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  • Letteratura italiana Einaudi

    Menzogna e sortilegio

    di Elsa Morante

  • Letteratura italiana Einaudi

    Edizione di riferimento:Einaudi, Torino 1948

  • Letteratura italiana Einaudi

    Dedica per Anna ovvero alla favola 1

    Introduzione alla Storia della mia famiglia 2I 3II 10III 23

    Parte prima 29I 30II 45III 59IV 82V 117VI 128VII 139

    Parte seconda 149I 150II 168III 193IV 204V 232

    Parte terza 263I 264II 288III 318IV 333V 361

    Sommario

  • ivLetteratura italiana Einaudi

    Parte quarta 406I 407II 438III 479IV 515V 522VI 555

    Parte quinta 565I 566II 590III 634IV 663V 679

    Parte sesta 693I 694II 721III 741IV 765V 779VI 813VII 839VIII 867IX 893

    Epilogo seguto da un Commiato in versi 909

    Sommario

  • 1Letteratura italiana Einaudi

    Dedica per Annaovvero

    Alla Favola

    Di te, Finzione, mi cingofatua veste.Ti lavoro con lauree piumeche vest prima desser fuocola mia grande stagione defuntaper mutarmi in fenice lucente!

    Lago rovente, la tela fumo.Consunta fra i suoi cerchi dorogiace la vanesia manopur se al gioco di mama non mamala risposta celestemi fingo.

  • Elsa Morante - Menzogna e sortilegio

    INTRODUZIONE ALLA STORIA DELLA MIA FAMIGLIA

    2Letteratura italiana Einaudi

  • CAPITOLO PRIMO

    Una sepolta viva e una donna perduta

    Sono gi due mesi che la mia madre adottiva, la miasola amica e protettrice, morta. Quando, rimasta orfa-na dei miei genitori, fui da lei raccolta e adottata, entra-vo appena nella fanciullezza; da allora (pi di quindicianni fa), avevamo sempre vissuto insieme.

    La nuova luttuosa ormai s sparsa per lintera cer-chia delle sue conoscenze; e, cessate ormai da tempo lecasuali visite di qualche ignaro che, durante i primigiorni, veniva ancora a cercar di lei, nessuno sale pi aquesto vecchio appartamento, dove sono rimasta io so-la. Non pi duna settimana dopo i funerali, anche lanostra unica domestica, da poco assunta al nostro servi-zio, si licenzi con una scusa, mal sopportando, imma-gino, il deserto e il silenzio delle nostre mura, gi use al-la societ e al frastuono. Ed io, sebbene leredit dellamia protettrice mi consenta di vivere con qualche agio,non desidero provvedermi di nuova servit. Da variesettimane, dunque, vivo rinchiusa qua dentro, senza ve-dere alcun viso umano, fuor di quello della portinaia,incaricata di recarmi le spese; e del mio, riflesso neimolti specchi della mia dimora.

    Talora, mentre maggiro per le stanze, in ozio, il mioriflesso mi si fa incontro a tradimento; io sussulto, al ve-dere una forma muoversi in queste funebri acque solita-rie, e poi, quando mi riconosco, resto immobile a fissarme stessa, come se mirassi una medusa. Guardo la graci-le, nervosa persona infagottata nel solito abito rossigno(non mi curo di portare il lutto), le nere trecce torreg-gianti sul suo capo in una foggia antiquata e negligente,il suo volto patito, dalla pelle alquanto scura, e gli occhigrandi e accesi, che paion sempre aspettare incanti e ap-

    Elsa Morante - Menzogna e sortilegio

    3Letteratura italiana Einaudi

  • Elsa Morante - Menzogna e sortilegio

    parizioni. E mi domando: Chi questa donna? Chi questa Elisa? Non di rado, come solevo gi da bambi-na, torco la vista dal vetro, nella speranza di vedervi ri-specchiata, appena lo riguardi, una tuttaltra me stessa;ch, scomparsa la mia seconda madre, la sola cui piac-que di lodarmi, e perfino di giudicarmi bella, rinasce inme, e si rafforza ogni giorno, lantica avversione per lamia propria figura.

    Tuttavia, devo riconoscere che questa figura familia-re, bench poco amabile, non ha unapparenza scostu-mata o disonesta. Il fuoco dei suoi occhi, neri comequelli duna mulatta, non ha nulla di mondano: esso hatalora la vivacit irrequieta che pu ritrovarsi negli occhidun ragazzo selvatico, e talora la mistica fermezza deicontemplanti. Questa goffa creatura che ha nome Elisapu sembrare a momenti una vecchia fanciulla, a mo-menti una bambina cresciuta male; ma in ogni suo trat-to, non si pu negarlo, essa esprime la timidezza, la soli-tudine e laltra castit.

    Ora, un visitatore sconosciuto che entrasse in questestanze noterebbe certo, non senza meraviglia, un curio-so contrasto fra la mia persona e il mio alloggio. Mi ri-sparmio di descrivervi questa fiera del pessimo gusto edella vergogna; questi mobili stipati, gonfie e dozzinaliimitazioni degli stili pi diversi; e le tappezzerie chiasso-se e sporche, i cuscini, i fantocci pretenziosi e le rigatte-rie; le fotografie ritoccate allacquerello, e nere di polve-re, accompagnate spesso da dediche triviali; e le stampee statuine le cui figure e atteggiamenti sono spesso talida fare arrossire ogni persona onorata che vi posi losguardo (nel caso inverosimile che una persona di talsorta cpiti qui). In verit, la defunta proprietaria e arre-datrice di questo alloggio non sembra darsi la pena dinascondere, ma ostentare, piuttosto, la propria vita sver-gognata, e proclamare per tutte queste sue stanze, convanto e frastuono, dessere stata quel che nei nostri pae-

    4Letteratura italiana Einaudi

  • si chiamano una mala femmina. Tale fu, invero, la miaseconda madre: tale essa fu dalla sua prima giovinezzafino alla morte, che la colse nella sua maturit fiorente,allet di quarantaquattro anni. Ed io non ignoro, pur-troppo, che queste stanzette ora abbandonate e luttuosevidero, durante i lunghi anni chella le abit, quanto ba-sterebbe per dannare allinferno mille donne, non una.

    Detto ci, potr sembrare ancor pi strano, e quasiincredibile, che, sotto questo medesimo tetto, colei chescrive abbia vissuto, dal giorno che vi fu accolta bambi-na fino ad oggi, unesistenza altrettanto ritirata e castache se fosse stata in un convento di clausura. E la miamadre adottiva, pur non risparmiandomi talvolta le suebeffe (bonarie quasi sempre, ma in qualche occasionecrude e brutali), tuttavia rispett le mi consuetudini enon permise a nessuno di turbarle. Veramente, sui primitempi della nostra vita comune, ella aveva cercato diguarirmi della mia selvatichezza e modestia. Quasi subi-to, non sopportando di vedersi intorno colori cupi esmorti, maveva tolto gli abiti a lutto, e, giudicandomitroppo pallida, usava talora di ravvivarmi con un pocodi belletto le guance. Mut inoltre la mia pettinatura,sciogliendo i miei folti capelli, chio portavo stretti indue trecce; e acquist per me dai chincaglieri var anelli-ni, collane e fermagli falsi, e un paio dorecchini, falsipur essi, che soleva appendermi agli orecchi per mezzodi due fili di seta, avendo mia madre trascurato, alla mianascita, di farmi forare i lobi. Cos, dopo avermi pettina-ta, agghindata, e un pochino dipinta, ella mi chiamavanel salotto, se ceran visite, per mostrarmi alle signoresue amiche. Ed io, per ubbidienza, mi presentavo tosto,palpitante e muta: simile, nelle mia grande capigliatura,a una bestiola dalle membra minute, irrisorie, edallenorme pelliccia, avvezza a climi barbarici. I pre-senti, ricordo, commentavano con risa e motteggi la miascontrosit; ma non infierivano mai troppo contro di

    Elsa Morante - Menzogna e sortilegio

    5Letteratura italiana Einaudi

  • Elsa Morante - Menzogna e sortilegio

    me, pur avendone forse gran voglia, poich sapevanobene con qual violenza, e addirittura ferocia, la mia pro-tettrice sapeva difendere ci che le apparteneva. Nono-stante la loro moderazione, per, ai loro scherzi io mi fa-cevo di fuoco; e i miei sguardi sperduti e timidi cercavanquelli della mia protettrice, fra le cui vesti mi rifugiavotremando tutta, come avessi la febbre.

    Simili scene, ripeto, potevan darsi nei primi tempi;ma poi la mia protettrice fin con labbandonarmi aimiei umori meditativi e solitari, e rinunci a contrastarele mie inclinazioni, le quali erano, daltronde, per lei,mia ospite, le meno importune del mondo. Via via, lemie comparse in mezzo alla sua societ divennero sem-pre pi rare e fugaci, e i frequentatori della casa non sioccuparono pi della mia persona e della mia esistenzaquasi invisibile. Considerandomi, suppongo, una ragaz-za un po folle, inoffensiva, che la padrona teneva in ca-sa per un suo capriccio, come altri alleva una malinconi-ca civetta, o una tartaruga.

    Cos, dei personaggi senza numero che si aggirano in-torno a me per questa casa durante i trascorsi anni, delleloro feste e litigi e scenate, e delle signore in curiosi co-stumi, e di tanto gesticolare, e chiasso e voco, m rima-sto nella memoria un quadro imbrogliato, stravagante econvulso, privo di significato alcuno. Non troppo diver-so, io credo, apparir un teatro coi suoi scenari e ma-schere e luminarie, e attori e ballerini, a una scimmietta,o ad un cagnlo, o magari ad un timido coniglio che de-va, secondo i dettami del copione, sostenere in una sce-na un cmpito di fugace comparsa.

    Qui, il mio lettore vorr sapere che sorta di casi mab-bia condotta a trovar rifugio fra queste mura: e a ci sidar risposta nel corso della presente storia. Ma lo stes-so lettore, immagino domander, non senza qualche iro-nia: come mai, dunque, una fanciulla tanto schiva e vir-tuosa, pot, giunta allet della ragione, rimanere ospite

    6Letteratura italiana Einaudi

  • di una dama tanto indegna, e accettare i suoi benefici?non basta: come pu essa accettare di vivere, ancora og-gi, con leredit di denari cos mal guadagnati?

    A simili domande, io non so dare alcuna risposta chemi giustifichi. Riconosco la mia ignavia passata e presen-te, contro la quale nessuna scusa da me addotta potreb-be valermi il perdono; e altro non posso fare che tentardi spiegarla descrivendo i miei giorni e il mio carattere.Ma peraltro non ignoro che la mia spiegazione nonvarr certo a farmi assolvere: piuttosto a confermare lamia condanna.

    Ebbene: io non cerco il perdono e non spero nellal-trui simpatia. Ci chio voglio, soltanto la mia