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42 la Repubblica DI REPUBBLICA 42 GIOVEDI 6 SETTEMBRE 2012 la Repubblica DI A R I O DI REPUBBLICA avrebbero eliminato la necessità di personalizzare la politica, tra- sformandola in un campo di im- personali funzioni di potere, do- ve si affrontano idee o interessi, forze storiche e orizzonti ideolo- gici; in un mondo adulto, in cui c’è posto per il rapporto ami- co/nemico – che è una cosa seria, anzi mortale –, ma che in linea di principio non prevede l’odio personale, il disprezzo morale per l’avversario. Nella politica moderna dovrebbe esserci posto per la violenza oggettiva, ma non per gli infantilismi, per le paro- lacce. Nulla di meno vero. Quanto più ci si inoltra nella modernità, tanto più la polemica politica si fa accesa, e l’insulto si fa feroce: il mondo moderno è segnato non L’ Iliade, l’archeti- po della lettera- tura occidentale è appena comin- ciata (con la pa- rola “ira”, per altro), e già due eroi, Achille e Agamennone, liti- gano. Per una donna (la schiava Briseide), certamente; ma è un li- tigio politico: i due sono entram- bi re, capi di uomini; in quella di- sputa non è in gioco soltanto l’E- go debordante e fanciullesco di due protagonisti dell’infanzia del mondo; ne va del loro ruolo pubblico, della loro capacità di sopportare la vergogna, il giudi- zio altrui, e non solo della loro di- gnità privata. O meglio, le due di- mensioni sono inscindibili. E in- fatti per delegittimarsi politica- mente (come capi) i due si insul- tano personalmente (come uo- mini): «avvinazzato, tu hai lo sguardo del cane e il cuore di un cervo», dice Achille (il cane è l’emblema dell’impudenza, del- la mancanza di vergogna; e il cer- vo della viltà); e l’altro gli ha ap- pena detto «sei odioso, devi im- parare che sono molto più forte di te». L’insulto in questa sua for- ma politica essenziale è un’ag- gressione – questo è il significato di “insultare”: “saltare addosso” – che consiste nella diminuzione del prestigio, della gloria, dell’av- versario; per colpirlo al cuore, nell’immagine di sé, prima che nel corpo; per comunicare di- sprezzo e quindi incutere timore. È parola violenta che prepara la violenza fisica. L’insulto tipico è quello che ri- duce il nemico a meno che uomo, mettendone in dubbio la virilità, o meglio ancora paragonandolo a un animale, possibilmente im- mondo: “cane”, appunto; ma an- che “porco”; oppure, più signo- rilmente, “pidocchio” – così si espresse Togliatti nel 1951, para- gonando i due comunisti reggia- ni dissidenti, Cucchi e Magnani, ai pidocchi che possono anni- darsi «anche nella criniera di un nobile cavallo» (il Pci; il cavallo non si presta all’insulto, sostitui- to dal più inespressivo, “asino”; mentre è sempre andato forte il “verme”). In ambito teologico – che in realtà è spesso anche poli- tico –, «becchi privi di ragione» definisce Lutero i polemisti cat- tolici, mentre la corte papale è per lui “Babilonia”, la «grande meretrice» dell’Apocalisse, sedu- ta sulla «bestia dalle sette teste e dalle dieci corna». Si sarebbe potuto pensare che l’avvento delle moderne geome- trie del potere – un processo che è avvenuto sotto il segno di un’al- tra bestia biblica, il Leviatano (il titolo dell’opera di Hobbes) – me – ricca di non pubblicabili ri- ferimenti scatologici rivolti ai po- litici di Roma, oltre che di tratti razzistici – anticipa quella di Mussolini contro il Partito Socia- lista Unitario (spregiativamente definito “pus”) e le ributtanti po- lemiche antisemitiche del regi- me, rivolte contro chi non poteva difendersi né ricambiare. solo dal potere statale ma anche dalle ideologie, che sono sì im- personali ma hanno bisogno del nemico: inteso però non tanto come avversario da battere, ma come nemico dell’umanità, da eliminare. E quindi mentre per- mangono i riferimenti alle bestie (nella Marsigliese «tigri senza pietà» vengono chiamati i «de- spoti sanguinari» contro i quali i «figli della Patria» debbono mar- ciare), nella modernità – in cui gioca un ruolo rilevantissimo l’opposizione vecchio/nuovo (e tutto il valore sta nel secondo ter- mine) – abbondano le dichiara- zioni di morte presunta, a carico dell’avversario: che cosa c’è di più vecchio, superato, sorpassa- to, di un morto? Che cosa c’è di più giusto che porre fine alla non- vita di un morto vivente? Non a caso già lo stesso Hobbes defini- va la Chiesa di Roma (insieme al- l’Impero) uno “spettro”, che è in questo mondo ma non dovrebbe esserci (“salma”, come oggi dice Grillo); e sulla stessa linea To- gliatti, che da comunista credeva nell’inesorabilità del progresso, usava citare, contro gli avversari politici, due versi dell’Orlando innamorato (nella versione di Berni), in cui si parla di un cava- liere colpito da Orlando, che, non accortosi delle ferite, «andava combattendo, ed era morto». Sull’opposto versante, la violen- za verbale di D’Annunzio a Fiu- MARCO BELPOLITI La canottiera di Bossi Guanda 2012 STEFANO BARTEZZAGHI Come dire. Galateo della comunica- zione Mondadori 2011 LYNDA DEMATTEO L’idiota in politica Feltrinelli 2011 V.DELLA VALLE, G.PATOTA Viva la grammatica! Sperling & Kupfer 2011 GIOVANNI FLORIS Decapitati Rizzoli 2011 LORELLA CEDRONI Il linguaggio politico della transizione Armando 2010 ENRICO DEAGLIO Patria Il Saggiatore 2009 M.V.DELL’ANNA R.GUALDO La faconda repubblica Manni 2004 PAOLO FABBRI Segni del tempo Guaraldi 2003 ILVO DIAMANTI La lega Donzelli 1995 LIBRI Quando denigrare l’avversario è il grado zero della democrazia I giornali registrano, da parte degli uomini politici, insulti da carrettiere, e sui teleschermi si affacciano signori distinti che si appellano a vicenda con rife- rimenti espliciti a parti del corpo solitamente coperte da biancheria detta, appunto, intima. È vero che io avevo tempo fa rivendicato il diritto di usare la parola stronzo in certe occasioni in cui occorre esprimere il massimo sdegno, ma l’utilità della paro- laccia è appunto data dalla sua eccezionalità. Usare pa- rolacce troppo sovente sarebbe come riscrivere l’inte- ro Signor Bruschino facendo battere soltanto gli ar- chetti contro i leggii, mentre gli altri strumenti taccio- no... Si è perduta quell’arte dell’ingiuria celebrata da Borges (“Signore, vostra moglie, col pretesto di tenere un bordello, vende stoffe di contrabbando!”), e pa- zienza. Ma almeno si dovrebbe ritrovare un’arte della perifrasi. SILLABARIO INSULTI POLITICI UMBERTO ECO Dal dito medio di Bossi alle minacce denunciate da Grillo. Così l’ aggressione verbale è diventata il linguaggio comune della comunicazione pubblica L’ingiuria dal basso contro il potere fa parte da sempre della strategia dei populisti e degli outsider, spesso a corto di idee Animali Tipica è la volontà di ridurre il nemico a meno che uomo mettendone in dubbio la virilità o paragonandolo a un animale Strategia CARLO GALLI INSULTI POLITICI CANI Lo scontro in Parlamento visto come un combat- timento fra cani in una caricatura inglese del 1862 VIENNA Scontri al Parlamento di Vienna in una tavola di Beltrame del 1909. A sinistra, il “pagliaccio” Giolitti in una caricatura dell’“Asino” (1893)

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DI REPUBBLICA

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GIOVEDI 6 SETTEMBRE 2012

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DIARIODI REPUBBLICA

avrebbero eliminato la necessitàdi personalizzare la politica, tra-sformandola in un campo di im-personali funzioni di potere, do-ve si affrontano idee o interessi,forze storiche e orizzonti ideolo-gici; in un mondo adulto, in cuic’è posto per il rapporto ami-co/nemico – che è una cosa seria,anzi mortale –, ma che in linea diprincipio non prevede l’odio

personale, il disprezzo moraleper l’avversario. Nella politicamoderna dovrebbe esserci postoper la violenza oggettiva, ma nonper gli infantilismi, per le paro-lacce.

Nulla di meno vero. Quantopiù ci si inoltra nella modernità,tanto più la polemica politica si faaccesa, e l’insulto si fa feroce: ilmondo moderno è segnato non

L’Iliade, l’archeti-po della lettera-tura occidentaleè appena comin-ciata (con la pa-

rola “ira”, per altro), e già dueeroi, Achille e Agamennone, liti-gano. Per una donna (la schiavaBriseide), certamente; ma è un li-tigio politico: i due sono entram-bi re, capi di uomini; in quella di-sputa non è in gioco soltanto l’E-go debordante e fanciullesco didue protagonisti dell’infanziadel mondo; ne va del loro ruolopubblico, della loro capacità disopportare la vergogna, il giudi-zio altrui, e non solo della loro di-gnità privata. O meglio, le due di-mensioni sono inscindibili. E in-fatti per delegittimarsi politica-mente (come capi) i due si insul-tano personalmente (come uo-mini): «avvinazzato, tu hai losguardo del cane e il cuore di uncervo», dice Achille (il cane èl’emblema dell’impudenza, del-la mancanza di vergogna; e il cer-vo della viltà); e l’altro gli ha ap-pena detto «sei odioso, devi im-parare che sono molto più fortedi te». L’insulto in questa sua for-ma politica essenziale è un’ag-gressione – questo è il significatodi “insultare”: “saltare addosso”– che consiste nella diminuzionedel prestigio, della gloria, dell’av-versario; per colpirlo al cuore,nell’immagine di sé, prima chenel corpo; per comunicare di-sprezzo e quindi incutere timore.È parola violenta che prepara laviolenza fisica.

L’insulto tipico è quello che ri-duce il nemico a meno che uomo,mettendone in dubbio la virilità,o meglio ancora paragonandoloa un animale, possibilmente im-mondo: “cane”, appunto; ma an-che “porco”; oppure, più signo-rilmente, “pidocchio” – così siespresse Togliatti nel 1951, para-gonando i due comunisti reggia-ni dissidenti, Cucchi e Magnani,ai pidocchi che possono anni-darsi «anche nella criniera di unnobile cavallo» (il Pci; il cavallonon si presta all’insulto, sostitui-to dal più inespressivo, “asino”;mentre è sempre andato forte il“verme”). In ambito teologico –che in realtà è spesso anche poli-tico –, «becchi privi di ragione»definisce Lutero i polemisti cat-tolici, mentre la corte papale èper lui “Babilonia”, la «grandemeretrice» dell’Apocalisse, sedu-ta sulla «bestia dalle sette teste edalle dieci corna».

Si sarebbe potuto pensare chel’avvento delle moderne geome-trie del potere – un processo cheè avvenuto sotto il segno di un’al-tra bestia biblica, il Leviatano (iltitolo dell’opera di Hobbes) –

me – ricca di non pubblicabili ri-ferimenti scatologici rivolti ai po-litici di Roma, oltre che di trattirazzistici – anticipa quella diMussolini contro il Partito Socia-lista Unitario (spregiativamentedefinito “pus”) e le ributtanti po-lemiche antisemitiche del regi-me, rivolte contro chi non potevadifendersi né ricambiare.

solo dal potere statale ma anchedalle ideologie, che sono sì im-personali ma hanno bisogno delnemico: inteso però non tantocome avversario da battere, macome nemico dell’umanità, daeliminare. E quindi mentre per-mangono i riferimenti alle bestie(nella Marsigliese «tigri senzapietà» vengono chiamati i «de-spoti sanguinari» contro i quali i«figli della Patria» debbono mar-ciare), nella modernità – in cuigioca un ruolo rilevantissimol’opposizione vecchio/nuovo (etutto il valore sta nel secondo ter-mine) – abbondano le dichiara-zioni di morte presunta, a caricodell’avversario: che cosa c’è dipiù vecchio, superato, sorpassa-to, di un morto? Che cosa c’è dipiù giusto che porre fine alla non-vita di un morto vivente? Non acaso già lo stesso Hobbes defini-va la Chiesa di Roma (insieme al-l’Impero) uno “spettro”, che è inquesto mondo ma non dovrebbeesserci (“salma”, come oggi diceGrillo); e sulla stessa linea To-gliatti, che da comunista credevanell’inesorabilità del progresso,usava citare, contro gli avversaripolitici, due versi dell’Orlandoinnamorato (nella versione diBerni), in cui si parla di un cava-liere colpito da Orlando, che, nonaccortosi delle ferite, «andavacombattendo, ed era morto».Sull’opposto versante, la violen-za verbale di D’Annunzio a Fiu-

MARCOBELPOLITILa canottieradi BossiGuanda2012

STEFANOBARTEZZAGHICome dire.Galateo dellacomunica-zioneMondadori2011

LYNDADEMATTEOL’idiotain politicaFeltrinelli2011

V.DELLAVALLE,G.PATOTAViva lagrammatica!Sperling &Kupfer 2011

GIOVANNIFLORISDecapitatiRizzoli 2011

LORELLACEDRONIIl linguaggiopolitico dellatransizioneArmando2010

ENRICODEAGLIOPatriaIl Saggiatore2009

M.V.DELL’ANNAR.GUALDOLa facondarepubblicaManni 2004

PAOLOFABBRISegni del tempoGuaraldi2003

ILVODIAMANTILa legaDonzelli1995

LIBRI

Quando denigrare l’avversarioè il grado zero della democrazia

Igiornali registrano, da parte degli uomini politici,insulti da carrettiere, e sui teleschermi si affaccianosignori distinti che si appellano a vicenda con rife-

rimenti espliciti a parti del corpo solitamente coperteda biancheria detta, appunto, intima.

È vero che io avevo tempo fa rivendicato il diritto diusare la parola stronzo in certe occasioni in cui occorreesprimere il massimo sdegno, ma l’utilità della paro-laccia è appunto data dalla sua eccezionalità. Usare pa-rolacce troppo sovente sarebbe come riscrivere l’inte-ro Signor Bruschino facendo battere soltanto gli ar-chetti contro i leggii, mentre gli altri strumenti taccio-no... Si è perduta quell’arte dell’ingiuria celebrata daBorges (“Signore, vostra moglie, col pretesto di tenereun bordello, vende stoffe di contrabbando!”), e pa-zienza. Ma almeno si dovrebbe ritrovare un’arte dellaperifrasi.

SILLABARIOINSULTI POLITICI

UMBERTO ECO

Dal dito medio di Bossi alle minaccedenunciateda Grillo. Così l’aggressioneverbale è diventatail linguaggio comune della comunicazionepubblica

L’ingiuria dal bassocontro il potere fa parteda sempre dellastrategia dei populistie degli outsider, spessoa corto di idee

Animali

Tipica è la volontàdi ridurre il nemicoa meno che uomomettendone in dubbio lavirilità o paragonandoloa un animale

StrategiaCARLO GALLI

INSULTI POLITICI

CANILo scontro inParlamentovisto comeun combat-timento fracani in unacaricaturainglese del1862

VIENNAScontri al Parlamento diVienna in una tavola diBeltrame del 1909. A sinistra,il “pagliaccio” Giolitti in unacaricatura dell’“Asino” (1893)

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FASCISMOMussolini nonrisparmia insulti violentiai suoi avversari politicidefinendo il partitosocialista “pus”

Abbiamo visto un pastoregettare in faccia ai suoi nemicipolitici gli insulti più graviDiscorso parlamentare, 1857

Cavour

Ci si indispettisce per gli insultial tricolore e per il dito medioalzato da BossiSinistrati, 2008

Edmondo Berselli

Amava suscitare la risatavolgare. I fascisti, in generale,amavano il turpiloquioDialogo intorno alla repubblica, 2001

Norberto Bobbio

Le tappe

Gli autori

IL TESTO del Sillabario di UmbertoEco è tratto da La bustina di Minerva(Bompiani). Carlo Galli insegna Storiadelle dottrine politiche all’università diBologna. Di recente ha pubblicato Ab-biccì della politica (il Mulino), dove so-no raccolti articoli scritti per il “Diario”di Repubblica.

I Diari on line

TUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie edei testi completi, sono consultabili suInternet in formato pdf all´indirizzoweb www. repubblica. it. I lettori po-tranno accedervi dalla homepage delsito, cliccando sul menu “Supplemen-ti”.

OGGIFa discutere il fatto che Beppe Grillo,creatore del Vaffa-Day, lamenti ora insulti rivolti contro di lui

BERLUSCONIDurante la campagnaelettorale del 2006chiama gli elettori che votano a sinistra“coglioni”

LA LEGA Dal dito medio alzato al gesto dell’ombrelloUmberto Bossi ricorrespesso a gesti offensivie al turpiloquio

SILVIOLANARORetorica e politicaDonzelli2011

ALBERTOVACCADuce truceCastelvecchi2011

STEVEPINKERFatti di paroleMondadori2009

GERRYSTOKERPerché la politica è importanteVita ePensiero2008

ROMOLO G.CAPUANOTurpiaCosta &Nolan 2007

DONATELLACAMPUSL’antipoliticaal governo il Mulino2006

ALFIOMASTROPAOLOLa muccapazza dellademocraziaBollatiBoringhieri2005

ALFREDOACCATINOGli insultihanno fattola storiaPiemme2005

PIERRE-ANDRÉTAGUIEFFL’illusionepopulistaBrunoMondadori2003

LIBRI

Sempre più sono le caratteristiche fisiche a essere oggetto di scherno

PERCHÉ IL CORPOVIENE PRESO DI MIRA

Nel raro ed aureo Dizionariodella maldicenza(Ceschina,1958 e 1965) di Dino Proven-zal, preside di liceo, letterato,

medaglia d’oro dei Benemeriti dellaCultura, non stupisce solo quanti pochipolitici viventi fossero elencati tra gli of-fesi, ma soprattutto si segnala il garbo,l’eleganza, la spiritosa grazia dei loromaligni denigratori. Per cui ad esempioil presunto assassino del Duce, WalterAudisio, è fatto bersaglio di un crudeleepigramma di Malaparte; il sindacalistaDi Vittorio diventa con fantastico nomi-gnolo “il Favoliere delle Puglie”, e Mon-tanelli scolpisce lapidi tipo: «Qui giace/Guglielmo Giannini/ ucciso/ dal dolo-re/ di essere/ un uomo qualunque».

Ora, dall’aulico distacco all’odierno esvaccatissimo trash corrono 50 anni dislittamenti e di passioni ridotte in mise-ria. Ma quando dinanzi all’ennesimosbocco di diarrea e di necrofilia, come difronte all’inedito rutto (nell’aula consi-liare di Vigevano), al solito gestacciodella consueta tripartizione (corna, di-to medio, ombrello) o allo stanco rie-cheggiare di “fascisti”, “comunisti”, ec-co, quando si sente dire che la vita pub-

blica si è imbarbarita, la tentazione sa-rebbe di assentire. E di chiuderla lì.

E invece no, perché in questo tempocui può adattarsi la qualifica manzonia-na di “sudicio e sfarzoso”, a loro modogli insulti rispecchiano al meglio la piùvertiginosa trasformazione di una poli-tica che punta ormai al minimo comu-ne denominatore, il corpo, per cui è so-stanzialmente attorno ad esso che ruo-ta il vituperio; e così per fare male a qual-cuno l’attuale polemologia di Palazzo,incerta tra Bagaglino e cinepanettone,vuole gli si dica che puzza, che è brutto,grasso, basso, pelato, vecchio, malato,rifatto, che ha gli occhi storti o la dentie-ra, o è impotente, bavoso, culattone,bongo-bongo o pedofilo.

Molto di più non si raccomanda. Lalinguaccia di Bossi, che tanto ha dato inquest’ambito (si pensi a Casini “caru-gnit de l’uratori” o al professor Migliodesignato “una scoreggia nello spazio”)è sfiorita e il Senatùr suona ormai pate-tico nella sua muta volgarità gesticolan-te: e i cronisti scrivono che ha mostrato“il classico dito”.

Segno dei tempi non è tanto che il mi-nistro La Russa abbia mandato in quelposto il presidente della Camera Fini,ma che il Collegio dei Questori ne abbiatrovato tecnologica conferma osser-vando il labiale alla moviola. Così comefa riflettere che il presidente del Consi-glio abbia fatto raccogliere le varie in-

FILIPPO CECCARELLI

giurie in un volume a cura del capo uffi-cio stampa di Forza Italia Luca D’Ales-sandro, pubblicato da Mondadori nel2005 con il titolo: Berlusconi, ti odio.

Semmai, è fuori dal recinto dei parti-ti che le ingiurie riscattano la banale evolgare anatomia mostrando la loro pa-tologica vitalità con la potenza del fuo-ri-programma. Come in fondo accaddea “Porta a porta” allorché con un guizzoil molesto Paolini riuscì a togliere di ma-no il microfono alla giornalista Rondi-nelli e a soffiarci dentro: «Berlusconi cel’ha piccolo piccolo!».

Altrimenti sono lanci di fetidi residuiorganici, ma veri: è accaduto al risto-rante di lusso torinese “Il Cambio”, da-vanti a Palazzo Grazioli, sotto casa delministro Gelmini. Oppure sono auten-tiche docce di quell’altra sostanza pri-ma versata e poi rivendicata (“la miabalsamica ampolla”) da Marina Ripa diMeana addosso a Sgarbi, per ragionimisteriose, ma con annesso video. Ed ècome se la pratica o se si vuole l’arte dioffendere prendesse corpo – lei sì! – vi-vendo ormai di vita propria a colpi di in-venzioni, vibrazioni, ri-creazioni, vi-deo-installazioni, fantasmatici remix ecori spaventosi, anche di bambini, in vi-sione su YouTube; e performance a ba-se di mutande, sagome, sedie vuote,ostensioni di cartelli creativi (“Trombo-lo l’ottavo nano”); e fantocci bruciati,maschere e magliette indossate a tradi-mento (“Fornero al cimitero”), bellico-se consegne di ortaggi, scarpe, stampel-le, gabinetti.

Per essere barbarici, sembrano mo-duli convenientemente arcaici, ma an-che piuttosto evoluti. Vedi il ripristinodella maledizione attraverso un ca-mion-vela dedicato a Brunetta, sogghi-gnante in effigie, e la grande scritta: “Tepotesse pijà un colpo”. Vedi la protestacontro la riforma della scuola effettuatatrascinando un asino a viale Trastevere.

In questo contesto, segnato da ri-chiami spettacolari, personalizzazio-ne, cultura del talk-show e relative trap-pole dell’intimità, si è inserito BeppeGrillo. E più del “Vaffa day” o degli altrisuoi mortiferi improperi pare significa-tiva l’accaldata processione che fece l’e-state scorsa con il deposito finale di uncesto di cozze marce davanti a Monte-citorio: «La crisi sono loro – gridava in-dicando la Camera – ritardati moralicon gravi psicopatologie, hanno la pro-stata gonfia, per due tette e un culo sfa-sciano la famiglia, sono pieni di viagra,questo è un paese che non esiste più».Dentro, in aula, gli onorevoli si limitanoa scandire malinconicamente “Tro-taTro-ta” contro la Lega, o “Cro-zza Cro-zza” per scimmiottare Bersani, o “Mu-nni-zza Mu-nni-zza” ai danni di Scili-poti.

E verrebbe da stringersi al cuore ilvecchio La Malfa che inveiva contro unmonarchico: «Ella è un miserabbile».

Piccola politica, oggi, piccoli insulti.L’unica consolazione, in fondo, è che sidimenticano subito.

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L’insulto è, insomma, una for-ma di violenza politica, che dicepoco di chi è insultato, e molto dichi insulta. Si deve quindi distin-guere fra l’insulto asimmetrico diun potere ideologico che prepa-ra la persecuzione, lo sterminio,la guerra a morte, e l’insulto frapari, un elemento antropologicoarcaico che esprime la fisicità

della politica, un rituale espressi-vo che precede il combattimen-to, a cui ogni politico di profes-sione è preparato (come ha dettoObama a proposito degli attacchidi Clint Eastwood). C’è anche, lovediamo sempre più spesso, l’in-sulto dal basso, contro il potere,che fa parte della strategia comu-nicativa degli outsider, dei popu-

listi che parlano alla pancia delPaese (prima Bossi, ora Grillo); inbocca ai quali l’insulto è ovvio –meraviglierebbero di più le paca-te argomentazioni –.

Ma in generale, in una demo-crazia – che non è uno stato diguerra, di aperto conflitto, di ri-voluzione – non deve esserci spa-zio per l’insulto, per la violenzaverbale, come non c’è per la vio-lenza fisica. Il confronto sulleidee e sulle opinioni, per quantoappassionatamente difese, nonpuò essere sostituito dall’assaltoalle persone. Se ciò avviene, sia-mo davanti a una tipologia del-l’insulto ancora diversa: all’in-sulto irresponsabile – che ignorail rischio che la violenza verbaleinneschi quella fisica, che l’intol-leranza accenda nuovi roghi –, eall’insulto che è una cattiveria vi-gliacca (magari smentita, fra isogghigni, il giorno dopo). Aste-nersene sarebbe un gesto di so-brietà, di tolleranza, di civismo,di buona educazione; anche se lapolitica non è sempre un pranzodi gala, una “civil conversazio-ne”, non è per nulla detto che lavolgarità e la violenza verbale larendano intensa e drammatica.Negli insulti di oggi non echeggiala grandezza omerica; semmai, sirivela lo squallido degrado dellapiccola politica, dei piccoli tem-pi, dei piccoli uomini, della pic-cola democrazia.

Per far male a qualcunooggi bisogna dire che puzzache è brutto, grasso, bassopelato, vecchio, malato, rifatto

Brutto

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