Storia d’Italia - · PDF fileLetteratura italiana Einaudi 1 LIB. 1, CAP. 1 Proposito e...

1963
Letteratura italiana Einaudi Storia d’Italia di Francesco Guicciardini

Transcript of Storia d’Italia - · PDF fileLetteratura italiana Einaudi 1 LIB. 1, CAP. 1 Proposito e...

  • Letteratura italiana Einaudi

    Storia dItalia

    di Francesco Guicciardini

  • Edizione di riferimento:a cura di Silvana Seidel Menchi,Einaudi, Torino 1971

    Letteratura italiana Einaudi

  • iiiLetteratura italiana Einaudi

    Libro 1 1Libro 2 124Libro 3 224Libro 4 325Libro 5 429Libro 6 518Libro 7 609Libro 8 694Libro 9 793Libro 10 906Libro 11 1022Libro 12 1120Libro 13 1233Libro 14 1315Libro 15 1417Libro 16 1522Libro 17 1621Libro 18 1730Libro 19 1834Libro 20 1928

    Sommario

  • 1Letteratura italiana Einaudi

    LIB. 1, CAP. 1

    Proposito e fine dellopera. Prosperit dItalia intorno al1490. La politica di Lorenzo de Medici ed il desiderio di pacede prncipi italiani. La confederazione de prncipi e lambi-zione de veneziani.

    Io ho deliberato di scrivere le cose accadute alla me-moria nostra in Italia, dappoi che larmi de franzesi,chiamate da nostri prncipi medesimi, comincioronocon grandissimo movimento a perturbarla: materia, perla variet e grandezza loro, molto memorabile e piena diatrocissimi accidenti; avendo patito tanti anni Italia tuttequelle calamit con le quali sogliono i miseri mortali, oraper lira giusta dIddio ora dalla empiet e sceleratezzedegli altri uomini, essere vessati. Dalla cognizione dequali casi, tanto vari e tanto gravi, potr ciascuno, e pers proprio e per bene publico, prendere molti salutiferidocumenti onde per innumerabili esempli evidentemen-te apparir a quanta instabilit, n altrimenti che unomare concitato da venti, siano sottoposte le cose uma-ne; quanto siano perniciosi, quasi sempre a se stessi masempre a popoli, i consigli male misurati di coloro chedominano, quando, avendo solamente innanzi agli occhio errori vani o le cupidit presenti, non si ricordandodelle spesse variazioni della fortuna, e convertendo indetrimento altrui la potest conceduta loro per la salutecomune, si fanno, poca prudenza o per troppa ambizio-ne, autori di nuove turbazioni.

    Ma le calamit dItalia (acciocch io faccia noto qualefusse allora lo stato suo, e insieme le cagioni dalle qualiebbeno lorigine tanti mali) cominciorono con tantomaggiore dispiacere e spavento negli animi degli uominiquanto le cose universali erano allora pi liete e pi feli-ci. Perch manifesto che, dappoi che lo imperio roma-no, indebolito principalmente per la mutazione degli

  • Francesco Guicciardini - Storia dItalia

    antichi costumi, cominci, gi sono pi di mille anni, diquella grandezza a declinare alla quale con maravigliosavirt e fortuna era salito, non aveva giammai sentito Ita-lia tanta prosperit, n provato stato tanto desiderabilequanto era quello nel quale sicuramente si riposava lan-no della salute cristiana mille quattrocento novanta, e glianni che a quello e prima e poi furono congiunti. Per-ch, ridotta tutta in somma pace e tranquillit, coltivatanon meno ne luoghi pi montuosi e pi sterili che nellepianure e regioni sue pi fertili, n sottoposta a altro im-perio che de suoi medesimi, non solo era abbondantis-sima dabitatori, di mercatanzie e di ricchezze; ma illu-strata sommamente dalla magnificenza di molti prncipi,dallo splendore di molte nobilissime e bellissime citt,dalla sedia e maest della religione, fioriva duomini pre-stantissimi nella amministrazione delle cose publiche, edi ingegni molto nobili in tutte le dottrine e in qualun-que arte preclara e industriosa; n priva secondo luso diquella et di gloria militare e ornatissima di tante doti,meritamente appresso a tutte le nazioni nome e famachiarissima riteneva.

    Nella quale felicit, acquistata con varie occasioni, laconservavano molte cagioni: ma trallaltre, di consenti-mento comune, si attribuiva laude non piccola alla indu-stria e virt di Lorenzo de Medici, cittadino tanto emi-nente sopra l grado privato nella citt di Firenze cheper consiglio suo si reggevano le cose di quella republi-ca, potente pi per lopportunit del sito, per gli ingegnidegli uomini e per la prontezza de danari, che per gran-dezza di dominio. E avendosi egli nuovamente congiun-to con parentado, e ridotto a prestare fede non medio-cre a consigli suoi Innocenzo ottavo pontefice romano,era per tutta Italia grande il suo nome, grande nelle deli-berazioni delle cose comuni lautorit. E conoscendoche alla republica fiorentina e a s proprio sarebbe mol-to pericoloso se alcuno de maggiori potentati ampliasse

    2Letteratura italiana Einaudi

  • pi la sua potenza, procurava con ogni studio che le co-se dItalia in modo bilanciate si mantenessino che pi inuna che in unaltra parte non pendessino: il che, senza laconservazione della pace e senza vegghiare con sommadiligenza ogni accidente bench minimo, succedere nonpoteva. Concorreva nella medesima inclinazione dellaquiete comune Ferdinando di Aragona re di Napoli,principe certamente prudentissimo e di grandissimaestimazione; con tutto che molte volte per laddietroavesse dimostrato pensieri ambiziosi e alieni da consiglidella pace, e in questo tempo fusse molto stimolato daAlfonso duca di Calavria suo primogenito, il quale mal-volentieri tollerava che Giovan Galeazzo Sforza duca diMilano, suo genero, maggiore gi di venti anni, benchdi intelletto incapacissimo, ritenendo solamente il nomeducale fusse depresso e soffocato da Lodovico Sforzasuo zio: il quale, avendo pi di dieci anni prima, per laimprudenza e impudichi costumi della madre madonnaBona, presa la tutela di lui e con questa occasione ridot-te a poco a poco in potest propria le fortezze, le gentidarme, il tesoro e tutti i fondamenti dello stato, perse-verava nel governo; n come tutore o governatore, ma,dal titolo di duca di Milano in fuora, con tutte le dimo-strazioni e azioni da principe. E nondimeno Ferdinan-do, avendo pi innanzi agli occhi lutilit presente chelantica inclinazione o la indegnazione del figliuolo, ben-ch giusta, desiderava che Italia non si alterasse; o per-ch, avendo provato pochi anni prima, con gravissimopericolo, lodio contro a s de baroni e de popoli suoi,e sapendo laffezione che per la memoria delle cose pas-sate molti de sudditi avevano al nome della casa diFrancia, dubitasse che le discordie italiane non dessinooccasione a franzesi di assaltare il reame di Napoli; operch, per fare contrapeso alla potenza de viniziani,formidabile allora a tutta Italia, conoscesse essere neces-saria lunione sua con gli altri, e specialmente con gli sta-

    Francesco Guicciardini - Storia dItalia

    3Letteratura italiana Einaudi

  • Francesco Guicciardini - Storia dItalia

    ti di Milano e di Firenze. N a Lodovico Sforza, benchdi spirito inquieto e ambizioso, poteva piacere altra deli-berazione, soprastando non manco a quegli che domina-vano a Milano che agli altri il pericolo dal senato vinizia-no, e perch gli era pi facile conservare nellatranquillit della pace che nelle molestie della guerralautorit usurpata. E se bene gli fussino sospetti semprei pensieri di Ferdinando e di Alfonso dAragona, nondi-meno, essendogli nota la disposizione di Lorenzo deMedici alla pace e insieme il timore che egli medesima-mente aveva della grandezza loro, e persuadendosi che,per la diversit degli animi e antichi odii tra Ferdinandoe i viniziani, fusse vano il temere che tra loro si facessefondata congiunzione, si riputava assai sicuro che gliAragonesi non sarebbono accompagnati da altri a tenta-re contro a lui quello che soli non erano bastanti a otte-nere.

    Essendo adunque in Ferdinando, Lodovico e Loren-zo, parte per i medesimi parte per diversi rispetti, la me-desima intenzione alla pace, si continuava facilmenteuna confederazione contratta in nome di Ferdinando redi Napoli, di Giovan Galeazzo duca di Milano e dellarepublica fiorentina, per difensione de loro stati; la qua-le, cominciata molti anni innanzi e dipoi interrotta pervari accidenti, era stata nellanno mille quattrocento ot-tanta, aderendovi quasi tutti i minori potentati dItalia,rinnovata per venticinque anni: avendo per fine princi-palmente di non lasciare diventare pi potenti i vinizia-ni; i quali, maggiori senza dubbio di ciascuno de confe-derati ma molto minori di tutti insieme, procedevanocon consigli separati da consigli comuni, e aspettandodi crescere della altrui disunione e travagli, stavano at-tenti e preparati a valersi di ogni accidente che potesseaprire loro la via allo imperio di tutta Italia: al quale cheaspirassino si era in diversi tempi conosciuto molto chia-ramente; e specialmente quando, presa occasione dalla

    4Letteratura italiana Einaudi

  • morte di Filippo Maria Visconte duca di Milano, tento-rono, sotto colore di difendere la libert del popolo mi-lanese, di farsi signori di quello stato; e pi frescamentequando, con guerra manifesta, di occupare il ducato diFerrara si sforzorono. Raffrenava facilmente questa con-federazione la cupidit del senato viniziano, ma noncongiugneva gi i collegati in amicizia sincera e fedele:conciossiacosach, pieni tra se medesimi di emulazionee di gelosia, non cessavano di osservare assiduamente gliandamenti luno dellaltro, sconciandosi scambievol-mente tutti i disegni per i quali a qualunque di essi ac-crescere si potesse o imperio o riputazione: il che nonrendeva manco stabile la pace, anzi destava in tutti mag-giore prontezza a procurare di spegnere sollecitamentetutte quelle faville che origine di nuovo incendio esserepotessino.

    LIB. 1, CAP. 2

    Morte di Lorenzo de Medici. Morte di papa innocenzoVIII ed elezione di Alessandro VI. La politica amichevole diPiero de Medici verso Ferdinando dAragona ed i primi timo-ri di Lodovico Sforza.

    Tale era lo stato delle cose, tali erano i fondamentidella tranquillit dItalia, disposti e contrapesati in mo-do che non solo di alterazione presente non si temevama n si poteva facilmente congetturare da quali consi-gli o per quali casi o con quali armi savesse a muoveretanta quiete. Quando, nel mese di aprile dellanno millequattrocento novantadue, sopravenne la morte di Lo-renzo de Medici; morte acer