codificava una

comprensione dell'intenzione finale.

1

2

Momento della presa

Il. n 1 n11......1.ffil. .t11.1111111 tl nn 1111111111111

LA REALTÀ RIFLESSA

In esperimenti con le scimmie, gli autori di questo articolo hanno scoperto nelle

aree motorie del cervello (a destra) gruppi di neuroni la cui attivazione sembrava

rappresentare le azioni stesse. L'attivazione di questi «neuroni specchio»

potrebbe perciò produrre in un individuo un riconoscimento interno dell'azione di

un suo simile. Poiché la risposta dei neuroni rifletteva anche la comprensione della

finalità del movimento, gli autori ne hanno concluso che capire l'azione sia uno

scopo primario del meccanismo a specchio. Il coinvolgimento dei neuroni specchio

nella comprensione dell'intenzione finale del soggetto agente si riscontrava anche

nelle loro risposte, che distinguevano tra azioni di presa identiche, ma eseguite

con intenzioni differenti.

Corteccia premotoria ventrale

Lobo parietale inferiore

CERVELLO DI SCIMMIA

9

759',

In sintesi/Incontro di mentiNel cervello degli esseri umani e delle scimmie vi sono gruppi di neuroni che si

attivano sia quando un individuo compie determinate azioni sia quando vede

altre persone eseguire gli stessi movimenti.

Questi «neuroni specchio» forniscono un'esperienza interiore diretta, e quindi una

diretta comprensione, delle azioni, delle intenzioni o delle emozioni altrui.

I neuroni specchio potrebbero anche essere il substrato della capacità di imitare le

azioni degli altri, e il meccanismo a specchio sarebbe quindi un ponte tra i cervelli

degli individui perii collegamento e la comunicazione a molteplici livelli.

Proprio come si ritiene che circuiti dineuroni archivino i ricordi nel cervello,così gruppi di neuroni specchio sembranocontenere i modelli di azioni specifiche.Questa proprietà consentirebbe all'in-dividuo non solo di eseguire proceduremotorie elementari senza riflettere, maanche di capirle senza bisogno di ragio-narci su. Marco capisce l'azione di Annaperché, se da un lato è vero che sta ac-cadendo davanti ai suoi occhi, dall'altrosta accadendo anche nella sua testa. Èinteressante notare che i filosofi di scuolafenomenologica sostengono da tempo cheper comprendere profondamente qualco-sa dobbiamo sperimentarla dentro di noi.Ma per i neuroscienziati la scoperta di unabase biologica di questa idea nel sistemadei neuroni specchio ha rappresentato unasvolta radicale nella nostra comprensionedel perché comprendiamo

Storia di una scoperta

Quando scoprimmo per la prima vol-ta i neuroni specchio, non intendevamoconfermare alcuna teoria filosofica. Sta-vamo studiando la corteccia motoria delcervello, in particolare l'area F5, associataai movimenti della mano e della bocca,per capire come i comandi per eseguireuna certa azione sono tradotti in scarichedei neuroni. A questo scopo registravamol'attività di singoli neuroni nel cervello dimacachi. Il nostro laboratorio aveva unricco repertorio di stimoli per le scimmie,e mentre queste compivano varie azioni,come afferrare un giocattolo o del cibo,

osservavamo che durante l'esecuzione dispecifici atti motori si attivavano gruppidistinti di neuroni.

A un certo punto, però, osservammoqualcosa di strano. Quando uno di noiafferrava del cibo, i neuroni della scim-mia si attivavano esattamente come sefosse stata lei ad afferrarlo. Sulle prime cidomandammo se il fenomeno dipendesseda un fattore spurio, come per esempioun movimento della scimmia che ci erasfuggito. Ma una volta esclusa questa ealtre possibilità, fra cui l'aspettativa delcibo da parte dell'animale, capimmo chela risposta dei neuroni all'osservazionedell'azione era una vera e propria rap-presentazione di quell'atto nel suo cer-vello, che prescindeva da chi lo stesseeseguendo.

Spesso nella biologia sperimentale lavia più diretta per stabilire la funzione di

un gene, di una proteina o di un gruppo dicellule è quella di eliminarli per poi vederequali deficit si sono prodotti nella funzio-nalità o nel comportamento dell'organi-smo. Questa tecnica però non era applica-bile nel caso dei neuroni specchio: aveva-mo scoperto, infatti, che sono distribuiti inimportanti regioni di entrambi gli emisfericerebrali, fra cui la corteccia premotoria equella parietale. Distruggere l'intero siste-ma dei neuroni specchio avrebbe prodottodeficit cognitivi di portata tanto genera-le da rendere impossibile capire gli effettispecifici delle cellule mancanti.

Adottammo quindi una strategia dif-ferente. Per verificare se questi neuroni

hanno un ruolo nella comprensione diun'azione anziché registrarla visivamente,abbiamo valutato le loro risposte quan-do le scimmie coglievano il significato diun'azione, ma senza vederla. Pensammoche, se i neuroni specchio sono i mediatoridella comprensione, la loro attività avreb-be dovuto riflettere il significato dell'azio-ne, piuttosto che i suoi tratti visivi. Quindieffettuammo due serie di esperimenti.

Per prima cosa verificammo se i neuro-ni specchio di FS «riconoscevano» le azio-ni semplicemente dal loro rumore. Regi-strammo perciò la loro attività mentre lascimmia osservava movimenti delle mani,come stropicciare un foglio di carta op-pure rompere il guscio di una nocciolina,che producono rumori caratteristici. Poipresentammo alla scimmia il solo rumore,scoprendo che molti dei neuroni specchiodi F5 che avevano risposto all'osservazio-ne visiva di atti accompagnati da rumoririspondevano anche al solo rumore. Perquesto li abbiamo chiamati neuroni spec-chio audiovisivi.

A quel punto ipotizzammo che, se ineuroni specchio sono davvero impor-tanti nella comprensione di un'azione,allora dovrebbero attivarsi anche quan-do la scimmia non vede l'azione ma haindizi sufficienti per crearne una rap-presentazione mentale. Allora, per pri-ma cosa, mostrammo a una scimmia unatto motorio diretto a un oggetto, vale adire un ricercatore che tendeva la manoverso un boccone di cibo e lo afferrava.Poi collocammo uno schermo davanti al-la scimmia in modo che non vedesse laparte finale dell'atto - ossia la mano cheprendeva il cibo - ma potesse solo indo-vinarla. Malgrado ciò, più della metà deineuroni specchio di F5 si attivava anchequando la scimmia poteva solo immagi-nare ciò che stava avvenendo dietro loschermo.

Questi esperimenti confermavano chel'attività dei neuroni specchio favorisce lacomprensione degli atti motori: quando èpossibile capire un'azione solo da segna-li non visivi, come una rappresentazionesonora o mentale, i neuroni specchio siattivano comunque per segnalare il signi-ficato dell'atto.

In seguito a queste scoperte nel cervel-lo della scimmia fu naturale chiedersi seesisteva un sistema di neuroni specchioanche nell'uomo. Le prime conferme le

La risposta dei neuroni all'osservazionedell'azione era una rappresentazione dell'attonel cervello, a prescindere da chi lo eseguiva

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460 /dicembre 2006

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LE SCIENZE 5?

SINISTRA DESTRA

Azione Contesto: Contesto: Intenzione: Intenzione:bere sparecchiare bere sparecchiare

Dopo lite Sparecchiare

INTENZIONE E CONTESTO

Capire le intenzioni altrui è fondamentale nel comportamento

sociale umano; in un test per verificare il riconoscimento delle

intenzioni, i neuroni specchio umani sembravano conferire

tale capacità. I volontari assistevano a filmati che mostravano

due azioni simili di presa di una tazza senza un contesto, due

contesti ma senza azione, e combinazioni di azione e contesto,

che segnalavano l'intenzione dell'azione: la disposizione delle

stoviglie indicava che la tazza sarebbe stata afferrata per berne

il contenuto, oppure che il pasto era finito e la tazza stava per

essere tolta. L'attivazione dei neuroni specchio nella corteccia

premotoria di entrambi gli emisferi (a destra) aumentava di

più in risposta a scene di azione con un'intenzione chiara. I

neuroni specchio distinguevano anche tra le possibili intenzioni,

rispondendo più intensamente alla funzione biologica di base del

bere che all'atto culturalmente acquisito di sparecchiare.

Prima del tè Bere

AZIONE CONTESTO INTENZIONE

AZIONE

CONTESTO

INTENZIONE

GLI AUTORI

GIACOMO RIZZOLATTI, LEONARDO FOGASSI e VITTORIO GALLESE lavorano all'Università di Parma,

dove Rizzolatti è direttore del Dipartimento di neuroscienze, e Fogassi e Gallese sono professo-

ri ordinari. Nei primi anni novanta le loro ricerche sui sistemi motori del cervello dei macachi e

dell'uomo hanno rivelato per la prima volta l'esistenza dei neuroni specchio.

gione, noi e altri studiosi abbiamo volutocapire se i sistemi specchio consentono dicapire ciò che sentono gli altri, oltre checiò che fanno.

Capire le emozioni

ottenemmo grazie a una serie di espe-rimenti che usavano varie tecniche perindividuare variazioni nell'attività dellacorteccia motoria.

Per esempio, quando soggetti volontariosservavano un ricercatore afferrare deglioggetti o compiere gesti senza significa-to con il braccio, l'aumento dell'attivitàneurale nei muscoli della loro mano e delloro braccio implicati in quegli stessi mo-vimenti suggeriva una risposta dei neuronispecchio nelle aree motorie del loro cervel-lo. Anche ulteriori indagini con varie mi-surazioni esterne dell'attività neurale - co-me l'elettroencefalogramma - conferma-vano l'esistenza di un sistema di neuronispecchio nell'uomo. Ma dato che nessunadelle tecnologie usate fino a quel momen-to ci aveva consentito di identificare conesattezza le aree cerebrali che si attivanoquando i volontari osservano gli atti mo-tori, ricorremmo a tecniche di visualizza-zione diretta dell'attività cerebrale.

Per questi esperimenti, condotti al-l'Ospedale San Raffaele di Milano, ci sia-

mo serviti della tomografia a emissionedi positroni (PET) per osservare l'attivitàneuronale nel cervello di volontari uma-ni che assistevano ad azioni eseguite condifferenti prese della mano e poi - comecontrollo - guardavano oggetti statici. Inqueste situazioni, vedere azioni eseguiteda altri attivava tre principali aree dellacorteccia cerebrale. Una di queste, il sol-co temporale superiore (STS), contieneneuroni che rispondono a osservazioni diparti del corpo in movimento. Le altre duearee - il lobulo parietale inferiore (LPI) e ilgiro frontale inferiore (GFI) - corrispondo-no nelle scimmie, rispettivamente, al LPIe alla corteccia premotoria ventrale, checomprende l'area F5, dove in precedenzaavevamo registrato i neuroni specchio.

Questi risultati incoraggianti indicava-no che anche nel cervello umano operaun meccanismo a specchio, ma senzaspiegarne pienamente la portata. Se, peresempio, i neuroni specchio permettonodi comprendere un atto osservato speri-

mentandolo direttamente, ci chiedevamoin quale misura l'obiettivo finale dell'attofosse a sua volta un elemento di quella«comprensione».

La finalità dell'azione

Ritornando all'esempio di Marco eAnna, Marco sa che Anna sta coglien-do il fiore, ma sa anche che ha in men-te di regalarglielo. Il sorriso di Anna gliha dato un indizio contestuale della suaintenzione, e in questa situazione il fattoche Marco conosca l'obiettivo di Anna èfondamentale per la sua comprensionedell'azione di Anna: dargli il fiore è ilcompletamento dei movimenti che costi-tuiscono il suo atto.

Quando compiamo quel gesto in primapersona, in realtà stiamo eseguendo unaserie di atti motori collegati, la cui se-quenza è determinata dalla nostra inten-zione: una serie di movimenti raccoglieil fiore e lo porta al naso per annusarlo,ma un insieme parzialmente diverso rac-

coglie il fiore e lo porge a qualcun altro.Volevamo quindi capire se i neuroni spec-chio ci permettono di capire l'intenzionedistinguendo tra atti simili ma con fina-lità differenti.

Siamo perciò tornati alle nostre scim-mie per analizzarne i neuroni parietali incondizioni diverse. In un set di esperimen-ti, il compito di una scimmia era afferrareun boccone di cibo e portarlo alla boc-ca. Successivamente la scimmia dovevaprendere lo stesso boccone e metterlo inun contenitore. La scoperta interessanteè stata che, durante la fase di presa del-l'azione, la maggior parte dei neuroni dicui registravamo l'attività scaricava inmodo differente a seconda della finalitàdel gesto. Questo indicava che il sistemamotorio è organizzato in catene neuronaliche codificano l'intenzione specifica del-l'azione. Ci siamo quindi chiesti se questomeccanismo potesse spiegare il modo incui comprendiamo le intenzioni altrui.

Abbiamo studiato le proprietà spec-

chio degli stessi neuroni di presa mentrela scimmia osservava un ricercatore cheeseguiva i compiti che lei stessa avevaeffettuato in precedenza (si veda il box ap. 57). In ciascun caso, la maggior partedei neuroni specchio si attivava in mododifferente, a seconda che il ricercatore siportasse il cibo alla bocca o lo mettessenel contenitore. L'andamento della scari-ca dei neuroni corrispondeva esattamen-te a quello osservato quando la scimmiaeseguiva direttamente gli atti: i neuronispecchio che si attivavano di più durantel'atto di «afferrare per portare alla bocca»anziché durante quello di «afferrare permettere nel contenitore» si attivavanoaltrettanto intensamente quando la scim-mia vedeva compiere la stessa azione.

Sembra quindi che vi sia uno stret-to legame tra l'organizzazione motoriadelle azioni intenzionali e la capacità dicomprendere le intenzioni altrui. Quandole scimmie osservavano un'azione in uncontesto specifico, vedere solo la compo-nente di presa del movimento completobastava ad attivare i neuroni specchio diima catena motoria che codificava ancheuna specifica intenzione. Quale catena siattivasse quando osservavano l'inizio diun'azione dipendeva da diversi fattori.Fra questi, la natura dell'oggetto su cuiveniva esercitata l'azione, il contesto e ilricordo delle azioni compiute in prece-denza dalla persona osservata.

Per capire se un meccanismo simile dilettura delle intenzioni esiste anche nel-l'uomo abbiamo collaborato con MarcoIacoboni e colleghi dell'Università dellaCalifornia a Los Angeles. Insieme, abbia-mo svolto esperimenti su alcuni volontari,visualizzandone l'attività del cervello conla risonanza magnetica funzionale (fMRI).

Ai partecipanti ai test presentavamoun filmato con tre tipi di stimoli. Il primogruppo di immagini mostrava una manoche afferrava una tazza su uno sfondovuoto usando due prese differenti. Il se-condo gruppo consisteva in due scene chemostravano piatti e posate; nella primaerano disposti come per l'apparecchiaturadi un tè pomeridiano ancora da consuma-re, nella seconda come se fossero rimastilì da uno spuntino precedente, in attesadi essere sparecchiati. Il terzo gruppo distimoli mostrava una mano che afferra-va la tazza nel primo oppure nel secondodei due contesti. I neuroni specchio umani

avrebbero distinto tra afferrare la tazza perbere, come suggeriva il contesto pronto-per-il-tè, e afferrare la tazza per portarlavia, come suggeriva il contesto pronto-per-sparecchiare?

I nostri risultati hanno dimostrato nonsolo che la distinzione c'era, ma ancheche il sistema dei neuroni specchio ri-spondeva energicamente alla componen-te intenzionale di un atto. I volontari cheosservavano i movimenti della mano nelcontesto «bere» oppure in quello «sparec-chiare» mostravano una diversa attivazio-ne del sistema dei neuroni specchio. Inol-tre l'attività del sistema era più intensa inentrambe le situazioni di quanto non lofosse quando i soggetti osservavano la

mano afferrare la tazza senza un contesto,oppure quando guardavano solo la scenavuota (si veda il box qui sopra).

Poiché l'uomo e le scimmie sono spe-cie sociali, è facile cogliere il potenzialevantaggio evolutivo di un meccanismo,basato sui neuroni specchio, che colleghigli atti motori elementari a una più am-pia rete semantica motoria, permettendocosì la comprensione diretta e immediatadel comportamento altrui senza ricorrerea meccanismi cognitivi complessi. Nellavita sociale, però, è altrettanto importantecomprendere le emozioni dei propri simili.In realtà, spesso l'emozione è un elemen-to contestuale fondamentale, che segnalal'intenzione di un'azione. Per questa ra-

Come per le azioni, è indubbio che l'uo-mo comprenda in più modi anche le emo-zioni. Osservare un'altra persona provareun'emozione può attivare l'elaborazionecognitiva di quella informazione senso-riale, che sfocia infine in una conclusio-ne logica su ciò che quella persona staprovando. Ma l'osservazione può ancheprovocare una mappatura diretta di quel-l'informazione sensoriale nelle strutturemotorie che generano la stessa emozionenell'osservatore.

Questi due modi di riconoscere le emo-zioni sono profondamente diversi: nelprimo caso, l'osservatore deduce l'emo-zione, ma non la prova; nel secondo caso,il riconoscimento è di prima mano, poiché

r Quando si usa l'espressione «condividoil tuo dolore» non ci si rende contodi quanto possa essere letteralmente vera

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LE SCIENZE 59

Provare una sensazione di disgusto attiva parti simili del cervello sia quando

volontari umani provano l'emozione mentre percepiscono un odore nauseante sia

quando osservano il filmato (in basso a sinistra) di una persona che prova disgusto.

Nell'immagine del cervello del soggetto in basso, le popolazioni di neuroni attivate

dall'esperienza del disgusto sono cerchiate in rosso, mentre quelle attivate dalla

visione del disgusto sono cerchiate in giallo. (La linea blu circonda la regione studiata,

mentre quelle verdi indicano le aree esaminate in uno studio precedente.) Questi gruppi

di neuroni sovrapposti potrebbero costituire un meccanismo fisico neurale dell'empatia

umana che consente di comprendere le emozioni altrui.

LO SPECCHIO DELLE EMOZIONI

Il meccanismo a specchio inducenell'osservatore lo stesso stato emotivodella persona osservata

LIMITAZIONE PREVEDE LA RIPRODUZIONE DI UN'AZIONE ESEGUITA DA UN'ALTRA PERSONA. Se i neuroni

specchio sono alla base della facoltà squisitamente umana di imitare, il sistema specchio potrebbe

essere un ponte che ci permette di insegnare e di acquisire nuove capacità.

PER APPROFONDIRE

GALLESEV. e altri,Action Recognition in the Premotor Cortex, in «Brain», Vol. 119, n. 2, pp. 593-

609, aprile 1996.

GALLESEV. e altri,AUnifying View of the Basis of SocialCognition, in «Trends in Cognitive Scien-

ces», Vol. 8, pp. 396-403, 2004.

FOGASSI L. e altri, Parietal Lobe: From Action Organization to intention Understanding, in «Scien-

ce», Vol. 302, pp. 662-667, 29 aprile 2005.

IACOBONI M. e altri, Grasping the intentions of Others with One's Own Mirror Neuron System, in

«PLoS Biology», Vol. 3, n. 3, pp. 529-535, marzo 2005.

il meccanismo a specchio induce nell'os-servatore lo stesso stato emotivo. Perciò,quando si usa l'espressione «condivido iltuo dolore» per indicare insieme compren-sione ed empatia, forse non ci si rendeconto di quanto sia letteralmente vera.

Un esempio emblematico è il disgusto,una reazione fondamentale la cui espres-sione ha un importante valore di soprav-vivenza per i membri di una specie. Nellasua forma più primitiva, il disgusto indicache un individuo ha gustato o annusatoqualcosa di sgradevole, e assai probabil-mente pericoloso. Usando di nuovo lafMRI, abbiamo condotto uno studio conalcuni colleghi francesi per dimostrare cheprovare una sensazione di disgusto dopoaver inalato sostanze odorose nauseantie osservare l'espressione di disgusto sulvolto di un'altra persona attiva la stes-sa struttura cerebrale, l'insula anteriore,e in particolare alcuni degli stessi settori(si veda il box qui a fianco). Questo indi-ca che le popolazioni di neuroni specchiodell'insula si attivano sia quando i parteci-panti al test provano disgusto sia quandolo vedono espresso in altri. In altre parole,osservatore e osservato condividono unmeccanismo neurale per la comprensionediretta delle esperienze.

Tania Singer e colleghi dello UniversityCollege di Londra hanno scoperto corri-spondenze simili tra emozioni provate eosservate riferite al dolore. Nel loro esperi-mento, i partecipanti provavano un dolorecausato da elettrodi applicati sulle manie poi vedevano gli elettrodi applicati sul-la mano del proprio partner sottoposto altest, seguito da un segnale di stimolazionedolorosa. Le due situazioni attivavano neisoggetti le stesse regioni dell'insula ante-riore e della corteccia cingolata anteriore.

Nel complesso, questi dati implicanoche l'uomo comprende le emozioni - oalmeno emozioni che hanno un'intensacarica negativa - attraverso un meccani-smo di mappatura diretta che coinvolge leparti del cervello da cui nascono le rispo-ste motorie viscerali. Naturalmente, que-sto meccanismo a specchio per la com-prensione delle emozioni non spiega ogniforma di intelligenza sociale, ma offre perla prima volta una base funzionale neura-le per alcune delle relazioni interpersonalisu cui si costruiscono comportamenti so-ciali più complessi. Per esempio potrebbeessere un substrato che ci consente di em-

patizzare con il prossimo. Le disfunzionidi questo sistema a specchio potrebberoessere implicate nei deficit dell'empatia,come quelli che osserviamo nei bambiniautistici (si veda l'articolo Specchi infran-ti: una teoria dell'autismo, di V.S. Rama-chandran e L.M. Oberman, a p. 62).

Molti laboratori, tra i quali il nostro,continuano a esplorare questi temi, sia peril loro interesse intrinseco sia per le pos-sibili applicazioni terapeutiche. Se, peresempio, il modello di un'azione motorianei neuroni specchio fosse parzialmenteinscritto nel cervello dall'esperienza, allo-ra in teoria si potrebbero alleviare deficitmotori come quelli causati da un ictus po-tenziando modelli di azione non lesionati.In effetti recenti ricerche indicano che ilmeccanismo a specchio ha un ruolo anchenell'apprendimento di nuove abilità.

Imitare per imparar

Benché il verbo «scimmiottare» siaspesso usato per denotare l'imitazione,in realtà questa non è una facoltà parti-colarmente sviluppata nei primati non

umani: è rara nelle scimmie, e limitatanelle antropomorfe, inclusi scimpanzèe gorilla. Viceversa, negli esseri umanil'imitazione è un mezzo molto importan-te per imparare e trasmettere le abilità, illinguaggio e la cultura. Questo vantaggiosui nostri cugini primati si è forse evolutosul substrato neurale del sistema dei neu-roni specchio? Iacoboni e il suo gruppo diricerca hanno fornito la prima prova inquesto senso osservando con la tecnicadell'fMRI volontari umani che guardava-no e imitavano movimenti delle dita. En-trambe le attività stimolavano il GFI, unaparte del sistema dei neuroni specchio, inparticolare quando il movimento avevauna finalità precisa.

In tutti quegli esperimenti, tuttavia,i movimenti da imitare erano semplicie ben acquisiti. Quale ruolo potrebberosvolgere i neuroni specchio quando dob-biamo imparare per imitazione atti motoricomplessi e completamente nuovi? Perrispondere a questo interrogativo, Gio-vanni Buccino, del nostro Dipartimento,insieme a collaboratori tedeschi, ha stu-diato con la fMRI i partecipanti a un test

che imitavano degli accordi alla chitarradopo averli visti eseguire da un musicistaesperto. Quando i soggetti osservavanol'esperto, si attivava il sistema di neuronispecchio della loro corteccia parieto-fron-tale. La stessa area si attivava ancora piùintensamente quando imitavano i movi-menti degli accordi.

È interessante notare che nell'intervallosuccessivo all'osservazione, quando i par-tecipanti stavano programmando la pro-pria imitazione degli accordi alla chitarra,si attivava un'ulteriore regione del cer-vello. Conosciuta come area prefrontale46, essa è tradizionalmente associata alla

pianificazione motoria e alla memoria dilavoro, e dunque potrebbe essere centra-le nel mettere assieme adeguatamente gliatti motori elementari dell'azione che ilsoggetto si accinge a imitare.

Da tempo, molti aspetti dell'imitazionelasciano perplessi i neuroscienziati, com-presa la questione fondamentale di comefaccia il cervello ad appropriarsi dell'in-formazione visiva e a tradurla in mododa poterla riprodurre in termini motori.Se in questo processo il sistema dei neu-roni specchio svolge una funzione di col-legamento, allora - oltre a permetterci dicapire le azioni, le intenzioni e le emo-

zioni del prossimo - esso potrebbe essersievoluto fino a divenire un elemento im-portante della capacità umana di impara-re sofisticate abilità cognitive attraversol'osservazione.

Ancora non sappiamo se il sistema deineuroni specchio sia esclusivo dei prima-ti. Attualmente il nostro gruppo sta svol-gendo ricerche sui ratti per capire se le ri-sposte dei neuroni specchio siano presentianche in quella specie. Lo specchio inte-riore potrebbe essere una facoltà evolutasidi recente, il che spiegherebbe perché siapiù ampia nell'uomo che nella scimmia

Comunque, poiché persino i neonatiumani e di scimmia riescono a imitaregesti semplici, come mostrare la lingua,la capacità di creare modelli speculari diazioni osservate sembra essere innata. Epoiché l'evidente incapacità di rifletterele emozioni è una caratteristica specificadell'autismo, stiamo anche lavorando conbambini autistici per capire se presentinoeventuali deficit motori che segnalereb-bero una disfunzione generale del siste-ma dei neuroni specchio.

Sono passati solo dieci anni da quan-do pubblicammo le prime scoperte suineuroni specchio, e molte domande sonoancora senza risposta, incluso il possibi-le ruolo del sistema dei neuroni specchionel linguaggio, una delle facoltà cogniti-ve più sofisticate degli esseri umani.

sistema umano dei neuroni specchiocomprende l'area di Broca, un centrocorticale essenziale per il linguaggio. Se,come credono alcuni linguisti, la comuni-cazione umana ha avuto origine dai gestie dalle espressioni del volto, allora i neu-roni specchio avrebbero avuto un ruoloimportante nell'evoluzione del linguag-gio. In effetti, il meccanismo a specchiorisolve due problemi di comunicazionefondamentali: la parità e la comprensionediretta. La parità esige che il significatodel messaggio sia lo stesso per il parlantee per il ricevente. La comprensione diret-ta significa che due individui non han-no bisogno di precedenti accordi - peresempio su simboli arbitrari - per potersicomprendere tra loro: l'accordo è inerenteall'organizzazione neurale di tutti e due.

Gli specchi interiori potrebbero dun-que essere ciò che ha permesso a Marco eAnna di comprendersi senza parole, e checonsente agli esseri umani in generale dicomunicare su più livelli.

60 LE SCIENZE

460 /dicembre 2006

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