Giacomo Rizzolatti - Lezioni Di Fisiologia Del Sistema Nervoso

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  • INDICE GENERALE

    Prefazione ............................................................................................ 1

    Parte Prima II neurone Le sinapsi I riflessi

    1. Tecniche fondamentali per lo studio del sistema nervoso .............5 2. Osservazioni elettrofisiologiche elementari ......................... 11 3. Il potenziale di riposo .............................................................. 23 4. Il potenziale d'azione ............................................................... 33 5. I riflessi del midollo spinale ........................................................47 6. I riflessi evocati da stimoli naturali .......................................... 61

    I riflessi flessori..................................................................................... 62 Il riflesso da grattamento ..................................................................63 I riflessi da stiramento.......................................................................... 64 Recettori dei riflessi da stiramento ...................................................66 Recettori tendini e riflessi tendinei ..................................................70 Riassunto dei riflessi mediati delle fibre Ia, Ib e IIa........................72 Fibre gamma e regolazione del fuso neuromuscolare ....................73

    7. Trasmissione sinaptica ...........................................................79 Sinapsi neuromuscolare........................................................................ 79

    8. Trasmissione sinaptica nel sistema nervoso centrale .................89 Trasmissione sinaptica elettrica........................................................91 Trasmissione sinaptica chimica........................................................93 Potenziali postsinaptici eccitatori .....................................................95 Potenziali postsinaptici inibitori ......................................................97 Inibizione presinaptica......................................................................98 Nascita dei potenziali d'azione nei neuroni centrali ................... 100

    9. Organizzazione del midollo spinale................................................ 105 Vie discendenti ............................................................................ 110 Vie propriospinali........................................................................ 112 Vie ascendenti ........................................................................ 113

    Disturbi conseguenti alla sezione completa del midollo spinale. 114

    III

  • IV

    Parte Seconda I recettori La sensibilit somatica II talamo

    La corteccia cerebrale

    1. Introduzione alle funzioni di senso ........................................ 123

    2. Organizzazione dei sistemi sensoriali .................................... 127 3. Il processo di trasduzione .................................................. 131 4. La sensibilit somatica ................................................... 141 5. Tatto-pressione e senso di posizione: capacit discriminative

    nell'uomo ....................................................................................145

    6. I meccanocettori .......................................................... 151 7. Vie afferenti pretalamiche della sensibilit somatica .............. 159

    Sistema dorsale e lemnico mediale ................................................ 159 Sistema cervicale laterale .......................................................... 164 Sistema antero-laterale .............................................................. 166 Sistema trigeminale....................................................................... 168

    8. I l talamo .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 Nuclei talamici aspecifici .......................................................... 175 Nuclei talamici specifici ............................................................... 180 Nuclei talamici associati alle vie sensoriali ................................ 182 Nuclei talamici associati alle vie con funzioni motorie.............. 186 Nuclei talamici associati a funzioni emozionali e percettive complesse ..................................................................................

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    9. Corteccia cerebrale ...................................................................... 189 Aree della sensibilit somatica ..................................................... 201 Area somatica sensoriale principale ........................................... 202 Area somatica sensoriale II ............................................................. 205

    10. Lesioni delle vie e dei centri del sistema somatosensoriale......... 209 Deficit conseguenti a lesioni dei cordoni dorsali ......................... 209 Deficit conseguenti a lesioni dei cordoni anterolaterali............... 210 Sindromi da emisezione del midollo spinale, da lesione delle corna grigie posteriori e da lesione della sostanza grigia centrale del midollo spinale..........................................................

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    Deficit conseguenti a lesioni del complesso ventrobasale del talamo e dell'area somatica principale della corteccia cerebrale ....................................................................................

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    PREFAZIONE

    Questo nuovo volume non una nuova edizione dei due precedenti volumetti che raccoglievano le mie lezioni sul sistema nervoso. solo una loro ristampa.

    L'idea dell'Editore era che io aggiornassi il materiale gi pubblicato e aggiungessi il sistema motorio che nei libri di testo trattato, in genere, in modo piuttosto superficiale. Purtroppo non ho avuto tempo n per la revisione n per l'aggiunta.

    Mi auguro che questo volume abbia vita breve, di due tre anni al massimo, e che venga poi sostituito da una nuova edizione aggiornata. Spero di trovare il tempo di farlo. Non mi sento tuttavia particolarmente in colpa per le inadeguatezze del volume in quanto a chi viene a lezione viene segnalato dove il volume superato e dove studiare per integrarne il contenuto.

    Come avevo scritto nelle prefazioni precedenti, scopo di questi appunti solo di dare una traccia semplice da seguire per capire i meccanismi di base della fisiologia del sistema nervoso. Per una buona preparazione questi appunti devono essere integrati con le lezioni e con capitoli da studiare su altri testi.

    Giacomo Rizzolatti

  • PARTE PRIMA

    Il neurone Le sinapsi I riflessi

  • 1) TECNICHE FONDAMENTALI PER LO STUDIO DEL SISTEMA NERVOSO

    L'unit funzionale del sistema nervoso il neurone. Dal punto di vista istologico il neurone tipo consta di tre parti principali: ilcorpo cellulare o soma, i dendriti, e l'assone o neurite. L'assone , in genere, un lungo prolungamento che termina in contatto con al-tri neuroni. La regione di contatto tra l'assone ed i neuroni prendeil nome di sinapsi.

    I neuroni nell'uomo sono circa 25 miliardi e formano grazie alle loro connessioni una complessa ed intricata rete. La rete ner-vosa, dal punto di vista funzionale, non omogenea; ma alcune parti di essa sono responsabili di certe funzioni, altre parti di altrefunzioni. Compito della fisiologia di stabilire quali funzioni hanno le diverse parti della rete nervosa e di scoprire come i neuroni ed i circuiti neuronali riescano a svolgere queste funzioni.

    Le tecniche sperimentali usate per lo studio del sistema nervo-sso sono fondamentalmente tre: la tecnica dell'ablazione, la tecnica della registrazione, la tecnica della stimolazione. Vediamo in-nanzitutto in cosa queste tecniche consistono e quali risultati pos-sano dare.

    La tecnica dell'ablazione consiste nell'asportazione chirurgica di parti, anatomicamente ben precisate, del sistema nervoso. Ci si prefigge di capire qual' la funzione della parte asportata esami-nando il comportamento dell'animale dopo la lesione e paragonan-dolo a quello di un animale integro. Se asportiamo, ad esempio,l'area citoarchitettonica 4 della corteccia cerebrale, vediamo che l'animale diventa paretico. Evidentemente la funzione dell'area 4

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    in qualche modo connessa colla motilit. Se invece asportiamo learee citoarchitettoniche 17, 18, 19 vediamo che compare un gra-ve deficit della visione. Possiamo concludere che queste ultimearee c'entrino in qualche maniera con la funzione visiva. Ecco cheabbiamo stabilito che due aree corticali diverse hanno funzionidiverse e abbiamo dedotto dai sintomi che l'animale presentava, quale possa essere la loro funzione.

    I risultati ottenuti con la tecnica dell'ablazione possono essereconsiderati sotto due punti di vista: l'utilit pratica ed il valoreteorico. Dal punto di vista pratico il loro interesse enorme. Cono-scendo quali sono i sintomi che compaiono dopo lesione di una certa parte del sistema nervoso il neurologo riesce a fare diagnosidi sede. Sa cio pur ignorando ancora la causa della malattia, do-ve la lesione e quindi pu eseguire indagini per accertarne anchela causa. Se si considerano i processi patologici che colpiscono il si-stema nervoso (traumi, infiammazioni, degenerazioni, tumori) sivede subito che tutti essi imitano l'esperimento dell'ablazione del-la neurologia sperimentale ed i disturbi che causano sono fonda-mentalmente sovrapponibili a quelli che si hanno come conseguenza dell'ablazione della regione colpita.

    Dal punto di vista teorico gli esperimenti di ablazione presenta-no il fianco a parecchie critiche. Innanzitutto il sistema nervoso formato da una serie di aree o di centri collegati in serie l'uno con l'altro. Pertanto se si distrugge un determinato centro nervoso i di-sturbi conseguenti possono essere dovuti o alla mancanza del cen-tro distrutto (e della sua funzione) o al fatto che stata interrotta la via ai centri superiori (sindrome da disconnessione).

    Immaginiamo ad esempio di avere distrutto un'area corticaleed il soggetto non capisce pi le parole. Possiamo concludere chequell'area specifica per il linguaggio? Certamente no, perch la lesione potrebbe essere semplicemente in un'area acustica o nellevie che congiungono l'area acustica ad un'area del linguaggio el'incapacit di capire il linguaggio potrebbe essere quindi dovutaalla mancanza di afferenze ai centri specifici per esso. Questo esempio pu sembrare banale, ma il problema di decidere quale sia

    la funzione di un centro nervoso spesso complicata dal problemadella disconnessione che la lesione provoca.

    Ancora non affatto detto che un solo centro nervoso sia re-sponsabile di una certa funzione o almeno delle funzioni che ven-gono esaminate nei vari tests che si applicano ai pazienti ed aglianimali. Ad esempio stato dimostrato che animali privati dell'a-rea visiva corticale primaria (area 17) hanno ancora notevoli capa-cit visive. Si deve da questo dedurre che quest'area corticale su-perflua? Certamente no. Semplicemente la sua funzione visiva diversa e pi complessa di quella che viene saggiata nei tests chesi applicano tradizionalmente per esaminare le capacit visive.

    Un'ulteriore difficolt nell'interpretazione degli esperimenti di ablazione costituita dal fatto che centri nervosi in grado di svol-gere una loro attivit autonoma sono controllati dai centri superio-ri. Se si distruggono i centri superiori, quelli inferiori, anatomi-camente integri, cessano di funzionare per un certo periodo. Que-sto deficit transitorio prende il nome di diaschisi. Conseguenza del-la diaschisi che la sintomatologia iniziale di una lesione dovuta, in parte alla mancanza della funzione del centro leso, in parte alcattivo funzionamento dei centri sottostanti. Poich quando questiricuperano, la loro attivit non identica a quella precedente la le-sione mancando il normale controllo esercitato su essi dal centro superiore, l'interpretazione della funzione precisa del centro supe-riore leso diventa molto difficile.

    Con tutto questo le tecniche di ablazione restano la base delle nostre conoscenze di neurologia clinica e sperimentale. Tuttavia esse sono insufficienti a dare una risposta definitiva sulla funzione di un centro nervoso e non dicono nulla sui meccanismi neuronaliresponsabili della funzione.

    Le tecniche di registrazione e stimolazione sono tecniche rela-tivamente recenti e si basano sul fatto che l'attivit del sistema ner-voso dipende da fenomeni elettrici. Di esse verr trattato ampia-mente nei prossimi capitoli, per cui su di esse verranno presentatiqui solo alcuni cenni.

    Quando si parla di registrazione dal sistema nervoso bisogna

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    avere chiaro che tipo di registrazione viene fatto. Si distinguono in-fatti tre tipi di registrazione che danno informazioni su aspetti di-versi dell'attivit del sistema nervoso: a) registrazione macroelet-trodica; b) registrazione con microelettrodi extracellulari; c) regi-strazione con microelettrodi intracellulari.

    La registrazione macroelettrodica una registrazione che viene fatta da popolazioni di cellule nervose, di fibre nervose, o di cellule e fibre nervose. Come dice la parola si usano macroelettrodi, cio elettrodi di diametro relativamente grande, nell'ordine dei millimetri o anche dei centimetri. Un esempio di registrazione macroelettrodica l'elettroencefalogramma. In questo caso si applicano sulla cute della testa delle placchette di sostanza conduttrice, bene a contatto colla pelle, e si registra la differenza di potenziale tra coppie di elettrodi. Questo metodo non ci dice nulla sul linguaggio con cui le cellule comunicano tra di loro ma, a secondo del tipo di attivit elettrica presente, ci indica se una certa zona della corteccia sana o affetta da processi patologici. Un altro esempio di registrazione macroelettrodica il neurogramma, la registrazione cio dell'attivit elettrica di un nervo. Del neurogramma verr parlato a lungo nel capitolo seguente.

    Pi raffinato il metodo di registrazione con microelettrodi extracellulari. In questo caso si usano come elettrodi degli aghi me-tallici sottilissimi, completamente isolati tranne che in punta (dia-metro 1-3 p) o delle micropipette di vetro riempite con una solu-zione di NaCl. Questi elettrodi vengono introdotti nel centro ner-voso che si vuole studiare e fatti avanzare usando dei micromani-polatori, degli strumenti cio che permettono l'avanzamento del-l'elettrodo di uno o pochi micron per volti. Grazie a questa tecnica si riesce ad isolare l'attivit elettrica di un singolo neurone o di una singola fibra nervosa.

    Come studieremo pi avanti, ogni neurone in grado di gene-rare diversi tipi di segnali elettrici, ma v' un solo tipo di segnale, il potenziale d'azione, che viene trasmesso lungo l'assone e poi da un arsone al neurone successivo. Questo potenziale il maggiore per

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    registrato con la tecnica di registrazione extracellulare. Caratteri-stica dei potenziali d'azione quella di essere tutti della medesimaampiezza. Cos se si pone un microelettrodo in prossimit di una fibra o di una cellula si vede una serie di potenziali l'uno ugualeall'altro, ma la frequenza con cui si succedono cambia. Ci sono deimomenti in cui i potenziali d'azione sono rari, altri in cui sonofrequenti. In altre parole il sistema nervoso parla un linguaggio che si basa sulle modificazioni della frequenza di scarica dei neuroni.

    Per capire la genesi dei potenziali d'azione e, pi in generale, dei fenomeni elettrici alla base dell'attivit nervosa occorre usareuna tecnica ancora pi raffinata, quella della registrazione intracel-lulare. Si usano elettrodi finissimi dalla punta minore di 1 . Si tratta di micropipette riempite di una soluzione di KCl che vengo-no infilate nell'interno della cellula o della fibra nervosa attraversola membrana cellulare. Usando questa tecnica si scoperto che, incondizioni di riposo, c' una differenza di potenziale tra l'esterno el'interno del neurone (potenziale di riposo) e che, oltre ai potenzia-li di azione, i neuroni generano altri potenziali di ampiezza minore, i potenziali postsinaptici. Questi potenziali non si trasmettono lungo l'assone, ma sono alla base della nascita dei potenziali d'azione.

    La terza tecnica fondamentale usata nella fisiologia del sistema nervoso la tecnica della stimolazione. Essa consiste nell'applica-zione di correnti elettriche al sistema nervoso. Le correnti elettri-che possono essere applicate usando macroelettrodi e cos interes-sare moltissimi neuroni o essere applicate attraverso microelettro-di extracellulari eccitando gruppi ristretti di cellule nervose. In ge-nere negli esperimenti di stimolazione si usano correnti sufficientiad evocare nei neuroni dei potenziali d'azione. Si studia quindil'effetto che l'eccitazione di un certo gruppo di neuroni ha sulcomportamento del soggetto stimolato. Ad es. la stimolazionedell'area corticale 4, la cui ablazione provoca come abbiamo vistouna paresi, determina delle contrazioni muscolari. La stimolazionedelle aree 17, 18, 19 la cui ablazione causa disturbi visivi porta alla comparsa di sensazioni visive. Da questi esempi si vede come ilmetodo della stimolazione sotto molti aspetti speculare a quello

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    dell'ablazione. Bisogna tenere presente che gli effetti che si ottengono me-

    diante stimolazione dei centri del sistema nervoso imitano molto grossolanamente la loro funzione. Infatti la stimolazione interessa contemporaneamente molti neuroni adiacenti, che in condizioni normali non entrano in funzione simultaneamente, e viceversa la stimolazione non eccita neuroni localizzati lontano dall'elettrodo stimolante nel centro studiato o in altri centri che in condizioni fisiologiche collaborano nel determinare una certa attivit funzio-nale. Pur con questi limiti la tecnica della stimolazione ha dato risultati di grande valore, come ad esempio la scoperta dell'esisten-za di aree corticali con funzioni motorie. Infine in certi esperimen-ti la stimolazione viene fatta con elettrodi introdotti nell'interno delle cellule o delle fibre nervose (stimolazione intracellulare). Dei parametri della corrente elettrica usati in questi e negli altri esperi-menti di stimolazione (quelli extracellulari) si parler nei capitoli successivi.

    2) OSSERVAZIONI ELETTROFISIOLOGICHE ELEMENTARI

    Prima di studiare in dettaglio i meccanismi che sono alla base delle propriet elettriche del sistema nervoso, esaminiamo alcuni e-sperimenti elementari che ci permetteranno di chiarire cosa ci dob-biamo spiegare.

    Immaginiamo di avere chirurgicamente isolato dalla zampa di una rana un muscolo ed il suo nervo, ad es. lo sciatico ed il gastroc-nemio. Abbiamo il cosiddetto preparato nervo-muscolo isolato. Questo preparato se trattato opportunamente sopravvive per mol-te ore, anche se non connesso pi coll'organismo. Poniamo ora una coppia di elettrodi stimolanti sul muscolo e facciamo passare della corrente. Vedremo che il muscolo si contrae. Ci dovuto al fatto che la stimolazione ha provocato la nascita, nelle fibre muscolari, di potenziali d'azione e che questi, mediante un complesso mecca-nismo, hanno causato la contrazione del muscolo.

    Poniamo ora i due elettrodi stimolanti sul nervo e facciamo passare la corrente. Vedremo che il muscolo si contrae anche que-sta volta. Cosa successo? La stimolazione del nervo ha determina-to la nascita di potenziali d'azioni che questa volta non sono nati nel muscolo, ma si sono originati nel nervo e poi si sono propagati al muscolo lungo il nervo, causandone infine la contrazione. Co-me facciamo ad essere sicuri che il muscolo si contratto perch i potenziali d'azione del nervo si sono trasmessi al muscolo e non per diffusione di corrente o per qualche altro artefatto? Basta se-zionare il nervo. Si vedr che pur lasciando i due tronconi a con-tatto la stimolazione di quello non connesso al muscolo non deter-miner la contrazione.

  • 12 13 Nell'esperimento precedente la contrazione del muscolo stata

    usata come indicatore che il nervo in grado di generare e condur-re dei potenziali elettrici. Andiamo ora avanti nel nostro esperi-mento e cerchiamo di vedere in cosa questi potenziali elettrici con-sistano. Poniamo quindi sul nervo accanto ai due elettrodi stimo-lanti un'altra coppia di elettrodi che serviranno per registrare gli e-venti elettrici. La situazione sperimentale illustrata nella Fig. 2-1 in alto a sinistra.

    elettrodi stimolanti elettrodi registranti

    Fig. 2-1 - Soglia d'eccitamento per il nervo. (Da B. Katz, Nerve, muscle,and synapse, New York, McGraw-Hill, 1966).

    Se ora colleghiamo i due elettrodi registranti con un oscillosco-pio vediamo che in assenza di stimolazione i due elettrodi sono iso-potenziali cio tra di loro non v' alcuna differenza di potenziale. Applichiamo ora uno stimolo elettrico debole al nervo, vedremo che sul tracciato compare una deflessione praticamente istantanea

    alla stimolazione (Fig. 2-l, primi due tracciati a sinistra). Questa deflessione non dovuta ad un fenomeno biologico, essa rappre-senta un artefatto dovuta a diffusione di corrente. Aumentiamo progressivamente l'intensit dello stimolo, vediamo che oltre all'ar-tefatto che progressivamente aumenta, compare un'onda che an-ch'essa aumenta. Quest'onda un fenomeno biologico ed dovuta ai potenziali d'azione che si propagano lungo il nervo. L'onda bi-fasica, la prima fase (pi grande) negativa, la seconda minore posi-tiva. (Le onde negative in questa figura, come d'altronde spesso in fisiologia, sono rivolte verso l'alto, le positive verso il basso).

    Perch l'onda bifasica? Questo dovuto alla maniera con cui la registrazione stata fatta nell'esperimento. Infatti nell'esperi-mento della figura 2-1 sono stati posti due elettrodi registranti en-trambi sul nervo. I potenziali d'azione originano in corrispondenza degli elettrodi stimolanti e poi si propagano verso quelli registranti. Nel propagarsi essi incontrano prima un elettrodo, poi l'altro. L'onda formata dai potenziali d'azione negativa e pertanto non appena essa raggiunge l'elettrodo registrante pi vicino alla coppia di elettrodi stimolanti, questo diventa negativo rispetto all'altro. Successivamente l'onda formata dai potenziali d'azione raggiunge anche l'elettrodo pi lontano. A questo punto non v' pi diffe-renza di potenziale tra gli elettrodi in quanto entrambi sono egual-mente negativi. Poi l'onda si allontana e solo l'elettrodo pi lonta-no dagli elettrodi stimolanti registra l'onda negativa. L'elettrodo pi vicino in rapporto al pi lontano diventa positivo. Ecco quindi che nel tracciato compare un'onda positiva. La positivit dovuta al fatto che la registrazione bipolare (entrambi gli elettrodi "ve-dono" l'evento elettrico) e l'elettrodo di riferimento per la lettura l'elettrodo pi vicino agli elettrodi stimolanti.

    La dimostrazione che l'onda formata dai potenziali d'azione negativa si ha registrando monopolarmente. Nella registrazione monopolare un solo elettrodo "vede" l'evento elettrico biologico, l'altro posto su una struttura che non viene interessata dal feno-meno. Nell'esperimento della Fig. 2-l l'elettrodo distale, affinch non registri i potenziali d'azione, viene spostato sulla porzione

    nervo

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    estrema, uccisa, del nervo. In questo caso, come si pu vedere dal tracciato in basso a destra della figura (linea continua) si ha un'onda monofasica, negativa. L'onda tratteggiata rappresenta la stessa onda, ma registrata bipolarmente.

    A questo punto pu sembrare che ci sia una contraddizione tra l'asserzione che i potenziali d'azione sono eventi rapidi e tutti eguali per ampiezza l'uno all'altro ed il fatto che le onde registrate dal nervo sono lente e aumentano d'ampiezza con l'aumentare d'intensit dello stimolo. In realt non v' nessuna contraddizio-ne. Quando si registra da un nervo globalmente, si registra contem-poraneamente da molte delle fibre nervose che lo compongono. Aumentando l'intensit dello stimolo pi fibre vengono interessate ed ognuna di esse genera un potenziale d'azione. Quello che si vede sui tracciati un'onda formata dalla somma di molti potenziali d'azione; pi fibre eccitate, maggiore l'ampiezza dell'onda. Bisogna sempre fare attenzione al tipo di registrazione. Se si registra da pi fibre (ad es. da un nervo) si vedranno delle onde (registrazione con macroelettrodi), se si registra da una singola fibra o da poche fibre si vedranno potenziali d'azione (registrazione con microelettrodi).

    Nell'esperimento esaminato prima si visto che l'onda formata dai potenziali d'azione compare quando l'intensit della corrente ap-plicata al nervo raggiunge un certo valore. Si parla di intensit so-glia quando l'intensit della corrente applicata al nervo la minima necessaria per far nascere i potenziali d'azione. Si parla di corrente sotto soglia o di stimoli sotto soglia quando la loro intensit in-sufficiente perch nascano dei potenziali d'azione. Quando si vuole determinare lo stimolo soglia per eccitare un nervo altri due para-metri, oltre l'intensit della corrente, devono essere presi in consi-derazione: la durata della corrente e la velocit con cui la corrente aumenta (di/dt, cio la derivata intensit/tempo). Se l'aumento d'intensit di corrente pressoch immediato, come ad es. nelle onde quadre dei moderni stimolatori, e la durata della corrente infinita il solo fattore che determina la soglia l'intensit di cor-rente. Questa intensit di corrente soglia chiamata reobase. Quando la durata dello stimolo breve l'intensit della corrente in

    dispensabile per l'eccitamento del nervo aumenta. Facendo oppor-tuni esperimenti si trova che per ogni intensit di corrente esisteuna durata soglia, questa durata soglia viene chiamata tempo utile. Si possono quindi costruire per i vari nervi delle curve che rifletto-no l'importanza reciproca della durata e della intensit di corrente.Queste curve, che hanno una importanza pratica in quanto sonomodificate da affezioni patologiche dei nervi, sono chiamate curve intensit-dura. La Fig. 2-2 mostra una tipica curva intensit-durata.

    Fig. 2-2 - Curva d'intensit-durata.(Da T.C. Ruch e J.F. Fulton, Medical Physiology and Biophysics, Philadelphia, W.B. Saunders, 1960).

    In questa curva il tempo utile espresso in funzione dell'inten-sit dello stimolo. Dal punto di vista pratico un valore importante che si ricava da queste curve la cronassia. Per cronassia si intende l tempo utile per un'intensit doppia della reobase. La cronassia il valore che pi frequentemente viene ricercato in neurologia quando si sospetta la malattia di un nervo.

    Torniamo ora di nuovo alla situazione sperimentale della Fig. 2-l, ma stimoliamo il nervo non pi con un singolo stimolo, ma

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    bens con due shocks applicati uno dopo l'altro. Se dopo il primostimolo ne applichiamo un secondo prima che sia trascorso 1 msecvediamo che questo, nonostante che sia soprasoglia, non provocaalcuna risposta. Il nervo "refrattario" alla stimolazione. Se il se-condo shock applicato dopo 2-3 msec, per ottenere una rispostabisogna aumentare l'intensit della corrente, ed anche in questo ca-so l'ampiezza dell'onda evocata sar minore di quella causata dalprimo stimolo. Allontanando nel tempo il secondo stimolo si vede che solo con un intervallo di circa 5 msec l'onda evocata da un se-condo stimolo di pari intensit al primo pari anche di ampiezzaall'onda evocata dal primo.

    Cosa significano questi dati? Significano che una volta genera-to un potenziale d'azione il nervo ha bisogno di un periodo di ricu-pero. V' una prima fase in cui esso non in grado di generare as-solutamente potenziali d'azione. Questa prima fase chiamata"periodo refrattario assoluto". V' poi una seconda fase in cui ilnervo ricupera le sue capacit di generare potenziali d'azione, ma solo parzialmente. La sua soglia in tale periodo molto elevata.Questo periodo il `periodo refrattario relativo ". Il periodo re-frattario rappresenta una importantissima propriet delle cellulenervose. In conseguenza a tale propriet un potenziale d'azione un evento la cui frequenza limitata. Ci significa che il codicecon cui le fibre nervose trasmettono le informazioni si basa su se-gnali discontinui, discreti e che questi possono succedersi ad una frequenza massima fissata dal periodo refrattario.

    Nell'esperimento della Fig. 2-1 abbiamo visto che la stimola-zione adeguata di un nervo determina la comparsa di un'onda ne-gativa formata dai potenziali d'azione delle singole fibre costi-tuenti il nervo. Prendiamo ora un nervo e poniamo gli elettrodiregistranti ad alcuni centimetri da quelli stimolanti. Applichiamoad esso uno shock massimale, uno shock cio che evoca la rispostamassima possibile; vedremo che sul tracciato compaiono pi onde.Un esempio mostrato nella Fig. 2-3. In questa figura si vede dopol'artefatto dello stimolo un'onda precoce di grande ampiezza, ondaa, e una onda pi piccola tardiva, onda S. Le onde sono negativemonofasiche perch la registrazione monopolare.

    Fig. 2-3 - Neurogramma del nervo safeno di gatto.(Da T.C. Ruch e J.F. Fulton, Medical Physiology and Biophysics; Philadelphia W.B. Saunders, 1960).

    Come mai vi sono due onde? Vi sono due possibilit teoriche:la prima che un singolo shock sia in grado di generare pi poten-ziali d'azione in tempi diversi, una scarica cio ripetitiva; la secon-da che fibre di calibro diverso, sempre presenti in un nervo, con-ducano a velocit diversa. Quindi se si registra ad una certa distan-za dagli elettrodi stimolanti i potenziali d'azione dovuti alle fibreche conducono pi rapidamente formeranno onde precoci, quelleche conducono pi lentamente onde tardive. Questa seconda inter-pretazione quella giusta. Ci si pu dimostrare ponendo due cop-pie di elettrodi registranti sul nervo a distanze diverse dall'elettro-do stimolante. Se vera l'ipotesi della risposta ripetitiva ci si deveaspettare che le due onde si propaghino alla stessa velocit. Infattisecondo questa ipotesi esse sono solo nate in tempi diversi, quindiil ritardo dell'onda tardiva da quella precoce dovrebbe restare

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    invariata. Se vera l'ipotesi di una diversa velocit di conduzione l'onda precoce dovrebbe distanziare sempre pi l'onda tardivamano a mano che cresce la distanza tra punto d'origine delle ondee luogo di registrazione. Se si fa l'esperimento si trova proprioquesto risultato.

    L'esperimento precedente indica quindi che in un nervo esisto-no fibre che conducono a velocit diversa. Si pu dimostrare usando stimoli di intensit variabile che le fibre che costituiscono i nervi hanno anche soglie diverse. Precisamente le fibre a rapida conduzione sono le fibre a soglia pi bassa. A questo punto c' una domanda immediata che viene in mente. La diversit di eccitabilit e di velocit di conduzione delle fibre nervose ha una contropartenelle loro propriet anatomiche? La risposta si. Studiando infatti il neurogramma dei vari nervi, cio il numero di onde evocabili, la loro velocit di conduzione, la loro soglia, ecc. e paragonandolo alla composizione istologica del nervo (fibre mieliniche, fibre amie-liniche, diametro delle prime, diametro delle seconde, ecc.) si trovato che v' una precisa correlazione tra propriet funzionali epropriet istologiche.

    Due autori americani, Erlanger e Gasser, che hanno studiato alungo questo problema hanno proposto di suddividere le fibre, a secondo delle loro propriet, in tre gruppi principali: Fibre A, B e C.

    Fibre A: sono fibre mieliniche del sistema somatico, afferenti ed efferenti. (Quando si parla di fibre afferenti si intende sempreafferenti al midollo o al tronco dell'encefalo e lo stesso riferimentovale per le efferenti). Il loro diametro compreso tra 1 e 21 p. La loro velocit di conduzione varia tra 6 m/sec per le fibre pi piccolea oltre 120 m/sec per quelle pi grandi. V' una relazione tra diame-tro delle fibre a velocit di conduzione. Precisamente si trovatoche moltiplicando per il coefficiente 6 il diametro delle fibre del gruppo A (guaina mielinica inclusa) si ha la velocit in metri al se-condo. (Esempio: fibra del diametro di 10 p, velocit 60 m/sec; fibra 5 p, velocit 30 m/sec; ecc.). Le fibre A sono state ulteriormente

    suddivise da Erlanger e Gasser in quattro sottogruppi: a , 0, y, S. Le fibre pi rapide sono le a, le pi lente le S.

    Fibre B: sono fibre mieliniche (preganglionari) del sistema autono-mo. Il loro diametro inferiore a 3 p. La loro velocit di condu-zione varia da 3 a 15 m/sec.

    Fibre C: sono le fibre amieliniche. Hanno un diametro da 0,3 a circa 2 p. Velocit di conduzione da 0,6 a 2 m/sec. Sono in parte costituite da fibre efferenti (post-gangliari) del sistema simpatico, in parte da fibre afferenti amieliniche che si trovano nei nervi periferici e nelle radici dorsali.

    Oltre alla classificazione di Erlanger e Gasser v' un'altra clas-sificazione delle fibre molto usata in neurofisiologia e che pertanto indispensabile conoscere. E' la classificazione di Lloyd e Hunt e concerne le fibre nervose afferenti. Secondo questa classificazione le fibre si dividono in: Gruppo I: diametro 12-20 , diametro medio 13 (corrisponde al-

    l'A a di Erlanger e Gasser) Gruppo II: diametro 6-12 p, diametro medio 9 (corrisponde all'A

    a di Erlanger e Gasser) Gruppo III: diametro l-6 p. diametro medio 3 (corrisponde all'A

    S di Erlanger e Gasser) Gruppo IV: fibre amieliniche (corrisponde al gruppo C di Erlanger

    e Gasser) Le fibre Ay, chiamate pi semplicemente fibre y, si trovano so-

    lo nei nervi efferenti e nelle radici ventrali; pertanto non hanno una posizione nella classificazione di Lloyd e Hunt. Il loro diame-tro varia tra 3 e 7 p; diametro medio 5 p.

    Le due classificazioni qui riportate hanno una grande impor-tanza perch come si vedr in seguito fibre dei diversi gruppi han- no funzioni diverse.

    Gli studi sulle propriet funzionali e morfologiche dei nervi hanno mostrato che la composizione dei vari nervi costante e che vi sono importanti differenze tra nervi cutanei e nervi muscolari. I

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    nervi cutanei, almeno per quanto riguarda le fibre mieliniche, sonoformati solo da fibre afferenti, da fibre cio che vanno (afferisco-no) al midollo spinale ed il loro studio non offre particolari diffi-colt. Pi complesso invece lo studio dei nervi muscolari in quanto in questo caso nella composizione del nervo accanto a fibre af-ferenti vi sono fibre efferenti, fibre cio che provengono dal mi-dollo spinale. Per stabilire da quali fibre afferenti composto ilnervo muscolare occorre eliminare la componente efferente. Ci sipu fare tagliando le radici ventrali del midollo spinale. Dopo breve tempo la porzione efferente del nervo, staccato dalle cellule diorigine va incontro a degenerazione (degenerazione secondaria o Walleriana). Si pu quindi ottenere il neurogramma delle sole fibre afferenti. Se al contrario si vuole stabilire il neurogramma dellaporzione efferente del nervo muscolare si devono tagliare le radici dorsali distalmente al ganglio spinale. In questa maniera si isolano dai loro corpi cellulari, che come noto sono posti nei gangli spi-nali, le fibre che provengono dai muscoli. Come nel caso precedente le fibre isolate dal loro corpo cellulare degenerano, mentre restano integre quelle efferenti provenienti dalle radici ventrali. Si potr quindi stabilire il neurogramma della porzione efferente.

    I risultati di questi esperimenti possono essere cos riassunti: 1) Nei nervi cutanei non vi sono fibre del gruppo I; sono presenti

    fibre del gruppo II e del gruppo III. 2) Nei nervi muscolari la parte afferente formata da abbondanti

    fibre del gruppo I; sono presenti fibre del gruppo II e delgruppo III.

    La distribuzione delle fibre afferenti mieliniche, a secondo deldiametro, in un nervo muscolare tipico ed in uno cutaneo sonomostrate nella Fig. 2-4. La linea marcata indica la distribuzionedel nervo muscolare, la linea sottile quella del nervo cutaneo. Ilgrafico che rappresenta la distribuzione delle fibre cutanee tratteggiato. Sia nei nervi cutanei che muscolari sono presenti fibre amieli-niche, non mostrate in figura. Il loro numero in genere non inferiore a quello delle fibre mieliniche.

    Fig. 2-4 - Distribuzione delle fibre afferenti in un nervo muscolare (linea mar-cata) ed in un nervo cutaneo (area tratteggiata). Ordinate: numero delle fibre espresso in per cento del totale. Ascisse:diametro delle fibre. (Da T.C. Ruche J.F. Fulton, Medical Physiology and Biophysics, Philadelphia, W.B. Saunders, 1960).

    3) Fibre efferenti: nel nervo muscolare privato della componenteafferente vi sono due gruppi di fibre. Il primo con diametro tra11 e 18 , diametro medio 14 ; il secondo 3-7 , diametro medio 5 p. Le fibre di calibro maggiore partono dai motoneu-roni del midollo spinale pi grandi, chiamati motoneuroni a.Esse innervano i muscoli scheletrici. Le fibre di calibro minorioriginano da motoneuroni pi piccoli chiamati motoneuroni y. Queste fibre, fibre y, innervano particolari strutture recettoria-li poste nei muscoli: i fusi neuromuscolari. La conoscenza della composizione, in termini di fibre, del

    nervo molto importante. Da una parte serve a capire l'organizza-

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    zione dei riflessi spinali e pi in generale dell'organizzazione fun-zionale delle vie ascendenti nel midollo spinale, dall'altra aiuta astabilire, in caso di sospetta lesione di un nervo, se esso real-mente leso ed eventualmente quale tipo di fibre colpito dalla ma-lattia. 3) IL POTENZIALE DI RIPOSO

    Gli esperimenti precedenti hanno dimostrato che i nervi sono in grado di generare dei potenziali elettrici e che questi potenziali si propagano con velocit diversa a seconda del tipo e del diametro di fibra nervosa. Essi non dicono nulla per sui meccanismi respon-sabili della nascita e della propagazione di questi potenziali. Per studiare questi meccanismi si deve usare una tecnica pi complessa di quella della registrazione con macroelettrodi impiegata negli e-sperimenti precedenti. Si deve usare una registrazione con elettrodi inseriti nell'interno della cellula o della fibra nervosa (registrazione microelettrodica intracellulare).

    L'esperimento di base il seguente. Si isola una singola fibra nervosa (o muscolare) e la si pone in un bagno salino. Nel bagno viene messa una coppia di elettrodi registranti. Dei due elettrodi registranti uno resta nel bagno, l'altro - una micropipetta riempita di KCl con la punta avente un diametro inferiore a 1 - viene mossa lentamente verso la fibra nervosa. Finch entrambi gli elettrodi si trovano nel liquido salino essi sono isopotenziali. (Talvolta per ragioni tecniche v' una piccola differenza di potenziale tra gli elettrodi, ma un dettaglio che non ci interessa). Ad un certo pun-to, muovendo l'elettrodo questo penetra nell'interno della fibra nervosa. Si vede che immediatamente tra l'elettrodo posto nel ba-gno e l'elettrodo intracellulare compare una differenza di potenziale. L'interno della cellula negativo. Questa differenza di potenziale (presente anche se la fibra non eccitata) prende il nome di po-tenziale di riposo. II potenziale di riposo varia a seconda delle strutture studiate. Cos ad es. nella fibra muscolare di rana esso si

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    aggira sui 90 mV (interno negativo rispetto l'esterno). Nel sistemanervoso centrale dei mammiferi si accetta come valore standard 70mV, sempre l'interno negativo rispetto all'esterno.

    Il potenziale di riposo in condizioni fisiologiche o durante gli esperimenti pu venire modificato. Si parla di iperpolarizzazionequando la differenza di potenziale tra esterno ed interno aumenta.Si parla di depolarizzazione quando invece la differenza di poten-ziale diminuisce. Se la depolarizzazione supera un certo livello inizia un processo per cui la depolarizzazione seguita da un'in-versione della polarizzazione. L'esterno diventa negativo rispettoall'interno. Quando questo succede nasce il potenziale d'azione.Dei fenomeni che modificano il potenziale di riposo ci occupere-mo in seguito ora ci occuperemo del potenziale di riposo.

    Perch c' un potenziale di riposo? Il punto di partenza per ca-pire il potenziale di riposo l'osservazione che la concentrazionedegli ioni all'interno ed all'esterno delle fibre nervose e delle fibremuscolari notevolmente diverso. Ad es. nel muscolo di rana, unpreparato che si presta bene a tale tipo di studio, la concentrazionedegli ioni sodio all'esterno delle fibre, nei liquidi extracellulari, di120 mM/l, mentre di soli 9,2 mM/l all'interno; viceversa la con-centrazioni di ioni potassio di 2,5 esternamente e di 140 interna-mente. Per quanto riguarda gli anioni, il Cl- si trova concentrato e-sternamente - 120 mM/l - molto pi che all'interno - 3 mM/l circa -mentre i grossi anioni organici sono concentrati all'interno. Unosquilibrio tra concentrazioni di Na* e K' da una parte e di Cl - e anioni organici dall'altra si trova anche nelle fibre nervose. Traqueste particolarmente ben studiati sono stati gli assoni giganti di calamaro. Questi assoni raggiungono il diametro di 1 mm e quindi sono molto adatti per le registrazioni intracellulari.

    Il punto successivo da chiarire come mai gli ioni intracellularied extracellulari non si mescolano tra di loro. Due ipotesi principali sono state proposte. La prima che tra l'interno e l'esterno dellevarie fibre nervose e muscolari vi sia una membrana e che questaimpedisca il mescolamento degli ioni; la seconda che nell'interno delle fibre vi siano dei proteinati polielettrolitici carichi negativa

    mente e che gli ioni potassio abbiano affinit chimiche selettiveper essi.

    La prima ipotesi oggi quella generalmente accettata. Crucialisono stati a tale fine gli esperimenti di Hodgkin e Keynes. Questiautori hanno studiato la velocit con cui ioni K* marcati si muovo-no dall'esterno all'interno di un assone gigante di calamaro, la velo-cit con cui si muovono dall'interno all'esterno ed infine quellacon cui si muovono dentro l'assone medesimo. Essi trovarono che lo scambio tra K' marcato extra ed intracellulare un processolunghissimo che si compie nell'ambito di ore. Questo dato pu es-sere spiegato sia con la presenza di una membrana che con unacomposizione particolare dell'assoplasma. Ma se vera l'ipotesi della membrana, il K` marcato introdotto dentro l'assone dovreb-be diffondere all'interno dell'assone con velocit paragonabilialla diffusione del potassio in una soluzione salina, viceversa se vera l'ipotesi dei proteinati, il K`, essendo legato ai proteinati, do-vrebbe diffondere lentamente anche all'interno dell'assone. Irisultati degli esperimenti di Hodgkin e Keynes dimostraronoche il K* si diffonde all'interno dell'assone alla stessa velocit approssimativamente con cui si diffonde nell'acqua marina. Laconclusione dell'esperimento che una membrana esiste tra l'in-terno e l'esterno delle fibre nervose.

    Un'ulteriore prova in favore dell'ipotesi della membrana data dal fatto che si pu sostituire l'assoplasma in una fibra gigante di calamaro con una soluzione di KCl senza alterarne le propriet elettriche. Se invece si lede la parte superficiale di un assone il potenziale di riposo si altera ed in breve tempo si azzera. Anche questo risultato predetto dall'ipotesi della membrana, ma non da quella dei proteinati.

    Le nostre conoscenze sulla struttura istologica e chimica delle membrane sono ancora incomplete nonostante i molti progressi compiuti in questi ultimi anni. Al microscopio elettronico la mem-brana cellulare appare formata da 3 strati, ciascuno di 25 X di spessore: gli strati periferici appaiono scuri, quello centrale chiaro. Dal punto di vista chimico la membrana formata da proteine (cir-

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    ca il 55/o), grassi (35/o), carboidrati (10/o). Igrassi sono rappre-sentati dal colesterolo e soprattutto dai fosfolipidi. Le molecole di questi ultimi hanno un'estremit carica elettricamente e l'altra co-stituita da catene di acidi grassi. L'estremit carica elettricamente viene chiamata estremit polare o idrofila, l'estremit opposta estremit non polare o idrofoba. Nella membrana cellulare le mole-cole di fosfolipidi sono disposte in un doppio strato, con le estre-mit non polari rivolte le une verso le altre e quelle polari orientate, quella della molecola esterna, verso l'esterno, quella della molecola interna, verso l'assoplasma. Le proteine si distinguono in proteine intrinseche e proteine periferiche. Le prime sono inserite nell'interno della membrana e formano delle colonne proteiche nell'ossatura fosfolipidica della membrana; le proteine periferiche sono poste sia alla superficie esterna che interna del duplice strato molecolare lipidico. Esse sono per in maggior quantit nel versante rivolto verso l'assoplasma. I glicidi si trovano solo all'esterno della membrana e sono legati o alle proteine o ai lipidi.

    A questo punto sappiamo che i liquidi intracellulari ed extra- cellulari hanno composizione ionica diversa e che esiste una mem-brana che separa il mezzo esterno da quello interno. Questi fatti possono spiegare la differenza di potenziale che esiste a riposo nelle cellule viventi? Prima di rispondere a questa domanda vediamo alcuni esempi fisici che ci mostrano come soluzioni di concentra-zione ionica diversa possano portare a differenze di potenziale elet-trico.

    Immaginiamo di avere un tubo vuoto di vetro e di versare in una met dell'acqua, nell'altra una soluzione molto concentrata di NaCl. Si vedr che in breve tempo compare una differenza di po-tenziale tra le due met del tubo e precisamente che la parte riem-pita d'acqua diverr negativa. Questa differenza di potenziale prende il nome di potenziale di diffusione. La differenza di potenziale compare in quanto gli ioni CF sono pi mobili degli ioni Na+ e per-tanto migrano pi rapidamente nella porzione di tubo piena d'ac-qua portando con s la loro carica negativa.

    Per mobilit di un ione si intende la velocit con cui esso

    migra. In genere ci viene stabilito studiando la velocit di migra-zione in un campo elettrico. Tra gli ioni che ci interessano quellipi veloci sono il K+ ed il Cl -, molto pi lento il Na+. Ci pu sembrare strano in quanto il sodio ha un numero atomico pi pic-colo del potassio e dovrebbe incontrare quindi, essendo pi piccolo, una resistenza minore. In realt quello che condiziona la mobilit ionica non tanto il diametro atomico quando la "nubecola" di molecole d'acqua con cui lo ione forma legami complessi. Il Na'attira pi molecole d'acqua del K+ e pertanto migra pi lentamente. V' una relazione inversa tra mobilit ed idratazione.

    Nell'esempio precedente la differenza di potenziale che si erainstaurato a causa della diversa mobilit degli ioni Na+ e CF un fenomeno transitorio. Dopo un po' di tempo gli ioni dei due liqui-di si mescolano completamente ed il potenziale di diffusione spari-sce. Vediamo ora cosa succede quando uno degli ioni pu muover-si liberamente, mentre l'altro ostacolato da una membrana semi-permeabile.

    Riempiamo un tubo per met di KCl molto concentrato e per l'altra met di KCI poco concentrato. Immaginiamo inoltre che lamembrana ostacoli la migrazione degli ioni CF. Entrambi gli ionitendono a muoversi dalla met pi concentrata a quella meno con-centrata, ma solo il potassio, in conseguenza delle propriet della membrana, raggiunger la met del tubo dove si trova la soluzionemeno concentrata. Di conseguenza questa si carica positivamente.Il formarsi per di una differenza di potenziale influenzer l'an-damento del fenomeno. Infatti la positivit della parte meno con-centrata tender a respingere gli ioni potassio carichi positivamen-te. Ad un certo punto verr raggiunta una condizione in cui il gra-diente osmotico che spinge il K+ verso la soluzione meno con-centrata equilibrato dal gradiente elettrico che spinge il K+ fuori da questa soluzione. E' stato raggiunto l'equilibrio elettrochimicoin cui il flusso netto degli ioni zero.

    Lo stesso fenomeno si avr ovviamente se si hanno due soluzioni di KCl a diversa concentrazione ma in cui la membrana ostacola la migrazione degli ioni K+. In questo caso diventer negativa la so-

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    luzione meno concentrata e la negativit aumenter fino a raggiun-gere l'equilibrio elettrochimico.

    Prende il nome di potenziale d'equilibrio per un determinato ione quel potenziale di membrana al quale l'equilibrio elettrochi-mico per quel ione stato raggiunto. Conoscendo le concentrazioni ioniche si pu calcolare il potenziale d'equilibrio usando l'equazione di Nernst. Essa dice che E = RT/F In Ce/Ci; dove R la costante universale dei gas, T la temperatura assoluta, F la costante di Faraday (carica elettrica per grammo equivalente di ioni mono-valenti). RT/F un valore che cambia ovviamente colla temperatu-ra. Alla temperatura di 30 di circa 25 mV. Per conoscere quindiil potenziale di equilibrio a quella temperatura basta moltiplicare illogaritmo del rapporto delle due concentrazioni (Ce = concentra-zione esterna; Ci = concentrazione interna) per 25.

    Torniamo ora alla membrana cellulare. All'inizio del secoloBernstein propose che processi puramente passivi del tipo prece-dentemente esposto fossero sufficienti per spiegare il potenziale diriposo. Il Na+ ed il CF in conseguenza della loro alta concentrazione all'esterno della membrana tendono ad entrare all'interno dellamembrana, il K+ ed i grossi anioni tendono ad uscire. La membrana cellulare per, secondo Bernstein, impermeabile ai grossianioni intracellulari e agli ioni Na+ e CI-. La membrana invece permeabile al K+. Questo ione migrer quindi all'esterno e creer una differenza di potenziale esterno positivo. La positivit creatadal K+ ad un certo posto bloccher l'ulteriore sua fuoriuscita. Se-condo Bernstein il potenziale di riposo dipende quindi dalle con-centrazioni del K+ intracellulare ed extracellulare. Vedremo che, nonostante che parecchie modifiche siano state portate alla teoriadi Bernstein, la intuizione centrale della sua teoria, che il potenzia-le di riposo cio dipende dal potassio, risultata essenzialmentecorretta.

    Vediamo ora quali esperimenti provano che il potenziale di ri-poso dipende dagli ioni potassio. Se si prende un assone gigante dicalamaro e lo si pone in una soluzione in cui il NaC1 viene progres-sivamente sostituito da KCl si vede che il potenziale di riposo

    gradatamente si azzera. Questo dovuto al fatto che la fuoriuscita del K' che determina normalmente la differenza di potenziale tra interno ed esterno non avviene pi in quanto il K+ si trova anche extracellularmente.

    Un esperimento molto convincente anche se pi complesso quello della eliminazione dell'assoplasma dall'assone di calamaro e dalla sua sostituzione con soluzioni saline diverse. Nella prima fase dell'esperimento si introduce nell'interno dell'assone una soluzione isotonica di KCI. L'assone viene mantenuto in un liquido esterno dalla composizione simile all'acqua di mare. Si vede che nonostante l'eliminazione dell'assoplasma il potenziale di riposo rimane entro valori normali. Sostituiamo ora il KCl interno con una soluzione isotonica di NaCl. Si vede che la differenza di potenziale sparisce. Evidentemente senza K+ non v' polarizzazione della membrana. Sostituiamo ora il liquido esterno con una soluzione isotonica di KCI, si vede che la membrana si polarizza, ma con segno inverso rispetto alla polarizzazione normale. La membrana ora positiva all'interno in quanto gli ioni K+, posti esternamente, tendono a migrare dentro l'assone. Infine, se invece di modificare le concen-trazioni interne ed esterne del potassio, si cambiano le concentra-zioni degli altri ioni si trova che il potenziale di riposo viene modi-ficato in maniera trascurabile. L'insieme di questi esperimenti di-mostra che la polarizzazione della membrana a riposo ed il suo se-gno dipendono dalle concentrazioni del K+ all'interno ed all'esterno delle cellule e che il contributo degli altri ioni del tutto secon- dario.

    Un punto centrale della teoria di Bernstein era che la membrana non fosse permeabile al sodio. Infatti questo assunto permetteva di spiegare facilmente l'alta concentrazione di Na+ all'esterno della membrana. L'uso di sostanze marcate mise in crisi tale idea. Gli esperimenti con Na+ marcato dimostrarono infatti che se si pone del Na+ all'esterno dell'assone esso dopo un certo tempo si ritrova anche all'interno e, viceversa, se Na+ marcato viene introdotto all'interno dell'assone esso si propaga all'esterno. Ma se la membrana non impermeabile al Na+ perch esso non penetra massiva-

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    mente dentro le cellule quando sia il suo gradiente di concentrazio-ne che la polarizzazione della membrana favoriscono la sua entra-ta? Ancora come fa il Na+ ad uscire dalle cellule quando le forzefisiche citate prima tendono a trascinarlo, entrambe, internamen-te? Hodgkin e Keynes hanno dimostrato che la spiegazione di que-sti fenomeni sta nel fatto che, oltre che dai fenomeni passivi descrit-ti prima il potenziale di riposo dipende anche da fenomeni attivi. Perfenomeni attivi si intendono dei processi che implicano consumodi energia da parte dell'organismo. Il Na+ che si trova all'esterno delle cellule entra in continuazione all'interno per i fenomeni pas-sivi descritti prima, ma la sua entrata si accompagna ad una espul-sione attiva fuori dalla cellula. Questo si pu provare usando degliinibitori metabolici quali il cianuro. Usando il cianuro si pu vedere che l'afflusso del Na' continua, in quanto questo un fenomeno passivo, mentre l'espulsione non si ha pi, essendo bloccati i mec-canismi che forniscono energia per il processo di espulsione. Il con-cetto di Bernstein di una membrana non permeabile al Na+ per ragioni fisiche deve essere quindi modificato con l'introduzione di un concetto dinamico: espulsione attiva del Na'. Non bisogna pe-r dimenticare che pur sempre, dal punto di vista passivo, la mem-brana a riposo molto pi permeabile al K+ che al Na+.

    Come avviene l'espulsione del Nat? Al giorno d'oggi non vi so-no dubbi che il trasporto del sodio all'esterno dovuto ad unapompa a scambio ionico. L'espulsione di un ione Na+ accompa-gnata da un'immissione attiva di un ione K+ dall'esterno all'inter-no. Dal punto di vista elettrico la pompa sodio-potassio una pompa neutra e la differenza di potenziale tra esterno ed interno dovuta alla pi volta citata maggiore permeabilit della membrana agli ioni K+ che agli ioni Na+.

    La presenza della pompa sodio-potassio spiega un dato che lateoria di Bernstein non riusciva ad accomodare. Infatti il potenziale di equilibrio del K+ non coincide con il potenziale di riposo della membrana, mentre se il potenziale di riposo fosse dovuto esclu-sivamente alla migrazione passiva di questo ione i due valori do-vrebbero essere identici. Nelle fibre muscolari di mammiferi il po

    tenziale di riposo - 90, ed il potenziale di equilibrio per il K+ - 97; nei motoneuroni del midollo spinale di gatto, il potenziale diriposo - 70 mV, il potenziale di equilibrio per il potassio di -90 mV. Questi dati indicano che la differenza di potenziale tra ester-no ed interno non sufficiente ad impedire che il K+ (per la sua concentrazione cellulare) continui ad uscire e che ci deve essere unaltro fattore oltre alla permeabilit della membrana al K+ a fissare il valore del potenziale di riposo.

    La spiegazione del fenomeno sta nella pompa sodio-potassio. Il K+ non raggiunge mai a riposo il suo potenziale di equilibrio per- ch gli ioni potassio vengono attivamente trasportati all'internodella cellula e scambiati con gli ioni Na+. Solo se questo meccani- smo non funzionasse il K+ potrebbe raggiungere il suo potenziale di equilibrio.

    Per quanto riguarda i potenziali d'equilibrio degli altri ioni ilCl- ha un potenziale d'equilibrio che coincide con quello del po-tenziale di riposo, mentre il Na+ ha potenziali d'equilibrio positivi: + 55 nel motoneurone, + 66 nella fibra muscolare di mammifero. Abbiamo visto che proprio per spiegare questa positivit Bernsteinera giunto alla conclusione che la membrana cellulare dovesse esse-re impermeabile al sodio. La spiegazione moderna che la membrana effettivamente poco permeabile a questo ione ma che il fattore cruciale nel mantenere il potenziale d'equilibrio del Na+ la pre-senza della pompa sodio-potassio. Infine per quanto riguarda il Cl7(anche esso in grado di attraversare la membrana a differenza diquanto pensava Bernstein) questo ione si distribuisce ai due lati della membrana in accordo con i valori del potenziale di riposo. Lasua tendenza ad entrare nella cellula, dovuto alla maggiore concen- trazione esterna, ostacolata dalla positivit della membrana, allo esterno, creata dal K+.

    In conclusione il potenziale di riposo dipende dal fatto che la membrana molto pi permeabile al K+ che al Na+ e gli ioni sodio che penetrano all'interno vengono espulsi dalla pompa sodio-potas-sio. Il concetto quindi di una membrana impermeabile al Na+ sta- to sostituito dal concetto di una impermeabilit dinamica della membrana a questo ione.

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    4) IL POTENZIALE D'AZIONE

    Nel capitolo precedente abbiamo visto che, a riposo, esiste una differenza di potenziale tra l'interno e l'esterno di una fibra nervo-sa. Vediamo ora come si modifica questo potenziale quando la fi-bra viene stimolata. La situazione sperimentale illustrata nella Fig. 4-l. Si ha una coppia di elettrodi stimolanti ed una coppia di elettrodi registranti. Quando l'elettrodo registrante penetra nell'in-terno dell'assone si registra il potenziale di riposo. Stimoliamo ora la fibra con onde quadre. Finch l'elettrodo stimolante nel bagno non si vede nulla di interessante. Compaiono sul tracciato due de-flessioni, l'una all'inizio, l'altra alla fine dello stimolo, che non rappresentano altro se non degli artefatti dovuti a diffusione di corrente.

    Il quadro cambia quando l'elettrodo penetra nell'assone: la sti-molazione ora determina delle modificazioni nel potenziale trans- membrana. Se si stimola con onde negative (deflessioni verso il basso nel tracciato "impulso di corrente" della figura) la differenza di potenziale tra esterno ed interno aumenta. A secondo dell'in-tensit della corrente stimolante essa diventa di 100 mV, 110 mV e cos via.

    Come gi stato detto prima quando la differenza di potenziale transmembrana maggiore del potenziale di riposo si parla di iperpolarizzazione. Se si stimola con onde positive (deflessioni ver-so l'alto nel tracciato della figura) si vede che la differenza di po-tenziale tra esterno ed interno diminuisce. In questo caso si parla di depolarizzazione. Se la depolarizzazione modesta, nell'ambito di 10 - 20 mV il fenomeno del tutto speculare all'iperpolarizza-

  • lore costante solo dopo un certo tempo che dipende dalla resistenza e dalla capacit della membrana. Prende il nome di costante di tempo, il tempo impiegato a raggiungere il 63/o del valore finale costante, oppure il tempo impiegato a ridiscendere da tale valore al370/0 di esso. La figura 4-2 illustra il concetto di costante di tempo. Nella figura la costante di tempo indicata con T.

    impulso di corrente

    |---|

    mV

    m.sec

    Fig. 4-2 - La costante di tempo.

    |-|-|-|-

    tempo msec

    F i g . 4 - 1 - Effetti della stimolazione elettrica sul potenziale d i membrana (Da B. Katz, Nerve, muscle and synapse, New York, McGraw-Hill, 1966).

    zione e appena cessata la stimolazione il potenziale transmembrana torna al valore del potenziale di riposo.

    Si pu notare che il potenziale di membrana non varia istanta-neamente all'applicazione dell'onda quadra. Esso raggiunge un va-

    Torniamo ora alla Fig. 4-l. Possiamo vedere nella parte finale di essa che quando la depolarizzazione supera un certo valore criti-co, essa non torna, cessata la stimolazione, al valore del potenziale di riposo, appare invece un fenomeno drammatico: la depolarizza-zione provocata dallo stimolo elettrico perde ogni relazione con lo stimolo applicato, si autoamplifica ed in breve l'interno diventa positivo rispetto all'interno. E' nato il potenziale d'azione.

    Poniamo ora gli elettrodi stimolanti e registranti non pi adia-centi l'uno all'altro come nella Fig. 4-l, ma ad una certa distanza tra loro, ad es. ad 1 mm, e ripetiamo l'esperimento. Alla distanza di 1 mm le variazioni dovute alla iperpolarizzazione, ed alla depo-larizzazione sotto soglia (insufficiente cio a determinare la nascita del potenziale d'azione) hanno una ampiezza pari alla met di quella registrata alla distanza di 20 p. Le variazioni di potenziale che si attenuano con la distanza prendono il nome di variazioni elettrotoniche della polarizzazione della membrana. Questo termi-

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    ne stato spesso criticato come arcaico, tuttavia rende bene l'idea di un potenziale non "propagato" ed tuttora il pi usato "in mancanza di una parola migliore" (Katz). Al contrario delle varia-zioni elettrotoniche di potenziale l'ampiezza del potenziale d'azione resta invariata sia registrando vicino al punto dove esso origina che in qualsiasi altro punto della fibra. Il potenziale d'azione quindi un potenziale che si propaga, intendendo con questo termine un potenziale che si trasmette lungo la fibra senza modificazioni di ampiezza.

    Da questi esperimenti risulta chiaro che la maniera con cui il si-stema nervoso trasmette i segnali elettrici diverso da quello im-piegato comunemente nei sistemi di trasmissione fatti dall'uomo. Prendiamo come esempio il cavo sottomarino. Esso come il "cavo" nervoso un conduttore cilindrico circondato da una membrana che lo isola dal liquido esterno. Ora se noi "stimoliamo" un cavo sottomarino, applichiamo cio ad esso delle onde quadre simili a quelle che producono i potenziali elettronici questi segnali si pro-pagheranno per centinaia e centinaia di Km; gli stessi segnali appli-cati alla fibra nervosa si trasmettono per pochi mm. Perch queste differenze? E come avviene la trasmissione di segnali elettrici lungo il nervo?

    In ogni circuito elettrico c' un filo che parte dal generatore di corrente ed un filo che torna al generatore. Nel circuito elettrico costituito dalle fibre nervose il filo che parte dal generatore for-mato dall'assoplasma, il filo di "ritorno" costituito dal liquido in cui immessa la fibra nervosa ed i due fili sono separati dalla mem-brana. A differenza del cavo sottomarino la cui "anima" fatta di filo metallico, cio di un ottimo conduttore di elettricit, l'asso- plasma del nervo (il filo interno nel nostro esempio), costituito da una soluzione salina diluita, cio da un cattivo conduttore. Se prendiamo una fibra mielinica di un certo calibro e ne misuriamo la resistenza longitudinale - la resistenza cio lungo l'asse della fibra - vediamo che questa di circa 250 MS2 (milioni di ohm) per cm di lunghezza. La situazione ancora peggiore per le fibre arnie-liniche. Quindi una prima differenza tra un cavo elettrico ed un

    cavo nervoso che quest'ultimo fatto di materiale poco adatto atrasmettere i segnali elettrici.

    A differenza del filo interno, il filo di ritorno nel circuito co-stituito dalla fibra nervosa un buon filo. Il liquido interstizialeattraverso il quale la corrente pu fluire indietro al generatore ampio. Il filo di ritorno quindi ha un diametro molto grande eduna resistenza molto piccola. Il circuito nervoso ha per un altrodifetto: la membrana cellulare non un isolante perfetto e di con-seguenza il circuito del nervo ha delle perdite laterali. Queste per-dite pi l'altissima resistenza longitudinale sono i due fattori prin-cipali che differenziano il circuito nervoso da un buon circuito e-lettrico e spiegano perch i segnali elettrici applicati al nervo si propagano per distanze molto brevi. (Lo studente interessato putrovare Io schema completo del circuito elettrico dell'assone nei li-bri di testo consigliati. In tale schema la membrana rappresentatada una serie di resistenze e condensatori in parallelo. Il condensa-tore indica che v' una separazione di cariche tra interno ed ester-no della membrana; la resistenza che la membrana non un isolante perfetto).

    La domanda ovvia a questo punto la seguente: come fanno gli assoni a trasmettere dei segnali elettrici dai recettori alle cellule dei centri nervosi, dalla corteccia motoria al midollo spinale, dal midollo spinale ai muscoli, per distanze quindi considerevoli se a causa della dissipazione della corrente nelle resistenze longitudinali ed attraverso la membrana i segnali si attenuano vicinissimo alla loro origine e non si propagano che per distanze molto brevi? La risposta si ha esaminando i fenomeni che avvengono quando la membrana depolarizzata sopra soglia.

    Nell'esperimento della Fig. 4-1 abbiamo visto che superata una certa soglia compare nell'assone un processo di amplificazione del potenziale che si autoalimenta, un processo che, in fisica, viene chiamato rigenerativo. Un esempio di processo rigenerativo quello delle modificazioni che avvengono in una miscela esplosiva quando questa viene scaldata oltre un certo limite. Se la miscela viene scaldata poco, in maniera insufficiente cio a fare reagire le

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    molecole che la compongono, l'aumento di temperatura mantiene una relazione con il calore somministrato, e non appena il calore non viene pi fornito la miscela si raffredda e torna alla tempera-tura ambiente. Se la miscela per ha superato una certa temperatura (temperatura soglia) le molecole si combinano tra loro, si ha una reazione chimica esotermica ed il nuovo calore prodotto accelera la reazione finch tutta la miscela esplosa. Superata cio la soglia il processo continua indipendentemente dall'energia somministrata.

    Prima di esaminare in che cosa consista il processo rigenerativo che compare nell'assone vediamo quali ne sono le conseguenze. La prima conseguenza che grazie al processo rigenerativo un piccolo segnale viene trasformato in un segnale molto maggiore. Questo se-gnale maggiore - il potenziale d'azione - date le cattive propriet di cavo del nervo determina anche esso delle variazioni elettrotoniche che si esauriscono a breve distanza dal punto di origine. Ma poich il potenziale d'azione ha un'ampiezza considerevole le variazioni e-lettrotoniche da esso prodotte sono sufficienti a depolarizzare so-pra soglia la membrana in un punto della fibra limitrofo. Si deter-mina cos un nuovo processo rigenerativo e nasce quindi un nuovo potenziale d'azione. Questo a sua volta produce delle variazioni e-lettrotoniche del potenziale di membrana che supereranno la soglia in un altro punto adiacente del nervo. Nascer un nuovo potenziale d'azione e cos via; il processo si propagher lungo l'assone come una serie di scoppi. E' quindi il processo rigenerativo che ri-solve il problema posto dalle cattive propriet di cavo del nervo e permette la conduzione di impulsi nei nervi.

    Vediamo ora in cosa consiste il processo rigenerativo che avviene nell'assone. Il merito di aver chiarito questo problema stato soprattutto di Hodgkin che ha dimostrato nei suoi studi sugli assoni giganti di calamaro che la permeabilit per il Na+ cambia a seconda della polarizzazione della membrana. Come gi sappiamo la membrana a riposo assai poco permeabile al Na+. Tale permeabi-lit per aumenta quando la membrana viene depolarizzata. Au-mentando la permeabilit per i l Na +, questo ione, dato il suo

    potenziale d'equilibrio - + 50 mV - tende ad entrare nell'interno dell'assone. Il processo rigenerativo consiste nel fatto che il Na.essendo carico positivamente depolarizza la membrana e la mem-brana depolarizzandosi diventa pi permeabile al Na+. Se la depo-larizzazione iniziale modesta, l'entrata del Na+ e la conseguente depolarizzazione vengono compensati dalla fuoriuscita del K+; il processo quindi rimane sotto soglia. Siamo nella stessa condizionedella miscela di gas in cui la quantit di calore dato insufficientead iniziare il processo rigenerativo. Quando per la depolarizzazione supera un certo livello, l'aumento della permeabilit per il Na+ tale che la depolarizzazione causata dal massiccio ingresso di questi ioni non pu pi venire compensata. Si crea il circolo vizioso depo-larizzazione -- entrata di Na` depolarizzazione che termina solo quando il potenziale di membrana tende ad eguagliare il potenzialedi equilibrio per il Na+. La membrana quindi diventa carica positi-vamente nell 'interno. Il circolo vizioso analogo a quello che porta allo scoppio della miscela esplosiva.

    Una delle prove che la nascita del potenziale d'azione dipende dall'aumento della permeabilit della membrana al sodio fornita dagli esperimenti in cui questo ione viene sostituito nel mezzo e-sterno con altri ioni, ad esempio con cloruro di colina. Si vede che in questa situazione sperimentale la depolarizzazione della mem-brana non fa nascere il potenziale d'azione. Infatti la permeabilit della membrana aumenta per gli ioni Na+, ma se questi non ci sono l'inversione di polarit che caratterizza il potenziale d'azione non pu avvenire.

    L'esperimento fondamentale che mostra la dipendenza dal Na+ del potenziale d'azione e che d'altra parte mette in luce altri im-portanti meccanismi attivati dalla depolarizzazione della membrana quello del blocco del voltaggio. Per eseguire il blocco di voltaggio di membrana si inseriscono due elettrodi longitudinalmente nell'assoplasma di un assone gigante. Uno di essi serve per registra- re il potenziale di membrana rispetto ad un elettrodo di riferimen- to Posto nel mezzo esterno; l'altro collegato ad un generatore di corrente. La misura delle correnti fatta mediante circuiti che non

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    verranno qui descritti. La logica dell'esperimento consiste nel fattoche la differenza di potenziale tra i due lati della membrana puvenire mantenuta, mediante il generatore di corrente, per decine dimillisecondi al livello che lo sperimentatore desidera e possono essere studiati i flussi di corrente ai vari livelli di polarizzazione.

    Vediamo ora cosa succede se il potenziale di membrana vienespostato a O mV dai 90 mV del potenziale di riposo. Si osserva chedopo una corrente dovuta alla scarica della capacit della membra-na compare un primo flusso di corrente dall'esterno all'interno di breve durata (l-2 msec); a questo succede un secondo flusso dallo interno all'esterno che continua a fluire finch la membrana resta depolarizzata. Poich la capacit della membrana si scaricata nonappena la differenza di potenziale tra esterno ed interno stataportata a 0, il primo flusso non pu essere dovuto che o a ioni po-sitivi che entrano nell'assoplasma o a ioni negativi che ne fuorie-scono. La seconda componente viceversa ad un flusso di ioni posi-tivi che escono o a ioni negativi che entrano.

    La natura del primo flusso ionico stato stabilito trovando aquale differenza di potenziale tra esterno ed interno questo flus-so pu essere bloccato. Si trovato che questo punto 50 mV (in-terno positivo) corrispondente quindi al potenziale d'equilibrio peril Na+. Il primo flusso quindi dovuto all'entrata nell'assoplasmadel Na+. La dimostrazione della natura del secondo flusso ionico pi difficile. Prove indirette per con K+ marcato indicano che la corrente prolungata interno-esterno dovuta ad una fuoriuscita diquesti ioni.

    In conclusione una depolarizzazione della membrana causa unimmediato, ma transitorio incremento nella permeabilit della membrana al Na+ cui segue una impermeabilit a questo ione (inat-tivazione della permeabilit al sodio). Infine sfasato nel tempo rispetto all'incremento di permeabilit al Na+ segue un incremento prolungato nella permeabilit del K. La Fig. 4-3 mostra il decorso temporale dei fenomeni. Nella figura la depolarizzazione stata di56 mV. In essa si descrive il fenomeno in termini di conduttanzainvece che di permeabilit. Per quanto questi due termini non siano sinonimi, nel caso specifico esprimono lo stesso concetto.

    msec

    Fig. 4-3 - Decorso temporale della conduttanza per il sodio e della conduttanza per il potassio a seguito di una depolarizzazione di 56 mV. Le curve continue rappresentano le variazioni della conduttanza per una depo-larizzazione continuata. Le curve tratteggiate mostrano l'effetto della ripola-rizzazione della membrana dopo i due intervalli indicati, nel tracciato superio-re, dalle linee tratteggiate. (Da Katz B., Nerve, muscle and synapse, New York, McGraw-Hill, 1966).

    E' stato dimostrato recentemente che possibile bloccare se-lettivamente i processi causati dalla depolarizzazione della mem-brana. Cos la tetrodotossina blocca l'aumento della permeabilit al Na+, il tetraetilammonio blocca quello della permeabilit al K+ ed infine un enzima proteolitico, la pronasi, fa s che l'aumento di permeabilit al Na+ non venga seguito da inattivazione. Questi dati mostrano che tre meccanismi distinti sono responsabili dell'aumen- to di permeabilit del Na+, del K+ e dell'inattivazione della permea- bilit al Na*.

    L'esperimento del blocco di voltaggio ha dimostrato anche che

    EUoE E

    10

    5 -1

    0-'

    oT I I I2 3 4 5

    56 mV

    conduttanza del sodio

    6 7

    depolarizzazione

    conduttanza del potassio

    I I I8 9 10

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    la permeabilit della membrana dipende anche dagli ioni calcio. In-fatti se si diminuisce la concentrazione di questo ione (presente normalmente sia nei liquidi extracellulari che nell'interno delle fi-bre nervose e muscolari) la depolarizzazione della membrana deter-mina un aumento molto pi marcato della permeabilit del Na- di quando il ione calcio presente in concentrazione normale. L'ef-fetto tale per cui, in carenza di calcio, uno stimolo sotto soglia pu far nascere dei potenziali d'azione. Questo spiega un dato, no-to da molti anni in clinica e cio che in soggetti carenti di calcio, ad es. pazienti affetti da ipoparatiroidismo, compaiono facilmente contrazioni muscolari (tetania). L'effetto si spiega con un mecca-nismo competitivo tra calcio e sodio. Entrambi gli ioni userebbero gli stessi canali per entrare nella cellula. Se il calcio per occupa un certo numero di canali, il Na+ entra in minore quantit e quindi l'aumento di permeabilit prodotta dalla depolarizzazione minore che in assenza di calcio.

    Vediamo ora gli eventi che si succedono durante il potenziale d'azione. All'inizio aumenta la permeabilit per il Na+. Essa vir-tualmente non accompagnata da nessuna altra variazione della per-meabilit della membrana. Ci vale fino quasi al picco del poten-ziale d'azione. A questo punto anche l'aumento della permeabilit del potassio diventa notevole. Subito dopo la permeabilit per il Na+ decade ed infine la permeabilit per questo ione viene inattiva-ta. Al contrario la permeabilit per il potassio si mantiene alta. L'aumento della permeabilit al K+, assieme all'inattivazione della permeabilit al Na+, sono responsabili della rapida ripolarizzazione della membrana e del ripristino del potenziale di riposo. Il fatto che l'aumento della permeabilit al K+ insorga prima che il poten-ziale d'azione sia arrivato al suo picco spiega perch il potenziale di membrana durante il potenziale d'azione tenda al valore del poten-ziale di equilibrio per il Na+, ma in realt non lo raggiunga. La lunga durata dell'aumento della permeabilit del K+ responsabile infine del fatto, sperimentalmente osservato, che, terminato il potenziale d'azione, la membrana non torna ai valori del potenziale di riposo ma attraversa per qualche millisecondo un periodo di iperpolarizzazione.

    Come abbiamo visto prima la ripolarizzazione legata ad unaumento della permeabilit del K+. Avviene dunque che durante il ripristino del potenziale di riposo la fibra perda K+. Al contrario durante la nascita del potenziale d'azione essa aveva guadagnatoNa+. La normalit non solo elettrica, ma anche chimica viene rista-bilita dalla pompa sodio-potassio che in quest'ultima fase aumenta la sua attivit eliminando il Na+ eccessivo e riprendendo il K+ dal mezzo esterno.

    Come succede che modificazioni della polarizzazione dellamembrana determinano delle modificazioni della sua permeabilit?L'ipotesi pi probabile che l'orientamento (o la configurazione)di certe macromolecole muti quando la differenza di potenziale transmembrana cambia. Queste macromolecole a secondo del loroorientamento farebbero la membrana pi o meno permeabile ai

    di variazione della permeabilit al sodio e al potassio.

    o I1 2

    msec

    Fig. 4-4 - Meccanism (Da P.G. Strata).

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    vari ioni. Esse rappresenterebbero le "porte" di entrata del Na' e del K. La figura 4-4 mostra i meccanismi di variazione della per-meabilit al sodio ed al potassio durante il potenziale d'azione.

    In alto rappresentato il potenziale d'azione, in basso i canali d'entrata del Na+ e del K. Si noti che il canale del potassio (dise-gnato come inferiore nello schema) controllato da una sola "por-ta", mentre quello del sodio da due. A riposo la "porta" superiore del Na' pressoch chiusa, mentre l'inferiore aperta. Durante la fase ascendente del potenziale d'azione la "porta" superiore si apre, l'inferiore resta aperta. La fase discendente del potenziale d'azione dovuta alla chiusura della "porta" inferiore (inattivazione della permeabilit del Na+). Successivamente la "porta" superiore si chiude ed infine colla riapertura della "porta" inferiore si ritorna alla condizione di riposo. La "porta" superiore del canale del sodio pu venire bloccata dalla tetrodotossina, quella inferiore influen-zata dalla pronasi. Le modificazioni della "porta" del potassio illu-strano graficamente quanto gi stato descritto prima riguardo alla permeabilit della membrana a questo ione a riposo e durante il potenziale d'azione. La "porta" del K' viene bloccata dal tetrae-tilammonio.

    I risultati esposti nei paragrafi precedenti permettono di chiari-re meglio alcuni concetti base dell'elettrofisiologia menzionati nei capitoli precedenti e precisamente il perch c' una soglia per l'ec-citamento, il fatto che i potenziali d'azione sono segnali standard d'ampiezza uguale, i periodi refrattari assoluto e relativo.

    L'esistenza di una soglia dovuta al fatto che il potenziale d'a-zione conseguenza di un processo rigenerativo. L'ingresso a va-langa del Na+ scatta solo se si supera un certo livello di depolarizza-zione. Il processo rigenerativo anche responsabile dell'ampiezza standard dei potenziali d'azione. L'ampiezza di questi infatti non dipende dall'intensit dello stimolo applicato: o lo stimolo sotto- soglia ed il potenziale d'azione non nasce o soprasoglia ed il po-tenziale nasce (Legge del tutto o nulla). Non ha nessuna importan-za se lo stimolo poco o molto soprasoglia. Una volta che la soglia stata superata il processo rigenerativo che determina l'ampiezza

    del potenziale Infine il periodo refrattario assoluto dovuto al fatto che durante la fase discendente del potenziale d'azione si ha l'inattivazione del meccanismo di trasporto del Na+ ed un'alta per- meabilit della membrana per il K . Il periodo refrattario relativo determinato dagli stessi fattori che, al massimo della loro azione, causano il periodo refrattario assoluto. Durante il periodo refratta-rio relativo il processo rigenerativo pu essere suscitato, ma solo applicando stimoli di intensit maggiore di quelli sufficienti in con-dizioni di eccitabilit normale.

    La conduzione dell'impulso nervoso descritto precedentemen-te riguardava essenzialmente le fibre amieliniche. I principi alla ba-se della conduzione dell'impulso nervoso nelle fibre mieliniche sono fondamentalmente gli stessi, tuttavia la presenza della guaina mielinica responsabile di alcune differenze nella conduzione delle fibre fornite da questa guaina. La guaina mielinica rappresenta dal punto di vista elettrico un buon isolante e la sua presenza riduce grandemente le perdite laterali del flusso di corrente, ponendo cos rimedio ad uno dei difetti dell'assone come cavo elettrico. Isolando per bene l'assone dal mezzo esterno la guaina mielinica fa s che il circuito non possa chiudersi in un punto qualsiasi della fibra come avviene nella fibra amielinica. Perch ci avvenga occorrono delle interruzioni nell'isolamento. Queste interruzioni sono rappresentate dai nodi di Ranvier, punti cio dove la mielina assente. La differenza fondamentale nella conduzione tra fibre mieliniche ed amieliniche che in quest'ultime il processo rigenerativo procede da un punto ad un altro limitrofo, nelle fibre mieliniche il processo rigenerativo "salta" da un nodo di Ranvier all'altro (conduzione saltatoria). Il vantaggio che la comparsa della mielina porta quindi quello di aumentare la velocit di conduzione senza aumentare il calibro delle fibre nervose. Alcuni animali come le seppie od i calamari hanno risolto il problema della scarsa velocit di condu- zione aumentando il diametro delle loro fibre, giocando cio non sull'isolamento , ma sulla resistenza longitudinale della fibra. E' ov-vio il vantaggio della soluzione "buon isolamento". Infatti con questo sistema si possono avere molto pi fibre per unit di super- ficie con grande vantaggio per lo sviluppo di un sistema nervoso

    complesso.

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    5) I RIFLESSI DEL MIDOLLO SPINALE

    Nel sistema nervoso esistono dei circuiti elementari che mettono in connessione i recettori con gli effettori. Questi circuiti elementari prendono il nome di archi riflessi. L'arco riflesso chiamato anche arco diastaltico formato da una parte (o branca) afferente, da un centro nervoso e da una parte (o branca) efferente. I termini afferente ed efferente si riferiscono al centro nervoso e quindi afferenti sono chiamate le fibre che congiungono i recettori al centro ed efferenti quelle che vanno dal centro nervoso all'effettore. Data la semplicit strutturale dell'arco riflesso la probabilit che un potenziale d'azione originatosi nella branca afferente arrivi all'effettore molto alta,

    vicina al 100/o.

    In questo capitolo parleremo dei riflessi del midollo spinale studiati usando stimoli elettrici, nel successivo usando stimoli naturali. In analogia con quanto fatto per le propriet delle fibre nervose studieremo prima i fenomeni nella loro globalit, poi nel capitolo ottavo, le propriet integrative dei neuroni alla base dei fenomeni responsabili delle propriet dei riflessi.

    Il midollo spinale ha una struttura segmentaria. La suddivisione in segmenti (mielomeri) si basa sulla presenza delle radici nervose che connettono il midollo spinale con la periferia. Le radici si dividono in ventrali e dorsali. Le radici ventrali (o anteriori) sono formate da fibre che nascono da neuroni posti nelle corna grigie anteriori, le radici dorsali da neuroni posti nei gangli spinali (o gan-gli radicolari). Le radici dorsali ed i loro prolungamenti rappresen-tano la branca afferente dei riflessi. Questo si pu provare stimo-lando elettricamente le radici dorsali e registrando da quelle ventra-

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    li e stimolando le radici ventrali e registrando da quelle dorsali. Si vede che nel primo caso una risposta compare nelle radici da cui si registra, nel secondo no. Questo significa che gli impulsi nervosi passano attraverso il midollo spinale in una sola direzione: dalle radici dorsali alle radici ventrali e non viceversa. La dottrina che afferma la natura sensoriale delle radici posteriori e la natura motoria delle radici anteriori prende il nome di legge di Bell e Magendie.

    Vediamo ora quali propriet dei riflessi midollari si possono scoprire stimolando elettricamente le vie afferenti e registrando dalle vie efferenti. Un esperimento tipico mostrato in Figura 5-l.

    DR

    VR

    Fig. 5-1 - Neurogramma delle radici ventrali in risposta a stimoli di varia inten-sit applicati alla radice dorsale. (Da D.P.C. Lloyd, J. Neurophysiol, 6:111, 1943).

    Gli elettrodi registranti in questo esperimento sono dei macroelet- trodi posti sulle radici dorsali. Se si stimola la radice dor- sale con correnti deboli (tracciati da A a C) non si osserva alcuna risposta; se la corrente viene aumentata tanto da eccitare circa il 300/o delle fibre (tracciato D) compare nelle radici ventrali una onda a breve latenza (l-2 msec), seguita da onde a latenze maggiori. L'onda a breve latenza la prima a comparire e raggiunge il suo massimo gi in E, dove il 41/o delle fibre delle radici dorsali stimolato. Le onde tardive al contrario continuano a crescere fino a che tutte le fibre della radice posteriore non sono state reclutate. Il numero di fibre eccitate nelle radici dorsali, espresso in percentuale, indicato sopra ciascun tracciato. Esso stato calcolato dal neurogramma della radice posteriore.

    A cosa dovuta la differenza nella latenza tra la prima e le onde successive? In parte essa dovuta al diverso calibro delle fibre presenti nelle radici dorsali. Infatti a bassa intensit di corrente compare solo l'onda precoce e dagli esperimenti del secondo capi-tolo noi sappiamo che le fibre pi grosse sono quelle a soglia pi bassa ed a maggiore rapidit di conduzione. Tuttavia questo non l'unico fattore. Infatti se si riduce al minimo la distanza tra elettrodi stimolanti e registranti e si tiene conto della diversa velocit di conduzione delle fibre di grosso e di piccolo diametro, v' pur sem-pre un ritardo nell'onda tardiva rispetto a quella precoce maggiore di quello che dovrebbe essere se la velocit di conduzione fosse l'u-nico fattore responsabile. L'altro fattore responsabile del ritardo la presenza di sinapsi nel midollo spinale interposte tra la via affe-rente e la via efferente. L'onda precoce espressione di un riflesso monosinaptico, le onde tardive sono dovute a riflessi polisinaptici. Nei riflessi monosinaptici le vie afferenti, originate dal ganglio spi-nale, terminano direttamente sul motoneurone; nei riflessi polisi-naptici esse contraggono sinapsi con neuroni intercalati tra la via afferente ed il motoneurone. Questi neuroni intercalati tra via affe-rente e motoneuroni prendono il nome di interneuroni.

    Come si fa a dimostrare che l'onda precoce dovuta ad un ri-

    F

    G

    I55.0

    71.0

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    flesso monosinaptico? Bisogna innanzitutto avere una misura indi-pendente del ritardo sinaptico e poi calcolare quanto del tempoche intercorre tra stimolazione della radice dorsale e comparsa dipotenziali nella radice ventrale dovuta alla conduzione afferen-te, quanto alla conduzione efferente e quanto al ritardo centrale. Se il ritardo centrale tale da non essere compatibile con due ri-tardi sinaptici il riflesso necessariamente monosinaptico.

    La Fig. 5-2 mostra l'esperimento mediante il quale Renshaw stabil la durata approssimativa del ritardo sinaptico. Gli elettrodiregistranti sono posti sulle radici anteriori, gli elettrodi stimolantisono infissi nella sostanza grigia intermedia. Qui si trovano fibre af-ferenti ai motoneuroni ed interneuroni, elementi cio presinaptici ai motoneuroni (vedi Fig. 5-2B). Se si stimola con debole intensitla sostanza grigia intermedia, nella radice ventrale compaiono ondetardive, indicate con la lettera s; se l'intensit dello stimolo au-menta compare un'onda precoce (onda m) che aumenta di ampiez-za con l'aumentare della stimolazione. Contemporaneamente l'onda s diventa pi piccola (tracciati e ed f).

    L'interpretazione dell'esperimento la seguente: stimoli debo-li eccitano direttamente solo gli elementi presinaptici in quanto questi sono situati vicino agli elettrodi stimolanti (circolo a nellaparte B della Fig. 5-2), la scarica poi si propaga ai motoneuroni per via sinaptica e d origine all'onda s dei tracciati. Stimoli forti creano un campo elettrico maggiore che riesce ad eccitare direttamente i motoneuroni (circolo b nella parte B della Fig. 5-2) dando cos origine all'onda precoce m dei tracciati. Se gli stimoli sono moltoforti (tracciato f, parte C della figura) molti neuroni sono reclutati.L'onda m quindi aumenta. L'eccitazione per rende i neuroni che hanno scaricato refrattari per cui gli impulsi che arrivano per viasinaptica non riescono ad eccitarli. L'onda s pertanto diminuisce.

    La latenza della scarica m dovuta al tempo di conduzione daimotoneuroni all'elettrodo registrante, la latenza della scarica s al tempo di conduzione dai motoneuroni all'elettrodo pi il temponecessario per eccitare per via sinaptica i motoneuroni. Se si sot-trae m da s si ha il ritardo sinaptico pi il tempo di conduzione

    presinaptico. Poich a causa della brevit della distanza tra gli elet-trodi quest'ultimo pu essere considerato trascurabile, l'intervallo m-s d una misura abbastanza precisa del ritardo sinaptico. Questo nell'esperimento della Fig. 5-2 si aggira sui 0,8 msec. (Sulla misura del ritardo sinaptico vedi anche il capitolo 8).

    Trovato il ritardo sinaptico si pu calcolare se l'onda precoce dell'esperimento illustrato nella Fig. 5-l sia veramente monosi-naptica. Renshaw ha misurato i vari tempi di conduzione ponendo una serie di elettrodi sulle radici dorsali, n